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Gli Ultimi (prima parte
Dalla miseria… alla promozione umana I problemi vanno affrontati, secondo il Beato Tommaso Reggio, non si può stare a guardare e basta, ma occorre avere idee chiare per cui è bene: “Stabilire un programma, osservarlo con estrema e caparbia fedeltà, non dimenticando mai che tutte le questioni sono complesse; guardiamoci dal farci servi di una sola idea. Si facciano delle Commissioni. Si porti il risultato degli studi fatti, lo si esponga in poche parole accennando solo per sommi capi a tutti i particolari che hanno condotto alla conclusione e basta. Questo modo di procedere è utile per agire concretamente. Per portare i soccorsi è indispensabile prima studiare i bisogni, quindi darsi da fare per procurare ciò che è necessario; inoltre bisogna consolare di fatto, senza impegnarsi solo a parole o compromettersi in aiuti che poi non si possono offrire. Per fare bene il bene è inevitabile essere saggi e prudenti”. Tommaso Reggio è convinto che: “Non si ama Dio perfettamente se non lo si ama in tutte le sue creature, e in quelle particolarmente che sono più amate da Lui e ne rappresentano l’immagine: i più bisognosi”. “La carità abbraccia tutti perché tutti portano impressa in se stessi l’immagine di Dio e sono nostri fratelli in Gesù Cristo. Se la carità ammette qualche distinzione è quella dettata dal maggior bisogno degli altri, si deve voler bene sempre e a tutti perché tutti hanno diritto ad essere amati”. Questo criterio del “maggior bisogno”, che Egli propone ai laici, ritorna con maggiore insistenza quando si rivolge alle sue suore: “le suore di Santa Marta avranno sempre presente che lo scopo fondamentale dell’Istituto è quello di dedicarsi interamente al servizio dei poveri”. Esse dovranno avere come modello perfetto la carità insegnata da Cristo: “La carità cristiana abbraccia tutti i tempi, tutti i luoghi e tutte le persone, senza far distinzione di età, di sesso, di condizione sociale; diffonde con uguale bontà i suoi benefici sia nelle mani supplichevoli, che la implorano apertamente, sia nel segreto della povertà vergognosa, che essa sa scoprire attraverso le ombre e il silenzio, in cui si tiene nascosta”.
Non di solo pane… “Di che cosa hanno bisogno tanti infelici che, insieme alla povertà, soffrono per gravi malattie? Di che cosa hanno bisogno tanti orfani, tanti giovani abbandonati, tanti che scontano la loro pena in carcere e i poco previdenti che “bruciano” in un fine settimana il loro guadagno? Di pane? Solo di pane? O anche di una Parola che dà vita? Essi hanno bisogno sicuramente della Parola di Dio che, squarciando il buio del loro cuore, li illumini sul loro vero bene. Volere il bene non basta alla carità, essa, come la fede, senza le opere è morta. Versando l’elemosina nelle mani del povero, visitando il malato, consolando l’afflitto non facciamo che migliorare nel fratello questa
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vita terrena e fugace; con la misericordia spirituale lo consigliamo, lo ammaestriamo, lo indirizziamo ad operare il bene”.
Gli anziani Nel 1899 l’arcivescovo Tommaso Reggio chiese alle Piccole Suore dei Poveri di aprire una casa in Genova per gli anziani poveri e abbandonati. In un estratto dai “Libri delle cronache delle Piccole Sorelle dei Poveri”, anni 1899 - 1901, si legge: “Diverse persone… avevano chiesto la fondazione della casa di Genova. Tommaso Reggio personalmente sollecitò la fondazione e il sette gennaio 1901, con la benedizione del degno prelato, dal cuore colmo di carità verso il buon Dio e i suoi poveri, la casa fu aperta. La prima offerta, di L.800, fu la sua, accompagnata da tante benedizioni e auguri per la nuova opera che amava molto”. Qualche giorno dopo, le Piccole Suore, che volevano iniziare a chiedere l’elemosina casa per casa per i vecchi poveri, si recarono in curia, per ottenere l’autorizzazione necessaria. Esse furono accolte con molta bontà e l’Arcivescovo rilasciò loro la seguente autorizzazione: “Con la presente noi attestiamo che le Piccole Suore dei poveri, stabilite da poco, con il nostro permesso, in questa città nella parrocchia di Sturla, si occupano con lodevole sollecitudine, dei poveri vecchi. Noi le raccomandiamo vivamente alla carità dei fedeli del nostro arcivescovado, affinché possa fiorire un’opera che è di un sì grande soccorso all’umanità”. “La nostra casa non ebbe la fortuna di godere a lungo dell’amabilità e bontà di mons. Reggio, affermavano le Piccole Suore dei poveri di allora, perché egli lasciò questa terra il 22 novembre 1901. Abbiamo perduto il nostro degno Arcivescovo, che tanto s’interessava del nostro piccolo asilo. Riconoscenti, assieme ai nostri buoni vecchi, preghiamo per il riposo della sua anima”. Alla morte di Tommaso Reggio i genovesi pensarono di devolvere il denaro raccolto alle Piccole Sorelle dei poveri, perchè la sua immagine rivivesse “in un monumento di carità”, invece che in una statua di marmo. Alle suore vennero consegnati 14.000 franchi francesi con cui esse hanno dato avvio al nuovo edificio che sorge in Genova, via Corridoni 6, come è testimoniato dalla lapide che, dal 1904 anno della inaugurazione, è esposta nel cortile della casa.
“Ricordare e… vivere” vuole essere una “piccola finestra” che si aprirà in ogni numero di questo notiziario e da cui si potrà “guardare” sia la vita e la spiritualità del Beato Tommaso Reggio che i cammini iniziali della Famiglia Religiosa.
La commissione del Beato Tommaso Reggio