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Le corporation non finanziarie ed il ciclo economico USA dal 1971 al 2001 di Trevor Evans Introduzione A partire dai primi anni ‘70, con la fine del boom economico postbellico, l’economia degli Stati Uniti ha subito quattro grandi recessioni (la più recente è ancora in atto), nelle quali ogni diminuzione dell’output e dell’occupazione è stata accompagnata da crescenti pressioni finanziarie sulle corporation industriali e commerciali e da maggiori problemi per il settore finanziario. In tutto il corso degli anni ‘70, il governo americano ha cercato di favorire la crescita attraverso un’espansione della politica fiscale e la svalutazione del dollaro. Tuttavia ciò ha portato ad una crescita dell’inflazione e quando la Federal Reserve rispose aumentando il saggio d’interesse, ne è seguita una recessione. Dopo la profonda e prolungata recessione dei primi anni ‘80, l’economia sperimentò un periodo di crescita in tutto il corso del decennio senza un incremento significativo dell’inflazione, ma gli investimenti erano piuttosto modesti e così l’espansione si esaurì alla fine del decennio. Dopo un’altra più breve recessione all’inizio degli anni ’90, vi fu una ripresa inizialmente piuttosto debole, tuttavia, nella seconda metà del decennio, l’aumento notevole degli investimenti e dei consumi generarono cinque anni di crescita sostenuta e, mentre diminuiva la disoccupazione, l’inflazione rimase sotto controllo. Tutto ciò fece parlare di una “new economy” nella quale gli investimenti generalizzati nel settore dei computer e della tecnologia informatica si supponeva avessero condotto ad aumenti significativi nei tassi di crescita della produttività. Questa espansione terminò nel 2001 a seguito di un’improvvisa caduta degli investimenti, ma tuttora vi è una accesa discussione riguardo alla questione se la crescita della fine degli anni ‘90 sia stata per gli Stati Uniti un semplice fenomeno ciclico o il presagio di una nuova e più lunga fase di sviluppo economico estremamente dinamico. Obiettivo di questo lavoro è quello di esaminare, a partire dai primi anni ’70, l’evoluzione del settore finanziario all’interno delle corporation non finanziarie americane in rapporto al ciclo economico. L’analisi si basa su quattro assunzioni: 1) Il ciclo economico è condizionato fondamentalmente dalla profittabilità delle corporation non finanziarie ed è questa a determinare sia la volontà che le possibilità di investimento 2) Il settore finanziario gioca un ruolo importante nelle dinamiche del ciclo dato che le corporation devono sovvenzionare i loro investimenti. Un legame importante tra il settore finanziario e non è dato dal pagamento degli interessi netti, poiché sono questi che pesano sulla quota di profitto lordo conseguito dalle industrie e dalle imprese commerciali disponibile per gli accantonamenti1 3) Lo stato può influenzare, attraverso politiche monetarie e fiscali, i tempi e le dimensioni del ciclo economico ma non può prevenirlo dagli eventi che si possono verificare. 4) Le spese in consumi, benché costituiscano una parte significativa della domanda, riflettono sostanzialmente lo sviluppo delle imprese, in particolare attraverso la crescita dell’occupazione e l’influenza che essa ha sulle aspettative di sicurezza del lavoro. Il presente lavoro segue un metodo di analisi, sviluppato per la prima volta da Wesley Mitchell e successivamente dall’US National Bureau of Economic Research, che consiste nell’esaminare l’andamento di particolari variabili nel corso del ciclo economico e come i picchi di massima e di minima di tali variabili siano correlati ai livelli massimi e minimi dell’attività economica in generale. I dati sono stati rilevati prevalentemente dal Flow of Funds Accounts dell’US Federal Reserve System che fornisce grafici molto dettagliati e disaggregati delle transazioni finanziarie tra i diversi settori dell’economia degli Stati Uniti. 1

“I profitti lordi” sono i profitti prima del pagamento delle tasse e degli interessi netti. Il termine viene utilizzato in questo senso da Hyman Minsky e corrispomde anche a ciò che viene definito come “eccedenza di esercizio” nell’United Nation system of National Income Accounting

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Il lavoro inizia con un breve richiamo alle fasi principali del ciclo economico USA a partire dai primi anni ‘70 e prosegue con un esame più dettagliato di come si sia sviluppato il settore finanziario all’interno delle corporation non finanziarie, ciò permette di chiarire come l’espansione economica verificatasi tra gli anni ‘80 e ‘90 fosse associata ad un crescente e significativo indebitamento delle imprese che, alla fine del periodo in questione, aveva raggiunto un rapporto rispetto al PIL tra i più elevati mai registrati. Com’è noto il sistema del credito è estremamente elastico, ma nonostante il gran parlare di new economy è difficile credere che questo aumento dell’indebitamento possa continuare indefinitamente. Dall’analisi inoltre emerge che, a partire dagli anni ‘90, il pagamento dei dividendi ha superato il pagamento degli interessi come quota dei profitti lordi, presumibilmente perché le istituzioni finanziarie si sono recentemente rafforzate rispetto alle industrie ed alle imprese commerciali. Tale fenomeno è di una certa importanza, poiché mentre l’ammontare del pagamento degli interessi viene influenzato dalle scelte operate dalla banca centrale sul tasso di interesse, utilizzabili, durante una recessione, per alleviare la pressione finanziaria sulle corporation, lo stesso non può dirsi per il pagamento dei dividendi. Ciò suggerisce che uno dei canali più importanti attraverso i quali la politica monetaria in passato ha contribuito ad attenuare l’impatto di una recessione, oggi potrebbe diventare sempre meno efficace. Un quadro del ciclo economico degli Stati Uniti dal 1970 al 2001 Nella tabella 1 vengono mostrati i periodi relativi ad ogni espansione del ciclo economico negli Stati Uniti a partire dagli anni ‘70 secondo il National Bureau of Economic Research (NBER) 2 . Tavola 1. I punti di inversione del ciclo economico degli Stati Uniti – 1970-2001 Punto di svolta inferiore Picco Novembre 1970 Novembre 1973 Marzo 1975 Gennaio 1980 Luglio 1980 Luglio 1981 Novembre 1982 Luglio 1990 Marzo 1991 Marzo 2001 Fonte: National Bureau of Economic Research, www.nber.org/cycles.html.

Un esame delle dinamiche nell’intero periodo è rappresentato nella figura 1 che mostra il tasso di crescita del PIL trimestrale. Le recessioni del 1973-75, 1980-82, 1990-91 e 2001-02 sono evidenziate con delle bande più scure.3 Il primo periodo di espansione inizia nel primo trimestre del 1971 e nell’agosto dello stesso anno assistiamo ad una notevole spinta verso la crescita quando il governo Nixon introdusse una serie di misure, tra cui la riduzione delle tasse e la svalutazione del dollaro e nell’intero biennio 1971-72 fu seguita una politica monetaria di carattere espansivo. Tuttavia, nonostante l’espansione fosse inizialmente piuttosto forte, fu di breve durata e nel dicembre 1972 la Federal Reserve, prevedendo una rapida espansione del credito e dell’inflazione, decise di operare una stretta alle politiche monetarie. Nel secondo trimestre del 1973 la crescita del PIL iniziò a declinare, prima dell’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio annunciato dall’OPEC nel dicembre dello stesso anno, e l’espansione vide la sua fine nell’ultimo trimestre del 1973. Tra questo ed il primo trimestre del 1975, il PIL reale declinò del 4,1% mentre, per l’aumento gigantesco dei fallimenti, nel 1974 le banche entrarono in una crisi più profonda. 2

Il NBER fornisce i dati dell’output, delle vendite e dell’occupazione per poter determinare i punti di inversione riferiti ad un mese ben preciso. Tali punti di inversione a volte possono verificarsi in trimestri diversi. Nel periodo preso in esame ciò si verifica in occasione del picco del 1990, in cui i dati mensili hanno registrato un picco nel primo mese del terzo trimestre, mentre i dati trimestrali registrano un picco nel secondo trimestre. 3 La parte finale dell’ultima recessione non era ancora iniziata al momento della stesura di questo lavoro ed è quindi approssimativa. 2


Figura 1. Crescita e ciclo economico degli USA ─ 1970-2001 10,0 8,0

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Fonte: Department of Commerce, National Income and Product Accounts, Table 1.2. Mutamenti trimestrali del PIL reale La linea spessa mostra l’andamento medio nei cinque periodi. Le aree grigie rappresentano le fasi recessive Il tasso medio di crescita per ogni ciclo viene calcolato da un picco all’altro

La seconda fase di espansione prende il via nel secondo trimestre del 1975 e viene stimolata in maniera significativa dal taglio delle tasse introdotto dal governo Ford che comincia ad avere i suoi effetti nella seconda parte dell’anno. Nel 1977-78 l’amministrazione Carter ha cercato di favorire anche le esportazioni lasciando che il dollaro declinasse sui mercati esteri; in questa occasione l’espansione durò più a lungo rispetto alla precedente ma fu accompagnata da un aumento dell’inflazione e da un pericoloso indebolimento della moneta americana con il rischio che andasse fuori controllo. Nel novembre del 1978 la Federal Reserve intervenne aumentando improvvisamente il tasso di interesse, principalmente per difendere la moneta, e nella prima metà del 1979 la crescita iniziò a declinare. Nell’ottobre dello stesso anno, quando il valore del dollaro ancora una volta rischiava di subire un violento calo sui mercati internazionali, la Federal.Reserve. applicò ulteriori misure contrazionistiche. La più importante era costituita da un mutamento nelle procedure operative che comportava uno spostamento dal controllo dei tassi di interesse a quello della quantità di riserve fornite alle banche commerciali."cosa che, agli inizi degli anni ‘80, ha portato ad un ulteriore aumento dei tassi di interesse e all’esaurirsi dell’espansione. Tra il primo trimestre del 1980 e la fine del 1982 l’attività economica registra per la prima volta una caduta piuttosto rapida, seguita da una breve crescita con un secondo e più pesante crollo verso la fine di quell’anno. I due crolli vengono considerati dall’NBER come due distinte recessioni, tuttavia le dinamiche del periodo in esame vengono ampiamente giustificate dalle scelte della Federal Reserve attraverso le quali si stabiliva l’ammontare delle riserve. Ciò ha generato fluttuazioni dei tassi d’interesse senza precedenti e causato, sebbene le autorità avessero ormai imparato ad applicare nuovi e potentissimi strumenti di controllo monetario, violente oscillazioni nella produzione. E’ per questo motivo che in questo lavoro tale periodo sarà considerato come un’unica recessione. La recessione 1980-82 costituisce un punto di netta demarcazione tra cicli di crescita basati su tassi d’inflazione sempre più elevati e cicli caratterizzati da inflazione relativamente bassa. In questa fase vennero chiusi molti impianti industriali e si verificò una diminuzione significativa del potere d’acquisto dei lavoratori provocata dall’aumento della disoccupazione e da cambiamenti nella legislazione introdotti nel 1981 con l’insediamento del governo Reagan. Nel corso della recessione il PIL reale è diminuito quasi del 3% e nel 1982 si sviluppò una nuova crisi finanziaria dovuta alle gravi perdite subite dalle banche per i prestiti in favore delle imprese americane e dei paesi del Terzo Mondo. Il terzo periodo di espansione ebbe inizio nel primo trimestre del 1983 e, come avvenne all’inizio dei due periodi precedenti, la crescita ricevette una spinta notevole grazie alla politica governativa. In questa occasione il governo Reagan, mentre riduceva le tasse, spingeva contemporaneamente verso un grosso aumento delle spese militari, ma anche se nella seconda metà del 1982 i tassi di 3


interesse si erano ridotti, restavano comunque insolitamente elevati per le fasi iniziali di una ripresa. Come risultato di una politica fiscale fortemente espansiva, la ripresa dell’economia fu caratterizzata da un pesante deficit fiscale e, allorché le importazioni superarono largamente le esportazioni, dal deficit della bilancia dei pagamenti. Contrariamente agli anni ’70, gli Stati Uniti furono in grado di finanziare il deficit nella bilancia dei pagamenti attraverso capitale privato attratto da tassi d’interesse abbastanza elevati. Questa iniezione di capitali ha portato ad un deciso rafforzamento del dollaro che aumentò il suo valore del 51% tra il 1980 ed il 1985. Tuttavia tale apprezzamento provocò ulteriori pressioni sull’industria manifatturiera e, dopo una ripresa piuttosto sostenuta, la crescita del PIL cominciò a rallentare nel 1984. L’aumento vertiginoso del valore del dollaro ha fatto registrare un picco alla metà del 1985 ma in tutto l’anno successivo la moneta americana ha subito un violento declino, mentre la crescita del PIL raggiungeva nuovamente il punto di massima nel 1987. Tuttavia, dato che la Federal Reserve riteneva che il deprezzamento del dollaro dovesse continuare, provocando un nuovo innalzamento dell’inflazione, nel Novembre 1986 aumentò il tasso di interesse. La tendenza al rialzo dei tassi di interesse subì un’inversione in occasione del crollo della Borsa nell’ottobre 1987 per effetto del tentativo della Federal Reserve di evitare lo scoppio di una crisi finanziaria, ma appena fu chiaro che il sistema finanziario era riuscito a resistere ad una crisi improvvisa, i tassi di interesse iniziarono ad aumentare nuovamente. La crescita economica iniziò a declinare agli inizi del 1989 e stranamente la Federal Reserve diminuì il tasso di interesse ancor prima dell’inizio della recessione, motivando la scelta in base all’eccessivo indebitamento raggiunto dalle imprese. In questa occasione il rallentamento fu più prolungato rispetto al 1973 ed al 1979, e la recessione ebbe inizio solo nel terzo trimestre del 1990. L’ultimo periodo di espansione è iniziato nel secondo trimestre del 1991. Inizialmente la crescita del PIL raggiunse il suo picco di massima più lentamente rispetto alle espansioni precedenti, dando vita a ciò che a quel tempo si definiva una “crescita senza lavoro” . Ne consegue che, nonostante la recessione fosse stata decisamente breve, la fase iniziale del declino precedente e la crescita successiva si erano protratte per un periodo più lungo rispetto alle recessioni del 1973-75 e 1980-82. Una differenza importante tra la situazione dei primi anni ‘90 e l’avvio delle precedenti espansioni consisteva nel fatto che, per la preoccupazione diffusa nei circoli politici americani sulle dimensioni del deficit fiscale ereditato dagli anni ‘80, né il governo di Bush (senior) e nemmeno quello di Clinton introdussero misure fiscali espansive. Infatti, nei primi stadi della crescita furono le esportazioni a costituire una delle poche fonti di sviluppo, le quali, grazie ai bassi tassi di interesse, beneficiavano di un dollaro debole. Com’è ben noto una volta iniziata l’espansione aumentarono immediatamente gli investimenti ed i consumi e, nella seconda metà degli anni ‘90, il PIL reale crebbe più del 4%, tanto che molti parlavano di una “new economy” in quanto l’inflazione rimaneva contenuta nonostante il declino considerevole della disoccupazione. Tuttavia, occorre sottolineare che osservando i punti di massima, la crescita media dell’ultima espansione non risulta molto impressionante. Inoltre, nonostante un incremento sostanziale della produttività, il boom della seconda metà del decennio era associato a pesanti squilibri finanziari, inclusi il crollo del risparmio individuale, un mercato azionario sopravvalutato e la dipendenza dall’enorme ingresso di capitale 4 estero nella finanza : Dopo un esplosione frenetica alla fine del decennio, nella seconda metà del 4

L’aumento della produttività del lavoro, misurata in corrispondenza dei picchi relativi ai vari cicli è la seguente: 1953-1957 2,0 % 1957-1960 2,4 % 1960 -1969 2,8% 1969 -1973 2,9% 1973-1980 1,3% 1980-1981 1,0% 1981-1990 1,5% 1990-2001 2,0% Fonte The Conference Board Performance 2001: Productivity, Employment and Income in the World’s Economies, New York, February 2002 4


2000 la crescita subì un improvvisa diminuzione e nel primo trimestre del 2001 l’espansione ebbe fine a causa del crollo degli investimenti. Questa breve analisi indica che mentre il ciclo economico è stato un fenomeno ricorrente nell’economia americana, le dinamiche di ogni ciclo hanno mostrato delle differenze dovute in parte anche alle scelte adottate dal governo e dalla Federal Reserve. Tuttavia tali politiche erano esse stesse una risposta ai mutamenti delle condizioni economiche, che possono essere spiegate esaminando lo sviluppo del settore privato dell’economia, responsabile della maggior parte della produzione e dell’occupazione negli Stati Uniti. Le corporation non finanziarie ed il ciclo economico L’analisi è basata, come sostenuto, sull’assunzione che l’andamento dell’economia è regolato dalla redditività delle imprese. La figura 2 mostra l’andamento dei profitti al lordo delle imposte come quota del PIL nelle corporation non finanziare degli Stati Uniti5 Figura 2. Profitti lordi delle corporation non finanziarie (come % del PIL) 9,0 8,0 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 1970

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Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Aggiustamenti stagionali su dati trimestrali a tasso annuale. La linea spessa mostra l’andamento medio dei cinque periodi. Le aree grigie indicano le recessioni.

Si può osservare come l’andamento dei profitti manifesti un andamento decisamente ciclico. La quota dei profitti inizia ad aumentare (o quasi ) al termine d’ogni recessione, continuando ad accrescersi nel corso dell’espansione, ma raggiunto il picco inizia a diminuire prima che l’espansione giunga al termine. L’unica eccezione si nota a metà dell’espansione del 1983-90, nella quale si verifica una lieve flessione dei profitti che coincide con il rallentamento della crescita sottolineato precedentemente. Si può inoltre osservare che, mentre nell’espansione del 1983-90 la 5

Il miglior indicatore della redditività, utile per molti scopi, dovrebbe essere dato da una misurazione dei profitti nominali come percentuale del capitale realmente anticipato. Tuttavia, come ben sappiamo, non esistono dati attendibili del valore del capitale anticipato. Le stime sul saggio del profitto disponibili utilizzano in genere dati sull’andamento dello stock di capitale fisso (trascurando così il capitale circolante, come materie prime e salari) calcolato abitualmente al costo corrente piuttosto che sul trend storico. Inoltre tali dati sono disponibili solo su base annua, periodo non sufficiente per analizzare il ciclo economico A parte questi problemi di misurazione del saggio del profitto, per alcuni scopi la massa dei profitti può essere egualmente significativa per misurare l’andamento del ciclo economico, specialmente per il periodo che precede l’avvio di una recessione, quando le imprese si trovano di fronte a gravi problemi di liquidità. Tuttavia si presentano dei problemi anche facendo un confronto tra i valori nominali in diversi cicli economici, in parte a causa dell’inflazione ma anche perché si incrementa la scala delle attività economiche . Un modo per evitare entrambi i problemi è quello di mostrare l’andamento dei profitti come percentuale del PIL. I dati in figura includono un aggiustamento relativo alla valutazione delle scorte (IVA) così da ridurre l’effetto di distorsione provocato dall’inflazione, elevata nella prima parte del periodo preso in esame. I punti di inversione relativi alla massa del profitto coincidono con quelli relativi alla quota dei profitti, ad eccezione del 1978. Le stime annuali del tasso di rendimento del capitale al costo corrente indicano che il saggio del profitto e la quota dei profitti hanno subito lo stesso andamento (vedi US Department of Commerce, Survey of Current Businss, Settembre 2001) 5


crescita dei profitti fu piuttosto modesta, risulta molto più marcata durante l’espansione degli anni ‘90, benché anche in questo periodo rimanga al di sotto del livello raggiunto negli anni ‘70. Il declino dei profitti a partire dal 1997 fornisce un chiaro segnale circa le condizioni piuttosto limitate sulle quali si basava l’espansione degli anni ‘906 . Una delle principali fonti usate dalle corporation per finanziare gli investimenti e' costituita dai "retained earnings", composti dai profitti non distribuiti agli azionisti e dalle quote fiscali di ammortamento del capitale fisso. Negli anni ‘70 gli utili non distribuiti dalle corporation, come quota del PIL, superavano di circa l’1% la quota dei profitti e queste grandezze presentavano lo stesso andamento in relazione al ciclo economico. Nella prima metà degli anni ’80 vi fu però una interruzione di questo andamento. Durante la recessione del 1980-82, nonostante il declino dei profitti, gli utili non distribuiti iniziarono ad aumentare dal 1981. Tale andamento è da imputare all’introduzione da parte del governo Reagan di una serie di modifiche alla tassazione attraverso l’Economy Recovery Act del 1981, che ebbe l’effetto di aumentare in maniera significativa le quote fiscali per gli ammortamenti e la differenza tra gli utili non distribuiti ed i profitti aumentò di circa il 3% rispetto al PIL7. Di conseguenza, nonostante una debole ripresa della redditività nella prima metà degli anni ‘80, gli utili non distribuiti aumentarono in maniera molto più decisa a favore del finanziamento di investimenti in capitale fisso da parte delle corporation. Negli anni ‘90 gli effetti provocati dalle modifiche nella tassazione giocarono un ruolo importante e gli utili non distribuiti ancora una volta manifestarono un andamento ciclico molto simile a quello dei profitti, con una differenza tra i due di circa l’1,5% del PIL.

Gli investimenti in capitale fisso La Figura 3 mostra gli investimenti in capitale delle corporation non finanziarie, che includono quelli in capitale fisso e le variazioni nelle scorte. Come si può notare, l’andamento è fortemente ciclico. Nel corso di un ciclo di espansione le spese in capitale aumentano e raggiungono il picco di massima quasi contemporaneamente a quello del ciclo economico per poi declinare fortemente durante le recessioni, raggiungendo il minimo verso alla fine o poco dopo la recessione.

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Dettagli sulla contabilità creativa fatta dalle compagnie venuti alla luce con il fallimento della Enron indicano una sovrastima dei profitti specialmente alla fine degli anni ‘90. Per esempio, la sola inclusione del costo delle opzioni sulle azioni concesse ai dipendenti avrebbe ridotto i profitti dichiarati del 17% (vedi Simon London, “All shook up”, Finantial Time, 26-27 Febbraio 2002) 7 I cambiamenti nella tassazione introdotti nel 1981 ridussero anche la percentuale delle tasse imposte alle corporation, cosa che contribuì a far aumentare il divario tra utili non distribuiti e profitti, ma questo aspetto fu meno significativo rispetto alla riduzione degli oneri fiscali sulle spese in conto capitale.

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Figura 3. Spese in conto capitale delle corporation non finanziarie USA (come % del PIL) 11,0 10,0 9,0 8,0 7,0 6,0 1970

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Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Aggiustamenti stagionali su dati trimestrali a tasso annuale. La linea spessa mostra l’andamento medio dei cinque periodi. Le aree grigie indicano le recessioni

Tuttavia negli anni ‘80 si verificò ancora una volta una strana anomalia. Mentre le spese in capitale iniziarono improvvisamente ad aumentare dopo l’avvio della fase di espansione – infatti all’inizio ebbero una rapida crescita, in aperto contrasto con le altre fasi cicliche –, in seguito declinarono e nella seconda metà dell’ espansione si mantennero su valori modesti. Ciò riflette il fatto che negli Stati Uniti, nonostante gli incentivi fiscali introdotti dall’amministrazione Reagan, questo periodo di espansione era associato ad una razionalizzazione e ad una ristrutturazione degli impianti industriali esistenti, piuttosto che ad investimenti in nuova capacità produttiva. Il periodo fu caratterizzato da un’ondata di fusioni, acquisizioni, riacquisto delle azioni da parte del management d’impresa e gli aumenti di produttività, non particolarmente pronunciati, furono dovuti principalmente alla chiusura di unità produttive poco efficienti, piuttosto che ad investimenti in capitale fisso. A partire dal 1990 gli investimenti in capitale riprendono l’andamento precedente, declinano nella recessione del 1990-91 ed poi aumentano nel corso della successiva espansione. Tuttavia, come si può notare, l’aumento verificatosi dopo il 1991 raggiunge molto più lentamente il livello dei cicli precedenti, benché permanga piuttosto sostenuto nella seconda metà del decennio, per poi crollare improvvisamente all’inizio del 2001. Il finanziamento esterno ed il mercato azionario Le corporation non finanziarie hanno sempre cercato di sostenere buona parte delle loro spese in capitale attraverso utili non distribuiti. Le necessità di ulteriore finanziamento esterno per coprire tali spese, noto nei rendiconti dei Flow of Founds * come gap di finanziamento, è mostrato nella figura 4.

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Flusso dei fondi è il flusso dei pagamenti in moneta fatti a e da un’impresa in un certo periodo di tempo e che può utilizzare per investimenti, dopo aver detratto le spese di servizio.(NdT)

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Figura 4. Il gap di finanziamento nelle corporation non finanziarie (come % del PIL)

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Negli anni ‘70 il gap di finanziamento ha manifestato in maniera molto marcata un andamento ciclico, aumentando notevolmente durante i due cicli espansivi e declinando poi allo stesso modo nelle successive recessioni. All’inizio dell’espansione del 1983-90, il gap di finanziamento aumentò ancora in maniera sostenuta, come nei primi stadi delle due espansioni precedenti, ma tra il 1985 ed il 1990 si è mantenuto a livelli piuttosto bassi, mostrando così che gli investimenti in capitale furono piuttosto modesti durante tutta la fase di espansione. Nella prima metà della crescita degli anni ’90, il gap di finanziamento si mantenne ancora una volta su livelli piuttosto limitati – in linea con le spese in capitale, tuttavia nella seconda metà del decennio, con l’aumento massiccio degli investimenti, furono necessari ulteriori finanziamenti esterni, sino al crollo degli investimenti nel 2001. Comunemente si pensa che le corporation non finanziarie possano sostenere gli investimenti in capitale fisso attraverso il mercato azionario e, in effetti, nella seconda metà degli anni ‘90, con il boom degli investimenti, le imprese utilizzarono in maniera straordinaria l’emissione di azioni per avere finanziamenti a buon mercato e in molti casi sulla base di prospettive poco più che illusorie. Tuttavia, a partire dagli anni ‘80 si era sviluppata molto anche la tendenza delle corporation al riacquisto delle proprie azioni e, di conseguenza, il mercato azionario cessò di essere una fonte netta per il loro finanziamento. Ciò risulta evidente dalla figura 5 che mostra il valore netto delle azioni emesse dalle corporation non finanziarie. Figura 5. Emissione netta di azioni da parte delle corporation non finanziarie USA (come % del PIL) 2,0 Media 1996 - 2000 = -1.7 1,0 0,0 -1,0 -2,0 -3,0 -4,0 -5,0 1970

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Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Aggiustamenti stagionali su dati trimestrali a tasso annuale. La linea spessa mostra l’andamento medio dei cinque periodi. Le aree grigie indicano le recessioni. 8


Durante l’espansione della prima metà degli anni ‘70, a conti fatti, il mercato azionario riuscì a sostenere le corporation non finanziarie, anche se l’ammontare di tali finanziamenti non era particolarmente elevato rispetto al PIL. Nell’ espansione della seconda metà degli anni ‘70 il valore netto delle azioni emesse era ancora piuttosto basso e nella successiva recessione si verificò un ulteriore crollo dei loro prezzi, ma a partire dagli anni ‘80 le cose cambiarono totalmente e durante l’espansione degli anni ‘80 e ‘90 il valore netto delle azioni emesse dalle corporation non finanziarie fu pesantemente negativo. In altre parole il riacquisto dei titoli era fortemente eccedente rispetto alle nuove emissioni. Il cambiamento di rotta degli anni ‘80 è dovuto ad un processo di liberalizzazione finanziaria di ampia portata ed all’importanza sempre maggiore assunta dal settore finanziario nella evoluzione dell’economia USA. Infatti in questo decennio il riacquisto delle azioni era associato ad un’ondata di acquisizioni (“take-overs”) e rilevamenti (“buyouts”) di attività*. Attraverso il cosiddetto “leveraged buy-outs” (rilevamenti con capitale preso a prestito), i manager delle corporation hanno acquisito il controllo delle loro compagnie acquistandone le azioni grazie ad enormi prestiti ottenuti dalle banche e attraverso l’emissione di obbligazioni. Come si può notare dalla figura 5, tra il 1984 ed il 1989 la quantità interessata fu veramente notevole. Negli anni ‘90 molte corporation non finanziarie furono impegnate a riacquistare parte delle loro azioni, assicurandosi, così, una crescita dei dividendi sulle azioni in circolazione e contribuendo in tal modo a mantenere alto il loro valore. Ciò che ha determinato tale comportamento è che un prezzo più elevato delle azioni costituisce un’arma contro probabili acquisizioni da parte di altri concorrenti. Un altro fattore è stata l’influenza sempre maggiore assunta dagli investitori istituzionali che, sotto la bandiera dello “shareholder value” **, esercitavano una continua pressione sulle compagnie perché garantissero entrate elevate. Un terzo aspetto è che molti alti dirigenti erano essi stessi degli azionisti - specie quando le opzioni sui titoli divennero la loro forma di remunerazione più importante negli anni ’90 - e avevano quindi un forte interesse personale nel perseguire quelle scelte che potessero accrescere il valore dei titoli delle compagnie in cui lavoravano. La figura 5 mostra che nella seconda metà degli anni ‘90 il riacquisto netto di azioni corrispondeva mediamente all’1,7% del PIL, ovvero a circa 150 miliardi di dollari l’anno. Le spese sostenute dalle corporation non finanziarie per il riacquisto delle azioni negli anni ‘90 è uno degli aspetti che ha contribuito all’aumento del valore dei titoli sul mercato azionario, ma tali acquisti dovevano essere finanziati e di conseguenza le imprese si sono rivolte al mercato del credito non solo per finanziare quella parte degli investimenti in capitale fisso non coperti attraverso la non redistribuzione degli utili, ma anche per le operazioni di borsa. L’indebitamento L’indebitamento netto delle corporation non finanziarie, come mostra la figura 6, presenta un andamento fortemente ciclico ed inizia ad aumentare in corrispondenza o entro un quarto di ogni fase espansiva, continuando a crescere nel corso dell’espansione stessa e raggiungendo velocemente il picco di massima quasi alla fine; quindi inizia a declinare in occasione delle recessioni, raggiungendo al termine delle stesse il valore minimo.8 Analizzando l’espansione degli anni ‘80 si può osservare che all’inizio della ripresa l’indebitamento era praticamente nullo, poi aumenta fortemente, mantenendosi, nella maggior parte del periodo compreso tra il 1984 ed il 1988, ad un tasso annuale di circa il 5 % del PIL. Ciò fu determinato dal fatto che nonostante gli investimenti in capitale fisso fossero abbastanza modesti, le corporation si *Si tratta delle operazioni di acquisizione del pacchetto azionario di maggioranza di un’azienda da parte di un’altra o da parte del gruppo dirigente della stessa. ** Per “shareholder value” si intende tutto quello che tende ad accrescere nell'immediato il patrimonio e/o il reddito azionario (NdT) 8 La crescita dell’indebitamento del 1981 coincide con il punto più alto a metà delle due recessioni 9


stavano indebitando fortemente per poter finanziare acquisizioni e rilevamento d’attività. Tuttavia, questo ulteriore indebitamento nel 1989, quasi diciotto mesi prima dell’inizio della recessione, diminuì rapidamente perché le banche, sottoposte ad una notevole pressione finanziaria, iniziarono a limitare l’offerta di credito.9 L’indebitamento netto diminuì velocemente durante la recessione e nel 1991 si portò su valori negativi. Figura 6. Indebitamento netto delle corporation non finanziarie USA (come % del PIL)

8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 -2,0 1970

72

74

76

78

80

82

84

86

88

90

92

94

96

98

2000

02

Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Aggiustamenti stagionali su dati trimestrali a tasso annuale. La linea spessa mostra l’andamento medio dei cinque periodi. Le aree grigie indicano le recessioni.

Nella fase iniziale dell’espansione degli anni ‘90 l’indebitamento netto era negativo ed aumentò abbastanza lentamente nella prima metà del decennio. Tuttavia raggiunse velocemente il picco nella seconda metà del periodo, specie durante il boom compreso tra il 1998 ed il 2000, quando, ancora una volta, arrivò ad un tasso annuale di circa il 5% del PIL; poi nel 2000 iniziò di nuovo a diminuire rapidamente. Le due più importanti forme d’indebitamento delle corporation non finanziarie erano costituite dall’emissione di obbligazioni e da debiti contratti con le banche, il cui andamento è mostrato nella figura 7. Si può osservare come il pesante aumento dell’indebitamento durante l’espansione economica degli anni ‘80 e ‘90 era determinato principalmente dall’emissione di obbligazioni. Infatti, mentre l’andamento di tali emissioni come percentuale del PIL era maggiore in questi decenni rispetto agli anni ‘70, il debito con le banche era molto più basso. Si può notare inoltre che, mentre l’emissione di obbligazioni assume sempre valori positivi, ci sono periodi in cui la somma dei prestiti bancari netti è stata negativa in occasione di tutte le recessioni, con l’ eccezione di quella del 1980-82. Così la somma dei prestiti bancari netti è stata negativa nel corso del 1990-91 ed ha continuato ad esserlo nei primi due anni della successiva espansione, in quanto le corporation riuscirono a districarsi dagli alti livelli di indebitamento. Allo stesso modo, la somma dei prestiti bancari netti tornò su valori negativi all’inizio della recessione del 2001.

9

Le banche, oltre all’indebitamento delle corporation, dovettero affrontare le perdite sui crediti concessi per l’acquisto di patrimoni immobiliari, nonché l’introduzione delle regole di Basilea (Il club di Basilea è una associazione delle banche centrali europee e delle autorità monetarie USA che interviene nelle politiche economiche dei vari paesi - NdT) riguardo alla richiesta di finanziamenti. Per maggiori dettagli vedi M. A. Akhtar, “Causes and Consequences of the 1989-02 credit slowdown”, Fedral Reserve Bank of New York Quarterly Review, Winter 1993-84, pp. 1-23.

10


Figura 7. Indebitamento delle corporation non finanziarie sotto forma di obbligazioni e prestiti bancari (come % del PIL) 5,0 4,0 3,0

obbligazioni

2,0 1,0 0,0 prestiti con le banche -1,0 -2,0 1970

72

74

76

78

80

82

84

86

88

90

92

94

96

98

2000

02

Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Aggiustamenti stagionali su dati trimestrali a tasso annuale. La linea spessa mostra l’andamento medio dei cinque periodi. Le aree grigie indicano le recessioni.

Nei primi stadi dell’espansione degli anni ‘90 l’indebitamento complessivo aumentò abbastanza lentamente, ma raggiunse velocemente il picco nella seconda metà del decennio, specie durante il boom compreso tra il 1998 ed il 2000, quando toccò nuovamente un tasso annuale di circa il 5% del PIL. Tuttavia nel 2000, ancora una volta, diminuì velocemente. Il debito Poiché l’indebitamento netto delle corporation non finanziarie è stato praticamente sempre positivo, il valore nominale del debito insoluto è continuamente aumentato. Tuttavia negli anni ‘70 un’inflazione particolarmente elevata fece ridurre il valore dei debiti contratti in precedenza. La figura 8 mostra l’andamento del debito delle corporation non finanziarie in relazione al PIL, da cui si può osservare che, a causa dell’inflazione, negli anni ‘70 il rapporto tra debito e PIL non aumentò, anzi tende leggermente a diminuire, ma poiché a partire dalla recessione del 1980-82 l’inflazione si mantenne sostanzialmente bassa, l’enorme indebitamento verificatosi negli anni ‘80 e ‘90 ha portato ad un aumento notevole del carico del debito Figura 8. Debito delle corporation non finanziarie USA (come % del PIL)

50,0

45,0

40,0

35,0

30,0 1970

72

74

76

78

80

82

84

86

88

90

92

94

96

98

2000

02

Fonte: Federal Reserve Flow of Found Accounts. Livelli di debito al termine di ogni trimestre in % del PIL. Le aree grigie indicano le recessioni. 11


Nel corso dell’espansione economica degli anni ‘80 i debiti insoluti delle corporation non finanziarie passavano dal 32,1 % al 42,6% del PIL, ma tra il 1990 ed il 1994, quando durante la recessione ed i primi anni della crescita gli investimenti e l’indebitamento erano modesti, l’ammontare del debito delle imprese in qualche misura diminuì, tornando al 36,8% del PIL. Tuttavia nella seconda metà del decennio, con la forte ripresa dell’indebitamento, il livello del debito aumentò notevolmente, arrivando nel 2001 al 48,1% del PIL, un valore mai raggiunto in precedenza. Ciò sta ad indicare che le corporation non finanziarie potrbbero ancora una volta essere estremamente vulnerabili ad aumenti del tasso di interesse. I tassi di interesse L’andamento di alcuni tassi di interesse negli Stati Uniti è mostrato nella figura 9. Il Federal Funds rate è il tasso di interesse applicato sul mercato monetario e viene utilizzato come indicatore della politica monetaria della Federal Reserve, infatti dalla metà degli anni ‘80 è stato il principale obiettivo della politica monetaria dell’Open Market Commitee della Fed10. Il tasso d’interesse primario (prime rate) costituisce il tasso di riferimento per i prestiti praticati dalle banche commerciali alle corporation non finanziarie.11 Si è potuto così osservare che i cambiamenti subiti dal tasso primario erano strettamente correlati a quelli del tasso di interesse interbancario.12 Figura 9. Tassi di interesse USA (%) 25

20

15

10

5

0 1970

72

74

76

78

80

82

Tasso primario

84

86

88

90

Tasso Fed Funds

92

94

96

98

2000

02

Tasso Aaa bonds

Fonte Federal Reserve Data Bank

Durante i cicli 1971-75 e 1975-82 il tasso interbancario ha mostrato un andamento decisamente pro-ciclico, raggiungendo il valore minimo nei primi stadi di ogni espansione ed in seguito aumentando notevolmente e arrivando al punto massimo durante le recessioni, per poi ridursi nella fase finale delle recessioni e nei primi stadi delle espansioni successive. Nel ciclo 1983-91 i tassi di interesse presentano un andamento leggermente diverso rispetto al passato. All’inizio del 1984, immediatamente dopo l’avvio dell’espansione, subirono un 10

Per avere dettagli su come la Federal Reserve determina la politica monetaria, vedi Ann-Marie Meulendyke, US Monetary policy and financial markets, Federal Reserve Bank of New York, 1989, pp. 38-47. 11 Il prime rate originariamente era il tasso al quale le banche concedevano prestiti alle cosiddette imprese “blue chips”, ossia grandi e note imprese con rischio estremamente basso Tuttavia, da quando tali società hanno potuto contrarre prestiti a breve termine a tassi più convenienti sul mercato obbligazionario le banche sono state costrette a concedere prestiti a tali imprese a tassi inferiori al prime rate. 12 Si può vedere che il margine tra il tasso primario e quello interbancario ha teso a divaricarsi, ma ciò potrebbe riflettere il fatto che i prestiti delle banche ad alcune imprese vengono attualmente praticati ad un tasso inferiore a quello primario. 12


temporaneo aumento in conseguenza di una lieve crescita dell’inflazione (la cosiddetta “azione preventiva” della Federal Reserve); una volta eliminato il rischio d’inflazione, i tassi di interesse furono nuovamente ridotti e la nuova ascesa del 1987 fu il risultato di un normale andamento ciclico. Il secondo aspetto inusuale di questa espansione fu che la Federal Reserve cominciò ad abbassare il tasso di interesse prima e non dopo l’inizio della recessione, un comportamento imposto dal forte indebitamento delle imprese e dalle condizioni finanziarie estremamente difficili di molte banche. Durante l’espansione cominciata nel 1991, all’inizio i tassi di interesse continuavano a diminuire, come nei primi stadi di quella precedente, ma dal 1993 caddero al livello più basso mai registrato in tutto il periodo. Tuttavia nel 1994, quando l’espansione economica iniziava gradualmente a prender vigore, la Federal Reserve aumentò il tasso di interesse più volte nel corso dell’anno. Dopo una riduzione temporanea alla fine del 1998, in occasione della crisi finanziaria in Russia, a partire dalla metà del 1999 i tassi sono stati aumentati poiché la Federal Reserve riteneva il tasso di crescita troppo elevato e quindi insostenibile. Poi, una volta divenuto chiaro che l’economia era sull’orlo di un declino sostenuto, i tassi di interesse furono tagliati in tutto il corso del 2001. Come accadde alla fine dell’espansione precedente, i tassi furono abbassati prima che la recessione si fosse avviata benché, in questa occasione, non molto tempo prima. E’ significativo che con il primo taglio effettuato nel gennaio 2001, una delle ragioni accampate dal governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan, si basava sulle dimensioni gigantesche assunte dal sistema finanziario. L’altro tipo di tasso di interesse mostrato nella figura 9 è l’indice Aaa di Moody, che indica il tasso di interesse sulle obbligazioni emesse dalle imprese con il più alto grado di reputazione finanziaria. Si può osservare che questo tasso d’interesse di lungo termine è meno condizionato dall’andamento del ciclo economico e l’aspetto più evidente è che esso tende ad aumentare fino agli inizi degli anni ’80 per poi declinare ininterrottamente13 . Poiché il tasso primario segue un andamento fortemente ciclico, tende a stare sotto il tasso Aaa ogni volta che inizia una fase di espansione e al di sopra nella parte finale e nelle recessioni. Il pagamento degli interessi ed i dividendi La figura 10 mostra il pagamento degli interessi netti da parte delle corporation non finanziarie come quota dei profitti lordi, un indicatore importante della pressione finanziaria sulle imprese, che registra un andamento ciclico decisamente marcato. Nei primi stadi dell’espansione, quando i tassi d’interesse sono bassi, così come i nuovi indebitamenti che possono addirittura essere negativi, la quota dei profitti lordi utilizzata per il pagamento degli interessi tende a diminuire. Tuttavia, quando l’espansione è in corso, la combinazione tra un debito in ascesa e tassi d’interesse sempre più elevati spinge verso un brusco aumento del pagamento in interessi che procede anche nella recessione.

13

Tuttavia si può notare che, per il primo periodo, i due aumenti maggiori si sono verificati durante le recessioni, quando i tassi a breve termine erano elevati 13


Figura 10. Pagamento degli interessi netti come % dei profitti lordi delle corporation non finanziarie USA 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 15,0 70-I

72-I

74-I

76-I

78-I

80-I

82-I

84-I

86-I

88-I

90-I

92-I

94-I

96-I

98-I

00-I

02-I

Fonte: US Department of Commerce, National Income and Product Accounts, Tabella 1.16

La figura 10 fornisce una immagine impressionante della morsa finanziaria subita dalle corporation al termine delle espansioni economiche e nelle fasi di recessione e provocata dall’effetto combinato del declino dei profitti, dall’aumento dell’indebitamento e dalla crescita dei tassi di interesse. Si può osservare che la quota dei profitti lordi destinata al pagamento degli interessi aumenta improvvisamente alla fine di ogni espansione, al 31% del 1974, al 44% nel 1982 ed al 39% nel 1990. Si può inoltre notare che, nonostante la diminuzione della quota destinata al pagamento degli interessi all’avvio di ogni espansione, questa rimane stranamente elevata durante l’espansione del 1983-90 e raramente cade al di sotto del 30% dei profitti lordi. Ciò, chiaramente, costituisce un riflesso delle dimensioni del debito e del livello piuttosto elevato dei tassi d’interesse prevalenti in quel periodo. Negli anni ‘90, al contrario, quando i tassi si mantenevano bassi, il pagamento degli interessi incideva molto meno sui profitti lordi. Come nel ciclo precedente, la quota del pagamento degli interessi diminuì all’inizio dell’espansione, ma il declino fu più marcato perdurando molto più che in quelle del passato e, nonostante l’aumento verificatosi tra il 1997 e il 2001, non raggiunse il livello della fase finale dell’espansione degli anni ‘80, anche se il carico del debito era molto più elevato. Anche con la diminuzione dei profitti nel 2001, la quota del pagamento degli interessi aumentò in maniera modesta, presumibilmente anche per la maggiore riduzione dei tassi a breve termine decisa dalla Federal Reserve nel corso dell’anno. Tuttavia risulta chiaro che se i tassi di interesse dovessero improvvisamente aumentare i profitti delle corporation non finanziarie verrebbero nuovamente compressi.

14


Figura 11. Pagamento degli interessi, dei dividendi e profitti non distribuiti delle corporation non finanziarie USA come % dei profitti lordi

50,0 Dividendi 40,0 30,0 interesse netto 20,0 10,0 profitti non distribuiti 0,0 -10,0 70-I

72-I

74-I

76-I

78-I

80-I

82-I

84-I

86-I

88-I

90-I

92-I

94-I

96-I

98-I

00-I

02-I

Fonte: US Department of Commerce, National Income and Product Accounts, Tabella 1.16.

Mentre negli anni ‘90 la pressione esercitata dal pagamento degli interessi si mantenne piuttosto bassa rispetto alle espansioni precedenti, assunse sempre maggiore importanza il pagamento dei dividendi, come si può osservare nella figura 11. Durante gli anni ‘70, e la maggior parte degli anni ‘80, il pagamento dei dividendi si aggirava attorno al 20% dei profitti lordi, ma a partire dal 1988 aumentò in maniera decisa e nel 1992 quasi raddoppiò, arrivando a circa il 35% dei profitti lordi e permanendo attorno a questo valore per la maggior parte dell’espansione degli anni ‘90. In questo decennio, di conseguenza, contrariamente alle espansioni precedenti, i dividendi interessano larga parte dei profitti lordi rispetto al pagamento degli interessi. Questa tendenza all’aumento della quota destinata al pagamento dei dividendi riflette presumibilmente la crescente influenza che, a partire dagli anni ‘80, hanno assunto gli investitori istituzionali sulle imprese non finanziarie. Inoltre il marcato aumento di questa quota nel 2000, quando i profitti iniziavano a diminuire, indica che, rispetto alle fasi di depressione, le corporation non finanziarie non sono state in grado di ridurre drasticamente i dividendi come avevano fatto nelle recessioni precedenti. Come mostra la figura, una conseguenza di questo aumento è stata la diminuzione della quota dei profitti non distribuiti. E’ interessante notare il cambiamento che la distribuzione dei profitti lordi ha subito a partire dagli anni ’70. Nel corso della recessione nella seconda metà di quel decennio, i profitti non distribuiti costituivano la quota più importante dei profitti lordi, poi, nel corso degli anni ‘80, con tassi di interesse elevati, il pagamento degli interessi era diventata la quota più importante dei profitti lordi, mentre negli anni ‘90, l’epoca dello “shareholder value”, fu il pagamento dei dividendi a costituirne la parte preponderante14 . La figura 11 mostra anche come i profitti non distribuiti, sotto la pressione del pagamento dei dividendi, furono negativi nel 2001, una situazione che non ha precedenti nel periodo preso in esame (il 1985 costituisce un’eccezione). Conclusioni Dalle analisi sviluppate in questo lavoro emerge il ruolo importante avuto dagli aspetti finanziari nel determinare il trend delle corporation non-finanziarie americane, in particolare attraverso l’interazione dei profitti e del pagamento degli interessi durante il ciclo economico. Negli stadi iniziali di ogni espansione, quando i profitti cominciano a salire, le corporation beneficiano anche di tassi di interesse piuttosto bassi, poi, nel corso della crescita, aumenta il loro indebitamento e con questo si ha la contemporanea crescita dei tassi che fa poi lievitare il pagamento degli interessi. Di 14

E’ significativo notare come le tasse, la quota rimanente dei profitti lordi, nell’espansione della prima parte degli anni ‘70 raggiunsero i livelli più elevati come quota dei profitti lordi 15


conseguenza, nelle fasi finali dell’espansione economica, quando vengono raggiunti i massimi livelli in ogni particolare settore della produzione e del consumo e la profittabilità inizia a declinare, le corporation subiscono anche il peso di maggiori oneri finanziari. Nella recessione che segue, con la riduzione degli investimenti, diminuisce l’indebitamento delle corporation con la conseguente riduzione del carico del debito e si rafforzano le loro posizioni finanziarie; si creano così le condizioni più favorevoli per un nuovo periodo di espansione. L’analisi nei suoi dettagli mostra che, mentre la recessione del 1973-75 viene comunemente considerata come quella che indica la fine del boom post-bellico, quella del 1980-82 è associata ad una maggiore incidenza degli aspetti finanziari fin qui esaminati. Il ruolo dei mercati finanziari è divenuto sempre più importante e le banche di investimento, assieme alle altre istituzioni finanziarie, si rafforzarono e trassero profitto promuovendo una riorganizzazione delle imprese realizzata con acquisizioni, fusioni ed il cosiddetto “ridimensionamento” degli organici. Così, mentre negli anni ‘80 è aumentato pesantemente l’indebitamento, esso servì principalmente per finanziare il riacquisto delle azioni, venendo fortemente limitati gli investimenti in capitale fisso. Tuttavia, con l’eliminazione delle condizioni di elevata inflazione tipica degli anni ‘70, il valore dei debiti pregressi non si era ridotto di molto e l’ulteriore indebitamento delle corporation ha fatto aumentare notevolmente il carico del debito, tanto che alla fine del decennio aveva raggiunto livelli considerati ad alto rischio. Negli anni ‘90 l’espansione iniziò lentamente, non avendo ricevuto alcuna spinta dalle politiche fiscali come in precedenza. Poiché gli investimenti e l’indebitamento erano inizialmente piuttosto modesti, le corporation furono in grado di ripristinare le loro posizioni finanziarie; poi nella seconda metà del decennio la crescita fu associata ad un aumento sostanziale degli investimenti e la produttività del lavoro aumentò ad un tasso estremamente elevato che non si vedeva dagli anni ‘70. Tuttavia, l’espansione era determinata anche da un massiccio aumento dell’indebitamento delle imprese, in parte per sostenere investimenti in capitale fisso, ma anche perché, nel nuovo panorama finanziario, potevano riacquistare su larga scala le loro azioni, perciò, alla fine dell’espansione, il debito delle imprese era molto più elevato rispetto alla fase finale della crescita degli anni ‘80. Poiché il tasso di interesse si manteneva su valori bassi, il pagamento degli interessi pesava sempre meno sui profitti, contrariamente alle espansioni precedenti, tuttavia se per un motivo qualsiasi, ad esempio per difendere il dollaro, fosse aumentato il tasso di interesse, le corporation sarebbero state estremamente indebolite. Infine la pressione subita dal pagamento dei dividendi è arrivata a tal punto da prevalere sul pagamento degli interessi, tanto da divenire il maggiore aggravio sui profitti. Poiché i dividendi, contrariamente agli interessi, non sono influenzati dalle scelte della banca centrale, in futuro si potrebbe dimostrare sempre meno efficace uno degli strumenti di politica monetaria che in passato ha alleggerito la pressione finanziaria sulle corporation

Il testo è del gennaio 2002 Trewor Evans è professore di economia presso la Fachhochschule für Technik und Wirtschaft di Berlino. Ha scritto numerosi saggi pubblicati su diverse riviste tra le quali International Journal of Political Economy,Capital and Class e su varie riviste tedesche. Sulla rivista Plusvalore, n 5 (1986), è stato pubblicato “Il denaro fa girare il mondo”.

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