davide conti - portfolio universitario 2008 2013

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PORTFOLIO



LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 1


LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 1 Marco Borsotti + Ermes Invernizzi con Il corso prevedeva la progettazione di un’abitazione in Via Vigevano a Milano. Il lotto su cui lavorare aveva una forma stretta e allungata, sul quale doveva essere inserita una residenza unifamigliare. Essa prevedeva l’affaccio principale sulla strada, mentre quello secondario si rivolgeva su un giardino, anch’esso tema di progetto. Essendo inserita in una classica cortina milanese e date le sue dimensioni molto ristrette, la luminosità era garantita da

1 la cortina edilizia di Via Vigevano con il progetto inserito 2 scorcio di Via Vigevano con stato di fatto 3 scorcio di Via Vigevano con il progetto inserito

Dopo aver preso in considerazione importanti casi studio come le abitazioni di Tadao Ando, John Pawson e Claudio Silvestrin si è delineato un progetto molto minimale in ogni sua parte. Un’attenzione particolare è stata dedicata agli elementi di risalita, in particolar modo

le scale, le quali si ritagliano un unico lembo continuo lungo tutta l’abitazione. In questo modo, sia in prospetto sia in pianta, la residenza risultava divisa in due parti, la prima composta principalmente da scale e ascensore mentre la seconda dai diversi vani abitativi. La scala fungeva, quindi, da comune denominatore in ogni piano, una sorta di spiIl tema dominante era l’inserimento di stanze viste come scatole sospese sui piani inferiori. La presenza di grandi spazi non divisi, quali il piano terra libero, l’open space al primo piano e i soppalchi che giocavano con affacci sugli spazi sottostanti, donavano un senso di continuità. Inoltre, l’utilizzo di linee dall’andamento retto, nelle fughe del pavimento e ortogonale, in pianta e negli alzati, creavano 1


piani longitudinali e verticali, sottolineando il dinamismo di sviluppo dell’abitazione nel suo complesso. Osservando più dettagliatamente la composizione della residenza, il piano terra dell’abitazione molto intima. Al primo piano, la zona giorno univa la cucina e il salotto. Ai piani superiori, i soppalchi erano sospesi e circondati da una corazza dove l’unico punto di accesso era dalla scala. In cima, un terrazzo fungeva da giardino, il quale riprendeva quello al piano terra, caratterizzato da linee molto precise e incisive che disegnavano uno spazio semplice ma d’effetto. L’atmosfera è orientaleggiante ed è basata su un gioco di legno ed acqua. Non può essere certamente trascurabile 2

sivo risultato del progetto. Come già accennato, la luce penetrava

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diversa dimensione, poste sulle facciate principali.La luce zenitale veniva incanalata attraverso lucernari: uno disposto lungo il perimetro della copertura a giardino, l’altro sulla terrazza come taglio nel paria all’interno dell’abitazione rendendola molto ariosa. Curioso era il taglio verticale vetrato posto su entrambi i lati corti dell’abitazione che sottolineava la divisione dei due nuclei principali del progetto. Rifacendoci ad Ando, la nostra abitazione si presentava come un enorme parallelepipedo in cemento “bucato” da diverse 3

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immagini di riferimento 4 john pawson 5 claudio silvestrin 6 tadao ando


pianta P0 A accesso B giardino C vasca d’acqua + piscina

sezione longitudinale

A


B

C


pianta P1 D E F G H I

ingresso living pranzo cucina camera cabina armadio

G

F

D

I

E

H

pianta P2 E living H camera

H

E H

pianta P3 L giardino M terrazzo

L

M


prospetto su Via Vigevano (a sinistra) prospetto su giardino interno (a destra)

prospetto laterale



LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 3 TESI TRIENNALE


LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 3

Imma Forino + Francesca Rapisarda + Francesca Lanz con Riccardo Ferrari + Simone Sias Riprogettare il Blitz come nuovo centro culturale e spazio co-housing, co-working, questa e l’obiettivo del corso. L’ex deposito per trattori, ad oggi negozio di mobili, è stato ripensato sia compositivamente che funzionalmente per un adeguato adattamento alla sua nuova vita.

1 scorcio dell’area di progetto 2 dettaglio della rampa prospetto principale

di spazio aperto di sua pertinenza, sono state innanzitutto divise a seconda del pubblico di fruizione, ponendo le funzioni pubbliche più dichiarate e prossime all’ingresso all’area, mentre quelle private, ben distinte forzatamente non comunicanti, benchè in relazione visiva. partono due programmi funzionali separati senza alcuna possibili-

Passato il giardino delle sculture, al pubblico si apre l’accesso ad un’area bar e bookshop, che prelude ad un ampio spazio espositivo a doppia altezza. Pensato per studenti e docenti del vicino campus Durando, si offrono spazi di sosta, ristoro, dibattito ed esposizione. L’accesso privato, invece, apre verso una serie di luoghi utility, spazi residenziali e di lavoro. lnfatti oltre a spazi housing e working di diverse metrature aperti ad un uso temporaneo si snodano palestra, nursery, biblioteca, bar, club house, sale relax e auditorium. Come in uno schema ad albero Ia scala centrale, primo nodo, si diparte in due sistemi ulteriori di distribuzione, secondo

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nodo. Nella progressione ascensionaco-housing, passa dal raggruppare gli spazi utility, al mettere in connessione Ia common house con le celle abitative e mente i due ambienti dando luogo a spazi di maggiore qualita e metratura. Gli appartamenti del primo infatti, sono pensati come cellule abitative minime dotate solo di zona notte-giorno e bagno, vedendo Ia common house come luogo di ristoro e di socialità. Queste sette unita, inoltre, hanno Ia possibilita di fondersi Allo stesso modo, Ia zona working vede celle lavorative minime con sale riunioni collettive e spazi compartimentabili per

attività start up. AI piano superiore si presentano le stesse funzioni rna con un maggiore grado di qualita. Le abitazioni hanno tutti i comfort e presentano metrature generose, mentre gli spazi di lavoro sono più intimi e del tutto autonomi. Allo stesso piano troviamo anche sale di registrazione musicale e uno spazio auditorium, entrambi visti come luogo di temporaneo utilizzo su prenotazione in linea con Ia mentalità di co-working. II Blitz, formalmente, si presentava come un corpo di fabbrica parallelepipedo dai lati corti diagonali e paralleli, con volta a botte e due appendici in facciata principale una cilindrica e una cubica. Dal momento che il fronte secondario è posto a pochi metri

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L

I

H

N

A

M


D

E

F

G

C

B

pianta P0 ingresso pubblico A ingresso co-working / co-housing B reception C hall D nursery E lavanderia F palestra G bookshop + bar + biglietteria H guardaroba + caffè letterario I biblioteca L expo M ingresso deposito N


R

P

Q

49% 22% 13% 16% zona comune zona pubblica work house

75%

25%

costruito verde

dalla ferrovia e che solo una piccola porzione di spazio aperto fa da diaframma tra tagiato il progetto e stata quella di portare cio, lasciando come memoria lo scheletro strutturale originario. Sui fronte principale, invece, l’appendice cubica, diagonale rispetto all’asse del corpo di fabbrica, ci ha spinti ad

aggredire Ia facciata con protuberanze bugnate delle medesime geometrie. Se l’impatto iniziale con il progetto e di forte esplosione verso l’esterno, entrando, si assiste ad un implosione contemplativa, dove interno ed esterno si compenetrano e, grazie ad un enorme controfacciata vetrata, si innescano giochi di relazioni visive e volumetriche. I piani del progetto sono come enormi vassoi che entrano in relazione tra di loro

e con il verde che li invade come sfogo visivo dell’intero progetto. II movimento ascensionale e longitudinale lungo tutto il nuovo Blitz è sempre accompagnato dal costante affaccio sullo spazio aperto e sulle dinamiche volumetriche dell’interno. II progetto, nonostante sia assimilabile ad un modello a ballatoio, possiede una forte componente formale dove i perimetri murari oscillano in antitesi alla preesistenza.


P

O

pianta P1 common house area relax team work individual work

O P Q R

sezione trasversale


R

T

P

pianta P2 + pianta soppalchi P R T U

area relax individual work sala polifunzionale sala musicale

sezione trasversale

U


P

sezione longitudinale


maquette



TESI TRIENNALE INNOVAZIONI ARCHITETTONICHE E TECNOLOGICHE PER UNA RISTORAZIONE ON THE MOVE Ermes Invernizzi

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1 come i tre “mondi” erano nettamente suddivisi nel passato

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2 come i tre “mondi” oggi sono un tutt’uno, plasmandosi insieme


Tre mondi apparentemente diversi gli uni dagli altri hanno invece moltissime cose in comune. Essi si plasmano, si inglobano e si mischiano per diventare un tutt’uno. Sono l’architettura, il cibo e il consumo. Iniziamo ad analizzarne uno per uno e osservare di cosa ciascuno si compone. Il contributo della pubblicità ha aggravato questo processo ormai presente nella società odierna; essa invoglia i potenziali consumatori ad acquistare i prodotti che vengono mostrati. Il consumo è l’invisibile cemento della nostra condizione urbana, che fonde le attività umane in una sorta di enorme impasto. Figure e comportamenti della società del consumo entrano nell’organizzazione del Ora al giudizio del consumatore non si presentano più processi ma oggetti architettonici, eventi eccezionali, nuove forme assolute ed individuali: enclave residenziali, biblioteche, shopping mall, musei, multisale, ma anche aeroporti e stazioni. come relazionali, nè tantomeno storici saranno dei non-luoghi. Il luogo e il non-luogo sono delle polarità sfuggenti: il primo non è mai completamente cancellato e il secondo non si compie ai totalmente. I tempi cambiano e con loro anche i modi di vivere dell’uomo medio. Ieri si assisteva a funzioni ben distinte, mentre oggi si tende a fondere le diverse attività. Ogni luogo, così, perde la sua vera idendità. In una società sempre più differenziata

per gruppi sociali, il luogo del mangiare si contemporanei. Una vita fatta di appuntamenti e di orari differenziati trasformano la cucina in un luogo sempre meno adatto alla preparazione dei cibi, la tecnologia sta prendendo il sopravvento togliendo all’uomo il fascino e il piacere della trasformazione rituale della pietanza. Ma sarà sempre peggio? A tutto c’è un limite e probabilmente l’uomo non è disposto a fare a meno delle dolcezze del palato, e allo stesso modo l’architettura, come dimostra l’attenta cura rivolta al disegno di interni ed esterni di locali destinati al ristoro. Il tipo di alimentazione varia da persona a persona e col tempo è variato principalmente il modo di approcciarsi al cibo e di conseguenza anche i luoghi dove cibarsi. Se una volta esisteva solo la propria cucina, successivamente sono nati i ristoranti, dove il cliente si sedeva al tavolo e veniva la nascita dei self service, dove manca il servizio al tavolo e i fast food, cibo di media-bassa qualità, a poco prezzo adatto a chi non ha tempo da perdere in pausa pranzo. Si osserva così l’evoluzione del cibarsi fuori dalle mura domestiche, con particolare attenzione al tempo impiegato all’interno del locale e la diversa retribuzione richiesta. Come diceva Romana Zorino, “il consumatore diventa sempre di più un consumattore”. In che modo? Il cliente ha

di fronte una vasta gamma di catene o ristoranti tra cui scegliere: in questo modo diventa decisore, perché ha la facoltà di scegliere il grado di qualità tra tanti. Grazie alla nuova idea di intrattenimento, il consumatore non resta passivo di fronte al menù offerto, ma può scegliere il proprio piatto creandoselo in prima persona. Le nuove tecnologie offrono menù interattivi che informano il cliente persino circa le calorie presenti nei determinati piatti. L’habituè è attento. Il cosidetto cibo-spazzatura si allontana sempre di più dalle preferenze della gente. Da questi sviluppi, nascono dei nuovi progetti in grado di mantenere comunque alto l’idealedi fast, ma con un’attenzione particolare verso il cibo offerto. I fast food e i self service, a discapito dei ristoranti, godono di maggiore visibilità dato il loro sviluppo ovunque, prettamente nei luoghi, o meglio non-luoghi, più trafno di un aeroporto, la grande “M” gialla di Mc Donald’s, dove chiunque conosce i prodotti in vendita e il loro costo, rispetto ad un ristorante “anonimo” con prezzi da capogiro. Piazze, stazioni ferroviarie, aeroporti e strade: sono i luoghi migliori dove potersi imbattere in questi “nuovi” locali. Chi parte, chi torna, chi è a metà strada, chi si fa una passeggiata: l’uomo in movimento è il cliente preferito da fast food e self service. Oltre al prezzo limitato e al breve tempo impiegato nel locale, si punta molto sul


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FAST FOOD si mangia con le mani

SELF SERVICE si mangia con le stoviglie ma senza approvigionamento

RISTORANTI A TEMA servizio al tavolo

attore estetico: più un ambiente è curato e attento ai dettagli più invita il cliente a tornare. Il consumo si evolve in continuazione, cambia col cambiare dei bisogni della gente. Ho deciso di studiare una realtà tutta italiana come Autogrill perché è un ottimo rappresentante di questo mondo che unisce architettura, cibo e consumo. Vengono così presentate delle soluzioni innovative dal punto di vista architettonico che possono avvicinare maggiormente il consumatore anche in questo periodo di crisi, con un’attenzione verso l’ambiente. Dopo una doverosa premessa , la tesi racconta la storia di Autogrill: ossia come è nata, come è cresciuta e come si è sviDalle prime architetture fururistiche dell’architetto Bianchetti su commissione dell’industriale Pavesi alla trasformazione da piccola realtà italiana a grande multinazionale, dagli accordi stipulati con le aziende petrolifere ai servizi che oggi vare a fotografare istantanee di un’Italia in movimento attraverso canzoni (“...una birra e Camogli, noi...” 883 - Rotta per casa (“Pane e Tulipani” Silvio Soldini - 1999).

zione commerciale con i diversi tempi di impiego all’interno del ocale e le diverse retribuzioni 4 due Autogrill presi in analisi a confronto

grill per capire quali sono i pro e i contro e per poter concepire un’idea di analisi e di lavoro, ho analizzato due punti di ristoro uguali nel nome ma con soluzioni completamente diverse.


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in cittĂ

in autostrada

Autogrill S.P.A. Via Ugo Foscolo, 1 (Piazza del Duomo) MILANO

Autogrill S.P.A. A7 - Autostrada Milano-Genova (direzione Milano) CASTELNUOVO SCRIVIA est (AL)


in cittĂ

in autostrada localizzazione

arco della giornata osservato mercoledĂŹ giovedĂŹ 07 luglio 2010 08 luglio 2010 ore 09.30 - 10.00 ore 09.30 - 10.00 molti turisti (prettamente stranieri) pochi lavoratori

target pochi turisti (italiani e stranieri) molti lavoratori

persone al bancone 10 5-7 arco di tempo impiegato (da quando entro a quanto esco) < 1 min 1 < min < 2 spesa effettuata


in cittĂ

in autostrada disposizione interna

aree promozioni


Successivamente sono passato ad analizzare il design dell’esperienza dei punti di ristoro, suddividendolo in 4 passaggi. 1 IMPRESSIONE l’idea che ciascuno di noi si fa prima di entrare in un locale per la prima volta. Il tutto si baserà su una certa curiosità determinata dalla pubblicità, dalla segnaletica stradale, dall’arredamento e dal passaparola. 2 ESPLORAZIONE l’osservazione, più o meno dettagliata di come è composto il locale: l’area con i prodotti in vendita (e come sono disposti) o l’area destinata alla sosta o quella delle casse. E’ una focalizzazione generale del luogo in cui ci si trova. 3 USO concept di partenza una volta entrati nel locale, le diverse al momento in cui esce. 4 MEMORIA una volta uscitidal locale, cosa rimane più impresso nella mente del cliente: il buon servizio, gli ottimi prodotti consumati o, nel caso contrario, il pessimo cibo acquistato o la maleducazione dei commessi. Autogrill segue il concept di partenza dei fast food, comportandosi in parte come loro. Autogrill presenta inoltre il vantaggio di avere al suo interno una zona market,

assente nei fast food: la mancanza però di aree destinate a riscaldare o cuocere prodotti non permette il consumo totale dei prodotti. Le parole chiave prese in considerazione come elementi essenziali per stilare differenze con altre catene del settore sono 5:

CUSTOMIZZAZIONE Tecniche e strategie per soddisfare ogni tipo di clientela: dalla qualità del cibo all’estetica del locale, alla cordialità del personale e alla ricerca continua di novità in grado di stupire il compratore. Non è però cosa facile e immediata: occorrono diverse analisi sul territorio, sugli abitanti e suoi loro gusti, per essere in grado di proporre sul mercato un “polo attrattivo” ad hoc, in grado di raccogliere consensi dalla maggior parte delle persone.

SOSTENIBILITA’ Quanto il cliente può aiutare, per rispettare l’ambiente, all’interno del locale? Da quando vi entra a quando vi esce le azioni da lui svolte sono parecchie, anche se la maggior parte di esse sono inconsapevoli: ad esempio, gettare la spazzatura all’interno dei corretti contenitori, in modo


da seguire una raccolta differenziata ap profondita. Ma non solo, si parla di cura verso l’ambiente anche quando vengono preferiti dall’aziendapackaging riciclabili a bassissimo impatto ambientale e utilizzati prodotti freschi e naturali, limitando lo spreco di essi. Anche l’energia consumata dai banchi frigo può essere notevole, dato il lungo periodo di apertura giornaliero dei locali.

INTERAZIONE ll personale deve essere a disposizione del cliente per ogni chiarimento o perplessità. Nasce così un certo rapporto tra il back e il front, ossia colui che sta dietro al bancone con lui che vi sta davanti, come nel caso del pagamento, dove ci sarà un commesso a risquotere la somma in denaro e non una macchinetta automatica.

ACCESSIBILITA’ Il locale deve essere studiato in modo da soddisfare le tutte le esigenze del cliente di ogni età: adatto ai piccoli come agli adulti, agli anziani come ai portatori di handicap. Per questo non devono esserci ostacoli all’interno del locale che intralcino la percorrenza di ogni cliente, rendendo così i

Ogni cosa nel locale deve essere studiata a misura d’uomo, per l’uomo, e quindi il più possibile ergonomica.

AUTOMAZIONE Quando il lavoro dell’uomo viene ad essere sostituito da quello della macchina. L’utilizzo di pareti interattive, e quindi “indel commesso dietro al bancone. Tra il cliente e il prodotto vi è semplicemente un vetro e un meccanismo che si aziona dopo aver inserito il contante e premuto un pulsante. La macchina può vendere bevande, panini, ma anche zuppe o piatti pronti, facilmente scaldabili con forni a microonde a totale uso del cliente. Anche l’uso di casse automatiche, perrispetto ad un computer. Di seguito, vengono riportati 4 casi studio senti sul suolo mondiale per capire quali sono i punti forza che possono migliorare la qualità di Autogrill dal punto di vista architettonico, del cibo e del consumo. Dopo aver studiato la storia di ciascun gia di marketing, ho effettuato un sopralluogo come semplice consumatore. Sono così riuscito a rispondere attraverso


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PRET A MANGER

customizzazione

80%

sostenibilità

90%

accessibilità

80%

automazione

40%

interazione

50%

STARBUCKS

customizzazione sostenibilità interazione

accessibilità automazione

80% 50%

80%

80% 5%


UPPER CRUST

customizzazione sostenibilità

70%

70%

interazione

80%

accessibilità

60%

automazione

5%

PECK

customizzazione sostenibilità

70%

70%

interazione

80%

accessibilità

50%

automazione

5%


Di seguito verranno proposti possibili rinnovamenti da apportare negli Autogrill di futura costruzione o ristrutturazione, per poter migliorare la qualità dell’offerta dal punto di vista economico, ma anche architettonico e ambientale. L’architettura sembra semplicemente riun punto tale ormai che sembrano essere la moda, l’azienda, la pubblicità, i mass media gli attori principali della progettazione. La ricerca assoluta sulla forma è lo strumento usato dal marketing per chiudere cazione e all’interno di un astrazione logica. Per imprigionarla in questo “paese ri sul prodotto che viene messo in vendita: tutto all’interno del punto vendita è teso unicamente alla valorizzazione di ciò che lo spazio andrà a contenere. Importante per la riuscita del progetto sarà anche lo studio delle caratteristiche

dising: in Autogrill si vengono a formare particolari aree a tema ciascuna caratterizzata da una propria “personalità” con parametri espositivi diversi le une dalle altre. Anche gli spazi destinati alla sosta, quindi tavoli, tavolini, sedie e sgabelli devono avere un determinato disegno: utilizzabili da adulti, bambini e portatori di handicap. L’Autogrill del futuro dovrà essere ancora più vicino al cliente, in modo da poter soddisfarlo in tutte le sue volontà, anche le più estreme: diventerà, quindi, non più una sosta obbligata dopo tante ore di ma una vera e propria sosta di piacere.

dimensioni. Vi saranno inoltre, considerazioni circa la natura, i materiali e l’ergonomia degli espositori che verranno creati, in modo da creare contrasto con il colore del prodotto ed esaltare i materiali con antitesi. Passa in secondo luogo il valore reale del prodotto: è molto più riconosciuto il valore percepito. i criteri di esposizione, il visual merchan-

5 i casi studio analizzati 6 le soluzioni proposte come conclusione al proget to teorico


OFFERTA

area slow food

bancarelle a tema

area market scaffalatura curva cucina circolari Maiorcucine Rokket

hall d’ingresso

pareti dinamiche bancone in legno laccato rosso Maccarini

SEGMENTAZIONE

design for all

RISPETTO DELL’ AMBIENTE

pannelli traslucidi Barrisol

raccolta differenziata

packaging usa e getta



LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DI INTERNI 1


LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DI INTERNI 1

Luca Basso Peressut + Laura Daglio + Matteo Sacchetti con Riccardo Ferrari + Vittoria Meloni The MAG, alias Milano Art Gallery, questo è il nome scelto per il nostroprogetto: una galleria d’arte situata nel vuoto urbano di Ripa di Porta Ticinese a Milano al civico 41. Progetto architettonico da affrontare

1 prospetto principale lungo il Naviglio Pavese 2 prospetto secondario con cancello aperto per consentire l’ingresso al pubblico 3 prospetto secondario con cancello chiuso 4 vista della cortina edilizia lungo il Naviglio Pavese con l’inserimento di The Mag

richiesta di pensare ad una relativa esposizione di opere accuratamente selezionate e allestite. Così nasce Riot Art (Ia rivolta dell’arte / l’arte della rivolta), ispirati dalla disobbedienza civile di Thoreau portiamo a Milano tra gli altri Obey, Cindy Sherman, Chris Burden, Allan Kaprow, Barbara Krugher e David Ia Chapelle con alcune delle loro

opere più rappresentative e adatte al tema. La varietà delle produzioni artistiche a livello tipologico dimensionale e formale, ben si presta e a essere mostrata ai milanesi tramite le molteplici situazioni architettoniche che il progetto del The MAG propone. Spazi aperti, spazi chiusi, spazi ibiridi, doppie altezze, vuoti edilizi: questo è il nostro progetto. L’idea nasce dalla nostra interpretazione personale di cosa vuol dire arte contemporanea, e di come questa possa essere 1

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commerciali e, allo stesso tempo, di come un luogo culturale piuttosto esclusivo possa diventare una situazione culturale collettiva. L’arte contemporanea, quindi, diventa un sapere, una curiosità, un virtuosismo da conservare in una scatola, o più, luoghi di sapere discrezionale e contemplative. La natura della scalola per rende l’idea di object trouve, da qui Ia necessita di organizzare il sapere in un più strutturato sistema, un armadio nel quale conservarle. L’elementare concept si concretizza quindi in un binomio architettonico formale, una magliastrutturale tridimensionale

regolare e ampi volumi scatolari generati entrambi dal medesimo modulo. Una volta stabiliti i formalismi e diventato un gioco di composizioni volumetriche dove i principi ordinatori dello spazio sono

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distribuzione di questi. operatori della galleria. L’intersezione e Ia un sistema piuttosto semplice a differenza della formalità scatolare della tendenza decostruttivista. 2

3


B

A

D

C



<<< <<< piante da sinistra: P-1, P0, P1, P2, P3, copertura sezione longitudinale

II piano terra diventa fondamentalmente una place traversant di carattere semi pubblico, all’interno del lotto, infatti e posizionato un bar Ia cui pertinenza si espande a tutto lo spazio aperto del giardino delle sculture. AI di sopra di esso come in un dipinto di Yona Friedman, volumi sospesi gravitano sui visitatore. In questo modo si può interagire con il progetto anche se non si e interessati all’arte, benche poi l’intento sia quello di coinvolgere il cliente del bar in

modo subliminale. Inoltre, i due accessi alle estremità del lotto consentono un attività autonomo del bar e della galleria anche in casi di alternanza di orari garantendo accessi indipendenti o sovrapponibili. II fronte principale, su Ripa di Porta Ticinese, e Ia vetrina della galleria sulla città. Una grande vetrata mostra un primo ampio spazio espositivo su due altezze e allo stesso tempo a pre ad una prospettiva otestremità. Tuttavia, l’ingresso alla galleria


non è dichiarato rimanendo ritagliato in uno scorcio laterale della stessa facciata. Sopra questo primo ambiente si articola no altre quattro scatole, anch’esse destinate all’ esposizione, quattro piani di “white box” con relativa terrazza panoramicasui naviglio e sui giardino delle sculture. II fronte secondario, su Via Argelati, invece, rivela Ia parte di galleria più privata, destinata aile attivita direzionali e commerciali. Formalmente coerente alia parte espositiva questo sistema, apparentemente interA

connesso al precedente, inizia con un ampio spazio d’accesso ad uso anche carrabile utile per il deposito sotterraneo accessibile dal montacarichi. Quest’ultimo distribuisce ai livelli superiori dove troII piano interrato, oltre ad ospitare i servizi igienici e i locali impianti e l’unico collegamento tra i due sistemi della galleria ed e progettato come uno spazio partizionabile, da open space a mediateca. B

C

sezioni trasversali D


5

6

7

8

B

C

B

dettaglio sala dedicata a David La Chapelle (P1) 5 render 6 dettaglio allestimento 7 pianta 8 assonometria allestimento 9 sezioni

A

9 A

C


1

2 l’immagine coordinata curata per pubblicizzare la mostra Riot Art 1 il magazine di The Mag 3 la brouchure

3


modello generale


modelli di dettaglio + render



LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DI INTERNI 2 SCENOGRAFIA PROGETTO DEL PRODOTTO D’ARREDO REFLEJADA


LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DI INTERNI 2

Pierluigi Salvadeo + Chiara Rabbiosi + Carlo Zanchetta con Riccardo Ferrari + Alberto Sismondini

1 prospetto principale lungo il Naviglio Pavese 2 prospetto secondario con cancello aperto per consentire l’ingresso al pubblico 3 prospetto secondario con cancello chiuso 4 vista della cortina edilizia lungo il Naviglio Pavese con l’inserimento di The Mag

The MAG, alias Milano Art Gallery, questo è il nome scelto per il nostroprogetto: una galleria d’arte situata nel vuoto urbano di Ripa di Porta Ticinese a Milano al civico 41. Progetto architettonico da affrontare in un lotto di 10m x 40m, con Ia specifica richiesta di pensare ad una relativa esposizione di opere accuratamente selezionate e allestite. Così nasce Riot Art (Ia rivolta dell’arte / l’arte della rivolta), ispirati dalla disobbedienza civile di Thoreau portiamo a Milano tra gli altri Obey, Cindy Sherman, Chris Burden, Allan Kaprow, Barbara Krugher e David Ia Chapelle con alcune delle loro

prospetto principale

opere più rappresentative e adatte al tema. La varietà delle produzioni artistiche a livello tipologico dimensionale e formale, ben si presta e a essere mostrata ai milanesi tramite le molteplici situazioni architettoniche che il progetto del The MAG propone. Spazi aperti, spazi chiusi, spazi ibiridi, doppie altezze, vuoti edilizi: questo è il nostro progetto. L’idea nasce dalla nostra interpretazione personale di cosa vuol dire arte contemporanea, e di come questa possa essere mostrata ad un pubblico di settore a fini 1

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Affrontare un progetto sul sagrato del Duomo, provocatoria tematica del corso che chiedeva di trovare i presupposti del progetto stesso nell’interpretazione del luogo secondo le dinamiche contemporanee che vi insistono. II Duomo veniva introdotto come luogo di contraddizioni, in bilico tra sacro e profano che doveva essere risolto tramite architetture ibride trasversali fatte di microclimi e spazi per pratiche d’uso. Entrati nell’ottica di un’interpretazione delle spazio non convenzionale, fuori dalle logiche classiche dell’architettura, il sagrato del Duomo diventa un limite che da virtuale vuole essere declinato ad esperienziale. Da linea a luogo, da transizione a fruizione. II concetto di soglia come spazio si evolve in una layerizzazione di spazi microclimatici autonomi e indipendenti ma emozionalmente posti in continuita in una insolita e ingannevole ascensione. II Duomo, in origine simbolo di cristianità, oggi simbolo laico della citta, abbandona Ia sua comunicativa facciata di marmo di Candoglia, dotata di un linguaggio millenario ormai incomprensibile, per più avanzate tecniche proiettive e di comunicazione. II progetto, a 15m dalla facciata, va interamente a coprire Ia chiesa sostituendosi ad essa. Facciata come comunicazione, comunicazione come media, media come provvisorietà e reversibilità, provvisorietà e reversibilità come necessità del contemporaneo, unica chiave di lettura possibile per il luogo.

L’architettura si declina da media building a media frame, non vie una pelle tecnologicamente avanzata ma ad ogni piano esperienziale vi sono elementi connotanti del layer e utilizzabili come supporto proiettivo. Frammenti comunicativi che si comportano autonomamente o che dialogano in un unico sistema d’immagini. II progetto formalmente e una costellazione di lancie-pilastro, eco delle guglie gotiche, le quali sostengono solai di fitta rete metallica. Una struttura leggera e permeabile che si articola in scale e piani inclinati, lascia spazio ad un disatteso bosco sospeso ad una voliera fruibile e una nuvola sulla quale sostare, concludendo il viaggio sfiorando il Duomo e assistendo ad un tramonto sulla terrazza. Mi-You è il nome di questo macroelemento architettonico e d’ arredo urbano. Bisogna entrare nella filosofia più intrinseca del progetto per capire a pieno perchè ha assunto questo appellativo. Mi-You è un elementare gioco di parole tra i nomi personali “me” e “te” che sottende l’ambiguità linguistico-simbolica che si va a creare grazie al progetto e alla sua relazione col Duomo di Milano: una pluralità notevole di continue relazioni fisiche e simboliche tra fruitori del progetto, spettatori, architetture, natura e media. Si crea così di un mondo etereo, onirico, irreale, a metà strada tra il tangibile e la realtà virtuale. Il progetto rompe il quotidiano della città e la punta a dar vita a situazioni diverse tra

le persone, le cose e la natura. Il fruitore si trova sospeso, fluttuante, riflesso, stupito, entusiasmato e ingannato da una continua sorpresa garantita dalla sovrapposizione di molteplici esperienze sensoriali. Ci si trova immersi in più universi del tutto nuovi e inattesi mentre a fungere da sfondo scenico e matrice è il Duomo: per questo Mi-You (Our Sensorial Experience) esprime al meglio il legame tra le persone all’interno della città e la città stessa. Il progetto, in sostanza, è nato dal concetto di soglia, in quanto punto di rottura e limbo tra paradiso e inferno. Da una semplice linea tracciata su un foglio si arriva a sviluppare questa struttura tridimensionale. La paradossalità comunicativa e simbolica è basata su tre concetti: - maschera formale, come evoluzione estetica di un carattere simbolico che necessita di una riutilizzazione; - sistema ambientale, portando in piazza tutto quello che ci sarebbe se non ci fosse la città, in quanto i milanesi cercano quello che a Milano non c’è; - interattività e scenicità, puntando su un luogo di interazione diretta e indiretta multimediale e personale. L’inserimento di una struttura in Piazza Duomo è visto sicuramente come una provocazione, basata su linguaggi comunicativi (come l’urban vision) e illusori (come lo straniamento e la spettacolarità).


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SCENOGRAFIA E SPAZI DELLA RAPPRESENTAZIONE Pierluigi Salvadeo

con Riccardo Ferrari + Vittoria Meloni Senza alcun dubbio, il punto di partenza per Ia scenografia e Ia sceneggiatura de La bancarotta, Ia lettura del testo e Ia sua analisi ci hanno portato, infatti, a previsualizzarci situazioni sceniche piuttosto tradizionali. II tutto è stato rimesso in discussione dopo aver affrontato un approfondimento interpretativo per quello che concerne l’universo goldoniano. La vera e propria chiave di volta per accedere al progetto è stato il consiglio, della regista, di ragionare in merito alla tipologia di pubblico che solitamente assiste agli spettacoli nello spazio patio. Siamo in presenza, infatti, di studenti universitari, per Ia maggior parte e di un pubblico di curiosi, si presume, con una capacità e un gusto critico più progressista e più propense alle espressioni della contemporaneità. lnoltre, il luogo del tutto anticonvenzionale, mal si presterebbe a livello concettuale ad una rappresentazione in stile. Ciò, per noi, ha significato, quindi, una ricerca di mezzi espressivi, formalismi e composizioni che si legassero a nuove e tecnologie e mezzi metarchitettonici, cercando per lo più di parlare un linguaggio di ricerca e indagine sul luogo e sulla rappresentazione in modo del tutto concettuale o, potremmo meglio dire, “citato”. Ed è proprio la “citazione” spaziale ad essere il nostro obiettivo progettuale. lnnanzitutto, Ia formalità del progetto nasce dal rapporto con il sito. Questo luogo, al limite tra spazio chiuso e spazio aperto, tra spazio pubblico e spazio private, racchiude al

suo interno duplici dinamiche d’internità e di spazio en plein air. Fondamentalmente, Ia nostra idea di progetto nasce dalla volontà di considerarlo come uno spazio aperto, al quale Iegare Ia necessità di riperimetrare uno spazio della rappresentazione, un luogo in un altro luogo. La nostra critica interpretativa, infatti, considera Ia scenografia come Ia necessaria rappresentazione di due luoghi matrice, uno spazio aperto, Ia città, ed uno spazio chiuso, Ia stanza. Come scatole cinesi, l’esternalità del sito di progetto ospita un sotto spazio, che, come un micro esterno, che avvolge attori e spettatori, si focalizza su un macro interno, in esse contenuto,che ospita gli attori. Formalmente l’idea è quella che i nuovi luoghi siano del tutto anomali e leggibili nel progetto di Viganò. Gli spazi della rappresentazione assumono, tridimensionalmente parlando, un carattere di totale antitesi proporzionale e geometrica con il contesto. I luoghi progettati passano poi dall’ essere volumi ad essere piani e dall‘essere piani all’essere frame. Gabbie wireframe, questo è il risultato, ovvero microclimi citati, luoghi perimetrali da pure cornici visive che aprono a dinamiche percettive di compressione e dilatazione, oltre che a volontà di creare spazi aperti e spazi chiusi. I luoghi citati, inoltre, oltre ad una duplice spazialità possiedono anche una duplice connotazione formale e una duplice modalità nel citare gli spazi.


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La città, come un guscio, avvolge tutto e racchiude e definisce lo spazio teatrale. La sua essenza di decostruttivo frame azzurro, si contrappone ad un più piccolo luogo, Ia stanza. Essa non nasce dall’essere racchiusa in una gabbia, ma dall’essere sottoposta ad una compressione spaziale. L’interno, un luogo compresso, vive Ia sua ragione di privilegiato spazio della rappresentazione scenica, nell’essere sotteso ad una stalagmitica gabbia di frame

arancione. Lo spettatore privilegiato, partecipa alla commedia in questo luogo esterno citato. Da li, si assiste alla rappresentazione, dove gli attori si esibiscono all’aperto del frame azzurro, e al chiuso, sottesi al frame arancione. L’idea è quella che, oltre ad ospitare dimensionati luoghi progettati, di molteplice natura, ci fosse Ia possibilità di assistere allo spettacolo, in maniera più o meno disinteressata, al di fuori del grande guscio spaziale. Attraversare le nuove spazialità, evitarle,


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entrarvi ed assistere allo spettacolo o attraversare il patio e curiosare: molteplicita di pratiche d’uso a cui l’architettura si presta e a cui Ia scenografia si plasma. A livello realizzativo, invece, il progetto si compone di tre elementi. Primo fra tutti il palco, area progettata unicamente come luogo della rappresentazione. Nato essenzialmente per facilitare Ia visione dell’attore, lo si pensa come un semplice parallelepipedo ligneo cromaticamente in mimesi con il patio, in modo tale da non

sottolinearne un aspetto concettuale specifico. Puramente concettuale è, invece, il il significate dei frame, linee luminose, che, come un gesto picassiano, perimetrano nuove realta spaziali. Entrambi i frame sono realizzati con fili elettroilluminescenti, tubolari elettrificati che emanano uniformemente gamme di colore fluorescente della cromia designata. Fissati al soffitto delle spazio patio, assumeno una forma geometrizzante grazie specifici sistemi di tensori lignei.


PROGETTO DEL PRODOTTO D’ARREDO Michele Marelli

con Riccardo Ferrari OltreAlbini: è così che abbiamo voluto intitolare questo nostro approccio progettuale al riprogetto del mobile MB15. Una decostruzione analitica del mobile originale, una reinterpretazione dei formalismi realizzativi e un’analisi delle tecnologie adottate sono stati gli elementi alla base del nuovo mobile. Dapprima, spinti da un amore per Ia zero gravity albiniana , abbiamo cercato di far apparire il mobile permeabile leggero e stabilmente in bilico, tenendo come unico punto fermo l’anomalo disegno di un’anta dal lontano eco tradizionale e ben poco sperimentale. Successivamente, approfondendo anche Ia nostra conoscenza di Albini e dei suoi progetti architettonici, allestitivi e di design, abbiamo volute dare al mobile un’essenza architettonica, una natura struttura-

le in cui si evidenziano e si leggono distintamente parti portanti e parti portate, proprio come Albini in quasi tutte le sue produzioni. L’elemento di memoria rimane l’anta che, codice genetico dell’originale, diventa il tamponamento di un vane ligneo in multistrato impiallacciato, vera e propria box, modulo funzionale e spaziale del progetto. AI suo interno Ia box, in noce o palissandro, ospita in maniera flessibile e personalizzabile i pianali e i cassetti originali di Albini nelle lore scansioni e tecnologie di realizzazione e di fissaggio. Proprio come accade per il piedino, i preziosi margini, smussati a quarantacinque gradi, che decorano i bordi del mobile, sono tracce progettuali che, reinterpretate formalmente, diventano profilati metallici a L e a U: matrici tridimensionali di un mo1


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mobile MB15 Franco Albini azienda Poggi - 1957 esploso assonometrico esempio di eidotipo tavola tecnica di disegno

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bile wireframe. L’univocita materica e cromatica lascia spazio al metallo, materiale in continuo divenire nelle mani di Albini, pensato rifinito con una smaltatura rossa come i corrimano della linea M1, omaggio ultimo al Maestro. Proprio come I’MB 15, mobile da parete, progettato nelle sue finiture anche per essere usato come mobile divisore, il nuovo arredo, spazialmente citato da una strutturalità formale, nasce come ingombro volumetrico di grade zeroche può essere, a discrezione del possessore, allestito liberamente nei suoi vuoti e che può essere collocato con altrettanta libertà nello spazio. Le box possono essere inserite e fermate nei vani in maniera del tutto Iibera e in scansioni arbitrarie con

pochi e semplici gesti, senza usare neanche il cacciavite. II verso d’inserimento è libero e ciò, come aveva gia in mente Albini, consente di usare il mobile in maniera bilaterale, e non solo. L’utilizzo di lastre di vetro (ma anche in legno e acciaio) a completamento del pianale superiore del mobile, consentono di utilizzare lo stesso come semplice tavolo d’appoggio, del tutto sgombro, se si vuole, da vani chiusi. Se inserite, invece, una o più box, in rapporto al margine in cristallo, formano un piccolo diaframmateca, dal quale è possibile osservare Ia trama dell’impiallacciatura lignea, o nel quale è possibile conservare oggetti da esporre. Personalizzabile, il traliccio di profilati prevede quattro moduli, frontali e superiori, rifinibili, anche con altri materiali diversi per meglio integrarsi in ogni tipo d’interno. 5


il riprogetto del mobile mb15 esploso assonometrico le ipotetiche varianti tavola tecnica di riprogetto

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REFLEJADA Davide Fabio Colaci Architetto con Davide Fabio Colaci + Margherita Sanfelici + Riccardo Ferrari

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prospetto est pianta con le funzioni esplicitate prospetto sud render dello spazio esterno render dello spazio interno

Il concorso, indetto da Domus, richiedeva la progettazione di un padiglione appendice situato all’interno del giardino dell’Archivo Diseno y Arquitectura (ADA) situato a Città del Messico. Nasce così ReflejADA: non un semplice padiglione, ma una libera installazione ambientale, un posto spirituale e simbolico capace di ricevere e raccogliere le attività che prendono parte alla vita della galleria. Il giardino che da il benvenuto al visitatore ha un carattere protetto ed introverso, fattori che vengono assorbiti e reinterpretati dai nuovi elementi estetici del progetto: un variopinto drappo e un volume sospeso dalla superficie specchiante ha la capacità espressiva di riflettere gli oggetti e le persone che vivono lo spazio.

Il padiglione è uno luogo freddo attraversato e aggredito dalla dominanza del verde. Un interno in un interno, che ricostituisce e amplifica le relazioni tra la vegetazione, chi la fruisce e il nuovo intervento. Dall’esterno ReflejADA risulta quasi del tutto invisibile se non fosse per la surreale presenza di questa viva membrana verticale i cui colori la rendono evidente. L’interno invece, che si pone in continuità con l’esterno, è un luogo del tutto attraversabile ma paradossalmente ricostituisce un sistema chiuso su se stesso. In grado di accogliere al suo “interno” molteplici attività, ReflejADA non è un architettura ma un habitat esperienziale che vive di vita propria, indipendentemente dalle possibili esposizioni programmate dalla galleria. 1


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150° - L’ALBERO DELLA CONOSCENZA TESI MAGISTRALE


150° - L’ALBERO DELLA CONOSCENZA Politecnico di Milano + Luca Basso Peressut + Pierluigi Salvadeo con Riccardo Ferrari + Alberto Sismondini

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In onore del 150esimo anniversario della nascita del Politecnico di Milano (1863), siamo stati invitati a collaborare con le più alte cariche dell’università per la realizzazione di un allestimento che celebrasse tale avvenimento. Una volta designato dall’istituzione il sito di progetto all’interno della sede “Leonardo”, ovvero il cavedio che fa da giunto tra l’edificio di Ponti e quello di Viganò, abbiamo elaborato quale fosse la sua dinamica concettuale. In un luogo a doppia altezza con duplice esposizione su spazi di permanenza e distribuzione, ispirati dalle sperimentazioni di Mondrian e di Kiesler, abbiamo lavorato sulla decostruzione di possibili piani visuali scomponendoli in una dinamica proposizione di differenti sistemi espositivi. 14 lastre di differente misura e inclinazione spaziale, distribuite in maniera apparentemente deflagrante ma in realtà studiate per essere osservate dalle diver-

se situazioni, gravitano nello spazio appese a un sistema di cavi d’acciaio, il quale svincola dall’essere un mero elemento strutturale, in quanto va a ridisegnare e valorizzare la loro locazione e percezione all’interno del cavedio. L’organizzazione ortogonale dei piani, oltre a dare un linguaggio formale all’intervento, è pensata per valorizzare e presentare la diversa natura degli oggetti da esporre: fotografie, stampe, prototipi industriali, oggetti di design ecc. Nello specifico, lavorando anche in una dinamica di budget limitati, il progetto si compone di cavi d’acciaio e tiranti del tutto simili a quelli utilizzati nel settore navale. Per le mensole, invece, la scelta è ricaduta su lastre di multistrato ultraleggero con impiallacciatura plastica, anch’esse di derivazione nautica. Per celare i tensori inferiori maggiormente invasivi, inoltre, si è pensato a una finitura in ghiaia bianca. 1


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TESI MAGISTRALE VIVERE LA STORIA INVISIBILE SEI ISTRUZIONI D’USO PER SEI RACCONTI BREVI Pierluigi Salvadeo

con Riccardo Ferrari

In questo lavoro, frutto di un anno di ricerca teorica e progettuale, viene a confluire per poi essere messa in crisi e poi riscritta, tutta la nostra formazione accademica basata sull’urbanistica, sul restauro e sul design. Quello che vogliamo presentarvi è una tesi che pone come tema quello della rivitalizzazione dei resti archeologici, nello specifico quelli di età romana presenti nella città di Milano. Perché il termine rivitalizzare? Perché analizzato questi luoghi, la prima cosa che notiamo è come la città e la sua cittadinanza ignorino completamente queste preesistenze scavalcandole, e questo, secondo noi, accade in virtù del fatto che essi anno un esclusivo carattere museale di tipo contemplativo. Ovvero il rapporto che si ha con il sito archeologico si esaurisce in breve tempo. La maggior parte di questi siti, non essendo neanche praticabili, infatti, cadono in una condizione di abbandono. Se per un attimo immaginiamo che la loro causa di morte sia davvero il loro carattere museale, ci chiediamo quindi se è possibile recuperare il sito ri-funzionalizzandolo, e come? La nostra risposta è, quindi, quella di introdurre le nuove pratiche d’uso della società contemporanea. Ci poniamo, infatti, l’obiettivo di voler creare situazioni, ovvero luoghi d’esperienza tramite una realtà oggettuale altamente tecnologica. Per fare questo, abbiamo predefinito i caratteri delle nostre architetture, le quali

sono scenografie ludiche che vivono di mutabilità reversibile in un clima di adattamento continuo. Ovvero, spazi che vivono e si manifestano come immagine di se stessi in una continua rappresentazione del società che li vive, avendo un carattere fisico di programmabilità del tutto ripristinabile all’originale, ma, soprattutto, sono luoghi mai uguali a se stessi, che mutano al mutare delle tendenze sociali e della rete. Se all’inizio, infatti, avevamo dichiarato di voler lavorare con le nuove pratiche d’uso di oggi, non potevamo trascurare il valore della rete, la quale oggi più che mai s’interfaccia all’utente tramite le app. Ma se la rete è effettivamente un portale ludico, comunicativo e conoscitivo senza confini, essa tuttavia, nono è in grado di garantire il possesso di un oggetto per soddisfare una necessità fisica imminente. Così abbiamo immaginato l’app come il più efficace strumento di utilizzo di tutti i nostri dispositivi progettuali, così come le tessere magnetiche del BikeMi e del GuidaMi, la nostra app, con un solo tocco, ti permette di aprire, accendere, staccare, gonfiare, illuminare, climatizzare, ecc. Questo lavoro si inserisce nelle dinamiche di progetto del contemporaneo, in cui si inizia a parlare di interni urbani, ovvero una realtà oggettuale domestica e multimediale che in sequenze multiple interagisce e costituisce la città. Di seguito, verrà riportato il nostro Manifesto nato dalle teorie sviluppate e in successione i sei casi analizzati.



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PARCO GIOCHI

PARCO ARCHEOLOGICO

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PARCO VERDE


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fotoinserimento dettaglio del parco archeologico dettaglio del parco giochi dettaglio del parco verde

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L’ANFITEATRO I resti archeologici dell’anfiteatro romano sono collocati all’interno di un recente parco urbano sotto il controllo degli uffici della sovraintendenza per i beni archeologici di Milano. Esso è cintato e collocato in una dimensione ipogea, mentre il resto del parco, pressoché indifferenziato, si trova piuttosto nascosto dalla fitta cortina edilizia. Dal momento che, il luogo risulta fruito quasi esclusivamente da residenti e turisti, qui, la volontà è quella di tematizzare il parco, ricercando temi specifici per aumentare l’utenza e l’attrattività. Nasce cosi l’idea di Parco Giochi Archeologico, inteso come luogo ludico liberamente fruibile in tutti i suoi sviluppi con l’atteggiamento più spontaneo possibile. Con un percorso interno ad “y” che collega i tre accessi, vengono disegnate tre aree, ognuna delle quali viene tematizzata in maniera specifica: il parco verde, il parco giochi e il parco archeologico. Il Parco verde è connotato da una fitta vegetazione autoctona, e da un parterre simile a quello del terzo paesaggio ideato da G. Celman. Esso all’interno possiede una piccola piazza circolare, pensata per performance di massa, ed una voliera attraversabile. Il Parco giochi è connotato dalla presenza di due strutture ludiche ispirate ad Van Heyk e Constant, e da un trampolino elastico. Il parterre è realizzato interamente in materiale antitrauma. Il Parco archeologico libera i frammenti murari e li rende accessibili e percorribili, tramite una serie di passerelle cementizie. Qui, il parterre è costituito da ghiaia bianca, pensata per un incedere più lento e contemplativo. Ogni settore tematico è identificato all’esterno da uno specifico muro divisorio.

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<<< pianta 1 fotoinserimento 2 alcuni dei diversi arredi che compongono lo spazio e il loro funzionamento

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LE COLONNE DI SAN LORENZO La specificità di questo luogo fa si che esso sia ad oggi un luogo dove le nostre idee si trovano già realizzate. Ovvero è già un sito connotato dalla presenza di resti archeologici e già vissuto in maniera mutevole e spontanea. Osservando, quindi, le dinamiche sociali che si compiono in questo spazio abbiamo deciso di non modificarle, ma quanto più, potenziarle offrendo una serie di servizi agli utenti. Lo spazio delle colonne è stato immaginato fondamentalmente con un Salotto urbano, o meglio una serie di salotti urbani. Sono stati collocati, infatti, tutta una serie di oggetti presi in prestito dal mondo domestico, e sono stati offerti alla città, con la volontà di dare un paesaggio di oggetti che muta al variare dell’ora e della stagione.

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ciao Carlo. Inglobato nel profilo murario occidentale......

ciao CIRCO. Mi racconti la tua storia?

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UN’INTERAZIONE DIRETTA

ciao Tommaso. Oggi alla Galleria Iannone inaugurano una mostra su Andrea Branzi. Per info ti aspetto.

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UNA CURIOSA NOVITA’ 50m

ciao Anna. Stamattina sei bellissima.


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IL CIRCO Questo progetto, nell’ambito della nostra sperimentazione d’intervento, può essere considerato il grado “zero”. I resti archeologici, ipogei e cintati, si trovano in un’area talmente caratteristica, per parametri di utenza accessibilità e densità edilizia, che sarebbe pretestuoso inserire un ipotetico uso che l’utenza non avrebbe mai sfruttato. Se, quindi, viene scartata l’interazione fisica, tra utente e sito, abbiamo optato per una radicale relazione digitale, dal carattere di pura distrazione al passaggio, nulla di coercitivo. Così facendo il resto archeologico smette di essere una semplice entità fisica, per diventare a tutti gli effetti un soggetto digitale, al pari della californiana Siri, ovvero, non più oggetto passivo, ma soggetto attivo. Nasce cosi il concept, preso in prestito dallo scrittore Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile curiosità. I frammenti murari diventano cosi l’epicentro di una serie di soglie digitali che contattano direttamente, in base alla vicinanza, con più gradi di interesse, tutti gli utenti dell’App fino a farli interagire con lui, per via vocale, posizionandosi sulla pedana circolare.

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IL PALAZZO IMPERIALE Questo sito archeologico, lo si può considerare uno dei più rappresentativi fra tutti quelli portati alla luce nella città di Milano, esso non solo è molto ampio, ma, soprattutto, palesa ancora molto bene i suoi caratteri architettonici. Ciò nonostante continua ad essere un luogo che non strappa più di qualche minuto di attenzione ai distratti passanti che lo lambiscono. Il nostro obiettivo, qui, è quello di prolungare la sosta dell’utente o, quantomeno, riuscire a renderla esperienziale. Per fare ciò, tuttavia, vogliamo lavorare sulla creazione di diverse condizioni climatiche. La parola chiave diventa dunque Microclimi, ovvero la possibilità di sovrapporre diverse condizioni ambientali programmabili per una più confortevole sosta, che può variare dai 5 minuti alle 3 ore. Tre sono i dispositivi che insistono sull’area e generano tali condizioni. Il primo sono le Cornici, sedute pluri-componibili dagli assetti riadattabili, che sono in grado di generare, usando l’app come un telecomando, molteplici condizioni microclimatiche personalizzabili. All’interno dell’area ipogea, invece, troviamo i Microcosmi, ovvero sequenze di diffusori luminosi, termici e sonori, che, in un caso particolare, vengono anche dotati di grandi ombrelli ed un parterre ligneo, per aumentare le possibili sovrapposizioni percettive. Infine, l’ultimo dispositivo, è un Armadio che, come nelle colonne, serve a contenere tutti quei dispositivi atti a favorire l’abitare i microclimi.

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fotoinserimento dettaglio della cornice dettaglio dell’armadio dettaglio del microcosmo



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LE TERME ERCULEE Alcuni frammenti murari delle antiche terme sono stati riportati alla luce e per poi essere abbandonati a loro stessi in un tentativo di decorare la complessa porzione di città qui presente. Tuttavia, la frammistione di elementi architettonici, inseriti in questo spazio racchiuso da un sistema porticato, fa si che quest’area sia quanto più degradata, in quanto, impraticabile. Abbiamo sentito, quindi, la volontà di fornire nei pressi dei resti archeologici, sistemi che fornissero un’adeguata lettura e praticabilità della preesistenza, fino a determinare vere e proprie Oasi urbane. Ispirati dai visionari fotomontaggi di Adolfo Natalini, abbiamo progettato un parterre digitale che uniforma i dislivelli di quota dell’area in un unico suolo praticabile, andando a sottolineare i resti archeologici come una realtà totemica. Le caratteristiche digitali di questo parterre, in grado di emettere suono luce e grafiche interattive, determina uno spazio di connessione tra gli utenti che lo percorrono soprattutto pensato per la condivisione, l’incontro, la sosta e la pubblicizzazione.

<<< pianta 1 fotoinserimento 2 diversi utilizzi delle piastre

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SAN GIOVANNI IN CONCA La condizione attuale di questo sito è dovuta ad una lunga serie di vicende storiche, frutto di compromessi tra le logiche del nuovo e le realtà dell’antico, che hanno realizzato a tavolino un romantico frammento archeologico. Oggi, piazza Missori è quasi esclusivamente luogo di flussi di diversa natura, è uno snodo cruciale per la mobilità di diversi utenti ai quali, però, non viene offerta alcuna alternativa. La caotica dinamicità dell’utenza dell’intorno, il suo carattere di variazione oraria e stagionale, fa subito pensare ad un intervento in continuo cambiamento, mai uguale a se stesso, e la naturale specificità formale, di tipo palesemente teatrale, ottenuta dalla porzione superiore richiama un comportamento esclusivamente spettacolare. Queste riflessioni hanno generato il concept progettuale di scenografia in divenire. Superiormente, infatti, lo spazio viene risolto con l’istallazione di una sequenza di gradini che conducono ad una vera e propria macchina teatrale dagli assetti programmabili, pensata per attività di massa. Ideato, invece, per attività più intime e per il relax, lo spazio ipogeo, che acquista quasi tutta la porzione dell’isola di traffico, si dota di verde e di un parterre del tutto praticabile che contiene al suo interno le Airchair, camere d’aria attivabili dalla rete pensate come sedute a sacco. La differenza di quota tra i due livelli viene risolta con due rampe che, formalmente, vengono generate, in un unico gesto, dai gradini del piano superiore, fino a formare uno spazio di estrema liquidità dei percorsi.

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<<< pianta 1 fotoinserimento 2 esploso assonometrico degli elementi che compongono il progetto




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