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Volli, volli, fortissimamente volli... È necessario fare chiarezza una volta per tutte su ruoli e modalità di governance: il Mice è un comparto strategico, in Italia ancora affidato all’iniziativa privata
L
CARLOTTA FERRARI Presidente Convention Bureau Italia www.conventionbureauitalia.com
10 | 02 2018 | MC
a madre di tutti i problemi del comparto turistico (leisure e Mice) in Italia ha un nome: governance. Molto spesso chi ci rappresenta e ha la responsabilità di definire strategie di sviluppo non ha piena contezza del valore del settore, né tantomeno la consapevolezza della complessità dei requisiti necessari per competere in un mercato così complesso ed esigente. Un mercato che ormai è da anni affollato da competitor agguerriti che pur non avendo il nostro appeal, ma investendo tante risorse in un settore strategico ottengono risultati economici estremamente rilevanti.
L’Italia è rimasta qualche passo indietro, pur essendo nel continente che accoglie oltre il cinquanta per cento dei congressi internazionali, l’Europa, e pur possedendo un’attrattiva unica al mondo. L’attività di acquisizione di un congresso avviene generalmente attraverso la partecipazione a gare internazionali in cui vengono valutati numerosi aspetti, dalla funzionalità della destinazione al supporto delle istituzioni, alla reputazione del Paese e, solo da ultimo l’appeal di una città. L’unico soggetto preposto a presentare le candidature si chiama convention bureau
territoriale, ed è così in tutto il mondo. A prescindere dalle risorse di ciascun Cb, nazionale o territoriale, si registra un flusso di rapporti e un vero coordinamento tra Governo, Ministero di competenza (quasi sempre economia), ente nazionale del turismo, Cb nazionale (spesso entrambi parte del tourism board) e Cb locali, attraverso sostegno politico e flussi di denaro. In tutti i casi, c’è coesistenza e collaborazione tra pubblico e privato. Con chiari input sui modelli organizzativi. E se tutto il mondo funziona in un modo, come mai noi andiamo sempre in un’altra direzione? Dal punto di vista delle risorse, ci confrontiamo con realtà internazionali che ci mettono in imbarazzo: il Convention & Visitors Bureau di Vienna ha un budget di oltre venti milioni di euro; la maggior parte dei Cb vive grazie all’imposta di soggiorno e anche il più piccolo – prendiamo Uppsala in Svezia così siamo sicuri che non si dica “eh però loro sono Parigi o Londra” – parte economicamente molto avvantaggiato rispetto alla nostra realtà. In Italia? L’anarchia. In Italia pare che esistano 12.500 enti di promozione territoriale, tra Apt locali, aziende regionali, comunità montane, consorzi privati, città metropolitane e così via. Ci sono destinazioni in cui le Regioni fanno da padrone, ci sono regioni che hanno deciso di valorizzare molto il ruolo delle
città; regioni che hanno aziende di promozione e hanno chiuso le Apt, altre dove le Apt territoriali esistono ancora o dove le città metropolitane lavorano sul turismo a stretto contatto con il comune di riferimento. Di base mancano delle vere Dmo: ce ne sono pochissime e quelle poche che funzionano e investono, essendo pubbliche, hanno il grosso limite di poter solo informare e non commercializzare; ovvero non stanno sul mercato, e possono con difficoltà misurare il roi delle loro azioni. E se cercano di collaborare con i privati, lo fanno in mezzo a mille ostacoli e difficoltà. Abbiamo destinazioni fantastiche ma spesso manca completamente il prodotto, un prodotto organizzato e vendibile. In Italia molte destinazioni hanno deciso, in modi diversi e adattandosi con fatica alla realtà locale, di costituire un convention bureau e lo hanno fatto bypassando mille difficoltà, talvolta dovendo rinunciare a una governance pubblica pur di sopravvivere, investendo energie e risorse provenienti solo dal mondo privato pur svolgendo di fatto una mission pubblica. Ciò rende più complessa la gestione della domanda internazionale, il coordinamento dell’offerta e anche la riconoscibilità di una destinazione come destinazione congressuale. Stiamo finalmente tornando a essere tanti adesso. Ci confrontiamo, ci incontriamo diverse volte l’anno, facciamo quel si-
stema che spesso la politica invoca ma non fa. A dimostrazione di ciò, nel 2014 abbiamo deciso di fare rete a livello nazionale, costituendo un Cb nazionale privato. Eravamo una decina di aziende e territori nel 2014, appoggiati dalle grandi associazioni di categoria (AssoHotel, Associazione Italiana Confindustria Alberghi, Confcommercio, Federalberghi, Federcongressi&Eventi, Federturismo Confindustria), con un budget di trentamila euro. Oggi abbiamo più di cento soci, rappresentiamo tutte le principali destinazioni italiane e il nostro budget si avvicina al milione di euro. Siamo parte dell’Alleanza Europea dei Cb Nazionali, sediamo al tavolo dei nostri colleghi europei che a confronto sono dei giganti, ma che ci accolgono a braccia aperte e plaudono al nostro modello. Ma in Italia, fatichiamo ancora a essere considerati dalle istituzioni. Non abbiamo ricevuto le giuste considerazioni da parte del ministro della scorsa legislatura, fatichiamo a operare con i soggetti nazionali di riferimento, non abbiamo mai ricevuto un euro a sostegno della nostra attività. E peraltro, la poca considerazione del governo nei confronti del comparto, a cascata, non crea interesse da parte dei grandi potenziali stakeholder, e questo rende complessa la collaborazione con grandi aziende che potrebbero accostare il loro brand a quello della destinazione Italia. Ma siamo molto felici del lavoro
fatto, anche e forse proprio perché lo abbiamo fatto totalmente da soli. Abbiamo sostituito più volte il pubblico e cercato di tamponare i danni fatti da precedenti iniziative e da convention bureau pubblici nati e morti in un anno, bruciando oltre sette milioni di euro e bruciando soprattutto la nostra reputazione a livello internazionale. Perché non facciamo chiarezza sulla governance, sui ruoli dei singoli enti e dei privati? Vogliamo chiarire una volta per tutte a chi spettano le competenze e, pur in un sistema nazionale che vede le Regioni come unico soggetto titolato alla promozione, vogliamo capire che nel Mice contano le città? Si candida uno specifico territorio, non una regione intera! Il congresso va in un posto specifico e noi competiamo con altre città, città che hanno tutto il supporto dal loro sindaco, dal governatore della regione, e dal Ministro. Noi vogliamo risposte concrete, vogliamo sapere chi e come deve regolare questo comparto, vogliamo essere chiamati sui tavoli di lavoro del Governo, perché noi sappiamo come funziona e siamo abituati, per vocazione personale e professionale, a mettere a disposizione il nostro know-how, le nostre risorse economiche e le nostre energie a servizio del pubblico. Vogliamo essere riconosciuti e sostenuti in modo stabile. Come avviene in tutti quei Paesi del mondo che tutti noi prendiamo a esempio, ma che non riusciamo mai a eguagliare.
MC | 02 2018 | 11