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Milano, 2003, pagg
catena costrittiva rappresentata dal diritto del Potere a esercitare la forza utile a contenerla. Se pertanto la libertà conduce al potere della forza, porta alla sua negazione, apparendo inutile e anzi dannosa. Come abbiamo rilevato supra, negare la libertà dell’uomo, da parte del Potere, equivale a privarla del suo carattere personale, ossia intenzionale, assumendola come esclusiva espressione della sua volontà oggettiva, ossia impersonale e razionale, e in quanto tale rappresentabile e prevedibile. Ma in che modo ciò avviene? Nel modo tipico all’essenza umana, intervenendo cioè nella struttura del linguaggio. La caratteristica verbale dello zoòn politikòn è la stessa della sua libertà, quale principio della sua stessa costituzione ontologica e divina. Non a caso in principio stat Verbum. Il Verbo è “principio” sia in senso di che in senso di . Non c’è volontà che non sia espressa in un linguaggio, ma soltanto il linguaggio verbale esprime il Logos come volontà comune, astratta dalla sua individualità, cioè dalla sua intenzionalità, che è il principio stesso della sua libertà. La lotta contro le rappresentazioni mitiche e le opinioni soggettive condotta dalla filosofia esprime l’esigenza di negare la libertà del informale, il caos delle intenzioni misteriose e imprevedibili, da riportare all’ordine del sistema razionale uni-versale: alla legge di necessità. L’ordine politico è la conseguenza dell’ordine strutturale del linguaggio normativamente conformato al principio di necessità, che politicamente è il Potere di sopprimere la libertà individuale, di negare l’intenzione personale per poter “padroneggiare l’evento aleatorio” attraverso preordinate “procedure d’esclusione”.684 In che senso all’inizio sta il Verbo? Il Verbo di Dio è l’Amore di Dio. Il Verbo è Amore. E Amore è libertà. Nel senso che la parola, o meglio il parlare, non è legato a nessuna legge di necessità. La stessa struttura sintattica non può contenere la libertà espressiva del parlare. Parlare equivale a esprimere libertà. La libertà è dunque la spontanea espressione del parlare. L’amore è nella libera espressione della parola, il parlare non legato a necessità. Filosofare è di contro introdurre la necessità nel parlare: logicizzare. La logica del dscorso è la stessa logica del Potere.
684 [177. M. Foucault, L’ordre du discours (1970), tr. it., Torino, 1972, pag. 9.
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La lotta filosofico al Mito divino acquista valore di emancipazione da ogni limite meta-politico, tale che esso vada rinvenuto all’interno dell’ “ordine del discorso”, come principio, non più sacro ma di ragione, ideale. Esso coincide con la universalità del concetto, inteso come valore etico-politico, ideo-logia. La libertà dei moderni, per costituirsi come assoluta da ogni limitazione religiosa, ha perduto il suo fine trascendente indicato dalla teologia politica cattolica, diventando diritto universale. La caratteristica della legislazione universale, propria dello Stato di diritto, è di potersi intendere sia come esercizio riconosciuto delle libertà di ogni cittadino di esprimere la propria volontà, sia come sudditanza universale al Potere egemone sovrastante. Nel primo caso, le libertà personali impediscono l’esercizio delle funzioni proprie al Governo morale, la cui funzione derimente presuppone il comune riconoscimento di una autorità superiore di natura extra-politica negata per principio dalla ragione politica. Nel secondo caso, l’imposizione di una volontà superiore da parte del Potere assoluto superiorem non reconoscentem si esercita con una efficacia che annulla relativamente, con la libertà politica di chi ne è soggetto, la stessa libertà di chi l’esercita, stabilendo la tipica condizione tirannica in cui essendo uno solo libero, non lo era in realtà nessuno. Per superare questa aporia, l’idea moderna di Potere ha progressivamente eliminato la funzione del Governo, assorbendola nella propria di esercizio della forza legittimata dal principio maggioritario, espressivo appunto della forza dominante. Il potere politico che si legittima attraverso lo strumento di cui si serve per esercitare le sue funzioni, è l’anaogon pratico della teologia che giustifica i suoi fondamenti teocratici attraverso lo strumento della ragione, con l’esito, rispettivamente, del dominio della forza in ambito politico, suppostamente libertario, e del dominio della filosofia razionalista nell’ambito teologico, suppostamente luogo della liberazione agapica dalla necessità naturalistica. Tornando al dominio del Logos in ambito politico, esso costituisce, in entrambi i casi esaminati, un diritto universale ma inconcludente, in quanto non può esercitare una funzione di Governo. Il totalitarismo ideologico è il risvolto fenomenologico dell’anarchia demo-cratica, ognuno dei quali richiama l’altro a seguito della instabilità insuperabile di una libertà (politica) senza il limite di autorità (morale). Lo stadio verbale
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