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PROVINCIA DI
GROSSETO
Dipartimento Sviluppo Sostenibile Area Turismo e Promozione Servizio Turismo, Progetti Speciali e Forum della Cooperazione m.mazzolai@provincia.grosseto.it
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LIVORNO CARLOFORTE MASSA CARRARA
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Corsica, Liguria, Sardegna Toscana
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La Cooperazione al cuore del Mediterraneo
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La Coopération au coeur de la Méditerranée
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uella di Napoleone è una figura controversa, universalmente accettata come un fenomeno destinato a cambiare le tradizioni, a dirottare la civiltà occidentale verso nuovi approdi. Il suo apparire sulla scena infatti, esaurisce l’esperienza rivoluzionaria costruendo le risposte ad un mutamento in atto, che abbraccia la società civile e l’organizzazione amministrativa, a cui, ancora oggi si fa riferimento. Bonaparte, da sottile comunicatore, inventa ed usa un linguaggio originale capace di parlare a tutti i ceti sociali e pur nella necessità bellica, trasforma la guerra in un percorso che anela alla pace attraverso i precetti della rivoluzione francese di legalità, fraternità e uguaglianza. Se ai declami non aderiscono sempre i fatti, con lui si apre la modernità e ad essa contribuisce con un atteggiamento in grado di interpretare le convenzioni in una proiezione fino ad allora sconosciuta. Mai nessuno negli utlimi secoli, è capace come lui di emozionare e muovere le masse, di coinvolgere e influenzare aree diverse e metterle a confronto e in contatto. In questo concetto risiede il senso di questo lavoro, nel contesto del progetto di collaborazione transfrontaliero, che aspira al fine che i territori partecipanti riescano a “parlarsi” attraverso vocazioni ed esperienze. Napoleone ha cambiato il suo mondo, invitando i popoli ad interrogarsi sulla propria condizione e sul proprio futuro. Ha influenzato definitivamente l’anima delle etnie coinvolte nel suo breve ma intenso viaggio umano.
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uesto sintetico opuscolo e soprattutto il gioco, aspirano a facilitare la comprensione soprattutto in ambito della scuola dell’obbligo del “fenomeno Napoleone”. A partire da una breve sintesi della vita e degli avvenimenti, incentrata in particolar modo nell’area ligure, toscana, sarda e corsa, il prodotto è un invito ludico all’approfondimento di una fase storica determinante. Gli insegnanti potranno seguire l’indice del testo e il filo di questo speciale Gioco dell’Oca e interpretarne a piacere i contenuti.
PROVINCIA DI
GROSSETO
Assessorato alla Cooperazione Internazionale
NA P OLE ON E BONESPRI
Questo prodotto editoriale è reso possibile grazie al Progetto Transfrontaliero BONESPRIT, finanziato dal P.O. Italia-Francia “Marittimo”
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Dal 1790 al 1799
LIVORNO
PISTOIA
FIRENZE, PALAZZO PITTI
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l primo maggio 1808 è la data ufficiale di annessione della Toscana all’Impero napoleonico. Punto di arrivo di una storia iniziata il 10 marzo del 1790, quando, Pietro Leopoldo di Lorena dovette lasciare il Granducato di Toscana per assumere, a Vienna, la carica imperiale. Gli successe, il figlio Ferdinando che divenne Granduca col nome di Ferdinando III. Il Granducato visse anni di relativa tranquillità. Ma quando nell’aprile 1796 Bonaparte scatenò l’offensiva in Italia, in circa tre mesi tutti gli stati italiani furono toccati dai venti napoleonici. Fu allora che Ferdinando III mandò a Napoleone una delegazione per invitarlo a non far entrare le sue truppe in Toscana. Ma Buonaparte, che voleva Livorno, nodo strategico del Mediterraneo, fece sapere che l’occupazione era voluta dal Direttorio. Per riguardo all’antico alleato, fece passare l’esercito da Pistoia ed il 27 giugno 1796, Livorno fu occupata; al comando, lo stesso Napoleone. Seguirono giorni difficili. Il porto era stato bloccato dagli Inglesi che il 9 luglio sbarcarono a Portoferraio impadronendosi dell’Isola d’Elba. Intanto Napoleone giungeva a Firenze in visita al Granduca trattenendosi un solo giorno, ricevuto a Palazzo Pitti con tutti gli onori (alloggiò in Borgo Pinti). I due anni che seguirono a questa “passeggiata” furono, almeno per
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la Toscana, relativamente tranquilli, ma ormai la macchina napoleonica che avrebbe ridisegnato tutta la Toscana, era in moto. Lucca già occupata alla fine del 1798 ed il 17 marzo 1799, il Granduca fu avvertito che sarebbe stato annesso anche il suo Stato. Ferdinando III non oppose resistenza: il 27 marzo i francesi entrarono a Firenze dall’arco trionfale di Porta San Gallo (eretto sessanta anni prima dai Lorena) con un ramoscello d’ulivo sulle baionette, perché era Pasqua. La mattina dopo fu ingiunto di allontanarsi entro 24 ore. La città era tappezzata da manifesti in cui si invitavano i cittadini ad accogliere i francesi con rispetto e ad astenersi da ogni comportamento offensivo. Ma se Ferdinando obbediva e se ne andava senza replica, così non fu per alcune frange popolari, antigiacobine e legittimiste, artefici di quel movimento antifrancese che prese il nome di “Viva Maria”. Fenomeno antinapoleonico (fomentato dalla Chiesa o dai sovrani legittimi) che si diffuse a macchia d’olio anche nella Maremma grossetana dove i principali motivi di malcontento all’arrivo dei francesi nel 1799, erano la coscrizione obbligatoria nella Guardia nazionale, il trasferimento delle municipalità, le spese per alloggiare i soldati, la mancanza di libertà di commercio, le requisizioni e l’aumento del costo della vita; un quadro ben rappresentato, anche in una Cronaca grossetana sullo scorcio del XVIII secolo, desunta da un diario di Antonio Pizzetti, originario di Abbadia San Salvatore, che esercitò la professione di medico all’Ospedale Misericordia di Grosseto dal 1769 al 1805. Il movimento del Viva Maria si diffuse nel 1799 in tutta la Maremma: Grosseto, Batignano, Castiglione, Roccalbegna, Prata di Massa Marittima. A Prata vi fu un lungo periodo
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FERDINANDO DI LORENA
CASTIGLIONE DELLA PESCAIA
ROCCALBEGNA
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GROSSETO
BATIGNANO
BOCCHEGGIANO
TRATTATO DI LUNEVILLE
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di sommovimenti: fra i principali fatti, l’imboscata degli abitanti di Prata e Boccheggiano nel territorio di Massa Marittima (18 dicembre 1800) ad una colonna francese presa e poi rilasciata. Un’altra imboscata, sempre degli abitanti dei due paesi, a 230 soldati francesi nella Valle del Merse (24 gennaio 1801), con morti e feriti nelle file dei francesi, che ripiegarono su Siena. L’assalto a Massa (2 marzo 1801) di un gruppo di 80 pratigiani capeggiati da Giovan Battista Valgattarri, che dopo aver messo in fuga una piccola guarnigione si dette poi a saccheggi e devastazioni. Alla fine, le autorità francesi decisero la repressione e un battaglione saccheggiò il paese per tre giorni, mentre gli abitanti si diedero alla macchia. Il moto si esaurì quando il generale Gioacchino Murat comandante in Toscana, concesse un’amnistia. Una testimonianza materiale di questa sommossa che lambì anche l’Amiata, resta, a Roccalbegna: un grande stendardo conservato nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo e proveniente dal tempio della Madonna del Soccorso, con l’aquila bicipite sormontata da una corona e fornita di artigli con cui sorregge spada e scettro. Al centro, ritagliata in un ovale, la Madonna del Conforto, simile, per tratti iconografici, alla Madonna di Provenzano. Sotto l’aquila, incise su un cartiglio, le parole “Roccalbegna dì’Viva Maria e chi la creò”. Sotto, la scritta 1799. Sull’altra faccia, lo stemma mediceo-lorenese che simboleggia la lealtà degli antigiacobini di Roccalbegna al Granduca di Toscana.
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Dal 1801 al 1807 Il 9 febbraio 1801, con il trattato di Luneville fu concordata la rinuncia dei Lorena alla Toscana, compresa la zona dell’isola d’Elba e si stabilì che il Granducato sarebbe passato in piena sovranità al figlio del Duca di Parma a cui Napoleone aveva tolto i ducati di Parma e Piacenza in favore dei Borboni di Spagna (Trattato di Aranjuez 21 marzo 1801). Con un altro trattato, poi, il Regno di Napoli rinunciava a alcune porzioni dell’isola d’Elba e cedeva anche Orbetello, Porto Ercole, Porto Santo Stefano (Stato dei Presidi) ed il Principato di Piombino. Il trono di Firenze venne innalzato al rango reale con il nome di “Regno d’Etruria”. L’infante Ludovico entrò a Firenze il 12 agosto 180l: giunse con la moglie Maria Luisa ed i suoi figli che furono ricevuti dal Murat e scortati a Palazzo Pitti. Il territorio del regno fu diviso in tre dipartimenti: “dell’Ombrone”, “dell’Arno” e “del Mediterraneo”. Quest’ultimo aveva come capoluogo Livorno, ed era formato dalla Prefettura di Livorno, dalle Sottoprefetture di Pisa e Volterra e, dal 1811, dall’Isola d’Elba. Al vertice politico e amministrativo del Dipartimento vi era un prefetto, coadiuvato da un Consiglio Generale del Dipartimento e da un Consiglio di prefettura. Il primo prefetto fu il barone Guillaume Antoine Benoit Capelle (12 marzo 1808) e resse fino al 17 gennaio 1811, sostituito da Michele De Goyon, che rimase in carica fino alla caduta di Napoleone (aprile 1814). Il Regno d’Etruria è sotto il controllo stretto di Napoleone, che ha poca fiducia in Ludovico, tanto che il primo settembre 1802 l’Elba (sgombrata dagli Inglesi dopo la pace di Amiens) e la parte di terraferma del principato di Piombino vengono
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REGNO D’ETRURIA
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VOLTERRA
LUCCA PALAZZO DUCALE
PISA PIAZZA DEI CAVALIERI
MARIA LUIGIA DI SPAGNA
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annessi alla Francia anziché al Regno d’Etruria. Ludovico ottiene in cambio lo Stato dei Presidi. Napoleone, intanto, era divenuto “Primo Console” a vita. Re Ludovico è giovane, ma di salute cagionevole, affetto da epilessia; a Napoleone occorre una mano forte per difendere Livorno. Il primo console, pertanto, stabilisce che reggimenti francesi rimangano nell’area e garantiscano l’occupazione di Livorno e Pisa. A Firenze fu insediato il ministro plenipotenziario, generale HenriJacques Clark. Il Primo Console teneva il Regno d’Etruria saldamente in pugno. Ludovico venne messo a dura prova e, prostrato ulteriormente da un viaggio a Madrid, morì il 27 maggio 1803. La Regina Maria Luigia di Spagna, dei Borboni e figlia del re di Spagna Carlo IV e di Maria Luisa di Borbone-Parma, a brevissimo tempo dalla morte del marito, assunse la reggenza per il figlio Carlo Ludovico. Ma intanto in Europa le situazioni mutarono: poco dopo che Napoleone divenne Imperatore, la sorella Elisa fu da lui nominata principessa di Lucca e Piombino. Il 27 novembre 1807 l’inviato francese a Firenze comunicò alla regina di Borbone che il Regno d’Etruria aveva cessato di esistere ed il 5 dicembre anche Napoleone scrisse a Maria Luigia che doveva prepararsi a partire. La Regina lasciò la città, con i due figli e la corte nonché il cadavere del marito esumato dalla cripta di San Lorenzo. La Toscana divenne in breve una provincia dell’Impero francese ed il 24 maggio 1808, con i ducati di Parma e Piacenza, venne annessa alla Francia. Il 3 marzo 1809 il “governo generale del dipartimento della Toscana” fu conferito da Napoleone alla sorella Elisa con il titolo di Granduchessa. Le aquile napoleoniche dominarono fino alla sconfitta di Napoleone a Lipsia a cui seguì la sua abdicazione ed il suo conseguente esilio all’isola d’Elba (7 maggio 1814). Ferdinando
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III di Lorena rientrò trionfalmente a Firenze il 17 settembre dello stesso anno.
La Giunta di Governo della Toscana (1808) Il 2 marzo 1808 la Toscana viene formalmente annessa all’Impero e suddivisa in tre dipartimenti con i prefetti: Jean-Jaques Recault de Reuilly, Angelo Gandolfo e Guillaume Antoine Benoit Cappelle. Dal 15 Marzo venne soppresso il Senato Fiorentino e il Consiglio della Toscana, mentre dal 21 Marzo i tre prefetti presero possesso rispettivamente di Firenze, Siena e Livorno. Con decreto dell’imperatore del 12 Maggio 1808, fu istituita una Giunta straordinaria con presidente Menou e segretario generale un giovanissimo Cesare Balbo. Da Firenze, fu avviata un’immediata attività, partendo dalla visita ad alcuni stabilimenti pubblici, della Scuola degli Scolopi, per conoscerne il metodo e le pratiche, dell’Istituto delle Pietre Dure e dei due ospedali cittadini, Santa Maria Nuova e Degli Innocenti. Si deliberò su alcune questioni amministrative, come la ripresa delle attività dei Tribunali e dei Magistrati e l’interruzione immediata di tutte la procedure sui beni sequestrati alle comunità religiose e agli ordini di Santo Stefano e di Malta. E sarà proprio la sede dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, ad ospitare la Scuola Normale Superiore di Pisa, fondata con lo scopo di creare una succursale dell’École Normale Supérieure di Paris. Decreti im-
ELISA GRANDUCHESSA DI TOSCANA
CESARE BALBO
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GIOVAN FRANCESCO MASTIANI BRUBACCI
periali e deliberazioni della Giunta vennero pubblicati su un Bollettino bilingue. Il 9 giugno il prefetto Cappelle si spostava da Livorno a Pisa per insediarvi Giovan Francesco Mastiani Brubacci, un importante notabile. L’11 giugno assumeva l’incarico nella sua città, il grossetano Michele del Re. Il 17 Giugno a Siena, Leonardo Minutelli di Cetona, giurava per essere poi nominato a Montepulciano. Ad Arezzo venne nominato sottoprefetto, Giovan Battista Nomi, segretario della Consulta. A questi funzionari, tutti toscani, scelti tra notabili e proprietari, dotati di cultura giudiziaria e conoscenza del paese, venne affidato da Parigi, un ruolo di mediazione politica e sociale. Il tentativo era quello di strutturare un modello civile e sociale simile al Piemonte. Si rinnova la pubblica amministrazione e si decreta un nuovo regime fiscale. La leva diventa obbligatoria. Sono istituiti i censimenti. Ogni vicario a capo dei tribunali ha il compito di redigere e spedire a Firenze un prospetto indicante l’estensione della propria giurisdizione, il numero degli abitanti, la qualità del clima, lo stato di strade e corsi d’acqua. In questo ambito, un primo e importante punto di svolta fu l’entrata in vigore del Codice Napoleone che istituiva un regolare servizio di Stato Civile. Il servizio militare obbligatorio fu introdotto in Toscana, nel Luglio del 1808.
Feste religiose: l’invenzione di San Napoleone e l’autolegittimazione del potere
BUSTO DI NAPOLEONE
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Secondo il modello applicato in Francia, nelle diocesi venne imposta, insieme alla soppressione di gran parte degli ordini religiosi e
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alla confisca dei beni, una riorganizzazione generale. Con il decreto del 19 Febbraio del 1806 Napoleone, realizzando un disegno concepito fin dal Concordato con la Chiesa cattolica (15 Agosto del 1801), aveva istituito la festa di San Napoleone. In Toscana la prima celebrazione del 15 Agosto venne approntata nella Firenze imperiale con la massima accuratezza. Il prefetto Reully aveva scritto ai vescovi del dipartimento, per far rispettare il decreto imperiale, con l’orazione pro Imperatore, la processione, le campane, la corsa dei cavalli, la lettura da parte del parroco di un discorso consono alla circostanza. Il programma - proclama fu affisso il 12 agosto con un appello ai funzionari e agli abitanti del dipartimento dell’Arno in cui veniva richiesto un impegno di spesa tra città e centri del contado. La festa si attuò anche nei Principati di Lucca e Piombino. A Lucca, Elisa Bonaparte potè muoversi più liberamente sul piano organizzativo, forgiando, fin dal 1806 un modello “lucchese” di festa, che in seguito, divenuta granduchessa della Toscana, importò a Firenze. Questa versione prevedeva una manifestazione colta, per porre in risalto efficienza della Corte e immagine del Regime. Anche a Piombino, Felice Baciocchi, consorte di Elisa, dopo una giornata di festeggiamenti, parate e processioni, adottava alcuni provvedimenti di clemenza nei confronti di forzati, per buona condotta.
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CODICE NAPOLEONICO
Elisa Bonaparte principessa di Lucca e Piombino e Granduchessa di Toscana Elisa, sorella di Napoleone, contro il volere del fratello, sposò il capitano Felice Baciocchi (1762-1841) nobile corso. Divenuto
ELISA BONAPARTE
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LUCCA VILLA BOTTINI
MONTIONI
FOLLONICA VASCA DA BAGNO DI ELISA
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imperatore di Francia, Napoleone creò appositamente per lei e le assegnò (18 marzo 1805), il Principato di Lucca e Piombino, prima di nominarla ( 3 marzo 1809), Granduchessa di Toscana. Lucca veniva sprezzantemente chiamata da Napoleone la “repubblica nana”, ma era sempre stata un baluardo di indipendenza politica, religiosa e commerciale. Da parte loro i lucchesi, avendo malvolentieri perduto la loro indipendenza, chiamarono Elisa, ironicamente, la Madame, senza grande simpatia nei suoi confronti, diffidando soprattutto dei suoi sforzi per “francesizzare” l’antica repubblica. E lei, da parte sua, nella delicata fase in cui la Toscana passava da regno autonomo a provincia dell’impero, dovette fronteggiare innumerevoli difficoltà. In questa opera, i principi Baciocchi trasformarono la fisionomia delle due città, riempiendo palazzi e regge di straordinarie opere d’arte. Un territorio a cui Elisa ha legato il suo nome è Montioni, zona collinare fra Livorno e Grosseto, a cavallo tra i bacini dei fiumi Cornia e Pecora. Sorse qui un villaggio minerario per l’estrazione dell’allume, con edifici industriali per la lavorazione e lo stoccaggio del minerale, vari fabbricati rurali e la residenza della principessa. Lo sviluppo di Montioni è legato al nome di Thèodore Bienaimè, che ebbe l’incarico di organizzare autonomamente l’insediamento, in un contesto sanitario e ambientale critico. Chiamato da Elisa nel principato di Lucca e Piombino, l’architetto di corte compì numerosi viaggi di studio, e in uno di essi scoprì Montioni. Il borgo sarà riprodotto, nel 1810, in una medaglia con il volto di Elisa e una colonna celebrativa. Un gioiello di territorio, che raggiunse il massimo splendore grazie a Louis Charles Marie Porte, dotato di grande abilità e competenza imprenditoriale. Porte, naturalizzato toscano, che
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fin da piccolo aveva seguito il padre nell’attività mercantile, si dedicò prima al settore conciario su Livorno, poi si trasferì a Piombino, entrando nelle grazie di Elisa. La principessa decise di fare di Montioni uno dei punti di forza dello sviluppo economico, puntando sulle allumiere di cui Porte divenne direttore (26-09-1811), e sul patrimonio boschivo. Oltre 400 gli addetti, tra lavoratori delle cave, fornaci, caldaie, vetturini, tagliatori, provenienti dalle montagne toscane, lucchesi e modenesi. Fu Porte ad utilizzare, per primo i dromedari come bestie da soma, per trasportare l’allume al porto di Follonica. A Montioni vi fu anche il tentativo di dar vita a un’azienda agricola. Si producevano vino, olio, castagne, frutta, gelsi, e si allevavano cavalli, bovini e suini. Elisa ed il marito fecero un’incisiva campagna per impiantare vigneti “di qualità” , ed ammodernare il sistema di vinificazione, sulla base della cultura enologica d’oltralpe allargando l’operazione anche al Principato di Piombino, dove arrivarono cloni dei grandi vitigni francesi. Furono impiantati due moderni vigneti, uno di Bordeaux, nei terreni di Suvereto, l’altro vicino a Follonica. Iniziò anche lo sfruttamento della sorgente termale sulfurea, che la tradizione popolare ricorda come “i bagni di Elisa”. Le acque erano indicate per la cura delle malattie cutanee, a favore dei lavoranti della cava e delle miniere, ma anche a servizio degli abitanti di Suvereto e Massa Marittima. La principessa, amava Montioni, per curare i propri interessi e prendere i bagni termali nella famosa vasca: rettangolare in marmo, proveniente dalla bottega del Canova, originariamente posta, all’interno delle terme. Fu fatta restaurare nel 1859 dal Granduca
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PORTOFERRAIO
FOLLONICA CHIESA DI SAN LEOPOLDO
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VILLA REALE DI MARLIA
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di Toscana Leopoldo II ed esposta nel giardino del Palazzo granducale di Follonica, attuale sede del Corpo Forestale dello Stato. Un’altra vasca si trova nella Palazzina dei Mulini di Portoferraio. Durante il dominio Baciocchi-Bonaparte fu emesso (24 marzo 1808) il Codice rurale del Principato di Piombino, come quello di Lucca, di notevole importanza. Dopo aver ottenuto il Granducato di Toscana, Elisa si trasferì a Firenze, ma non trovandola di suo gradimento ritornò di nuovo a Lucca, dove fece ristrutturare Villa Reale di Marlia. Medesima politica lungimirante di Elisa a Massa Carrara, che divenne un polo mondiale di produzione del marmo. Furono messe in campo una serie di riforme che riguardarono l’escavazione del marmo grazie alla creazione del Banco elisiano e fu riformata l’Accademia di Belle Arti, trasferita dall’antica sede del palazzo Del Medico in quella del Palazzo del Principe. A Carrara vengono prodotti tutti i busti della famiglia imperiale, i cosiddetti “napoleonidi” diffusi in tutto l’impero e qui si precisano le note poetiche neoclassiche. Carrara diventa meta prediletta di Antonio Canova. Anche Grosseto gode delle attenzioni di Napoleone e della sua famiglia: infatti l’imperatore donò personalmente a Monsignor Fabrizio Selvi (vescovo 17931835) un calice prezioso, con simboli dell’Eucaristia e della passione alternati a grappoli d’uva. Nella coppa tre medaglioni con i simboli della passione e San Lorenzo, protettore di Grosseto. Nel cavetto della patena è raffigurata l’Ultima Cena. Selvi faceva parte del gruppo di prelati filo napoleonici (detti “rossi”). Fu insignito dell’ Ordre imperial dè la Rèunion (1814). Il calice fu realizzato a Parigi tra il 1811 e il 1813.
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Il regime Napoleonico ad Arezzo e l’insurrezione del Casentino Tra il 1807 e il 1809, la Toscana fu assoggettata a un duro regime, in una situazione di grave difficoltà per la Giunta appena insediata; le voci di guerra, gli sbarchi degli inglesi, i successi della guerriglia in Spagna non fecero che accrescere il fermento generale. La notte del 23 settembre 1808, sul monumento equestre di Cosimo I, insieme a un appello ad armarsi contro i francesi, fu affissa una coccarda austriaca e ad Arezzo furono esposti una bandiera austriaca e diversi scritti che incitavano alla rivolta. Alle continue provocazioni antifrancesi, la polizia non riusciva a opporsi. Anche in Casentino vi fu una reazione antifrancese contro le imposte, la leva militare, le riforme. Ma la protesta maggiore si rivolgeva contro gli interventi governativi sul legname. Gran parte del patrimonio boschivo, compresa la foresta di Camaldoli, da secoli gestita dai monaci, era passato sotto il controllo imperiale. Quei boschi servivano allo sviluppo della cantieristica navale, elemento strategico, insieme con l’acquisizione del porto di Livorno, della politica napoleonica. Gravi furono le restrizioni ed una parte del legname restava unicamente riservata alla Marina. Si insorse nelle foreste di Camaldoli e Vallombrosa. La sollevazione popolare il 24 ottobre partì da Strada, nei pressi di Poppi. Si aggiunsero una cinquantina di briganti dalle campagne di Raggiolo. Fra saccheggi e scorrerie gli insorti scesero attraverso la Consuma verso Firenze e nei giorni seguenti insorsero a Pontassieve. Diversi ribelli furono catturati, altri si erano arresi e molti proseguirono verso Siena. Quindi avanzarono per la Valdichiana, Perugia e la Maremma. Verso
CALICE IN ARGENTO
MONUMENTO A COSIMO I DE’ MEDICI
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quest’ultima, tradizionale ricovero di confinati e fuori legge, Menou aveva ordinato che convergessero da Livorno altri 300 uomini. Assicurato l’ordine a Grosseto, la forza francese scese sul litorale per controllare che non vi fossero vascelli nemici o sbarchi inglesi. A provocare la reazione popolare più accesa furono in particolare i dazi sul vino, oltre le restrizioni su alcuni beni naturali come il bosco. AREZZO
L’Amiata insorge
ROCCA ALDOBRANDESCA DI ARCIDOSSO
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La vita durante i primi mesi del 1807 appare segnata da un continuo susseguirsi di complotti antifrancesi, organizzati e condotti con l’attiva complicità dei notabili, soprattutto di Prato. Ma è in particolare durante la reggenza di Elisa che si accendono focolai in Toscana. Una consistente fiammata, alla fine del 1809, venne da Abbadia San San Salvatore, sul Monte Amiata, nel dipartimento dell’Ombrone. Il 6 Marzo 1809, il procuratore di Siena, Cheu, aveva segnalato problemi al Ministro di Giustizia: insulti a un’immagine di Napoleone affissa nel quartier generale di Fontebranda, sulla porta di un mercante di stampe, con gli inviti, gridati nella notte, a non pagare le tasse perché “presto sarebbero suonati i Vespri Siciliani...”. Soprattutto lo preoccupava il fatto che campagne e città fossero ormai preda di ladri e assassini. Le prigioni erano piene, mentre la forza pubblica era sufficiente, potendo l’autorità disporre,
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nel senese e in Maremma, di appena 200 uomini tra veterani e invalidi. In caso di insorgenza, le prigioni sarebbero state assaltate e circa 100 criminali si sarebbero riversati per le vie di Siena. Per tutto ciò, Cheu chiedeva aiuto al Ministro della Giustizia. Nella seduta del 18 Aprile, al termine di un’inchiesta condotta a tamburo battente, la commissione militare, attivata da Firenze, sottopose a giudizio 17 reclusi e altrettanti in contumacia, tutti di Abbadia, eccetto due di Castel del Piano, accusati di resistenza alle Forze dell’Ordine, di complotto e di partecipazione a banda armata. Tre settimane prima, (29 marzo) sull’Amiata, un gruppo di 200 armati aveva aggredito i gendarmi e liberato sei prigionieri durante il loro trasferimento a Radicofani. Nella stessa giornata, gli abitanti di Abbadia San Salvatore si erano ribellati, saccheggiando il Municipio e la Caserma e imprigionando il Giudice di Pace. Una sessantina di insorti, entrarono a Santa Fiora al grido di “Viva Maria!”. Dopo aver liberato i coscrit-
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‘VIVA MARIA’
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ti trovati in marcia verso Montepulciano, saccheggiato l’ufficio del Tribunale e suonato lungamente a martello, ripartirono verso Arcidosso. 300 briganti, sempre nei pressi di Abbadia, si scontrarono aspramente con 50 Gendarmi che uccisero due insorti e ne catturarono tre. Antonio Fabbrini, tintore di 59 anni e i contadini Angelo Castelli e Giuseppe Lucchesi, di 39 e 28 anni, Benedetto Simonetti di 44 anni, furono giudicati colpevoli di cospirazione, complotto e resistenza. Fu durante il 1809 che furono attuate sui territori italiani annessi o comunque soggetti all’Impero, le misure repressive più pesanti di tutta l’età napoleonica. Dall’agosto al novembre di quell’anno, tra Marche e Abruzzi, in una zona dal confine toscano, furono ben 29 le condanne a morte eseguite, “per titolo di brigantaggio”.
I primi sintomi di decadenza
SANTA FIORA
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Per danneggiare l’Inghilterra, Napoleone proclamò il blocco continentale, cioè il divieto di commerciare con l’Inghilterra che aveva la più moderna tecnologia e la flotta più equipaggiata. Le navi inglesi venivano attaccate dalla marina francese e il carico sequestrato. Il blocco si rilevò difficile. Si estese il contrabbando con un danno per tutta l’Europa. La situazione si fece insostenibile, tanto che gli stati, capeggiati dall’Austria, decisero di organizzare la V coalizione (1809). Sebbene l’imperatore riesca a sconfiggere l’Austria a Wagram (1809), costringendola alla Pace di Schonbrun, si avvertono i primi segni di crisi. Anche la Spagna, da sempre alleata,
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preoccupata che la Francia volesse penetrare nel mercato coloniale sudamericano, passa dalla parte dell’Inghilterra. Nel 1810, Luigi Bonaparte abdica e lascia l’Olanda. Napoleone, intanto, preso dalla smania di potere e reputandosi invincibile, divorzia dalla moglie Giuseppina e costringe l’imperatore d’Austria a dargli in sposa la figlia Maria Luisa. Da quelle nozze nascerà il figlio a cui fu dato il nome di Napoleone, re di Roma. Ma la crisi vera si dovette al fatto che Napoleone non capiva che gli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità che aveva inculcato e diffuso nel corso della sua avventura, adesso cominciavano a germogliare nei popoli e ogni stato rivendicava la sua indipendenza. Lo stesso zar di Russia, Alessandro I, comincia ad atteggiarsi a difensore dei liberali in antitesi al dispotismo napoleonico, per giustificare la rottura dell’asse Francia-Russia di cui Alessandro I non era più convinto, preoccupato com’era dalla smania di Napoleone di allargarsi. Nel 1812, lo zar intima a Napoleone di ritirare le truppe dal Baltico. Napoleone preferì la guerra e iniziò l’invasione della Russia. I russi furono sconfitti più volte, ma nella ritirata misero in atto una strategia poi diventata famosa: indietreggiando distruggevano tutto, impedendo così ai Francesi di trovare viveri e sostentamento. All’arrivo dell’inverno, Napoleone, con l’esercito stremato, dovette ritirarsi, mentre le sue colonne venivano decimate dai cosacchi. Di fronte a questa debolezza, in Europa si forma la VI coalizione fra Inghilterra, Russia, Svezia, Prussia e Austria (1813). Il 16 ottobre, nella memorabile battaglia di Lipsia, Napoleone fu sconfitto irrimediabilmente. In Francia, subito, l’irriducibile nemico di Napoleone, Talleyrand, ne approfitta per istituire un governo provvisorio restaurando sul trono la
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ISOLA D’ELBA
NAPOLEONE RE DI ROMA
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NAPOLEONE E LA DISFATTA DI WATERLOO
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dinastia dei Borbone col re Luigi XVIII. Furono gli stessi generali napoleonici a imporre a Napoleone di abdicare e così la Francia firmò la Pace di Parigi (1814), che imponeva alla Francia di rientrare nei confini del 1792. Le restanti questioni europee sarebbero state oggetto di un congresso da tenersi a Vienna. A Napoleone veniva lasciata l’isola d’Elba, si ritirò, esule, piccolo riflesso dell’impero perduto. Il crollo del regime trasforma l’Italia in terra di spartizione. Una delusione per i popoli, su cui fece leva Napoleone il quale, partito dall’Elba e sbarcato a Cannes nel marzo del 1815, fu accolto come un trionfatore e un eroe. I soldati inviati a catturarlo passarono dalla sua parte e in pochi giorni Luigi XVIII era costretto alla fuga. Napoleone, diffondendo un messaggio di valori rivoluzionari, riuscì a convincere in Italia lo stesso Gioacchino Murat a dichiarare guerra all’Austria e a lanciare agli italiani il famoso Proclama di Rimini che prometteva libertà e indipendenza. Di contro, le potenze europee organizzano la VII coalizione. L’imperatore trionfa a Ligny sui prussiani, ma l’8 giugno 1815 viene schiacciato dagli inglesi nella leggendaria battaglia di Waterloo. Erano passati tre mesi, Cento Giorni, dall’inizio del secondo sogno di Napoleone che adesso è costretto irrimediabilmente a consegnarsi agli inglesi.
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Luciano Buonaparte Durante i Cento Giorni, Napoleone si riconciliò col fratello Luciano Buonaparte, principe di Canino (Ajaccio 1775 - Viterbo 1840). Il rapporto si era interrotto per motivi di strategie matrimoniali. Luciano Buonaparte aveva partecipato da protagonista al colpo di stato del 18 brumaio, che riuscì grazie alla sua risolutezza. Ministro dell’Interno (1799), ambasciatore a Madrid (1800), presto entrò in contrasto con il fratello per il suo matrimonio con Alexandrine de Bleschamp d’ostacolo alle combinazioni progettate. Si stabilì a Roma e fu fatto principe di Canino dal Papa nel 1814. Negli ultimi anni di vita cercò di riorganizzare in Inghilterra il partito bonapartista. Appassionato letterato e cultore del bello, si occupò di letteratura e di archeologia e fu il maggiore collezionista di opere d’arte del periodo napoleonico. Fece eseguire nelle sue terre di Canino scavi di tombe etrusche, che portarono alla luce una ricca collezione di reperti.
LUIGI XVIII
L’esilio e la morte Il 15 luglio con una piccola scorta, Napoleone sale sulla crociera inglese Bellerophon verso l’esilio nell’isola di Sant’Elena. Saranno necessari 69 giorni di traversata per raggiungerla. Il 5 maggio del 1821 morì e fu sepolto in un giardino vicino ad una sorgente dove per anni i domestici si erano recati per attinge-
ESILIO A SANT’ELENA
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VULCI
MASCHERA MORTUARIA
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re acqua fresca in due bottiglie d’argento. Nel suo Memoriale annota: “La mia dittatura era indispensabile, ne è prova il fatto che mi venne sempre offerto maggior potere che io non volessi...”. E poi: “Non si tratta, governando, di seguire una teoria più o meno buona, ma di costruire con i materiali dati; bisogna sapere adattarsi alle circostanze sapendole sfruttare”. Insomma, un grande, di cui parlano, oltre che Manzoni e Foscolo, anche Stendhal, Heine, Byron e molti altri. La sua grandezza non è messa in discussione e se pure da angolazioni diverse, tutti gli riconoscono una chiaroveggenza, una lungimiranza, una intelligenza geniali. L’“avventura” napoleonica ha trasformato tutto un quadro collaudato da secoli: l’Europa che Napoleone consegna al Congresso di Vienna non è più la vecchia Europa, ma un paese pronto per le lotte di indipendenza per la libertà e contro l’assolutismo. Pur avendo chiesto d’esser sepolto sulle sponde della Senna fu invece seppellito con gli onori militari a Sant’Elena, come stabilito da tempo dagli Inglesi. Solamente il 29 novembre 1840 la salma tornò in Francia, dove il 15 dicembre ebbe luogo il funerale solenne alla presenza del re, dei generali e del popolo. Quando lo riesumarono, il 15 ottobre 1840, il corpo era quasi intatto. La sua tomba (un sarcofago di marmo rosa) si trova oggi nella cattedrale di Sant-Luis des Invalides a Parigi. La maschera funeraria è conservata invece presso l’Accademia degli Euteleti a San Miniato (Pisa), città dove gli antenati dell’imperatore avevano risieduto.
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Cronologia 15 agosto 1769 Napoleone nasce ad Ajaccio 1793 battaglia della Maddalena a cui partecipò anche Napoleone. 1795 Napoleone mitraglia Parigi 1796 campagna d’Italia 1798 Campagna di Egitto e battaglia delle Piramidi 1798 sconfitta ad Abukir 1799 Napoleone primo console 1800 battaglia di Marengo 1802 Pace di Luneville 1802 pace di Amiens 1804 Napoleone imperatore dei francesi 1805 III coalizione. Vittorie di Ulma e Austerlitz e pace di presburgo 1805 sconfitta di Trafalgar 1806 IV coalizione. Battaglie di Jena e Auerstad, Eylau e Friedland 1807 Pace di Tilsit 1809 V Coalizione battaglia di Wagram e pace di Schombrunn 1812 campagna di Russia. 1813 battaglia di Lipsia, la sesta coalizione sconfigge Napoleone. Nel 1814 inizio congresso di Vienna 1815 Cento Giorni 18 giugno 1815 sconfitta di Waterloo 5 maggio 1821 morte all’isola di Sant’Elena
SAN MINIATO PALAZZO FORMICHINI
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Napoleone Quella che viene definita età napoleonica è un pugno di soli 20 anni, che ridisegnarono la fisionomia ideologica e politica di tutto il vecchio continente europeo. Il tessitore instancabile di questo ventennio fu il talento di Napoleone Buonaparte. Un’intelligenza straordinaria, una capacità di organizzare e mettersi in gioco per primo, un’acuta conoscenza della psiche umana («Non si può guidare un popolo se non gli si mostra un avvenire» è fra le sue massime predilette), un modernissi-
mo uso delle tecniche di comunicazione, una lungimirante capacità di premiare il merito. Grazie a queste qualità Napoleone seppe rimescolare e sostituire le regole che governavano Stati, truppe e popoli, costruendo un impero di tale potenza che poté essere abbattuto solo dagli sforzi massicci e prolungati di tutta l’Europa che alla fine ha ricevuto in eredità ideali, valori, punti di vista nuovi a cui mai più i popoli rinunceranno.
Breve cronistoria di un grande imperatore Una donna cavalca con baldanza in mezzo a uomini armati, in incipiente maternità durante la guerra tra corsi e francesi. È Letizia Ramolino, moglie di Carlo Maria Buonaparte; il bambino che aspettano è Napolione. Letizia aveva 14 anni, il marito 18. I due giovani ebbero 13 figli, 8 i sopravvissuti: Giuseppe, Lu-
PASQUALE PAOLI
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ciano, Luigi, Gerolamo, Paolina, Elisa, Carolina. “Tutti nascono anonimi come me – dirà poi di se stesso Napoleone in una anonima Ajaccio, in un anonimo 15 agosto di un anonimo 1769 – Solo dopo diventano qualcuno, se prima di ogni altra LETIZIA RAMOLINO cosa sono capaci di non deludere se stessi”. Ma in questa “anonima Ajaccio” è rimasto il suo cuore: “Potrei riconoscerla ad occhi chiusi, dal soave profumo della sua macchia”, dice della città natale. In quello stesso anno si conclude la breve parentesi della Corsica “liberata” nel 1755 dal dominio genovese ad opera di Pasquale Paoli, “U babbu di a Patria”, il quale l’aveva
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dotata di una costituzione democratica e moderna. Dopo la battaglia di Ponte Nuovo (9 maggio 1769) l’isola diventa francese. Letizia Ramolino e Carlo Maria Buonaparte, la cui famiglia era arrivata in Corsica nel 1500, da Sarzana o San Miniato, avevano condiviso il sogno di indipendenza di Pasquale Paoli. Sullo scenario internazionale sono, questi, anni di grandi mutamenti. Primo insegnante di Napoleone fu lo zio Giuseppe Flesh. Uomo di eccezionale cultura uno dei più apprezzati cardinali dell’epoca, educò il ragazzo alle buone letture, fra cui le “Vite dei grandi“ di Plutarco. Napoleone li leggeva in un nascondiglio, dove riviveva la grandezza dei Cesari. Spesso disegnava file di soldati in battaglia, suonava il tamburo, poi, con la sciabola di legno partiva alla carica. Nella sua fulminante carriera, avrebbe partecipato poi, davvero, a 635 combattimenti, di cui 51 grandi battaglie. Il 15 dicembre 1775, Carlo Maria si imbarca per la Francia con i due ragazzi, Giuseppe e Napolione. Questa decisione cambierà il destino del ragazzo: il padre, infatti, che aveva fatto ricercare radici nobiliari della famiglia, mandando il figlio Giuseppe a scartabellare archivi a San Miniato, improvvisò origini aristo-
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SARZANA
cratiche, iscrisse Napolione alla scuola dei nobili e gli cambiò anche: Napolione divenne Napoleone, il cognome rimase “Buonaparte”. Più tardi sarebbe diventato Bonaparte. Entra nella scuola militare di Brienne dove rimarrà 5 anni. È di carattere chiuso, conosce poco il francese, non ha denari, i compagni lo snobbano. Lui studia e studia e il ragazzo che nessuno ha mai visto ridere, scopre Rousseau, impara a memoria Racine, Corneille, Voltaire. Durante una visita, disse alla madre: “Soffro per lo studio, la mia natura mi vieta di essere al di sotto del primo della classe.” Celebre il dialogo con un maestro che gli chiese: “Chi credete di essere voi signore per rispondere così?” E Napoleone rispose: “Un uomo”. A 16 anni, per la sua predisposizione al comando, nominato sottotenente, lascia Brienne e frequenta a Parigi la Scuola militare del Campo di Marte. Prende servizio a Valenza, una piccola guarnigione di provincia. Nel 1786 torna in Corsica. Ribelle e rivoluzionario di indole, il suo sogno fu una Corsica indipendente, come quella voluta da Pasquale Paoli.
SCUOLA MILITARE DI BRIENNE
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Rivoluzione Francese e prime prove di Napoleone: La battaglia della Maddalena. Napoleone Generale
PRESA DELLA BASTIGLIA
Il 14 luglio 1789, a Parigi, con la presa della Bastiglia esplode la Rivoluzione francese. I rivoluzionari piantarono il primo albero della libertà, un lungo bastone con in cima il rosso berretto frigio (appuntito, poi simbolo della rivoluzione) e accanto posero un cartello “Ici l’on danse”, qui si balla. L’Assemblea Nazionale Costituente approvò la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” fondata sui tre principi di “libertà, uguaglianza e fraternità”. Nel 1791 Napoleone lascia la Corsica, raggiunge la sua guarnigione, riceve i gradi di tenente di battaglione e viene inviato a Valenza. È l’anno della fuga di Varennes del re e della sua famiglia, poi riportati a Parigi. L’Assemblea Nazionale approva la Costituzione, la Francia diviene monarchia costituzionale. Nasce il primo “Parlamento”. L’Europa è scossa e i sovrani temono il diffondersi delle idee rivoluzionarie. Per la Francia inizia un periodo di guerre concluso solo nel 1815. Dopo la vittoria militare di Valmy contro la Prussia, la Convenzione Nazionale pose fine alla monarchia e venne proclamata la Repubblica. Il 21 gennaio 1793, re Luigi XVI fu ghigliottinato. L’esecuzione aggravò la rottura LUIGI XVI
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con l’Europa. Le potenze si riorganizzarono e dettero vita ad una nuova Alleanza, la prima coalizione antifrancese: Austria, Prussia Inghilterra Russia e Spagna. La flotta inglese conquistò Tolone, in alcune regioni francesi scop- PROCLAMAZIONE piarono rivolte antirivo- DELLA REPUBBLICA luzionarie. Il 24 febbraio 1793 alla battaglia della Maddalena, con cui la flotta francese che con l’aiuto dei Corsi tentava di occupare la Sardegna Sabauda venne sconfitta, partecipò anche Napoleone, che si scontrò con l’ammiraglio carlofortino Vittorio Porcile. Nel maggio 1793, quando l’isola di San Pietro fu occupata dalle truppe francesi, venne da essi ribattezzata “Isola della libertà”. L’occupazione francese di Carloforte iniziò il 7-1-1793 e terminò il 25-, quando la flotta spagnola intimò la resa dei Fracesi. Nel settembre 1793 Napoleone venne nominato comandante di artiglieria. Giovanissimo rompe l’assedio a Tolone, batte gli inglesi e viene promosso Generale di Brigata. A Tolone era presente il commissario della Convenzione nazionale, Barras. Napoleone, per caso, dopo aver sistemato alcuni cannoni, si trova di fronte Barras che dà l’ordine di spostare una batteria; Napoleone non esita ad affrontarlo: “Cittadino, voi fate il vostro mestiere e lasciatemi fare il mio. La batteria sta bene dove l’ho messa”. Barras nel suo rapporto scrisse: “Eccezionale soldato, dall’irrefrenabile attività. Ha addosso il ‘moto perpetuo’, un’agitazione fisica che comincia dalla testa e non si ferma nemmeno alle ultime estremità del corpo”.
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Il Terrore. Il 13 Vendemmiale. Il Matrimonio A Parigi per far fronte alla guerra contro l’intera Europa tutti i poteri furono affidati ad un Comitato di salute pubblica dominato da Robespierre. Venne emanata la “legge dei sospetti” che consentiva l’arresto di un individuo semplicemente attraverso la denuncia da parte di un altro cittadino. Migliaia di persone, spesso innocenti, furono ghigliottinate. Il tribunale rivoluzionario mandò a morte anche la regina Maria Antonietta. Fu, questo, il periodo del “terrore” (giugno 1793 - luglio 1794). Momento di grande cambiamento e confusione, tanto che il 9 termidoro anno II (27 luglio 1794) scattò la reazione, un colpo di stato. Robespierre fu accusato di essere diventato un tiranno e giustiziato. Fu approvata una nuova Costituzione che prevedeva un Direttorio formato da cinque persone e un parlamento diviso in due Camere. Costituzione osteggiata dai monarchici. Il Direttorio affida, dunque, la propria difesa a Barras. Si ricordò dei cannoni di Tolone e del “moto perpetuo” di quel giovane comandante e gli offrì l’incarico di domare i movimenti di Parigi. Napoleone affronterà la situazione di petto e non esiterà a dirigere sugli insorti il fuoco dei cannoni, annientando in poche ore, a suo modo, la rivolta realista, nella
giornata del 13 Vendemmiale. È il 5 ottobre 1795. La fama di questi dieci giorni di fuoco porta onori, gradi e amori. Napoleone viene festeggiato ovunque, riceve la nuova nomina come comandante del Corpo d’armata dell’interno, e ha l’occasione di conoscere la vedova del Generale BeauharMARIA ANTONIETTA nais, cioè Giuseppina Tascher de la Pagerie, nata in Martinica, della quale si innamora. Finita la rivolta, lui che per prudenza aveva ordinato alla popolazione la consegna di ogni tipo di armi, cede alla supplica della vedova e con un gesto cavalleresco gli fa restituire la spada del marito defunto. Quattro mesi dopo, il 9 marzo, Giuseppina è sua moglie. Napoleone 13 VENDEMMIALE in questo periodo cambia anche il cognome che da Buonaparte diventa BONAPARTE.
ROBESPIERRE
GIUSEPPINA TASCHER DE LA PAGERIE
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L’ingresso in Italia dell’esercito francese segna una svolta: crollano i vecchi stati assoluti e si formano le cosiddette “repubbliche giacobine” (Cispadana, Transpadana, Partenopea) e poi strutture più vaste: la Cisalpina che diverrà repubblica italiana e poi Regno d’Italia. Alcuni territori sono annessi alla Francia (Piemonte, Lazio, Toscana). Strutture statali assai più moderne nell’amministrazione, VITTORIA CONTRO nell’esercito, nelle legL’AUSTRIA gi. Si forma una classe borghese che avrà importanza notevole nella formazione della nazione Italia. La campagna d’Italia di Napoleone nasce dal bisogno del Direttorio di rafforzare il suo prestigio e di ottenere un successo militare sull’Austria. L’esercito francese in Italia, con limitati apparati, avrebbe dovuto tenere impegnate le forze del re di Sardegna e quelle austriache. Il 2 marzo 1796 Napoleone viene nominato comandante BATTAGLIA DI LODI supremo dell’Armata d’Italia. Quella in Italia era, nella strategia del Direttorio, un’offensiva secondaria; la principale doveva essere sferrata sul Reno dai generali Jourdan e Moreau, con le migliori truppe. Al giovane generale vennero messi a disposizione 38.000 soldati male armati, insofferenti alla disciplina. Al generale un compito quasi impossibile, organizzare l’esercito, tanto che Napoleone scrisse al Direttorio: “Quello che esigete da me sono miracoli, ed io non li posso fare”. Lui che era un esperto di artiglieria, non ne ha nemmeno un reparto, solo 24
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Prima Campagna d’Italia
piccoli cannoni. Lui, che ha vinto l’assedio a Tolone, non ha un solo soldato che abbia mai partecipato ad un assedio. Gli hanno dato 400 cavalli malati. Viveri per i suoi 30.000 uomini per un solo mese, a mezza razione. E 300.000 franchi per le paghe: 7 franchi per ogni soldato, sottufficiali e ufficiali compresi. Nonostante questo, Napoleone con manovre fulminee si lancia alla conquista dell’Italia e l´11 aprile arriva a Savona dove insedia, nel palazzo vescovile, il proprio quartier generale. Savona, infatti, con altre città italiane, come Livorno, è, nelle strategie napoleoniche, un cardine, in quanto sbocco marittimo nel mar Ligure. E infatti sarà proprio PIO VII Savona a diventare, nel 1805, con l´annessione della Liguria all´Impero francese, capoluogo di uno dei tre dipartimenti della regione e a Savona resterà prigioniero per tre anni papa Pio VII. Tra il 12 e il 22 aprile 1796, in 4 battaglie (Montenotte, Millesimo, Dego e Mondovì) il generale sconfigge gli austriaci e i piemontesi e costringe Vittorio Amedeo III re di Sardegna all’armistizio di Cherasco con cui il re cedeva la Savoia e Nizza alla Francia e faceva diventare il Piemonte una base militare francese. Subito dopo Napoleone si lancia alla conquista della Lombardia e a Lodi sbaraglia i nemici (10 maggio 1796), entrando, il 15, a Milano. Gli austriaci si ritirano verso il MinSAVONA cio, ma Napoleone
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li batte a Borghetto, e pone l’assedio a Mantova. Fra il 9 maggio e il 23 giugno stipula una serie di armistizi con i duchi di Parma e Modena, col Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. Il Papa che poco più tardi proverà a reagire verrà di nuovo umiliato con la pace di Tolentino e sarà costretto a cedere Avignone, Ferrara e Bologna. Le truppe francesi entrano in Toscana, nonostante essa fosse uscita dalla coalizione antifrancese da più di un anno ed occupano Livorno. Il 2 febbraio 1797 capitola anche Mantova. A marzo Napoleone riprende l’offensiva contro l’Austria e la batte sul Tagliamento e al Tarvisio. Penetra in Austria e arriva a 100 chilometri da Vienna. Il governo austriaco chiede la pace e Napoleone oltrepassando i suoi stessi poteri di comandante, firma i preliminari a Leoben (18 aprile 1797), ottenendo dall’Austria il Belgio e la Lombardia in cambio di parte del Veneto. L’Italia era il principale teatro di guerra della Francia e Napoleone il protagonista. Questo per vari motivi: la simpatia di molti intellettuali europei e di ampi settori delle classi popolari; la speranza in una Francia contro la tirannia che avrebbe appoggiato tutti i popoli nella stessa lotta. In Italia la simpatia per la Francia rivoluzionaria era alimentata anche dal malessere sociale dei ceti popolari: i francesi come liberatori. Napoleone dimostrò di saper usare la stampa che esaltava in tutta Europa le sue imprese e contribuiva a creare il mito della sua persona: anticipava i piani del nemico, condivideva le fatiche dei suoi soldati, era capace di prendere decisioni fulminee e azzardate. La vittoria sugli austriaci a Lodi apre le porte della Lombardia. Queste prime vittorie non sono che scontri di poca importanza. Ma Napoleone li trasforma in “epiche battaglie”, in “eventi storici”. Viene accolto con manifestazioni di giubilo a Pavia e a Brescia. Si sposta da un luogo all’altro come un fulmine (così lo descriverà Manzoni nel suo 5 Maggio: “Di quel securo il fulmine
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tenea dietro al baleno”), cavalcando per ore e ore, coprendo lunghe distanze. Napoleone esorta gli italiani alle armi, alla concordia interna, all’unione, all’abolizione ALESSANDRO delle discordie fra i partiMANZONI ti. Indica una vita nuova, che sembrò, allora, una speranza. Tutto il vecchio appariva ridicolo, con questo giovane che non era un re, non era un vescovo, non era un principe e da come si comportava non era nemmeno un vecchio generale. Eppure trascinava le folle. Nelle sue Memorie, da Sant’Elena, si legge: “... Dopo il mio passaggio, l’Italia non era più la stessa nazione”. In effetti l’Italia, ebbe un nuovo assetto: nascono la repubblica Cispadana (che combattè a fianco dei francesi con un nuovo tricolore che sarà poi la bandiera nazionale italiana), la repubblica Ligure, la Veneta. I patrioti erano entusiasti, fino alla delusione, al trattato di Campoformio, (1797), con Venezia ceduta all’Austria in cambio del Belgio. Delusione cocente anche se, vi fu una sorta di compenso, con la formazione di una nuova e più vasta Repubblica Cisalpina: la Lombardia, Valtellina e tutti i territori già facenti parte della Cispadana. La pace di Campoformio non chiuse le guerre rivoluzionarie. Il governo francese continuò nella sua politica espansionistica: nel gennaio del 1798, la Francia invase la Svizzera e la trasformò in Republbica Elvetica e nel febbraio occupò Roma e proclamò la repubblica Romana, mentre il Papa si rifugiava in Toscana.
PACE DI CAMPOFORMIO
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La spedizione in Egitto e la seconda coalizione
CAMPAGNA D’EGITTO
Napoleone rientra a Parigi con il suo esercito di eroi e con i molti tesori artistici presi in Italia come “legittimo” indennizzo, compresi i Cavalli di San Marco, le monumentali biblioteche, 25.000 quadri. Ormai i nemici erano stati debellati, eccetto la Gran Bretagna. Ed è in questo momento che lo stesso Generale propone al Direttorio una missione in Egitto per colpire gli enormi interessi degli inglesi. Il Direttorio accetta questo piano rischioso, anche per allontanare dalla Francia Napoleone diventato politicamente pericoloso per il prestigio acquisito. Buonaparte salpa da Tolone (maggio 1798) con una squadra navale e un corpo di spedizione. La flotta comincia con l’impossessarsi dell’isola di Malta, abbattendo il governo dei Cavalieri di San Giovanni. Obiettivo: farne punto strategico. Da Malta, sfuggendo alle navi inglesi, Napoleone sbarca di notte in Egitto ed espugna Alessandria e “libera” l’Egitto, allora soggetISOLA DI MALTA to alla Turchia, con la famosa battaglia delle Piramidi. Siamo nel 1798. Gli inglesi contrattaccano per mare e il generale Horatio Nelson sconfigge i francesi nella battaglia di Abukir. Napoleone rimane bloccato in Egitto. Ma contro la Francia
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e le sue mire espansionistiche, si crea nel 1798 la II Coalizione europea: Inghilterra, Turchia, Austria, Regno di Napoli e Russia. In Italia, un piccolo esercito francese comandato dal generale Championnet riesce a battere il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, occupa Napoli, mentre i giacobini proclamano la repubblica Partenopea. Il re BATTAGLIA DI Ferdinando si rifugia in ABUKIR Sicilia. Napoleone, ancora in Egitto, stava promuovendovi attività di canalizzazione, di piantagioni di cotone e di scavi archeologici che portarono alla luce la civiltà dei faraoni. Ma sul piano militare, il generale non riesce a battere il nemico. Nel frattempo il Direttorio proseguiva la sua irruenta avventura contro le monarchie europee, fondando repubbliche. Il Piemonte era annesso alla Francia e a Carlo Amedeo IV, cacciato dal trono, restava solo la Sardegna. Nel 1799 viene occupata anche la Toscana, mentre il Granduca Ferdinando III si rifugiava in Austria. Papa Pio VI fatto prigioniero fu condotto in Francia dove morì poco dopo. Quindi tutta l’Italia, eccetto la Sicilia, la Sardegna e il Veneto, era nelle mani dei Francesi.
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La reazione del 1799 bande armate che sobilNel marzo del 1799 l’Aularono le masse nel nome stria, aiutata dalla Rusdella Santa fede, da cui il sia, riprese le ostilità e nome di sanfedisti. I recomincia l’attacco dalla pubblicani, che avevano Lombardia. La Francia fu un esercito minuscolo, fusconfitta nella battaglia rono battuti e Ruffo prese di Cassano d’Adda prima Napoli. Il cardinale dette e del Trebbia poi, mentre il via a una riconcilazione dappertutto si scatenafra reazionari e repubbliva una violenta reazione CARDINAL RUFFO cani. Ma il re Ferdinando contro i repubblicani. Le IV, sostenuto dall’Inghilmasse contadine insorterra (era sopraggiunta la flotta inglese sero contro i governi delle repubbliche, di Nelson) non volle rispettare i patti e spinti dal clero e osteggiati dalla borghefece giustiziare tutti i patrioti repubblisia e dalla nobiltà. La reazione del 1799 cani: il giurista Mario Pagano, lo scrittoha aspetti molto violenti nella repubblica re Vincenzo Russo, il medico Domenico napoletana la cui fine fu davvero tragica. Cirillo, la scrittrice Eleonora Fonseca Infatti Ferdinando IV inviò dalla Sicilia il Pimentel, l’ammiraglio Francesco Caraccardinal Ruffo a fomentare la rivolta. Il ciolo. cardinale usò avventurieri e briganti e
Il colpo di Stato del 18 Brumaio e il consolato di Napoleone Le sconfitte della primavera del 1799, aggravarono la già complicata crisi interna andata avanti con una serie di colpi di stato. Ormai c’era un malcontento generale verso il Direttorio e lo strapotere dei militari. Nel 1799 una brillante vittoria del generale Massena a Zurigo contro il generale russo Suvarov, salvava la Francia. Poco dopo lo zar decideva di uscire dalla guerra. Ma la situazione interna non migliorava. Buonaparte, ancora in Egitto, decise che era il momento opportuno per prendere il potere. Lascia il comando al generale Kleber e sbarca a Frejuis in Provenza. Da questo momento, con l’aiuto di alcuni membri del Direttorio, inizia a preparare il colpo di stato, grazie all’appoggio della borghesia, dell’esercito e della polizia. Il 18 brumaio 1799 fu imposta una nuova
forma di governo, il consolato. L’intervento dell’esercito costringe i consigli degli anziani e dei cinquecento a cedere i pieni poteri a tre consoli: Bonaparte, Sieyés e Ducos. Il consolato era di tre membri, ma di fatto il potere era detenuto dal primo console: Napoleone, che ebbe poteri dittatoriali. Rafforzato il potere interno, anche con l’emanazione della Costituzione dell’anno VIII, il primo console poteva adesso riprendere lo scontro con l’Austria.
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La seconda campagna d’Italia: la repubblica Italiana e il regno d’Etruria
BATTAGLIA DI MARENGO
Napoleone decide di muovere contro l’Austria, scendendo in Italia, mentre un’altra armata al comando di Moreau avanza verso la Germania. Il primo console attraversa il Gran San Bernardo, penetra in Piemonte e invece di puntare su Genova dove si trovava il generale Massena, assediato dagli austriaci, si dirige a Milano che occupa di sorpresa. Genova capitola, ma l’armata austriaca resta spaccata in due. Così, nel 1800 gli austriaci vengono sconfitti a Marengo. Gli austriaci si ritirano ad est del Mincio e nasce la repubblica CisalGENERALE MOREAU pina. Dopo pochi mesi di tregua, la guerra riprende e il generale Moreau batte l’Austria a Hohenlinden. L’Austria è costretta a firmare con la Francia la pace di Luneville (1801). Secondo le disposizioni siglate dagli stati, Napoleone si riprende il Belgio e dà vita a alcune repubbliche (Olanda, Svizzera), fra cui quella italiana. Per sistemare la Cisalpina, che comprendeva la Lombardia e la Romagna,
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convoca a Lione una assemblea che lo elesse subito presidente della Cisalpina e Napoleone la volle chiamare Repubblica italiana, per illudere i patrioti che questo sarebbe stato il primo passo verso l’unità. Nominò vicepresidente il conte Francesco Melzi, abilissimo statista. Il Piemonte, da cui i Savoia erano fuggiti, era amministrato direttamente dalla Francia, eccetto il novarese annesso alla Cisalpina. Il ducato di Parma, amministrato direttamente dai francesi sarà annesso alla Francia nel 1803 e il Regno d’Etruria, cioè la Toscana, affidato a Ludovico I di Borbone, Duca di Parma, che era cognato del re di Spagna, del quale Napoleone voleva premiare la ferrea fedeltà. Il resto d’Italia comprendeva lo Stato Pontificio, il regno di Napoli dei Borboni e il regno di Sicilia sotto Savoia. Nel 1802, la Francia firma la pace di Amiens con l’Inghilterra. È questo un periodo di relativa pace, Napoleone è riuscito ad appagare il desiderio del popolo francese che da un lato vuole la pace e dall’altro vuole mantenere integri i territori conquistati, con le frontiere naturali del Belgio, delle Alpi e del Reno.
PACE DI AMIENS
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Le riforme del Consolato Durante il Consolato Napoleone rafforza il potere e prepara la trasformazione della dittatura in monarchia ereditaria. Interviene rigorosamente nella riforma dell’amministrazione con la divisione del territorio in dipartimenti, prefetture, sottoprefetti e sindaci. È riordinato il sistema monetario e in campo legislativo (1804) è promulgato il codice civile detto poi codice Napoleonico che sancì i principi rivoluzionari di euguaglianza e di proprietà privata. 1801, Napoleone raggiunge con la Chiesa un Concordato che riconosceva la religione cattolica come quella della maggioranza, ma allo stesso tempo stabiliva che le gerarchie ecclesiastiche fossero assoggettate a un rigoroso controllo. Furono favoriti i ceti
abbienti di cui il primo console voleva l’appoggio. Si abbandonò la scuola elementare obbligatoria e gratuita, concentrando l’attenzione sulle scuole per ricchi. Quindi, questo figlio della rivoluzione che aveva diffuso prinIL CONSOLATO cipi di democrazia, E L’IMPERO sconvolge gli ideali originari e da generale liberale diventa despota.
Dal Consolato all’Impero Grazie ad un plebiscito sapientemente organizzato, Napoleone divenne console a vita nel 1802 e nel 1804 modificò la Costituzione stabilendo l’ereditarietà del titolo. E infine facendo leva sulla paura di cospirazioni e anche sul fatto che nel frattempo si era riaccesa la guerra con l’Inghilterra, sostenne che bisognava rafforzare il regime. Nel 1804 diventa imperatore col nome di Napoleone I: lo decretarono le due assemblee rappresentative dello stato, il Tribunato e il Senato, decisione avallata da un plebiscito popolare e lo stesso Papa Pio VII nella cattedrale di Notre Dame ne sancì l’autorità imperiale incoronandolo. Per la verità si narra che fu lui stesso a prendere
la corona e a porsela sul capo, per non assoggettarsi all’autorità pontificia (2 dicembre 1804). Per distinguere, però il suo ruolo imperiale da quello dei vecchi monarchi, volle essere chiamato “imperatore dei Francesi” e non di Francia, come i sovrani dell’ancien régime. Poco dopo anche la Repubblica italiana fu trasformata in Regno d’Italia. Napoleone, nel maggio del 1805 a Milano, cinse la corona ferrea di Re d’Italia e nominò vicerè il suo figliastro Eugenio Beauharnais.
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NAPOLEON NAPOLEONE N NE E
B O N E SP R IT
L’Impero napoleonico Napoleone da imperatore, riprende fin dal 1805, la guerra con Inghilterra, Austria e Russia, alleate nella III coalizione e riesce sempre vittorioso in battaglie di terra: a Ulma e Austerlitz sbaraglia Austriaci e Russi e costringe l’Austria a firmare la pace di Presburgo. Per mare, invece, contro l’Inghilterra, non potettero vincere neppure le flotte di Francia e Spagna riunite. L’ammiraglio Nelson le sconfisse duramente a Trafalgar, pur morendo lui stesso. Vittoria che salvò l’Inghilterra. Lo stato di guerra continua nel 1806, con la IV coalizione (Prussia, Russia e Inghilterra). Napoleone continua a vincere: a Jena, a Auerstad, a Eylau e a Fridland. Lo zar di Russia, Alessandro, firma la pace di Tilsit (1807) e stregato da Napoleone, ci stringe alleanza. Siamo nel vero e proprio punto di maggior potere di Napoleone che adesso tornava a trasformare le repubbliche fondate in precedenza, in regni. Fu abolito il Sacro Romano Impero e l’imperatore Francesco II d’Asburgo assunse il nome di Francesco I Imperatore d’Austria e cedette il Veneto all’Italia. Nacquero la Confederazione del Reno e il Granducato di Varsavia. In Italia i francesi occuparono nel 1806 il regno di Napoli e vi insediarono come re Giuseppe Bonaparte, mentre i Borboni si rifugiavano GENERALE KUTUZOV in Sicilia. Altri due fratelli di Napoleone, Luigi e Girolamo, furono nominati rispettivamente re d’Olanda e re di Westfalia. Pur nel clima di guerra, appariva positivo il fatto che in ogni nuovo regno entrava in vigore il Codice civile napoleonico. Questo accadde anche nel regno d’Italia e nel regno di Napoli tolto ai Borbone e affidato a Giuseppe Bona-
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parte. Anche qui, nonostante l’arretratezza, si notano sintomi e segni di rinnovamento con l’introduzione del Codice civile, con una nuova burocrazia e un nuovo esercito. Ma la situazione rimaneva tragica per le campagne in cui diLA BATTAGLIA ventò espressione di riDI TRAFALGAR bellione il brigantaggio, una piaga secolare. Intanto l’imperatore continuava la sua guerra all’Inghilterra che non perdeva la supremazia in mare e nelle colonie. Per tentare di battere la sua nemica invincibile, Napoleone ordina un blocco continentale alla Russia, all’Austria e alla Prussia. Neppure questo servì ad avere la meglio. L’imperatore prova ad assicurarsi dei punti chiave: caccia i Borboni dalla Spagna e mette sul trono il fratello Giuseppe Bonaparte. Il regno d’Italia lo affida al cognato Gioacchino Murat. Fatto questo, che provocò un’insurrezione degli spagnoli. Gli spagnoli usavano una specie di guerriglia che Napoleone non riusciva a domare del tutto. L’imperatore caccia i Borboni anche dal regno d’Etruria e annette dunque la Toscana all’impero. Ma non gli basta, perché poco più tardi fa addirittura arrestare il Papa Pio VII e annette il Lazio alla Francia nel 1808.
GIOACCHINO MURAT
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