Parc Guinardò. Tra natura e artificio: luoghi d'eccezione a Barcellona.

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PALERMO Scuola politecinca Dipartimento di Architetura Corso di laurea in Architettura LM4_sede AG Anno accademico 2018/2019 “Parc Guinardò. Tra natura e artificio:luoghi d’eccezione a Barcellona” Tesi di laurea_Cristiana Messina Relatore Prof. Arch_Emanuele Walter Angelico Correlatore Arch_Umberto Fazio



Alla mia famiglia.


Questa architettura “Questa architettura, questo percorso è oltre l’orizzonte, la nuvola che cerca di cancellare tutto, e mai lo fa, tutto questo così ammirevole e sorprendente, è la nostra città: se la guardi, se la segui come se fosse la schiena del partner d’amore. Poi la pelle, agghiacciante e grata, rivelerà molti altri segreti, ancora, i punti più oscuri di bellezza e piacere, che non hai mai visitato e che ti stavano aspettando.”

Màrius Sampere Poemes de Màrius Sampere,2005


Aquesta arquitectura “Aquesta arquitectura, aquest camí fora la ratlla del temps, el núvol que es proposa d’esborrar-ho tot, i mai no ho fa, tot això tan admirable i sorprenent, ho té la nostra ciutat: si te la mires, si la ressegueixes com si fos l’esquena de la companya d’amors. Llavors la pell, esgarrifada i agraïda, et revelarà molts més secrets, encara, els més foscos punts de bellesa i de plaer, que mai no havies visitat i t’esperaven.”

Màrius Sampere Poemes de Màrius Sampere, 2005



INDICE Premessa

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La città di Barcellona

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Bunkers del Carmel

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Le grandi trasformazioni che modificano l’ambiente

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durante la guerra civile e le trasformazioni degli anni ‘80.

Memoria, identità e futuro.

Barcellona: le architetture verticali. Architetture a tempo determinato.

Tra funzione ed estetica

La funzione e l’estetica del progetto: Perché l’architettura effimera. Le strutture a secco.

Il parco

Opportunità del parco Guinardò Progetti di riferimento: cultura,creatività e sviluppo

Il progetto

Linee guida dei nuovi percorsi Materiali e superfici La torre

41 47 51

57 63

71 76 83

Conclusioni

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Bibliografia e sitografia

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Allegati - Tavole di progetto

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BUNKERS DEL CARMEL

Barcellona,Spagna.



PREMESSA Lo sviluppo di un progetto di architettura riguarda differenti ambiti: dalla conoscenza del sito al programma funzionale che si intende innestare. Ogni progetto, infatti, è differente proprio perchè prende in considerazione plurimi aspetti, affermandosi comunque come una sfida quando l’architetto deve fronteggiare ciò che esiste. Nel migliore dei casi l’esistente di cui stiamo parlando è la natura. Talvolta, però, determinati avvenimenti storici modificano il luogo, caratterizzandolo in altra maniera dal suo assetto iniziale. Questo cambiamento può assumere una connotazione positiva o negativa, altre volte invece determinati siti in cui è evidente l’azione dell’uomo, si prestano ad ulteriori modifiche. Territori già contaminati e ricchi di storia che aspettano con pazienza che qualcosa di nuovo possa accadere. Possiamo definire “spazi d’artificio” quei luoghi e architetture 13


d’eccezione, quei punti di incontro tra esperienze dell’arte, della cultura e dell’economia capaci di prefigurare futuri possibili sullo sfondo durevole della città(1) Nel distretto di Horta Guinardò, con un altitudine di 262 m e una vista a 360° sulla città di Barcellona, troviamo i resti della batteria antiaerea del Turò de la Rovira. Durante la guerra civile spagnola (1936 - 1939), il governo Repubblicano ha trovato il luogo ideale per la costruzione di una piattaforma antiaerea che faceva parte della difesa passiva della città di Barcellona insieme ad una vasta rete di rifugi sotterranei. Tra gli altri valori storici, la cima della collina mostra ancora oggi, i segni del fenomeno delle ‘baraccopoli’ che ha interessato differenti aeree nella città, durante l’espansione urbana(2) incontrollata tra gli anni 50-70’. Uno spazio marginale, caratterizzato dal succedersi degli avvenimenti, che nel tempo ha as14

Luca Reale, Federica Fava e Juan Lòpez Cano , Spazi d’artificio. Dialoghi sulla città temporanea, Quodlibet, Roma 2016.

(1)

(2) Oriol Bohigas, Ricostruire Barcellona, Edizione italiana EtasLibri, Roma 1992.


-sunto un valore simbolico e grazie ad interventi di risanamento è stato incluso nella totalità della coscienza della città. La sua posizione geostrategica e la forte vocazione turistica che oggi possiede, rappresenta la possibilità per l’ex batteria antiaerea di convertirsi in uno spazio, già riconosciuto per il suo valore storico, per la produzione di cultura,identità e relazioni sociali, in cui tutti i suoi aspetti possano essere valorizzati ed evidenziati. Un progetto architettonico che va oltre una risposta formale ad un programma specifico, ma in qualche modo mira, attraverso gli artifici dell’effimero, a restituire senso agli spazi esistenti presenti in più livelli temporali e spesso bloccati entro visioni superate. Il progetto si pone come elemento di interpretazione, sperimentazione di pratiche di rigenerazione e riattivazione di spazi, di comunicazione e di interazione tra gli uomini che lo 15


agiscono, producendo così processi di partecipazione attiva che potrebbero cambiare il senso comune dello spazio. E’ necessario sottolineare che si tratta di un progetto che deve essere compreso a partire da una lettura simultanea delle scale che consentono di affrontare sia l’interazione col pubblico quindi la scala umana ma soprattutto la reazione che provoca con il contesto dato, che (pur parlando di architettura temporanea) è un’azione che occupa, ridefinisce e delimita. Partendo dal Parco Guinardò, articolato con percorsi naturali tra le abitazioni e le pre-esistenze agricole, l’intervento si concentra sullo spazio centrale migliorando al tempo stesso l’accessibilità al luogo e rispondendo alle necessità collettive del presente e del futuro. Dunque, il progetto pretende di creare un dialogo tra la natura e la forte evocazione di un luogo stratificato ricco di memoria, attraverso un intervento che risulta generativo per il 16


contesto, in cui i processi socioeconomici si integrano con quelli ecologici e guardano al patrimonio, materiale e immateriale, dell’intera città .

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LA CITTÀ DI BARCELLONA

durante la guerra civile e le trasformazioni degli anni 80’

Per intendere le trasformazioni che hanno interessato la città di Barcellona ed in particolare il quartiere del Carmel sarà necessario analizzarle da un punto di vista storico-culturale. Durante la guerra civile spagnola, la città di Barcellona era molto difficile da difendere, soprattutto con le armi antiaeree del tempo. L’unica soluzione era quella di individuare dei nuclei con una posizione geografica che permettesse di creare delle piattaforme di tiro con una visione a 360° sull’intera città. Tra le sei colline presenti a Barcellona, nella parte centrale vi è una delle più alte, quella del Turo della Rovira nel quartiere del Carmel, che con la sua altura di 262 m, rappresentava il luogo ideale per la costruzione di una batteria antiaerea. Nel 1938 sulla cima della collina costruirono le tre piattaforme di tiro e, insieme ad altre basi installate in vari punti della città e ad una vasta rete di rifugi sotterranei, definirono il sistema di di difesa passiva 19


di Barcellona

.

(a)

Tra il 25 e il 26 gennaio del 1939, al momento del ritiro, l’esercito repubblicano ripose le armi lasciando, però, l’intero spazio in disuso, con i resti delle costruzioni delle batterie abbandonate. Durante il periodo del post-guerra, la mancanza di grandi aree di terreno urbanizzabile, in una città così saturata come Barcellona, in seguito alla grande onda di immigrazione degli anni 50 e a causa di una pianificazione territoriale indefinita, causò un espansione urbana incontrollata, accentuata dalle speculazioni dei privati. Questi furono fattori che scatenarono situazioni critiche, urbane e sociali come la rivolta di grandi baraccopoli (case auto-costruite) in tutta Barcellona, che contava una popolazione di circa 100.000 persone, il 7% della popolazione della città(3). I nuovi insediamenti, senza una corretta regolamentazione comunale, erano in condizioni subumane, senza alcun servizio, strade 20

(a) Andreu Besolı Martın, Los refugios antiaereos de Barcelona: pasado y presente de un patrimonio arcano, in “Revista Internacional de la Guerra Civil”, 2, Barcellona 2004.

(https://www.raco.cat/ index.php/Ebre/article/view/39921/39940) (3) Diversos autors, Barraquisme la ciutat (im)possible. Els barris de Can Valero, el Carmel i la Perona a la Barcelona del segle XX, Generalitat de Catalunya, Barcellona 2011.


pavimentate, ancora senza acqua, elettricità, fognature o raccolta di rifiuti. Possiamo dire, quindi, che l’intero sito era sprovvisto di tutti quegli elementi che nella nostra legislazione vengono codificati come opere di urbanizzazione primaria. El Carmel, e altri nuclei di Barcellona come Nou Barris o San Marti, sono il risultato, in buona parte, della miseria spagnola creata dalla guerra Civile, quando centinaia di persone lasciarono il mondo rurale, o altre regioni come l’Andalusia, per cercare un futuro nelle grandi città. Quando nel 1953, venne redatto Il piano urbano chiamato “Plan Comarcal” uno dei suoi punti principali era quello di mantenere la varietà delle caratteristiche di ogni quartiere. Tra le varie azioni urbane comprese nel piano, vi era anche la creazione del Parco dei “Tres Turons”, ma fino alla sua approvazione, nel 1967, le situazioni 21


nel quartiere el Carmel e in altre aree della città erano caratterizzate da un vuoto urbano, parlando in termini di pianificazione. In particolare el Carmel, fu uno dei quartieri più svantaggiati: per la sua difficile topografia, per il suo isolamento dovuto alla mancanza di comunicazioni con il resto della città, per la sua rigidità sociale e funzionale e per la mancanza di una città vecchia consolidata che agisse da motore economico per favorire lo scambio socio-culturale necessario in quel momento storico così difficile. Le associazioni popolari furono fondamentali per migliorare le condizioni dei quartieri e ricostruire quel senso di appartenenza, forse mai esistito e che, proprio in quegli anni, nasceva in contrapposizione alla politica del regime Franchista. Uno degli autori di riferimento per comprendere l’intenzionalità delle trasformazioni urbane nella Barcellona degli anni Ottanta è l’architetto e urbanista Oriol Bohigas, che con la vittoria del 22


Partito Socialista Catalano, mirava a risanare una città deturpata dagli eventi storici e da scelte politiche che ne avevano negato lo sviluppo. Così nel 1990 quando le ultime baracche furono demolite, ripartirono da interventi puntuali, che miravano a risolvere problemi relativi alle emergenze come il traffico e l’insufficiente spazio riservato ai pedoni, fino ad arrivare ad una rigenerazione urbana molto più ampia(4). Due tipi di azioni erano fondamentali per Bohigas: la rivalutazione del centro storico, finora incustodito da enti pubblici e molto degradato, e la monumentalizzazione della periferia che avrebbe riequilibrato l’intera città di Barcellona.

Emma Serra, Bohigas:le piazze di Barcellona, Sagep Editrice, Genova 1987.

(4)

Dunque grazie all’arrivo della democrazia fu messo in atto un modello di partecipazione attiva per il miglioramento delle condizioni di vita dell’utente più immediato, ottenendo cambiamenti significativi sia a livello urbano che sociale. 23


Il programma condusse la città a candidarsi per ospitare le Olimpiadi del 1992, la cui importanza è evidente ancora oggi per il nuovo volto che la riqualificazione urbana riuscì a dare alla città. L’evento rappresentò, nel momento in cui Barcellona vinse la candidatura, la possibilità di estendere il modello urbano ad una scala maggiore e arrivare ad aprirsi finalmente al mare(5).

(5) Chiara Mazzoleni, La costruzione dello spazio urbano:l’esperienza di Barcellona, FrancoAngeli editrice, Milano 2009.

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BUNKERS DEL CARMEL Memoria, identità e futuro

Le condizioni dinamiche del paesaggio, i tempi di modellazione della stratigrafia e le persone che oggi lo abitano ci permettono di ricostruire un quadro sociale della memoria di questo luogo. Parallelamente ai processi di urbanizzazione e al consolidamento della tipologia abitativa negli anni 50, il movimento migratorio, dovuto probabilmente anche all’evoluzione industriale di Barcellona,ha creato una grande domanda di alloggi che porterà, come detto in precedenza, alla comparsa di diverse forme di alloggi marginali e alla diffusione delle baraccopoli in aeree poco adatte all’urbanizzazione convenzionale. L’abbandono delle strutture che caratterizzavano la base antiaerea fu un ottimo pretesto per l’insediamento di case auto-costruite, di bassa qualità costruttiva e con una superficie molto piccola, che occupava per la maggior parte dei casi, terreni con pendii molto pronunciati, in cambio, ovviamente, di un prezzo molto economico. 27


«Nella memoria il passato non è mai accessibile in modo diretto e non è mai conservato in modo definito, e nessuna memoria, dunque, può essere considerata fedele al vissuto, ma rimane solo ciò che in ogni epoca, la società, lavorando sulle sue strutture attuali, è in grado di ricostruire». M. Halbwachs, La memoria collettiva.

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In cima alla collina del Turo de la Rovira, vi erano “Los Cañones” con ben 110 baracche elevate proprio sui resti della costruzione della batteria. La crescita spontanea di queste urbanizzazioni marginali e la mancanza di un coinvolgimento del comune, durante l’epoca di Franco, ha causato la persistenza di questi problemi e anzi, ha potenziato la natura ‘marginale’ di questi quartieri(6). Dalla metà degli anni 80’ ad oggi, diversi sono stati i progetti che senza dubbio hanno migliorato la qualità della vita degli abitanti del Carmel. Seguendo le dinamiche urbane comuni a Barcellona, furono ampliate le attrezzature, le aree verdi, i parcheggi, le strade, le piazze e l’accessibilità interna è stata favorita grazie all’installazione di ascensori e scale mobili.

(6) Ferran Sagarra,El Carmel, after the city, Editions ESAB, Barcellona 2010.

Fu definito come un ‘quartiere difficile, di difficile pianificazione urbana’ i cui interventi pubblici, sopra citati, furono dieci volte più costosi rispetto 29


a l’Eixample di Cerdà. La storia del Carmel non può essere compresa senza menzionare anche le ultime vicende che lo hanno coinvolto. Dal 2005 al 2011 sono state generate azioni rilevanti nello spazio pubblico, che hanno cambiato indubbiamente anche il comportamento civico degli abitanti. Il primo importante intervento, fu quello dell’estensione della linea 5 della metro e quindi la creazione della stazione metro del Carmel. Ciò ha costretto il Consiglio comunale di Barcellona a realizzare le opere di urbanizzazione dell’intero quartiere per cercare di creare soprattutto, una connessione diretta con il nucleo della città. Ma a causa di una mancanza di studi geologici approfonditi e di modifiche in corso d’opera, il 25 Gennaio del 2005 vi fu un crollo improvviso del terreno nel punto in cui stavano attuando lo scavo, necessario per creare la galleria. Questo avvenimento non causò vittime ma generò la chiusura di molte attività commerciali e lo 30


sradicamento di 12 famiglie, che furono costrette ad abbandonare le proprie case. Data l’urgenza della situazione, venne elaborato un studio pro-attivo, all’interno del Piano generale metropolitano, per l’intervento urbanistico del quartiere e dell’intero distretto di Horta Guinardò che fu dichiarato come ‘area di riabilitazione integrale’. La costruzione delle piattaforme per i cannoni, l’erosione della collina, le installazioni di antenne e successivamente il fenomeno delle baraccopoli, dalla metà del 20° secolo, ha caratterizzato questo luogo come un’area brutale ma di grande interesse. Allo stesso tempo è un quartiere che, probabilmente per la sua geografia e orografia, è sempre stato lontano da Barcellona, sia fisicamente che culturalmente, conservandone però una matrice comune(7). Lluís Bou Roura, El Carmel ignorat. Història d’un barri impossible, Gimeno, Barcellona 2007.

(7)

Dunque, gli interventi effettuati fino ad oggi in che modo hanno cambiato le coscienze dei suoi abitanti? 31


Possiamo considerare gli interventi delle grandi infrastrutture sufficienti a diminuire le distanze con il nucleo centrale della città? “Comunicare la città oggi significa anche imparare a leggerla in movimento”, cioè imparare a interpretare le forme in evoluzione della città contemporanea non aspettando che si fermino per fotografarle, ma raccontando la struttura di relazioni esistenti tra quadri ambientali, matrici territoriali, forme sociali e forme insediative(b). La sfida del progetto sta proprio nel saper cogliere queste relazioni, che si sono evolute nel tempo e nello spazio, e nel progettare nuovi scenari tenendo conto delle necessità degli uomini che oggi lo vivono e lo attraversano e del grande potenziale che questo luogo possiede. M.Carta, la città che comunica, in “Creativicity”,3,2006. (b)

(http://www1.unipa.it/ maurizio.carta/creativicity/tre/creativicity_03.html)

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LE GRANDI TRASFORMAZIONI CHE MODIFICANO L’AMBIENTE

Barcellona e le architetture verticali L’occasione dei Giochi Olimpici portò Barcellona a mettere in atto nuove strategie relative soprattutto a un cambiamento di scala, di localizzazione e di contenuto dei nuovi centri. Con l’applicazione del modello a scala urbana si stava andando a definire il nuovo ruolo di centralità nel panorama europeo. La grande occasione fu quella di candidare la città per le Olimpiadi, non solo per dare una nuova immagine a Barcellona, ma soprattutto per migliorare la città che i cittadini avrebbero ereditato e vissuto a conclusione dell’evento.

Chiara Ingrosso, Barcellona:architettura, città, società 1975-2015, Edizione Skira, Bologna 2015.

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Le basi per Barcellona ‘92 vengono predisposte a partire dal 1987, dopo un periodo in cui il miglioramento urbano di spazi puntuali, strade e piazze di piccole e medie dimensioni, aveva dimostrato che la città è effettivamente un oggetto recuperabile in grado di rispondere alle necessità di riqualificazione della forma e della vita urbana(8). Il programma di riqualificazione 35


in vista delle Olimpiadi, aveva come obiettivo quello di definire nuove aree di centralità per ottenere una ridistribuzione dei servizi, per offrire la possibilità di sviluppo di attività commerciali e per dare valore allo spazio pubblico, come ad esempio la trasformazione del porto. Tra le altre aree di sviluppo vi erano: il quartiere Poblenou, destinato alla villa Olimpica; Il litorale e le arterie che definivano la circolazione nei punti cruciali della città; e infine lo sviluppo delle zone interne: Montjuic, Valle de Hebròn, Diagonal e Glories. Con il progetto della Diagonal, iniziarono a sorgere i primi grattacieli sul lungomare orientale della città, tipologia del tutto nuova, all’epoca, per la Barcellona marittima(9). L’ubicazione del Forum delle Culture 2004, futuro centro metropolitano, era destinata in un area in cui erano concentrati i maggiori impianti infrastrutturali della città, tra cui il depuratore, l’inceneritore e la centrale elettrica. Secondo Bohigas questa decisio36

Manuel de Solà-Morales, Diez lecciones sobre Barcelona,Coac, Barcelona 2008

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-ne poteva costituire la migliore lezione di urbanistica offerta da Barcellona nella sua seconda tappa di ricostruzione, generando una periferia originale nei suoi caratteri più tipici, rappresentati proprio dalle grandi infrastrutture metropolitane. Dunque, a differenza del primo modello di riqualificazione urbana, che lavorava per parti e andava ad intervenire in modo puntuale sul tessuto urbano, il progetto a maxi-scala del Forum definì una nuova modalità compositiva e funzionale più adatta alle caratteristiche del nuovo territorio. Se la definizione di landmark ci sembra troppo recente, dobbiamo comunque considerare la capacità espressiva di determinate architetture che, in un contesto come quello degli anni ‘80, venivano impresse nel profilo altimetrico della città. E’ ancora troppo presto per parlare di architettura autoreferenziale, ma indubbiamente sdoganare le ultime regole imposte da Antoni Gaudì circa l’altezza 37


degli edifici, fu un passo fondamentale per il battesimo delle architetture iconiche. Per esempio le nuove infrastrutture di telecomunicazione a Barcellona hanno risposto a specifici interventi urbani a grande scala, gli stessi che sono stati espressamente promossi dai Giochi Olimpici, più una connotata monumentalità per la loro altezza. Nel 1986, Norman Foster costruì quella che fu definita “la prima torre di comunicazione della seconda generazione”, con un diametro di soli 4,5 metri e con un ingegnoso sistema strutturale che si sviluppa per 288 metri di altezza, riuscì a risolvere, con un’unica torre, le problematiche delle numerose antenne esistenti. Quest’intervento di notevole rilevanza urbana diede alla città un aspetto all’avanguardia in ambito di concezioni urbane e tecnologiche. Un altro intervento della stessa scala fu la torre per le telecomunicazioni, dell’architetto 38


Calatrava, installata nel cuore dell’anello olimpico della collina del Montjuic. La forma dinamica che caratterizza l’architettura di Calatrava è pienamente espressa nella torre, con un altura di 136 metri e un inclinazione che rimanda alla silhouette di uno sportivo che regge la fiamma olimpica. Nonostante fosse evidente l’intento di voler investire in valori soggettivi e di rappresentazione, le due antenne oltre a svolgere la loro funzione primaria di trasmissione, divennero, in occasione dei giochi olimpici, parte dell’immaginario urbano, in una città in cui non mancavano già esempi di strutture rappresentative.

“Barcelona se abre al Mediterráneo” La Vanguardia, 15 Marzo 1991.

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Sul litorale della Villa Olimpica, le due torri Mapfre e l’Hotel Arts, nel 1990, definirono un’altra area della città e “formarono simbolicamente un insieme che si unisce allo sguardo di chi le contempla con la Sagrada Familia alle loro spalle. E se la Sagrada Familia è la Barcellona del ventesimo secolo, le torri sono la Barcellona del XXI”(10). 39


Difficile definire un modello o un modulo, che possa funzionare globalmente in ogni contesto, ma è pur vero che il fenomeno della globalizzazione ha positivamente posto degli obiettivi che ogni città deve o dovrà raggiungere per garantire una migliore qualità della vita; al contempo esistono molteplici elementi di qualsiasi natura che, senza essere vincolanti, risultano essere uno stimolo e una peculiarità da difendere per produrre diversi modi di costruire o ricostruire una città.

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Architetture a tempo determinato Giocando con le atmosfere,il progetto a tempo determinato, trova nell’esperienza la possibilità di sedimentare spazialità particolari attraverso cui superare l’appiattimento di forme e contesti e allo stesso tempo di imprimere nelle geografie della memoria la propria immagine duratura. Il carattere effimero di un progetto si pone come un punto di partenza, uno strumento dinamico che mira a ricostruire un dialogo con il naturale ordine delle cose, includendo, nel suo continuo mutare, la dimensione umana. Prendendo in considerazione il tempo come modalità e misura del ciclo di vita dell’architettura è importante collocarlo nell’esperienza della contemporaneità. Viviamo in tempi compresenti perché la velocità con cui affrontiamo la realtà spesso è caratterizzata da un un’intrecciarsi di eventi e relazioni quantitativamente e qualitativamente differenziate e molteplici. L’architettura temporanea, sem41


ÂŤOssessionati dalla purezza e dalla permanenza, dobbiamo imparare a deperire. Imparare a vedere la continuitĂ nel flusso, le traiettorie e gli svelamenti progressivi. Queste tracce ci danno nel presente un presa sul passato e sul futuro, impossibile per le cose immobili e non misteÂť. Kevin Lynch, Deperire.

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-pre più frequentemente, è andata sovrapponendosi all’architettura “pura” che lasciava una traccia fisica nel tempo. Ma l’idea di lasciare un segno potrebbe non riguardare la fisicità, piuttosto, quel cambiamento culturale che,attraverso l’esperienza collettiva, riesce a dare un nuovo senso comune allo spazio. Esistono anche, architetture nate per essere transitorie, poi consegnate all’“eternità” come per il caso eclatante della tour Eiffel, divenuta simbolo di Parigi, oppure distrutte e poi ricostruite integralmente e definitivamente, come il padiglione di Mies van der Rohe a Barcellona nel 1983.

Luca Reale, L’architettura e il gioco dei tempi in Spazi d’artificio. Dialoghi sulla città contemporanea,Quodlibet, Roma 2016.

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E infine opere di architettura realizzate nel frattempo, frutto di operazioni spontanee, a volte persino illegali, ma in grado di accendere la luce (o perlomeno sollevare dubbi) su spazi destinati ad un più o meno prolungato periodo di sospensione(11). L’idea che il territorio, le architetture, gli spazi urbani 43


possano essere letti oggi, come appartenenti a diversi “cicli di vita” fa riflettere su quell’aspirazione alla definitività dell’opera. Sembra quasi impossibile da stabilire a priori,la durata che un opera debba avere, in quanto nella realtà lavora nel tempo e a stretto contatto con i suoi accadimenti: il variare delle esigenze di vita, delle forme estetiche, delle varie funzionalità, il decadimento dei materiali, e cosi via. Per questi motivi, facendo un esplicito riferimento al tempo ciclico dell’architettura, il mio obiettivo è quello di integrare la dimensione tempo all’interno del progetto e cioè pensare a quell’architettura in termini di uso, riuso, disuso e rifiuto. Un esempio progettuale che fa pensare ad una compresenza simultanea di tutte le strutture storiche passate, è il padiglione della Serpentine Gallery progettato da Herzog & de Meuron insieme a Ai Weiwei nel 2012. Pur essendo un’opera temporanea, 44


Disegni del “Serpentine Gallery Pavillon”

(c)

Herzog & de Meuron, Ai Weiwei, Serpentine Gallery Pavilion, 2012.

(c)

(https://www.herzogdemeuron.com/index/ projects/complete-works/376-400/400-serpentine-gallery-pavilion/ image.html) (12) Il tempo sta in noi e non fuori dalla nostra esperienza e questa percezione è variabile e mutante per renderci adattivi ad esso, su questo tema e sulla natura del tempo in generale cfr. C. Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, Milano 2014.

riesce a racchiudere in se, l’idea del “tornare indietro”. Adottando un approccio archeologico, gli architetti hanno creato un progetto che ispirerà i visitatori a guardare sotto la superficie del parco per scoprire le stratificazioni passate attraverso l’incorporazione di sostegni verticali appartenenti ai padiglioni precedenti, ponendosi allo stesso tempo, come dispositivo di riflessione del cielo di Londra attraverso un piano d’acqua soprastante che fluttua sul prato del parco(c). Il senso dell’opera rimanda alla sua componente temporale, poiché anche se effimera, implica necessariamente una durata e lascia sempre una traccia, in questo caso la sovrapposizione replica anche le tracce del passato. Progettare con il tempo significa dunque, tenere insieme le molteplicità delle sfaccettature descritte ricordando soprattutto il suo essere misura variabile e illusoria della vita, variabile dipendente della cultura che lo usa e gli da forma, e dello spazio che con esso si mescola quando qualcosa si muove(12). 45


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TRA FUNZIONE ED ESTETICA

La funzione e l’estetica del progetto: Perché l’architettura effimera La linguistica per antonomasia è il modello scientifico al quale facciamo riferimento quando parliamo del linguaggio e delle sue strutture. E’ necessario, però, considerare altri sistemi fatti di segni e forme, caratteristiche tanto peculiari da poter essere autonome dal linguaggio parlato. L’architettura, benché la faida tra arte e scienza sia ricca di appunti e riflessioni, è indiscutibilmente un mezzo di comunicazione, certamente visiva, che codifica una categoria. Inoltre, essa è l’insieme di molti altri fattori sociologici e culturali, che fanno parte di ogni singola fase della sua evoluzione: dalla fase iniziale di studio alla vera e propria realizzazione. Quando parliamo di funzione oogi, non possiamo far altro che considerare anche altri fattori, primo tra tutti la cultura di massa, vale a dire generata secondo le norme della fabbricazione di massa industriale, con i suoi più vistosi caratteri tecnologici e consumistici. 47


Possiamo considerare l’assioma di Le Corbusier, per cui l’architettura era per l’uomo e a misura d’uomo, valido tutt’oggi ma è necessario cambiare la scala di applicazione. L’architettura è per la massa e in funzione della misura della massa. Cosa vuol dire? Prendendo in considerazione il più banale tra i motivi per cui le grandi città attirano sempre più un crescente numero di cittadini, la bellezza si pone in cima alla piramide delle funzioni. Una bella città, nell’ideale comune, va di pari passo con la sua funzionalità. Considerando poi che il bello è opinabile, riduciamo il binomio ancora di più per cui potremmo anche dire che la funzionalità di una città è parte della sua bellezza. La dimensione estetica di un’opera architettonica ha a che fare con un’esperienza emotiva e sensibile dello spazio, quale elemento del nostro abitare sulla terra. L’architettura, al pari di qualsiasi attività progettuale, si basa infatti sulla soddisfacente 48


riconciliazione tra intuizione e razionalità. Un edificio deve essere allo stesso tempo poema e macchina, ma pochi progetti raggiungono questo felice equilibrio. I progetti legati alla sfera sensitiva spesso non dispongono di una valida tecnica strutturale o non riescono a soddisfare completamente i requisiti operativi; e quelli che rispondono con successo alle necessità pratiche spesso non riescono a generare alcuna carica emotiva. Per raggiungere un equilibrio tra senso e sensibilità sono fondamentali due rapporti: quello tra edificio e sito e quella tra entrambi e la natura. Esiste, però, una categoria di mezzo che unisce entrambi i rapporti, cambiandone il periodo di permanenza, ovvero l’architettura temporanea. Oggi, nei processi di determinazione delle esigenze della realtà, abbiamo la possibilità di indagare e ricercare nell’effimero quel linguaggio che trova la sua condizione di affermazione e 49


persistenza. Sottolineando che l’architettura effimera non si oppone a quella permanente, possiamo considerare il suo compito necessario ad alimentare e rinnovare luoghi e spazi della quotidianità. Le opportunità di innovazione delle norme e delle procedure inoltre, regolate dalle pratiche temporanee, dimostrano che è possibile creare degli spazi in cui plurime funzioni convivano tra loro. L’architettura effimera ci permette di visualizzare con immediatezza gli effetti diretti in quanto forme e volumi funzionali, riflettendo sulla materialità e sull’esperienza spaziale intrinsecamente connesse tra di loro. Molte di queste pratiche sono già state pensate e sviluppate in alcuni paesi in cui strumenti quali l’immaginazione, l’espressione e la visione, sono stati fondamentali per risolvere conflitti e ambiguità al fine di determinarli. 50


Le strutture a secco Nell’architettura temi come quelli del plasticismo e della libertà della creazione spaziale sono stati possibili grazie all’evolversi delle tecnologie e dei materiali che conferiscono ai manufatti aspetti differenti e innovatori. Ponendosi come alternativa efficace ed efficiente ai sistemi di costruzione tradizionali, le strutture a secco e la conseguente possibilità di montare e smontare profili modulari, collegati tramite bulloni o viti, consente di realizzare sistemi architettonici reversibili estremamente interessanti, di diversa morfologia e con elementi che possono essere facilmente ampliati e modificati nel tempo per rispondere a nuove e varie esigenze(12).

Michela Toni, Torino acciaio 1:1: un materiale per la città che si trasforma, Altralinea Edizioni, Firenze 2016.

(12)

L’impiego delle tecnologie a secco nasce nei paesi nordici europei e tali sistemi costruttivi, basati su strutture multistrato montati a secco, hanno avuto una grande importanza nell’Europa centrale. Tali interventi possono attuarsi 51


in scale di progetto differenti, coinvolgendo sia l’architettura, sia opere di inserimento urbanistico, grazie ad una serie di soluzioni tecnologiche-architettoniche volte ad un risparmio di materie prime, di energia, di tempi e di costi del progetto. L’utilizzo di semilavorati o profili in un materiale come l’acciaio, permette inoltre, la produzione e la messa in opera di telai leggeri, la cui robustezza e relativa leggerezza facilitano il trasporto e ottimizzano, attraverso il montaggio a secco, le fasi di assemblaggio e la manutenzione delle varie unità tecnologiche. In questo modo anche i rischi dovuti a fattori e condizioni ambientali tipici della costruzioni in opera vengono ridotti, grazie alle modalità prefigurate e semplificate durante lo studio. Progettare una struttura in acciaio permette di elaborare sistemi di trasparenza e permeabilità grazie allo sviluppo di tecniche in cui l’elemento metallico diventa sempre più esile, o tende ad assottigliarsi in 52


una leggera trama di elementi che reggono lastre in vetro e altri materiali trasparenti; o in cavi che mantengono in tensione velari o altri rivestimenti leggeri, facendo scomparire la massa corporea della costruzione. La possibilità della struttura di mostrarsi o di nascondersi dietro ad una pelle fa parte del gioco dell’architettura. In alcuni edifici, la struttura portante può rimanere a vista ed essere utilizzata proprio come dimostrazione del funzionamento della struttura, come nel caso del Centro Pompidou di Parigi di Renzo Piano & Rogers, in cui colonne, tiranti, cerniere ottenute con fusioni speciali, travi a traliccio, resi visibili anche ad opera conclusa, vennero prodotti in officina e montati a secco per divenire essi stessi parte dell’architettura(13).

Peter Buchanan, Renzo Piano, L’opera completa di Renzo Piano Building Workshop, Allemandi, Torino 2001. (13)

Contrariamente al caso parigino, invece, in numerosi cantieri è la fase iniziale a svelare come i diversi elementi costruttivi uniti tra di loro possano sostenere i carichi mantenendo l’e53


-quilibrio, perché una volta terminati i lavori, tutto può essere nascosto dietro ai diversi materiali che ne caratterizzano il rivestimento, mostrando magari in alcuni punti elementi che ne svelano la statica. I vantaggi di tale sistema costruttivo sono legati, oltre che a garanzie di tempi e costi di costruzione, anche ai ridotti impatti ambientali sia durante le fasi di costruzione, sia alla fine della vita utile dell’organismo edilizio, grazie all’alta percentuale di recupero dei singoli componenti assemblati meccanicamente(14). Le costruzioni stratificate a secco con telaio strutturale portante in acciaio rappresentano la soluzione costruttiva ideale per affrontare i cantieri contemporanei, sfruttando le molteplici peculiarità tra cui la leggerezza, le performance elevate, la versatilità, la resilienza, la velocità e la snellezza.

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Marco Imperadori (a cura di), “la progettazione con tecnologia stratificata a secco”, Il Sole 24 Ore, Milano 2006. (14)


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IL PARCO

Opportunità del Parco Guinardò Le colline e le trame urbane che occupano i loro pendii danno vita ad una serie di episodi urbani riconoscibili dalla città. L’interazione tra topografia, vegetazione e ambiente costruito ha permesso di identificare le sei colline della città di Barcellona come un insieme di punti di riferimento nel profilo urbano. Il parco Guinardò costituisce una delle aree verdi più antiche di Barcellona, inserito nel “Piano Jassely” del 1917 in cui vennero definiti oltre che una serie di assi di comunicazioni con i grandi parchi ( Tibidabo e Montjuic) anche la creazione di piccoli sistemi verdi che occuparono le aree delle colline ( Turo de la Peira, Guinardò, Putxet e Monterols). La formulazione di questo piano coincise con la direzione dei parchi pubblici del consiglio comunale i cui gli obiettivi riguardavano soprattutto interventi puntuali nella città, spesso caratterizzati da vuoti urbani. La proposta dell’architetto Nicolau Rubió i Tudurí si basava 57


sulla razionalizzazione delle zone verdi esistenti e su un modello di distribuzione di tipo concentrico: partendo dal centro della città le aree da destinare a verde risultavano più dense ma di dimensioni minori fino ad arrivare nelle zone più distanti in cui aumentavano le dimensioni ma anche le distanze tra i vari parchi stessi(15). Il parco che ci riguarda, inaugurato nel 1918, ha una superficie totale simile a quella del Parco Guell (15,89 Ha) e si distingue in tre diverse parti riflettendo anche le diverse epoche di realizzazione. Una prima parte urbana, situata in prossimità dell’ingresso, dal quartiere, è caratterizzata da terrazze a diversi livelli, separate tra loro da cespugli, alberi e varie piantumazione, diventando quindi una sorta di preludio allo spazio della zona verde più ampia.

Una seconda parte storica segue un’asse chiaro di composizione in relazione al fiume preesistente e si sviluppo lungo il pendio grazie ad una serie di rampe e scale, sulla 58

(15) Villoró i Martin, Guia dels espais verdes de Barcelona, Barcellona, 1984


quale sono installati dei piccoli canali dove appunto, scorre l’acqua. I terrazzamenti incorporano varie specie di alberi del Mediterraneo e piantagioni con arbusti aromatici. Infine, la parte più alta del parco è configurata come una foresta dal carattere più selvaggio, definita da piantagioni di pini e cedri che lasciano spazio ai vari percorsi pedonali che giungono fino in cima, per godere della vista panoramica sulla città(16).

(16) Corbera, J, Barcelona : El Guinardó-Can Baró : recull gràfic 1884-1980,Efadós, Barcellona, 2015.

Dopo la guerra civile e passati i primi anni di recupero postbellico iniziò un nuovo periodo di crescita caratterizzato dall’incorporazione di nuovi terreni, non edificabili, all’interno del sistema del parco. La configurazione corrente delle tre colline, Turo de la Rovira, Turo del Carmel e il Turo de la Crueta del Coll, dette “Tres Turons”, consente di rilevare alcune ambiguità con la città; perché se da un lato, queste cime sono istituite come una serie di “isole” che si distinguono visivamente sopra la trama costruita a livelli inferiori e 59


sono considerate elementi naturali indipendenti, allo stesso tempo, la presenza di costruzioni isolate e piccole frazioni di tessuti urbani anche ai più alti livelli le definiscono un insieme di “isole abitate”. Dunque la “città delle colline” viene definita in questo modo come la città stratificata in altezza, che rende dinamico il rapporto tra gli elementi naturali e quelli urbani. Tra gli elementi urbani che acquisiscono invece, una maggiore importanza, vi sono diversi tipi di collegamenti e infrastrutture che rendono fruibili gli spazi pubblici della città delle colline. Tra questi, scale e vari muri di contenimento che in alcuni casi, oltre a generare l’accessibilità pedonale in senso trasversale, creano anche degli spazi d’incontro, rendendo le aree pubbliche delle vere e proprie aree paesaggistiche grazie anche alle piantumazioni di alberi e arbusti vari(17). Tra le aree finora descritte, è importante sottolineare anche 60

Giménez, C. y Sanz, C, PASSEJADES pels barris del Districte d’Horta Guinardó. in Grup d’Estudis de la Vall d’Horta i la Muntanya Pelada, Barcellona, 2011

(17)


alcune discontinuità che si manifestano in terreni non edificati ma che in qualche modo riflettono, anche in misura diversa, l’azione umana sulla topografia e sui dintorni naturali delle colline. Infatti, in alcuni casi le modifiche “artificiali”, risultati di attività produttive ed estrattive effettuate nel secolo scorso, hanno generato una serie di paesaggi composti da ponti, scavi e aree libere che in parte rimangono oggi come lacune urbane, che come in un collage si sovrappongono all’ambiente. Percorrendo le caratteristiche e le peculiarità del Parco Guinardò è stato fondamentale integrare in tutte le sue parti un luogo che, con i suoi percorsi e spazi esistenti, necessita di dinamicità e di quella volontà di oltrepassare i limiti, fisici e culturali, per scoprire poco a poco, una nuova realtà in cima alla collina.

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Progetti di riferimento: cultura, creatività e sviluppo La scelta di affrontare la ricerca dal punto di vista della temporaneità, precisa la mia posizione nel non volere definire a priori la configurazione e l’uso degli spazi urbani in maniera stabile e perseverante. Piuttosto, la sottrazione di peso dalle sovrastrutture politiche e mentali, attraverso un’architettura “leggera” e varie installazioni a tempo determinato, può restituire ad un luogo, quella possibilità di sperimentazione sociale e culturale che potrebbe conseguentemente portare ad infinite soluzioni creative ed alternative.

(18) Metta, A. (2016). Breve scadenza. Lunga conservazione. In F.F. Luca Reale (a cura di), Spazi d’artificio. dialoghi sulla città temporanea. (pp. 101-112). Quodlibet, Roma 2016.

Llum Festival, Barcellona, Spagna.

(d)

(https://www.barcelona. cat/llumbcn/en/)

«I paesaggi provvisori spesso adottano il registro della meraviglia, trasfigurano gli spazi della quotidianità, per provocare reazioni interessanti e inattese»(18). Tra i progetti di opere effimere in spazi aperti, è il caso di parlare del Llum Festival(d), il Festival della luce, che si celebra a Barcellona ogni anno in occasione della Festa di Sant’Eulalia. 63


L’iniziativa è un ottima occasione per riunire tradizione e “nuove forme espressive artistiche” come in un grande laboratorio del paesaggio urbano notturno, in cui studenti e artisti internazionali, sperimentano con luce, trasformando le facciate più emblematiche della città e creando ambienti interattivi nelle vie di ogni distretto. Il festival della luce è un grande evento che invita le persone ad occupare lo spazio pubblico e ad appropriarsi di esso, come uno dei modi migliori per vivere la città. Un esperimento collettivo, che grazie alle varie installazioni, pone in discussione i modelli e i preconcetti dello spazio urbano, mettendo alla prova i nostri sensi e allargando i limiti delle nostre percezioni in un’esperienza unica. Per quanto riguarda la progettazione e la riqualificazione di grandi aree spesso identificate come dei vuoti urbani, non posso non citare i successi del gruppo di architetti e paesaggisti Topotek I(e). Essi considerano gli spazi pubblici un’espressione delle vi64

(e)

Topotek I, Superkilen, Copenaghen, Danimarca.

(https://www.topotek1. de/openSpaces/superkilen-2/)


-sioni e della società nel suo insieme, re-immaginando oggetti ed elementi di design con collocazioni diverse rispetto al loro contesto originale, creando sequenze scenografiche che insistono sul valore dell’esperienza e sul coinvolgimento emotivo. Un esempio è il progetto a Copenaghen, Superkilen, pensato come una sorta di esposizione mondiale che ha come scopo quello di celebrare la diversità attraverso oggetti provenienti da tutto il mondo. Grazie all’uso “eccessivo” del colore, dei vari accostamenti cromatici e formali, e della distorsione dimensionale di alcuni elementi, gli architetti riescono qui, ad esprimere quello che possiamo definire “paesaggio contemporaneo”, tra natura e artificio.

Doarchi, Tower of Spiral, Shenzhen, Cina.

(f)

(https://www.archdaily.com/927571/ tower-of-spiral-doarchi?ad_medium=gallery)

Un altro progetto, di chiara influenza formale per le caratteristiche adottate nel mio studio, è “Tower of Spiral” degli architetti cinesi Doarchi(f). Circondata da una distesa di girasoli e dalle montagne in lontananza, la grande scala a chiocciola, con una forma esterna a 65


“fisarmonica”, è stata progettata in un’area vasta, per creare un punto di vista, lontano dal fervore della città. Attraverso dei sentieri tortuosi è possibile accedere alla torre e percorrere, attraverso una serie di gradini, l’intera struttura fino ad arrivare alla terrazza panoramica posta a 15 m di altezza. E’ evidente il contrasto tra i vari materiali utilizzati, tra cui la pietra bianca, utilizzata per creare una base solida, che si contrappone all’apparente struttura “leggera” del rivestimento; apparente perché gli elementi strutturali di supporto sono in acciaio e la chiusura è caratterizzata da reti metalliche forate, che permettono comunque al visitatore di avere sempre uno sguardo all’esterno. Alla base della scala vi è anche una piccola piscina utilizzata per l’irrigazione dei campi vicini, che viene alimentata grazie alla non-copertura della torre che permette il passaggio, oltre che della luce, anche della pioggia; guardare verso l’interno offre una vista sullo specchio d’acqua, che riflette sia 66


il cielo sopra, che le forme dei visitatori che attraversano la torre. La sfida nel ripensare una struttura simile in un luogo come l’ex batteria antiaerea, ha portato a sviluppare nuovi aspetti e significati in relazione alla forte identità della collina e soprattutto al valore che essa apporterebbe a livello territoriale.

Carlo Ratti, La nuvola, Londra, Inghilterra.

(g)

(https://carloratti.com/project/thecloud-2/)

Una proposta progettuale molto interessante, purtroppo rimasta tale, è quella di un gruppo guidato da Carlo Ratti per le Olimpiadi del 2012 a Londra. La grande torre osservatorio, definita “la nuvola”(g), era pronta a diventare uno dei simboli della città, anche in seguito ai Giochi Olimpici. Una struttura permeabile e leggera composta da una torre principale con un percorso elicoidale in maglie metalliche, dalle dimensioni sconosciute, sovrastata da una serie di sfere in ETFE illuminate da migliaia di LED per creare una “nuvola digitale” nei cieli di Londra. Si trattava oltre che di un mo-numento celebrativo, di uno 67


strumento comunicativo e attivo, che grazie all’esperienza collettiva, avrebbe generato e accumulato grandi quantità di energia. Questo poteva accadere in vari modi: attraverso sottili pannelli fotovoltaici collocati sulle bolle, attraverso la forza impressa dai visitatori stessi con i loro passi ed infine grazie ad ascensori con frenata rigenerativa. Tra i partecipanti alla definizione del progetto vi era anche Google che avrebbe utilizzato la struttura come un grande dispositivo di comunicazione a scala urbana, mostrando in tempo reale dati e immagini riguardanti il funzionamento della città durante le Olimpiadi. “La proposta è leggera come l’aria, un omaggio all’era del bit e degli atomi in una struttura che collega non solo i partecipanti con i giochi olimpici ma anche con il mondo intero” sottolinea Carlo Ratti. Uno dei numerosi esempi che riguarda le trasformazioni di luoghi storici, risalenti alla guerra, in nuovi luoghi di in68


BIG, il Museo TIRBITZ, Blavand, Danimarca.

(h)

(https://big. dk/#projects-mcb)

-contri culturali, è il museo di TIRPITZ in Danimarca, ad opera dell’architetto Bjarke Ingels(h). Il nuovo museo definito “invisibile” trasforma ed espande uno storico bunker tedesco della Seconda Guerra Mondiale, in un nuovo innovativo complesso culturale perfettamente integrato nel paesaggio. Infatti, all’arrivo i visitatori vedranno prima il bunker ed attraverso dei percorsi troveranno delle pareti lineari tagliate nelle dune di sabbia, che creano dei passaggi per giungere in un cortile centrale che caratterizza il fulcro del complesso. Il cortile consente l’accesso ai quattro spazi espositivi caratterizzati da finestre alte 6 m, create per consentire alla luce naturale di entrare negli spazi espositivi sotterranei, letteralmente scavati nella sabbia. L’architettura del Tirpitz risulta in netto contrasto con il monolite di cemento, mimetizzandosi con il paesaggio e creandone uno nuovo grazie all’invitante leggerezza e apertura del nuovo museo. 69


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IL PROGETTO

Linee guida dei nuovi percorsi Enfatizzare i caratteri identitari, esprimere ed acquisire la consapevolezza del singolo e del singolo nella comunità con progetti ad interim, prima associati solo a grandi eventi come le esposizioni, costituiscono oggi la possibilità di un confronto con la città per un rinnovamento concettuale delle proposte progettuali che mirano alla qualità del presente piuttosto che ad un lontano futuro. La nuova proposta progettuale prende in considerazione, come base per il suo sviluppo, i progetti di riferimento descritti in precedenza e una serie di esperienze architettoniche e progettuali passate, che hanno interessato l’intera area in questione. Già dal 2011 le iniziative del distretto di Horta Guinardo insieme al MUHBA, Museo della storia della città di Barcellona, hanno proposto un progetto di riqualificazione che mirava a liberare l’area dell’ex batteria dal forte degrado, lasciando allo stesso tempo visibile la sovrapposizione degli eventi nel 71


tempo. L’obiettivo era quello di conservare uno spazio dalla forte valenza storica, e aggiungere un valore in più grazie ad interventi minimali che ne facilitarono l’accesso e il recupero di alcune zone sotterranee per la creazione di un museo(i). Il punto di partenza del nuovo progetto riflette la dinamicità di questo luogo, che oggi è diventato uno dei siti più visitati dai turisti poiché l’incredibile vista a 360°, offre la possibilità di ammirare gli sviluppi e i progressi del tessuto urbano dell’intera città, oltre che scenari sempre nuovi al calar del sole. Mostrando il paesaggio come un continuo Panta Rei dettato dal succedersi degli avvenimenti, l’intervento si articola principalmente intorno allo spazio centrale della collina sviluppando anche i collegamenti esistenti con il parco Guinardò. Il progetto rappresenta il tentativo di esprimere tre principi fondamentali “memoria, identità e futuro”, che hanno caratterizzato l’intera ricerca, fino ad 72

(i)

Espacios patrimoniales, MUHBA y JDVDP + AAUP arquitectes

(https://ajuntament. barcelona.cat/museuhistoria/es/muhba-turode-la-rovira)


individuare nei ‘Bunkers’ le possibilità per un nuovo polo attrattivo, non ancora esplicito e funzionale. L’idea è quella di convertire gli spazi, grazie ad una nuova pavimentazione permeabile, che ne facilita l’accesso, in basi per possibili installazioni temporanee che permettano di creare un nuovo percorso attivo tra l’esistente e ciò che possa rendere attrattiva l’ex batteria antiaerea, seppure temporaneamente. Le possibili applicazioni interattive inserite in alcune aree puntuali rappresentano la possibilità di guardare al futuro con un atteggiamento del tutto nuovo, che aiuta a moltiplicare le relazioni tra gli spazi e le persone che lo frequentano. Dunque, l’interazione con gli elementi di gioco e con le attività museali del luogo permetterebbe anche la disgregazione della solidità della materia della memoria, ovvero quella concezione statica che si ha di un luogo in relazione al suo passato. 73


La necessità di collegare l’esterno con l’interno, in questo caso il sotterraneo, nasce dalla volontà di mantenere forte la relazione con la memoria del luogo. Il progetto considera questi spazi con la loro struttura originaria, proprio per evidenziare le tracce e la materialità degli antichi rifugi, modificandone però la destinazione d’uso di alcuni di essi. Nel programma funzionale sono stati inseriti dei moduli di servizio, quali: ristorazione, servizi igienici, una biblioteca nell’ex dormitorio della truppa, un punto informazioni e infine la torre osservatorio pensata come un nuovo punto d’attrazione ma anche come un installazione territoriale. Tutti i moduli installati nella cima del Turo de la Rovira sono stati progettati attraverso la tecnologia a secco e dunque, reversibili, configurabili e modulari. Sembra quasi impossibile da stabilire a priori la durata che 74


un’opera debba avere, perché nel calcolo tecnico di tutte le variabili, non è possibile quantificare l’interazione, il gradimento (come il non gradimento) e tutte le attività che possono alterare la vita dell’edificio. L’oggetto immateriale che noi chiamiamo ‘architettura’, infatti, prende vita nel momento in cui esso diventa fruibile o metaforicamente, nel momento in cui viene inaugurato. Secondo una visione propriamente romantica, infatti, sembra essere tangibile anche solo nell’immaginazione, il momento in cui una struttura inizia a raccogliere nuovi segni e nuove tracce.

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Materiali e superfici La dualità del rapporto tra natura e artificio sia in termini di materiali che di forme e geometrie, ha indirizzato il progetto verso la continuità con la collina e, più in là, con la città. Se penso alla qualità spaziale, alla luce che attraversa e costruisce le architetture e alla materialità in sè, faccio anche riferimento all’interazione e all’immagine per la quale si produrrà un nuovo ricordo a cui sarà legata l’emozione di una determinata esperienza. Prendendo ad esempio l’intervento di Anna & Eugeni Bach, autori del progetto «Mies missing materiality» realizzato nel padiglione di Mies Van der Rohe a Barcellona, l’idea è stata quella di smaterializzare un’architettura iconica(l). Con questa semplice azione, il Padiglione diventa un modello in scala 1:1, una rappresentazione di se stesso che apre le porte a molteplici interpretazioni su diversi aspetti come il valore dell’originale, il ruolo della superficie bianca come immagine della modernità, o l’importanza 76

(l)

Progetto «Mies missing materiality».

(http://hicarquitectura.com/2017/11/ anna-eugeni-bach-mies-missing-materialityfundacion-miesvan-der-rohe/)


della materialità nella percezione e riconoscibilità di uno spazio, un’architettura o un luogo. La volontà di mantenere, nel caso dei ‘bunkers’, quella continuità legata alla possibilità di avere sempre uno sguardo diretto con il contesto, ha generato il mio interesse verso un’architettura leggera, realizzata con materiali che potessero garantire la trasparenza e la relazione interno-esterno. Tra questi vi è l’ETFE (Etilene-Tetrafluoro Etilene), un polimero plastico che rappresenta oggi una vera alternativa al vetro, rispondendo in modo concreto alle esigenze di economicità e sostenibilità del nostro tempo. La leggerezza di questo sistema costruttivo è uno dei vantaggi principali del suo utilizzo in architettura. Infatti, l’uso dell’ETFE permette di ridurre al minimo la quantità di materia prima impiegata con il conseguente contenimento dei costi dell’intero progetto, in quanto la flessibilità, il peso ridotto 77


e la capacità di coprire grandi luci offre la possibilità di ottimizzare la struttura di supporto, aumentando le dimensioni della maglia strutturale e riducendo gli spessori e le dimensioni dei singoli elementi strutturali. Le tipologie di involucri leggeri in ETFE possono essere vari, tra i più usati vi è quella ‘a cuscino’ a due o più strati, riempiti di aria con una pressione che varia in base alle dimensioni delle luci da coprire e alle esigenze di isolamento termico e acustico; inoltre, vi è il sistema a singolo layer generalmente usato nelle facciate, per la maggiore liberta compositiva che offre, e spesso rinforzato con funi di supporto. Nel caso della torre osservatorio, l’utilizzo dell’ETFE è stato fondamentale per il disegno e la realizzazione del rivestimento, la cui installazione risulta facilitata grazie all’utilizzo di profili in acciaio agganciati sia alla struttura elicoidale della scala, sia a cavi in acciaio a loro volta fissati alla 78


pietra esistente. Grazie alla straordinaria resistenza alle radiazioni UV, all’inquinamento e agli agenti atmosferici, le pellicole in ETFE hanno una vita utile compresa tra i 50 e 100 anni ed essendo un materiale riciclabile al 100% garantisce un basso impatto ambientale. La sua produzione avviene infatti, tramite trasformazione del monomero TFE nel polimero ETFE tramite un processo di polimerizzazione a base d’acqua e senza l’uso di solventi. Successivamente viene estruso in vari spessori tramite un processo di estrusione che richiede l’uso di minime quantità di energia così come le operazioni di taglio e saldatura dei rotoli della pellicola per la confezione del prodotto finito.

(19) Annette W. Lecuyer, ETFE Technology and Design, Birkhauser Architecture,2008.

Per questi motivi, dopo diversi studi effettuati tra cui quelli del LCA (Life Cycle Assesment) e le dichiarazioni EPD (dichiarazione ambientale certificata di prodotto), l’ETFE è stato classificato dal trattato di Montreal, in classe II per danni minimi allo strato di ozono(19). 79


L’utilizzo delle tecnologie a secco con dei materiali dinamici e flessibili come l’ETFE e l’acciaio permettono di plasmare forme morbide e allo stesso tempo di creare strutture che uniscono prestazioni di grande portata alla leggerezza, per un’architettura montabile, smontabile e riconfigurabile.

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La torre L’impianto planimetrico dell’ex batteria antiaerea chiarisce e riflette il principio insediativo della torre osservatorio. Il punto scelto per l’installazione della scala elicoidale si trova all’ingresso nord-est, sulla base della vecchia piattaforma di tiro di forma circolare, dal diametro di 7,20 m e su cui, al centro, era posizionato il pezzo da artiglieria. Dalle chiare geometrie delle forme esistenti, la scelta del cilindro è stata pensata come forma logica per modellare una rampa elicoidale. La struttura portante della scala, caratterizzata da elementi in ferro carbonato arrugginito con vernice freno che appunto blocca il processo di carbonatazione, si sviluppa per 17,30 m su sei livelli, intervallati da due terrazze a sbalzo che permettono la sosta in un area più ampia e la vista a differenti quote lungo il percorso. Grazie all’utilizzo delle fondazioni di tipo a vite, un sistema 83


pratico e veloce per realizzare solide basi adatte a sostenere diversi tipi di carichi, è stato possibile seguire la linea progettuale nella sua concezione di temporaneità, in quanto facili da installare, rimuovere e riutilizzare. Su questi si agganciano 10 pilastri circolari 20x20 cm per un altezza di 16,30 m alla quale vengono saldate delle lamiere di base, nei punti in cui si incontrano le travi IPE 140, poi bullonate in modo da non rendere la struttura della torre eccessivamente rigida. La scala, in continuità con i materiali scelti per la struttura portante, è caratterizzata da una lamiera piegata continua che si appoggia, a diversi livelli, sulle travi IPE. A protezione dei collegamenti verticali, rivettato ai montanti di sezione rettangolare posti ogni 80 cm, vi sono i parapetti anch’essi in ferro carbonato con un spessore di 2 mm, su cui è saldato il corrimano scatolare, al di sotto del quale è stato 84


installato il sistema di luci a Led per la corretta illuminazione dell’intera scala. Le terrazze a sbalzo sono state realizzate grazie alla deformazione a freddo dei profilati in acciaio, ormai disponibili in varie sezioni e curvature. La prima terrazza posta a quota + 9,12 m, con un raggio di 4,80 m (con centro differente rispetto a quello dell’elica della scala), si apre solo verso il lato sud-ovest. Le travi a sbalzo, anche in questo caso IPE 140, sono fissate ai pilastri circolari grazie a delle lamiere saldate a essi che permettono l’appoggio e conseguentemente la bullonatura. Per quanto riguarda la trave di bordo, grazie alle tecnologie sopra citate, ho utilizzato un profilo UPN 140 curvato che viene bullonato alle travi IPE 140. Dunque, le travi principali per la prima terrazza sono tre e di varie lunghezze, quella maggiore è di 2,45 m mentre le altre due sono di 1,60 m ed insieme alle travi scatolari di secondo 85


e terzo ordine in acciaio, rispettivamente 100x20 mm (curvate) e 20x100 mm, costituiscono la struttura degli sbalzi. Per quanto riguarda l’intradosso e l’estradosso della terrazza ho utilizzato una lamiera in ferro carbonato di 2 e 12 mm, resistente e in continuità con i materiali scelti per il resto della struttura. E’ importante sottolineare che, nonostante l’elevata energia incorporata negli elementi strutturali in acciaio, gli impatti ambientali saranno mitigati dalla durata del materiale e dalla facilità con cui possono essere riciclati senza comprometterne le proprietà. La seconda terrazza si trova a quota + 12,16 m, con un raggio di 5,10 m (questa volta con lo stesso centro della scala elicoidale), e costituisce la sosta con una vista a 360° sulla città in quanto perimetrale all’intera torre. Anche in questo caso il solaio sarà costituito alla stessa maniera della prima terrazza ma con altre due travi IPE 140 che 86


si agganciano agli altri due pilastri. A differenza della prima, qui il parapetto diventa importante per costituire la base di aggancio per i profilati della struttura del rivestimento. Infatti, lungo il perimetro del parapetto, costituito sempre dalla lamiera in ferro carbonato rivettato ai montanti che saranno posti, qui, ad una distanza minore tra loro (ogni 50 cm), vi è una trave UPN 50 curvata che viene bullonata ai vari sostegni verticali. Sulla trave UPN 50 verranno saldati i profili in acciaio 25x25 mm, necessari per il fissaggio con rivetti della pellicola di ETFE costituente il rivestimento esterno. A sostegno di questa struttura vi saranno altri profili tubolari, sempre 25x25 mm ancorati nella parte bassa del parapetto e quindi alla trave UPN di bordo. Per ultima la terza terrazza panoramica a quota + 16,32, che si apre a sud verso il mare, ampliando la spirale come nei pro87


-cessi di accrescimento di alcuni fenomeni naturali. Con una maglia strutturale più fitta, date le dimensioni maggiori, anche qui ritroviamo la sovrapposizione di travi IPE 140, travi scatolari di secondo ordine curvate 100x20 mm, travi scatolari di terzo ordine 20x100 mm e la trave UPN curvata di bordo che risolvono la staticità della terrazza in parte a sbalzo. Come una grande scultura che emerge dal terreno, avvitandosi su stessa, la struttura elicoidale viene avvolta dalla pellicola trasparente che ne caratterizza l’aspetto plastico e volge lo sguardo al tema dell’astrazione e della creatività spaziale. La scelta della pellicola in ETFE, sottolinea il carattere aperto e dinamico, coinvolgendo il visitatore durante l’intero percorso con la possibilità di avere sempre punti di vista e giochi di luce differenti. I profilati della struttura del rivestimento, come detto in pre88


-cedenza, nella parte alta verranno saldati al profilo UPN agganciato al parapetto della seconda terrazza, mentre dalla quota + 12,00 m fino ad arrivare alla preesistenza del muro in pietra (+ 1,00 m) ho installato un sistema di cavi in acciaio dal diametro di 10 mm e distanziati tra loro di 60 cm. L’aggancio della struttura del rivestimento con la pietra esistente avviene tramite il posizionamento di un profilo a L in acciaio, con lamiere a occhiello saldate necessarie per l’inserimento dei terminali dei cavi, sotto il quale verrà posto un ancorante chimico per livellare la base di appoggio. Poi, mediante barre filettate da Ø 10 mm e dadi autobloccanti sarà possibile bloccare la struttura con la preesistenza.

89


Conclusioni Il progetto per la cima del Turò de la Rovira si è posto sin dall’inizio come un’operazione lenta che ha seguito le trasformazioni, le tracce dei percorsi esistenti e le molteplici identità degli spazi urbani, che hanno fatto e continuano a far rumore in una città così estesa come Barcellona. L’installazione di un’opera effimera e leggera come la torre osservatorio fa un esplicito riferimento al tempo ciclico dell’architettura. Il mio obiettivo infatti, è stato quello di integrare la dimensione tempo all’interno del progetto e cioè pensare a quell’architettura in termini di uso, riuso, disuso e rifiuto. Uno spazio d’artificio, variabile in ragione del contributo di ogni visitatore che attraversandolo ne acquisisce di conseguenza parte della proprietà. Lavorando sulla riappropriazione di un luogo e guardando al presente del presente e al presente del futuro, sia pur destinato ad un breve periodo, la volontà 90


deve essere quella di ascoltare i suoni e i significati del nuovo scenario generando un flusso di impressioni positive nell’esperienza comune delle persone e della città. L’architettura oggi cerca di trovare le proprie ragioni all’esterno del suo mondo, di quel linguaggio e stile conservatore che da sempre l’ha caratterizzata, spostando invece l’attenzione sul paesaggio, sull’innovazione tecnologica, sulla spettacolarizzazione dei manufatti, sulla sostenibilità e sull’effimero, appunto.

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(7)

Chiara Ingrosso, Barcellona:architettura, città, società 1975-2015, Edizione Skira, Bologna 2015.

(8)

Manuel de Solà-Morales, Diez lecciones sobre Barcelona,Coac, Barcellona 2008.

(9)

“Barcelona se abre al Mediterráneo” La Vanguardia, Barcellona, 1991. (10)

92


Luca Reale, L’architettura e il gioco dei tempi in Spazi d’artificio. Dialoghi sulla città contemporanea,Quodlibet, Roma 2016

(11)

Il tempo sta in noi e non fuori dalla nostra esperienza e questa percezione è variabile e mutante per renderci adattivi ad esso, su questo tema e sulla natura del tempo in generale cfr. C. Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, Milano 2014.

(12)

Peter Buchanan, Renzo Piano, L’opera completa di Renzo Piano Building Workshop, Allemandi, Torino 2001. (13)

Marco Imperadori (a cura di), “la progettazione con tecnologia stratificata a secco”, Il Sole 24 Ore, Milano 2006

(14)

Villoró i Martin, Guia dels espais verdes de Barcelona, Barcelona, 1984.

(15)

Corbera, J, Barcelona : El Guinardó-Can Baró : recull gràfic 1884-1980,Efadós, Barcellona, 2015.

(16)

Giménez, C. y Sanz, C, PASSEJADES pels barris del Districte d’Horta Guinardó in Grup d’Estudis de la Vall d’Horta i la Muntanya Pelada, Barcelona 2011

(17)

Metta, A. (2016). Breve scadenza. Lunga conservazione. In F.F. Luca Reale (a cura di), Spazi d’artificio. dialoghi sulla città temporanea. (pp. 101-112). Quodlibet, Roma 2016.

(18)

Annette W. Lecuyer, ETFE Technology and Design, Birkhauser Architecture,2008. (19)

93


SITOGRAFIA Andreu Besolı Martın, Los refugios antiaereos de Barcelona: pasado y presente de un patrimonio arcano, in “Revista Internacional de la Guerra Civil”, 2, Barcellona 2004. (https://www.raco.cat/index.php/Ebre/article/ view/39921/39940)

(a)

M.Carta, la città che comunica, in “Creativicity”,3,2006. (http://www1.unipa.it/maurizio.carta/creativicity/ tre/creativicity_03.html)

(b)

Herzog & de Meuron, Ai Weiwei, Serpentine Gallery Pavilion, 2012. (https://www.herzogdemeuron.com/index/projects/complete-works/376-400/400-serpentine-gallery-pavilion/ image.html)

(c)

Llum Festival, Barcellona, Spagna. (https://www.barcelona.cat/llumbcn/en/)

(d)

Topotek I, Superkilen, Copenaghen, Danimarca. (https://www.topotek1.de/openSpaces/superkilen-2/)

(e)

Doarchi, Tower of Spiral, Shenzhen, Cina. (https://www.archdaily.com/927571/tower-of-spiral-doarchi?ad_medium=gallery)

(f)

Carlo Ratti, La nuvola, Londra, Inghilterra. (https://carloratti.com/project/the-cloud-2/)

(g)

BIG, il Museo TIRBITZ, Blavand, Danimarca. (https://big.dk/#projects-mcb)

(h)

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Espacios patrimoniales, MUHBA y JDVDP + AAUP arquitectes (https://ajuntament.barcelona.cat/museuhistoria/es/muhba-turo-de-la-rovira)

(i)

Progetto «Mies missing materiality» (http://hicarquitectura.com/2017/11/anna-eugeni-bach-mies-missing-materiality-fundacion-mies-van-der-rohe/)

(l)

-Ajuntament de Barcelona. (http://ajuntament.barcelona.cat/) -Àrea Metropolitana de Barcelona. (http://www.amb.cat/) -(http://www.bunkers.cat/es/) -(http://bibliotecnica.upc.edu/) -(https://www.plataformaarquitectura.cl/cl) -(https://www.archdaily.com/)

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ALLEGATI

Tavole di progetto

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