Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Facoltà di Medicina e Chirurgia Master I° Livello “Transculturale – Multietnico nel Campo nella Salute, del Sociale e del Welfare”.
MINORI STRANIERE NON ACCOMPAGNATE, CHI SONO E DA DOVE VENGONO, INDAGINE CONOSCITIVA IN UNA COMUNITÀ FEMMINILE DI PRIMA ACCOGLIENZA A PADOVA
Candidata Dr.ssa Cristina Comunian
Anno Accademico 2006/2007
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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Facoltà di Medicina e Chirurgia Master I° Livello, “Transculturale – Multietnico nel Campo nella Salute, del Sociale e del Welfare”
Minori straniere non accompagnate,chi sono e da dove vengono, indagine conoscitiva in una comunità femminile di prima accoglienza a Padova
Candidata Dr.ssa Cristina Comunian
Anno Accademico 2006/2007
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Indice generale Introduzione....................................................................................................................................6 Capitolo 1: Il minore straniero non accompagnato ....................................................................8 1.1 Problema di definizione .......................................................................................................11 1.1.1 La “minore” età .............................................................................................................12 1.1.2 Il concetto di “straniero” ...............................................................................................16 1.1.3 Il concetto di “non accompagnato” ...............................................................................17 Capitolo 2: I diritti del minore straniero non accompagnato ..................................................19 2.1. Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: ................................................................19 2.2 Convenzione sui Diritti dell'Infanzia ...................................................................................20 2.3 I permessi di soggiorno ........................................................................................................23 Capitolo 3: Il progetto migratorio del minore straniero non accompagnato .........................29 3.1 Il paese di origine (quando la povertà è donna) ...................................................................31 3.2 Prima della partenza, (profilo di una vulnerabilità annunciata?) .........................................33 3.2.1 Povertà e aspirazioni personali......................................................................................33 3.3 Il Fenomeno della tratta e del traffico di esseri umani.........................................................36 Capitolo 4: L’indagine conoscitiva .............................................................................................38 4.1 Metodologia .........................................................................................................................38 4.2 Scopo....................................................................................................................................40 4.3 Indagine................................................................................................................................42 4.3.1 Età (al momento dell’ingresso in comunità) .................................................................43 4.3.2 Nazionalità ....................................................................................................................44 4.3.3 Il piano educativo individuale .......................................................................................45 4.3.4 Città / Provincia di origine ............................................................................................47 4.3.5 Livello di istruzione ......................................................................................................48 4.3.6 Famiglia.........................................................................................................................49 Riflessioni personali e conclusive ................................................................................................52 Bibliografia ...................................................................................................................................54 Siti web consultati.........................................................................................................................57 Principali norme e circolari di riferimento................................................................................58 Appendice......................................................................................................................................59 I: Dati relativi alle accolte nella comunità femminile ................................................................59 II: Esempio di Piano Educativo Individuale ..............................................................................59
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Introduzione Negli ultimi venti anni l’Italia ha vissuto un lento, inevitabile e naturale passaggio da paese tipicamente “fornitore” di migranti ad uno di “ricevimento” e “smistamento”. Non è casuale la connotazione commerciale, dato che spesso il fenomeno migrazione si riduce ad un vero e proprio business, più o meno dichiarato, tra (paesi) fornitori e (paesi) clienti. Questo processo di scambio diventa quasi commercializzazione se si pensa ai flussi di entrata regolati in base alle esigenze produttive ed economiche (sia regolari che irregolari) dei paesi “accoglienti” e le rimesse dei lavoratori stranieri nei paesi di origine. Le dinamiche spietate del “libero” mercato, spesso eludono il carico di responsabilità (di diritti e di doveri) sia dei “fornitori” che dei “clienti”, infrangendo non solo la normativa nazionale ed internazionale, ma anche calpestando i diritti dell’umanità1 e facendo leva sulla vulnerabilità di certi gruppi di popolazione come donne e minori soli. A questo ultimo gruppo si è rivolta questa ricerca e in particolare alle minori straniere non accompagnate accolte in una comunità femminile protetta di prima accoglienza a Padova. Partendo dalla situazione sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati in Italia, il primo capitolo porta alla luce i nodi critici della definizione di questo status e i diritti ad esso attribuiti. Il secondo capitolo riassume i diritti che lo Stato dovrebbe garantire al minore straniero non accompagnato, partendo dall’analisi di alcuni articoli della Convenzione sui Diritti del Fanciullo2 e arrivando alla traduzione di questi a livello nazionale, in termini di permessi di soggiorno e politiche per la sicurezza. Il terzo capitolo esplora la situazione del paese di origine di molti minori stranieri non accompagnati e in particolare delle minori vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale . Vengono analizzati fattori di spinta verso l’emigrazione e quelli di rischio che inducono a cadere dentro la rete della tratta.
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Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo del 20 Novembre 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176/91 2
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Il quarto capitolo presenta i risultati dell’indagine conoscitiva su un campione di 42 donne (minori e non) accolte dall’ Associazione Mimosa3 di Padova tra il 1999 e il 2007 presso una comunità femminile protetta di prima accoglienza. L’indagine oltre a riportare i problemi metodologici nel recuperare i dati e nell’affrontare un campione costituito da minori straniere non accompagnate vittime di tratta, confronta i risultati con quelli disponibili nella letteratura, soprattutto per quanto riguarda il campione rumeno. Infine le riflessioni personali e conclusive, per sottolineare i rischi connessi alla triplice vulnerabilità della popolazione dei minori stranieri non accompagnati, e alla invisibilità di cui questo gruppo soffre. Il “superiore interesse del bambino” dipende di fatto dalla politica di “sicurezza e controllo” dei paesi e dalla sua traduzione e applicazione a livello locale. La comunità - anche scientifica – sta forse guardando questi minori con occhi umanitari e assistenzialisti, senza dare la giusta attenzione e dignità a questa fascia di popolazione che difficilmente riusciamo a vedere come nuovi cittadini italiani e quindi risorsa del Paese.
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L’Associazione Mimosa è una Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale nata nel 1996 a Padova. Le finalità specifiche dell’Associazione sono stabilite dall’art.6 dello Statuto: “La specifica finalità dell’organizzazione di volontariato è quella di promuovere l’integrazione sociale delle persone in stato di disagio con particolare attenzione all’immigrazione, alla prostituzione, alle situazioni di indigenza e svantaggio sociale. Per perseguire le finalità l’organizzazione può promuovere e gestire servizi residenziali e diurni, offrire supporti di segretariato sociale e formativi ed avviare ogni iniziativa ritenuta opportuna per promuovere e difendere i diritti fondamentali delle persone L’Associazione, laica ed aconfessionale, si fonda su cinque principi chiave, che traducono il modo di approcciare le persone che vivono condizioni di disagio e di grave emarginazione: Centralità della persona – La persona riconosciuta nelle scelte che opera, a prescindere da quali queste siano Presenza non giudicante – La persona riconosciuta per ciò che è a prescindere dal lavoro che effettua, che viene riconosciuto come tale Ascolto attivo – La persona messa in grado di esplicitare i propri bisogni ed aspirazioni Consapevolezza dei limiti – La consapevolezza di non essere onnipotenti nel rispondere ai bisogni manifestati Formazione permanente – L’operatore che agisce l’intervento ha il dovere di aggiornarsi continuamente sulle tematiche che si trova ad affrontare nel contatto Il riferimento culturale generale è quello della dichiarazione universale Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con particolare riferimento agli art. 1,3,4 della stessa. L’Associazione, laica ed aconfessionale, si fonda su cinque principi chiave, che traducono il modo di approcciare le persone che vivono condizioni di disagio e di grave emarginazione: Centralità della persona – La persona riconosciuta nelle scelte che opera, a prescindere da quali queste siano Presenza non giudicante – La persona riconosciuta per ciò che è a prescindere dal lavoro che effettua, che viene riconosciuto come tale Ascolto attivo – La persona messa in grado di esplicitare i propri bisogni ed aspirazioni Consapevolezza dei limiti – La consapevolezza di non essere onnipotenti nel rispondere ai bisogni manifestati Formazione permanente – L’operatore che agisce l’intervento ha il dovere di aggiornarsi continuamente sulle tematiche che si trova ad affrontare nel contatto Il riferimento culturale generale è quello della dichiarazione universale Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con particolare riferimento agli art. 1,3,4 della stessa. 7
“Tra le cause di un’inadeguata tutela dei diritti dei minori in frontiera, come sul territorio italiano, vi è l’attuale procedura per l’accertamento dell’età dei minori stessi.” (Save the Children, Dossier 2006)
Capitolo 1: Il minore straniero non accompagnato Per minore straniero non accompagnato, secondo quanto previsto dal DPCM 535/99, "si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano".4 Tutti i minori stranieri non accompagnati, devono essere segnalati per obbligo di legge al Comitato per i Minori Stranieri5, il quale, secondo il D.P.C.M. del 9 dicembre 1999, n.5356:
vigila sulle modalità di soggiorno dei minori;
coopera e si raccorda con le amministrazioni interessate;
accerta lo status del minore non accompagnato;
svolge compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori;
adotta il provvedimento di rimpatrio assistito;
provvede al censimento dei minori presenti non accompagnati.
Secondo il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes (2005), i minori stranieri presenti in Italia all'inizio del 2005 erano 491.000, rappresentando il 17,6% della popolazione straniera complessiva. All’interno di questa fascia di età si colloca anche il gruppo dei minori stranieri non accompagnati segnalati in Italia, che il Comitato per i minori stranieri ha stimato essere 5.573 al 15 aprile 2005, con circa l’80% dei registrati di sesso maschile . 4 Art.1, comma 2, DPCM 535/99 5 Il Comitato per i minori stranieri, - istituito dall'articolo 33 del D.Lgs 25 luglio 1998 n. 286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina sull'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), è un organo interministeriale composto da nove rappresentanti e presieduto dal rappresentante del Ministero della Solidarietà Sociale. 6 Il D.P.C.M. del 9 dicembre 1999, n.535, "Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, a norma dell'articolo 33, commi 2 e 2- bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286". 8
A livello Italiano, con l’istituzione del Comitato Minori Stranieri e la rispettiva competenza di censire le presenze di minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio, si è cominciato ad uniformare la tipologia e la metodologia dei dati raccolti, anche se alcuni osservatori internazionali7 riportano problematiche legate alla rilevazione anche nel territorio italiano. Minori Stranieri presenti in Italia (2005) 1114,6
4458,4 Minori Stranieri Minori Stranieri Non Accompagnati (Femmine) Minori Stranieri Non Accompagnati (Maschi)
491000
A livello Europeo le stime sono molto difficili a causa di un mancato coordinamento nella definizione, rilevazione e nella metodologia di raccolta dei dati relativi alle presenze di minori nei Paesi. Il Network Europeo degli Osservatori dell’Infanzia8 ha stimato la seguente situazione in Europa nel 2002: Minori Stranieri Anno 20029 (3)
Paese Austria Belgio Danimarca Finlandia Irlanda Italia Luseemburgo Paesi bassi Spagna Regno Unito Totale
Richiedenti asilo 913 137 74 900 (1) 2 3 232
Non Accompagnati 2 547 1 148
7 0402 (2) 9 6 329
6 200 12057
15916
Fonte: Network Europeo degli Osservatori dell’Infanzia 7
Numerosi osservatori internazionali come Save the Children Italia e Caritas, considerano il numero dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia sicuramente sottostimato. Come riporta il “Dossier Novembre 2006” di Save the Children Italia, “Molti minori non entrano in contatto con i servizi sociali, e le autorità territoriali , altri scappano dalle comunità di accoglienza poche ore dopo esservi entrati e la maggior parte dei ragazzi dichiara alle autorità dati anagrafici differenti di volta in volta per poter rimanere nell’anonimato (…)” 8 The European Network of National Observatories on Childhood http://www.childoneurope.org/ 9 Fonte: http://www.childoneurope.org/activities/unaccompanied/a/pdf/A%202.1%20Statistical.pdf (1) Stima media approssimativa. In Irlanda viene riportata la presenza di circa 800-1000 minori stranieri non accompagnati, dati a partire dalla creazione di speciali servizi sociali per minori non accompagnati. (2) Tratto dal rapporto Luglio 2002-Luglio 2003 del Comitato Minori Stranieri (3) Francia e Portogallo non sono inclusi. La Francia non ha fornito dati statistici relativi ai minori stranieri non accompagnati, mentre il Portogallo ci ha informato di soli 10 casi riportati nel 2000 9
Già le prime distinzioni e i primi problemi di classificazione compaiono in questo breve rapporto statistico, anticipando problematiche che affronteremo nei capitoli successivi. Mentre il Programma Bambini Separati in Europa10 stima circa 100.000 bambini separati in Europa11. Il problema della quantificazione del fenomeno è reso ancora più urgente data la vulnerabilità di questa fascia di popolazione, i minori stranieri non accompagnati non segnalati rischiano di rimanere invisibili, senza protezione e rischiando da un lato l’esclusione dalla rete di servizi a loro disposizione e dall’altro di cadere all’interno di circuiti di sfruttamento. Interessante a questo proposito, per far capire quanti sfuggano in realtà alla “registrazione”, è l’esempio, denunciato in più occasioni da Amnesty International Italia (2007), relativo ai minori stranieri non accompagnati egiziani, i quali non figurano all’interno delle statistiche del Comitato Minori Stranieri nonostante ”secondo i dati Ministero dell’Interno (…), tra il 2005 e il 2006 in Sicilia sono arrivati quasi 2000 minori provenienti dall’Egitto” (Amnesty International Italia, 2007: 27).
% di minori stranieri non accompagnati presenti in Italia per fascia di età 0-6 anni
15 anni
14 anni
1%
14%
19%
16 anni
17 anni
29%
37%
Fonte: Comitato Minori Stranieri (2006)
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The Separated Children in Europe Programme (SCEP), un’iniziativa congiunta di alcuni membri della International Save the Children Alliance e UNHCR 11 Dove non diversamente espresso, le citazioni da fonti in lingua inglese sono state tradotte dallo studente stesso. 10
% di minori stranieri non accompagnati presenti in Italia per paese di provenienza
Resto del Mondo
26%
26%
Rom ania
Marocco
Albania
20%
16%
Fonte: Comitato Minori Stranieri (2006)
1.1 Problema di definizione La complessità del fenomeno dei minori stranieri non accompagnati e la speciale sensibilità che questa fascia di popolazione esige, presenta già nella sua stessa definizione una serie di quesiti cruciali tuttora in discussione sia a livello nazionale che europeo. Nonostante il bisogno di chiarire e definire questa questione, in modo da poter poi agire in maniera compatta e coerente, non si è ancora trovato un accordo sul termine “minore” ( a questo proposito ricordiamo che anche la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo12, lascia un margine di libera interpretazione e applicazione alle regolamentazioni nazionali), sulla definizione di straniero (basti pensare che i minori non accompagnati neo-comunitari rappresentanti circa il 36 % del totale dei minori non accompagnati presenti nel nostro paese, non rientrano più nella definizione di “straniero”), e in ultima la definizione italiana di “non accompagnati” e sostituta con “separati” o “soli”da alcune istituzioni13, che nella definizione italiana, a differenza di altri paesi europei, non include i minori richiedenti asilo. L’attribuzione di “minore straniero non accompagnato”, nelle sue tre componenti – minore, straniero e non accompagnato- nelle sue diverse traduzioni e applicazioni a 12
Art. 1 Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile. 13 UNHCR (Alto commissariato nelle Nazioni Unite per i Rifugiati). “Il Programma sui Minori Separati in Europa preferisce usare il termine “separato” a quello di “non accompagnato”, poiché definisce meglio il problema essenziale con cui questi minori si devono confrontare, cioè la condizione di trovarsi senza l’assistenza e la protezione dei genitori o di un tutore legale, e pertanto, a causa di questa separazione, soffrono socialmente e psicologicamente. Nonostante alcuni minori separati sembrino essere “accompagnati” quando arrivano in Europa, gli adulti di riferimento non sono necessariamente capaci ed adeguati ad assumersi la responsabilità della loro cura.” Tratto da Programma sui Minori Separati, Dichiarazione sulle buone prassi, in Europa 11
livello locale, nazionale ed europeo diventa il “lasciapassare” per la persona immigrata per accedere o meno a tutto un microcosmo di sevizi, diritti e tutele a partire dallo stato di legalità nel paese accogliente, all’accesso ai servizi socio-sanitari, all’educazione, e normalmente a tutti quei servizi disponibili ai cittadini minori. La questione diventa quindi estremamente importante per i paesi accoglienti nella definizione innanzitutto dello stato legale della persona immigrata e nelle opportunità o meno che gli verranno concesse.
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Straniero
1.1.1 La “minore” età In Italia, così come previsto dalla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo14, “minore” significa non aver ancora compiuto il diciottesimo anno di età. Nonostante questo possa sembrare un dato “oggettivo”, la questione dell’età è tutt’altro che scontata. A questo proposito ricordiamo che, qualora l’età dichiarata sia ritenuta non credibile15, e in mancanza di una metodologia scientifica “valida” e riconosciuta all’unanimità dal mondo scientifico per la rilevazione dell’età biologica, ogni Paese segue approcci diversi (radiografia per valutare lo sviluppo dello scheletro, l’esame della dentatura, segnalazioni e contatti con le Ambasciate, o test psicologici). Smith (2003) richiama la problematicità della valutazione dell’età citando ad esempio i Paesi Bassi in cui la radiografia è parte del processo di valutazione dell’età, il Regno Unito che lo vieta 14
Art. 1 Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile. 15 Smith (2003) In merito alla valutazione dell’età, cita le statistiche del Regno Unito dove in un periodo di 18 mesi (tra il febbraio 2002 e il luglio 2003) a circa un terzo dei minori che dichiaravano di essere tali erano stata contestata l’età, sviluppando la necessità di avere unità adibite solo all’accertamento dell’età 12
esplicitamente e la Germania che lo rifiuta in quanto metodologia non efficace al fine della valutazione. Interessante a questo proposito è anche il Rapporto della Commissione De Mistura16 (2007), che descrive le pratiche per l’accertamento dell’età presso i centri di Permanenza Temporanea sulle coste meridionali italiane. Il rapporto sottolinea come in questi centri in caso di età incerta:
il sedicente minore viene sempre sottoposto alla sola radiografia del polso al fine di accertarne l’età;
nella maggior parte dei casi nell’esito della prova radiologica non è indicata la presenza né l’entità di un range di errore;
non vengono disposti altri accertamenti o analisi al fine di operare una comparazione tra più strumenti diagnostici
l’esame non avviene con il coinvolgimento di psicologi e mediatori culturali
La Commissione continua sottolineando “come la radiografia del polso sia soggetta ad un margine di errore compreso tra 12 e 24 mesi, in funzione dell’area di provenienza del minore e del suo sviluppo psico-fisico”, arrivando alla conclusione che dato che la maggior parte degli stranieri sedicenti minori si collocano comunque in un’età compresa tra i 16 e i 18 anni, vi sia un “rischio concreto che un certo numero di minori possa erroneamente essere destinatario di misure di espulsione o respingimento ed essere pertanto trattenuto nei CPTA.”(Rapporto De Mistura 2007: 21)
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L’ex Segretario Generale dell´Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) Kofi Annan ha autorizzato il 29 giugno 2006 Staffan de Mistura, direttore del Centro alti studi delle Nazioni Unite, a presiedere la Commissione di ispezione voluta dall’allora Ministro dell’Interno Giuliano Amato per verificare le condizioni all’interno dei Centri di Permanenza Temporanea. - Composizione della Commissione: Presidente Staffan De Mistura, Pasquale Piscitelli (Direttore Centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere), Nicola Prete (Direttore Centrale dei Servizi Civili per l'immigrazione e l'asilo), Luca Pacini (Responsabile dell'Ufficio immigrazione e diritto d'asilo presso l'Anci), Le Quyen Ngo Dinh (Caritas italiana), Gianfranco Schiavone (Associazione studi giuridici per l'immigrazione), Annemarie Von Hammerstein Gesmold ved. Dupré (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Filippo Miraglia (Arci), Giuseppe Gulia (Acli), Christopher Hein (Cir), Maurizio Falco (Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione). - Obiettivo della Commissione “procedere anche attraverso appositi sopralluoghi, ad un’indagine conoscitiva sulle condizioni di sicurezza e di situazione della vivibilità di tutte le strutture destinate al trattenimento temporaneo ed all’assistenza degli immigrati irregolari, nonché all’ospitalità dei richiedenti asilo, tenute ad assicurare la tutela della dignità della persona e il rispetto dei diritti fondamentali”, è stato proprio per favorire la “ formulazione di proposte e suggerimenti sulle possibili strategie future “, basate sulla concretezza dei fatti e sulla conoscenza diretta delle attuali risposte del sistema, nella consapevolezza generale che l’attuale sistema si è rivelato né sufficiente né efficace. (tratto dal rapporto Finale della Commissione, fonte Ministero dell’Interno) 13
La radiografia del polso
Ancora nel 2007, nonostante le raccomandazioni scientifiche internazionali17 sulla sua dubbia attendibilità ed efficacia, la radiografia del polso è lo strumento più utilizzato per l’accertamento dell’età soprattutto nei CPTA18, tanto che Amnesty International Italia (2007) sostiene che “la lotteria della radiografia del polso” sia il passaggio più critico per l’individuazione dei beneficiari dei servizi che l’Italia ha creato ad hoc per i minori stranieri non accompagnati.” E’ in un certo senso un po’ contraddittorio questo “accanimento” per la rilevazione dell’età come riportato dal rapporto della Commissione De Misture e così come esplicitato dalle “Linee guida dell’UNHCR”19 (1997a) e delle “Linee guida dell’UNHCR”20 (1997b); e dal Art. 8 del DPR 448/8821 nel caso l’età resti incerta, all’individuo debba essere riconosciuto il beneficio del dubbio, in modo che “se c’è una possibilità che sia minore, sia trattato come tale”. Analogamente, gli standard internazionali dell’UNHCR, in considerazione del “margine di errore” possibile in casi di determinazione dell’età basata solo su procedure scientifiche, ritengono necessarie opportune “precauzioni” e in particolare richiedono che in caso di età incerta ai ragazzi venga riconosciuto il beneficio del dubbio; essi inoltre sottolineano che le decisioni in questi casi
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Halvorsen (2003) e Position Paper on the Use of Biometric Data (2006). La biometria si interroga sulle capacità e l’affidabilità degli strumenti a disposizione (raggi x, scansione dell’iride, impronte digitali, test del DNA e altri). Ma si interroga anche sull’etica, il problema del consenso informato del minore in transito, l’ uso e sicurezza dei dati e possibili discriminazioni. Inoltre una questione ancora più complessa da un punto di vista etico è la rilevanza del dato fornito, cioè serve davvero conoscere con esattezza l’età biologica di un minore o presunto tale? Pensando al superiore interesse del fanciullo ma anche dell’adulto, alle sue risorse e ai suoi bisogni, cosa ci può dire e come ci può aiutare l’età biologica? 18 “Alto è anche il numero di minori non accompagnati (1554), per la cui rilevazione dell’età si procede con radiografia del polso sinistro direttamente al poliambulatorio di Lampedusa. Non sono disponibili dati sui minori risultati eventualmente maggiorenni a seguito di perizia.” (tratto dal rapporto Finale della Commissione, fonte Ministero dell’Interno) 19 Linee guida dell’UNHCR sulla protezione e la cura dei bambini rifugiati (1997a) 20 Linee guida dell’UNHCR sulle politiche e procedure riguardanti i minori non accompagnati richiedenti asilo (1997); 21 Art. 8 del DPR 448/88: “Qualora, anche dopo la perizia permangono dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto” 14
dovrebbero prendere in attenta considerazione il grado di maturità psicologica e l’oggettiva vulnerabilità dell’individuo (UNHCR, 1997). Sempre a favore di un a valutazione più completa per la rilevazione dell’età è l’art. 3 della Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, riguardante le “Garanzie minime per tutti i minori non accompagnati” in cui:
Gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di stabilire l'identità di un minore il più rapidamente possibile dopo il suo arrivo, come pure il fatto che non è accompagnato. Le informazioni sulla identità e situazione di un minore possono essere ottenute in vari modi, in particolare attraverso un adeguato colloquio con l'interessato, che deve aver luogo al più presto e in modo adatto alla sua età. Bertozzi (2005) sottolinea come i vari stati europei adottino definizioni diverse di “minore”, riportando il caso della Germania dove l’accoglienza dei minori non accompagnati si differenzia in relazione all’età e lo “spartiacque” siano i 16 anni, “i ragazzi con più di 16 anni sono trattati come adulti, accolti nei centri per richiedenti asilo e lasciati soli nel disbrigo delle varie procedure” (Bertozzi, 2005: 83). Legato allo status di minore vi è una serie di diritti di cui godono appunto solo i minori, è quindi palese il motivo per cui il discorso dell’identificazione sia sentito come cruciale per i paesi e le frontiere e come quindi alcuni stranieri (minori e non) cerchino di far leva su questo aspetto. Tra questi diritti troviamo:
diritto ad un permesso di soggiorno (permesso per minore età, motivi umanitari o altro);
presa in carico da parte degli organi pubblici locali della gestione del benessere del minore e del suo sviluppo psicofisico (inserimento in strutte di accoglienza adatte, accesso ai servizi socio-sanitari, percorsi educativi e di formazione, inserimento lavorativo etc);
immunità dalla detenzione in quanto soggetto non espellibile;
divieto di espulsione22.
E’ utile ricordare comunque che non tutti i minori stranieri non accompagnati (o presunti tali) sono a conoscenza dei loro diritti di minori e dei servizi ad hoc disponibili e che il tentativo di mostrare/dichiarare un età diversa da quella effettiva non avviene solo verso il basso (dichiarando
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Non è consentita l’espulsione, salvo nei casi previsti dall’art. 13 comma 1 (motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato…) nei confronti degli stranieri minori di anni 18, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi”. (art. 19 co. 2 lettera a T.U.) 15
un età inferiore) ma anche verso l’alto, dichiarando la maggior età per paura di essere separato dai genitori, compagni di viaggio o parenti affidatari (Amnesty International Italia, 2007). A questo proposito la Commissione ha riportato anche casi in cui “i cittadini trattenuti nei CPTA affidino i propri figli ad altre persone, esterne al Centro, anch’esse in condizioni di irregolarità, al fine di sottrarli ad un possibile rimpatrio. Ciò accade frequentemente, ad esempio, nel caso di donne coinvolte in attività di prostituzione. Tali situazioni suscitano apprensione in virtù delle gravi ricadute sui diritti del minore che rimane nel territorio nazionale privo di adeguate tutele.”23
1.1.2 Il concetto di “straniero” Nella definizione di “minore straniero non accompagnato” straniero è forse l’unico attributo che è parte costante dell’identità dell’immigrato (nonostante tutti i buoni propositi di integrazione). Al compimento del diciottesimo anno di età (tranne per casi particolari, programmi di assistenza ed integrazione sociale ex art.1824) il minore straniero non accompagnato diventa uno straniero il cui status è da ridefinire. Il fatto che per straniero si intenda “non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione Europea”, in qualche modo si scontra con i principi di “universalità” dei Diritti del Fanciullo. A questo si aggiunge il problema, rilevato anche dal Save the Children Italia (2007a: 89) del fatto che come nel caso dell’entrata nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria25 (1 gennaio 2007) il 36% dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano (Bulgari e Romeni) sono di fatto diventati minori non accompagnati comunitari, senza che la normativa sulla libera circolazione dei cittadini europei chiarisca adeguatamente come debbano essere disciplinati il soggiorno e il ritorno nel paese di origine dei minori non accompagnati comunitari. In tal senso se pensiamo ai Diritti del Fanciullo e a come viene definito il minore straniero non accompagnato, la garanzia dei diritti del minore sembra per alcuni aspetti sottostare ed essere discriminata dalle politiche di controllo e limitazione dei paesi, in qualche modo eludendo il principio universale del “superiore interesse del fanciullo”.
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tratto dal rapporto Finale della Commissione, fonte Ministero dell’Interno T.U. Imm.286/98 25 Dal 1 gennaio 2007, l’entrata nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria, ha di fatto tolto dalla tutela del Comitato per i Minori stranieri i minori neo-comunitari (Rumeni e Bulgari). 24
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1.1.3 Il concetto di “non accompagnato” Come già anticipato, l’attribuzione di “non accompagnato” è fonte di ulteriori differenziazioni e interpretazioni all’interno delle istituzioni che si occupano dei minori stranieri. In Italia significa “privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano" ma anche “non richiedente asilo”. Il Programma sui Minori Separati in Europa preferisce usare il termine “separato” a quello di “non accompagnato”, poiché definisce meglio il problema essenziale con cui questi minori si devono confrontare, cioè la condizione di trovarsi senza l’assistenza e la protezione dei genitori o di un tutore legale, e pertanto, a causa di questa separazione, soffrono socialmente e psicologicamente. Nonostante alcuni minori separati sembrino essere “accompagnati” quando arrivano in Europa, gli adulti di riferimento non sono necessariamente capaci ed adeguati ad assumersi la responsabilità della loro cura. 26“
Bertozzi (2005) dipinge un panorama piuttosto variegato in termini di concettualizzazioni e definizioni dello stato di “non accompagnato”. Il UNHCR (2001) preferisce “separati”, la Francia definisce il fenomeno in vari modi “isolati”, “soli”, “non accompagnati”, “erranti”, “richiedenti asilo”, preferendo la definizione di minori stranieri “isolati”, in base all’interpretazione delle traiettorie
e le situazioni
dei ragazzi in termini di “pericolo” di “isolamento” o di
“persecuzione”, partendo dalla constatazione dell’inadeguatezza della categoria “non accompagnati” , poiché esclude i minori provvisoriamente accompagnati (Bertozzi, 2005). Il concetto di “non-accompagnato” sembra essere piuttosto labile, se pensiamo ai minori stranieri non accompagnati che dopo aver viaggiato con la famiglia si separano nei CPTA per evitare il rimpatrio, o ai minori stranieri non accompagnati che si trovano in Italia “accompagnati” da parenti in stato di illegalità. Oltre ai minori completamente soli, dunque, rientrano in tale definizione anche i minori affidati di fatto ad adulti (compresi parenti entro il quarto grado) che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale, in quanto questi minori sono comunque privi di rappresentanza legale in base alla legge italiana27.
26
UNHCR Tratto da Programma sui Minori Separati, Dichiarazione sulle buone prassi, in Europa La rappresentanza legale di un minore, infatti, è esercitata dal genitore o dal tutore. Un parente diverso dal genitore e che non sia stato nominato tutore, invece, non ha la rappresentanza legale del minore. 27
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A questo scenario possiamo aggiungere i minori vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale che spesso sono formalmente affidati (molto spesso in buona fede) al trafficante o ad un suo intermediario.
C’è poi un’altra distinzione molto importante in termini di percorsi per il minore, quella tra “minore non accompagnato” e “minore richiedente asilo”. In Italia, diversamente da molti paesi europei, sono due “amministrazioni” completamente distinte tanto che i minori richiedenti asilo sono di competenza del Ministero dell’Interno mentre i minori stranieri non accompagnati sono di competenza del Comitato Minori Stranieri, presieduto dal rappresentante del Ministero della Solidarietà Sociale. A livello europeo la frammentazione è soprattutto tra Paesi del Nord e quelli del Sud, mentre i paesi dell’Europa centrale e del Sud hanno creato politiche ad hoc accompagnati, i paesi del Nord Europa
per i minori non
considerano automaticamente tutti i minori non
accompagnati come dei richiedenti asilo (Bertozzi, 2005)
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Il momento adatto per influenzare il carattere di un bambino è all'incirca cento anni prima della sua nascita. (William Ralph Inge)
Capitolo 2: I diritti del minore straniero non accompagnato Dopo il breve excursus nel capitolo precedente sulla complessità, sulle difficoltà e sulle conseguenze relative alla definizione dello status di minore straniero non accompagnato sul territorio Italiano, è interessante esplorare i diritti che questo status, pur nella sua temporaneità, potrebbe o dovrebbe garantire al minore straniero non accompagnato. E’ utile in questo caso “risalire” alle fonti di diritto, mettendo da parte le traduzioni nazionali e locali concentrate più sulla concessione e la limitazione del diritto, e tornando alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) e alla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia (1989), ed in particolare: _______________________________
2.1. Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: Preambolo: Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo; (…) Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. Articolo 13
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese. 19
Articolo 15
3. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 4. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
2.2 Convenzione sui Diritti dell'Infanzia Articolo 2
Principio di non discriminazione 1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. 2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari. Articolo 3
Il principio di superiore interesse del bambino In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. 1. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati. 2. Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo. Articolo 6
Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo 1. Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita. 20
2. Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo. Articolo 12
Ascolto delle opinioni del bambino Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. _______________________________
E’ interessante notare come queste “nobili” dichiarazioni, che oltre ad enunciare i diritti universali dei minori, responsabilizzano gli stati in quanto garanti di tali diritti, siano poi state tradotte in una serie di risoluzioni, leggi, regolamenti e provvedimenti legislativi sia a livello europeo che nazionale, che hanno man mano “ritrattato” l’universalità e l’inviolabilità dei principi stessi (si veda ad esempio Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi. Art. 228), adattandoli alle esigenze /emergenze (reali o presunti) dei paesi e le agende politiche degli stessi. A questo proposito e solo a livello esemplificativo citiamo uno degli articoli che più ha fatto discutere ma anche “tremare” molti dei minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro paese: _______________________________
Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30) 29 1.
Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 29, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di
28 Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi. Art. 2: Ammissione 1. Conformemente alle loro legislazioni e prassi nazionali, gli Stati membri possono rifiutare l'ammissione alla frontiera ai minori non accompagnati, segnatamente a quelli sprovvisti dei documenti e delle autorizzazioni necessari a tal fine. Ai minori non accompagnati richiedenti asilo si applica tuttavia la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure di asilo, segnatamente i principi enunciati (…) 29 T .U.Imm. art. 32 co.1-bis e ter.
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soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23. 1.
-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, semprechè non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
1.
-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato. _______________________________
In cui, secondo un’interpretazione restrittiva, la conversione del permesso di soggiorno per minore età in un altro tipo di permesso di soggiorno (lavoro o studio) è prevista solo per quei minori capaci di dimostrare di trovarsi in Italia da almeno tre anni e di aver seguito un “programma di integrazione”, negando quindi la conversione del permesso di soggiorno ai minori entrati dopo il 15 anno di età ( la maggior parte) anche se già inseriti nel mondo della scuola o del lavoro30. Come sottolinea Bertozzi (2005), le politiche sociali per i minori stranieri non accompagnati oscillano in un continum non sempre lineare, tra la promozione dell’integrazione ed inclusione sociale del minori stranieri non accompagnati, e il suo “controllo” sul territorio, tra la volontà di inserirlo in un processo di empowerment ed autonomia e la realtà del fatto che il minore straniero in quanto tale non gode pienamente dei diritti dei minori cittadini italiani, in quanto facente parte della questione immigrazione in cui “…l’irregolarità delle presenze chiama in causa le politiche repressive della clandestinità e le politiche di controllo e sicurezza” (Bertozzi, 2005: 227).
30
A tale proposito ricordiamo l’intervento della Corte costituzionale sent. n. 198/03; Consiglio di Stato, sent. n. 1681/05: le due sentenze riconoscono l’immutata operatività dell’art.32, co.1, che consente il rilascio del permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni ai minori che siano sottoposti a tutela o affidati, senza dover dimostrare gli ulteriori requisiti richiesti dalla Bossi – Fini 22
Nel variegatissimo panorama delineato da Bertozzi (2005) e Carchedi (2004) sviluppatosi attraverso l’interpretazione dei riferimenti legislativi esistenti e attività autonome per supplire la carenza degli stessi si colloca un Italia in cui i minori stranieri non accompagnati sono affidati all’Ente locale e alle sue risorse; un Ente locale che è attivo in sinergia con le forze dell’ordine e il mondo del sociale ma in cui i diritti all’inclusione e allo sviluppo dipendono dall’organizzazione degli interventi più o meno strutturati di molteplici attori locali.
2.3 I permessi di soggiorno La traduzione più concreta dei principi applicati in materia di minori stranieri non accompagnati è la rosa di tipologie dei permessi di soggiorno31. In questa sede ci limitiamo solamente ad elencare le diverse tipologie che possono essere rilasciati al minore non accompagnato in base alle disposizioni del T.U. 286/98, del relativo regolamento di attuazione, e di alcune circolari ministeriali.32 _______________________________
In base alle disposizioni del T.U. 286/98, del relativo regolamento di attuazione, e di alcune circolari ministeriali. 1) Permesso di soggiorno per minore età: In particolare, la circolare del Ministero dell'Interno del 23.12.1999 prevede che “In particolare, viene previsto, per i minori inespellibili di età superiore ai 14 anni, il rilascio del permesso di soggiorno per “minore età”. Al riguardo, si chiarisce che tale titolo di soggiorno verrà rilasciato solo in via residuale e qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore (es. motivi familiari, adozione, affidamento)”; Il permesso di soggiorno per minore età non consente di esercitare attività lavorativa e non può essere convertito al compimento della maggiore età (circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000).
2) Permesso di soggiorno per affidamento Neanche il permesso di soggiorno per affidamento è chiaramente disciplinato dalla legge: il T.U. 286/98, infatti, si limita ad indicare il permesso di soggiorno per affidamento all’art. 34 (relativo all’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale), ma non stabilisce quali siano i presupposti per il rilascio di tale permesso di soggiorno né i diritti ad esso connessi. 31
Fonte www.savethechildren.it Per un approfondimento sugli aspetti giuridici relative ai minori stranieri non accompagnati, www.savethechildren.it “I minori stranieri non accompagnati” schede sugli aspetti giuridici a cura di Elena Rozzi (settembre 2002)
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La circolare del Ministero dell’Interno del 13.11.2000 indica il permesso di soggiorno per affidamento come il tipo di permesso di soggiorno che viene rilasciato al minore affidato ex legge 184/83, e sembra equiparare perfettamente il permesso per affidamento a quello per motivi familiari. Probabilmente si può considerare il permesso per affidamento semplicemente come una definizione più specifica del permesso per motivi familiari rilasciato a minori affidati ex legge 184/83: di conseguenza possiamo ritenere che la durata, la convertibilità alla maggiore età e i diritti connessi a questo tipo di permesso di soggiorno siano disciplinati dalle stesse disposizioni che disciplinano il permesso di soggiorno per motivi familiari.
3) Permesso di soggiorno per motivi familiari In base al T.U. 286/98 e al regolamento di attuazione D.P.R. 394/99, il permesso per motivi familiari viene rilasciato al minore: affidato a cittadino straniero ex art. 4 della legge 184/83 (T.U. 286/98, art. 31); affidato o sottoposto a tutela e ricongiunto con l’affidatario o tutore (T.U. 286/98, art. 29); convivente con cittadino italiano parente entro il quarto grado (regolamento di attuazione, art. 28). Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente di esercitare attività lavorativa (T.U. 286/98, art. 6) e può essere convertito al compimento della maggiore età. _______________________________
Permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art.18 commi 1-5 (vittime di violenza o grave sfruttamento) Vale invece la pena di approfondire la norma riguardante il Permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art.18 commi 1-5 (vittime di violenza o grave sfruttamento) (ex Permesso di soggiorno per protezione sociale), poiché è il tipo di permesso di cui gode la maggioranza delle minori straniere non accompagnate vittime di tratta di cui parleremo nei capitoli successivi33 _______________________________
Il T.U. 286/98, art. 18, co. 6 stabilisce che può essere rilasciato (all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena) un permesso di soggiorno per protezione sociale allo straniero che ha terminato l’espiazione di una pena detentiva inflitta per reati commessi durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale. Inoltre, il T.U. 286/98, art. 18, co. 1 prevede che il permesso per protezione sociale possa essere rilasciato quando "[…] siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita a uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio". In questi casi il questore, anche su proposta del procuratore della repubblica, o con il parere favorevole della stessa 33
Tratto da http://pace.unipi.it/ricerca/sportello/schiavitu/art18 24
autorità, rilascia il permesso di soggiorno per protezione sociale "per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale". Tale disposizione si applica naturalmente anche ai minorenni.34 Il permesso di soggiorno per protezione sociale consente di esercitare attività lavorativa (T.U. 286/98, art. 18) e non viene revocato al compimento della maggiore età. Permesso di soggiorno per motivi umanitari ex art.18 commi 1-5 (vittime di violenza o grave sfruttamento)3536 L’articolo 18 del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina sull’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286/98) prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale al fine di “consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale” (art. 18, comma 1). La novella introduce nell’ordinamento italiano uno strumento d'avanguardia che, nella opportuna scissione tra tutela giudiziaria e “sociale”, appare idoneo ad offrire una forma di protezione effettiva e reale. Infatti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale non e’ in alcun modo subordinato ad un obbligo di denuncia da parte della vittima e consente quindi quel preliminare recupero sociale e psicologico che e’ poi ragione di un clima di fiducia necessario alla successiva ed eventuale collaborazione giudiziaria. Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale permette di superare i limiti e le contraddizioni insite nel c.d. permesso di soggiorno per motivi di giustizia che determinava una regolarizzazione del soggiorno limitata alla durata del processo. Quest'ultimo strumento si è rivelato inidoneo in quanto, avendo durata limitata, non creava nella vittima quella fiducia nelle istituzioni che le consentiva di superare la paura dei suoi "aguzzini". I presupposti previsti dall'art. 18 D.Lvo. 286/98 per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale sono: 1) la violenza o il grave sfruttamento ( da intendersi comprensivo non solo dello sfruttamento sessuale, ma anche del lavoro forzato, della servitù domestica, ed in generale di tutte le situazioni in cui lo sfruttamento deriva non tanto dall'uso di mezzi violenti, quanto dalla condizione di estrema indigenza della vittima ). 2) il concreto pericolo per l'incolumità. Tale presupposto risulta indefettibile sia quando legato alla violenza che quando associato alla situazione di grave sfruttamento. L'art. 18, comma 2, D.Lvo 286/98 e l'art. 27, comma 2, D.P.R.31 agosto 1999 n. 394 , richiedono che il pericolo sia grave ( gravità che è in re ipsa trattandosi di pericolo per l'incolumità ) ed attuale (vale a dure concreto ). 34
Poiché, come sottolineato nell'introduzione, non abbiamo voluto trattare la questione - gravissima, ma dotata di sue specificità - dei minori vittima della tratta, non approfondiamo qui la questione del permesso per protezione sociale. Non abbiamo analizzato, per la stessa ragione, le disposizioni della legge 269/98. 35 Tratto da http://pace.unipi.it/ricerca/sportello/schiavitu/art18 36 Per un approfondimento: http://www.ristretti.it/areestudio/stranieri/iniziative/permesso.htm a cura di Salvatore Facile, Associazione diritti Minori 25
3) Causa del pericolo. I fattori causativi del pericolo di cui al punto precedente, ai sensi dell'art. 18 D.Lvo. 286/98, sono il tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di una associazione dedita ad uno dei predetti delitti oppure le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio. Per quanto riguarda il richiamo all'associazione criminale deve intendersi in senso atecnico, cioè non è necessario che si configuri una vera associazione per delinquere ex art. 416 c.p. Due sono i percorsi per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari: a) Pecorso giudiziario : l'iniziativa parte dal Pubblico Ministero nel caso in cui sia in corso un procedimento penale relativo a fatti di violenza o grave sfruttamento nel quale lo straniero abbia reso dichiarazioni. In questo caso la proposta, indirizzata al Questore, deve motivare in ordine alla importanza delle dichiarazioni rilasciate dallo straniero nell'ambito del procedimento penale, in particolare con riferimento alla loro attendibilità e all'esistenza del pericolo per l'incolumità. b) Percorso sociale: l'iniziativa parte da uno dei soggetti indicati nell'art. 27 lett. a) D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, che sono: i servizi sociali degli enti locali, le associazioni, enti o altri organismi iscritti al registro di cui all'articolo 52, comma 1, lettera c), D.P.R.31 agosto 1999 n. 394 (registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati) convenzionati con l'ente locale. Anche questi soggetti attivano il percorso sociale per la richiesta del permesso di soggiorno quando hanno rilevato situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti dello straniero. La duplice modalità d'impulso del procedimento costituisce il sistema cd del "doppio binario". L'aspetto più saliente di questo schema normativo consiste nella possibilità per lo straniero "vittima" di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale senza venire in contatto con l'autorità giudiziaria, cioè senza sporgere denuncia. A seguito dell'iniziativa, il Questore dovrà verificare la sussistenza delle condizioni stabilite dal T.U. per il rilascio del permesso di soggiorno. Si aprono allora tre diversi scenari: Caso 1) La proposta viene fatta dal pubblico ministero nei casi in cui è in corso un procedimento penale per reati di violenza o grave sfruttamento nei confronti dello straniero. In questo caso sarà il magistrato a valutare tutti i presupposti richiesti dall'art. 18. Il Questore è obbligato a chiedere il suo parere circa la sussistenza della gravità ed attualità del pericolo solo la proposta avanzata dalla stessa autorità giudiziaria è carente di motivazione sul punto (caso evidentemente di difficile attuazione). L'accertamento giudiziale dei presupposti previsti dall'art. 18 per il rilascio del permesso di soggiorno vincola il Questore, che in detta ipotesi non potrà negare il permesso di soggiorno. Caso 2 ) La proposta è presentata da uno dei soggetti di cui all'art. 27 lett. a) D.P.R.31 agosto 1999 n. 394, dopo che lo straniero ha reso dichiarazioni in un procedimento penale (sempre che il pubblico ministero ometta l'iniziativa). I soggetti proponenti hanno l'obbligo di motivare in ordine ai presupposti della violenza e del grave sfruttamento. Il Questore dovrà chiedere il parere al pubblico ministero titolare delle indagini in corso. Il parere in questo caso avrà ad oggetto solo il presupposto del pericolo che potrà essere valutato in base alla dichiarazioni rilasciate dallo straniero nel procedimento penale ( quindi in relazione al valore probatorio di esse ). In questo caso il Questore, pur dovendo chiedere il parere del p.m, non è vincolato dal suo contenuto. Il Questore infatti potrebbe rilasciare il permesso di soggiorno ( nonostante un parere negativo del P.M.) sulla base di una valutazione autonoma del pericolo per l'incolumità, derivante non dalle dichiarazioni rese, ma dal tentativo della vittima di sottrarsi al condizionamento del gruppo criminale. In questo caso 26
si potrà legittimamente prescindere, quindi, dal valore probatorio delle dichiarazione rilasciate dallo straniero nell'ambito del procedimento penale. Caso 3 ) E' questa l'ipotesi del c.d. percorso sociale puro. Lo straniero non ha reso dichiarazioni in un procedimento penale e la proposta di permesso di soggiorno viene avanzata dai soggetti di cui all'art. 27 lett. a ) D.P.R.31 agosto 1999 n. 394. Il Questore in tale ipotesi non è obbligato a chiedere il parere del pubblico ministero e valuta la sussistenza dei presupposti esclusivamente in base ad un accertamento in fatto cioè facendo una valutazione del contenuto della proposta come previsto dall'art. 27, comma 3, D.P.R.31 agosto 1999 n. 394. In caso di rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno il Questore ha l'obbligo di motivare circa l'insussistenza dei presupposti così come configurati nella proposta. L'aspetto importante della normativa è che il parere del P.M. non è necessario nel procedimento per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ma eventuale. Diversamente si snaturerebbe il sistema del doppio binario, obbligando la vittima a venire comunque a contatto con l'autorità giudiziaria e quindi strumentalizzandola. Tuttavia per anni, in alcune città tutt'oggi, le Questure hanno seguito l'indirizzo opposto, ritenendo indefettibile il parere del P.M. che assumeva così un ruolo determinante a discapito della ratio normativa dell'art. 18. Accertata la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 18 D.Lvo. 286/98 il Questore dovrà : a) acquisire il programma di assistenza ed integrazione sociale; b) acquisire l'adesione dello straniero al programma; c) ricevere la dichiarazione del responsabile della struttura di accoglienza Questi tre presupposti sono indefettibili per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale sia con il percorso sociale che con il percorso giudiziario. Al momento dell'adesione al programma di protezione sociale, lo straniero è edotto circa le conseguenze derivanti dall'interruzione del programma o dall'assunzione di una condotta incompatibile con i fini del programma. L'adesione al programma avviene con l'inserimento in una struttura protetta o a distanza ( quando lo straniero ha già un inserimento e segue il programma dando conto all'associazione del contesto sociale e lavorativo in cui opera ); Il D.P.R. 334/2004 ha novellato l'art. 27 D.P.R.31 agosto 1999 n. 394 introducendo due commi finalizzati alla risoluzione di una serie di problemi interpretativi ai quali la formulazione normativa precedente aveva dato luogo. Il primo problema riguardava la dicitura riportata sul permesso di soggiorno; alcune Questure apponevano sul documento la dizione “art. 18 “ o “motivi di protezione sociale”. La nuova normativa prevede ora che il permesso di soggiorno ex art. 18 debba contenere l'inciso “ motivi umanitari “, senza che in nessun modo sia riconoscibile il motivo del rilascio. Si vuole evitare così che, ad esempio, le donne siano subito identificate come ex prostitute e perciò discriminate, assicurando così una piena integrazione sociale allo straniero. L'art. 18, 5° comma prevedeva la conversione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in permesso di soggiorno per motivi di studio. Questa infelice formulazione aveva indotto alcune Questure a negare la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, consolidando una prassi che non trovava plausibile giustificazione nella ratio normativa. Il legislatore ha dunque risolto la stortura interpretativa con il nuovo comma 3 bis dell'art. 27, prevedendo espressis verbis la convertibilità del permesso di soggiorno per motivi umanitari in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Con l'entrata nell'Unione Europea dal 1 gennaio 2007 della Romania e della Bulgaria si è posto il problema concreto di non escludere dalla tutela dell'art. 18 le vittime provenienti da questi paesi neocomunitari vista la elevata percentuale di vittime di sfruttamento provenienti da questi paesi (si consideri che oltre il 30% degli stranieri già ammessi a programmi di protezione sociale per effetto del citato articolo 18 proviene dalla Romania). Il legislatore è intervenuto sul filo di lana inserendo nel 27
decreto legge 28 dicembre 2006 n. 300 l'art. 6, comma 4 che estende la partecipazione ai programmi di protezione sociale anche ai soggetti che non hanno necessitĂ del permesso di soggiorno. ______________________________
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Tu lascerai ogni cosa diletta Più caramente; e questo è quello strale Che l’arco de lo esilio pria saetta. Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale. (Paradiso, XVII, vv. 55-60)
Capitolo 3: Il progetto migratorio del minore straniero non accompagnato Quando si tratta di minori stranieri non accompagnati è difficile capire il progetto migratorio del minore a livello di “proprietà” del progetto stesso, cioè il valore e la rilevanza delle molteplici “spinte” e fattori che hanno portato il minore a lasciare il proprio paese e intraprendere la difficile strada dell’immigrazione. In tal senso è difficile collocare il “potere decisionale” dei minori stranieri non accompagnati all’interno di una linea continua che vede da un estremo il profilo della “vittima” e dall’altro quello dell’ “attore/perpetratore”. Riferendosi alla facile attribuzione di vittimizzazione al minore, De Sas Kropiwnicki (2007) avverte circa le implicazioni – anche a livello di ricerca scientifica - nel trattare sempre come “vittime” i bambini/minori trafficati, in qualche modo oscurando le loro motivazioni e le loro capacità decisionali. Come riporta Surtees (2005: 20) “dobbiamo riuscire ad aumentare l’accesso ai dati relativi ai processi decisionali dei minori – chi consultano (pari, insegnati, genitori etc), a che punto prendono la decisione e come possiamo raggiungerli prima che questa decisione venga presa”.
A tale proposito, in considerazione del fatto che l’analisi nel capitolo successivo tratterà di minori di sesso femminile, distinguiamo i percorsi in base al genere già da adesso, poiché il genere assieme ad altre variabili, come verrà poi approfondito, è un determinante di molti progetti migratori rivelatisi poi tratta di minori a scopo di sfruttamento sessuale. Detto questo, non si vuole sminuire o ridurre in nessun modo il traffico di minori di genere maschile, reclutati per lo sfruttamento lavorativo, l’accattonaggio, il reclutamento in bande criminali e lo stesso sfruttamento sessuale37, ma solo chiarire che, data la letteratura disponibile e il campione della ricerca, quanto verrà detto nelle prossime pagine rifletterà più specificamente il genere femminile e non sarà sempre estendibile al genere maschile. 37
IOM. Trafficking of Men -- A Trend Less Considered, Global Eye on Human Trafficking (Edizione Dicembre 2007) 29
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3.1 Il paese di origine (quando la povertà è donna) Parlando della situazione dei paesi origine di molte vittime di tratta, Limanowska (2003) parla di paesi che vivono un grave declino sociale ed economico, in cui:
la disoccupazione, l’inflazione, le differenze di reddito e la povertà sono aumentati;
le condizioni di vita e l’accesso ai servizi vanno deteriorandosi;
la transizione da una economia di stato ad una di mercato ha portato una crescente disuguaglianza in termini di status economico e posizione sociale;
la mancanza del governo della legge e la severità delle situazioni economiche ha favorito lo sviluppo del mercato nero.
Sempre secondo Limanowska (2003) questa fase di transizione ha indebolito la posizione delle donne nel mercato del lavoro, causando la disoccupazione di molte donne e la “Femminilizzazione della povertà”, portando ad un aumento della migrazione soprattutto da parte di giovani donne. In molti dei paesi dell’Europa Centro-Orientale con economie di transizione, la situazione sociale e politica delle donne sta peggiorando. La vita della donna sembra essere caratterizzata da: violenza, abusi, dalla contraddizione tra il loro profilo basso all’interno della famiglia e la loro responsabilità per la sopravvivenza della stessa, e dalla mancanza di potere di influenzare la vita pubblica e politica. La decisione di migrare viene quindi considerata in una condizione di difficoltà economica, dove prevale un ruolo tradizionale della donna nella società e nella famiglia, e in una società che è comunque a conoscenza dei modelli di stile di vita occidentali (Limanowska, 2003).
Nel caso della Romania, poiché l’analisi nel prossimo capitolo prenderà più specificatamente in considerazione le minori provenienti da questo Paese, il passaggio da un‘economia di stato ad una di mercato ha portato ad un tracollo dell’intero paese, “tra il 1990 e il 992 la produzione industriale è diminuita del 54%”, e ha visto le donne come prime vittime dirette della disoccupazione. Questo ha portato ad una diminuzione nella partecipazione politica, mentre la violenza contro di loro così come la loro dipendenza economica è aumentata, e questo soprattutto per le giovani donne (Limanowska, 2003: 37-38). L’analisi della situazione di partenza del minore che seguirà nei prossimi capitoli, si basa sull’assunto che il minore si appoggia a reti di traffico internazionale per emigrare all’estero.Nella stragrande maggioranza dei casi, specie per le ragazze minori straniere non accompagnate di età superiore ai 31
quattordici anni la tratta è a scopo di sfruttamento sessuale. Questo dato troverà riscontro anche nell’indagine conoscitiva (Cap. 5) dove tutte le accolte godono di permesso di soggiorno per motivi umanitari (vedi Cap. 3 per specifiche). In tal senso è utile ricordare le definizioni dei due canali principali, utilizzati per fare entrare minori stranieri non accompagnati in Italia38: _______________________________ Tratta di esseri umani, violazione dei diritti umani, (in inglese trafficking in human beings)
(a) “La tratta di persone” indica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o l’accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso di un soggetto che ha il controllo su un’altra persona, per fini di sfruttamento. Per sfruttamento si intende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro o servizi forzati, la schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, l’asservimento o l’espianto di organi; (b) Il consenso di una vittima di tratta di esseri umani allo sfruttamento di cui alla lettera (a) è irrilevante laddove sia stato utilizzato uno qualsiasi dei mezzi di cui alla lettera (a); (c) il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o l’accogliere un minore a scopo di sfruttamento sono considerati “tratta di esseri umani” anche se non comportano l’utilizzo di nessuno dei mezzi di cui alla lettera (a) del presente articolo; (d) Per “minore” si intende ogni persona avente meno di diciotto anni di età. 39 Traffico di migranti, violazione diritto di stato-frontiera, (in inglese smuggling) (a) "Traffico di migranti" indica il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l'ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente; (b) "Ingresso illegale" indica il varcare i confini senza soddisfare i requisiti necessari per l'ingresso legale nello Stato d'accoglienza; (…) 40
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Tratto da www.osservatoriotratta.it Art. 3, Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, sopprimere e punire la tratta di persone, specialmente di donne e minori (2000), detto anche “Protocollo di Palermo”. 40 Art. 3 Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. 39
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3.2 Prima della partenza, (profilo di una vulnerabilità annunciata?) Come riportano diverse fonti, qui citiamo i dati dell’Osservatorio Tratta41 e De Sas Kropiwnicki (2007), e come anticipato nel precedente capitolo, moltissimi possono essere i fattori di spinta dietro la “scelta” di migrare da parte del minore e il rischio di entrare nella trappola di trafficanti senza scrupoli. Stabilire un rapporto di causalità è assai incauto, visto la concomitanza di fattori personali, interpersonali e contestuali e la difficoltà di determinare la loro valenza all’interno della scelta, non sempre individuale, del minore. E’ invece possibile discutere di fattori di rischio e di un certo profilo alla vulnerabilità ad entrare in circuiti di traffico e nello specifico femminile di tratta di minori straniere a scopo di sfruttamento sessuale. La letteratura, Limanowska (2003), De Sas Kropiwnicki (2007), IOM (2003) e Surtees (2004) propone diverse distinzioni nel delineare i fattori di spinta ad emigrare e di rischio ad intraprendere certe scelte, nonché in termini di vulnerabilità e propensione a cadere all’interno di processi di traffico/tratta di esseri umani. Per semplicità possiamo raggruppare questi fattori in una macrocategoria povertà e aspirazioni personali e una serie di fattori di rischio le cui variabili si combinano nella formazione della scelta di partire.
3.2.1 Povertà e aspirazioni personali Considerata da molti il fattore di “spinta” per eccellenza, che porta il migrante alla ricerca di migliori opportunità e stili di vita diversi, la povertà è una causa a livello macro, nel senso che certamente la crisi socio-economica vissuta da molti paesi, ha sviluppato disagio e povertà. E’ anche vero che a livello micro come trovato da Lazaroiu et Alexandru, (2003) e Surtees (2004) le vittime di tratta sono normalmente nella media a livello di standard di vita e reddito familiare. Più che una povertà oggettiva, il fattore rilevante come suggerisce Lazaroiu et Alexandru (2003), sembra essere la percezione e la soddisfazione personale del proprio status economico e sociale e le aspirazioni a standard di vita diversi, sia a livello personale che familiare. A conferma di questo riportiamo un passaggio tratto dal Rapporto sul Traffico di Donne dalla Romania alla Germania (UNICRI, 2005: 36):
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Osservatorio e Centro Risorse sul Traffico di Esseri Umani, http://www.osservatoriotratta.it/ (principali trend sullo sfruttamento sessuale) 33
(..) dovrebbe essere menzionato che il livello di povertà non deve sempre essere inteso come impossibilità di sopravvivere, molte persone sono molto più interessate alla propria immagine e l’accumulo di ricchezze senza le quali si sentirebbero socialmente esclusi quando paragonati ai modelli di successo promossi dalla società. A questi desideri di benessere è chiaramente legata una prospettiva di lavoro all’estero (reale o meno) tale da poter permettere lo stile di vita idealizzato. E’ ad esempio con questo tipo di logica che molte donne vengono attratte dai trafficanti e da annunci su giornali. Su un campione di 62 donne vittime di tratta (UNICRI, 2005) “l’aspirazione ad uscire dalla povertà e ad accedere ad uno stile di vita diverso” era la motivazione principale che in qualche modo le aveva spinte nella rete dei trafficanti.
Trai fattori di rischio che un po’ delineano il tratto della vulnerabilità a cadere nelle mani dei trafficanti troviamo:
3.2.2 Propensione al rischio Tipico tratto degli adolescenti legato al “bisogno” di uscire dalle regole e legato alle ambizioni personali. A questo si aggiunge una certa sensazione di impotenza rispetto alla capacità di cambiare o migliorare il proprio status attraverso le opportunità educative e di lavoro nel proprio territorio.
3.2.3 Propensione alla migrazione La migrazione è vista come l’unica opportunità per dare una svolta alla propria vita e a quella della propria famiglia. E’ importante capire come “migrare” venga interpretato dalla comunità di riferimento, cioè se è considerato un comportamento “rischioso” o di “stabilità” di “ fuga” o di “responsabilizzazione” verso la comunità e la famiglia. In tal senso giocano a favore di una cultura promigrazione i mezzi di comunicazione che di solito dipingono i paesi occidentali come paradisi di libertà e facile lusso e i racconti idealizzati dei connazionali che a dir loro “hanno fatto fortuna” all’estero, normalmente scremando il racconto di tutti i rischi intrapresi e le situazioni di grave disagio sofferte.
3.2.4 Situazione familiare, opportunità di lavoro e integrazione La famiglia, e i genitori in particolare, giocano un fattore decisivo nella scelta di emigrare e nel rischio di cadere vittima della tratta di esseri umani. Il nucleo familiare può diventare un fattore di spinta, le ragazze provenienti da famiglie in cui il padre è assente e la madre ha in carico l’onere di provvedere al 34
sostentamento della stessa, o le famiglie in cui le ragazze sono vittime di abusi o violenza, sono quelle da cui provengono molte vittime di tratta. Interessante a questo proposito la ricerca di Lazaroiu et Alexandru (2003) che ha svolto una serie di focus group con famiglie e genitori in diverse regioni della Romania per capire il livello di consapevolezza e conoscenza del fenomeno della tratta da parte delle stesse. Secondo i risultati della sua ricerca, i genitori delle ragazze più vulnerabili sono in realtà più consapevoli del rischio di tratta, mentre le ragazze più vulnerabili sono le meno consapevoli rispetto al fenomeno della tratta. 3.2.5 Livello di istruzione Come confermerà anche l’indagine nel prossimo capitolo, le vittime di tratta hanno un basso livello di istruzione e non vedono l’istruzione come uno strumento per raggiungere obiettivi di sviluppo, carriera, e ritorno economico. Questo chiaramente riduce il loro potere competitivo nel mercato del lavoro locale e spinge ancor più le ragazze a guardare altrove e a farsi “incantare” da false promesse non avendo strumenti critici per valutare la fondatezza di allettanti offerte di lavoro all’estero.
Oltre a questi fattori generali di rischio che possono concorrere o meno vi è anche una sfera personale e interpersonale che concorre nella decisione finale, quali auto-stima, fiducia nelle proprie capacità, stabili rapporti affettivi e interpersonali con il gruppo di pari.
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3.3 Il Fenomeno della tratta e del traffico di esseri umani Secondo le stime della Nazioni Unite (Office for Drug Control and Crime Prevention), “il traffico di esseri umani è il business con il tasso di crescita maggiore all’interno delle attività criminali”. La regione del sud-est Europa è la regione preferita per il reclutamento e il transito di esseri umani. Una delle ragioni per lo sviluppo eccezionale del business del traffico di esseri umani sono i margini di profitto estremamente alti rispetto ai rischi e ai costi che implicano. A differenza del traffico di stupefacenti, il traffico di esseri umani è considerato in molti paesi come un crimine minore che prevede pene lievi. Inoltre il traffico di esseri umani non richiede speciali strumenti ne un network organizzato per la distribuzione (come invece prevede lo spaccio di stupefacenti). In aggiunta, in caso di pericolo, gli immigranti (che pagano il servizio in anticipo) possono essere facilmente abbandonati, come poi in pratica spesso accade. (Hajdinjak, 2002: 48) Il business della tratta, soprattutto per lo sfruttamento sessuale, si sviluppa allo stesso ritmo e con margini di guadagno ancora più spaventosi. L’NGO svedese Kvinna Till Kvinna stima che 500.000 donne siano trafficate ogni anno nell’UE. IOM stima che circa 200.000 siano dall’Europa orientale e centrale, e dall’ex Unione Sovietica. Tra il 10 e il 30% delle ragazze, trafficate a scopo di sfruttamento sessuale, hanno un età inferiore ai 18 anni, Nel caso dell’Albania, le ragazze minori rappresentano un allarmante 80% (in Limanowska 2003). Il “reclutamento” sembra avvenire sempre attraverso amici, conoscenti, e persone di “fiducia” (Lazaroiu et Alexandru 2003, UNICRI, 2005). Le aree di partenza, rotte e luoghi di destinazione sembrano cambiare regolarmente per evitare controlli e ispezioni, le ragazze sembrano entrare con un visto falso o con un visto turistico, affidandosi direttamente al trafficante o ad una cosiddetta agenzia viaggi, normalmente specializzate in questo tipo di traffici. Secondo Limanowska (2003) i trafficanti sembrano conoscere i punti più “porosi” dei confini o dove è più semplice “negoziare” il passaggio. In tal senso il ruolo chiave e “complice” delle autorità di frontiera è innegabile, nello studio di UNICRI (2005) nessuno degli ufficiali di frontiera rumeni riporta l’avere assistito o vissuto esperienze di corruzione, mentre le stesse vittime di traffico ricordano “pagamenti” alla frontiera da parte dei trafficanti.
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Il tragitto dal luogo di partenza a quello di destinazione avviene per le ragazze dell’Europa Orientale solitamente in auto o in piccoli bus. Spesso questo momento di passaggio viene utilizzato dai trafficanti per “iniziare” le ragazze a quello che sarà poi il loro futuro una volta raggiunte a destinazione. Zimmerman et al (2006: 10), riporta che su un campione di 207 donne vittime di tratta, provenienti da 14 Paesi e trafficate in 24 Peasi, durante il viaggio il 95 % aveva subito violenza fisica o sessuale tra cui tre quarti delle rispondenti riportavano di essere state aggredite e il 90 % di essere state abusate sessualmente. A questi abusi si aggiungono anche minacce verso le vittime o le loro famiglie.
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What has fieldwork taught me about culture and risk? That most of the time, (…) when we use the word culture what we are really talking about is inequality (Maher, L. 2002),
Capitolo 4: L’indagine conoscitiva L’idea di questa indagine conoscitiva è nata durante il tirocinio presso l’Associazione Mimosa di Padova42 e in particolare presso una comunità femminile protetta di prima accoglienza. Quasi tutte le accolte in questa comunità hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari, vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. E’ comprensibile un interesse nel conoscere le loro storie e il loro vissuto e voler capire le cause (perché si cercano sempre quelle) di queste traumatiche esperienze, nonché il voler indagare per capire i meccanismi e le sfaccettature del progetto migratorio dietro il volto di ogni ragazza. Queste spinte “scientifiche” (o mere curiosità) hanno dovuto ahimè fare i conti con la realtà, in termini di dati disponibili, accessibilità e fruibilità degli stessi.
Nelle diverse fasi di ideazione ed elaborazione di questa indagine sono andata restringendo umilmente e gradualmente l’oggetto dell’indagine, e nel processo ho in qualche modo sperimentato e appreso in prima persona i problemi e le questioni metodologiche che in molte analisi bibliografiche (Ennew 1996, De Sas Kropiwnicki 2007), vengono riportati come problemi di fondo della ricerca scientifica che si occupa di minori stranieri non accompagnati vittime di tratta.
Condivido in tal senso questa indagine che, pur non proponendo niente di innovativo o sperimentale, se non altro tenta di confrontarsi con quanto detto finora dalla letteratura.
4.1 Metodologia Come già anticipato, la questione metodologica è cruciale negli studi e nelle analisi che hanno come oggetto di ricerca le minori straniere non accompagnate vittime di tratta o grave sfruttamento. Alla base di questa problematicità vi è proprio la peculiarità di questa fascia di popolazione e l’attenzione che 42
Vedi introduzione 38
richiede la raccolta dati, il sapere ascoltare e interpretare informazioni rese da minori, spesso vittime di sfruttamento e abusi, non sempre capaci di raccontare ed elaborare il proprio vissuto. Detto questo, non è quindi sorprendente il fatto che come sostiene Ennew (1996), l’approccio emotivo e la forma narrativa siano spesso preferiti all’approccio scientifico. In una ricchissima analisi bibliografica sul fenomeno dei bambini e della prostituzione, Ennew (1996) sostiene che quando un approccio scientifico (o presunto tale) viene scelto come metodo di indagine, questo spesso rivela le seguenti lacune:
- Qualità dei dati: i dati a disposizione spesso provengono da censimenti e poco si sa di chi effettivamente raccoglie i dati, il modo e il contesto in cui questa raccolta avviene e il modo in cui vengono interpretati prima di essere inseriti. Anzi, molti dei dati a disposizione sono raccolti da forze dell’ordine e altri rappresentanti istituzionali (che potrebbero intimorire il minore al momento del colloquio/questionario), da attivisti o volontari, che non hanno esperienza nel campo della ricerca scientifica, specie con minori. Aggiunge inoltre che i dati sono spesso riportati in forma aneddotica utilizzando spesso il questionario come unico metodo di raccolta dati.
- Rappresentanza del campione, i dati reali provenienti da censimenti, colloqui e confessioni, vengono in realtà solo da una parte della fascia di popolazione totale, quella che ha deciso di “collaborare” con le forze dell’ordine o le istituzioni, e niente si sa della fascia “invisibile” (quella che non raggiunge o non viene raggiunta dai servizi) nonostante i risultati delle ricerche spesso vengano estesi a tutta la popolazione.
- Scientificità dell’analisi,sulla base della complessità dei punti appena elencati si aggiunge una certa facilità nell’attribuire causalità o rapporti di correlazione tra le diverse variabili analizzate, non tenendo conto della rigorosità scientifica necessaria per riuscire ad individuare questo tipo di relazioni tra i dati a disposizione.
Come suggerisce anche Limanowska (2003) uno dei problemi centrali ruota attorno al fatto che le opinioni delle potenziali ed effettive vittime della tratta, vengono raramente prese in considerazione al momento della programmazione di una iniziativa a loro favore.
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Fatte queste premesse, posso confermare che anche l’indagine conoscitiva da me condotta presenta molti dei “vizi” di forma qui sopra elencati.
4.2 Scopo Inizialmente, con l’indagine conoscitiva avrei voluto esplorare i profili delle minori straniere non accompagnate, accolte in una struttura protetta di prima accoglienza a Padova. Oggetto specifico sarebbe dovuto essere il percorso fatto dalle ragazze per arrivare in Italia a partire dall’ideazione del progetto migratorio al loro inserimento in comunità e possibilmente anche dopo l’uscita dalla comunità. Non avendo gli strumenti, le conoscenze e le capacità per poter affrontare un questionario o un’intervista rivolto alle accolte o ex accolte nella comunità, ho lasciato cadere da subito l’ipotesi di questo tipo di percorso. A questo proposito la letteratura è piuttosto chiara circa il rischio di non attendibilità di informazioni raccolte da persone che non hanno una preparazione specifica nella raccolta di dati da parte di minori vittime di sfruttamento (Ennew 1996, De Sas Kropiwnicki 2007). Un eventuale intervista abbinata alla somministrazione di questionari, (che poi avrebbe richiesto una serie di interviste distribuite nel tempo) sarebbe andato ad attingere a vissuti dolorosi e ad eventuali traumi ancora in fase di elaborazione.
L’idea iniziale è stata quindi quella di elaborare dati già raccolti, con la speranza di poter accedere al database dell’Associazione contenente i profili con le informazioni e cercare di raggruppare e analizzare i “vissuti” per poter poi riuscire a delineare dei percorsi comuni dall’arrivo delle ragazze accolte fino all’inserimento sociale e lavorativo. Neanche questo tipo di percorso è stato possibile per una serie di motivi che un po’ riprendono i problemi metodologici di fondo anticipati nei paragrafi precedenti. Ho dovuto quindi ridefinire un po’ la ricerca utilizzando una tabella di dati quasi esclusivamente quantitativi (Vedi Appendice 1) messa a disposizione dall’Associazione e di una breve intervista con Andrea Costa, (tenutasi Venerdì 1 febbraio 2008) cercando di capire come utilizzare questi dati.
Origine, raccolta e accesso ai dei dati
40
I dati relativi ai minori stranieri non accompagnati con permesso di soggiorno per motivi umanitari sono quanto mai sensibili e quindi comprensibilmente conservati con tutte le misure di sicurezza e protezione necessarie. Nello specifico dell’Associazione i dati riguardanti le minori straniere non accompagnate con permesso di soggiorno per motivi umanitari sono conservate in cartelle individuali all’interno delle quali si trova tutta la documentazione relativa alla minore accolta organizzata in diversi file. A questo si aggiunge che i dati relativi alle ragazze accolte e al loro percorso non sono inseriti in un database relazionale con dati uniformi interrogabili secondo criteri logici (in cui si possono fare ricerche eliminando o selezionando dei campi), ma sono piuttosto divisi in fogli word o excel che non usano un codice identificativo dell’utente, ma riportano nome, cognome e altri dati sensibili. E’ chiaro quindi come questa documentazione, diventi una specie di tesoro inespugnabile. Un tesoro perché i dati contenuti (frutto di un impegno attento e costante) potrebbero essere molto preziosi per la ricerca, la prevenzione e lo sviluppo di strumenti ad-hoc per queste utenti, e “inespugnabile”, in quanto la raccolta non segue una sistematicità scientifica (preferendo il discorso narrativo a quello scientifico) e perché inaccessibile (a meno di non intraprendere un lavoro titanico di scrematura dai dati sensibili di ciascun foglio). Chiaramente questa non vuole essere una critica al modus operandi dell’Associazione, ma solo una constatazione sui limiti che questo tipo di raccolta ed elaborazione ha non solo nel rapportarsi verso l’esterno ma anche nell’elaborazione interna. Nonostante queste limitazioni tecniche, grazie all’aiuto di Andrea che è riuscito ad estrarre da queste cartelle alcuni dati, si è riusciti a condurre una piccola analisi quantitativa sull’attività dell’Associazione per quanto riguarda le minori straniere non accompagnate, vittime di tratta e in particolare per le ragazze provenienti dalla Romania. La scelta di dedicare parte di questa analisi a questo specifico gruppo è stata guidata in primo luogo dalla forte presenza in termini numerici di ragazze provenienti dalla Romania, accolte in questa struttura (più del 50%) e in secondo luogo dall’attenzione che il fenomeno della tratta di esseri umani provenienti dalla Romania e in particolare di ragazze a scopo di sfruttamento sessuale, è riuscito a ricevere anche dalla letteratura (Zimmerman et al 2006, Lazaroiu et Alexandru 2003, UNICRI 2005, Limanowska 2003), fattore quest’ultimo che stimola il confronto nonostante i pochi dati disponibili relativi alle ragazze rumene accolte.
41
4.3 Indagine Partendo dai dati a disposizione (Appendice 1), l’indagine conoscitiva cerca di delineare il profilo della delle persone accolte nella comunità a partire dal 1999 fino al 200743 in termini di:
Nazionalità,
Mese / anno di nascita
Data di ingresso in comunità
Data di uscita dalla comunità
Esito del programma (interruzione o conclusione)
Tipologia di protezione (permesso di soggiorno)
Città provincia di origine
Consenso al viaggio da parte del minore
Conoscenza del lavoro in strada
Composizione Nucleo familiare
Consenso della famiglia al viaggio
Coinvolgimento della famiglia nell'organizzazione
Livello di istruzione
Anno e mese di arrivo in Italia
La scelta di questi dati rispetto ad altri all’interno delle cartelle individuali delle accolte, è stata preferita in quanto di più facile reperibilità e fruibilità in termini analisi. Il campione (vedi Appendice 1) è costituito da tutte le 42 donne straniere accolte presso la comunità dal 1999 al 2007. Come verrà
43
I dati non includono le tre ragazze minori rumene presenti in comunità nel 2007 che probabilmente concluderanno il loro programma educativo durante il 2008 42
poi chiarito nel paragrafo seguente l’analisi riguarderà le accolte di età inferiore ai 19 anni, con alcuni approfondimenti relativi alle accolte di nazionalità rumena.
4.3.1 Età (al momento dell’ingresso in comunità) Gia nel primo capitolo abbiamo chiarito l’importanza dell’età per definire se la persona rientra all’interno dello status di minore straniero non accompagnato, beneficiando quindi della tutela e dei diritti riservati a questa fascia di popolazione. Dal 1999 nella comunità sono state accolte minori straniere non accompagnate ma anche non-minori con permesso di soggiorno per motivi umanitari, inserite all’interno di un programma di assistenza ed integrazione sociale. Per facilitare l’analisi si sono raggruppati i dati in 2 fasce di età quelle sotto i 19 anni di età (includendo quindi le minori e le neomaggiorenni) e quelle sopra i 19 anni. Da questa prima distinzione osserviamo che il numero delle minori straniere non accompagnate (partendo dall’età di 16 anni e includendo anche le neomaggiorenni) sono circa il 63% , mentre le rimanenti (con un’età tra i 19 e i 27 anni) rappresentano il 37% del totale delle accolte. A tale proposito non si è ritenuta rilevante la scadenza precisa del compimento della maggiore età, poiché anche le ragazze minori in quanto vittime di tratta usufruiscono (o possono usufruire) di un permesso di soggiorno per motivi umanitari che prescinde dall’età. Accolte dal 1999, straniere minori e non per fascia di età 15; 37%
Accolte provenienti dalla Romania, per fascia di età 5; 19%
26; 63%
Straniere non accompagnate di età inferiore ai 19 anni Straniere di età superiore ai 19 anni
22; 81%
Accolte di età inferiore ai 19 anni Accolte di età superiore ai 19 anni
Come rilevato da Lazaroiu et Alexandru, (2003) e come confermano questi dati, tra le giovani donne romene, la fascia di età più vulnerabile alla tratta di esseri umani è quella compresa tra i 16 e i 25 anni di età.
43
4.3.2 Nazionalità Lo stesso gruppo diviso per nazionalità, riprende un po’ il trend dell’immigrazione in questi ultimi anni riportando al primo posto la Romania sia rispetto al totale delle accolte sia relativamente al gruppo delle accolte di età inferiore ai 19 anni. Nazionalità accolte di età inferiore ai 19 anni Ex Jugoslavia; 1; 4%
Moldavia; 1; 4%
Marocco; 1; 4% Slovacchia; 1; 4% Albania; 1; 4%
Nigeria; 4; 15%
Romania; 17; 65%
Nazionalità sul totale delle accolte Albania; 11,9% Slovacchia; 2,38%
Ex Jugoslavia; 4,76% Marocco; 2,38% Moldavia; 4,76%
Nigeria; 21,43%
Romania; 52,38%
L’Osservatorio e Centro Risorse sul Traffico di Esseri Umani 44 elenca al primo posto tra i “principali trend dello sfruttamento sessuale “il progressivo aumento del numero di persone trafficate provenienti dalla Romania (che sono diventate il gruppo nazionale più numeroso in molte aree italiane)”, questo 44
Osservatorio e Centro Risorse sul Traffico di Esseri Umani, http://www.osservatoriotratta.it/ (principali trend sullo sfruttamento sessuale) 44
viene anche indirettamente confermato da Lazaroiu et Alexandru, (2003, 48) le destinazioni preferite per lavorare all’estero da un campione di donne tra i 16 e i 25 anni, sono l’Italia (17%) seguita da Germania (14%), USA (15%) e Francia (10%).
4.3.3 Il piano educativo individuale Ogni ragazza accolta concorda con l’equipe dell’Associazione e l’assistente sociale un piano educativo individuale (PEI), in base alle risorse, ai bisogni, agli obiettivi e al tempo disponibile, che per le minorenni scade di solito dopo il raggiungimento della maggiore età. Questa griglia di lavoro (vedi Appendice 2), che ha come obiettivo generale quello di strutturare un percorso educativo indirizzato verso l’inserimento sociale e lavorativo del minore nonché di accompagnarlo verso un obiettivo di autonomia all’interno del territorio, si articola in:
Bisogni
Obiettivo finale
Obiettivo parziale
Metodo
Tempi
Verifica
Il PEI diventa, come definito da Andrea, “un vero e proprio contratto” in cui le parti (Assistente Sociale, Associazione e minore) sottoscrivono, da una parte l’impegno a dare supporto, guida e strumenti per il raggiungimento degli obiettivi, e ,dall’altra, l’impegno da parte del minore a rispettare una serie di regole che la vita in comunità esige nonché a impegnarsi per il raggiungimento degli obiettivi a breve, medio e lungo termine. Come già anticipato nel Capitolo 2, l’inserimento in un progetto di inserimento (educativo, sociale, lavorativo) è la condicio sine qua non per poter ottenere e mantenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari e quindi per rimanere “legali” sul territorio italiano al raggiungimento della maggiore età per le minori (attraverso la conversione del permsso di soggiorno) .
Durata piano educativo individuale La durata del PEI si basa prima di tutto sul tempo a disposizione che per le minori è il raggiungimento della maggiore età (salvo qualche breve proroga), mentre per le non-minori è concordato con l’accolta
45
in base alle risorse, necessità e obiettivi (di solito circa un anno). Questo salvo interruzioni di programma riconducibili a :
allontanamento dell’accolta (indotto dall’Associazione in accordo con l’Assistente sociale,) di solito come conseguenza a una serie di comportamenti incoerenti con il PEI nonché lesivi per la comunità protetta di accoglienza,
fuga dell’accolta, dove l’accolta decide in maniera autonoma (di solito grazie e attraverso una rete esterna) di allontanarsi dalla comunità “recedendo” quindi dal PEI;
trasferimento per motivi di sicurezza o per essere più vicina a familiari o persone di riferimento che abitano in altre province
rimpatrio con un solo caso negli otto anni di attività, riconducibile al rimpatrio di una donna madre di due figli lasciati in Romania.
All’interno della comunità, il rapporto tra i casi di conclusione positiva del progetto di accoglienza e i casi di interruzione (per i motivi sopraelencati) è il 50%. Secondo Andrea la non adesione al programma di assistenza e di integrazione sociale dipende quasi esclusivamente da offerte più allettanti che le ragazze ricevono dalla rete di contatti esterna. Il programma offerto dall’Associazione incaricata dall’Ente pubblico non è così “attraente” e prevede il rispetto di norme di sicurezza e di condivisione(in regime di vita comune) all’interno della comunità. Il percorso è piuttosto impegnativo e la ricompensa economica non riesce a “soddisfare” molte delle ragazze il cui obiettivo principale è di “migliorare” in tempi brevi lo standard di vita proprio e della famiglia. Accolte con età inferiore ai 19 anni
14 12 10 8 6 4 2 0 Età inferiore ai 19 anni che ha completato il programma
Età inferiore ai 19 anni che non ha completato il programma
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Età inferiore ai 19 anni con risultato non disponibile
Accolte con età superiore ai 19 anni
8 7 6 5 4 3 2 1 0 Età superiore ai 19 Età superiore ai 19 Età superiore ai 19 anni con risultato non anni che ha completato anni che non ha disponibile il programma completato il programma
Esito del programma tra le accolte di età inferiore ai 19 anni 7,69%
23,08%
42,31
11,54% 15,38%
Risultato non disponibile Programma completato Non ha completato il programma causa ALLONTANAMENTO Non ha completato il programma causa TRASFERIMENTO Non ha completato il programma causa FUGA
4.3.4 Città / Provincia di origine Dal campione delle ragazze accolte rumene è facile individuare una certa incidenza nella provenienza dalla provincia di Galati e dalla regione Moldava. A questo proposito (UNICRI, 2005) parlando delle ragazze e donne rumene trafficate dalla Romania alla Germania, e Lazaroiu et Alexandru, (2003) con un campione di 854 questionari distribuiti in tutta la Romania e 8 focus group, individuano proprio la regione della Moldavia come quella più a rischio di traffico di donne a scopo di sfruttamento sessuale. UNICRI (2005) include nella sua ricerca l’analisi dei profili di tre comunità in tre regioni diverse della Romania, una delle quali riguarda il distretto di Lasi nella regione Moldavia. Attraverso focus group e 47
interviste a fasce diverse della popolazione, riesce a delineare il profilo di una regione e comunità che in qualche modo “determinerebbe” uno stato di vulnerabilità tra le ragazze. Tra queste descrive (UNICRI, 2005: 56-57) una bassa qualità e quantità di relazioni sociali all’interno di molte famiglia; in cui i giovani si sentono spesso soli nel loro cammino; la mancanza di un modello di comportamento sano disponibile all’interno della famiglia e che quindi i giovani cercano fuori; una tendenza tra le giovani ragazze a rivolgersi a uomini molto più maturi di loro, spesso dell’età del padre, in cerca di sostegno emotivo e finanziario. Un ambiente in cui i giovani percepiscono la mancanza di cure e sostegno familiare, per colmare le quali i assumo spesso comportamenti lesivi e ingannevoli. Inoltre rileva una seria contraddizione nei comportamenti di una comunità che da una parte è fervente cristiano-ortodossa e dall’altra ha ragazze che hanno un’attività sessuale precoce e instabile, in cui i bambini soffrono di negligenza e incuria da parte dei genitori e dove ci sono seri problemi di alcolismo(UNICRI, 2005: 56-57).
Regione di provenienza delle ragazze rumene. Ogni pallino rosso indica una persona accolta proveniente dalla regione indicata.
4.3.5 Livello di istruzione Come riportato da Lazaroiu et Alexandru, (2003) e da (UNICRI, 2005) il basso livello di istruzione è una caratteristica piuttosto tipica delle ragazze vittime di tratta o con un alto indice di vulnerabilità. Secondo Lazaroiu et Alexandru, (2003) il basso livello di istruzione è influenzato dal fatto che i 48
genitori delle ragazze vulnerabili non considerano l’istruzione come uno strumento necessario per accedere a lavori o carriere che garantiscano standard di vita migliori, e mostrano una bassa partecipazione alle attività scolastiche delle figlie. A questo si aggiunge una certe pressione dei genitori verso i figli per concludere gli studi e andare a lavorare e contribuire quindi al budget familiare. Non c’è quindi da stupirsi se anche all’interno delle accolte il livello di istruzione medio superi in rari casi la scuola dell’obbligo.
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1
semianalfabeta
S1 Dato non disponibile
1
scuola superiore
scuola dell'obbligo terminata+corso formazione
1
scuola dell'obbligo terminata+2 anni di superiori
scuola dell'obbligo non terminata
3
1
scuola dell'obbligo terminata+1 anno di superiori
2
scuola dell'obbligo terminata
1
analfabeta
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Livello di istruzione rispetto al totale delle accolte
4.3.6 Famiglia I dati disponibili relativi alla famiglia sono poco rappresentativi e non sufficientemente articolati da poter permettere confronti con altre ricerche. In tal senso mancano le informazioni circa il rapporto con la famiglia e il ruolo di questa nella formazione della ragazza e nella decisione di voler emigrare. A questo proposito la letteratura ci dice che le ragazze con indici di vulnerabilità alla tratta alti provengono da famiglie in cui molto del carico familiare è sulle spalle della madre e la figura del padre è piuttosto assente. La presenza di violenza e abusi all’interno della famiglia è anche un altro fattore di spinta a voler emigrare. Zimmerman et al ( 2006) in uno studio condotto su un campione di 207 donne vittime di tratta, riporta un quadro piuttosto drammatico della condizione delle vittime di tratta, prima della tratta stessa, in cui (Zimmerman et al, 2006: 9):
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circa il 60% dei rispondenti riportava esperienze di violenza prima di essere trafficate, di cui il 32% vittima di abusi sessuali, il 50% di violenza e il 22 % sia di abusi sessuali che violenza.
Il 15% dei rispondenti riportava inoltre di essere stata costretta o forzata in pratiche sessuali prima dell’età di 15 anni; tra cui il 24 % dichiarava più di un perpetratore dell’abuso e il 52% riportava di essere stata abusata sessualmente o forzata da un membro della famiglia (28% dal padre il 14% dal padre-acquisito.
Un quarto delle donne ha riportato esperienze sessuali forzate dopo i quindici anni
L’utilità di queste informazioni è palese, se pensiamo al bagaglio traumatico che si aggiunge poi all’esperienza della tratta e della prostituzione. Avere queste informazioni è indispensabile per fornire un’assistenza adeguata a queste ragazze. E’ doveroso quindi ribadire l’importanza di una rilevazione e di una raccolta dei dati in maniera sistematica ordinata e logica, per poter permettere un utilizzo degli stessi a livello di analisi e per la programmazione dei servizi più efficaci ed appropriati per le ragazze stesse.
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speciale. Minori non accompagnati
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Riflessioni personali e conclusive “C’è bisogno di un cambio radicale di prospettiva” “La tratta degli esseri umani non può essere vista principalmente o quasi esclusivamente in termini di sicurezza nazionale; non può essere considerata solo dal punto di vista degli interessi protettivi nazionali; non può essere vista solo come una lotta contro il crimine organizzato e l’immigrazione clandestina. La tratta di essere umani è innanzitutto e soprattutto una violazione dei diritti dell’uomo.” Helga Konra45 (in Limanowska 2003, prefazione XIII) A livello nazionale ed europeo la definizione dello status di minore straniero non accompagnato non riesce ancora a coprire la specificità e la complessità della condizione dello stesso, lasciando margini di incertezza e vulnerabilità a favore dei trafficanti e dell’illegalità. A questo si aggiunge una generale politica di “controllo e sicurezza” nei confronti dell’immigrazione alla quale è subordinato il “superiore interesse del fanciullo”. La ricerca bibliografica ha portato alla luce una serie di “determinanti” di natura sociale ed economica che sembrano strettamente legati ad un carattere di vulnerabilità a diventare vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Tra questi citiamo la povertà sia a livello macro che a livello di percezione personale, una condizione famigliare disgregata e carente di affetti e supporto e infine un basso livello di istruzione. Un fattore di rischio che merita particolare attenzione è la questione di genere, le ragazze e le giovani donne sembrano essere la fascia più a rischio di violenza e abusi, nonché di diventare vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Questi risultati, confermati anche dai risultati dell’indagine conoscitiva elaborata sul corpus di informazioni messo a disposizione dall’Associazione Mimosa di Padova, possono essere interpretati anche come aree di intervento per i diversi interlocutori attivi nell’area dell’accoglienza, della programmazione e della prevenzione nel campo della tratta di esseri umani, ma anche a livelli di politiche per lo sviluppo economico, la famiglia e il welfare sociale. Come sostenuto da Ennew (1996) e confermato dall’esperienza presso l’Associazione, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati vittime di tratta sembra prediligere la narrazione (emotiva) rispetto all’approccio sistematico scientifico. Se da una parte questo è giustificato per mantenere alta l’attenzione sugli aspetti drammatici di queste esperienze, dall’altro trasforma delle informazioni importanti in dati poco fruibili e accessibili alla ricerca, aspetto che innanzitutto lede l’interesse del minore stesso. A tal proposito una combinazione ragionata di entrambi gli approcci consentirebbe da 45
Chair of the Stability Pact Task Force on Trafficking in Human Beings 52
una parte una raccolta ordinata e sistematica di informazioni importanti riguardante il minore e dall’altra permetterebbe anche agli operatori di inquadrare il proprio lavoro e avere un panorama obiettivo sulle attività in corso, risultati e trend, facilitando inoltre possibilità di scambio e confronto diretto tra realtà diverse. Nell’area dei minori stranieri non accompagnati e vittime di tratta, nonostante le limitazioni e gli ostacoli metodologici (disaccordo nella definizione dei fenomeni, nella modalità di raccolta dei dati o un’impossibilità di controllo sulle fonti dei dati stessi), la ricerca sembra osservare e descrivere i fenomeni, nonché interrogarsi sulla giusta via da seguire, ma come riportato da Limanowska (2003) le vittime o i presunti beneficiari non vengono tuttora coinvolti nella pianificazione di tali ricerche. Da questo punto di vista l’approccio verso i minori stranieri non accompagnati ha connotazioni di tipo umanitaristico e assistenzialistico piuttosto che di gestione e sviluppo delle risorse, il minore straniero non accompagnato nonostante la condizione di partenza “svantaggiata” deve essere visto come risorsa presente e futura per lo sviluppo del territorio e di tutti. I minori stranieri non accompagnati “sfidano” in qualche modo la nostra identità e la nostra storia, chiedendoci uguaglianza, rispetto e opportunità di sviluppo, la domanda è: riusciremo ad essere all’altezza?
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Bibliografia Amnesty International Italia, (2006). Invisibili, Campagna per i diritti dei minori migranti nei centri di detenzione in Italia. Amnesty International Italia, (2007) Aggiornamento al rapporto Invisibili, minori migranti e richiedenti asilo detenuti all’arrivo alla frontiera marittima Asilo Mariuccia, Fiocchi A., a cura di (2002) Cresciuti quasi da soli: adolescenti italiani e stranieri con progetti educativi nelle comunità alloggio dell’Asilo Mariuccia Bertozzi, R. (2005). Le politiche sociali per i minori stranieri non accompagnati. Pratiche e modelli locali in Italia, Angeli, Milano Carchedi, F. (2004). Piccoli schiavi senza frontiere, Ediesse, Roma. Caritas/Migrantes, (2005). Dossier Statistico Immigrazione. Caritas/Migrantes, (2007). Dossier Statistico Immigrazione, Sintesi del dossier. Cotesta, V. (2005). Lo straniero. Pluralismo culturale e immagini dell'Altro nella società globale. Laterza editore. De Sas Kropiwnicki, Z. (2007). Children Speak Out, Trafficking Risk and Resilience in Southeast Europe. Southeast Europe Regional Repor , Save the Children. Ennew, J. et al (1996). Children and Prostitution: How can we measure and monitor the Commercial Sexual Exploitation of Children? Literature Review and Annotated Bibliography, UNICEF, Centre for Family Research Cambridge University and Childwatch International Europol (Luglio 2007). Trafficking of woman and children for sexual exploitation in the EU: The involvement of Western Balkans Organised Crime. (www.europol.europa.eu) Europol (Gennaio 2007). Child Abuse in relation to Trafficking of Human Beings. (www.europol.europa.eu) Europol (Maggio 2007). Trafficking of Human Beings in the European Union: a Europol perspective, (www.europol.europa.eu) Europol (Gennaio 2007). (www.europol.europa.eu)
Organised
illegal
immigration
into
the
European
Union.
Hajdinjak, M. (2002). Smuggling in Southeast Europe Report .The Yugoslav Wars and the Development of Regional Criminal Networks in the Balkans Center for the Study of Democracy (CSD), Sofia.
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Zimmerman, C. et al.(2006), Stolen smiles: a summary report on the physical and psychological health consequences of women and adolescents trafficked into Europe, The London School of Hygiene & Tropical Medicine.
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Siti web consultati http://www.solidarietasociale.gov.it/ http://www.stranieriinitalia.it/newsite/ http://www.meltingpot.org http://www.savethechildren.it/ http://www.giustizia.it/minori/protezione/attuaz_fanciullo_migra.htm http://www.unicef.it http://www.onds.it/ http://www.minoriefamiglia.it http://www.ismu.org http://www.grupponazionalepam.it/ http://www.amnesty.it/ http://www.minori.veneto.it http://www.savethechildren.it/ http://www.interno.it/ http://www.lshtm.ac.uk http://www.europol.europa.eu
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Principali norme e circolari di riferimento
Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 176/91
Risoluzione del Consiglio dell.Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi
Testo Unico 286/98 sull.immigrazione e successive modifiche (D.lgs. 113/99, legge 189/2002 ecc.)
Legge 184/83 sull.adozione e l.affidamento e successive modifiche (legge 476/98, legge 149/2001)
Codice Civile, Titoli X e XI
Regolamento di attuazione del T.U. 286/98, D.P.R. 394/99
Regolamento del Comitato per i minori stranieri, D.P.C.M. 535/99
Circolare del Ministero dell.Interno del 13.11.2000 relativa al permesso di soggiorno per minore età
Circolare del Ministero dell.Interno del 9.4.2001 relativa al permesso di soggiorno per minore età e al procedimento di competenza del Comitato per i minori stranieri
Nota del Comitato per i minori stranieri sull.interpretazione dell.art. 25 della legge 189/2002 (14.10.2002)
Linee Guida del Comitato per i minori stranieri del 2003.
Risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 26.6.97 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi
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Appendice
I: Dati relativi alle accolte nella comunitĂ femminile
II: Esempio di Piano Educativo Individuale
In copertina Bambina con palloncini Banksy (Robert Banks),Graffito sul Muro della Striscia di Gaza
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