Riceviamo e pubblichiamo da parte del gruppo di volontari che si occupano di diffondere nella nostra zona la conoscenza delle Cure Palliative, intese come assistenza globale al fine vita , cioè aventi lo scopo di curare al meglio coloro che non sono più guaribili. Il Gruppo per le Cure Palliative si riunisce periodicamente ad Alba , in corso Europa, presso la Casa del Volontariato .
Difficile lasciar passare senza considerazioni e riflessioni postume una serata come quella trascorsa nella sala Beppe Fenoglio il 28 febbraio201, durante la quale si è parlato di un un argomento scientifico e normato da una legge legato alle “cure palliative”. La serata si proponeva un obiettivo minimo di informazione e divulgazione rispetto all'argomento; in realtà è andata ben oltre permettendo ai presenti di avvicinarsi non solo ad una esposizione teorica ma ad una esperienza professionale e di vita : relatore il dott. Pietro La Ciura , direttore del Servizio Cure Palliative e Hospice ASL CN1 e la sua èquipe. Quando si parla di “cure palliative” dobbiamo attenerci strettamente alla definizione descritta dalla legge n° 38 del 15/3/2010 in cui al paragrafo 1/a dell'art.2 si indica: “l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”. Secondo il nostro linguaggio corrente “palliativo” è sinonimo di qualcosa di non utile, qualcosa di non necessario per l'obiettivo che ci si propone (nel caso della medicina: la guarigione). Se associamo al termine palliativo il termine “cura” e lo consideriamo nel suo significato originario (dal greco = avere a cuore) allora ci rendiamo conto che le cure palliative non sono inutili ma hanno un senso e più di uno. Noi passiamo tutta la vita a fare “trattamenti palliativi” (dalla assunzione di semplici pillole od all'attivazione di trattamenti specifici ) perchè l'impegno di ogni essere umano è quello di mettere in atto qualunque iniziativa che migliora la propria qualità di vita; si tratta, allora, di attivare – soprattutto quando la malattia colpisce la persona – tutti quegli interventi che garantiscano il prolungamento della qualità di vita nella forma più dignitosa e con la minore sofferenza possibile. La qualità di vita non è, infatti, correlata solo alla assenza di malattia ma al raggiungimento – come dice l'Organizzazione Mondiale della Sanità – di uno stato di perfetto equilibrio con l'ambiente esterno; infatti il problema più importante è legato alla nostra dignità nell'essere in questo mondo, dignità determinata da aspetti psicologici, sociali, culturali, morali, religiosi e per ultimo quelli sanitari. Ci sono persone malate con una qualità di vita eccellente e ci sono persone sane con qualità di vita pessime! La qualità di vita è, pertanto, la chiave di interpretazione rispetto alla utilità o meno di tanti interventi senza dimenticare che a governare l'uomo è la natura che non è né buona né cattiva e non ha limiti contrattuali con il medesimo; in questa civiltà legata all'immagine, all'apparenza e al consumo l'uomo si sente immortale e onnipotente ma appena si deve confrontare per la prima volta con la malattia si rende conto che il suo organismo non è perfetto e si deve scontrare con qualcosa che fa paura, quella paura atavica legata alla consapevolezza che si nasce per poi morire. Tendenzialmente pensiamo, inoltre, che la morte riguardi sempre altri e spesso ricorriamo alla medicina in modo quasi salvifico per invocare l'immortalità. La medicina ha fatto molto negli ultimi tempi per prolungare la vita e per migliorarne la sua qualità: le cure palliative sono diventate quasi una necessità perchè, a mano a mano, che si invecchia aumentano le malattie ad andamento cronico e la malattia è il meccanismo che conduce fisiologicamente alla morte. Di qui nasce l'esigenza di occuparci di quelle persone per le quali apparentemente “non c'è più nulla da fare”: non c'era più nulla da fare quando la medicina non aveva mezzi, non aveva sviluppato la ricerca e creato nuovi farmaci..... ma oggi, con la maggiore