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Vegetali
Aglio massese
Descrizione sintetica del prodotto
L’aglio massese ha una forma spiccatamente rotonda e colore bianco sporco. Gli spicchi sono più piccoli e il sapore meno forte e più dolciastro di quello dell’aglio comune. Si produce ad aprile, maggio e giugno. Una volta raccolto, viene intrecciato in una forma particolare chiamata “forcone”. Il “biricolo”, cioè l’infiorescenza, può essere usato in cucina per condire saporite frittate.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Massa-Carrara. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Le piantine vengono ottenute in azienda mediante autoriproduzione. L’infiorescenza appena formata può essere tagliata e consumata cotta. La raccolta, manuale, avviene tra aprile, maggio e giugno.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla particolarità della cultivar, alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo e all’originalità del gusto. Le caratteristiche del terreno sabbioso e la vicinanza al mare conferiscono all’aglio massese il tipico sapore dolciastro. Un altro elemento che conferisce peculiarità al prodotto è il confezionamento: la piantina secca viene intrecciata in una particolare maniera, formando il cosiddetto “forcone”.
Produzione
L’ aglio massese viene coltivato da otto aziende che ne producono circa 4-4,5 q annui. La produzione di aglio è principalmente a carattere familiare per autoconsumo e solo una piccola parte viene venduta a privati direttamente in azienda.
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Vegetali
Aglio rosso maremmano
Descrizione sintetica del prodotto
È un aglio di dimensioni più piccole rispetto all’aglio normalmente in commercio, molto profumato e di colore rosso intenso.
Territorio interessato alla produzione
Viene coltivato da piccoli orticoltori principalmente in Maremma (provincia di Grosseto), ma anche in altre parti della regione.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Può essere coltivato sia in pianura sia in alta collina, anche in terreni relativamente fertili, purché ben drenati; le caratteristiche climatiche a cui si adatta meglio sono quelle mediterranee. I bulbi sono conservati in ambienti asciutti.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa varietà è assai poco produttiva, ma presenta pregi gastronomici notevoli. Viene utilizzata come condimento ed è molto ricercata per aromatizzare i salumi.
Produzione
La produzione di aglio rosso maremmano è circoscritta all’ambito hobbistico di pochi che per passione continuano a coltivarlo nel proprio orto esclusivamente per l’autoconsumo.
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Vegetali
Arancia massese
Descrizione sintetica del prodotto
L’arancia massese ha forma rotonda e colore arancio chiaro, sia esternamente che nella polpa. È molto profumata, ha una buccia molto fine e un sapore agrodolce. Le pezzature sono medio piccole. Si produce tra novembre, dicembre e gennaio.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Zone collinari della provincia di Massa-Carrara. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Le piantine di arancio vengono autoprodotte: sono cultivar autoctone allevate in alcuni appezzamenti collinari del massese.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La peculiarità del prodotto è costituita dalla particolare succosità dei frutti e dalla finezza della buccia. L’altitudine e la vicinanza con il mare conferiscono a questa arancia un gusto e un aroma molto diversi da quelli delle arance calabresi e siciliane. Ottima per fare spremute perché molto ricca di succo, la sua scorza viene usata in pasticceria come candito.
Produzione
L’arancio massese è coltivato da quindici produttori principali; la loro produzione annua è difficilmente quantificabile. La vendita delle arance, quando non sono prodotte solo per autoconsumo e in ambito familiare, avviene direttamente in azienda e in minima parte nel resto della Toscana. Questi agrumi sono portati in degustazione alla Festa del limone che si svolge la prima settimana di luglio da ormai dieci anni.
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Vegetali
Asparago d’Argenteuil toscano Asparago nostrale
Descrizione sintetica del prodotto
Ha dimensioni inferiori ed è più sottile degli ibridi in commercio, ma la parte edibile (non legnosa) è maggiore; il sapore è più intenso.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nel Valdarno aretino e nell’area fiorentina, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Al momento dell’impianto dell’asparagiaia viene fatta una lavorazione profonda del terreno e un’abbondante concimazione organico-potassica. Nel terreno così preparato, se si utilizzano le piantine (seminate a febbraio), il trapianto viene effettuato a giugno; se vengono utilizzate le “zampe” il periodo di trapianto è in marzo. Con le piantine, l’asparagiaia entra in produzione dopo tre anni, con le “zampe” ne occorrono due. Ogni gennaio viene effettuata la lavorazione annuale del terreno e viene tagliato lo strame; segue una concimazione azoto-potassica con rincalzatura delle piante. L’agente patogeno più frequente è la ruggine, debellata con trattamenti a base di rame.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È il primo asparago introdotto in Italia, per questo è detto nostrale.
Produzione
Si stima una produzione media annua di asparago d’Argenteuil di circa 40-41 q. Il prodotto viene venduto esclusivamente nella zona (Valdarno sia aretino che fiorentino). Le aziende che lo producono sono tre-quattro.
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Vegetali
Barba massese Barba di prete, scorza nera
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Si tratta di un ortaggio con radice fittonante di colore marrone all’esterno e bianca all’interno. La lunghezza arriva fino a circa 25 cm; dopo la cottura il sapore è dolciastro, la consistenza pastosa. La barba massese, prodotta da giugno ad ottobre, viene confezionata in mazzi. È ottima cucinata fritta o in umido come accompagnamento al pollo ruspante.
Territorio interessato alla produzione
Massa e Montignoso, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Viene seminata a spaglio; il caratteristico terreno sabbioso della zona di pianura vicina al mare favorisce una buona crescita. Di primaria importanza è anche l’influenza del clima che, assieme al terreno, conferisce a questo vegetale il caratteristico sapore dolciastro che lo distingue dalle altre radici.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Raffaello Raffaelli nella sua Monografia storica e agraria del circondario di Massa e Carrara del 1881 riferendosi nello spe-
Produzione
La produzione di barba massese è scarsissima e si può considerare a livello esclusivamente hobbistico. Dall’indagine svolta è risultato che la quasi totalità dei produttori di barba massese utilizzano sementi derivanti non più da autoproduzione ma le acquistano al consorzio locale.
cifico alla barba di prete annota che “nel Massese tali erbe si seminano ai tempi debiti nei luoghi che hanno servito agli agli e alle cipolle”.
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Vegetali
Basilico gigante Basilico a foglia di lattuga
Descrizione sintetica del prodotto
Pianta con foglie lucide, di colore verde smeraldo chiaro, larghe a forma di lattuga. Ha odore intenso.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si adatta a vari tipi di terreno. Si semina in cassetta a fine febbraio e dopo circa 20 giorni si ripicchetta per essere trapiantato a dimora a fine aprile, ad una distanza di 40x60cm. Richiede abbondante irrigazione. A differenza del basilico di tipo genovese, la concimazione organica deve essere ricca di azoto per favorire una maggiore espansione fogliare, che in caso contrario avviene solo nei primi palchi. Per avere buone piante conviene iniziare la raccolta quando si sono ben formati i primi 3-4 palchi, in questo modo la pianta ributta e si formano branche secondarie. In campo può restare fino ai primi geli. La produttività è elevata.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa varietà di basilico è interessante per le caratteristiche organolettiche, in particolare per l’aroma intenso, con sfumature che ricordano la menta. Viene usato tradizionalmente per piatti locali. La foglia viene usata nella panzanella, dopo averla spezzettata e non tritata come si fa con il genovese. Questa varietà viene anche utilizzata in salse come il pesto e per altri usi. Per la raccolta del seme vengono lasciate le piante più belle e con foglia più larga e meglio conformata. La produzione e quindi la maturazione del seme non avvengono contemporaneamente, pertanto la raccolta inizia dai primi palchi. Di solito viene preferito questo seme anche per mantenere la caratteristica della foglia più grande che viene prodotta nei primi palchi.
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Dopo la raccolta, il seme viene lasciato asciugare in ambiente aerato e conservato in contenitori di vetro. Produzione
Basilico gigante
In provincia di Firenze sono svariate le aziende agricole che producono questo basilico con finalità commerciali, senza contare la produzione a livello hobbistico. Si può stimare annualmente la vendita di circa 5000-6000 piantine. Buona parte di questo quantitativo viene commercializzata in zona, presso i mercati ortofrutticoli. Nella provincia di Arezzo (Pratomagno, Valdarno e Casentino) ci sono circa 30 aziende, in gran parte hobbisti, che ne producono una quindicina di quintali all’anno.
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Vegetali
Bietola a coste sottili
Descrizione sintetica del prodotto
La foglia è verde chiaro, tenera e dalle coste molto sottili.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nel Valdarno aretino e nell’area fiorentina, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina tutto l’anno: per la produzione invernale è preferibile seminare a settembre, per la produzione primaverile a febbraio. Nel caso di produzione invernale il ciclo produttivo è lungo e vengono effettuati più sfalci di bietola; nella produzione estiva il ciclo produttivo è breve e la bietola spiga velocemente. Non necessita di forti concimazioni, ma soffre molto il ristagno idrico, pertanto sono necessari terreni ben drenati o comunque occorre effettuare la semina su porche con solchi di sgrondo. La peronospora può provocare l’ingiallimento delle foglie.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La varietà è abbastanza diffusa e si trova spesso sui mercati. Risulta molto tenera alla cottura. La bietola a coste sottili si può gustare lessata e condita semplicemente con olio, oppure “rifatta” e accompagnata a pietanze in umido.
Produzione
Viene prodotta da circa 30 aziende, fra cui 2 biologiche, nelle zone del Pratomagno e del Valdarno. La quantità annua prodotta si aggira intorno ai 50 quintali. Molti sono gli hobbisti che destinano la produzione soltanto all’autoconsumo.
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Vegetali
Carciofini sott’olio
Descrizione sintetica del prodotto
I carciofini sott’olio hanno dimensioni piuttosto ridotte e forma simile a quella di una noce. Il colore è variabile dal giallo paglierino al verde giallognolo. La consistenza è sempre morbida e il sapore dolciastro con retrogusto amarognolo. Il prodotto viene conservato in barattoli di vetro utilizzando olio di oliva. Particolarmente rinomati sono i carciofini sott’olio della provincia di Grosseto e quelli di Livorno.
Territorio interessato alla produzione
La provincia di Livorno e tutta la Maremma Grossetana.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. I carciofini, una volta lavati, vengono sfogliati fino al raggiungimento delle parti più tenere e messi a bagno con acqua e limone e qualche pezzetto di pane per 2-3 ore. Vengono successivamente risciacquati e posti a bollire in una pentola con due parti di acqua e una di aceto di vino e poco sale. Trascorsi 5 minuti dall’inizio della bollitura, vengono scolati e disposti su un panno bianco pulito a testa in giù per circa 1 ora, fino cioè all’asciugatura. Vengono poi messi nei vasi di vetro con olio extravergine di oliva, qualche rametto di nepitella (Satureia calamintha) e grani interi di pepe. Sono carciofini da conservare e mangiare dopo 60 giorni dalla preparazione. Particolarmente utilizzati sono i carciofi della cultivar “violetto di Toscana”, del peso di circa 2030 g, dopo averne eliminato le foglie più esterne. La produzione avviene nei mesi di aprile e maggio. • • • •
Pentole per la scottatura Teli di cotone per l’asciugatura Barattoli di vetro Locale di lavorazione
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La qualità dei carciofini è legata all’impiego di cultivar locali e alla tradizionale tecnica di trasformazione. Si consumano come antipasto o come contorno abbinati alla carne e al vino rosso; in Maremma, in particolare, si consumano con il tipico vino Morellino di Scansano.
Produzione
Nel grossetano la distribuzione dei carciofini sott’olio non va al di là della zona di produzione; la commercializzazione avviene per vendita diretta in azienda, vendita e degustazione negli agriturismi o vendita ai vari negozi locali di prodotti tipici, sempre più numerosi sul territorio. Nella provincia di Livorno si stima una lavorazione di 700.000 carciofi l’anno, venduti prevalentemente nella zona e in minima parte anche all’estero (Germania) a privati direttamente in azienda e ai negozianti locali. Uno dei principali impedimenti alla produzione consiste nel reperire la materia prima: i carciofi morellini negli ultimi anni sono sempre meno diffusi ed hanno prezzi sempre più alti.
Carciofini sott’olio
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Vegetali
Carciofo del litorale livornese
Descrizione sintetica del prodotto
La forma della parte edibile è ovoidale. Le brattee esterne del capolino sono di colore viola chiaro nelle prime fasi della maturazione e via via diventano di un viola più scuro; le brattee più interne sono di colore giallo chiaro, quasi bianco. Il capolino ha una consistenza coriacea, infatti le brattee esterne, se mangiate crude, sono leggermente amarognole e fortemente astringenti, quelle più interne hanno un sapore più dolciastro. Il peso del capolino oscilla fra 120 e 200 g.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Livorno.
Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • Concimazione di fondo, prima dell’impianto della carciofaia, con letame in dose di 800 q/ha. • Aratura, per interrare la sostanza organica. • Impianto della carciofaia con materiale di propagazione di origine locale: in ottobre, utilizzando i carducci ottenuti dal diradamento degli impianti in produzione; in agosto, utilizzando i ciocchetti delle carciofaie che hanno raggiunto la fine del ciclo produttivo. I sesti di impianto sono di 1.4 m x 1 m. Operazioni colturali di una carciofaia in produzione: • Fresatura e concimazione autunnali • Scardinatura o scarducciatura (ottobre) • Diserbo • Scarducciatura a fine inverno: i carducci sono usati per un nuovo impianto oppure vengono lasciati nel terreno e poi interrati • Raccolta manuale con canestri in vimini (da metà febbraio) • Trasporto in azienda • Cernita: esame visivo per scartare i carciofi non idonei alla commercializzazione • Collocazione dei carciofi, su due strati sovrapposti, in cas-
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sette di legno monouso • Lavaggio effettuato nelle cassette di legno, con acqua potabile • Stoccaggio, per 2 giorni, in cella frigorifera dotata di termometro per il controllo della temperatura • Trasporto ai mercati generali o alle catene di grande distribuzione, con furgoni dell’azienda dotati di cella frigorifera e cassone coibentato, idoneo per gli alimenti • Vendita Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Carducci o ciocchetti: materiale di propagazione di origine locale • Letame della zona • Diserbanti (Oxyfluoren) • Canestri di vimini per la raccolta • Cassette di legno per lo stoccaggio • Acqua potabile per il lavaggio • Cella frigorifera • Mezzo di trasporto dotato di cella frigorifera e di cassone coibentato per alimenti
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, il carciofo violetto di Toscana, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. Il ciclo di coltura si svolge in autunno-inverno, periodo in cui non è necessario intervenire con irrigazioni se non ad inizio primavera o a fine estate, per favorire il ricaccio e anticipare la produzione. Le caratteristiche botaniche e la particolare resistenza alla salinità di questa varietà le permettono di adattarsi bene nelle zone della Val di Cornia. Le particolari condizioni microclimatiche del luogo conferiscono al prodotto una qualità organolettica superiore a quella di altri carciofi prodotti in altre zone del litorale tirrenico. L’approvvigionamento del materiale di propagazione avviene in azienda, grazie all’utilizzo di carducci o ciocchetti, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Il prodotto è tipico della zona da oltre 40 anni.
Produzione
La superficie coltivata a carciofo violetto sta gradualmente diminuendo: si stima che annualmente siano disponibili circa 4000 piante. Il prodotto viene commercializzato anche in altre regioni italiane; i clienti sono principalmente i negozi locali e i grossisti che si occupano della distribuzione fuori zona. A fine marzo-inizio aprile, in località Riotorto, si svolge la Sagra del carciofo.
Carciofo del litorale livornese
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Vegetali
Carciofo di Pian di Rocca
Descrizione sintetica del prodotto
Il carciofo di Pian di Rocca è di colore verde intenso tendente al violaceo, ha una forma conica e una consistenza tenera. È molto piccolo e compatto, il sapore è amarognolo. Ha una maggiore resistenza al freddo rispetto alle altre cultivar.
Territorio interessato alla produzione
Si produce in provincia di Grosseto, in particolare nel comune di Pian di Rocca.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La propagazione avviene per talea: i polloni, detti “carducci”, vengono prelevati dalle piante madri migliori e poi trapiantati. Per l’impianto della carciofaia si esegue un’aratura leggera, seguita dalla concimazione, da due fresature e da una successiva assolcatura.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Le piccole dimensioni di questo carciofo ne permettono la preparazione sott’olio.
Produzione
Sono 8 i produttori del carciofo di Pian di Rocca, situati tutti nell’omonima località nei pressi di Castiglion della Pescaia. La varietà comunemente impiegata è il Terom pertanto la tradizionalità della produzione non va ricercata nel materiale vegetale utilizzato quanto nelle caratteristiche pedologiche e climatiche della zona di coltivazione. Considerata una produzione di 50.000 capolini/ha e una superficie media di 1 ettaro destinata alla carciofaia, si può stimare una produzione annua di 50.000 pezzi per azienda, anche se negli ultimi anni si è registrato un calo delle superfici impiantate a carciofi, sia per il rischio di non vendere il prodotto (il carciofo prodotto in queste zone soffre della con-
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correnza dei carciofi provenienti dal Sud Italia, che intasano il mercato molto presto), sia per il prezzo insoddisfacente che spunta sul mercato. Il prodotto è destinato a grossisti e distributori non locali che lo distribuiscono in tutta la regione.
Carciofo di Pian di Rocca
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Vegetali
Carciofo empolese
Descrizione sintetica del prodotto
Il carciofo empolese è di colore verde intenso tendente al violaceo, ha una forma subcilindrica e una consistenza tenera e compatta. Il sapore è intenso e amaro; si confeziona a mazzi con tutto il gambo perché non presenta spine. Si produce da marzo a giugno.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Comune di Empoli, provincia di Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. La propagazione avviene per talea: i polloni, detti “carducci”, vengono prelevati dalle piante madri migliori e poi trapiantati. Per l’impianto della carciofaia si esegue un’aratura leggera, seguita dalla concimazione, da due fresature e da una successiva assolcatura. Si impiantano in file. Al momento della messa a dimora nei solchi, di solito viene effettuata una concimazione localizzata con letame e nitrato di calcio. Generalmente non vengono eseguiti trattamenti antiparassitari. La raccolta è manuale. • • • • •
Carducci Letame (700-800 q/ha) Perfosfato (5-6-q/ha) Solfato potassico (2-3 q) Nitrato di calcio (30-40 q)
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione, rimasta invariata nel tempo, nonché alle particolari condizioni pedoclimatiche della zona che contribuiscono a conferire a questo carciofo la particolare consistenza.
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Produzione
Carciofo empolese
Il carciofo empolese viene coltivato e commercializzato soltanto da due produttori di Cerreto Guidi che vendono direttamente in azienda a privati. Ci sono in zona altri hobbisti che lo coltivano solo per autoconsumo. La quantità effettivamente prodotta si aggira intorno alle 5000 piante all’anno, anche se la coltivazione di questo carciofo viene progressivamente abbandonata. Attualmente la produzione del carciofo empolese è limitata per il rischio di non riuscire a venderlo visto che, essendo una varietà tardiva, raggiunge il mercato in ritardo rispetto ai carciofi del sud Italia.
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Vegetali
Cardo della Val di Cornia Gobbo della Val di Cornia
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il cardo della Val di Cornia ha una forma eretta; la sua parte edibile, inodore, ha colore bianco brillante, sapore amarognolo e consistenza coriacea. Viene venduto in pezzature di circa 1 kg, in cassette di legno.
Territorio interessato alla produzione
Val di Cornia, Livorno.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Ottenimento in azienda del materiale di propagazione (seme) • Preparazione del terreno con aratura di 40 cm di profondità (luglio) • Affinamento del terreno con erpici a dischi e fresatrici • Semina, all’inizio di agosto, con distanza fra le file di 1 m e sulla file di 50 cm • Lotta fitosanitaria con insetticidi, antioidici di sintesi e preparati rameici contro la peronospora • Raccolta manuale nei mesi di ottobre, novembre e dicembre • Selezione e cernita manuali, con controllo visivo per la presenza di insetti o muffe • Incassettamento manuale • • • •
Seme locale autoprodotto Composti per la lotta fitosanitaria Cassette per lo stoccaggio Mezzi di trasporto dell’azienda
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione, rimasta invariata nel tempo. Il seme viene autoprodotto in azienda, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Il cardo della Val di Cornia ha la particolarità di non
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dover essere fasciato nella parte basale per ottenere l’imbianchimento del gambo: è caratterizzato già da un colore bianco brillante. La cultivar si adatta bene alle condizioni pedoclimatiche della Val di Cornia. In tale zona viene consumato con carne e fagioli e per la preparazione di un brodo di salsiccia. Si produce da almeno 30 anni. Produzione
Cardo della Val di Cornia
In Val di Cornia sono 22 le aziende orticole che producono il cardo, insieme agli altri prodotti tipici di questa Valle. La quantità annuale che ne immettono sul mercato è di circa 7000 quintali; negli ultimi tre anni c'è stato un aumento della produzione di circa il 30%. Come per tutte le altre produzioni della Val di Cornia in questi anni si è accentuato il problema del reperimento delle risorse idriche causato dalla salinizzazione delle falde presenti. La vendita avviene in tutta la regione tramite grossisti e distributori non locali.
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Vegetali
Cardo massese Cardone o gobbo
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il cardo massese ha una forma più ricurva rispetto al caratteristico aspetto del cardo; presenta costolature molto evidenti ed ha un sapore dolce. Il colore va dal bianco al verde. Si produce da novembre a marzo.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Le piantine vengono prelevate dal semenzaio e trapiantate non verticalmente ma orizzontalmente e poi vengono rincalzate. Questa particolare tecnica serve ad influenzarne lo sviluppo in modo da farle crescere in modo ricurvo (da ciò “gobbi”) conferendo al prodotto un sapore più dolce, meno amaro degli altri cardi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del gobbo massese è data dalla particolarità del gusto di cui sono responsabili la varietà, la tecnica di coltivazione e l’influenza delle condizioni pedologiche (terreno sabbioso), e microclimatiche (vicinanza con il mare). Si può consumare lesso condito con olio, fritto, crudo in pinzimonio o per preparare sformati.
Produzione
La produzione di cardo massese è scarsissima e si può considerare a livello esclusivamente hobbistico. La quasi totalità dei produttori di cardo massese utilizza sementi derivanti non più da autoproduzione, ma acquistate al consorzio locale.
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Vegetali
Castagna mondigiana del Pratomagno Mondistollo
Descrizione sintetica del prodotto
È un frutto di dimensioni medio-grandi e colore marrone chiaro, con rade striature più scure; la forma è ellittico-arrotondata, l’apice appiattito e il tegumento, pur presentandosi abbastanza invaginato, si separa con poca difficoltà. Per il suo aspetto questa castagna a volte viene scambiata per marrone. La maturazione dei frutti ha luogo nella seconda decade di ottobre. È una cultivar diffusa sporadicamente su tutto il Pratomagno, soprattutto ad altitudini elevate grazie alla sua grande resistenza al freddo. In annate molto siccitose e calde dà produzioni notevoli per quantità e pezzatura.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Prima dell’essiccazione le castagne in alcuni casi vengono sottoposte alla pratica della “curatura”, che consiste nell’immersione dei frutti per 8-12 giorni in acqua che viene cambiata una o due volte. Tale bagno consente l’eliminazione dei microrganismi aerobi, responsabili della formazione di muffe e marciumi, e la successiva attivazione di microrganismi anaerobi, in particolare fermenti lattici, che provocano la formazione di acido lattico dotato di funzioni conservanti. Dopo la curatura e l’eliminazione dei frutti non integri, le castagne vengono ben arieggiate e quindi poste ad essiccare per un mese in locali in muratura tradizionali (i metati), su grate di legno sospese a circa 2,5 m da terra e con sotto un fuoco che le mantiene a una temperatura media di circa 20°C. Per la produzione di farine, soprattutto nel Pratomagno, le castagne vengono anche tostate in un forno in muratura per circa 12 ore.
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Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• • • • •
Vasche per la curatura Locali aerati per l’asciugatura delle castagne Locali in muratura grezzi Cannicci o grate in legno di castagno Pale o rastrelli in legno o metallo per muovere le castagne nell’essiccatoio • Macchina in legno o metallo per la sgusciatura o attrezzi come la mazzalanga e la vassora per la battitura e la pulitura • Forno in muratura per la tostatura
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La castagna mondigiana deve la sua qualità alla cultivar di origine locale e alla tradizionale tecnica di essiccazione che ha luogo in metati nei quali viene alimentato un fuoco di legno di castagno. Le castagne vengono talvolta consumate secche, ma di solito sono utilizzate per la produzione di farine.
Produzione
In tutto il Pratomagno ci sono solo due produttori di castagna mondigiana; il quantitativo prodotto, 20 quintali all’anno, è destinato totalmente alla vendita diretta in azienda.
Castagna mondigiana del Pratomagno
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Vegetali
Castagna perella del Pratomagno
Descrizione sintetica del prodotto
Questa castagna ha piccole dimensioni (95-140 frutti per kg), colore marrone chiaro con striature più scure e classica forma arrotondata-ellittica. Il tegumento, non essendo molto invaginato, è separabile abbastanza facilmente. Si presta molto bene alla produzione di castagne secche bianche e di farina di castagne del Pratomagno. La maturazione dei frutti è precoce (prima decade di ottobre).
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Pratomagno, provincia di Arezzo.
Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Generalmente le castagne vengono avviate all’essiccazione subito dopo la raccolta. Quando ciò non è possibile, vengono conservate all’aperto in cassette areate e coperte per impedire che si bagnino in caso di pioggia. Se la conservazione prima dell’essiccazione si protrae oltre i 10 giorni, le castagne vengono sottoposte alla pratica della “curatura”, che consiste nell’immersione dei frutti per 8-12 giorni in acqua che viene cambiata una o due volte. Tale bagno consente l’eliminazione dei microrganismi aerobi, responsabili delle formazioni di muffe e marciumi, e la successiva attivazione di microrganismi anaerobi, in particolare fermenti lattici, che provocano una leggera fermentazione con relativa formazione di acido lattico dotato di funzioni conservanti. Tolte dall’acqua ed effettuata una cernita, le castagne possono essere avviate all’essiccazione anche se ancora bagnate. Se non possono essere poste immediatamente negli essiccatoi, vengono fatte asciugare in strati sottili, muovendole almeno 2 volte al giorno in modo da arieggiare bene il prodotto. Quindi si procede alla fase di essiccazione, che ha luogo per un mese in locali in muratura (metati) su grate di legno sospese a circa 2,5 m da terra, con sotto un fuoco che mantiene l’am-
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biente a una temperatura media di circa 20°C. La sbucciatura viene effettuata meccanicamente. Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• • • • • • •
Vasche per la curatura Locali areati per l’asciugatura delle castagne Locali in muratura grezzi per l’essiccazione (metati) Assi o graticci di legno Pale o rastrelli per muovere le castagne nell’essiccatoio Macchina per la sgusciatura Forno per la tostatura
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Esemplari della varietà perella di 600 anni di età sono abbastanza frequenti nel Pratomagno.
Produzione
I produttori della castagna perella sono 12, riuniti tutti in una associazione con sede a Loro Ciuffenna. La quantità annua prodotta è di circa 2000 quintali destinati tutti alla vendita diretta a privati o a negozi locali. Ci sono inoltre molti piccoli produttori che raccolgono le castagne perelle per consumo familiare o per l’alimentazione del bestiame. In totale i produttori sono circa 20.
Castagna perella del Pratomagno
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Vegetali
Castagna pistolesa Bianchina
Descrizione sintetica del prodotto
La castagna pistolesa ha forma allungata e apice appuntito, colore scuro con tonalità più chiare verso l’ilo, che è piuttosto piccolo. L’episperma (pellicola interna) è di facile asportazione, non essendo infatti invaginato. La pezzatura è di circa 90-150 frutti per kg.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Le castagne vengono raccolte nel mese di ottobre e poste a essiccare per 30 giorni in tradizionali locali in muratura (metati), su grate di legno o di ferro sospese a circa 2,5 m da terra con sotto un fuoco che le mantiene a una temperatura media di circa 20°C. Le castagne vengono poi sbucciate e poste in sacchi di iuta. • Essiccatoi tradizionali (metati) • Grate di ferro o di legno • Sacchi di iuta per il confezionamento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La qualità della castagna pistolesa essiccata deriva sia dalle caratteristiche organolettiche della cultivar di origine locale, che in alcune aree collinari e montane della provincia di Arezzo trova il clima ideale per la crescita (oltre i 500 m di altitudine), sia dalla tecnica di essiccazione che ha luogo in metati tradizionali, con fuoco di legno di castagno. Le castagne vengono sia consumate secche, sia bollite o impiegate nella preparazione di dolci.
Produzione
Sono sei i produttori di castagna pistolesa, concentrati nella località di Subbiano. Ne producono circa 90 quintali all’anno, tutti destinati alla vendita in zona.
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Vegetali
Castagne (fresche) della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Le principali cultivar di castagne per consumo fresco sono il Bastardo rosso, la Carpinese o Carrarese, la Mazzangaia, la Rossola, la Selvana e la Vitarina. I frutti di ogni cultivar si differenziano, più o meno marcatamente, per forma, dimensioni, colore della buccia, forma dell’ilo, pellicola interna e caratteristiche organolettiche. La produzione è concentrata prevalentemente nel mese di ottobre. • Bastardo rosso: dimensioni grandi, forma ovale con apice poco pronunciato, pericarpo persistente color rossastro con striature marroni poco evidenti, ilo piccolo, chiaro e rettangolare con contorno regolare, episperma piuttosto aderente, seme color crema chiaro di sapore dolce con invaginazioni. • Carpinese: pezzatura medio piccola (100-130 frutti per kg), forma rotondeggiante con buccia color marrone chiaro ed apice conico, ilo medio, episperma mediamente aderente non molto invaginato. • Mazzangaia: pezzatura medio grossa, forma ellittica, buccia color rosso scuro, apice arrotondato, ilo grande, episperma facilmente asportabile con poche invaginazioni. • Rossola: pezzatura media, forma rotondeggiante, buccia color marrone-rossastro, apice arrotondato, ilo medio, episperma asportabile e invaginato. • Selvana: pezzatura medio alta, forma ovale con buccia color marrone chiaro e striature in rilievo, apice conico, ilo grande, pellicola asportabile con qualche invaginazione.
Territorio interessato alla produzione
Lunigiana, Garfagnana, Appennino Pistoiese, Casentino e montagna aretina, Colline Metallifere e Val di Cecina. Province di Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pistoia.
Produzione in atto
Attiva.
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Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Potatura periodica (ogni 5-6) anni delle piante • Ripuliture annuali del terreno, allontanamento o sistemazione del materiale di risulta • Raccolta manuale e/o meccanica tramite aspirazione e successivo trasporto in azienda del prodotto • Vendita del prodotto fresco non conservato o del prodotto fresco conservato tramite curatura in acqua. • • • •
Balle di iuta per insaccare il prodotto Piccoli trattori o fuoristrada per il trasporto Locali per il deposito temporaneo Contenitori idonei per l’eventuale curatura in acqua.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La gestione tradizionale dei castagneti si ripete da secoli senza sostanziali variazioni rispetto alle pratiche colturali consuete. Rispetto al passato tali pratiche si avvalgono solo dell’ausilio di mezzi meccanici come motoseghe e decespugliatori; non prevedono l’uso di concimi chimici e di fitofarmaci e garantiscono il mantenimento delle specifiche caratteristiche organolettiche del prodotto consumato allo stato fresco o successivamente trasformato.
Produzione
La produzione di castagne negli ultimi anni ha risentito della diminuzione delle superfici a castagneto da frutto, ridottesi notevolmente dal dopoguerra ad oggi. In Toscana la superficie dei castagneti da frutto è ad oggi di circa 75.000 ettari (36% della superficie forestale). Le province maggiormente interessate alla produzione sono Lucca, Massa Carrara e Arezzo; Firenze, Grosseto e Siena hanno minori superfici castanicole ma di elevata qualità produttiva; irrisorie sono invece le superfici presenti nelle province di Pisa e di Livorno. La produzione di castagne fresche è passata da quasi 1 milione di quintali del 1950 ai circa 50-60.000 attuali. Molte località toscane in ottobre-novembre ospitano sagre che hanno come tema la castagna e i suoi prodotti: farina di castagne, castagnaccio, polenta ecc., come, ad esempio, la Sagra della castagna e del vino novello.
Castagne (fresche) della Toscana
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Vegetali
Castagne d’Antona Carpinese
Descrizione sintetica del prodotto
La castagna d’Antona ha pezzatura medio-piccola, forma rotondeggiante, apice conico, colore marrone chiaro; il seme varia dal bianco avorio al giallo. Il sapore è dolce e caratterizzato da un leggero retrogusto amarognolo. Il profumo è quello delle castagne e la consistenza è croccante.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara, in particolare l’area di Antona.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
A rischio. Una volta raccolte, le castagne vengono portate all’essiccatoio, dove, stese su un graticcio di legno posto a circa 2 m da terra, vengono seccate dal fumo e dal calore del fuoco allestito a terra. L’operazione di seccatura dura circa 40 giorni. Successivamente vengono battute con la “mazzalanga” (disco di legno provvisto di lungo manico) per l’eliminazione della buccia e ripassate nella “vassora” o “abbiolo” (attrezzo per la pulitura) per il completamento della pulitura. • Metati per l’essiccazione • Mazzalanga (disco di legno provvisto di lungo manico) • Vassora o abbiolo (macchine pulisci-castagne)
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La castagna di Antona deve la sua qualità alla cultivar di origine locale, che trova qui le condizioni pedoclimatiche ottimali, all’utilizzo dei metati tradizionali per la fase di essiccazione e alle tecniche produttive rimaste pressoché invariate rispetto a quelle originarie.
Produzione
La produzione delle Castagne d’Antona, piuttosto diffusa fra gli abitanti locali, si può quantificare in circa 2000-2100 q annui. Il prodotto viene destinato all’autoconsumo ma anche venduto direttamente in azienda.
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Vegetali
Cavolfiore fiorentino tardivo Cavolfiore con il cappuccio, con il cartoccio o incartocciato
Descrizione sintetica del prodotto
Il fiore, detto “palla”, è leggermente appuntito e ricoperto dalle foglie anche a maturazione. Il colore è bianco sporco; ha un sapore molto intenso. Le pezzature vanno da 1 kg a 1,5 kg. Si produce a novembre-dicembre.
Territorio interessato alla produzione
Province di Firenze e di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Sementi autoprodotte • Preparazione del terreno: lavorazione profonda, concimazione e fresatura • Sesti di impianto: circa 6 piante/m2 • Eventuale lotta fitosanitaria: contro la cavolaia e le batteriosi • Raccolta manuale Sementi autoprodotte.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del cavolfiore fiorentino tardivo risiede nel fatto che si tratta di un ecotipo locale coltivato in zona da più di cento anni. È una cultivar prodotta a novembre e dunque tardiva, come recita il nome. Il prodotto viene venduto con le foglie che avvolgono il fiore, questo è un elemento di tipicità. In altre zone, infatti, e per altre cultivar, le foglie vengono tagliate alla base, al fine di mettere più in evidenza il prodotto.
Produzione
Nella provincia di Firenze sono probabilmente solo due i produttori che sicuramente utilizzano sementi autoriprodotte, a San Casciano Val di Pesa e a Soffiano, con una produzione complessiva di circa 10-15 quintali l’anno; la stessa quantità
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viene prodotta da un’azienda di Montevarchi, in provincia di Arezzo, la cui attività consiste nella riproduzione di seme di varietà autoctone. Esistono poi altri produttori di cavolfiore fiorentino nella provincia di Firenze, però non vi è la certezza che questi utilizzino seme puro. La loro produzione annuale si aggira intorno ai 544 quintali. La vendita avviene totalmente nelle province di Firenze e di Arezzo, generalmente a privati direttamente in azienda.
Cavolfiore fiorentino tardivo
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Vegetali
Cavolfiore precoce toscano Cavolfiore fiorentino col cartoccio precoce
Descrizione sintetica del prodotto
Il cavolfiore precoce toscano forma una “palla” dall’infiorescenza gialla rivestita dalle foglie che formano il cartoccio.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, dintorni di Firenze e provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina in semenzaio o in vasetti nella prima metà di giugno e si trapianta tra la fine di giugno e metà luglio. Si adatta a tutti i tipi di terreno, purché siano ben concimati. Produce da ottobre fino a metà novembre una palla formata da un’infiorescenza gialla, dal peso medio di 600-700 gr e, a volte, anche di 1 kg. Una particolare caratteristica è quella di essere completamente rivestito dalle foglie che formano il “cartoccio” (le più interne sono commestibili). Durante il ciclo vegetativo è attaccato dalla cavolaia e dai pidocchi fino ai primi freddi. Nelle annate con autunno molto caldo la pianta continua a produrre foglie che formano il cartoccio, ma non la palla interna.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questo cavolfiore ha la particolarità di essere completamente rivestito dalle foglie che formano il cartoccio. Di solito viene consumato fritto oppure cucinato col pomodoro. Le foglie del cartoccio, tenere e chiare, vengono lessate o utilizzate in zuppe. Si usa anche lessare il fiore e le foglie assieme e disporli sopra la bruschetta col brodo per mangiarle come zuppa.
Produzione
Nella provincia di Firenze sono probabilmente solo due i produttori che sicuramente utilizzano sementi autoriprodotte, le loro aziende si trovano a San Casciano Val di Pesa e a Soffiano, con una produzione complessiva di circa 10-15 quintali l’anno. La stessa quantità viene prodotta da quattro
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aziende della provincia di Arezzo, una delle quali, a Montevarchi, svolge proprio l’attività di riproduzione di seme di varietà autoctone. La vendita avviene totalmente nelle province di Firenze e di Arezzo, generalmente a privati direttamente in azienda.
Cavolfiore precoce toscano
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Vegetali
Cavolo riccio nero di Lucca
Descrizione sintetica del prodotto
La pianta è robusta e alta sino a 1 m, con foglie allungate e bollose lunghe circa 40 cm. Ha un colore tra il grigio bluastro e il verde intenso, che diventa quasi nero in inverno. Tenero, ha sapore e odore intensi.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nelle province di Lucca e Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. Il cavolo viene prodotto durante l’inverno, ma le piantine sono messe a dimora già a fine estate. Il terreno viene arato, fresato e concimato (concimazione organica di fondo) per procedere poi al trapianto: le piantine sono distanziate tra loro di 60-70 cm sia sulle file, sia tra i solchi. In seguito la terra viene più volte smossa per permettere un diserbo manuale. Non si fa alcun intervento fitosanitario. La raccolta avviene manualmente e le foglie vengono immediatamente confezionate in mazzetti e disposte in cassette per la vendita. • Attrezzi agricoli • Arnesi da taglio per la raccolta • Cassette di legno per la raccolta e la vendita Il cavolo nero riccio si produce in questa zona sin dall’Ottocento e ancora oggi la coltivazione avviene con gli stessi sistemi tradizionali di un tempo. Le caratteristiche di questo prodotto sono date dal pregio della cultivar locale, dal suo particolare aspetto e gusto. Gli abbinamenti più tradizionali per il consumo sono con la carne di maiale, con il baccalà e con il cotechino con fagioli. Viene inoltre impiegato nella preparazione dell’infarinata o “‘ntruglia”.
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Produzione
Cavolo riccio nero di Lucca
In Lucchesia sono rimasti solo alcuni hobbisti e un paio di professionisti all’interno di una cooperativa. In Versilia la produzione è più ragguardevole nonostante si parli sempre di hobbisti. La quantità annua prodotta è di 120 quintali di cui solo 10 nella piana lucchese. Il prodotto ha un mercato esclusivamente locale.
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Vegetali
Cavolo riccio nero di Toscana Braschetta
Descrizione sintetica del prodotto
Il cavolo riccio nero di Toscana si chiama così perché presenta foglie molto grandi, di colore verde scuro e con nervature più chiare. La loro superficie è assai frastagliata per la presenza di “bolle” alquanto grosse. Il sapore e l’odore sono quelli tipici del cavolo. Si produce da ottobre a marzo.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Province di Firenze e di Arezzo.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Acquisto delle sementi • Preparazione del terreno: lavorazione principale, concimazione di fondo, fresatura • Sesti di impianto: circa 6 piante/m2 • Eventuale lotta fitosanitaria: batteriosi e cavolaia • Concimazione: 1:1:2 • Raccolta manuale Seme acquistato o autoriprodotto.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della cultivar, il cavolo riccio nero di Toscana, un ecotipo locale legato soprattutto alla cucina povera dei contadini che lo usavano per fare la tipica “ribollita” o minestra di pane. La cultivar e l’influenza dell’ambiente sono responsabili del sapore molto intenso di questo cavolo. Si produce in zona da almeno 150 anni.
Produzione
Nella provincia di Firenze la produzione di cavolo riccio nero con sementi autoriprodotte avviene in due aziende, a Soffiano e a San Casciano Val di Pesa, che ne producono complessivamente circa 10-15 quintali l’anno; 3 quintali vengono prodotti da un’azienda di Montevarchi, in provincia di Arezzo, la cui attività consiste nella riproduzione di seme di varietà autoctone. Tale quantità potrebbe potenzialmente raggiungere i 6 quintali l’anno. Esistono
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poi altri produttori di cavolo nero nella provincia di Firenze, però non vi è la certezza che utilizzino seme puro. La loro produzione annuale si aggira intorno ai 320 quintali. La vendita avviene totalmente nelle province di Firenze e di Arezzo, generalmente a privati direttamente in azienda.
Cavolo riccio nero di Toscana
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Vegetali
Cece di Grosseto
Descrizione sintetica del prodotto
Il cece di Grosseto ha forma tonda irregolare, colore chiaro, è duro e piccolo. Si produce da marzo ad agosto.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Grosseto.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
A rischio. • • • •
Acquisto delle sementi Preparazione del terreno Concimazione Semina in terreni sciolti, a fine marzo, in solchi alla distanza di 40 cm tra le file
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
La coltivazione è in asciutta, la raccolta avviene in agosto a macchina.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del cece di Grosseto è data dalla particolarità della cultivar che risulta diversa nelle caratteristiche morfologiche: il cece è più piccolo e più chiaro di quello normale. Questa cultivar necessita di terreni sciolti, tipici del grossetano. Si utilizza per minestre o come farina per prodotti da forno.
Produzione
La produzione del cece di Grosseto è esclusivamente hobbistica, per autoconsumo familiare.
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Vegetali
Cece nostrale Cece nostrale piccolo
Descrizione sintetica del prodotto
Legume piccolo di colore chiaro.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, Chianti, Mugello, province di Arezzo, Firenze e Siena.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Coltivato in terreni sciolti. Si semina a spaglio lungo i solchi, distanti 35-40 cm, da fine marzo a metà aprile. Viene coltivato in asciutta. In terreni poco concimati cresce piccolo e con buccia sottile; se concimato molto, il legume è più grande ma la buccia indurisce. Il colore è chiaro. La pianta ha un portamento eretto, con primo palco molto basso. Richiede una sarchiatura accurata a circa 20 giorni dall’emergenza. I legumi si raccolgono da fine luglio a metà agosto e la produttività risulta buona.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I legumi vengono raccolti a maturità e, dopo la battitura, conservati ben secchi e vagliati, in cassoni in locali asciutti e ben ventilati, oppure in contenitori di vetro con aggiunta di pepe.
Produzione
I due produttori più significativi di cece nostrale o cece piccino si trovano a Reggello e a Rapolano Terme e producono complessivamente 150-200 q di cui 6-7 circa vengono venduti alla grande distribuzione. In totale sono dodici i produttori di cece nelle province di Firenze, Arezzo, Siena e Grosseto, ma si possono considerare solo come hobbisti. La quantità media prodotta negli ultimi anni è costante anche se potenzialmente potrebbe esserci un aumento delle superfici messe a coltura.
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Vegetali
Ciavattone di Sorano Fagiolo burro di Sorano
Descrizione sintetica del prodotto
Attualmente il fagiolo ciavattone è prodotto solo per autoconsumo; è un fagiolo di grande qualità dal punto di vista organolettico: presenta infatti una polpa burrosa ed una buccia finissima, facile da cuocere, tanto da essere assai apprezzato per la sua notevole digeribilità.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nel comune di Sorano, provincia di Grosseto.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
La coltivazione avviene su terreni vulcanici tipici dell’area dei tufi caratterizzati da una forte componente di potassio totale e assimilabile, una totale assenza di fosforo, un pH sub acido (6,5-5,5), una granulometria ottimale, una dotazione media di sostanze organiche (2%-3%) ed una totale assenza di calcio nelle sue formazioni sia di idrossido che di carbonato.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il fagiolo ciavattone si chiama così per la caratteristica forma schiacciata. Le sue particolari caratteristiche organolettiche e nutrizionali, oltre alla cultivar, sono dovute alle condizioni climatiche e alla composizione dei suoli in cui cresce.
Produzione
Il ciavattone di Sorano è una antica varietà la cui coltivazione è rimasta in mano solo a pochi appassionati che ne custodiscono gelosamente il seme. Essendo una produzione per lo più hobbistica e, quindi, destinata all’autoconsumo, non è possibile stimarne il quantitativo prodotto. Alcuni tentativi di recupero di questa e di altre varietà di fagioli tipici del grossetano hanno avuto scarsa efficacia per motivi di carattere economico.
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Vegetali
Ciliegia di Lari
Descrizione sintetica del prodotto
La ciliegia di Lari è presente in 19 varietà su tutto il comune di Lari. • Gambolungo: matura nella seconda quindicina di maggio; è molto dolce e tenera. • Cuore: di medie dimensioni con punteggiatura biancastra, molto saporita, rischia l’estinzione. • Siso: la pianta ha rami lunghi. Il frutto è biancastro, molto saporito, e ovale con il picciolo corto. • Papalina: matura nella prima decade di giugno; è saporita, di colore rosso cupo ed ha il gambo corto. • Del paretaio: è ovale, di buon sapore e aroma; è in estinzione (ne è rimasta una sola pianta). • Morella del Meini: particolare varietà di morella piuttosto rara. • Di Nello: selezionata attorno al 1920 da un agricoltore che le diede il proprio nome, ha polpa colorita. • Di Guglielmo: è in via d’estinzione ed è presente con poche piante in località Tomaia; il nome deriva dal coltivatore che la selezionò. • Orlando: fruttifica su pochi alberi in località Colle; è in via di estinzione. • Elia: Se ne trovano solo pochi alberi alle porte di Lari. • Precoce di Cevoli: matura nella prima metà di maggio. Piccola, di gambo medio, con pasta biancastra, buccia rossa e punteggiature biancastre. • Morella: è una specie rara che matura nell’ultima decade di giugno; è molto succosa e di colore intenso. • Di giardino: tonda, saporita, ben colorita e con il picciolo corto; si trova nelle piane di Lari. • Marchianella di Lari: come la marchiana è piccola e molto saporita, se ne sono ritrovati isolati frutti su un’unica pianta in località Boschi di Lari. • Usigliano: è molto profumata e con un intenso sapore; ha
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forma ovale e buccia tendente al viola. • Morellona tardiva: di colore intenso e molto succosa, si trova su pochi alberi in località San Bastiano. • Marchiana: matura nella seconda decade di giugno; è piccola, saporita e tenera ed ha il gambo lungo. • Montemagno detta anche Angela: se ne possono ammirare pochissimi alberi soltanto in località Usigliano; rischia l’estinzione. • Crognola: è la specie più tardiva (matura nell’ultima decade di giugno) e si trova in località Casciana Alta; tonda, di colore rosso lucente, è molto succosa. Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Pisa. Attiva.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La ciliegia di Lari, anche se le sue caratteristiche cambiano a seconda della varietà coltivata, è un frutto consistente, di colore rosso intenso e dal sapore zuccherino. È una cultivar autoctona originaria del pisano.
Produzione
I produttori della ciliegia di Lari sono circa 36, non soltanto nel comune di Lari ma anche a Cevoli, Usigliano, Lavoiano, Perignano, San Ruffino di Lari e Boschi di Lari. La produzione annua totale è di circa 150 quintali destinati solo in parte alla vendita in zona, la maggior parte viene venduta nei mercati del resto della Toscana. Ultimamente i produttori hanno riscontrato dei problemi a reperire manodopera per la raccolta del frutto. Ogni anno a giugno viene organizzata la Festa della ciliegia a Lari.
Ciliegia di Lari
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Vegetali
Cipolla di Bassone Cigola
Descrizione sintetica del prodotto
La cipolla di Bassone è di colore bianco, piccola e tonda. Il suo sapore dolciastro permette di consumarla cruda, in pinzimonio (con olio e sale), oppure di usarla come ingrediente di dolci, ad esempio la “Barbotla”, torta di cipolle cotta al forno. Si abbina molto bene con vini rossi locali. La confezione è tipica perché vengono intrecciate più cipolle insieme a formare mazzi detti “reste”. Viene prodotta nei mesi di novembre e dicembre ed è confezionata in azienda.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • Seme locale • Ottenimento delle piantine in semenzaio (autoriproduzione) • Concimazione del terreno con letame • Trapianto delle piantine dal semenzaio • Rincalzatura delle piantine • Raccolta manuale nei mesi di novembre e dicembre • Confezionamento in “reste” o in cassette • • • •
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Seme locale Terriccio per l’ottenimento delle piantine in semenzaio Semenzaio Letame per la concimazione
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar che si adatta perfettamente al clima montano della Lunigiana, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. L’approvvigionamento delle piantine avviene per autoriproduzione in semenzaio, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Non vengono generalmente utilizzate sostanze chimiche per la
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difesa o per la fertilizzazione; la concimazione viene eseguita con letame della zona. Produzione
Cipolla di Bassone
Questo prodotto viene commercializzato come cipollino da seme per un quantitativo medio annuo stimato in 15 q grazie a due soli produttori. La sua diffusione supera i confini regionali arrivando anche all’esportazione. La cipolla di Bassone era oggetto in passato di una sagra che si svolgeva in zona di cui però ora si è persa ogni traccia.
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Vegetali
Cipolla di Ripola
Descrizione sintetica del prodotto
La cipolla di Ripola ha forma tonda e schiacciata, è molto dura e compatta, ha un colore rosato sbiadito e sapore più dolce rispetto alle altre cipolle. Ha una pezzatura media. Si produce a giugno-luglio e a ottobre-novembre.
Territorio interessato alla produzione
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • Seme autoprodotto • Semina ad aprile o ad agosto (poco praticata per la mancanza di acqua) utilizzando il seme dell’anno precedente • Preparazione del terreno con aratura • Leggera concimazione organica • Raccolta manuale eseguita a giugno-luglio o a ottobrenovembre • Seme autoprodotto dell’anno precedente • Concime organico
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità della cipolla di Ripola è dovuta alla particolarità della cultivar, influenzata dalle condizioni pedoclimatiche: il terreno e soprattutto l’altitudine delle zone di coltivazione conferiscono un sapore meno pungente e più dolciastro alla cipolla che, se coltivata a quote basse, assume un gusto più amarognolo. Si consuma fresca in insalata e si presta ad essere utilizzata per fare dolci.
Produzione
La produzione di cipolla di Ripola, quantificabile in circa 1525 quintali l’anno, interessa buona parte degli abitanti del piccolo paese di Ripola. Oltre che per autoconsumo viene venduta ai villeggianti che frequentano il paese nel periodo estivo.
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Vegetali
Cipolla di Terceretoli
Descrizione sintetica del prodotto
La cipolla di Terceretoli ha forma tonda e schiacciata, colore rosato, non molto intenso. Non ha sapore molto forte, ma è dolce e di consistenza croccante, pertanto si presta ad essere consumata anche cruda in pinzimonio. Non si conserva molto a lungo, raggiunge dimensioni di 500 g. Si raccoglie fra giugno e luglio.
Territorio interessato alla produzione
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
A rischio. • • • •
Preparazione del terreno Semina a fine luglio con seme autoprodotto Concimazione con letame molto fine Copertura con foglie di felce per 10 giorni, annaffiatura giornaliera • Trapianto delle piantine ad ottobre e nuova concimazione, sempre con letame molto fine • Raccolta manuale a giugno-luglio • Seme autoprodotto • Letame • Foglie di felce Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione che prevede l’uso di foglie di felce per la copertura del suolo dopo la letamazione. L’approvvigionamento delle sementi avviene per autoriproduzione; questo permette di mantenere il patrimonio genetico della specie autoctona. Il clima e il terreno conferiscono a questa cipolla un gusto particolarmente dolce. È adatta al consumo fresco sia per il sapore particolare, sia perché si conserva meno a lungo.
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Produzione
Cipolla di Terceretoli
Questa caratteristica cipolla che in zona si produce da sempre oggi viene coltivata solo per consumo familiare, perchÊ esiste un solo produttore che ne mantiene il seme attraverso l’autoriproduzione.
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Vegetali
Cipolla di Treschietto Gigola
Descrizione sintetica del prodotto
La cipolla di Treschietto è piccola, più di quella di Bassone, e tonda, bianca e di sapore dolce. Si produce tra novembre e dicembre.
Territorio interessato alla produzione
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Seme autoprodotto • Ottenimento delle piantine in semenzaio • Trapianto dopo la preparazione del terreno con adeguata concimazione a base di letame • Rincalzatura • Raccolta manuale • Confezionamento in reste o cassette • Seme autoprodotto • Semenzaio per l’ottenimento delle piantine • Letame per la concimazione Il prodotto deve la sua tradizionalità sia alla particolarità della cultivar che si adatta perfettamente al clima montano della Lunigiana, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. L’approvvigionamento delle piantine avviene per autoriproduzione in semenzaio, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Non vengono generalmente utilizzate sostanze chimiche per la difesa o per la fertilizzazione; la concimazione viene eseguita con letame della zona. Il confezionamento è un altro fattore che rende il prodotto particolare, in quanto le cipolle vengono intrecciate insieme formando delle “reste”. Il sapore dolciastro che la caratterizza permette di consumarla cruda, in pinzimonio (con olio e sale), oppure come
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ingrediente di dolci fra i quali la Barbotla e la torta di cipolle cotta al forno. Si abbina molto bene con i vini rossi locali. Produzione
Cipolla di Treschietto
La quantità di cipolla di Treschietto prodotta, variabile di anno in anno a causa delle condizioni climatiche, è di circa 100 q. Tale produzione interessa gran parte degli agricoltori della zona. Questa cipolla è la protagonista della Sagra della cipolla che si tiene a Terceretoli tra la fine di aprile e l’inizio di maggio.
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Vegetali
Cipolla lucchese
Descrizione sintetica del prodotto
Ha il bulbo tondeggiante e allungato con pelle bianca screziata di rosso se fresca, completamente rossa se secca. Ha sapore molto forte e piccante, come anche l’odore. Le pezzature variano dai 50 g delle cipolle da consumare fresche, ai circa 350 g di quelle secche.
Territorio interessato alla produzione
Si produce in tutta la Lucchesia.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La cipolla viene prodotta da aprile a novembre con diverse semine nel corso di questo periodo. La prima semina avviene intorno al 10 luglio e le successive a distanza di 15 giorni tra loro. Dopo il germogliamento le piantine vengono diradate manualmente. Il ciclo delle cipolle da consumare fresche è di 70-80 giorni (a quest’uso sono destinate quelle delle prime semine), mentre quelle da far seccare hanno un ciclo di circa 7 mesi e vengono seminate ai primi di settembre. Queste ultime vengono consumate entro 2 mesi dalla raccolta. La coltivazione non è meccanizzata e si avvale di attrezzi artigianali. I bulbi delle cipolle destinate al consumo secco vengono legati tra loro in trecce tramite le loro estremità fibrose.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Si tratta di una cultivar tipica di questa zona, la sola ad essere coltivata ancora con sistemi tradizionali. Le principali caratteristiche sono la particolarità della forma e del gusto. Tradizionale è la confezione delle cipolle secche, intrecciate tra loro per la conservazione e la vendita.
Produzione
Viene coltivata a livello amatoriale un po’ in tutta la Lucchesia, a Sesto di Moriano una sola azienda agricola ne produce circa 70 quintali all’anno a scopo commerciale. L’azienda confeziona ancora le cipolle, per la vendita, in
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mazzi da 5 cipolle ciascuno e li intreccia tra loro a formare un ventaglio, che prende appunto il nome di “ventaglia”. Tradizionalmente le cipolle non venivano vendute a peso ma a ventaglie. L’azienda commercializza direttamente circa metà della produzione.
Cipolla lucchese
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Vegetali
Cipolla massese
Descrizione sintetica del prodotto
La cipolla massese ha forma tonda e schiacciata ed è di colore rosso. Non ha sapore molto forte, ma dolce e consistenza croccante. Si produce tra aprile e giugno.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. Le piantine vengono ottenute in azienda da seme autoprodotto. Il terreno viene preparato attraverso la formazione di solchi nei quali la piantina viene posta sdraiata, per poi essere rincalzata. La raccolta, manuale, avviene nei mesi di aprile, maggio e giugno. Le cipolle vengono intrecciate a formare dei “forconi”. Seme autoprodotto.
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla particolarità della cultivar, alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo e all’originalità del gusto. La tecnica di produzione prevede la messa a dimora delle piantine sdraiate e la successiva rincalzatura. Tale tecnica fa sì che la piantina cresca storta e questo, insieme all’influenza del terreno sabbioso e del clima (vicinanza al mare), conferiscono alla cipolla massese il tipico sapore dolciastro. L’approvvigionamento delle piantine avviene per autoriproduzione in azienda, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Un altro fattore che conferisce particolarità al prodotto è il confezionamento: la piantina secca viene intrecciata in un modo particolare a formare il cosiddetto “forcone”. È ottima per la preparazione dei soffritti.
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Produzione
Cipolla massese
La cipolla massese viene coltivata da sette produttori principali che ne producono un quantitativo medio annuo di circa 25 quintali, commercializzato interamente nella zona e venduto prevalentemente a negozi e ristoratori.
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Vegetali
Cipolla rossa toscana
Descrizione sintetica del prodotto
È una cipolla dal colore rosso, con caratteristica forma a pera.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si differenzia dalla classica cipolla fiorentina dal bulbo schiacciato, perché si presenta a forma di pera. È stata selezionata partendo dalla fiorentina classica. Si semina in semenzaio da novembre a gennaio. Si trapianta da aprile a maggio ad una distanza di 25x30 cm, in terreni ben soleggiati per evitare attacchi fungini. I cipollotti vanno rincalzati da due a quattro volte. Le cipolle da conservare sono mature a settembre. Vengono intrecciate e poste in locali ombreggiati e al riparo dal freddo, dove si conservano bene fino a marzo e aprile.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La cipolla rossa toscana è consumata come cipollotto fresco, dal sapore piccante, o preferibilmente come cipolla cucinata, perché ha un sapore molto forte. Per la produzione del seme vengono scelte le cipolle che tardano a germogliare; queste vengono reimpiantate e mandate a seme, per mantenere la caratteristica del germogliamento tardivo. Il seme si raccoglie a giugno-luglio e viene conservato in ambienti asciutti. È utilizzata per i soffritti e per le frittate.
Produzione
Il quantitativo medio annuo di cipolla rossa prodotta nelle province di Arezzo (circa 10 produttori) e Firenze è quantificabile in 150-200 quintali. La commercializzazione avviene prevalentemente in zona attraverso il mercato ortofrutticolo, buona parte della produzione è per consumo familiare.
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Vegetali
Cipolla savonese Cipolla “sagonese”
Descrizione sintetica del prodotto
È una cipolla dolce dal colore rosso e dalla consistenza croccante. È precoce e resistente.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina in semenzaio ad agosto e si trapianta a ottobrenovembre in file distanti 15 cm, perché in seguito viene diradata per il consumo fresco. Questa cipolla matura a fine maggio e, rispetto ad altre cipolle, è meno soggetta ad attacchi fungini proprio per la precocità che la caratterizza. Viene conservata in luoghi asciutti e ombreggiati nella forma intrecciata.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Per le sue particolari caratteristiche organolettiche (è molto dolce), viene consumata soprattutto cruda come cipollotto e come cipolla. Per la produzione del seme vengono mandate a fiore le piante migliori. Il seme raccolto viene conservato in ambienti asciutti.
Produzione
Il quantitativo di cipolla savonese prodotto è difficilmente stimabile: è comunque considerevole il numero di aziende agricole nel Valdarno fiorentino e aretino coinvolte nella sua produzione.
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Vegetali
Cipolla vernina Cipolla bastarda
Descrizione sintetica del prodotto
La forma della cipolla vernina ricorda quella di una trottola appiattita; è di colore rosso intenso, odore e sapore pungenti e forti. In genere il peso è di 200 g. Si raccoglie a luglio.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Acquisto delle sementi da ditte specializzate o autoriproduzione • Lavorazione principale del terreno: aratura e fresatura • Semina: circa 80 kg/ha di seme • Sarchiatura • Eventuale diserbo e lotta fitosanitaria contro le malattie • Raccolta meccanica • Eventuale fase di post-raccolta in frigorifero a 2°C • Sementi o autoriprodotte acquistate • Sostanze per il diserbo e la lotta fitosanitaria • Cella frigorifera per la conservazione postraccolta
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, sia alla particolarità del gusto, forte e pungente, che la rende adatta ad essere cucinata con carni saporite al sugo. Viene prodotta da almeno 50 anni.
Produzione
La cipolla vernina viene prodotta prevalentemente da due aziende di San Casciano Val di Pesa e Soffiano la cui attività consiste nella riproduzione di seme di varietà autoctone. Le due aziende complessivamente immettono sul mercato 4-5 quintali all’anno di prodotto. La produzione è costante negli anni. La vendita della cipolla vernina avviene totalmente in zona, direttamente a privati in azienda.
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Vegetali
Cocomero della Val di Cornia
Descrizione sintetica del prodotto
Il cocomero della Val di Cornia ha forma ellissoidale; esternamente presenta un colore verde scuro con striature verde chiaro. Ha sapore molto zuccherino e la polpa è succosa e croccante. Le pezzature vanno da 6 fino a 25 kg. Si produce da giugno a settembre.
Territorio interessato alla produzione
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Le piantine vengono acquistate presso vivaisti della zona. La coltura può seguire nella successione colturale lo spinacio, il cavolo, il pomodoro o i cereali autunno-vernini. Viene eseguita un’aratura alla profondità mediamente di 40-50 cm in autunno, successivamente vengono effettuate ripetute operazioni di affinamento del terreno. Le densità di piantagione variano con la tecnica colturale adottata (semiforzatura o pieno campo) e sono comprese fra le 4000 e le 6000 piante/ha. Si effettuano normalmente dai tre ai quattro trattamenti antiperonosporici e antioidici. Si effettua una fertilizzazione di fondo a base di fosforo e potassio, integrando con apporti azoto-potassici, durante il ciclo colturale, per fertirrigazione. La raccolta si effettua manualmente attenendosi ai tempi di carenza dei prodotti fitosanitari utilizzati. I cocomeri vengono poi trasportati con rimorchi verso il locale di lavorazione aziendale dove vengono depositati nel magazzino o in una cella frigorifera. • • • •
Piantine acquistate Prodotti per la lotta fitosanitaria Prodotti per la concimazione Locale di lavorazione con magazzino e cella frigorifera
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tipicità del cocomero non è data dalla particolare varietà (quelle usate sono le più comuni), ma dalle sue caratteristiche organolettiche legate ai fattori climatici e pedologici della Val di Cornia che gli conferiscono il sapore assai zuccherino. Le varietà coltivate sono la Royal Flash, di forma allungata, la Crimson di forma tonda e la Vitumania, introdotta solo da pochi anni. La coltivazione di questo cocomero avviene anche nella zona del Riotorto dove è molto precoce. Si riscontrano difficoltà in luglio e in agosto per l’approvvigionamento idrico. In passato erano molto più utilizzate le concimazioni organiche a base di letame. Il cocomero è una delle specie orticole maggiormente coltivate nella Val di Cornia.
Produzione
Il cocomero della Val di Cornia viene coltivato in circa 22 aziende che immettono sul mercato un quantitativo annuo di 50.000 quintali. Come per tutte le altre coltivazioni della Val di Cornia, il problema maggiore che limita la produzione di cocomero è legato alla salinizzazione delle falde che accentua la difficoltà di reperimento delle risorse idriche. La razionalizzazione dell’irrigazione tramite gli impianti a goccia ha risolto solo in parte il problema. Buona parte della produzione è orientata verso la grande distribuzione, che raramente richiede pezzature superiori ai 12 kg normalmente richieste, invece, dai mercati locali o dalla vendita diretta in azienda.
Cocomero della Val di Cornia
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Vegetali
Cucina Erbi
Descrizione sintetica del prodotto
Si tratta di un insieme di erbe e radici spontanee di sapore dolciastro che vengono raccolte in prati, terreni coltivati o di recente coltivazione, come vigneti o oliveti collinari. Vengono raccolte nel periodo invernale, da dicembre fino ad aprile. Possono essere consumate sia fresche in insalata, sia cotte come zuppa di verdure.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • Raccolta di prodotti spontanei • Lavaggio • Consumo fresco o cottura
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La cucina deve la sua tradizionalità alla particolarità delle materie prime usate: erbe e radici spontanee che vengono raccolte in prati, pascoli o in vigneti; il clima mite e l’esposizione verso il mare della zona di raccolta delle erbe conferiscono loro un sapore dolciastro. Viene consumata come zuppa in brodo con fagioli dall’occhio o cristiani, lessata o condita cruda in insalata.
Produzione
Essendo un prodotto spontaneo il quantitativo medio annuo è difficilmente stimabile. Il prodotto è commercializzato a livello locale; le erbe, raccolte da febbraio a marzo trovano come canale commerciale principale il mercato della verdura di Massa. Nel 1994 è stato pubblicato il volume Erbe selvatiche alimentari delle Apuane e della Lunigiana nel quale si parla della cucina.
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Vegetali
Dormiente della Montagna Pistoiese Dormiglione, marzuolo
Descrizione sintetica del prodotto
Il dormiente della Montagna Pistoiese (Hygrophorus marzuolus), è un fungo conosciuto anche con gli appellativi di “dormiglione” o “marzuolo”; si caratterizza per il cappello di colore variabile dal bianco grigiastro al grigio brunastro, per le lamelle che sono bianco-grigio, spaziate, di consistenza burrosa e un po’ decorrenti. Il gambo, solitamente tozzo e cilindrico, ha un colore che va dal bianco al subconcolore al cappello. La carne è bianca o grigiastra, dal gradevole profumo che ricorda il miele; il sapore è molto delicato. Spesso è presente con numerosi carpofori anche cespitosi e molto interrati nella lettiera delle conifere, tanto da renderne difficile l’avvistamento.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Nelle foreste dei comuni di Cutigliano e Abetone, provincia di Pistoia. Attiva.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il dormiente è una specie spontanea dalle limitate quantità di raccolta a causa della sua delimitazione distributiva. Le caratteristiche organolettiche del fungo, come la delicatezza e il gradevole profumo della carne, sono esaltate nel prodotto fresco.
Produzione
Essendo un prodotto che cresce spontaneamente e che viene raccolto da chiunque abbia richiesto il tesserino per l'autorizzazione alla raccolta dei funghi, non esiste una rete commerciale e di distribuzione dello stesso e non è possibile quindi stimare la quantità di raccolto. Molti ristoranti o agriturismi inseriscono questo fungo nel menu come ingrediente per alcune delle portate che vengono proposte ai clienti.
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Vegetali
Fagiola schiacciona
Descrizione sintetica del prodotto
Legume di colore bianco e di forma tondeggiante e schiacciata.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, dintorni di Firenze, Mugello e Valdarno aretino.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina da metà aprile a metà maggio e la pianta è ad accrescimento indeterminato. Ha un ciclo di produzione di circa 70-80 giorni, con produzione scalare. È molto esigente quanto a condizioni climatiche e, se queste non sono più che idonee, interferiscono negativamente sull’allegagione e sulla produzione. Il fiore è bianco e il seme è circa la metà del fagiolo spagnolo. Il seme viene seccato unicamente per la riproduzione.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Legume dal sapore eccezionale, con pasta delicatissima, dolce, e di buccia molto fine ma resistente alla cottura. Si consuma unicamente fresco. Cuoce in 20-30 minuti. Si cucina lesso con aggiunta di odori, oppure all’uccelletto. Viene utilizzato anche per la ribollita.
Produzione
L’unico produttore di fagiola schiacciona che utilizza semente autoriprodotta si trova in località Sant’Agata, Scarperia. Quest’anno ne ha seminato circa mezzo ettaro, generalmente vende il proprio prodotto al mercato ortofrutticolo di Firenze. Il seme di questa varietà è reperibile presso i Consorzi e le Cooperative della provincia di Firenze ma non vi è la certezza che sia puro. Nel Pratomagno e nel Valdarno aretino ci sono altri tre produttori di fagiola schiacciona, in totale ne producono circa 5 quintali all’anno. La produzione non è elevata e raggiunge sul mercato prezzi molto alti.
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Vegetali
Fagiolo borlotto di Maremma
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo borlotto di Maremma è un fagiolo rampicante dalle foglie verde scuro, opaco, e dal fiore rosa pallido; è caratterizzato da un baccello piuttosto grande, può raggiungere la lunghezza di 17,5 cm e la larghezza di 1,5 cm. Il seme è grande, di colore bianco con screziature color porpora. Ha una consistenza dura, si produce da aprile a luglio.
Territorio interessato alla produzione
Maremma, provincia di Grosseto.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina avviene ad aprile a seguito di una preparazione del terreno e di una concimazione di fondo. Necessita di terreni sciolti e irrigui. La raccolta, a giugno-luglio, è manuale.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La qualità e tipicità del fagiolo borlotto di Maremma sono date dalla particolarità della cultivar e dall’influenza dell’ambiente. Viene consumato come secondo piatto accompagnato da vini rossi. Si produce dal XVI secolo.
Produzione
La produzione di questo fagiolo era, fino a pochi anni fa prevalentemente di tipo hobbistico, poi, in conseguenza della sempre maggiore richiesta e del prezzo che questo fagiolo spunta sul mercato, ne è aumentata la produzione e la commercializzazione.
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Vegetali
Fagiolo borlotto nano di Sorano
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo borlotto nano di Sorano è una cultivar ad accrescimento determinato, non ha bisogno di sostegni. Il seme è reniforme, di colore bianco con screziature rosse. Si produce da aprile a giugno.
Territorio interessato alla produzione
Comune di Sorano, provincia di Grosseto.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Dopo la preparazione del terreno e la concimazione di fondo, il seme viene messo a dimora a file in aprile. È una cultivar piuttosto esigente, richiede buona irrigazione e concimazione, terreni freschi e ben drenati. La raccolta, manuale, avviene a luglio.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tipicità e qualità del fagiolo borlotto di Sorano sono date dalla particolarità della cultivar e dall’influenza dell’ambiente in cui viene coltivata. Si produce dal XVI secolo; si impiega per fare minestre e minestroni, come contorno, da solo o con salsiccia e cotiche. Spesso si accompagna con il vino rosso Morellino.
Produzione
Il fagiolo borlotto nano di Sorano è una antica varietà alla cui coltivazione si dedicano ormai solo pochi appassionati che ne custodiscono gelosamente il seme. Essendo una produzione per lo più hobbistica, destinata all’autoconsumo, non è possibile stimarne il quantitativo prodotto.
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Vegetali
Fagiolo borlotto nostrale toscano
Descrizione sintetica del prodotto
Ha colore rosso vinaccia intenso con striature bianco panna. La buccia ha la consistenza tipica del borlotto e varia a seconda dei tipi di terreno.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nel Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina ad aprile-maggio, predilige i terreni sciolti e reagisce bene a una concimazione azoto-potassica; è molto sensibile agli attacchi degli afidi. La pianta è ad accrescimento determinato e forma due palchi di fagioli; la maturazione è scalare, pertanto si consuma prevalentemente fresco.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il fagiolo borlotto nostrale deve la sua tipicità alla cultivar di origine locale. In passato in montagna veniva fatta una zuppa a base di castagne e borlotti.
Produzione
Nel Valdarno Superiore sono ormai pochissimi i produttori di questo fagiolo che viene destinato in prevalenza al consumo familiare. Non è stato possibile stimarne la quantità effettivamente prodotta visto che, essendo una produzione rimasta in mano a pochi hobbisti, non entra nei normali canali commerciali. L’impossibilità ad assicurare la disponibilità del prodotto è una delle principali cause che relegano questa produzione nell’ambito dell’autoconsumo.
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Vegetali
Fagiolo burro toscano
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo burro ha una colorazione marrone scuro; è di consistenza tenera e delicata al palato.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Grosseto.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina avviene nel mese di aprile ed è a “postarella”. Si tratta di una pianta rampicante, con ciclo di maturazione breve, che richiede terreni freschi e quindi una buona irrigazione. Le foglie sono di colore verde chiaro e opache, i fiori bianchi, i baccelli lunghi mediamente 160-170 mm e larghi circa 12 mm, ricurvi con una forma ad “S”. Il fagiolo va consumato fresco (anche in erba).
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è legata alla provenienza locale, e alla peculiarità dell’aspetto e del gusto.
Produzione
Del fagiolo burro toscano non esiste una realtà produttiva di rilievo; viene prevalentemente coltivato per hobby e pertanto destinato al consumo familiare.
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Vegetali
Fagiolo cannellino di Sorano
Descrizione sintetica del prodotto
È un fagiolo bianco dalla caratteristica forma tubolare, allungata. Attualmente è prodotto quasi esclusivamente per autoconsumo. Di grande qualità dal punto di vista organolettico, ha una polpa morbida e una cuticola estremamente fine e permeabile, facile da cuocere; per questo risulta molto digeribile. Tali caratteristiche sono dovute alle condizioni climatiche e alla particolare composizione dei suoli dell zona.
Territorio interessato alla produzione
Sorano, provincia di Grosseto.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Viene coltivato in terreni vulcanici tipici dell’area dei tufi, caratterizzati da una forte componente di potassio totale ed assimilabile, da una totale assenza di fosforo, da un pH sub acido (6,5-5,5), da una granolumetria ottimale, da una dotazione media di sostanze organiche (2-3%) e da una totale assenza di calcio nelle sue formazioni sia di idrossido che di carbonato.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il fagiolo cannellino di Sorano è un ecotipo locale apprezzato da molti per le sue caratteristiche di digeribilità conferitegli dalle proprietà dei suoli sui quali viene coltivato.
Produzione
La produzione di questo fagiolo era, fino a pochi anni fa, prevalentemente di tipo hobbistico; in seguito alla sempre maggiore richiesta e al prezzo raggiunto sul mercato ne è aumentata la produzione e la commercializzazione.
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Vegetali
Fagiolo cannellino Fagiolo cannellino del San Ginese-Compitese
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo cannellino del San Ginese-Compitese ha un seme reniforme di colore bianco ed è più piccolo del cannellino classico; ha un epicarpo molto sottile e pertanto è morbido e delicato al palato. Viene confezionato in sacchetti di juta da 1 kg oppure in sacchettini alimentari da 500 g. Sono utilizzate anche confezioni di cartone sottovuoto e, per grossisti e ristoranti, grossi sacchi da 10-15-20 kg. Per il prodotto fresco i mesi di produzione sono da maggio ad agosto; da settembre in poi si ha la produzione del fagiolo secco.
Territorio interessato alla produzione
San Ginese, Compitese, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Seme autoprodotto in azienda: selezione manuale del seme destinato alla produzione su rullo meccanico. • Aratura leggera (c.a. 30 cm) • Concimazione: 8-24-24, urea • Difesa: trattamenti con geodisinfestanti e diserbo • Irrigazione esclusivamente di soccorso • Raccolta meccanica • Selezione molto accurata, su rullo meccanico, del prodotto destinato alla vendita • • • •
Seme autoprodotto in azienda. Rullo meccanico per la cernita del prodotto Prodotti per la concimazione e prodotti per la difesa Raccoglitrice meccanica
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della cultivar; il fagiolo cannellino si adatta perfettamente alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo. L’autoproduzione
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delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Si consuma prevalentemente per fare minestre e zuppe, con baccalà e gamberetti o semplicemente lessato con sale e pepe; si accompagna con vini rossi locali. Produzione
Fagiolo cannellino
Un’azienda in località San Ginese (LU) produce gran parte di questo fagiolo cannellino tipico della Lucchesia, altre piccole aziende a livello prevalentemente hobbistico ne producono modeste quantità; 120 q di fagiolo secco e 50 di prodotto fresco sono le disponibilità annue aziendali. La crescita ulteriore della produzione trova ostacolo nella forte richiesta di manodopera di questa coltura. Gran parte della produzione annuale viene assorbita da una ditta locale che inserisce questo fagiolo cannellino in miscele di legumi destinate alla grande distribuzione. Solo il 40% è destinato ad un consumo locale in negozi ortofrutticoli.
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Vegetali
Fagiolo coco nano Fagiolo cocco
Descrizione sintetica del prodotto
Fagiolo dal colore bianco e forma ovale che si consuma prevalentemente secco.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina avviene verso la metà di aprile ma, a seconda delle condizioni locali, si può anticipare o posticipare, anche fino a luglio. Richiede terreni sciolti e fertili. La cultivar è nana, ad accrescimento determinato e richiede l’irrigazione di soccorso. È piuttosto delicato da un punto di vista fitopatologico, pertanto va seguito ed eventualmente trattato. La fioritura avviene su un solo palco.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questo fagiolo presenta ottime caratteristiche organolettiche e viene consumato prevalentemente secco, ma anche fresco; la pasta è delicata e farinosa, la buccia sottile e i tempi di cottura ridotti rispetto ad altre cultivar di fagiolo. Per la riproduzione del seme vengono selezionate in campo piante portaseme. La conservazione del seme è buona quando viene posta particolare attenzione alle tecniche di gestione della coltura in campo. Si presta alla preparazione di pasta e fagioli e ribollita.
Produzione
La produzione del fagiolo coco nano è quantificabile in circa 50 q annui e conivolge circa trenta produttori in tutto il Pratomagno, il Valdarno e la Valtiberina. La commercializzazione avviene nella zona di produzione e in parte nel resto della regione.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b47
Vegetali
Fagiolo dall’occhio Fagiolo gentile, fagiolo cornetto
Descrizione sintetica del prodotto
Appartiene alla specie Vigna unguiculata. I baccelli, di colore verde opaco, mediamente filamentosi, non curvi e fini, raggiungono i 20 cm di lunghezza e sono larghi 5 mm. Sulla pianta crescono attaccati apicalmente a gruppetti di 3-4.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina da fine aprile a fine luglio (il periodo migliore è fine maggio). In passato veniva seminato dopo la raccolta del grano. Normalmente la distanza tra le file è di 70 cm e di 23 cm sulla fila. Preferisce i terreni sciolti e non ama i ristagni idrici, raramente deve essere irrigato. I fiori sono bianchi tendenti al violaceo; è consumato dappertutto come fagiolino fresco, ma viene utilizzato anche secco. Alcuni semi sono marroncini tendenti al chiaro, altri tendono al ruggine con una macchia scura nell’ilo. La raccolta avviene da fine luglio a scalare e può arrivare fino a ottobre. I semi vengono prelevati secchi dai palchi più bassi del legume e vengono lasciati ulteriormente seccare al sole per conservarli sotto vetro al fresco.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Se il fagiolo viene consumato fresco è chiamato “fagiolo cornetto” per la caratteristica distribuzione dei fagiolini sullo stelo, quando invece viene consumato secco è detto “gentile” per la sua ottima digeribilità. Proverbio: “Chi vuole un bel fagiolo gentile, primo di maggio o ultimo di aprile”.
Produzione
Vengono prodotti circa 100 q di fagioli dall’occhio da una cinquantina di aziende situate nel Pratomagno, nel Valdarno
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v47
aretino e fiorentino, nel Casentino e nella Valtiberina. Viene prodotto prevalentemente per il consumo familiare e per ristretti circuiti commerciali.
Fagiolo dall’occhio
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b48
Vegetali
Fagiolo della montagna Fagiolo bastardone, della nodola, dell’Amiata
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo della montagna ha un seme reniforme molto grande (circa 3 cm); il colore è giallo tendente al verdognolo, ha sapore aspro e odore forte. La consistenza è dura; si produce a luglio e ad agosto.
Territorio interessato alla produzione
Monte Amiata, provincia di Siena.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
• Seme autoprodotto in azienda • Preparazione del terreno: zappatura e successivo inserimento dei sostegni (bastoni) per permettere alla pianta di crescere • Raccolta manuale
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della cultivar che si adatta perfettamente alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo. L’autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Si consuma spesso con salsiccia, cipolla o semplicemente lessato con sale e pepe, accompagnato con vini rossi locali.
Produzione
Il fagiolo della montagna viene prodotto solo a livello hobbistico da alcuni coltivatori della provincia di Siena, in particolare della zona dell’Amiata senese e della Val d’Orcia. Non è possibile stimare il quantitativo annuo prodotto in quanto tutta la produzione è destinata all’autoconsumo e non viene messo in commercio.
*VegetalXstampa bigliolo091101 7-12-2001 15:58 Pagina b49
Vegetali
Fagiolo di Bigliolo
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo di Bigliolo ha una buccia sottile e una pasta molto tenera; pertanto è estremamente digeribile e delicato. Ha sapore dolciastro e consistenza farinosa. La forma del baccello può essere diritta o leggermente arcuata, con dimensioni di 10-12 cm. Il seme ha colore bianco crema leggermente striato di rosso. Viene prodotto nei mesi di giugno e luglio. Le varietà di fagiolo coltivate a Bigliolo appartengono sia al tipo borlotto sia al cannellino. Il seme si conserva di anno in anno ed è riprodotto dalle aziende stesse, cosicché nel tempo si è mantenuto intatto un grande patrimonio di biodiversità. Le principali varietà coltivate sono: il tondino, il borlotto di Bigliolo, il bianchetto e il “due facce”. Il tondino è un fagiolo di piccole dimensioni, dalla forma leggermente tondeggiante, con striature color vinato intenso e fondo crema variegato di viola. Il baccello presenta striature rosso-rosate che lo coprono quasi interamente. È il fagiolo più ricercato per la delicatezza del gusto e la buccia molto sottile. Il borlotto di Bigliolo ha forma allungata, leggermente schiacciata con striature color vino vinoso intenso e dimensioni maggiori rispetto al tondino. È utilizzato prevalentemente per la preparazione di ottimi minestroni. Il bianchetto ha piccole dimensioni (ancor più piccolo del tondino), forma ovoidale e colore bianco crema chiaro. Il baccello ha colore uniforme, bianco crema, tendente al verde. È un fagiolo dal sapore dolce e delicato; le sue ottime caratteristiche vengono esaltate quando si usa come contorno: lessato in acqua e accompagnato da olio extravergine di oliva della Lunigiana. Il “due facce” è di media dimensione, di forma schiacciata e leggermente allungata e presenta, a partire dall’occhio, una variegatura color vinato su fondo crema. Il baccello ha colore bianco crema ed è assai sottile. Viene utilizzato lessato e nei minestroni per esaltarne la naturale sapidità.
*VegetalXstampa bigliolo091101 7-12-2001 15:58 Pagina v49
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Lunigiana e in particolare la zona di Bigliolo, provincia di Massa-Carrara. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina del fagiolo viene fatta tradizionalmente sulla “ristoppia” del grano, iniziando a lavorare il terreno solo dopo la raccolta del cereale nel periodo che va dal 23 al 30 giugno, cioè da San Giovanni a San Pietro. Le piante crescono rigogliose in doppi filari sostenute da rami di cerro, nocciolo e frassino, i cosiddetti “pali”, raccolti durante l’inverno; così nel periodo di coltivazione del fagiolo la campagna assume un aspetto particolare. La concimazione è esclusivamente organica, l’irrigazione per scorrimento.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il fagiolo di Bigliolo deve la sua tipicità e le sue eccezionali qualità alla tecnica di produzione, alle particolari varietà locali di fagiolo, alle favorevoli condizioni del terreno, del clima e dell’acqua di irrigazione poco dura. Bigliolo è collocato in una valle orientata a sud, molto soleggiata, riparata dai venti di tramontana dalle prime montagne dell’Appennino; presenta un terreno alluvionale molto fertile, ben drenato e povero di calcio. Questa caratteristica, unita all’utilizzo di acque di irrigazione, per loro natura poco dure, conferisce al fagiolo di Bigliolo una buccia molto sottile e quasi impercettibile, un sapore molto dolce ed una estrema tenerezza della pasta, molto più spiccati di quelli di fagioli prodotti altrove. Anticamente veniva seminato lungo i corsi d’acqua. Solo in seguito al diffondersi della pratica dell’irrigazione, per scorrimento delle acque nei solchi, si è avuto un incremento della produzione. I fagioli erano un importante alimento sia nelle case dei poveri che in quelle dei ricchi. Il 29 settembre 1709 il notaio che stendeva l’inventario dei beni del prete Cosimo Malaspina di Quercia elencava, come beni preziosi, anche “una pignatta di fagioli bianchi, un taschello con tre quarette di faglioli minuti e una grande abbondanza di faglioli secchi depositati in varie cantine”. Il prodotto si impiega, nella tradizione culinaria del posto, in molti piatti, tutti, in genere, accompagnati da vino rosso locale: salsicce e fagioli, polenta incatenata, zuppa di fagioli con pane tostato, minestrone.
Produzione
Una parte del prodotto viene destinata all’autoconsumo, il resto viene venduto. La commercializzazione del fagiolo avviene prevalentemente in zona per vendita diretta, ma una parte viene destinata anche a grossisti e distributori non locali che lo vendono in Toscana e nel resto d’Italia. Dal 1983 ogni anno la seconda e la terza domenica di ottobre viene organizzata la Sagra del Fagiolo di Bigliolo con incontri a tema intitolati “A tavola con il fagiolo”.
Fagiolo di Bigliolo
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b50
Vegetali
Fagiolo di Sorana Piattellino
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo di Sorana è una leguminosa del tipo rampicante appartenente alla specie botanica Phaseolus vulgaris L. che, nella zona in cui viene coltivato, spesso supera i 5 metri di altezza. Ha un seme dal colore bianco latte con leggere venature perlacee o rosso vinato con striature di colore più intenso. Quello bianco (denominato localmente piattellino) ha una forma molto schiacciata, quasi piatta, molto più piccola del comune cannellino; quello rosso ha una forma più cilindrica. È molto saporito e la consistenza è tenera. Il tegumento molto sottile, che non si stacca durante la cottura, e il suo sapore particolare lo rendono un fagiolo molto ricercato, anche se di difficile reperibilità.
Territorio interessato alla produzione
La zona di produzione è costituita dalla parte del territorio del comune di Pescia (provincia di Pistoia) caratterizzata dalla presenza di numerosi corsi d’acqua, da terreni sabbiosi e da una forte umidità dell’aria.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Per la coltivazione del fagiolo di Sorana sono adatti terreni sabbiosi, mentre sono da escludere quelli con prevalenza strutturale della frazione argillosa. La concimazione di fondo è prevalentemente di tipo organico, come lo è quella di copertura. La semina, previa adeguata lavorazione meccanica e manuale del terreno, viene effettuata da seme derivante dalla popolazione locale. La raccolta è effettuata generalmente a mano, poi le granelle vengono esposte al sole per 3-4 giorni per completarne l’essiccazione. Nel caso in cui il prodotto non venga confezionato subito, si conserva in contenitori con pepe in grani o radici di valeriana ed, eventualmente, foglie di alloro per evitare la diffusione di insetti, soprattutto del tonchio.
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v50
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Si produce nella zona da almeno due secoli, in genere si consuma come contorno di piatti tipici della cucina toscana, ma anche come primo piatto (zuppe, minestroni). È stata inoltrata la richiesta di riconoscimento di una IGP.
Produzione
Sul territorio si possono individuare 10-15 produttori di fagiolo di Sorana, riuniti in maggior parte in una associazione con sede a Pescia. I non iscritti sono piccoli produttori che spesso impiegano il raccolto per autoconsumo e non fanno quindi differenza per la stima della produzione generale. La quantità effettivamente prodotta si può aggirare intorno ai 20 quintali all'anno. Non ci sono margini di aumento, è infatti un fagiolo precoce che necessita di grandi quantitativi di acqua e la sua ubicazione in una zona prettamente montagnosa ne rende difficile la produzione. Viene venduto in parte direttamente a privati in azienda, in parte nel resto della regione. Ogni anno a settembre, a Sorana e a Pescia, vengono organizzate sagre e manifestazioni gastronomiche sul fagiolo di Sorana.
Fagiolo di Sorana
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b51
Vegetali
Fagiolo di Zeri Fagiolo con il grembiule detto “fasgiulain dau scuside”; fagioline dette “fasgiuline”
Descrizione sintetica del prodotto
Esistono due varietà del prodotto. Una è il “fagiolo con il grembiule”, piccolo, rotondo, di colore bianco e nero (macchiettato), consumato in erba e molto tenero; l’altra è la “fasgiulina”, diminutivo dovuto alla taglia della pianta che si sviluppa in uno stadio intermedio, fra il fagiolo nano e quello rampicante. La fagiolina ha una forma leggermente piatta, di dimensioni modeste.
Territorio interessato alla produzione
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
A rischio.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Un tempo veniva coltivato in consociazione con il granturco, che con il suo fusto diventava il “frasco” cui arrampicarsi.
Produzione
È un’antica varietà autoctona che si ritrova soltanto in pochi orti familiari insieme ad altre varietà toscane. La produzione del fagiolo di Zeri è infatti ormai relegata a pochi hobbisti che lo utilizzano solo per autoconsumo.
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b52
Vegetali
Fagiolo giallorino della Garfagnana Giallorino
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo giallorino della Garfagnana ha seme ovale, dimensioni medio-piccole e colore giallo, con occhio ben marcato. È una coltura che non ha bisogno di sostegno; si produce da maggio ad agosto.
Territorio interessato alla produzione
Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Il seme viene selezionato alla raccolta dai produttori e conservato per l’anno successivo. Il terreno viene preparato facendo concimazioni di fondo; il seme viene messo a dimora in aprile, normalmente viene seminato in abbinamento al formentone, sulle stesse file. • Sacchi per la conservazione e vendita • Locali per conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale responsabile del suo particolare sapore e aspetto. In genere si consuma con il cotechino, con il baccalà o come base per il minestrone.
Produzione
ll fagiolo giallorino della Garfagnana viene prodotto da un’azienda agricola che ha sede a Camporgiano (LU). La produzione media è di 2-3 quintali all’anno; questa modesta quantità è dovuta alla poca semente disponibile che non permette di produrre questo fagiolo con continuità. Gran parte del prodotto è venduto direttamente in azienda, il restante è immesso al commercio in ambito regionale.
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b53
Vegetali
Fagiolo massese
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo massese ha forma rotonda leggermente allungata, colore dal beige al marrone chiaro. La pezzatura è medio piccola e la consistenza pastosa. Viene prodotto in luglioagosto.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara e fascia litoranea.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • • • • •
Autoproduzione delle sementi Preparazione del terreno in solchi Semina in aprile Concimazione organica Raccolta manuale a luglio
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar sia alla tecnica di produzione, rimasta invariata nel tempo. Il seme viene autoprodotto in azienda, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Le condizioni pedoclimatiche sono responsabili del gusto fresco e saporito del fagiolo. Si consuma lesso, condito con olio di oliva; è ottimo nelle minestre perché produce un brodo denso e gustoso. Un tempo il fagiolo massese veniva seminato per essere raccolto in erba, oggi si raccoglie come fagiolo da grana.
Produzione
Oltre a qualche hobbista, sono 5 i produttori di fagiolo massese rimasti. Sono persone anziane che purtroppo non hanno più lo stimolo a mantenere questa produzione. La quantità che ne producono si aggira intorno ai 4 quintali all’anno, per lo più destinati alla vendita a negozi locali ed alla vendita diretta in azienda.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b54
Vegetali
Fagiolo romano Fagiolo romanello
Descrizione sintetica del prodotto
Fagiolo piccolo di forma irregolare e lievemente tondeggiante con buccia sottile.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina a fine aprile; la pianta è ad accrescimento semideterminato-indeterminato, con fiori bianchi e molto sensibile alla ruggine; risente delle alte temperature in fase di allegagione. Non richiede terreni fertili, la sua produttività è media, la produzione avviene in 4-5 palchi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Veniva seminato in passato consociato con la saggina o il mais; per il consumo viene utilizzato secco. A causa della sua forma di scarsa bellezza (piccola e irregolare) è limitato per lo più al circuito familiare, ma è considerato da molti il fagiolo più buono. La buccia è molto sottile e la cottura abbastanza veloce; ad un esame visivo dopo la cottura potrebbe essere scambiato per lo zolfino (la forma è simile, solo lievemente meno rotonda e il liquido di cottura chiaro senza legumi disfatti), mentre ad un esame gustativo si differenzia per l’assenza di quella punta di dolce che caratterizza invece lo zolfino; il sapore è intenso e delicato al tempo stesso. Per il seme vengono lasciate le piante più belle e con un bel tralcio. Le preparazioni tipiche sono all’olio e all’uccelletto.
Produzione
Sono state rilevate tre aziende produttrici per un quantitativo complessivo di circa 5 q l’anno di fagioli. A questa quantità si deve sommare quella prodotta da alcuni hobbisti che destinano il prodotto totalmente all’autoconsumo.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b55
Vegetali
Fagiolo rosso di Lucca
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo rosso di Lucca è reniforme, leggermente ellissoidale, e lungo circa 1,5 cm; è di colore rosso con screziature scure, quasi nere; è molto farinaceo e ha un sapore più intenso rispetto al fagiolo cannellino. La consistenza del legume è tenace.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. La produzione avviene dal mese di maggio sino a settembre. Dopo che il terreno è stato lavorato si procede alla semina con sementi di origine aziendale. L’investimento è di 30-40 piante per m2. Il terreno viene concimato con concime triplo (8-24-24) e urea; l’irrigazione è unicamente di soccorso. Dopo la raccolta, effettuata con mezzi meccanici, le sementi vengono pulite, selezionate e trattate contro coleotteri curculionidi (tonchi) per essere poi conservate senza ausilio di trattamenti chimici. • • • •
Seminatrice pneumatica Raccoglitore meccanico Sacchi per la conservazione e la vendita Locali per la conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale con il suo particolare sapore e aspetto. Sono tradizionali i piatti come la pasta e fagioli, la bistecca e fagioli o l’abbinamento con baccalà e gamberetti.
Produzione
Il fagiolo rosso era una delle produzioni più importanti della pianura lucchese fino agli anni cinquanta, poi, vista la grande disponibilità di manodopera che richiede, la sua produzione è andata via via calando fino quasi a scomparire negli
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v55
anni settanta. Nel 1998 la Confederazione Italiana Agricoltori ha cercato, fornendo aiuti strutturali ai produttori, di ampliarne le basi produttive, passando dai 15 quintali del 1999 ai 60 nel 2001, e di trovare canali di vendita (Unicoop). Sono soltanto due i produttori, a San Ginese, che si sono fatti carico di questo impegno; ci sono poi altri hobbisti nella zona di Nave-Sant’Anna. Si prevede un aumento della produzione fino agli 80 quintali annui. Per il momento il prodotto ha una destinazione prevalentemente regionale, solo una piccola parte viene anche venduta al di fuori della Toscana.
Fagiolo rosso di Lucca
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b56
Vegetali
Fagiolo schiaccione
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo schiaccione è bianco, lungo circa 2,5 cm e ha una forma allungata e schiacciata. Ha sapore dolciastro ed è molto tenero. È confezionato in sacchetti da 1 kg.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nella sola provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. La produzione del fagiolo schiaccione avviene tra agosto e ottobre. Per la semina vengono impiegate sementi aziendali dell’anno precedente o acquistate presso rivenditori locali. Il terreno viene fresato e vi si scavano solchi distanti circa 60 cm tra loro; si procede poi a una blanda concimazione, alla disposizione delle piantine (a una distanza di 35-40 cm sulla fila) ed eventualmente al diserbo. Nel corso della crescita delle piante si effettua la rincalzatura e la lotta contro parassiti e patologie varie. Si concima poi una seconda volta (solo di fondo). La raccolta si esegue manualmente. I baccelli vengono disposti su teli di cotone e lasciati essiccare per 15-20 giorni al sole per essere poi sgranati a mano. • Attrezzi agricoli • Contenitori per la raccolta • Teli di cotone per l’essiccazione La particolarità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale e alla sua caratteristica forma e sapore. Il terreno di questa zona è particolarmente adatto alla produzione dei legumi in quanto rimane fresco anche in estate, elemento che influisce in modo determinante sulla crescita e dunque sulla qualità del prodotto finale. La produzione avviene ancora secondo sistemi tradizionali in tutte le sue fasi. È tipico l’abbinamento con salumi di maiale.
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v56
Produzione
Fagiolo schiaccione
In Versilia ci sono diversi produttori, ma non è stato possibile quantificarli, nella provincia di Lucca vi sono una decina di hobbisti. La quantità effettivamente prodotta si aggira intorno ai 700 quintali sul fresco (5 ettari in produzione fra Pietrasanta e Capezzano), 1 quintale di secco. Negli ultimi tre anni la quantità media è stata di 600 quintali. La maggior parte del prodotto viene venduta in zona, sia a negozi locali che a ditte di trasformazione, il resto viene destinato ai mercati regionali. La richiesta di fagiolo schiaccione sul mercato è maggiore della produzione.
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Vegetali
Fagiolo scritto della Garfagnana
Descrizione sintetica del prodotto
Il seme è di forma ovale, la pezzatura è medio piccola e presenta vari colori: bianco sporco con striature di colore blu, nero, marrone; alcuni fagioli presentano una colorazione totalmente scura tendente al nero, altri completamente bianca. È molto farinaceo e consistente.
Territorio interessato alla produzione
Si produce in Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Il seme viene selezionato alla raccolta dai produttori e conservato per l’anno successivo. Il terreno viene preparato facendo concimazioni di fondo; il seme viene messo a dimora in aprile-maggio; normalmente viene seminato in abbinamento al formentone maggese sulle stesse file. • Sacchi per la conservazione e vendita • Locali per la conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità del suo aspetto caratterizzato da una colorazione insolita. È molto rinomato per la morbidezza e per la consistenza, tanto che rimane intatto anche dopo la cottura. In genere si consuma con il cotechino, con il baccalà o come base per il minestrone.
Produzione
Questo legume, tipico della Garfagnana e della media Valle del Serchio, si trova difficilmente in commercio dato che la produzione è prevalentemente hobbistica. Dei 6 quintali prodotti ogni anno circa la metà viene destinata alla vendita diretta aziendale e solo una minima parte transita dai negozi presenti in zona.
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b58
Vegetali
Fagiolo seme nero
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Fagiolo da mangiare in erba; non forma mai il filo neppure a maturazione avanzata.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e provincia di Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina può essere fatta in due periodi diversi: a fine aprile-primi di maggio, oppure a luglio; nel primo caso, dato che il ciclo di maturazione minimo è di 60 giorni, la raccolta avviene a fine giugno-primi di luglio, nel secondo a settembre. La maturazione è scalare, pertanto la raccolta si protrae per un periodo di 40 giorni. La varietà è rampicante ed ha bisogno di sostegno; i fiori sono violetti. Necessita di terreni fertili e di irrigazione; le patologie più frequenti sono afidi, ragno rosso e peronospora.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I baccelli sono lunghi circa 10-15 cm e contengono 5-6 chicchi di colore nero a maturazione; la caratteristica di questo fagiolino da mangiare in erba è che a granigione avvenuta si mantiene tenero e non forma il filo. Viene preparato lessato e condito con olio oppure cotto col pomodoro.
Produzione
Non è stato possibile stimare la quantità di fagiolo seme nero effettivamente prodotta visto che, essendo una produzione di pochi hobbisti, viene destinata esclusivamente al consumo familiare.
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Vegetali
Fagiolo serpente toscano Stringa
Descrizione sintetica del prodotto
Il fagiolo serpente è un fagiolo in erba di colore verde scuro, con una forma particolarmente allungata e dal sapore acidulo. Si produce da fine giugno a fine agosto.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina a fine maggio-inizio giugno generalmente a file, con distanza sulla fila di 10-15 cm. Pianta ad accrescimento indeterminato, richiede il sostegno o le reti da pisello. Si adatta a diversi tipi di terreno. Produce fiori violacei a grappoli di 2-3-4 e baccelli fini, lunghi e dritti, di colore verde scuro, dal diametro di circa 4-5 mm. I baccelli, attaccati a grappoli di 2-3, maturano spesso contemporaneamente (almeno 2 su 3). Il legume assomiglia molto al fagiolo dall’occhio, piccolo, con la macchia nera all’ilo. Si raccolgono i baccelli quando sono lunghi circa 50 cm. Poco suscettibile agli afidi, è invece molto facilmente attaccato da cimici e farfalline.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Baccello molto saporito, dal sapore erbaceo, pungente. Si cucina in umido, lesso in insalata ecc. Non fa il filo e non si vuota. I legumi sono diversi dal fagiolo serpente più comune, che è più grosso e ha colore verde più chiaro. Per la riproduzione del seme si lasciano crescere i baccelli sulle impalcature più basse fino a 1 m di lunghezza e si raccolgono i semi. Viene prodotto per consumo familiare e per ristretti circuiti commerciali.
Produzione
Nella provincia di Firenze è stata individuata un’unica azienda di rilievo che produce esclusivamente seme per le aziende orticole toscane. Il seme di questo ortaggio è reperibile an-
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che presso i consorzi e le cooperative, ma non vi è la certezza che sia seme puro, non ibrido. I dati forniti dal Mercafir parlano di 70 quintali di introdotto locale nell’anno 2000. Nella provincia di Arezzo, nel Valdarno e nel Pratomagno, le aziende produttrici sono una decina e ne producono circa 20 quintali.
Fagiolo serpente toscano
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Vegetali
Fagiolo turco di Castello
Descrizione sintetica del prodotto
Fagiolo bianco di forma simile al cannellino, ma di maggiori dimensioni e con buccia più sottile.
Territorio interessato alla produzione
Province di Firenze e Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Il fagiolo presente nel Valdarno è nano (ne esistono anche alcune cultivar ad accrescimento indeterminato). Se seminato ad aprile la raccolta avviene a luglio e si protrae per 20 giorni dato che il fagiolo ha maturazione scalare; con semina tardiva (fine giugno) la raccolta viene fatta a settembre. Richiede terreni fertili e necessita di irrigazione; in condizioni ottimali ha una assai elevata produttività e presenta 23 palchi di fagioli. I fiori sono bianchi, le patologie ricorrenti sono rappresentate dalla ruggine, dagli afidi e dal ragno rosso.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Un tempo era molto diffuso, ormai nel Valdarno sono in pochi a conservare questa varietà che invece è molto apprezzata sul mercato di Firenze. Viene consumato prevalentemente fresco (per la maturazione scalare).
Produzione
Sono rimaste solo 2 aziende a coltivare il fagiolo turco ma solo una di queste, a Montevarchi, ne ha una produzione abbastanza considerevole (circa 1 quintale anche se la potenzialità produttiva è di 5 quintali). Il prodotto è venduto direttamente dai produttori e nei negozi locali.
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Vegetali
Fagiolo zolfino
Descrizione sintetica del prodotto
Fagiolo piccolo, tondo, di colore giallo pallido con ilo bianco, buccia molto fine e di facile cottura.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, Pratomagno; province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina generalmente a fine aprile. La pianta è ad accrescimento determinato, oppure semideterminato, ma in questi casi l’abbozzo di tralcio di solito viene sfalciato. È stato rinvenuto anche un ecotipo ad accrescimento indeterminato. È un fagiolo che si adatta bene anche a terreni poco fertili, pur con produttività più bassa se confrontata con altri fagioli come il cannellino o altre varietà tipiche della zona, come il coco bianco. Nella fase di allegagione risente del clima con alte temperature, è piuttosto resistente alle comuni patologie della specie, ma è facilmente attaccato dal ragnetto giallo. Generalmente questa varietà produce due palchi di fagioli, di cui il primo è quello più produttivo. I fagioli presentano un ilo bianco e a maturazione assumono una colorazione giallo pallido che, a seconda dell’ecotipo, è più o meno intensa.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È un fagiolo di facile cottura per la presenza di epidermide molto sottile ed è molto ricercato sul mercato per il sapore particolarmente delicato che lo caratterizza. Per la produzione di seme vengono scelte le piante più belle. I semi vengono lasciati seccare sulla pianta e ulteriormente asciugati prima di essere conservati.
Produzione
In tutto il Pratomagno ed il Valdarno le aziende che producono fagiolo zolfino sono circa 80, 6 delle quali sono aziende certificate biologiche. La produzione annua è di circa 500
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quintali, la maggior parte destinati alla vendita diretta nelle diverse aziende, in minore quantitĂ nei mercati locali e nel resto della Toscana.
Fagiolo zolfino
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Vegetali
Farina di castagne pistoiese
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne pistoiese ha colore nocciola chiaro, sapore dolce e intenso aroma di castagne tostate.
Territorio interessato alla produzione
Comuni della Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
A rischio. Una volta raccolte, le castagne vengono portate nel metato per l’essiccazione. Il metato è un edificio con pareti e tetto di lastre di pietra, diviso al suo interno in due livelli da un solaio (“graticcio”) di legno di castagno sul quale vengono stivate le castagne fresche. Al centro della stanza al piano terra viene acceso e alimentato costantemente per 40 giorni un fuoco di legna i cui fumi e calore passano attraverso il graticcio e lo strato di castagne. È fondamentale che la temperatura rimanga costante poiché un calore troppo elevato accelera l’essiccazione delle castagne, con conseguente ottenimento di farina di scarsa qualità. Una volta essiccate, le castagne vengono stese sull’aia e battute con bastoni di legno per eliminare la buccia, quindi raccolte in sacchi e portate al mulino dove vengono macinate con macine in pietra. Dopo essere stata ritirata dal mulino la farina viene vagliata, trasportata in azienda e stivata pressandola manualmente in contenitori di legno. L’impiego di contenitori di legno di castagno consente la giusta traspirazione e, di conseguenza, il compattamento e l’indurimento della farina che diviene un corpo unico; il compattamento mantiene le caratteristiche organolettiche della farina appena macinata inalterate per oltre un anno.
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Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• • • • • •
Metati Cannicci di legno per l’essiccazione Battitore in legno Macina in pietra per la molitura Sacchi di iuta Contenitori in legno
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La provenienza esclusivamente locale delle castagne e la tradizionale tecnica di essiccazione nei metati conferiscono alla farina di castagne pistoiese un sapore particolare, mentre la conservazione in contenitori di legno consente un più duraturo mantenimento delle caratteristiche organolettiche. Anche la particolare manualità e l’esperienza acquisita dai produttori nel tempo influiscono in maniera determinante sulla qualità del prodotto.
Produzione
Le aziende che nel pistoiese producono farina di castagne sono circa 10, con una produzione complessiva annua di 20 quintali. La quantità prodotta è rimasta pressoché costante negli ultimi anni; non c’è la tendenza all’aumento per la mancanza di attrezzature adeguate. La maggior parte del prodotto viene destinato alla vendita diretta, il rimanente all’autoconsumo. Il Museo di Rivoreta espone i tradizionali utensili adoperati dai castanicoltori, come ad esempio i testi per fare i “necci”, che si realizzano con l’uso della farina di castagne. In molte delle manifestazioni locali o feste paesane dei mesi di ottobre e novembre sono sempre presenti prodotti tipici a base di farina di castagne (biscotti, necci, polenta…).
Farina di castagne pistoiese
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Vegetali
Farina di castagne dell’Amiata
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne dell’Amiata ha colore marrone scuro, sapore dolce e intenso, profumo di castagne tostate. Viene macinata molto finemente, ma mantiene una consistenza dura. Generalmente viene confezionata in sacchetti trasparenti.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Zona dell’Amiata, in provincia di Grosseto e di Siena.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
A rischio. Una volta raccolte e scelte, le castagne vengono portate al seccatoio, stese su un graticcio di legno posto al piano superiore (a circa 2 m da terra) e seccate con il fumo e il calore del fuoco allestito al piano terra. Dopo l’operazione di seccatura, che dura circa 40 giorni, le castagne vengono sgusciate, confezionate in sacchetti di juta e poi consegnate al mulino della zona. Dalle balle le castagne vengono riversate su una tramoggia collegata alle macine di pietra, con le quali viene compiuta la molitura, in genere al ritmo di circa 150 kg di castagne all’ora. La farina ottenuta viene poi stoccata in appositi contenitori, controllando i tempi e le modalità di questa fase. • • • •
Metati per l’essiccazione Balle di juta Tramoggia Macine in pietra
Il prodotto deve la sua tradizionalità principalmente all’utilizzo dei metati per la fase di essiccazione e alla molitura mediante macine in pietra. L’uso di queste strutture conferisce un gusto, una consistenza ed una qualità organolettica alla farina totalmente diverse rispetto a quelli delle farine prodotte in strutture industriali. Oltre alla tecnica di produ-
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zione, rimasta invariata nel tempo, le caratteristiche organolettiche della farina di castagne dell’Amiata dipendono dalle cultivar utilizzate nella zona di produzione. Viene impiegata tipicamente per frittelle, bollenti, castagnaccio e polenta dolce. Produzione
Farina di castagne dell’Amiata
La coltura del castagno da frutto nell’area amiatina ha da sempre avuto diffusione e interessa otto comuni della provincia di Grosseto e tre della Provincia di Siena. Da tempi antichi la produzione di castagne e di farina nella zona amiatina, come in altre zone ricche di castagneti da frutto, ha costituito una risorsa fondamentale e tutt’oggi continua ad essere un’importante fonte di reddito. Tuttavia, data la forte variabilità produttiva non è stato possibile stimarne il quantitativo annuo prodotto nelle diverse province.
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Vegetali
Farina di castagne carpinese
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne carpinese ha colore che varia tra il bianco crema ed il nocciola chiaro, profumo e sapore molto intensi.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Lucca.
Descrizione dei processi di lavorazione
A rischio. Una volta raccolte, le castagne vengono trasportate al metato per l’essiccazione. Il metato tradizionale è una struttura in pietrame, calce e sabbia, a due piani di dimensioni variabili. Al piano terreno viene tenuto costantemente acceso un fuoco alimentato con legna di castagno e con la pula dell’anno precedente. La pula è la buccia di castagne che si separa dal resto del frutto durante l’essiccazione; svolge una funzione molto importante poiché conserva il fuoco e consente una maggiore fuoriuscita di fumo. È il fumo stesso che, passando attraverso lo strato di castagne, le asciuga e le secca lentamente, facendole rimanere bianche all’interno. Il tiraggio del fuoco è garantito da feritoie di limitate dimensioni presenti nei muri e dalla porta di entrata (in legno) che, infatti, non chiude ermeticamente la soglia. Il piano terra e il livello superiore del metato sono separati ad un’altezza di circa un metro ed ottanta da un solaio divisorio costituito da “cannicci”, cioè assi mobili di castagno che poggiano su travi portanti, sui quali viene steso uno strato di castagne verdi con spessore minimo di 40-60 centimetri. I cannicci, oltre a permettere il passaggio del calore e del fumo necessari per far seccare le castagne, ne facilitano anche l’operazione di mescolamento, alla quale solitamente si procede dopo venti giorni di essiccazione, sui quaranta circa complessivi del processo. Al canniccio si accede tramite una finestrella sul cui architrave in
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legno un tempo si facevano dei segni per tenere il conto delle castagne messe ad essiccare. La fuoriuscita del fumo e dell’umidità è possibile grazie alle feritoie del primo piano e al tetto, costituito da tavole distanti le une dalle altre e coperto da coppi. Dopo l’essiccazione si procede alla battitura e alla ventilazione delle castagne con appositi macchinari per eliminare la buccia e quindi alla molitura tramite macine in pietra. La farina ottenuta viene sottoposta a vagliatura e conservata in appositi contenitori. Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Metati per l’essiccazione • Cannicci in legno • Mulini tradizionali con macine in pietra
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità, oltre che alle caratteristiche organolettiche delle cultivar locali, anche alla tecnica di produzione, rimasta invariata nel tempo, che prevede l’utilizzo dei metati per la fase di essiccazione e la molitura mediante macine in pietra.
Produzione
Questa farina è ancora prodotta in alta Versilia in due mulini presenti a Stazzema e Retignano (LU). La raccolta delle castagne è ormai fatta solo da hobbisti che poi portano il raccolto nei molini della zona. La produzione ammonta a circa 50 quintali di farina all’anno. La farina viene immessa sul mercato per il 60% del totale poiché l’autoconsumo ne assorbe il resto; la vendita avviene direttamente in azienda o presso rivenditori locali.
Farina di castagne carpinese
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Vegetali
Farina di castagne d’Antona Farina dolce
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne d’Antona ha un colore che varia dal crema, al beige, al bianco e un sapore dolce con un leggero retrogusto amarognolo. Il profumo è quello delle castagne e la consistenza è fine al tatto e al palato. Viene confezionata in sacchetti da 1 kg circa.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara, in particolare l’area di Antona.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Una volta raccolte, le castagne appartenenti alla cultivar Carpinese vengono portate al seccatoio, dove, stese su un graticcio di legno posto ad un’altezza di circa 2,5 m dal suolo, vengono seccate dal calore del fuoco allestito al di sotto. Dopo l’operazione di seccatura, che dura circa 40 giorni, le castagne vengono battute con la “mazzalanga” (disco di legno provvisto di lungo manico) per eliminarne la buccia e ripassate nella “vassora” o “abbiolo” (attrezzo simile al setaccio) per completare la pulitura. Le castagne secche vengono quindi portate al mulino per la macinazione, che nella zona viene effettuata ancora in un mulino ad acqua con macine in pietra. Altrettanto tradizionale è la conservazione della farina che viene pressata in madie di legno che garantiscono il mantenimento delle caratteristiche organolettiche del prodotto; la pressatura è talmente forte che per l’utilizzo la massa della farina deve essere rotta con lo scalpello e poi setacciata. • • • • •
Metati per l’essiccazione Mazzalanga (disco di legno provvisto di lungo manico) Vassora o abbiolo (macchine pulisci-castagne) Macine in pietra Madia di legno per la pressatura
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La farina di castagne d’Antona, la cui tecnica di produzione è rimasta invariata nel tempo, deve le proprie caratteristiche organolettiche alle cultivar utilizzate, all’impiego dei metati per la fase di essiccazione e alla molitura mediante macine a pietra. Viene impiegata in piatti tipici quali frittelle, castagnaccio e polenta dolce.
Produzione
La farina di castagne d’Antona viene commercializzata da 78 produttori più significativi, per un quantitativo annuo di circa 70 quintali.
Farina di castagne d’Antona
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Vegetali
Farina di castagne di Prato
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne di Prato ha colore marrone chiaro e sapore dolce; viene confezionata in sacchetti di capienza variabile fra 500 g e 2,5 kg.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Prato.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
A rischio. Una volta raccolte, le castagne vengono trasportate ai metati per l’essiccazione che prevede, come da tradizione, l’affumicatura su dei graticci. La farina viene raccolta in recipienti posti sotto le macine e successivamente sottoposta alla vagliatura per omogeneizzare il prodotto. Si procede infine al confezionamento. • • • • • • •
Metati Cannicci di legno per l’essiccazione Paletti di castagno per i graticci Macine in pietra Madie in legno per la conservazione Vagli in legno e metallo Sacchi di iuta o canapa
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è legata alle caratteristiche organolettiche delle castagne determinate dalle cultivar locali, alla tecnica di essiccazione nei caratteristici metati e alla molitura con impiego di macine in pietra.
Produzione
La quantità effettivamente prodotta della farina di castagne di Prato è di 200-300 quintali, all’anno l’andamento della produzione è abbastanza costante se si trascurano gli andamenti stagionali. La Comunità Montana Alta Val Bisenzio ha messo in evidenza che molti ettari di terreno potrebbero
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essere recuperati alla castanicoltura ma attualmente i fattori che limitano la produzione sono di natura strutturale: spopolamento della montagna, frammentazione dei produttori castanicoli, metodi di trasformazione inadeguati. I molitori attualmente attivi nella provincia di Prato sono 4 e si trovano nei comuni di Vernio e Cantagallo. La vendita avviene totalmente in zona a negozi locali una parte della produzione viene comunque destinata all’autoconsumo. Nei mesi di novembre e dicembre il territorio è interessato da numerose sagre legate ai prodotti castanicoli. Forse la festa piÚ importante è la Sagra della Polenta che si tiene a Vernio la prima domenica di Quaresima.
Farina di castagne di Prato
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Vegetali
Farina di castagne della Lunigiana
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di castagne della Lunigiana è contraddistinta da una consistenza molto fine e da un colore avorio-crema. Ha sapore dolce e un intenso profumo di castagne.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
A rischio. Dopo l’eliminazione dei frutti non integri, le castagne vengono poste ad essiccare nel metato su cannicci di legno per almeno 40 giorni e quindi sottoposte a battitura (pulitura); poi vengono selezionate per eliminare i frutti bacati e quelli che non presentano le migliori condizioni di essiccazione. La molitura ha luogo in mulini con macina a pietra e la farina ottenuta viene vagliata, stoccata in madie di legno e infine confezionata in sacchi di iuta. • • • • •
Seccatoi tradizionali (metati) Cannicci di legno per l’essiccazione Macine in pietra per la molitura Madie in legno per la conservazione Sacchi di iuta per il confezionamento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è legata alle caratteristiche organolettiche delle cultivar locali e all’antichissima tecnica di condizionamento (affumicatura) che ha luogo nei tipici metati per mezzo di un fuoco alimentato costantemente con legna di castagno.
Produzione
Per questo prodotto si può stimare una produzione media annua di circa 2000-2100 q e un elevato numero di produttori. La farina viene commercializzata anche in ambito nazionale oltre che in Toscana grazie a grossisti e distributori non locali.
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Vegetali
Farina di castagne del Pratomagno Farina dolce
Descrizione sintetica del prodotto
È una farina dolce di colore nocciola chiaro e viene macinata tanto finemente da avere una consistenza quasi impalpabile. Ha sapore intenso ed un forte aroma di tostato.
Territorio interessato alla produzione
Comuni di Loro Ciuffenna, Castelfranco di Sopra, Castiglion Fibocchi, Reggello, Pian di Scò, Talla, Castel Focognano, Ortignano Raggiolo, Castel San Niccolò, Poppi, Montemignaio, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Dopo la raccolta e la cernita, le castagne vengono portate per l’essiccazione in locali tradizionali (seccatoi o metati), a due piani (in genere in pietra arenaria, ma talvolta in laterizi vari), nei quali il pavimento del primo piano è costituito da un “graticciato” di legno sul quale vengono poste le castagne da essiccare. Al piano più basso viene acceso un fuoco che viene alimentato con legna di castagno per almeno 40 giorni. Una volta essiccate (umidità residua 12-14% circa), le castagne vengono sgusciate e sottoposte ad una cernita manuale per allontanare corpi estranei o frutti avariati, e quindi tostate per 12 ore circa in forni riscaldati a legna (250-300°C). Quando il tasso di umidità residua è del 9-10% circa, le castagne vengono tolte dal forno, poste su vagli di rete metallica a maglie strette e agitate per eliminare eventuali residui di episperma rimasti dopo la sgusciatura. Dopo quest’ultima fase, i frutti sono pronti per essere macinati in mulini muniti di macine in pietra opportunamente scanalata. La farina così ottenuta viene infine sottoposta a vagliatura.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Locali in muratura (metati) • Assi in legno • Pale o rastrelli in legno o metallo per muovere le castagne nell’essiccatoio
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• • • •
Macchina per la sgusciatura Forno in muratura per la tostatura Vagli in legno e rete metallica Mulino con macine in pietra
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Le caratteristiche organolettiche della farina di castagne del Pratomagno dipendono dalle cultivar utilizzate e dal processo di essiccazione. L’essiccazione tradizionale dei frutti costituisce un elemento essenziale nella produzione della farina di castagne del Pratomagno per due motivi: in primo luogo l’esistenza di numerosi locali adibiti allo scopo posti in posizione ottimale per l’economia dell’azienda produttrice (in genere adiacenti all’abitazione) che consentono una vigilanza e un’alimentazione continua del fuoco; in secondo luogo l’essiccazione con fuoco di legna, che dà a questo prodotto caratteristiche organolettiche e un sapore completamente diversi da quelli ottenibili con castagne essiccate in essiccatoi di tipo industriale. Per quanto riguarda la macinatura delle castagne, è peculiare la presenza di un’ulteriore fase di tostatura (che non viene praticata in nessun’altra zona). La farina di castagne del Pratomagno ha rappresentato per centinaia di anni l’alimento base degli abitanti della zona come dimostra l’esistenza di cultivar autoctone ed esclusive la cui origine risale ad oltre cinquecento anni fa. Su tutto il territorio del Pratomagno si possono rinvenire locali adibiti all’essiccazione delle castagne, sia nei pressi dei paesi che nelle selve di castagno (in pratica, ogni famiglia aveva un forno che utilizzava per la tostatura dei frutti) e nel bacino del Ciuffenna esistevano una ventina di mulini adibiti alla macinatura delle castagne (del mulino di Loro abbiamo notizie certe fin dal XIII secolo e comunque il Catasto leopoldino riporta ancora sedici mulini in funzione sul territorio). Nel 1809 il Maire di Loro scriveva, nell’inchiesta commissionata da Napoleone, che nel comune oltre all’olio si producevano in abbondanza le castagne e il Pontecorvo, nel 1932, annoverava le castagne tra i principali prodotti del Pratomagno, sia valdarnese che casentinese.
Produzione
Alcuni produttori della farina di castagne del Pratomagno sono riuniti in un’ssociazione che ha sede a Loro Ciuffenna. La produzione annua è di circa 1000 quintali; i molini con macina a pietra ancora attivi nella zona sono 4, nei comuni di Castel San Niccolò, Soci e Loro Ciuffenna. La vendita è prevalentemente locale, ma buona parte della produzione viene destinata ai mercati del resto della Toscana.
Farina di castagne del Pratomagno
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Vegetali
Farina di neccio della Garfagnana
Descrizione sintetica del prodotto
La farina di neccio della Garfagnana ha colore che varia dal bianco fino all’avorio scuro. Il sapore dolce è caratterizzato da un leggero retrogusto amarognolo; il profumo è quello delle castagne e la consistenza è fine al tatto e al palato. Viene confezionata in sacchetti da 500 g, 1 kg e 1,2 kg.
Territorio interessato alla produzione
Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. Dopo l’eliminazione dei frutti non integri, le castagne vengono poste ad essiccare nel metato, su cannicci di legno, per almeno 40 giorni e quindi sottoposte a battitura (pulitura) e selezionate per eliminare i frutti bacati e quelli che non presentano le migliori condizioni di essiccazione. La molitura ha luogo in mulini con macina a pietra (5 quintali a macina) e la farina ottenuta viene vagliata per eliminare eventuali corpi estranei, stoccata e infine confezionata. • • • •
Metati per l’essiccazione Cannicci di legno per l’essiccazione Attrezzi per la battitura Macine in pietra
Il prodotto deve la sua tradizionalità all’utilizzo dei metati per la fase di essiccazione e alla molitura mediante macine in pietra, che lavorano quotidianamente solo un limitato quantitativo di farina, onde evitare che questa stessa si scaldi e divenga più scura e meno buona. La tecnica di produzione è rimasta invariata nel tempo. Le cultivar di origine locale determinano le caratteristiche organolettiche della farina di neccio della Garfagnana.
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Produzione
Farina di neccio della Garfagnana
Tutti i produttori della farina di neccio della Garfagnana sono riuniti in un’associazione che ha inoltrato la richiesta di DOP. Ci sono altri piccoli castanicoltori che non fanno parte dell’associazione e che si possono classificare come hobbisti. La produzione, in crescita, nell’ultimo anno è stata di circa 80 quintali, destinati ai mercati locali e regionali. La farina di neccio ha partecipato a varie manifestazioni nazionali: Sana a Bologna, Agrifiera a Verona e Salone del Gusto a Torino.
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Vegetali
Fava lunga delle Cascine Fava delle Cascine
Descrizione sintetica del prodotto
Baccelli lunghi fino a 30 cm con 6-8 semi teneri e dolci.
Territorio interessato alla produzione
Area fiorentina e Valdarno aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Prevalentemente si semina in autunno ed è una varietà molto resistente ai geli invernali. In tal caso la produzione inizia ad aprile e non subisce alcun attacco parassitario. Se seminata tardivamente (gennaio) la produzione inizia a maggio e sono necessari trattamenti contro gli afidi. Richiede un terreno buono, ma ricco di scheletro. È una varietà molto produttiva, con una produzione anche di 15 baccelli a pianta.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È una cultivar mantenuta per la sua elevata produttività e per le caratteristiche di sapore dolce che caratterizzano il legume, che viene consumato fresco. Per la produzione del seme vengono individuate le piante con i baccelli migliori e lasciati seccare sulla pianta quelli dei primi palchi, perché presentano maggiore purezza ed energia germinativa superiore. L’abbinamento classico è con il pecorino toscano.
Produzione
Non è stato possibile stimare la quantità effettivamente prodotta di fava lunga delle Cascine. Soltanto tre aziende in località Sant’Agata a Scarperia, località I Crocioni a Scarperia e in Via di San Vito a Firenze utilizzano sicuramente sementi autoriprodotte e in totale dedicano 2-3 ha alla coltura in questione. La produzione della fava delle Cascine nella provincia di Firenze non si esaurisce con questi produttori in quanto è una coltura molto diffusa nel territorio fiorentino, tanto che il
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seme (ibrido) lo si trova anche presso i consorzi e le cooperative. Il prodotto viene venduto soprattutto al Mercafir, ma non si hanno dati sull’introdotto. In provincia di Arezzo ci sono circa quattro produttori, piÚ altri hobbisti, che producono in totale 5 quintali di fava lunga.
Fava lunga delle Cascine
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Vegetali
Fichi di Carmignano
Descrizione sintetica del prodotto
Il prodotto è costituito da una coppia di fichi secchi aperti e sovrapposti a formare un “otto”. Vengono presentati sfusi, oppure confezionati in plateaux o in cestini di varie forme.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Prato, in particolare il comune di Carmignano.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Dopo la raccolta, a fine estate, i fichi della varietà “dottato” vengono divisi in due, sistemati su stuoie di cannicci e sottoposti per alcune ore alla solfitazione, che ha luogo in un locale chiuso bruciando zolfo in appositi recipienti di coccio. Dopo la solfitazione i fichi vengono posti ad essiccare all’aperto al calore del sole; in questa fase, che dura circa una settimana, i fichi vengono protetti con retine antinsetto e riposti al coperto durante la notte. Quindi vengono sistemati uno sopra l’altro con l’aggiunta di foglie di alloro e posti ad asciugare in un ambiente asciutto per un periodo che va dai trenta ai quarantacinque giorni. Raggiunta la completa essiccazione, vengono sovrapposti a due a due per formare le “piccie” e sistemati, previa aggiunta di alcuni semi di anice in mezzo ad ogni fico, nella confezione definitiva (cesti di vimini o cassette).
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Coltelli • Stuoie di cannicci • Locali tradizionali per la rimessa quotidiana e lo stoccaggio • Cesti di vimini e cassette per il confezionamento, oppure tipici “canicci” (cesti a forma di fico ottenuti dall’intreccio di vitalbe sbucciate su paletti di castagno piegati).
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua apprezzata qualità alla varietà di fichi utilizzata e alla particolare aromatizzazione che i frutti acquisiscono durante il processo di preparazione. Anche gli ambienti tipici e i materiali rustici utilizzati contribuiscono a caratterizzare il profilo organolettico del prodotto. La tecnica di preparazione ha sicuramente origini antiche.
Produzione
I fichi di Carmignano sono un prodotto invernale che viene consumato prevalentemente in occasione delle festività natalizie. C’è soltanto un’azienda a Carmignano che commercializza il prodotto, gli altri produttori lo destinano ad amici e familiari. La quantità annuale prodotta è in media di 2,5 q, una quantità in diminuzione rispetto agli anni passati. In generale il motivo che limita la produzione del fico di Carmignano è il progressivo abbandono di questa coltura e della tradizionale lavorazione che è ormai praticata da pochi produttori. Solo quest’anno l’unica azienda che commercializza il prodotto ha impiantato 200 nuove piante. La vendita avviene prevalentemente in zona, direttamente a privati in azienda. Ogni anno, nei primi giorni di ottobre a Carmignano si tiene l’Antica fiera di Carmignano in occasione della quale vengono presentati i fichi secchi nelle loro tradizionali ceste di vimini.
Fichi di Carmignano
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Vegetali
Fichi sott’olio livornesi
Descrizione sintetica del prodotto
I fichi sott’olio sono in realtà una conserva dolce di fichi e succo di limone. Una volta terminato il processo di preparazione, i fichi hanno l’aspetto di un sott’olio (da cui il nome); in realtà la particolare trasformazione crea uno sciroppo dalle sembianze dell’olio. Hanno un sapore molto dolce.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Si producono nella provincia di Livorno.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
A rischio. I fichi vengono raccolti manualmente (selezionando solo i frutti integri) e lasciati per 24 ore in infusione in succo di limone e zucchero. Vengono poi fatti bollire per un’ora e lasciati nuovamente in infusione nello stesso succo per altre 24 ore e infine fatti bollire ancora per un’ora. Segue la fase di cottura vera e propria, dopo la quale vengono collocati in vasetti ancora caldi con un normale mestolo da cucina. I vasetti vengono sterilizzati per 40 minuti. La produzione avviene nei mesi di agosto e settembre. • Utensili da cucina • Vasi di vetro • Locale di lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tipicità alla particolare tecnica di trasformazione che si cerca di recuperare dopo aver rischiato di perderla. La ricetta è stata recuperata attraverso interviste agli abitanti della zona che sinora l’avevano tramandata oralmente.
Produzione
I fichi sott’olio sono una produzione hobbistica, stimabile in circa 1 quintale l’anno destinato totalmente all’autoconsumo familiare.
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Vegetali
Fico dottato
Descrizione sintetica del prodotto
Il fico della varietà dottato è di medie dimensioni ed ha un colore chiaro, sia all’esterno che nella polpa. La pianta è di buone dimensioni, vigorosa, con foglie di colore verde chiaro.
Territorio interessato alla produzione
Si trova nelle zone collinari in piante sparse in moltissime aziende agricole delle province di Arezzo, Firenze e Prato.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Normalmente si trova in collina, in terreni con lievi pendenze, la cui tessitura può essere molteplice: ciottolosi, sabbiosi, argillosi. Non necessita di terreni particolarmente fertili, purché ben drenati. L’epoca di maturazione va da metà agosto a metà settembre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I fichi di questa varietà vengono consumati freschi in abbinamento con i salumi, oppure essiccati. I famosi fichi secchi di Carmignano sono fatti utilizzando questa varietà. L’essiccazione di solito avviene su graticci di canna; una volta essiccati sono utilizzati per la preparazione delle “picce”: il fico secco viene diviso a metà per accogliere il gheriglio di una noce e poi richiuso.
Produzione
Il fico dottato è una pianta spesso coltivata in orti e giardini di privati che consumano direttamente il prodotto. È una cultivar autoctona toscana che viene riprodotta in un famoso vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in tutta Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di varietà antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle varietà di fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha pubblicato Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edizioni Masso delle Fate. La sua attività si limita alla riproduzione e alla vendita delle piante.
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Vegetali
Fico San Piero
Descrizione sintetica del prodotto
I fichi della varietà San Piero sono di grandi dimensioni, con polpa bianco violacea e si sbucciano facilmente.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive Produzione
Attiva. L’albero del fico San Piero è molto vigoroso, ha foglie di colore verde chiaro e leggermente trilobate; predilige terreni ciottolosi-sabbiosi, con drenaggio e fertilità medi. Non necessita di concimazione, ma richiede frequenti irrigazioni. L’epoca di raccolta dei frutti è giugno-luglio. Si consumano freschi in abbinamento con il prosciutto.
Anche per il fico San Piero non sono stati individuati produttori di rilievo, ma soltanto hobbisti che hanno qualche pianta nei propri orti o giardini e che utilizzano il prodotto per autoconsumo. È una cultivar autoctona toscana che viene riprodotta in un famoso vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in tutta Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di varietà antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle varietà di fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha pubblicato Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edizioni Masso delle Fate. La sua attività si limita alla riproduzione e alla vendita delle piante.
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Vegetali
Fico verdino
Descrizione sintetica del prodotto
Fico verde piccolo, dalla polpa di colore rosso intenso.
Territorio interessato alla produzione
Tutta la Toscana.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
È un albero vigoroso, il fogliame è di colore verde scuro. Non necessita di terreni fertili, non viene concimato né irrigato. Il frutto matura a fine settembre-ottobre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I fichi verdini vengono consumati freschi, accompagnati con il prosciutto, oppure essiccati su graticci di canna; spesso vengono raccolti dalla pianta in un avanzato stato di appassimento, in tal caso il loro colore diviene marrone chiaro. I fichi verdini secchi sono utilizzati per la preparazione delle “picce”: il fico essiccato viene diviso a metà e all’interno viene messo il gheriglio di una noce e poi richiuso. Può essere conservato anche sotto spirito.
Produzione
Non sono stati individuati produttori di rilievo, il fico verdino è una pianta spesso coltivata in orti e giardini di privati che consumano direttamente il prodotto. È una cultivar autoctona toscana che viene riprodotta in un famoso vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in tutta Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di varietà antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle varietà di fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha pubblicato Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edizioni Masso delle Fate. La sua attività si limita alla riproduzione e alla vendita delle piante. Anche nella provincia di Livorno il fico verdino non viene ormai più coltivato; il modesto quantitativo di frutti prodotti dalle poche piante rimaste viene commercializzato al mercato
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centrale di Livorno dove si ha ancora una certa richiesta. Nella provincia di Pisa si stima una produzione di circa 10 quintali l’anno di fichi verdini immessi da piccoli coltivatori sul mercato cittadino; buona parte della produzione viene però destinata al consumo familiare.
Fico verdino
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Vegetali
Frutti del sottobosco della Montagna Pistoiese
Descrizione sintetica del prodotto
I mirtilli, le more, i lamponi e le fragole sono prodotti spontanei della Montagna Pistoiese. Hanno un sapore molto zuccherino e un aroma intenso, vanigliato. Sono teneri e particolarmente succosi, si utilizzano per la preparazione di marmellate, gelatine e per guarnire dolci alla crema.
Territorio interessato alla produzione
Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Per le confetture: • Raccolta manuale dei frutti • Lavaggio • Trattamento termico in autoclave • Aggiunta di zucchero e addensanti (pectine) • Confezionamento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I frutti del sottobosco (more, lamponi, mirtilli, fragole) hanno particolari proprietà curative e lenitive, per questo sono usati anche per infusi o tisane. Il mirtillo è noto per la proprietà di migliorare le capacità visive.
Produzione
Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto legata agli eventi metereologici, soprattutto alle gelate. Al di là della commercializzazione presso le aziende agrituristiche che li propongono ai propri ospiti sia freschi che preparati in gelatine, confetture o marmellate, spesso la loro raccolta è legata all’autoconsumo o finalizzata a sbocchi commerciali locali. Le aziende produttrici sono 12 e complessivamente raccolgono circa 150 quintali all’anno di more e lamponi. Ogni anno l’11 ed il 12 di agosto a Cutigliano si tiene la Festa del mirtillo e del lampone.
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Vegetali
Funghi porcini toscani Giugnolo, settembrino, biancarello, montagnolo, porcino del freddo, moreccio o porcino nero, estatino
Descrizione sintetica del prodotto
I porcini sono funghi piuttosto pregiati appartenenti al genere Boletus. Il gambo è di colore marrone chiaro mentre la cappella è di un marrone più scuro, variabile a seconda delle specie del sottobosco e del bosco di produzione. Il sapore è delicato ma intenso, con un leggero sentore di tannino, muschio e tallo dell’aglio. La polpa è soda e bianca mentre i tuboli hanno una colorazione che va dal bianco al giallo verdognolo. Le pezzature variano a seconda dello stadio di sviluppo e possono raggiungere i 25 cm. Il periodo di raccolta va da maggio all’autunno a seconda della zona geografica, della specie e della quota. L’habitat naturale va dal castagneto (da frutto e ceduo) ai querceti, alle faggete, alle abetine (abete bianco). I boleti più utilizzati e diffusi sono i seguenti: • aestivalis (Estatino): ha un cappello che varia dall’ocra chiaro al brunastro, spesso screpolato; la carne, bianca immutabile, è delicata e profumatissima. • pinophilus (Settembrino): spettacolare porcino dal cappello rosso, dalla carne consistente, bianca immutabile, con gambo da bianco a rossiccio, che raggiunge spesso grandi dimensioni. • edulis (Mocciardone o Settembrino bianco): è il porcino più frequente, dal cappello brunastro, più chiaro al margine, con carne bianca a volte un po’ rosata nel sottocuticola, soda e profumata, che rende questa specie eclettica in cucina. • aereus (Moreccio o porcino nero).
Territorio interessato alla produzione
L’areale di crescita riguarda il territorio forestale di tutte le province della Toscana. Particolare diffusione si segnala in Garfagnana (Provincia di Lucca), Lunigiana (Provincia di Massa-Carrara), la zona dell’Amiata (Provincia di Siena) e la Montagna Pistoiese (comuni di Abetone, Cutigliano e San Marcello).
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Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
I funghi porcini sono prodotti spontanei, raccolti manualmente rispettando le norme regionali per la raccolta. Vengono consumati freschi, essiccati o sott’olio. • Funghi essiccati: l’essiccazione avviene in maniera tradizionale, cioè al sole o con appositi essiccatoi. Dopo l’essiccazione viene aggiunto pepe. La conservazione avviene in barattoli ermetici o sacchetti. Dopo l’essiccazione il fungo mantiene a lungo il sapore gradevole e il colore particolarmente bianco. • Funghi sott’olio: il lavaggio è manuale, serve per eliminare impurità ed eventuali residui presenti. I funghi vengono poi tagliati e “cotti” con aceto e sale, successivamente vengono posti in vasetti con aggiunta di olio.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Utensili da cucina per la raccolta, la ripulitura e la lavorazione • Essiccatoi • Vasetti di vetro o sacchetti per il confezionamento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua particolarità al fatto di crescere spontaneamente nei boschi della Toscana, caratterizzati da particolari condizioni pedoclimatiche. Il clima, il terreno, l’altitudine influiscono sia sulla qualità del prodotto il cui aroma ricorda quello del sottobosco, sia sulla sua quantità, dal momento che stagioni poco umide e poco piovose ne comportano una minore presenza. Per quanto riguarda i funghi secchi, la particolarità del gusto è sicuramente in parte attribuibile alla procedura di essiccazione compiuta in maniera naturale (al sole) su graticci che vengono spostati ogni qual volta si trovano all’ombra: questa tecnica preserva maggiormente il gusto del prodotto. Vengono consumati con molti abbinamenti: sia con primi piatti, sia come accompagnamento di secondi piatti, sia sott’olio come antipasti.
Produzione
La presenza di funghi porcini, come tutti gli altri prodotti spontanei del sottobosco, è difficilmente quantificabile anche perché tutti i raccoglitori e/o trasformatori custodiscono molto gelosamente qualsiasi dato in proposito. La Toscana è comunque una regione che per conformazione e per clima si presta alla crescita di questi frutti tanto che ve ne è una quantità pari ad un quinto di tutta la produzione nazionale.
Funghi porcini toscani
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Vegetali
Funghi sotto sale della costa apuana
Descrizione sintetica del prodotto
I funghi sotto sale della costa apuana vengono conservati in salamoia perché mal si prestano all’essiccamento. Le specie utilizzate sono gastronomicamente classificate come non eccellenti, ma la modalità di conservazione le rende gustose e saporite. Le specie maggiormente utilizzate sono le rosselle (Lactarius deliciosus, L. sanguifluus e semisanguifluus ecc.); i pinarelli o funghi di pino (Suillus granulatus, S. collinitus, S. bellinii – ”Sangiovannin” – e altri); le famigliole o “chiudin” o “angiulin” (Armillariella mellea), fungo di ciocca tipicamente parassita di piante legnose.
Territorio interessato alla produzione
In particolare nei comuni di Montignoso e Massa-Carrara, ma in generale in tutta la zona montana e di pianura della provincia.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. I funghi vengono puliti dai detriti vegetali e minerali (ai pinetini viene asportata la pellicola viscida) e privati del gambo; quindi, dopo essere stati lavati, vengono scottati in acqua bollente acidulata con aceto di vino per 5 minuti. Una volta scolati e fatti asciugare sono posti a strati in recipienti di vetro o di terracotta, alternandoli con uno strato di sale grosso. Si possono aggiungere, per aromatizzare, bacche di ginepro, santoreggia, aglio, peperoncino, pepe, foglie di alloro sminuzzate. Si dispongono in vasetti ben pressati, si versa l’olio e si chiudono. La conserva può essere consumata anche a primavera inoltrata: al momento del consumo i funghi vengono separati dal sale, quindi si passano molto velocemente in acqua tiepida e infine vengono cucinati in vari modi (tipicamente le rosselle e i chiodini in umido, i pinarelli fritti, passati nella farina di mais).
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Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Utensili da cucina • Barattoli di vetro o coccio
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Sono un prodotto tradizionale, preparato da tempi immemorabili, data la vicinanza del mare da cui veniva estratto facilmente il sale. La particolarità del prodotto è data anche dagli aromi utilizzati nella conservazione, tipici delle zone montane e di pianura della provincia di Massa Carrara. Sono ottimi come antipasto.
Produzione
I funghi sotto sale della costa apuana vengono preparati solo in ambito familiare. È un’antica ricetta rimasta in uso solo in poche case, pertanto il prodotto non entra nei canali commerciali.
Funghi sotto sale della costa apuana
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Vegetali
Grano marzolo del Melo
Descrizione sintetica del prodotto
Il grano marzolo del Melo è caratterizzato da paglia di colore chiaro, grossa e alta, la spiga è pungente e la forma del chicco quella tipica del grano. La farina è indicata sia per la produzione del pane integrale, sia per la pasta fresca fatta in casa.
Territorio interessato alla produzione
Melo, frazione del comune di Cutigliano, provincia di Pistoia.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Per la raccolta del grano vengono utilizzate attrezzature manuali e formati i classici “mannucci” (fasci di grano legato). La battitura viene effettuata con un’apposita macchina di legno. Il grano viene conservato nei magazzini aziendali (in cassoni di legno) e macinato a pietra.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La coltivazione del grano marzolo nel comune del Melo era diffusa in tutte le famiglie contadine che ne traevano il necessario sostentamento. Adesso viene seminato solo da due o tre aziende agricole (con un raccolto di 8-10 quintali annui), soprattutto per non perdere la tradizione e la varietà del seme.
Produzione
Il grano marzolo del Melo non è molto conosciuto al di fuori della frazione del Melo. Non ci sono produzioni abbondanti né molti produttori (si possono stimare in una dozzina), si può tuttavia ipotizzare una produzione media di 100 quintali all’anno per singola azienda. Il prodotto non viene venduto, le singole aziende lo coltivano solo per autoconsumo.
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b80
Vegetali
Granoturco bianco massese Mais bianco
Descrizione sintetica del prodotto
Il seme è di pezzatura media, rotondo, di colore bianco ed ha un sapore ed un odore di farina.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Massa-Carrara. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina si svolge a fine aprile, in solchi e righe (circa 7 piante al metro quadro). Si effettua una concimazione organica e azotata in copertura. La pannocchia ha un ciclo di maturazione di quattro mesi. Passato tale periodo, avviene la raccolta e l’essiccazione al sole, talvolta il prodotto viene conservato in mazzi sotto tettoie per l’inverno.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è legata al fatto che vengono utilizzate le sementi tipiche del luogo.
Produzione
I produttori più significativi di granoturco bianco massese sono sei con una produzione annua quantificabile in oltre 100 quintali. La vendita avviene esclusivamente in zona e si rivolge prevalentemente ai negozianti locali e ai privati tramite vendita diretta in azienda. A causa dell’età avanzata di molti coltivatori si prospetta un notevole calo di produzione nel prossimo futuro.
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Vegetali
Granturco da polenta garfagnino Formentone maggese
Descrizione sintetica del prodotto
Il granoturco da polenta garfagnino presenta grossi chicchi con forma schiacciata, di colore giallo oro. Le file binate di chicchi intorno al tutolo sono normalmente 8, infatti viene comunemente chiamato anche mais a doppie file. Una volta macinati si ottiene un’ottima farina.
Territorio interessato alla produzione
Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
A rischio. La semina del grano avviene in maggio dopo aver arato e concimato il terreno. Dopo il germogliamento si effettua una sarchiatura e le giovani piantine vengono diradate lasciando un distanza fra loro di circa 15 cm. La raccolta è manuale e, dopo circa 20-30 giorni di seccatura, si effettua la sgranatura meccanizzata e la macinatura. • Sgranatrice • Locali di trasformazione e confezionamento • Mulino con macine in pietra
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il granturco da polenta garfagnino è una particolare varietà oggi in via di estinzione. La disposizione di chicchi sul tutolo in doppie file binate rende questa varietà molto originale. Si presta ad essere macinato per ottenere un’ottima farina, utilizzata per la preparazione della polenta.
Produzione
Sono circa una decina i produttori di granturco da polenta garfagnino, nei comuni di Camporgiano, Piazza al Serchio, Minacciano, Pieve Fosciana e Castelnuovo Garfagnana. La quantità annua prodotta si aggira intorno ai 250-300 quintali. La vendita avviene prevalentemente in zona ma viene commercializzato anche nel resto della Toscana.
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v81
I produttori di questo granoturco, pi첫 conosciuto come mais a otto file, sono riuniti in associazione.
Granturco da polenta garfagnino
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b82
Vegetali
Lattuga quattro stagioni Lattuga vinata
Descrizione sintetica del prodotto
Lattuga verde con caratteristica screziatura rossastra ai margini, assai resistente alle gelate invernali e al clima umido del Valdarno.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina a spaglio o a solchi (a solchi si rincalza meglio) in terreni freschi e sciolti da marzo a novembre. Concimata poco prima della semina, dopo un mese si trapianta a file distanti 30 cm e 20 cm sulla fila e viene rincalzata 2 volte. Dopo 2 mesi può essere raccolta; forma una piccola palla piuttosto bassa con foglie verdi e con screziature rossastre ai margini. Resiste molto bene ai freddi invernali ed è ben acclimatata al clima umido del Valdarno. È preferibile non seminare a luna crescente altrimenti spiga subito; i semi raccolti gradualmente vengono ripuliti con il vaglio e conservati in luoghi freschi e asciutti al buio.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
L’adattamento climatico costituisce una delle caratteristiche più interessanti di questa varietà di lattuga.
Produzione
Tra le province di Firenze e quella di Arezzo si producono circa 6,5-7 q l’anno di lattuga, non considerando la produzione hobbistica. La vendita avviene prevalentemente nei mercati ortofrutticoli locali.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b83
Vegetali
Limone massese
Descrizione sintetica del prodotto
Il limone massese ha pezzatura medio piccola, forma ovaletondeggiante, un colore giallo molto intenso ed un sapore agrodolce. È profumato e ha una buccia molto fine. Si produce tutto l’anno.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
• Messa a dimora delle piante autoprodotte in appezzamenti collinari • “Sfrascatura” (non si esegue mai una vera potatura) • Raccolta manuale
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il limone massese deve la sua tradizionalità alla particolarità della cultivar che, per l’influenza del clima collinare e della vicinanza al mare, dà limoni molto dolci e con una buccia molto fine e poco amara, tanto che si prestano ad essere consumati anche freschi, mentre la buccia viene utilizzata anche per fare liquori. Si conserva più a lungo degli altri limoni, non marcisce.
Produzione
Nella provincia di Massa i produttori principali di limone massese sono circa quindici riuniti in un gruppo culturale con sede a Castagnetola; ciascuno ha in media 50-60 piante. Il prodotto è destinato quasi totalmente all’autoconsumo. Da ormai 10 anni la prima settimana di luglio si svolge la Festa del limone.
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Vegetali
Lupino dolce di Grosseto
Descrizione sintetica del prodotto
Il lupino dolce di Grosseto ha forma tondeggiante e colore giallo. Ha buona consistenza e sapore dolciastro.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Grosseto.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
La semina, a spaglio, si effettua a settembre dopo una preparazione del terreno e una concimazione organica. Necessita di terreni acidi; nella rotazione colturale segue il frumento. La raccolta è ad agosto, può essere utilizzato sia per l’alimentazione umana che per quella animale.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il lupino dolce è stato da sempre coltivato nelle campagne della Maremma; oggi sta scomparendo. La sua tipicità è data sia dalle caratteristiche della cultivar sia da quelle ambientali, che gli conferiscono un sapore un po’ dolciastro. Viene consumato come accompagnamento per gli aperitivi, come stuzzichino o per l’alimentazione del bestiame.
Produzione
Sono sei i produttori di lupino dolce in tutta la provincia di Grosseto, anche se la produzione si concentra soprattutto nel comune di Magliano in Toscana. Il quantitativo prodotto è di 1000-1500 quintali l’anno. Problemi di ordine agronomico non permettono un aumento della superficie coltivata: per la coltivazione del lupino occorrono infatti terreni sciolti. Il prodotto viene destinato totalmente a grossisti e distributori non locali che lo commercializzano sia in Toscana sia fuori della regione.
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Vegetali
Mais quarantino
Descrizione sintetica del prodotto
Il seme è piccolo e tondo, si ha normalmente una spiga a pianta, al massimo due; le pannocchie sono piuttosto piccole e gialle.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Semina da fine aprile a fine giugno, in passato veniva seminato dopo il grano; è chiamato quarantino perché forma la spiga 40 giorni dopo la semina. Ha un ciclo di maturazione di quattro mesi, vuole un terreno sciolto e fresco, si semina a file distanti 40 cm, mentre la distanza sulla fila è di 30 cm. Il seme piccolo e tondo è particolarmente adatto per l’alimentazione dei piccioni e di tutti gli avicoli: in passato il pollo del Valdarno veniva alimentato con questo tipo di granturco. Le pannocchie sono piuttosto piccole e gialle. Per la riproduzione del seme vengono presi i semi dalla metà pannocchia in basso; le pannocchie vengono conservate in luoghi freschi ed areati.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Tradizionalmente veniva coltivato per utilizzarlo come mangime per polli nel circuito familiare.
Produzione
Tra le province di Arezzo e Firenze sono stati rilevati quattro produttori per un quantitativo medio annuo di circa 30 quintali. La vendita del prodotto avviene solo nell’area di produzione anche se negli ultimi anni si sta cercando di allargare la commercializzazione alle altre province toscane.
Attiva.
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b86
Vegetali
Mais rustico per polenta aretino
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il mais rustico aretino ha granelli piccoli e tondeggianti, di colore giallo intenso. Come indica il suo stesso nome, viene tradizionalmente utilizzato per la produzione della polenta.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Le pannocchie, raccolte manualmente, vengono riunite in mazzi, lasciate essiccare per circa 20 giorni e poi sgranate. Il mais viene confezionato in sacchi di iuta per il trasporto ai mulini e la molitura, che avviene mediante macine in pietra. • Locale di trasformazione • Mulino con macine in pietra • Sacchi di iuta
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il mais rustico per polenta viene prodotto da lungo tempo nella provincia di Arezzo. Deve la propria particolarità, oltre che alla qualità della cultivar locale, al caratteristico confezionamento in sacchi di iuta e al particolare processo di lavorazione e macinazione con le tradizionali macine in pietra. Rispetto al passato vi sono state evoluzioni nella tecnica di coltivazione, poiché un tempo la concimazione era esclusivamente a base di letame, e nel processo di sgranatura, che prima avveniva manualmente.
Produzione
Le aziende che producono il mais rustico sono 10 sparse nel Pratomagno, nel Casentino e nel Valdarno. Lo producono da novembre a luglio per una quantità annua di circa 150 quintali, destinati ai mercati locali.
*marmellate b87Xstampa091101 6-12-2001 16:36 Pagina b87
Vegetali
Marmellate della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Le confetture sono quei prodotti preparati con uno o più tipi di frutta (ad eccezione degli agrumi), ottenuti impiegando almeno il 35% di polpa di frutta; per la confetture extra il minimo di polpa di frutta è rappresentato dal 45%. Il termine “marmellate” invece si riferisce a conserve di agrumi preparate esclusivamente con purea, polpa e succo. Nell’uso comune i due termini sono equivalenti e vengono utilizzati come sinonimi. Esistono numerosi tipi di marmellate e confetture tipiche delle diverse zone della Toscana. • Marmellata di fichi senese: è di colore marrone con consistenza abbastanza compatta, odore dolciastro e sapore fruttato • Confettura di susine di Montepulciano: ha colore variabile dal marrone al prugna e consistenza cremosa • Confetture extra di frutti del sottobosco della provincia di Siena che si suddividono in base ai frutti utilizzati: – biancospino, corbezzolo, sorbe, pere selvatiche, corniolo, di colore marrone scuro – fragoline di bosco, rosa canina, marasche selvatiche, corniolo, di colore rosso scuro – more di gelso, di colore giallo scuro – sambuco di colore nero con riflessi rossi – more di rovo, di colore nero • Marmellata di castagne: è di colore marrone chiaro tendente al nocciola, piuttosto densa e cremosa. • Marmellata di “sorbe pelose” grossetana: viene prodotta con bacche di corbezzolo, infatti viene anche chiamata “marmellata di corbezzole”. È densa, di colore giallo ed ha un sapore molto dolce. • Marmellata di more selvatiche: è di colore scuro tendente al viola, ha consistenza cremosa e l’intenso aroma caratteristico dei frutti del sottobosco. • Marmellata di sambuco: è di colore molto scuro, ha consistenza piuttosto densa con sapore dolce e fruttato.
*marmellate b87Xstampa091101 6-12-2001 16:36 Pagina v87
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Produzione
Marmellate della Toscana
Tutto il territorio regionale. Attiva. • Marmellata di fichi: i fichi vengono raccolti manualmente, sbucciati e posti in forno a temperatura superiore ai 200°C, per eliminare parte dell’umidità. I fichi, così avvizziti, vengono fatti bollire fino ad ottenere una consistenza cremosa. • Confettura di susine di Montepulciano: viene prodotta utilizzando susine selvatiche della zona. I frutti vengono denocciolati, posti in forno per eliminare l’umidità in eccesso e poi cotti in pentola a fuoco lento senza l’aggiunta di zuccheri o altre sostanze. • Confetture extra di frutti del sottobosco della provincia di Siena: i frutti più consistenti vengono scottati in acqua bollente e asciugati con uno straccio. Vengono posti in pentola insieme allo zucchero e cotti a fuoco lento fino ad ottenere una marmellata morbida e spugnosa. • Marmellata di castagne: le castagne vengono fatte cuocere intere, con la buccia, per circa tre ore; quindi vengono sbucciate manualmente con l’impiego di un normale coltello da cucina. In seguito si fanno cuocere per altri 45 minuti aggiungendo zucchero (o miele) ed eventualmente cacao. Il tutto viene macinato e confezionati in vasetti con l’aggiunta di alcool; poi i vasetti vengono fatti bollire in acqua per 40 minuti al fine di stabilizzare la marmellata. • Marmellata grossetana di “sorbe pelose”: le bacche di corbezzolo vengono raccolte nel mese di dicembre quando sono ben mature, scottate in acqua bollente e passate allo staccio. Il succo che se ne ricava viene cotto a fuoco lento insieme a una pari quantità di zucchero e con l’aggiunta di buccia di limone. La marmellata è pronta quando raggiunge una consistenza sufficientemente densa. • Marmellata di more selvatiche: le more vengono raccolte dai rovi spontanei, lavate e messe a cuocere. Dopo questa prima fase vengono passate al setaccio per eliminare i piccoli semi: si ottiene una purea che si fa cuocere ancora con zucchero. • Utensili da cucina • Setaccio • Teglia smaltata
La produzione annua può essere stimata intorno ai 20.000 quintali. Sono numerose le aziende agrituristiche e i singoli agricoltori che producono marmellate ad uso familiare.
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Vegetali
Marrone (secco) di Caprese Michelangelo
Descrizione sintetica del prodotto
Il frutto ha buccia di colore marrone chiaro con striature più scure, forma ellittica e apice schiacciato. È tomentoso, con ilo rettangolare e pezzatura medio-grande (70-85 frutti/kg). È caratterizzato da una particolare profumazione ed ha sapore dolce e consistenza dura.
Territorio interessato alla produzione
Caprese Michelangelo, provincia di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
A rischio. I frutti rimasti nel riccio vengono separati per battitura, quindi viene effettuata una cernita molto accurata dei marroni in base alla miglior pezzatura e all’integrità. Il raccolto viene poi sottoposto ad essiccazione secondo un antico procedimento tradizionale. Si utilizzano locali in muratura di piccole-medie dimensioni detti “essiccatoi”, o “metati”, disposti su due livelli, separati da una grata di legno. La parte superiore del fabbricato funziona da deposito per i marroni che vengono adagiati su cannicci di legno di castagno, mentre nella parte sottostante viene alimentato, per circa 40 giorni, un fuoco che mantiene costantemente l’ambiente alla temperatura di 20°C circa. • Attrezzi per la battitura • Essiccatoio tradizionale • Cannicci di legno Il terreno, il clima e l’esposizione rappresentano i fattori di base per un’ottima riuscita della coltura. La tradizionalità del prodotto e le sue caratteristiche organolettiche sono dovute non solo alle peculiarità della cultivar locale, ma anche alle tecniche di essiccazione e all’esperienza acquisita nel tempo dai produttori.
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Produzione
Marrone (secco) di Caprese Michelangelo
Sono 11 i produttori del marrone di Caprese Michelangelo, riuniti in una cooperativa che provvede a commercializzare gran parte del prodotto. La quantità annua prodotta è di circa 400-500 quintali, venduti prevalentemente in zona.
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Vegetali
Marroni della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Marrone: frutto medio-grosso (in media da 70 a 90 frutti per kg) di forma ovale, ellittica o ovale allargata, buccia color marrone avana con striature più scure e rilevate, episperma poco aderente e penetrante, ilo rettangolare ellittico con contorno regolare, seme color crema di sapore dolce e delicato. Si produce a partire dai primi giorni di ottobre. Cecio: frutto medio grosso, con forma globosa, buccia bruno rossastro lucente con striature più scure, ilo piccolo color chiaro e contorno irregolare, episperma poco aderente e asportabile, seme crema chiaro, dolce. Il frutto si raccoglie a partire dall’ultima decade di settembre.
Territorio interessato alla produzione
I vari ecotipi di marrone prodotti in Toscana sono identificati per lo più con il nome della zona o località di produzione. Le più importanti aree di produzione sono la provincia di Grosseto, la provincia di Firenze, la Val Tiberina (marrone di Caprese Michelangelo), il Casentino-Pratomagno, i Monti del Chianti, la Montagnola senese, i Monti pisani, alcune aree nei comuni di Scarlino e Sassetta. Province di Arezzo, Livorno, Pisa e Siena.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Potatura periodica (ogni 5-6 anni) delle piante • Ripuliture manuali del terreno, allontanamento o sistemazione del materiale di risulta • Raccolta prevalentemente manuale • Trasporto del prodotto in azienda • Vendita del prodotto fresco non conservato o fresco conservato tramite curatura in acqua • Sacchi di juta per l’insaccatura del prodotto raccolto • Contenitori idonei per l’eventuale curatura in acqua
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La gestione tradizionale dei castagneti si ripete da secoli senza sostanziali variazioni delle consuete pratiche colturali. Rispetto al passato tali pratiche si avvalgono solo dell’ausilio di mezzi meccanici come motoseghe e decespugliatori; non è previsto l’uso di concimi chimici e fitofarmaci per garantire il mantenimento delle specifiche caratteristiche organolettiche del prodotto consumato allo stato fresco o successivamente trasformato.
Produzione
Questo prodotto è molto diffuso in tutte le province toscane ed è difficile stimare una quantità complessiva annua. Generalmente la destinazione è l’autoconsumo ma esistono anche importanti canali commerciali. Molti “marroneti”, come vengono comunemente chiamati i boschi di castagno che producono marroni, sono stati oggetto di recuperi colturali da parte delle Comunità Montane per evitare il degrado e l’inselvaticamento con oconseguente perdita, non solo della produzione dei frutti, ma anche delle tradizioni popolare da sempre legate a questo prodotto.
Marroni della Toscana
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Vegetali
Mela “muso di bue” Mela “muso de be”
Descrizione sintetica del prodotto
È una mela di forma allungata, a forma di “muso di bue”. Il frutto presenta un colore rosso con sfumature verdi ed un aspetto lucido. Le dimensioni sono modeste, la consistenza è compatta ed ha un sapore piuttosto aspro ma con retrogusto dolce.
Territorio interessato alla produzione
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Questa mela viene tradizionalmente coltivata nelle zone di pascolo del comune di Zeri. La raccolta avviene in autunno e si conserva nei granai utilizzandola poi fino alla primavera successiva.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Viene consumata fresca o cotta e può essere utilizzata per decotti insieme a germogli di pino e miele come sedativo per la tosse. La mela muso di bue è un frutto particolare per la sua caratteristica forma e per la sua ottima conservabilità che ne permette il consumo fino alla primavera successiva.
Produzione
La produzione di questa mela avviene solo a livello hobbistico, non è commercializzata; quasi tutti i coltivatori della zona ne possiedono alcune piante per autoconsumo.
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Vegetali
Mela binotto
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
La mela binotto si raccoglie da piante spontanee della zona; è piccola e tonda, il colore della buccia è rosso intenso. Il sapore e il profumo ricordano quelli della rosa; la pasta è morbida e di colore giallo-rosa.
Territorio interessato alla produzione
Lunigiana e provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La mela binotto si raccoglie da piante che crescono spontanee nei prati montani; per questo non si esegue generalmente alcun intervento colturale, provvedendo soltanto allo sfalcio dell’erba al momento della raccolta.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La qualità e la tradizionalità del prodotto sono date dalla particolarità della cultivar che cresce spontaneamente nei prati montani della Lunigiana e della provincia di MassaCarrara, nonché dalla originalità del gusto e del profumo che ricordano quello della rosa. La pezzatura è molto più piccola rispetto ad altre mele perché è un prodotto spontaneo al quale non vengono dati né concimi, né fertilizzanti di alcun tipo. In genere viene consumata fresca, ma può essere usata anche per fare dolci.
Produzione
La pianta di mela binotto accompagna normalmente quella di mela rotella e viene utilizzata dai coltivatori come pianta impollinatrice. La produzione, hobbistica, non è costante e difficilmente quantificabile.
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Vegetali
Mela Carla aretina Finalina
Descrizione sintetica del prodotto
La mela Carla è una mela dal frutto medio o grosso di forma irregolare; somiglia alla mela Francesca, ma il rosso pallido predomina nettamente sul verde e le lenticelle sono più evidenti. La polpa è dura, meno croccante della Francesca, risultando quindi più pastosa.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si raccoglie nell’ultima decade di settembre e, come molte vecchie varietà, si conserva molto bene fino alla primavera. L’albero ha un portamento vigoroso e presenta una certa tolleranza alla ticchiolatura.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La mela Carla, originaria dell’area fiorentina, era diffusa in collina o negli orti delle case padronali. Sopravvive marginalmente con poche piante isolate in collina presso vecchi casolari.
Produzione
La mela Carla aretina è una vecchia varietà che spesso si ritrova in orti e giardini di privati che consumano direttamente il prodotto. Non è stato possibile stimare la quantità effettivamente prodotta visto che, essendo ormai di pochi hobbisti, non entra nei normali canali commerciali.
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Vegetali
Mela casciana Rosetta
Descrizione sintetica del prodotto
La mela casciana ha una forma rotondeggiante ma schiacciata; a maturazione è rossa con striature verde-giallo. È molto profumata, il sapore è dolce ma un po’ acidulo, è compatta, non farinosa. La pezzatura è medio piccola.
Territorio interessato alla produzione
Tutto il territorio della Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Le marze ottenute nelle aziende vengono consegnate al vivaio che si occupa di coltivare le piantine • Preparazione del terreno con aratura e fresatura • Sesti di impianto non fissi, in genere 4x1,5 o 4x2,5, a seconda del portinnesto • Irrigazione (se possibile) • Sfalcio delle erbacce • Su impianti nuovi si effettua la lotta fitosanitaria, si fa contro la ticchiolatura e contro la Carpocapsa pomonella • Concimazione sia organica con concimi prelevati da allevamenti della zona, sia inorganica con prodotti a base di calcio per evitare la butteratura amara • Raccolta manuale • Incassettamento manuale in cassette di legno o di plastica • • • • •
Marze Concimi organici e inorganici a base di calcio Acqua per l’irrigazione Cassette per la raccolta Tettoie o cantine per lo stoccaggio
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona, sia alla tecnica di produ-
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zione rimasta invariata nel tempo. L’approvvigionamento delle piantine avviene dal vivaio, al quale vengono precedentemente consegnate le marze dell’azienda, mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. La mela ha una forma particolare, tonda e schiacciata, ed è più servabile di altre cultivar. In passato la pianta poteva essere alta fino a 10 metri, oggi, invece, risulta più bassa per l’utilizzo di portinnesti nanizzanti. Si produce dall’inizio del Novecento. Fino a qualche anno le mele venivano conservate in cantine fresche: per evitare l’insorgenza di marciumi e facilitare così il mantenimento, i frutti erano disposti direttamente sul pavimento in un unico strato. Produzione
Mela casciana
La mela casciana è molto diffusa nella provincia di Lucca, ma per nessuno rappresenta la produzione principale. Ci sono circa 30 produttori che vengono seguiti dalla Comunità Montana e dall’Ente Parco, interessati a fare sì che non si perda tale varietà. I produttori stanno cercando di riunirsi in un’associazione. La quantità annua prodotta è di circa 1800 quintali. La vendita avviene prevalentemente in zona a privati, ristoratori, aziende agrituristiche e negozi locali; una parte minore viene destinata ai mercati del resto della regione.
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Vegetali
Mela del Casentino Mela di montagna
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
La mela del Casentino ha forma sferica molto schiacciata, con pezzatura media. La buccia è di colore verde intenso con striature rosa, molto profumata; la polpa è molto dura e dal sapore aromatico.
Territorio interessato alla produzione
Alto Casentino, comuni di Montemignaio, Quota, Galliano, Cetica e Consuma; provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
È una mela molto produttiva e molto resistente alle malattie, non necessita dunque di interventi chimici. Le tecniche di fertilizzazione, adeguate alle esigenze della coltura, non sono spinte al massimo, al fine di ottenere produzioni unitarie non molto alte, ma con elevati standard qualitativi. In queste situazioni climatiche la difficoltà maggiore è rappresentata dalla ticchiolatura del melo, molto limitata invece è la presenza della Carpocapsa pomonella. Il diradamento delle mele viene fatto manualmente. Non vengono svolti trattamenti antiriscaldo pre-raccolta e trattamenti al fine di limitare la rugginosità. La gestione del suolo non va oltre l’inerbimento spontaneo permanente. Si procede manualmente alla raccolta, in casse di capacità inferiore ai 100 kg. Il frutto, la cui raccolta avviene a fine ottobre o ai primi di novembre, si conserva per tutto l’inverno; la prima conservazione avviene in azienda in ambiente coperto e in cassette di limitata capacità.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La mela del Casentino si distingue per l’elevata qualità, per il particolare aspetto e per l’aroma del frutto. Rispetto al passato non ci sono differenze nella tecnica di coltivazione. Viene impiegata nella produzione del sidro.
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Produzione
Mela del Casentino
La mela del Casentino è una vecchia varietà coltivata ormai da pochi hobbisti, c’è soltanto un’azienda che riesce a produrne circa 2 quintali all’anno, tutti destinati alla vendita diretta.
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Vegetali
Mela Francesca aretina
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
La mela Francesca è una mela di bell’aspetto, leggermente allungata, di colore verde pallido uniforme con gota rossa a maturazione; il colore verde rimane predominante, non presenta rugginosità. La polpa è dura, croccante, leggermente acidula e profumata. Raggiunge facilmente calibri medi.
Territorio interessato alla produzione
Province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
È una mela tardiva che si raccoglie nell’ultima decade di settembre; mostra una buona tolleranza alla ticchiolatura. Come molte vecchie varietà si conserva molto bene fino alla primavera.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È originaria delle province di Arezzo e Firenze; viene coltivata in montagna sia per adattamento all’ambiente, sia per meglio sfruttare i terreni collinari, partecipando così al consolidamento del terreno, in aree che non potevano essere destinate a colture più produttive. Alle qualità che rendevano maggiormente apprezzabili le vecchie varietà (rusticità, tolleranza alle malattie e serbevolezza) la mela Francesca aggiunge anche un aspetto gradevole e un ottimo sapore. La mela Francesca è meno diffusa e conosciuta della mela nesta, probabilmente perché più “gentile”, mentre la rusticità era la caratteristica maggiormente ricercata all’epoca.
Produzione
Le aziende che producono la mela Francesca sono 4 in tutto il Pratomagno (AR). Ne producono circa 5 quintali all’anno quantità completamente destinata alla vendita in zona.
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Vegetali
Mela nesta Decio
Descrizione sintetica del prodotto
La mela nesta è di forma tondeggiante, molto schiacciata ai poli; il calibro è piccolo perché tradizionalmente le mele non venivano diradate, ma può raggiungere anche calibri medi. Il colore è giallo uniforme con arrossamento più o meno esteso nello stadio di maturità, comunque lo sfondo giallo rimane predominante e non presenta rugginosità. La polpa è dura, croccante, leggermente acidula. La possibilità di conservarla a lungo era una delle caratteristiche più apprezzate di questa mela.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nelle province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La pianta è molto rustica, di dimensioni ridotte e dà una produzione abbondante tutti gli anni; mostra una certa tolleranza alla ticchiolatura, la principale patologia delle Pomacee. È una mela tardiva: la raccolta avviene nell’ultima domenica di settembre. Un tempo le mele venivano conservate nella paglia e si mangiavano sino ad aprile.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Conosciuta fin dal tempo dei Romani, la mela nesta è originaria delle province di Arezzo e Firenze, lungo l’arco appenninico e pre-appenninico intorno agli 800 m di altitudine. La nesta veniva coltivata in montagna oltre che per l’ottimo adattamento all’ambiente in cui si era evoluta, anche per sfruttare meglio i terreni di alta collina, sistemati spesso a terrazze in cui era difficile coltivare il grano e nelle quali la pianta svolgeva un ruolo determinante per il consolidamento del terreno, evitando frane ed erosioni. Via via si è diffusa ad altitudini inferiori. È senz’altro la mela più conosciuta in Toscana, essendosi adattata a condizione impervie; inoltre, potendo essere conservata fino alla primavera, rappresenta-
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va una risorsa per le popolazioni dell’Appennino e faceva parte dell’alimentazione povera. È ancora conosciuta, specialmente dalle persone anziane, per le sue caratteristiche di rusticità e per il sapore piacevole. La mela nesta si presta a essere coltivata biologicamente. Produzione
Mela nesta
Nel Pratomagno, nel Casentino e in tutto il Valdarno i produttori di mela nesta sono circa sessanta, parte dei quali sono solo hobbisti. Ne producono circa 300 quintali all’anno, destinati tutti ai mercati locali. Sono quattro le aziende che producono mele biologiche.
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Vegetali
Mela panaia Flagellata
Descrizione sintetica del prodotto
Il frutto è molto grosso, giallo e rugginoso.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
È una pianta molto produttiva, vigorosa e costante nella produzione; la maturazione è a fine settembre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È una mela dalla duplice attitudine, in quanto può essere consumata fresca o cotta; è tra le varietà più buone da cuocere e probabilmente il nome deriva da questa caratteristica; si conserva molto bene per mesi. È una varietà tipicamente di collina.
Produzione
Le aziende che producono la mela panaia sono circa sei per un quantitativo totale annuo che si aggira sui 20 quintali, destinati tutti alla vendita diretta in azienda. Ci sono in zona hobbisti che però destinano il prodotto al consumo familiare.
Attiva.
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Vegetali
Mela rosa del Casentino
Descrizione sintetica del prodotto
La mela rosa del Casentino ha una forma sferica molto schiacciata, con pezzatura intorno ai 7 x 4 cm. La buccia è di colore giallo intenso con striature rosse, molto profumata; la polpa è assai dura e dal sapore aromatico. Viene impiegata nella produzione del sidro.
Territorio interessato alla produzione
In passato veniva coltivata solo nel Casentino, ora in varie zone della provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Cresce nei terreni abbandonati, è molto resistente alle malattie e non necessita di interventi chimici. È una qualità molto produttiva e il frutto, la cui raccolta avviene tra la fine di ottobre e i primi di novembre, si conserva per tutto l’inverno.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La particolarità di questo frutto è nell’aspetto, nella ricchezza del gusto e nella lunga resistenza. Essendo una cultivar di origine locale ha una forte adattabilità al clima di montagna nell’ambito del quale è tradizionalmente inserita. Rispetto al passato non si rilevano differenze nella tecnica di coltivazione.
Produzione
La mela rosa del Casentino è una vecchia varietà che spesso si ritrova in orti e giardini di privati che consumano direttamente il prodotto. Essendo una produzione rimasta in mano a pochi hobbisti, non entra nei normali canali commerciali, pertanto non è possibile stimarne la quantità prodotta.
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Vegetali
Mela rotella della Lunigiana Pomo rodello
Descrizione sintetica del prodotto
La mela rotella è una cultivar selezionatasi nel tempo in Lunigiana. Ha forma rotonda, un po’ schiacciata alle estremità; alla raccolta il colore è verde con striature rosse, a maturazione giallo con striature rosso intenso. Il sapore è dolce e acidulo, matura ha un profumo molto intenso e la polpa è consistente e bianca. È inoltre assai adatta ad essere conservata a lungo. La raccolta avviene nella seconda metà di ottobre. Per il consumo è necessario attendere alcune settimane, quando la parte verde della colorazione volge al giallo. La pezzatura è medio-piccola rispetto a quella delle altre mele.
Territorio interessato alla produzione
Comuni di Aulla, Bagnone, Casola Lunigiana, Comano, Filattiera, Fivizzano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Mulazzo, Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca Lunigiana, Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. Il prodotto è coltivato per lo più in modo promiscuo riducendo le cure colturali al minimo, ma esistono anche coltivazioni specializzate in cui le principali operazioni colturali consistono nella potatura, concimazione e difesa antiparassitaria. • • • •
Materiale vivaistico Concimi e antiparassitari Contenitori Magazzino
La qualità e la tradizione del prodotto sono date dal gusto e profumo particolari e dalle caratteristiche della cultivar selezionatasi nel tempo in Lunigiana. In genere viene consumata fresca, ma può essere usata anche per fare dolci; è usata tradizionalmente per la preparazione di mele cotte.
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Produzione
Mela rotella della Lunigiana
La mela rotella viene coltivata sia da hobbisti sia da varie aziende a scopo commerciale; i produttori delle quantità più significative sono quindici-sedici. La produzione di questa mela non è costante negli anni; poiché non si adatta ai trattamenti e alle potature, si possono ottenere quantitativi significativi di mela rotella solo ad annate alterne. La produzione media annua è circa 220 quintali e si rivolge all’autoconsumo e alla vendita diretta in azienda. La mela rotella viene portata in assaggio e per degustazione in tutte le manifestazioni che si svolgono nella zona.
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Vegetali
Mela rugginosa della Val di Chiana Mela golden, Mela deliziosa gialla
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Il frutto ha forma ellissoidale, colore giallo e sapore molto zuccherino. È contraddistinto da un’ottima consistenza, nonché da una buona pezzatura.
Territorio interessato alla produzione
Val di Chiana, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La mela viene prodotta nella Val di Chiana, su un altopiano posto a 250 m s.l.m., caratterizzato da terreni di medio impasto, fertili, attraversati da un canale di bonifica, con ottima esposizione. La rilevante escursione termica fra temperature diurne e notturne influenza positivamente le caratteristiche fisiologiche del frutto, in termini di colorazione e sapidità. L’irrigazione avviene con acque ricche di calcio e ferro. Rispetto alle produzioni di una volta il frutto presenta una pezzatura maggiore, dovuta ad una minore quantità di prodotto per pianta.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto si distingue per la particolare sapidità e consistenza oltre che per un’elevata servabilità: si conserva infatti per due o tre mesi fuori dal frigorifero.
Produzione
La mela rugginosa della Val di Chiana viene prodotta da cinque aziende di Civitella in Val di Chiana, Castiglion Fiorentino, Policiano e Montevarchi. La quantità prodotta si aggira intorno ai 6-7 quintali, tutti destinati alla vendita diretta in azienda.
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Vegetali
Melanzana violetta fiorentina
Descrizione sintetica del prodotto
Frutto di forma rotondeggiante che a maturazione mostra una colorazione viola e raggiunge un diametro di circa 1015 cm.
Territorio interessato alla produzione
Area fiorentina e Valdarno aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina in serra fredda a febbraio; il trapianto in campo avviene a metà aprile. Il frutto è maturo a fine giugno. La concimazione organica dà ottimi risultati; è necessario effettuare una buona irrigazione per ottenere buoni risultati produttivi. Le malattie più frequenti sono la ruggine e la peronospora, facilmente trattabili con prodotti a base di rame.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il frutto presenta polpa chiara e compatta con presenza di pochi semi. Data l’ottima qualità, il prodotto è ancora molto diffuso sui mercati locali; questa varietà infatti è delicata e non presenta il sapore acuto di altre melanzane. Per la riproduzione del seme vengono scelte le piante più produttive e con caratteristiche migliori.
Produzione
La melanzana violetta fiorentina viene prodotta da una decina di aziende per un totale di circa 300 q all’anno. La vendita avviene prevalentemente nelle province di Arezzo e Firenze.
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Vegetali
Melograno di Firenze
Descrizione sintetica del prodotto
Il melograno di Firenze si produce a settembre-ottobre, ha una pezzatura di circa 300 grammi; il colore della buccia è giallo-rosso, quello dei semini all’interno è rosso intenso, il loro sapore è acidulo, sono succosi ed hanno una consistenza “croccante”.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • • • • •
Autoproduzione delle barbatelle Fresatura del terreno a giugno Eventuale lotta fitosanitaria contro gli afidi Concimazione a febbraio Raccolta manuale
• Barbatelle autoprodotte • Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del melograno di Firenze è data dalla tipicità della cultivar e dalla tecnica di produzione, rimasta invariata nel tempo. Si produce da almeno 100 anni in zona.
Produzione
Il melograno di Firenze è un prodotto solo da pochi hobbisti che lo destinano totalmente all’autoconsumo, non è possibile pertanto stimarne la quantità complessivamente prodotta.
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Vegetali
Melone della Val di Cornia
Descrizione sintetica del prodotto
Il melone della Val di Cornia ha forma ovoidale e colore giallo-verdastro; il sapore è molto dolce e l’odore è fruttato e intenso. Ha una polpa soda con interno deliquescente. Le pezzature vanno da 800 g a 3 kg. Si produce tra giugno e settembre.
Territorio interessato alla produzione
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Le piantine vengono acquistate presso vivaisti della zona. La coltura può seguire nella successione colturale lo spinacio, il cavolo, il pomodoro o i cereali autunno-vernini. Viene eseguita un’aratura alla profondità media di 40-50 cm in autunno; successivamente vengono effettuate ripetute operazioni di affinamento del terreno. Le densità di piantagione variano con la tecnica colturale adottata (semiforzatura o pieno campo) e sono comprese fra le 4000 e le 7000 piante/ha. Si effettuano normalmente dai tre ai quattro trattamenti antiperonosporici e antioidici. Si effettua una fertilizzazione di fondo a base di fosforo e potassio, integrando con apporti azoto-potassici, durante il ciclo colturale, per fertirrigazione. La raccolta si effettua manualmente attenendosi ai tempi di carenza dei prodotti fitosanitari utilizzati. I meloni vengono poi trasportati con rimorchi verso il locale di lavorazione aziendale, dove vengono depositati (nel magazzino o in una cella frigorifera). • • • •
Piantine acquistate Prodotti per la lotta fitosanitaria Prodotti per la concimazione Locale di lavorazione con magazzino e cella frigorifera
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tipicità del melone è data proprio dalle sue caratteristiche organolettiche legate ai fattori climatici e pedologici della Val di Cornia, responsabili del sapore molto zuccherino del frutto. Le varietà coltivate sono Proteo Supermarket e Calipso. Per la coltura in pieno campo si riscontrano difficoltà in luglio e in agosto a causa dell’approvvigionamento idrico. Grazie alle condizioni microclimatiche ed alla specializzazione raggiunta dai coltivatori della Val di Cornia sono stati raggiunti livelli di qualità molto elevata con caratteristiche organolettiche molto apprezzate dai consumatori di mercati nazionali importanti come quello di Milano, Bologna e Firenze. Buona parte della produzione è destinata al mercato locale, in concomitanza ai flussi turistici dei mesi estivi. Dall’impollinazione del fiore del melone da parte esclusivamente di api, si ottiene un miele dal gusto molto particolare. La coltivazione del melone sta trovando oggi in Val di Cornia difficoltà di espansione a causa della carenza di acqua e della scarsa qualità di quest’ultima a causa della salinizzazione delle falde. La razionalizzazione dell’irrigazione tramite gli impianti a goccia ha risolto solo in parte il problema.
Produzione
In tutta la Val di Cornia sono circa 22 le aziende che producono il melone, per una produzione annua di circa 80.000 quintali.
Melone della Val di Cornia
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Vegetali
Mirtillo nero della Montagna Pistoiese Piuro
Descrizione sintetica del prodotto
Il mirtillo (Vaccinium myrtillus) è un piccolo arbusto spontaneo di circa 30-60 cm di altezza, con foglie caduche, verdi, con bordo seghettato; produce delle bacche subsferiche con diametro di 6-10 mm, di colorazione scura, bluastra. Le bacche hanno un contenuto succoso, violaceo, con un gradevolissimo sapore dolciastro, sono aromatiche e rinfrescanti. Il periodo di maturazione varia con le altitudini e l’esposizione; è comunque compreso tra la fine di luglio e settembre. Il botanico Sandro Pignatti segnala l’eccezionalità delle dimensioni che questo arbusto, così come le sue foglie e le bacche, possono raggiungere nell’Appennino Pistoiese, grazie alle condizioni climatico-ecologiche particolarmente favorevoli.
Territorio interessato alla produzione
Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Il mirtillo, conosciuto con il nome dialettale di piuro, viene raccolto e apprezzato per le notevoli qualità organolettiche e per la sua versatilità di utilizzo. Oltre alla consumazione del prodotto fresco, con le bacche si preparano marmellate prodotte in maniera tradizionale con i frutti cotti e aggiunta di zucchero, e ancora sciroppi preparati in soluzioni acquose con zucchero e aggiunta di succo di mirtillo nero, puro succo di mirtillo, frutta sciroppata, grappe aromatizzate al mirtillo e il mirtillino, un liquore a base di grappa con succo e frutti di mirtillo nero.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Il mirtillo nero è un prodotto spontaneo raccolto dai cosiddetti “piurai” locali mediante un particolare “pettine” e riposto in apposite ceste dette “gerle”.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il mirtillo caratterizza il sottobosco delle foreste di alta quota a suolo acido della Montagna Pistoiese e soprattutto domina le brughiere extrasilvatiche, al di sopra della vegetazione boschiva. Rappresenta da sempre un’importante risorsa della Montagna Pistoiese per l’abbondanza della produttività, per la qualità del prodotto, conosciuto e apprezzato in tutta Italia e per la duttilità del suo impiego.
Produzione
Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto legata agli eventi meteorologici, soprattutto alle gelate. Al di là della commercializzazione presso le aziende agrituristiche che li propongono ai propri ospiti sia freschi, sia preparati in gelatine, confetture o marmellate, spesso la loro raccolta è legata all’autoconsumo o finalizzata a sbocchi commerciali locali. Le aziende in tutto sono circa 12 e complessivamente riescono a raccogliere circa 200 quintali all’anno solo di mirtilli. Vengono commercializzati esclusivamente in loco; il 30% viene destinato all’autoconsumo, la restante parte, come detto è destinata a negozi di frutta e verdura locali o venduta agli agriturismi. Ogni anno l’11 ed il 12 di agosto c’è a Cutigliano la Festa del mirtillo e del lampone.
Mirtillo nero della Montagna Pistoiese
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Vegetali
Noce aretina
Descrizione sintetica del prodotto
La noce aretina è molto gustosa, ricca di lipidi, ferro e altri sali minerali.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Arezzo.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. La raccolta è effettuata in parte a mano e in parte per mezzo di apposite macchine. Le noci vengono portate nei locali di lavorazione per liberarle dei malli e disidratarle negli essiccatoi. Successivamente vengono depositate in appositi locali per la conservazione. • Macchine raccoglitrici • Essiccatoi
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La coltura del noce da frutto è attiva da alcuni secoli. La tecnica colturale è pressoché immutata rispetto a quella originaria. Le particolari condizioni pedoclimatiche conferiscono al prodotto una particolare sapidità.
Produzione
Sono soltanto due i produttori di noce aretina a Montevarchi (località Borro al Quercio) e Pian di Scò. La quantità che ne producono si aggira intorno ai 150 quintali annui, destinati tutti alla vendita diretta.
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Vegetali
Olive in salamoia
Descrizione sintetica del prodotto
Le olive in salamoia sono grosse, di consistenza soda e molto saporite. Le varietà utilizzate sono il leccino e il frantoio. Confezionate in vasetti di vetro da 500 g-1 kg, vengono prodotte da novembre a maggio.
Territorio interessato alla produzione
In particolare la provincia di Lucca e, con alcune modifiche nella tecnica di concia, tutta la regione.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Raccolta delle olive e selezione manuale • Lavaggio con acqua potabile e pesatura per calcolare la percentuale di sale da aggiungere per la salamoia • Prima salamoia o concia delle olive (40 giorni): preparazione di una salamoia al 9-10% circa, aggiunta di 4-5 limoni a spicchi ben lavati. • Seconda salamoia: preparazione della salamoia al 5% • Confezionamento in vasetti di vetro con trattamento termico • • • •
Acqua per il lavaggio delle olive Sale per la salamoia Limoni Barattoli di vetro per il confezionamento
La tradizionalità delle olive in salamoia è da ricondursi alle cultivar locali utilizzate e all’originalità del processo produttivo, che è rimasto invariato nel tempo. Tale processo prevede l’utilizzo di limoni e di due fasi di salamoia sia per una maggiore stabilizzazione del prodotto, sia per conferire un gusto particolarmente sapido alle olive.
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Produzione
Olive in salamoia
Si può stimare una produzione media annua, complessiva di tutte le province toscane, di 60-80 q l’anno; particolarmente elevato è risultato il dato della provincia di Lucca consistente in circa 40 q. Il prodotto viene destinato prevalentemente all’autoconsumo, i canali commerciali esistenti utilizzano in genere come tipologia di vendita quella diretta in azienda.
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Vegetali
Paonazzi sott’olio Lardaioli rossi
Descrizione sintetica del prodotto
I paonazzi o lardaioli rossi sono funghi lattari la cui denominazione botanica è Tricholoma o Higrophorus russula. Sono molto diffusi nel territorio senese e nella Maremma grossetana nel tardo autunno. I paonazzi sott’olio sono in genere tagliati a piccoli pezzi, confezionati in vasetti di vetro e ricoperti di olio di oliva.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Province di Grosseto e Siena.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. I funghi vengono: • selezionati manualmente • puliti e lavati • tagliati a pezzettini manualmente con coltelli da cucina • fatti bollire per qualche minuto in aceto ed acqua (in eguali quantità) con aggiunta di sale, peperoncino, aglio e aromi • fatti scolare e asciugati con carta da cucina o panni di stoffa • posti in vasetti e ricoperti con olio di oliva. • Locale di lavorazione e conservazione • Attrezzi da taglio e altri utensili da cucina • Vasetti di vetro
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità alla provenienza locale delle materie prime, alla combinazione delle materie prime e degli ingredienti che gli conferiscono un gusto particolare.
Produzione
I paonazzi sott’olio sono un prodotto artigianale che si limita al consumo in ambito casalingo; non c’è pertanto una commercializzazione del prodotto.
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Vegetali
Pastinocello Pastinello, Pastinaccino, Gallinaccio
Descrizione sintetica del prodotto
Il pastinocello è una carota spontanea (Daucus carotae maior) che si trova – da febbraio a marzo – nei prati, lungo gli argini dei fiumi, a partire dal livello del mare fino a notevole altitudine. Può essere anche coltivata: in tal caso se ne utilizza il fittone. Della pianta spontanea si consumano il fusto e le foglie; della pianta coltivata la radice. Le foglie sono verdi e lucide, il fusto è striato e ramoso, lungo da 30 cm fino a 2 m, con fiori bianchi. Le foglie, tenere e saporite, dette “erbuccio”, sono consumate fresche come insalata o bollite. La carota ha invece un sapore dolciastro che ricorda, così come il suo colore giallo-marroncino, quello delle nocciole.
Territorio interessato alla produzione
Stazzema (Alta Versilia), Garfagnana, provincia di Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
A rischio. Pianta spontanea: • Raccolta, con coltello, delle foglie basali dette “erbuccio” e/o del fittone, nei mesi da febbraio a maggio • Lavaggio Pianta coltivata: • Seme autoprodotto • Semina nel periodo pasquale in terreno ghiaioso per favorire il drenaggio • Solco profondo affinché il fittone non si ramifichi • Raccolta manuale in ottobre
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Pianta spontanea o seme autoprodotto • Terreno ghiaioso
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive:
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar che ben si adatta alle condizioni pedoclimatiche della zona, sia alla tecnica di coltivazione, rimasta invariata nel tempo. Il pastinocello è una pianta spontanea della quale si utilizza sia l’erbuccio, tenero e succoso per l’insalata, sia il fittone, il cui sapore dolciastro e il colore marroncino ricordano quelli della nocciola. Fino alla seconda guerra mondiale veniva coltivato in mezzo al grano, si tagliavano le foglie durante la mietitura e la radice si raccoglieva in un secondo momento. In questo modo la carota si rinforzava e prendeva più sapore. Il pastinocello ha avuto un’importanza notevole nell’economia di Sant’Anna di Stazzema, dal momento che se ne faceva ampio uso nelle cene organizzate per festeggiare gli scambi di manodopera fra contadini; in tempo di guerra poi veniva utilizzato in cambio dell’olio di oliva con gli abitanti di Capezzano Monte. La carota si può utilizzare fritta, come ingrediente di frittate e anche cruda; l’erbuccio può essere consumato in insalata o bollito (l’acqua della bollitura è curativa per i disturbi renali); le foglie, una volta, erano utilizzate come foraggio.
Produzione
La coltivazione del pastinocello è a rischio: la pianta spontanea è ancora reperibile ma la carota non è utilizzabile. Dal dopoguerra la sua coltivazione è in pratica caduta in disuso; solo nel 1997 un appassionato di prodotti tipici, rinvenendone qualche seme, ha ricominciato a coltivarlo. Oggi ci sono solo quattro persone impegnate nella coltivazione, tre a Sant’Anna e una a Palagnana che lo coltivano a livello amatoriale producendone 3-4 quintali all’anno. Il prodotto viene destinato all’autoconsumo o al regalo a conoscenti. È stato pubblicato sul “Venerdì di Repubblica” del 30 marzo 2000 un articolo sul pastinocello intitolato “La carota alla nocciola che cresce sulle Alpi Apuane”.
Pastinocello
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Vegetali
Patata bianca del Melo
Descrizione sintetica del prodotto
La patata bianca del Melo presenta forma rotonda, leggermente schiacciata, pasta di colore bianco e buccia liscia. Ha dimensioni medie ed è caratterizzata da gusto delicato, consistenza farinosa e un alto contenuto di amido e fosforo. Il prodotto viene coltivato oltre i mille metri di altitudine senza alcun trattamento chimico.
Territorio interessato alla produzione
Melo, frazione del comune di Cutigliano, in provincia di Pistoia.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Il terreno viene preparato in primavera, con concimazione di letame naturale; la semina avviene all’inizio di giugno e la raccolta ai primi di ottobre. Il prodotto generalmente viene seminato in terreni a forte pendenza.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
La raccolta è fatta manualmente. La patata viene conservata nei locali delle piccole aziende agricole a temperatura ambiente per diversi mesi, senza alcun trattamento per la conservazione.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La patata del Melo è coltivata da lungo tempo. Le aziende agricole ancora oggi applicano le stesse regole produttive e di conservazione di una volta.
Produzione
La produzione effettivamente messa in commercio si aggira intorno ai 300 quintali all’anno; c’è poi un’altra quota di prodotto, non facilmente stimabile, che viene utilizzata per l’autoconsumo o per la preparazione di piatti negli agriturismi locali. Non ci sono prospettive di aumento della quantità
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prodotta per la mancanza di un’adeguata promozione del prodotto che potrebbe farne aumentare la domanda, e per il prezzo poco remunerativo che spunta sul mercato. La vendita avviene per lo più in zona, anche se una piccola percentuale trova mercato nel resto della Toscana. In parte i clienti sono privati che si recano direttamente in azienda per l’acquisto, in parte viene venduta alla grande distribuzione (Unicoop). Questa patata è molto conosciuta e apprezzata nella zona, ed è presente in numerose sagre e fiere: in località Le Roncacce (Melo di Cutigliano) ogni anno, la prima domenica di ottobre, si svolge la Sagra della patata del Melo.
Patata bianca del Melo
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Vegetali
Patata di Zeri Patate “rosse, bianche, zale” di Zeri
Descrizione sintetica del prodotto
Sussistono più tipologie della patata di Zeri: rossa, bianca e zale. Tutte sono caratterizzate da una forma piuttosto rotondeggiante. La rossa, con buccia rossastra e colore della pasta bianco, è adatta ad una lunga cottura perché non perde consistenza. La bianca, con buccia chiara e polpa giallognola, è adatta per la frittura. La zale, di pasta gialla, ha dimensioni modeste ed è tenera, saporita e dolce, ottima per la cottura in forno o in acqua.
Territorio interessato alla produzione
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Il terreno offre un’ottima base di sviluppo per questo tubero, tanto che nella prima semina viene evitato qualsiasi tipo di concimazione. Successivamente si concima con letame di pecora.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità della coltura della patata a Zeri risale al 1777, quando fu introdotta nel pontremolese a cura di Biagio Grilli di Adelano (villaggio del comune di Zeri), che ne ottenne due bulbi da alcuni montanari parmigiani, soliti recarsi in Germania. La tipicità della patata di Zeri consiste, oltre che nella tradizionalità, nel particolare ambiente di coltivazione, caratterizzato da un’elevata altitudine (tra i 500 e i 1500 m s.l.m.) da clima montano, da terreni particolarmente vocati e infine dalla tecnica di produzione, senza utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
Produzione
È un prodotto coltivato a livello hobbistico dagli abitanti locali per autoconsumo; non è possibile determinare un quantitativo medio annuo di produzione.
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Vegetali
Patata rossa di Cetica Patata rossa del Pratomagno, patata rossa del Casentino
Descrizione sintetica del prodotto
La patata rossa di Cetica ha forma rotonda, globosa, abbastanza regolare. La buccia ha colore violaceo, i germogli sono profondi e di colore viola scuro. La pasta è bianca con grana molto fine.
Territorio interessato alla produzione
Pratomagno casentinese e valdarnese sopra ai 500 m s.l.m., in particolare nel comune di Castel San Niccolò, località Cetica, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La patata rossa di Cetica viene coltivata su terreni sciolti, sabbiosi, acidi, spesso ricchi di sostanza organica. Le produzioni migliori, dal punto di vista qualitativo, si ottengono nelle zone in cui sono presenti faggio e castagno. Si semina, a seconda dell’altitudine, da metà aprile fino alla fine di maggio; la maturazione è abbastanza precoce, la produzione è attualmente scarsissima. È una pianta molto resistente alla peronospora sia sul cespo che sul tubero. Il cespo è di medio sviluppo con foglie piuttosto strette; è facilmente attaccato dalla dorifora e, a causa del ridotto apparato fogliare, ne riceve forti danni. Per ovviare a tale problema è stato avviato un programma di rigenerazione di questa cultivar.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Si hanno notizie certe della produzione di questa patata sin dai primi anni del ventennio che separa le due guerre, tanto che si pensa si tratti di una cultivar derivata dalla scozzese Red King Eduard. Questa varietà, interessante per le caratteristiche organolettiche, si presta molto bene per essere utilizzata in stufati o per gli gnocchi; regge molto bene la cottura ed ha un gusto assai pronunciato.
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Produzione
Patata rossa di Cetica
Sono rimasti solo due produttori di patata rossa di Cetica. È questa una varietà che dal dopoguerra ad oggi è stata progressivamente soppiantata da altre varietà più produttive provenienti dal nord Europa. Le poche patate prodotte vengono utilizzate per la semina o per l’autoconsumo. A Cetica c’è interesse per il recupero di questa varietà ma il problema più rilevante è dato dalla forte presenza di virosi che ne limitano fortemente la produzione.
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Vegetali
Pera coscia aretina
Descrizione sintetica del prodotto
Frutto caratterizzato da pezzatura medio piccola con buccia di colore verde chiaro o giallognola quando il frutto è maturo, dal sapore dolce ed aromatico, con consistenza granulosa.
Territorio interessato alla produzione
Nel territorio del Valdarno, della Val di Chiana e del Casentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Rispetto alle varietà utilizzate nei frutteti specializzati, si può dire che la pera coscia è più rustica, perché sopporta bene gli attacchi di psilla, tanto che nei piccoli frutteti a carattere familiare non si effettua alcun trattamento. La raccolta viene fatta a mano e la conservazione in cassette all’interno di locali coperti. È necessario anticipare la raccolta poiché il frutto maturo si ammacca facilmente. Non si effettua il condizionamento in celle frigorifere, né tantomeno il trattamento chimico per bloccare la maturazione. • Cassette • Locali di conservazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La coltivazione della pera coscia non richiede l’impiego di fertilizzanti e antiparassitari chimici. Le particolari condizioni pedoclimatiche conferiscono al prodotto una qualità esclusiva.
Produzione
La produzione di pera coscia aretina si aggira intorno ai 20 quintali, destinati tutti alla vendita in zona. Sono rimaste solo 4 aziende produttrici in tutto il Pratomagno, il Casentino ed il Valdarno, più alcunii hobbisti che non commercializzano il prodotto ma lo destinano all’autoconsumo.
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Vegetali
Pera coscia di Firenze
Descrizione sintetica del prodotto
La pera coscia non è grossa e la sua pezzatura si aggira sui 100-180 grammi. Ha colore verde chiaro e sapore molto dolce. Matura a luglio.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • • • • • •
Impianto con astoni autoprodotti in azienda Preparazione del terreno: fresatura Sesti di impianto: generalmente 5 x 4 m Lavorazione del terreno: fresatura Lotta fitosanitaria Raccolta manuale
• Astoni • Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla cultivar che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona le quali contribuiscono a conferire il particolare gusto al frutto, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. La pera coscia è più precoce delle altre e si produce da almeno 100 anni. L’ottenimento di astoni in azienda permette di salvaguardare il patrimonio genetico della specie. Si consuma preferibilmente con formaggio pecorino.
Produzione
La pera coscia di Firenze viene prodotta nei comuni di Greve in Chianti e di Scarperia da pochi produttori che riescono ad immetterne sul mercato soltanto 2 q l’anno. Non c’è un trend in crescita sia per la mancanza di nuovi produttori interes-
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sati alla coltivazione di questa cultivar autoctona, sia per l’assenza di un’adeguata promozione del prodotto stesso. La vendita avviene totalmente in zona, tramite il Mercafir.
Pera coscia di Firenze
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Vegetali
Pera del curato toscana
Descrizione sintetica del prodotto
È una pera invernale. Il frutto si presenta di colore verde giallastro con qualche lenticella. Ha dimensioni notevoli e polpa aromatica, saporita, di colore bianco.
Territorio interessato alla produzione
Si produce in tutta la Toscana.
Produzione in atto
Descrizione dei processi di lavorazione
A rischio.
La maturazione è invernale.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La pera del curato è un’antica varietà di pera che, anche se non originaria della Toscana, era comunque diffusissima in tutta la regione. Oggi i peri si trovano come piante isolate, residuate negli orti nei pressi di casolari di collina o nei terrazzamenti dove, per il clima e per l’orografia del terreno, non era conveniente seminare il grano. Si tratta di piante adulte, per lo più con produzione decrescente e incostante perché nella quasi totalità dei casi abbandonate.
Produzione
La pera del curato è stata rintracciata presso un famoso vivaio in località Sant’Ilario a Lastra a Signa il cui proprietario si occupa della riproduzione e vendita di piante da frutto di varietà antiche e locali. I suoi clienti sono in genere privati che acquistano poche piante per l’orto o il giardino pertanto si suppone che ci sia una produzione finalizzata soltanto all’autoconsumo. In provincia di Arezzo (Pratomagno e Casentino) ci sono una decina di aziende che producono la pera del curato, molte delle quali solo per hobby. La loro produzione totale si può stimare intorno ai 10 quintali.
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Vegetali
Pera gentile
Descrizione sintetica del prodotto
La pera gentile ha consistenza dura e pezzatura sui 100-180 grammi. Ha colore verde brillante e sapore dolce, anche se astringente. Matura a giugno.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:
Attiva. • • • • • •
Impianto con astoni autoprodotti in azienda Fresatura del terreno Sesti di impianto: generalmente 5x4 m Lotta fitosanitaria Concimazione Raccolta manuale
• Astoni • Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla particolarità della cultivar, che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona conferendo il particolare gusto al frutto, sia alla tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. La pera gentile è più precoce delle altre, si produce da almeno 100 anni. L’ottenimento di astoni in azienda permette di salvaguardare il patrimonio genetico della specie. Si consuma preferibilmente con formaggio pecorino.
Produzione
L’unica testimonianza della pera gentile è stata rintracciata presso un presso un famoso vivaio in località Sant’Ilario a Lastra a Signa il cui proprietario si occupa della riproduzione e vendita di piante da frutto di varietà antiche e locali.
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v115
I suoi clienti sono in genere privati che acquistano poche piante per l’orto o il giardino, pertanto si suppone che ci sia una produzione finalizzata soltanto all’autoconsumo.
Pera gentile
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Vegetali
Pera rusé
Descrizione sintetica del prodotto
Questo tipo di pera presenta forma rotonda e dimensioni piuttosto modeste. Il colore è verde, interrotto da macchie rosse; la polpa è dura, piuttosto aspra. Il frutto non viene utilizzato crudo ma solo cotto.
Territorio interessato alla produzione
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
La coltivazione di questa pera avviene nei pascoli del territorio di Zeri.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Raccolta in autunno, si presta ad una lunga conservazione. Quando i raccolti di grano erano ancora abbondanti, veniva conservata insieme al cereale fino a primavera. La pera si consuma esclusivamente cotta con l’eventuale aggiunta di vino, zucchero o miele.
Produzione
La pera rusé è piuttosto diffusa nella zona di Zeri ma la sua produzione è esclusivamente di tipo hobbistico, per consumo familiare.
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Vegetali
Pesca cotogna del Poggio
Descrizione sintetica del prodotto
La pesca cotogna del Poggio è gialla, si colora di rosso nell’area aderente al nocciolo. Il colore della buccia è giallo con sfumature e striature rosso-arancio; ha consistenza dura, sapore dolce, profumo molto intenso. In genere la pezzatura si aggira sui 200 grammi.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • Autoproduzione delle barbatelle • Utilizzo di portinnesti idonei (generalmente GF677) • Innesto ad occhio dormiente in azienda • Scasso ad 1 m di profondità e rippatura • Eventuale inerbimento nell’interfila e lavorazione sulla fila • Irrigazione localizzata • Concimazione frazionata in prefioritura • Diradamento manuale • Difesa contro bolla, oidio, Armillaria mellea e, saltuariamente, contro afidi • Raccolta manuale
• • • • •
Barbatelle autoprodotte Portinnesti Prodotti per la concimazione Prodotti per la difesa Cassette per il confezionamento
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla particolarità della cultivar: è un ecotipo locale che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona, le quali contribuiscono a conferire il particolare gusto al frutto. La
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pesca cotogna del Poggio si produce da più di 100 anni, è ottima per consumo fresco e per fare marmellate; è tradizionale gustarla immersa in un bicchiere di Chianti rosso e zucchero. È diffusa su tutte le colline del Chianti. Produzione
Pesca cotogna del Poggio
La pesca cotogna del Poggio viene prodotta da 4 aziende che si trovano in alcuni comuni limitrofi a Firenze: San Casciano Val di Pesa, Tavarnelle Val di Pesa, Bagno a Ripoli e Greve in Chianti. Si stima una produzione complessiva di 200-400 quintali all’anno da circa 1500-2000 piante. È una pesca molto richiesta nei mercati locali, per questo c’è la tendenza a costituire nuovi impianti al fine di aumentarne la produzione anche se la mancanza di manodopera per la raccolta e problemi di natura agronomica (è una varietà che necessita di molte cure) al momento costituiscono dei problemi rilevanti. La scarsa promozione del prodotto fa sì che la clientela sia soltanto locale; la vendita avviene per circa il 20% direttamente a privati in azienda, per il restante 80% a Coop e mercati ortofrutticoli di Firenze e Siena. La pesca viene presentata durante la Sagra della pesca Regina di Londa e in occasione della manifestazione “Giardini in fiera” che si tiene a metà settembre presso Villa Le Corti a San Casciano Val di Pesa. Nella monografia Il germoplasma del pesco – 1. Le cotogne fiorentine a cura del prof. Elvio Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura della Facoltà di Agraria di Firenze – pubblicata dall’ARSIA-Regione Toscana – sono ampiamente descritte le caratteristiche delle varietà di cotogne dell’area fiorentina, tra le quali figura anche la pesca cotogna del Poggio.
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Vegetali
Pesca cotogna di Rosano Cotogna
Descrizione sintetica del prodotto
La pesca cotogna di Rosano è una cultivar tardiva che si produce a settembre; ha forma tonda, buccia giallo-rossastra e polpa giallo-arancio, tendente al vinato vicino al nocciolo. È molto dolce, ha consistenza dura, profumo assai intenso, pezzatura sui 200-250 grammi.
Territorio interessato alla produzione
Rosano, provincia di Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Autoproduzione delle barbatelle • Utilizzo di portinnesti idonei (generalmente GF677) • Innesto ad occhio dormiente in azienda • Scasso ad 1 m di profondità, rippatura • Eventuale inerbimento nell’interfila e lavorazione sulla fila • Sesti di impianto: generalmente 4x3 m • Irrigazione localizzata • Concimazione generalmente in prefioritura, febbraio-marzo • Diradamento manuale • Difesa contro bolla, oidio, armillaria mellea e, saltuariamente, contro afidi • Utilizzo, a fine estate, di mistorganici (1kg/pianta) • Raccolta manuale • Confezionamento in cassette • • • • • •
Barbatelle autoprodotte Portinnesti Prodotti per la concimazione Prodotti per la difesa Cassette per il confezionamento Cella frigorifera per lo stoccaggio
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla particolarità della cultivar: tale ecotipo locale si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona, le quali contribuiscono a conferire il particolare gusto dolce al frutto. La pesca cotogna di Rosano si produce da 120 anni, è ottima per consumo fresco e per fare marmellate; è tradizionale gustarla in un bicchiere di Chianti rosso zuccherato.
Produzione
Sono cinque i maggiori produttori di questa pesca, a Pontassieve, in località Rosano, e a Greve in Chianti. Complessivamente ne producono circa 80-100 quintali l’anno, anche se la produzione di queste pesche è in diminuzione per la mancanza di volontà a sostituire i vecchi impianti con nuovi. La coltura non è remunerativa in relazione alle numerose cure di cui il frutto necessita, ai problemi di ordine agronomico e ai prezzi insoddisfacenti che ottiene sul mercato locale. La vendita avviene totalmente in zona: il 20% del prodotto direttamente a privati in azienda, il restante 80% a negozi locali. La pesca cotogna di Rosano viene presentata ad una festa che si tiene la seconda domenica di settembre a Londa per la pesca regina di Londa. Da ricordare la pubblicazione Il germoplasma del pesco – 1. Le cotogne fiorentine a cura del prof. Elvio Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura della Facoltà di Agraria di Firenze, e pubblicato dall’ARSIA-Regione Toscana.
Pesca cotogna di Rosano
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Vegetali
Pesca cotogna toscana
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Ha colore giallo intenso e uniforme. Rotonda, non raggiunge grosse pezzature; è apprezzata localmente per il caratteristico profumo e per l’ottimo sapore.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
A maturazione tardiva (intorno al 10 settembre), è facilmente esposta agli attacchi dei fitofagi. Il portamento e il tipo di potatura la rendono diversa dalla pesca limone, che matura nello stesso periodo.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Un tempo molto diffusa, ancora oggi è possibile trovarne piccole partite in commercio, infatti il gusto molto saporito e il profumo del frutto maturo hanno contribuito alla sopravvivenza di questa pesca.
Produzione
In tutto il Valdarno superiore, il Casentino, la Valtiberina e la Val di Chiana le aziende che coltivano la pesca cotogna toscana sono tre. Il quantitativo annuo prodotto è intorno ai 30 quintali, destinati prevalentemente all’autoconsumo e alla vendita ai fruttivendoli della zona.
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Vegetali
Pesca diga
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Pesca bianca tardiva, matura poco dopo la regina di Londa nella seconda decade di settembre; non si spicca, non è particolarmente resistente alle malattie, è difficile portarla integra a maturazione perché matura tardivamente. L’epoca di fioritura è la stessa delle altre pesche.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La maturazione avviene nella seconda decade di settembre. L’epoca di fioritura è la stessa delle altre pesche.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questo ecotipo locale prende il nome dal fatto che la pianta madre da cui si ricavarono i primi innesti era nata spontaneamente presso una diga sul fiume Ambra; in seguito i vivaisti della zona la diffusero nel Valdarno aretino. Oggi è quasi del tutto scomparsa e sopravvive soltanto negli orti e nelle aie dei poderi della zona.
Produzione
La pesca diga è una varietà tardiva non resistente alle malattie, per questo la sua coltivazione è stata progressivamente abbandonata e sostituita da varietà più precoci e più resistenti. Oggi è rimasto soltanto un produttore in tutta la provincia di Arezzo; la produzione è molto bassa, si aggira intorno agli 80 kg all’anno che vengono venduti a negozi locali o direttamente a privati in azienda.
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Vegetali
Pesca Lamberta
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Pesca gialla a forma di mandorla appuntita, a maturazione media, intorno alla prima decade di agosto. Molto saporita e facile da sbucciare, è molto delicata e pertanto adatta al consumo fresco.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Valdarno aretino, provincia di Arezzo. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La maturazione avviene intorno alla prima decade di agosto.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa pesca è di sapore assai delicato; tuttavia la sua area di coltivazione è progressivamente diminuita perché non si presta a manipolazioni. È stata quindi via via abbandonata a vantaggio di varietà più resistenti, nonostante il suo sapore sia ottimo. Attualmente sopravvive in pochi esemplari negli orti dei poderi della zona.
Produzione
La pesca Lamberta viene coltivata da tre aziende del Valdarno superiore aretino, nei comuni di Montevarchi, Pian di Scò e San Giovanni Valdarno. La produzione annua si aggira intorno ai 22-25 quintali l’anno, destinati ai mercati locali o alla vendita diretta in azienda.
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Vegetali
Pesca limone Cotogna tardiva
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Percoca dalla tipica forma di limone con punta finale pronunciata, di colore giallo. Non si spicca, la maturazione è tardiva (nella prima decade di ottobre) ed è più rustica di altre varietà.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La maturazione è tardiva e avviene nella prima decade di ottobre. La potatura di questa pianta differisce da quella di altri ecotipi perché più corta: i tagli più piccoli sui rami misti fanno sì che il ramo rimanga più lungo.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Coltivata tra l’Ambra e l’Arno dagli inizi del secolo, la pesca limone è un ecotipo locale rinvenuto lungo il fiume Ambra e poi diffuso dai vivaisti della zona. Tra le pesche dell’area è senz’altro quella più facilmente conservabile e per le sue caratteristiche si presta ad essere trasformata (pesche sciroppate).
Produzione
L’unico produttore rimasto di questa vecchia varietà si trova a Montevarchi in località Borro al Quercio. Ne produce circa 80 kg all’anno che sono destinati alla vendita sui mercati locali oppure alla vendita diretta nell’azienda.
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Vegetali
Pesca maglia rosa
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Descrizione sintetica del prodotto
Ha polpa e buccia gialla e prende nome dal colore rosato assunto alla maturazione. È una pesca spiccagnola con polpa dura, resistente alle manipolazioni, gustosa di sapore.
Territorio interessato alla produzione
Diffusa nel Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ha maturazione media-precoce, matura tra l’ultima settimana di luglio e la prima di agosto, poco prima delle pesche trionfo.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa pesca veniva associata tradizionalmente al periodo della mietitura. Prima che avvenisse il miglioramento genetico del grano, a partire dal secondo dopoguerra, la mietitura cadeva intorno a fine luglio-prima settimana di agosto, a seconda della stagione. Nella festa che tradizionalmente accompagnava la mietitura venivano servite le maglia rosa e le trionfo, bianche e rosse. Ancora oggi le persone che hanno gustato queste varietà le associano a quei periodi.
Produzione
La pesca maglia rosa, come altre antiche varietà del Pratomagno, del Valdarno (sia aretino che fiorentino) e del Casentino, viene coltivata solo da pochi hobbisti che non la commercializzano; è destinata al solo consumo familiare. Non è pertanto possibile stimarne la quantità prodotta.
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Vegetali
Pesca Michelini
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Descrizione sintetica del prodotto
Pesca a pasta bianca, con “gota” rossa una volta matura; somiglia alla regina di Londa ma è più grossa di questa e inoltre matura prima pur essendo una pesca a maturazione tardiva.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Matura a fine agosto, primi di settembre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Una volta molto diffusa, è ancora possibile trovare piccole partite di questa pesca in commercio.
Produzione
Le aziende che producono la pesca Michelini sono solo due. Non è stato possibile rilevarne il quantitativo prodotto perché marginale in relazione agli altri prodotti dell’azienda.
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Vegetali
Pesca mora di Dolfo
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
La pesca mora di Dolfo è tonda, leggermente allungata, di colore rosso scuro, quasi moro (da qui il nome) ed è vellutata all’esterno. È molto dolce e succosa, anche se la consistenza è dura. Il profumo è molto intenso, il nocciolo rimane aderente alla polpa e non si stacca facilmente. La pezzatura è grossa, 10-11 cm di diametro. Questa cultivar è molto rustica, ha una buona produttività fino a 8-10 anni, ma è meno resistente al freddo delle altre; è a fioritura tardiva e a maturazione media. Il frutto è destinato al consumo fresco entro 10 giorni circa; tuttavia si presta anche alla conservazione in frigo, seppure per poco tempo. In genere l’impianto dura 15 anni. Si confezionano in cassette da 15 pesche ciascuna (“padelle”). Si producono in agosto.
Territorio interessato alla produzione
Morianese, provincia di Lucca.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
• Reimpianto: l’innesto su franco o su portinnesti particolarmente resistenti al calcare • Pratiche colturali delle piante adulte: si effettuano le normali cure colturali quali concimazione di mantenimento, lavorazione del terreno, potatura delle piante, trattamenti antiparassitari e diradamento dei frutti • Raccolta dei frutti: avviene manualmente • Trasporto in azienda dove viene effettuato l’incassettamento definitivo
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Marze per l’innesto su franco o portinnesti specifici (esempio GF677) • Prodotti per la concimazione e la difesa • Contenitori per la raccolta • Cassette per il confezionamento
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità della pesca mora di Dolfo è data dalla particolarità della cultivar che per le sue caratteristiche (rusticità, resistenza al freddo) si presta bene ad essere coltivata nella zona del morianese. È diversa nell’aspetto dalle altre pesche, per il colore scuro che presenta e a cui deve il nome. Si conserva meno a lungo delle altre pesche, e pertanto va consumata fresca entro 10 giorni dalla raccolta.
Produzione
Sono ormai pochissime le piante in produzione di questa cultivar locale e si concentrano quasi esclusivamente in un’azienda di San Quirico di Moriano. La produzione, stimabile in 15 quintali l’anno, è destinata per il 20% all’autoconsumo e per l’80% alla vendita diretta o in esercizi commerciali del luogo.
Pesca mora di Dolfo
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Vegetali
Pesca passerina Pesca ubriaca
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Descrizione sintetica del prodotto
Di calibro medio, è caratterizzata dal colore della buccia rosso vinoso, che si estende anche alla polpa man mano che procede la maturazione. Altra caratteristica è il sapore delicato, non molto zuccherino; matura intorno alla seconda decade di settembre.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. La maturazione avviene nella seconda decade di settembre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Per il suo caratteristico sapore veniva consumata inzuppata nel vino.
Produzione
Non è stato possibile stimare la quantità di pesca passerina effettivamente prodotta. Sono rimaste solo due aziende (nel Pratomagno) a coltivarla, per le quali la produzione di questo frutto è solo marginale rispetto ad altri; tuttavia continuano a tenerne qualche pianta per non perderne il germoplasma.
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Vegetali
Pesca regina di Londa
Descrizione sintetica del prodotto
La pesca regina di Londa è una cultivar a pasta bianca, con buccia di color bianco sporco e striature rossastre. Dolcissima, ha un profumo forte e penetrante e consistenza molto dura. La pezzatura si aggira sui 250-300 grammi. Si produce a settembre-ottobre.
Territorio interessato alla produzione
Londa (provincia di Firenze), Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. • • • • • •
Acquisto di astoni Preparazione del terreno: fresatura Sesti di impianto: generalmente 5x3 metri Lotta fitosanitaria per le principali malattie Raccolta manuale Stoccaggio (in parte) in cella frigorifera a 2°C, per massimo un mese
• Astoni • Prodotti per la lotta fitosanitaria • Cella frigorifera per lo stoccaggio La tradizionalità della pesca regina di Londa è dovuta all’importanza della cultivar che si produce in zona da almeno 50 anni. Molto dolce, ben si presta ad essere usata per marmellate. La gente del luogo tuttavia afferma che l’impiego migliore è quello di gustarla fresca. Questa pesca, originaria di Londa, località nei pressi della Rufina (FI), viene tuttora commercializzata per il suo sapore e per la maturazione tardiva.
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Produzione
Pesca regina di Londa
La pesca regina di Londa viene prodotta in circa dieci aziende situate nei comuni di Londa, Tavarnelle (San Donato in Poggio), Scarperia (località Crocioni e Sant’Agata), Vicchio e Dicomano. La produzione è di circa 1000 quintali l’anno, anche se negli ultimi anni la produzione ha risentito delle avverse condizioni meteorologiche. Non si riscontra un trend in crescita. La vendita avviene prevalentemente alla grande distribuzione (Coop) e al Mercafir. La seconda domenica di settembre si tiene a Londa la Festa della regina di Londa durante la quale viene premiata, da una giuria composta da esperti, docenti universitari ecc., la migliore cassetta di pesche regina di Londa. Nell’occasione la giuria si esprime anche su altre varietà locali di pesche (burrone e cotogne fiorentine). In provincia di Arezzo ci sono altri tre-quattro produttori di pesca regina di Londa che producono circa 25-30 quintali l’anno. La vendita avviene sia nei mercati locali che nella provincia di Firenze. Maggiori informazioni su questa pesca si trovano nel volume Il germoplasma del pesco – 2. Le burrone fiorentine a cura del prof. Elvio Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura della Facoltà di Agraria di Firenze, pubblicato dall’ARSIARegione Toscana.
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Vegetali
Pesca trionfo bianco
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Pesca bianca a maturazione abbastanza precoce, di forma tonda, è molto profumata e saporita.
Territorio interessato alla produzione
Aretino e fiorentino.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Matura ai primi di agosto, è spiccagnola con nocciolo che tende a spaccarsi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Molto apprezzata in passato perché è una delle prime pesche a maturare, e dunque molto ricercata. La pianta non differisce dalle altre quanto a portamento e vigoria; da segnalare la maggiore resistenza all’oidio.
Produzione
La pesca trionfo bianco ha una produzione limitata: sono solo due le aziende che la coltivano, una a Montevarchi (località Borro al Quercio) e l’altra a Pian di Scò. La quantità prodotta si aggira intorno ai 1,5 quintali l’anno, venduti ai negozi locali o direttamente a privati in fattoria.
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b129
Vegetali
Pesca trionfo rosso
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Descrizione sintetica del prodotto
La pesca trionfo rosso è la versione “colorata” della pesca trionfo bianco. Si presenta di colore rosso su sfondo giallo con venature rosse nella polpa. Il nocciolo tende a spaccarsi ma, a differenza della pesca trionfo bianco, non si spicca. Il frutto si presenta leggermente schiacciato all’apice e con peluria più evidente rispetto all’altra varietà.
Territorio interessato alla produzione
Area fiorentina e aretina, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La maturazione avviene nello stesso periodo della pesca trionfo bianco, intorno alla prima settimana di agosto. È una pesca saporita e molto apprezzata, soprattutto in passato, per l’epoca di maturazione.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È una pesca conosciuta nella zona; rispetto alle altre varietà manifesta maggiore resistenza alle malattie.
Produzione
Rispetto alle altre varietà antiche, la pesca trionfo rosso è più comune e più conosciuta in diverse zone della provincia di Arezzo e di Firenze: Valdarno (aretino e fiorentino, Val di Chiana, Valtiberina, Casentino e Pratomagno). La produzione annua è di circa 500 quintali, destinati sia a mercati locali che al resto della regione.
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Vegetali
Peschetti di Candia Peschetti di vigna, peschetti settembrini
Descrizione sintetica del prodotto
Frutti di peschi selvatici o inselvatichiti, spontanei, tra loro ibridati in una ricca scelta di varietà. La pezzatura del frutto è più piccola di quelle delle pesche selezionate, con un diametro che si aggira sui 3-4 cm; la forma va dalla rotonda alla subovata. A seconda della varietà, la polpa può essere gialla, bianca o bianco-verde marezzata di rosso per la presenza di antociani specialmente vicino al nocciolo (da cui il nome anche di moscatelli). Possono essere duracini (attacchi) o spiccagnoli (stacchi), questi ultimi specialmente se un po’ acerbi. Il nocciolo è sempre ben formato, molto legnoso, con un seme sempre maturo a spiccata germinabilità. L’aspetto esteriore è altrettanto variabile: pelle ricoperta di peluria che può essere giallo verdognola, giallognola con sfumature rosa e rosse, giallo crema o biancastra con chiazze rosse.
Territorio interessato alla produzione
Tutta la fascia collinare della zona litoranea dei comuni di Massa, Montignoso e Carrara coltivati a vigneto, provincia di Massa-Carrara.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Non si esegue nessuna lavorazione del terreno in quanto sono frutti di varietà selvatiche. Sono piante molto resistenti alla bolla e ad altri funghi, pertanto non hanno particolare bisogno di trattamenti antiparassitari né invernali né più tardivi. Il frutto arriva a maturazione nell’ultima decade di agosto e nei primi di settembre (da cui il nome di peschetti settembrini). Come peschi tardivi, potrebbero essere suscettibili all’attacco della cidia molesta; soltanto i peschetti delle vigne collinari del massese rimangono intatti, profumatissimi e gustosissimi.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v130
Raccolti a metà maturazione, si prestano molto bene allo stoccaggio e alla conservazione in cella frigorifera. Esposti a temperatura ambiente maturano nel giro di 2-3 giorni, sprigionando tutto il loro profumo e il loro sapore. Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Tradizionalmente è coltivato in consociazione con la vite e non esistono coltivazioni intensive. Ancora oggi i peschetti, nel periodo di produzione si trovano nei negozi ortofrutticoli.
Produzione
La produzione dei peschetti di Candia è ormai molto ridotta. Resta un numero esiguo di alberi ai margini dei vigneti utilizzati esclusivamente per l’autoconsumo familiare.
Peschetti di Candia
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b131
Vegetali
Pinolo del Parco di Migliarino San Rossore
Descrizione sintetica del prodotto
Il pinolo del Parco ha forma ovoidale non molto allungata; il guscio è di colore marrone scuro, il seme di colore bianco sporco. Si ottiene da pini della macchia mediterranea, di qui il sapore resinoso e il profumo molto intenso.
Territorio interessato alla produzione
Parco di Migliarino San Rossore, provincia di Pisa.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Attiva. Dopo la raccolta le pine vengono distese su teli su cui vengono lasciate per circa sette mesi per permetterne l’apertura. Dopo la separazione dei pinoli dalle pine, quelli migliori vengono immersi in acqua per eliminare la polvere marrone del guscio e poi sottoposti a un trattamento termico. I pinoli vengono schiacciati e separati dai gusci per decantazione, all’interno di una vasca di acqua. Successivamente vengono posti in un essiccatoio in cui si raggiungono le temperature di 90°C. Terminata questa operazione, viene tolta la nocella. • • • • • •
Teli su cui poggiano le pine Macchina per la separazione dei pinoli dalle pine Macchina per la schiacciatura dei pinoli Vasca per la separazione dei pinoli dal guscio Essiccatoio Macchina per la separazione della nocella dal seme
La tradizionalità e qualità del pinolo del Parco è data dalla materia prima che si ottiene da pini della macchia mediterranea cui si deve il sapore resinoso e l’odore intenso, nonché dalle modalità di lavorazione che prevedono l’utilizzo di macchine molto antiche e di locali tradizionali. Altri elementi di tipicità sono dovuti sia alla modalità di essiccazione delle pine, che vengono distese all’aria aperta per circa
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sette mesi, sia alla particolare manualità delle persone che eseguono la setacciatura finale. I pinoli vengono utilizzati per fare la “torta co’ bischeri”, il pesto alla genovese, la torta della nonna, i tortelloni rustici, il castagnaccio. Si producono da oltre cento anni. Produzione
Nel Parco di Migliarino San Rossore, a cavallo tra le province di Pisa e Lucca, un’azienda di trasformazione commercializza annualmente 1500 quintali di pinoli. Questa produzione tipica partecipa a tutte le manifestazioni e agli eventi legati alla promozione del Parco di San Rossore. È disponibile anche un libro dal titolo Le pinete e la produzione dei pinoli dal passato ai giorni nostri nel territorio del Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, di Peruzzi, Cheru-
bini, Gorreri e Cavalli, edito dall’Ente Parco. La produzione viene venduta interamente in Toscana.
Pinolo del Parco di Migliarino San Rossore
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Vegetali
Pisello quarantino
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
Legume piccolo con buccia morbida.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Richiede terreni sabbiosi e abbondante concimazione. Si semina in solchi da ottobre a fine novembre, a distanza di 12 cm nel solco. Durante il ciclo va sarchiato, rincalzato e infrascato. La maturazione è scalare, da fine marzo a fine aprile. Il seme è piccolo con buccia morbida e particolarmente dolce. La coltura non richiede interventi fitosanitari.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
La caratteristica peculiare del pisello quarantino consiste nel metodo di produzione e conservazione del seme. Il seme per la produzione viene raccolto dai palchi più bassi, seccato ulteriormente in ambienti aerati e conservato in contenitori di vetro con aggiunta di pepe. La produzione è generalmente per consumo familiare. Il legume viene cucinato in vari modi. Si presta bene ad essere utilizzato in sughi con carne di agnello.
Produzione
La coltivazione del pisello quarantino è effettuata da un solo produttore di Montevarchi e da pochi altri hobbisti del Pratomagno e del Valdarno aretino. La scarsa produzione, circa 1 quintale all’anno, è destinata ai mercati locali e alla vendita diretta.
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Vegetali
Pisello a tutta frasca aretino
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Descrizione sintetica del prodotto
È un legume piccolo, liscio e di colore verde chiaro.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, provincia di Arezzo.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Pianta ad accrescimento indeterminato; la sua coltura richiede terreni sabbiosi e leggermente concimati. Si semina in solchi nei periodi di settembre-ottobre oppure marzo. Le semine autunnali, rispetto a quelle primaverili, danno maggiore garanzia di sopravvivenza al gelo. La rincalzatura va effettuata prima che spuntino le frasche. Le piante crescono altissime e ricadono dalla frasca. I legumi, piccoli ma molto teneri e di sapore dolce (più di quello nano), maturano da maggio a giugno. Non richiedono trattamenti.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
I legumi sono apprezzati per il sapore dolce e la consistenza tenera. I semi per la riproduzione vengono raccolti dai baccelli dei primi palchi. Vengono lasciati seccare sulla pianta e conservati in contenitori di vetro con aggiunta di pepe. La produzione è prevalentemente per consumo familiare.
Produzione
La coltivazione del pisello a tutta frasca è limitata a due aziende di Montevarchi e a pochi hobbisti del Pratomagno e del Valdarno aretino. La produzione si aggira intorno ai 2 quintali l’anno ed è destinata sia alla vendita diretta che a negozi della zona.
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Vegetali
Pomodorino da inverno da appendere
Descrizione sintetica del prodotto
La pianta produce grappoli con 6-8 pomodorini tondi, piccoli, lisci, “da serbo”, con una buccia piuttosto spessa di colore arancione. L’interno è carnoso, il sapore dolce.
Territorio interessato alla produzione
Colline intorno a Firenze e Valdarno aretino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La pianta è ad accrescimento indeterminato e si trapianta agli inizi di giugno. Il pomodorino da inverno viene coltivato prevalentemente in collina e predilige i terreni argillosi; le concimazioni organo-minerali sono leggere, gli interventi irrigui di cui necessita sono esigui. Cultivar di buona produzione, richiede diversi trattamenti con prodotti a base di rame ed è suscettibile alla spaccatura dei frutti.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il frutto si conserva appeso in locali arieggiati e può essere consumato fresco fino a Natale, a volte fino a febbraio. Viene utilizzato per bolliti e per zuppa al pomodoro oppure fresco per insalate, uova al pomodoro o strofinato sul pane. La produzione è prevalentemente per consumo familiare e ristretti canali commerciali.
Produzione
Il pomodorino da inverno da appendere è una varietà abbastanza comune negli orti della provincia di Arezzo (Valdarno superiore, Valtiberina, Casentino e Val di Chiana). La sua coltivazione è limitata ad un livello amatoriale, pertanto è difficile quantificarne la produzione, che viene destinata solo alla vendita diretta e all’autoconsumo.
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Vegetali
Pomodoro canestrino di Lucca
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro canestrino ha la tipica forma a canestro con solcature più o meno pronunciate. La polpa è soda e con ottime caratteristiche organolettiche: poco acida e con elevato contenuto zuccherino.
Territorio interessato alla produzione
Utilizzato per il consumo anche in altre parti della Toscana, province di Lucca e Pisa.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Coltivato prevalentemente in pianura, in terreni limoso-sabbiosi, necessita di terreni ben drenati e con fertilità abbastanza elevata, oltre che di un’abbondante concimazione organica. La coltivazione viene effettuata sia in pieno campo che in serra. In quest’ultimo caso la pianta risulta molto sensibile al marciume apicale. Il periodo di raccolta va da giugno ad ottobre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Viene utilizzato sia per preparare salse sia in insalata, a maturazione non completa.
Produzione
Il pomodoro canestrino viene coltivato ormai solo da pochi produttori delle province di Pisa e di Lucca. Alcune aziende producono le piantine con i semi locali reperiti dagli agricoltori che lo coltivano. Si stima una produzione annua di 2500 quintali (500 nella provincia di Pisa, 2000 in quella di Lucca). La commercializzazione avviene prevalentemente in zona, sia per vendita diretta sia per vendita ai negozi locali, soprattutto nel pisano; il pomodoro prodotto nella provincia di Lucca, in piccola percentuale, viene destinato ai mercati del resto della regione.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b136
Vegetali
Pomodoro ciliegino toscano
Descrizione sintetica del prodotto
Pomodorino tondo, piccolo con buccia fine “da serbo”.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno, dintorni di Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La pianta, ad accrescimento indeterminato, viene trapiantata in giugno e produce frutti tondi e piccoli con buccia più fine del pomodoro pendolino. Richiede normali trattamenti a base di rame. Si distinguono due tipi: • quello col “puntino sotto” (leggera escrescenza apicale) • quello senza puntino, liscio. Il frutto si conserva appeso in locali arieggiati per l’inverno, ma ha minore durata del pendolino.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
È un pomodoro dalla buccia sottile e dal sapore leggermente più acido del pendolino. Si conserva relativamente poco. Viene consumato fresco per guarnizioni, antipasti, insalate di riso.
Produzione
Nel Valdarno varie aziende producono questo pomodoro, di queste solo due hanno dimensioni e quantitativi di produzione rilevanti. Si stima un quantitativo medio annuo di circa 10 q ai quali va aggiunta una produzione di tipo hobbistico che non è quantificabile.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b137
Vegetali
Pomodoro costoluto fiorentino Pomodoro rosso da conserva
Descrizione sintetica del prodotto
Elemento caratteristico della bacca sono le costole, le cui pareti spesso rientrano anche di molto all’interno del frutto, dando origine alla tipica conformazione da cui prende il nome questo ortaggio. La polpa interna, omogenea e abbastastanza consistente, è molto rossa, succosa, saporita e aromatica. La bacca è ottima per il consumo fresco, ma si presta bene anche alla preparazione di sughi (previa scottatura e spellatura).
Territorio interessato alla produzione
Tutta la Toscana.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Seminato nel periodo marzo-aprile in semenzaio, viene messo a dimora ai primi di giugno; la maturazione dei frutti avviene da metà agosto in poi. La pianta è ad accrescimento indeterminato. La potatura verde è sconsigliabile per non ridurre ulteriormente la biomassa e quindi la produzione unitaria, scarsa di per sé; altrettanto poco indicata è la somministrazione di fitoregolatori, viste le semine tardive. Per la coltivazione tale varietà richiede terreni di buona fertilità e abbondante irrigazione. La produzione è elevata e continua fino ai primi freddi autunnali. Pur essendo sensibile a malattie fungine, pochi trattamenti a base di rame riescono a scongiurare danni gravi. Per quanto riguarda i fitofagi, il pomodoro costoluto fiorentino resiste bene sia agli afidi, sia al ragno rosso. La sua rusticità infine permette una buona resistenza alla fusariosi e alla verticillosi. È soggetto ad attacchi peronosporici, pertanto la coltura va seguita ed effettuati gli eventuali trattamenti. La raccolta si fa a mano, riponendo i pomodori in cassette. La conservazione avviene in locali coperti e ben aerati allo scopo di prevenire lo svilupparsi di muffe che nuocerebbero all’intera
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v137
produzione. Per la produzione del seme si individuano le piante più belle e si scelgono i frutti migliori dei primi palchi, che vengono fatti maturare sulla pianta. I semi si lasciano asciugare nel succo gelatinoso che ne inibisce la germinazione. Successivamente si conservano in ambienti asciutti. Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Produzione
Pomodoro costoluto fiorentino
La polpa del pomodoro costoluto ha un sapore e una tale consistenza da favorirne il consumo sia fresco in insalata sia trasformato in conserve. La tecnica colturale, pur potendosi avvalere dei moderni apporti agro-fitopatologici, non ha subito grosse modifiche, dal momento che la produzione è a carico di piccoli agricoltori che preferiscono per lo più metodologie tradizionali, del tutto idonee alla coltivazione di questa varietà. Si stima un quantitativo annuo di circa 170 q anche se non vi è la certezza che tale produzione provenga da sementi autoriprodotte o da ibridi. Nella provincia di Firenze, nei comuni di Reggello, Scarperia, Figline Valdarno e San Casciano al di Pesa, ci sono alcuni hobbisti che utilizzano il seme autoriprodotto, ma non è stato possibile stimare la quantità che viene effettivamente messa in commercio. Nell’aretino, nei comuni di Montevarchi, Talla, OrtignanoRaggiolo, Castiglion Fiorentino, sono circa quattordici i produttori di pomodoro costoluto fiorentino; la loro produzione complessiva è dell’ordine dei 500 q all’anno. Questa varietà, a causa delle sue qualità organolettiche, è presente generalmente sui mercati di tutto il territorio toscano.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b138
Vegetali
Pomodoro cuore di bue Bovaiolo
Descrizione sintetica del prodotto
Il frutto è grosso e irregolare (raggiunge mediamente un peso di 300-400 g), con buccia liscia di colore lilla. La polpa è carnosa, di consistenza simile a quella del cachi, molto saporita e aromatica, quasi piccante, con pochissimi semi.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno superiore aretino e dintorni di Firenze, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ha un ciclo primaverile-estivo e si semina più tardivamente rispetto alle altre cultivar. Il trapianto in pieno campo viene effettuato nel mese di maggio su terreno lavorato e ben concimato con sostanza organica. L’irrigazione è indispensabile sia nel periodo post trapianto, sia nella fase successiva, anche se sono preferibili apporti moderati al fine di evitare marciumi del colletto (a cui la pianta è molto sensibile). Pur essendo facilmente attaccabile da malattie fungine, pochi trattamenti a base di rame scongiurano gravi danni apportati da tali agenti. Per quanto riguarda i fitofagi, il pomodoro cuore di bue resiste bene sia agli afidi che al ragno rosso. La sua rusticità infine permette una buona resistenza alla fusariosi e alla verticillosi. La raccolta viene effettuata manualmente con l’impiego di cassette. La conservazione avviene in locali coperti e ben aerati. La manipolazione dei frutti deve essere particolarmente delicata in quanto le bacche sono soggette ad ammaccature che compromettono la facilità di conservazione del prodotto.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tecnica produttiva è rimasta invariata nel tempo. Il prodotto si distingue per le inconfondibili qualità organolettiche, accompagnate da una manifesta rusticità.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v138
Produzione
Pomodoro cuore di bue
La produzione di questo pomodoro è stimabile in circa 10 q l’anno: le aziende che lo coltivano sono quattro, anche se si possono contare molti hobbisti che lo producono solo per autoconsumo.
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b139
Vegetali
Pomodoro marmande
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro marmande è una cultivar che dà frutti di colore rosso intenso, schiacciati e prevalentemente lisci.
Territorio interessato alla produzione
Coltivazione rara e limitata per lo più ad orti familiari, in tutta la Toscana.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Pianta ad accrescimento semideterminato, il pomodoro marmande si coltiva in pianura ed è adatto a differenti tessiture di terreno; non richiede terreni particolarmente fertili e drenati.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Utilizzato per la preparazione di conserve, sughi e salse, si presta poco al consumo fresco.
Produzione
Il pomodoro marmande non è commercializzato; viene prodotto solo da hobbisti che per passione ne hanno conservato il seme puro.
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b140
Vegetali
Pomodoro pallino Pomodoro da serbo
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro pallino ha forma sferica e nella parte opposta al picciolo presenta un’escrescenza apicale molto accentuata. Il colore è rosso intenso, la polpa soda e non deliquescente. Ha sapore acidulo e odore molto intenso; le pezzature vanno dai 30 ai 40 grammi. Si presta bene ad essere conservato fino ai mesi invernali, appeso sotto le tettoie (“ciglieri”). Si produce fra agosto e settembre.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Livorno.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
• Acquisto delle piantine da un vivaista locale o per autoriproduzione • Trapianto in file binate verso la prima decade di giugno • Palatura con canne, cui le piante in seguito vengono legate • Preparazione del terreno: aratura profonda e successivo affinamento effettuato con estirpatori o frese • Difesa fitosanitaria con prodotti a base di rame, di Bacillus thuringensis e di piretro • Raccolta manuale • Legatura manuale • Conservazione in locali coperti e arieggiati, generalmente appeso sotto delle tettoie • Consumo nei mesi invernali
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Piantine acquistate o autoprodotte • Canne per la palatura • Prodotti a base di rame, di Bacillus thuringensis e di piretro • Locali per la conservazione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina v140
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del pomodoro pallino risiede sia nella particolarità della cultivar, sia nella tecnica di conservazione: si presta ad essere conservato a lungo, fino ai mesi invernali. Nel livornese è frequente vedere le “filze”, ovvero i grappoli di questi pomodori piccoli, rossi e tondi appesi sotto le tettoie delle case di campagna, i cosiddetti “ciglieri”. Soprattutto in passato questo tipico metodo di conservazione costituiva un simbolo caratteristico del paesaggio rurale, frequentemente fotografato o dipinto per l’armonia dei colori e delle forme. Il pomodoro pallino era molto usato nell’alimentazione dei contadini, che lo strofinavano sul pane in inverno; si dice che i medici consigliassero le “freghe” (fette di pane con pomodoro “da serbo”), come ricostituenti per pazienti debilitati. Oggi è coltivato solo per autoconsumo o per la vendita nei mercati locali.
Produzione
Gli agricoltori che coltivano ancora questa varietà sono ormai pochi e quelli da cui è possibile rinvenire il seme, mantenuto da anni tramite autoproduzione, sono solo quattro. Il prodotto viene destinato esclusivamente all’autoconsumo, non viene venduto.
Pomodoro pallino
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b141
Vegetali
Pomodoro pendentino
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro pendentino è un pomodoro da mensa, ha forma tonda e leggermente allungata, colore rosso intenso e consistenza dura. Molto saporito, ha diametro sui 3-4 cm. Si produce da luglio a ottobre.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Lucca.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
• Produzione del seme in azienda: selezione dei pomodori sani dei primi palchi e relativa strizzatura; i semi vengono messi ad asciugare e poi conservati in barattoli di vetro • Semina in semenzaio intorno al 20 di marzo • Copertura in tunnel delle giovani piantine • Trapianto manuale intorno al 15 maggio • Aratura leggera (circa 35-40 cm) • Utilizzo di canne per il sostegno con un sesto di impianto di 70 cm nell’interfila e 80 tra le due palature. • Concimazione di fondo • Somministrazione di potassio al raggiungimento del primo palco • Lotta fitosanitaria: eventuali trattamenti contro la peronospera e altre malattie fungine • Raccolta scalare: avviene manualmente da fine luglio a settembre • Sistemazione del prodotto in cassette e trasporto in locale arieggiato
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Seme e piantine autoprodotte in azienda • Semenzaio e tunnel per l’ottenimento delle piantine • Canne per il sostegno • Prodotti per il diserbo (antiperonosporici) e la concimazione (stallatico, nitrato ammonico o nitrato di calcio, potassio)
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v141
• Cassette per l’imballaggio • Locale arieggiato per lo stoccaggio Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è costituita sia dalla particolarità della cultivar sia dalla tecnica di produzione. Il pomodoro pendentino infatti, noto per la consistenza, la forma particolare e per il sapore, ben si presta ad essere consumato fresco con pane e olio. La tecnica di produzione si è trasmessa nel tempo grazie a quei produttori che custodiscono molto gelosamente il seme. Una volta, dopo la raccolta, si usava appendere i pomodori su rami di salice molto flessibili. L’attenta autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Viene consumato nel brodo, nei minestroni e in insalata, e spesso in padella con l’uovo.
Produzione
Questo particolare pomodoro si produce a fini commerciali in un’unica azienda di San Quirico di Moriano; forse esiste anche qualche altro piccolo produttore ma a livello hobbistico. Spesso il pomodoro pendentino viene confuso con altri ibridi, ma in realtà la sua diffusione è limitata dalla scarsa produttività: se ne producono 20 quintali l’anno, commercializzati in zona tramite vendita diretta in azienda e per mezzo di rivenditori ortofrutticoli locali.
Pomodoro pendentino
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b142
Vegetali
Pomodoro pisanello
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro pisanello ha forma più schiacciata rispetto a quella di un pomodoro normale da mensa; presenta costolature, colore rosso brillante, ha un sapore dolciastro e al tempo stesso acidulo. Ha polpa soda e poco deliquescente, con un forte odore di fruttato e pezzature in genere dai 70 ai 130-150 grammi. Si produce da giugno a settembre.
Territorio interessato alla produzione
Province di Livorno e Pisa.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. • Acquisto delle piantine da un vivaista locale o produzione delle piantine direttamente in azienda • Trapianto, verso la metà di marzo, in tunnel freddi adguatamente ombreggiati per evitare le scottature estive; in pieno campo nella seconda-terza decade di aprile • Sesti d’impianto (nei tunnel): distanza sulla fila di 40 cm, tra le file la distanza è 90 cm-1m; il sostegno utilizzato è uno spago di nylon intorno al quale vengono legate le piantine durante la crescita • Sesti d’impianto (in pieno campo): file binate e palatura con canne alle quali le piante in seguito vengono legate • Preparazione del terreno: aratura profonda e affinamento effettuato con estirpatori e frese • Concimazione organica con circa 300 q/ha di letame oppure concimazione di base con concime ternario, successivamente integrata con fertirrigazioni • Lotta fitosanitaria: si utilizzano di solito prodotti a base di rame, insetticidi a base di Bacillus thuringensis ed estratti di piretro contro gli afidi; viene eseguita la lotta contro i nematodi verso i quali la cultivar risulta molto sensibile • Irrigazione durante la fase di maturazione per evitare le spaccature
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v142
• Raccolta manuale • Confezionamento manuale Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• • • • •
Piantine autoprodotte e acquistate dal vivaio di zona Tunnel freddi Prodotti per la concimazione Prodotti per la difesa fitosanitaria Cassette per il confezionamento
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del pomodoro pisanello è data dalla particolarità della cultivar, della consistenza e del gusto. Simile al pomodoro costoluto fiorentino, il pisanello presenta tuttavia costolature del mesocarpo meno marcate. È molto gradito sia dai consumatori locali che dai turisti che affluiscono sulla costa tirrenica dalle altre città toscane per gustare la bruschetta con pomodoro pisanello e olio extravergine di oliva. Si utilizza anche per la preparazione di sughi al pomodoro, molto apprezzati per la minore deliquescenza della polpa. Il pisanello è prodotto sia per l’autoconsumo che per la vendita sui mercati locali (Livorno, Pisa, Piombino). Raggiunge prezzi più alti delle altre tipologie da mensa o di quelle da grappolo.
Produzione
Nella provincia di Livorno si producono circa 1000 quintali di pomodoro pisanello; negli ultimi anni è stata registrata una crescita nella richiesta di questo prodotto che è però molto delicato e poco resistente alle avversità climatiche. La vendita avviene principalmente ai negozianti della zona. Anche nella provincia di Pisa la produzione stimata si aggira sui 1000 quintali.
Pomodoro pisanello
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b143
Vegetali
Pomodoro quarantino Pomodoro antico nostrale
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
Descrizione sintetica del prodotto
È un pomodoro precoce, la cui produzione però dura a lungo. Molto diffuso nel passato, oggi è realmente a rischio di estinzione.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno fiorentino e aretino.
Produzione in atto
A rischio.
Descrizione dei processi di lavorazione
Seminato in cassette da dicembre a febbraio, dopo circa due mesi viene trapiantato a cm 70x70 con sostegni. Normalmente viene sarchiato 2-3 volte e produce precocemente a partire da giugno. Forma 3-4 palchi, di cui il primo molto basso, a 10 cm dal suolo; il frutto è grinzoso, un po’ meno di quello del costoluto fiorentino, con diametro di circa 10 cm; la produzione, circa 7-8 kg a pianta, continua fino alle prime brinate di novembre. Normalmente viene trattato due volte con prodotti rameici. Per avere pomodori anche a Natale, si semina a metà maggio e le piante vengono protette da una piccola serra a partire dal mese di ottobre. Per la riproduzione vengono presi i semi dei pomodori più belli del primo palco.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa varietà di pomodoro, ottima per la preparazione delle conserve, pur essendo ricordata da tutti gli agricoltori, purtroppo è stata conservata solo da pochi ed è limitata al circuito del consumo familiare.
Produzione
Il pomodoro quarantino viene prodotto da due sole aziende del Pratomagno. Non è stato possibile rilevarne la quantità prodotta.
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b144
Vegetali
Pomodoro stella Pomodoro pesciatino o del Morianese
Descrizione sintetica del prodotto
Il pomodoro stella è costoluto e leggermente appiattito; ha colore rosso intenso. È molto saporito ed ha una buona consistenza. Le pezzature si aggirano sui 150-200 gr. La produzione va da giugno a ottobre.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Pescia, provincia di Pistoia e provincia di Lucca.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. • Produzione del seme in azienda: selezione dei pomodori sani dei primi palchi e loro strizzatura; i semi vengono messi ad asciugare e conservati in barattoli di vetro • Semina in semenzaio intorno alla fine di aprile-primi di maggio • Copertura in tunnel delle giovani piantine • Trapianto manuale intorno al 10 giugno • Aratura leggera (circa 35-40 cm) • Utilizzo di canne per il sostegno • Trattamenti antiparassitari e concimazioni standard • Cimatura verso la metà di agosto • Produzione di circa 6-7 kg di pomodori per pianta (circa 5 palchi) • Raccolta manuale una decina di giorni prima della maturazione e imballaggio in ceste di vimini • • • •
Seme e piantine autoprodotte in azienda Semenzaio e tunnel per l’ottenimento delle piantine Canne per il sostegno Prodotti per i trattamenti parassitari e la concimazione standard • Ceste di vimini per imballaggio • Cannicci per lo stoccaggio
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v144
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità del prodotto è costituita dalla particolarità della cultivar: il pomodoro stella è famoso per la consistenza, per la forma originale e per il sapore ricco; si presta ad essere consumato fresco sul pane. Una volta, dopo la raccolta, si usava imballare i pomodori in ceste di vimini e stoccarli in stalle sulla paglia. A Pescia erano appoggiati sui cannicci. La gelosa autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Viene consumato nel brodo, nei minestroni e in insalata.
Produzione
Nella provincia di Pistoia il pomodoro stella è un prodotto che sta ormai scomparendo, molti addirittura ne ignorano l’esistenza. La produzione non è quantificabile. Nella zona di Lucca, invece, la situazione è migliore e si stima una produzione media annua di circa 750 quintali con un solo produttore significativo. La vendita avviene ai negozianti locali o direttamente a privati in azienda.
Pomodoro stella
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b145
Vegetali
Radicchia di Lucca
Descrizione sintetica del prodotto
La radicchia di Lucca è una varietà di indivia scarola dal colore verde intenso e dalla particolare resistenza al freddo.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Piccoli produttori delle province di Lucca, Pisa e Firenze. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Anche se si adatta, sia in pianura che in collina, a tutte le tipologie di tessitura del terreno, sono preferibili terreni mediamente fertili e drenati. Nonostante venga utilizzata la concimazione organica, la radicchia di Lucca non è particolarmente esigente in tal senso; pure le esigenze idriche sono modeste. L’epoca di raccolta va da febbraio ad aprile.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
L’area di origine è la provincia di Lucca, la quantità prodotta è molto bassa. Viene utilizzata sia cruda in insalata che cotta.
Produzione
La radicchia viene prodotta da un’unica azienda in piccole piantine che vengono poi rivendute ai vari agricoltori e hobbisti della zona. In Lucchesia gli agricoltori che coltivano la radicchia sono tutti soci della Cooperativa lucchese del mercato ortofrutticolo. Vengono prodotte in media 30.000 piantine l’anno e ciascuna ha una resa di 300-500 gr; la superficie coltivata è di 3000 m2. In Versilia viene prodotta a Capezzano. In totale si può stimare una quantità annua di 90 quintali. La vendita avviene soprattutto in zona, sia a privati che a negozi locali, ma una buona percentuale viene destinata anche ai mercati del resto della regione.
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b146
Vegetali
Rapino di Bergiola Foscalino
Descrizione sintetica del prodotto
Ortiva tipica della cucina invernale. La tipica forma è quella della radice con le foglie, di colore bianco verde e di sapore dolciastro. La radice è più lunga e sottile del comune rapino.
Territorio interessato alla produzione
Provincia di Massa Carrara.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Viene seminato ad agosto, in pieno campo, con seme ottenuto da piante autoctone. La raccolta è effettuata generalmente a mano.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tradizionalità è legata alla tecnica di coltivazione adottata, rimasta immutata nel tempo, all’utilizzo di semi autoctoni e alle particolari caratteristiche organolettiche. La radice è più lunga, sottile e più dolce del comune rapino. Si consuma condito con olio e sale dopo averlo bollito oppure lessato, passato in padella con aglio e carne di maiale, soprattutto salsiccia, e accompagnato con vino locale.
Produzione
Questo prodotto è coltivato da buona parte delle famiglie del paese di Bergiola esclusivamente per autoconsumo; il quantitativo complessivo è difficilmente quantificabile. Nel mese di novembre a Bergiola Foscalino si tiene, ormai da svariati anni, la Sagra del rapino.
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b147
Vegetali
Rapo del Valdarno Rapo nostrale
Descrizione sintetica del prodotto
Ortiva tipica della cucina invernale, si consuma abbinata al maiale o alle preparazioni in umido dopo averla lessata.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Seminato a spaglio a luglio o a settembre dopo il grano, nei primi mesi produce broccoletti, poi le piante vengono a poco a poco diradate fino a lasciarne una ogni metro, affinché possano formare una bella infiorescenza. Nel rapo nostrale, a differenza di quello convenzionale, l’infiorescenza si sviluppa già prima dell’inverno se è stato seminato a luglio. Con la semina di settembre l’infiorescenza si forma la primavera successiva. Oltre ai broccoletti vengono utilizzate anche le foglie; le piante lasciate troppo fitte producono poco. Pianta molto rustica, non necessita di irrigazione nemmeno dopo la semina e non viene attaccata da parassiti animali. Alcuni agricoltori usano trapiantare per la riproduzione le piante più belle in una zona isolata oppure in vasi, per evitare incroci. Per l’essiccazione delle silique le piante vengono tagliate sopra il colletto e appese all’aria, capovolte, in zone ombreggiate.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Vengono utilizzate le foglie e le infiorescenze in zuppe, minestre e nelle pastasciutte; tipici sono i rapi rifatti con la salsiccia o con le pietanze in umido; l’uso è limitato al consumo familiare e a un ristretto circuito commerciale.
Produzione
La produzione di rapo del Valdarno si aggira intorno ai 1500 quintali, la maggior parte dei quali viene destinata all’alimentazione del bestiame. In tutto il Pratomagno, il Casentino e la Valtiberina, le aziende che lo producono sono circa un centinaio, fra cui dieci biologiche o in conversione; ci sono poi pochi altri hobbisti.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b148
Vegetali
Scalogno nostrale toscano
Descrizione sintetica del prodotto
Ha colore giallo e dimensioni maggiori rispetto a quello in commercio.
Territorio interessato alla produzione
Si produce nel Valdarno aretino e fiorentino.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Nel Valdarno non viene normalmente riprodotto tramite seme, ma da bulbo; seminato a febbraio, predilige i terreni calcarei e non presenta spiccate esigenze di concimazione (è preferibile quella organica). Più resistente della cipolla alle fitopatologie, normalmente non subisce alcun trattamento; la raccolta avviene a fine luglio primi di agosto e offre pochi problemi di conservazione (anche sotto questo punto di vista è migliore della cipolla).
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Deve la sua tipicità alla cultivar locale. In passato veniva cucinato sotto la cenere, come le cipolle o utilizzato nella preparazione del coniglio in arrosto morto, oppure per preparare i sottaceti.
Produzione
La produzione di scalogno è molto scarsa: c’è una sola azienda che lo produce per la commercializzazione, ci sono poi alcuni hobbisti che lo destinano al consumo familiare. Non è stato possibile stimarne il quantitativo prodotto.
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b149
Vegetali
Sedano nostrale Costolino o sedano di Montevarchi o sedano Marconi
Descrizione sintetica del prodotto
Il sedano di Montevarchi, o costolino, appartiene alla varietà botanica dulce ed è quindi un sedano da coste più piccolo rispetto alle più recenti cultivar. Le foglie sono verde chiaro opaco e poco frastagliate, a costola lunga, molto tenera e croccante. Particolarmente prelibata la parte interna del prodotto, nella quale sono praticamente impercettibili le nervature.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino. L’area pianeggiante del comune di Montevarchi, sui terreni alluvionali adiacenti all’Arno, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. La semina viene effettuata a febbraio oppure a marzo. Con trapianto verso la metà di aprile, l’ortaggio è pronto per la raccolta verso i primi di agosto. La coltivazione nella steccia (terreni dove prima c’era il grano) dà ottimi risultati. Richiede comunque terreni grossi, concimazioni continue e molta acqua. Per l’imbiancamento vengono fasciati, di solito con la carta, circa 15 giorni prima della raccolta, che si fa a mano, asportando le prime quattro coste esterne. Il prodotto viene conservato per poco tempo nei locali aziendali prima di essere avviato alla commercializzazione nei mercati locali. Per la produzione del seme vengono selezionate le piante più belle. Appena spunta lo stocco e nasce il seme, lo si lascia maturare sulla pianta e poi lo si raccoglie e asciuga bene prima di conservarlo in contenitori di vetro. È una varietà poco resistente al freddo e molto gentile, pertanto viene facilmente attaccata dalla peronospora.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questo sedano è molto apprezzato per la costola molto tenera, ottima per il consumo in pinzimonio. Viene impiegato in numerose ricette locali, come i rocchi di sedano con la “nana” in umido o con il pollo del Valdarno in umido, per minestre, ecc.
Produzione
I due principali produttori di sedano nostrale, nella zona di Montevarchi, producono un quantitativo medio annuo di circa 100 q, commercializzati principalmente nei mercati ortofrutticoli dell’area fiorentina.
Sedano nostrale
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Vegetali
Spinacio tipico della Val di Cornia
Descrizione sintetica del prodotto
Le foglie dello spinacio della Val di Cornia hanno un lembo triangolare, rugoso o liscio, di colore verde intenso. Una volta cotto ha consistenza molto spugnosa e un odore poco intenso. Si produce da novembre a marzo.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Attiva. Le varietà coltivate sono Allegro (15%), Gladiator (70%) presente da più di cinquanta anni e Ritmo (15%). Nella rotazione colturale in genere segue un cereale autunno-vernino: la semina avviene a partire dalla fine di agosto fino a dicembre, scalarmente. Si impiegano seminatrici per ortaggi di tipo pneumatico e la semina viene eseguita a file baulate, per favorire lo sgrondo delle acque durante il periodo autunnoinvernale e per ridurre i problemi di tipo fitosanitario. Sono comunque previsti eventuali interventi antiperonosporici e un trattamento diserbante. Si effettua normalmente una concimazione di fondo con un concime ternario cui seguono due concimazioni in copertura con nitrato ammonico. Per il consumo fresco, la raccolta, è manuale. In azienda vengono eseguiti la cernita e il lavaggio; lo stoccaggio avviene in celle frigorifere o all’aperto. Il prodotto viene poi disposto in cassette e trasportato ai mercati locali o alle grandi catene di distribuzione, per i mercati generali e l’esportazione. • • • • •
Sementi acquistate (ibridi) Prodotti per la lotta fitosanitaria e la concimazione Macchina per il lavaggio Cella frigorifera Cassette di legno per lo stoccaggio.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La tipicità dello spinacio della Val di Cornia è legata all’influenza dell’ambiente su questo ortaggio, coltivato in questa zona da 35 anni. Attualmente è uno dei prodotti più diffusi nella zona, insieme al melone e al carciofo; tuttavia negli ultimi anni si è verificata una contrazione della superficie coltivata per mancanza di acqua. La permanenza di questo fattore potrebbe risultare limitante per la diffusione della coltura in futuro e rendere problematico il mantenimento delle attuali superfici coltivate. Con gli anni le tecniche di coltivazione sono migliorate, mediante il controllo delle operazioni fondamentali quali la concimazione e la difesa, al fine di ottenere un prodotto privo di residui chimici, conforme alle attuali norme sanitarie.
Produzione
In tutta la Val di Cornia sono circa ventidue le aziende che producono lo spinacio, per una produzione annua di circa 96.000 quintali. Il fattore limitante la quantità prodotta è dato dalla salinizzazione delle falde presenti che accentua il problema, sempre esistito nella Val di Cornia, di reperimento delle risorse idriche.
Spinacio tipico della Val di Cornia
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Vegetali
Tartufo bianchetto della Toscana Tartufo marzuolo
Descrizione sintetica del prodotto
Il tartufo bianchetto del litorale (Tuber albidum Pico) ha uno strato esterno liscio, di colore tendente al fulvo e una polpa chiara di colore variabile dal fulvo al violaceo-bruno, provvista di numerose venature. Le sue dimensioni sono abbastanza ridotte e di solito non superano quelle di un uovo di gallina. Ha un profumo simile a quello dell’aglio.
Territorio interessato alla produzione
Tutta la regione e in particolare la fascia litoranea. Ai sensi della normativa regionale (art. 15 L.R. 50/95), al fine di qualificare la produzione, è stata istituita la zona geografica di provenienza del tartufo marzuolo del litorale della Maremma grossetana. L’area di diffusione di questo tartufo non è comunque limitata esclusivamente alla fascia litoranea, dal momento che lo si può trovare anche nelle aree collinari interne.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ai sensi della normativa regionale la raccolta è consentita dal 10 gennaio al 30 aprile. Si raccoglie frequentemente lungo le pinete costiere in simbiosi con il pino domestico, in zone collinari interne in simbiosi con querce, pini ecc. ed anche in parchi e giardini in simbiosi con svariate conifere.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
L’operazione di raccolta è effettuata con l’ausilio di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile). La conservazione dei tartufi avviene in frigorifero, in recipienti chiusi.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
In Toscana la raccolta dei tartufi è un’attività tradizionale; già alla fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio la cultura della raccolta del tartufo. L’esistenza di otto associazioni di raccoglitori mostra l’importanza di questo prodotto nella regione e il suo profondo radicamento nel territorio.
Produzione
La produzione del tartufo bianchetto è difficilmente quantificabile. Il prodotto viene generalmente venduto dai raccoglitori ai ristoranti della zona o ai negozianti locali. La raccolta dei tartufi ha in Toscana una forte tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela del tartufo che promuovono la salvaguardia e il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto. A novembre la Toscana è popolata di svariate mostre-mercato del tartufo, organizzate dalle associazioni di tartufai delle diverse zone.
Tartufo bianchetto della Toscana
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Vegetali
Tartufo bianco della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Il tartufo bianco della Toscana (Tuber magnatum pico) presenta uno strato esterno liscio, di colore giallo chiaro o verdino, e una polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare, fini e numerose che scompaiono con la cottura. Ha dimensioni variabili da quelle di una cariosside di mais a quelle di una grossa arancia, al massimo. Emana un profumo forte e gradevole, simile all’odore di metano o a quello del formaggio fermentato.
Territorio interessato alla produzione
L’areale di diffusione comprende alcune zone dell’Appennino nord-orientale e una fascia centrale piuttosto ampia che si estende dal Valdarno inferiore (Pisa, Pontedera) fino al confine con il Lazio (San Casciano dei Bagni). In attuazione della normativa regionale (L.R. 50/95), al fine di qualificare le produzioni sono state istituite cinque aree geografiche di provenienza del prodotto: 1 - Tartufo toscano bianco del Mugello; 2 - Tartufo toscano bianco del Casentino; 3 - Tartufo bianco della Val Tiberina; 4 - Tartufo toscano bianco delle Colline Sanminiatesi; 5 - Tartufo toscano bianco delle Crete Senesi.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Ai sensi della normativa regionale la raccolta è consentita dal 10 settembre al 31 dicembre. Il tartufo bianco si raccoglie sia in un’ampia fascia collinare interna (caratterizzata da una aridità estiva piuttosto pronunciata), sia lungo i corsi d’acqua, nelle valli ombreggiate, nei fondovalle umidi, nei versanti esposti a settentrione, prevalentemente in simbiosi con pioppi, salici, noccioli, farnie, sia in areali appenninici (caratterizzati da clima più umido) in boschi misti di latifoglie caduche, ai margini di coltivi o di ex pascoli, in simbiosi con cerri, carpini, ecc.
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Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
L’operazione di raccolta è effettuata con l’aiuto di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile). La conservazione dei tartufi viene effettuata in frigorifero, in recipienti chiusi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
In Toscana la raccolta dei tartufi ha una tradizionalità piuttosto pronunciata; già alla fine degli anni trenta, infatti, era presente sul territorio una cultura della raccolta del tartufo. La presenza di otto associazioni di raccoglitori mostra chiaramente l’importanza di questo prodotto in Toscana e il suo profondo radicamento nel territorio. Il tartufo bianco si consuma fresco perché non è adatto alla cottura, che gli fa perdere gran parte delle qualità organolettiche.
Produzione
La Toscana si presenta come una regione estremamente vocata alla produzione di tartufi, in particolare il suo territorio risulta molto produttivo nei confronti del tartufo bianco che, da un punto di vista alimentare, è in assoluto il più pregiato fra i tartufi commestibili. La produzione del tartufo è fortemente soggetta alla stagionalità, per questo è difficile indicarne la quantità prodotta. Per il tartufo bianco si stima una produzione che va da un minimo di circa 30 quintali per le annate a produzione scarsa, fino ad un massimo di 330 quintali per le annate di eccezionale produttività. La raccolta dei tartufi ha in Toscana una forte tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela che promuovono la tutela ed il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto. A novembre in Toscana si tengono svariate Mostre mercato del tartufo, organizzate dalle associazioni di tartufai delle diverse zone (la seconda e la terza settimana di novembre a San Giovanni d’Asso, la terza domenica di novembre a Borgo San Lorenzo e a metà novembre a San Miniato).
Tartufo bianco della Toscana
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Vegetali
Tartufo nero pregiato della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Il tartufo nero pregiato della Toscana (Tuber melanosporum Vitt.) ha uno strato esterno nero rugoso con verruche minute, poligonali e gleba o polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche e fini che divengono un po’ rosseggianti all’aria e nere con la cottura. Può avere grandezza variabile da quella di una nocciola a quella di un’arancia. Emana un profumo delicato molto gradevole.
Territorio interessato alla produzione
L’area di diffusione di questa specie riguarda prevalentemente alcune zone delle province di Firenze, Siena e Arezzo nelle quali si trovano affioramenti di calcare. In particolare la sua presenza è stata rilevata sui monti del Chianti, nel Mugello, nella Montagnola senese, nel Casentino e nella Val di Chiana.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ai sensi della normativa vigente (L.R. 50/95) la raccolta è consentita dal 15 novembre al 15 marzo. Presente in boschi radi, presso grosse piante isolate, ai margini di zone boscate, in simbiosi con la roverella, il leccio, il nocciolo, il carpino nero, richiede un’elevata e diretta insolazione del terreno. Le aree in cui alligna sono ben riconoscibili perché prive di vegetazione, e per questo definite “pianelli”.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
L’operazione di raccolta è effettuata con l’ausilio di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto. Essendo le tartufaie situate generalmente in terreni sassosi, ricchi di scheletro calcareo, l’impiego del vanghetto è spesso sostituito da uno zappetto che consente di scavare meglio nel punto segnalato dal cane. La conservazione dei tartufi freschi avviene in frigorifero, in recipienti chiusi.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
In Toscana la raccolta dei tartufi costituisce un’attività tradizionale; già alla fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio la cultura della raccolta del tartufo. A dimostrarne l’importanza e il profondo radicamento nel territorio è la presenza di otto associazioni di raccoglitori. Si tratta di un tartufo che si presta bene alla cottura che ne mantiene le caratteristiche organolettiche.
Produzione
I tartufi sono funghi molto diffusi nell’ecosistema forestale e comprendono specie che differiscono notevolmente per le loro caratteristiche. Si distinguono in specie commestibili e non commestibili; fra quelli commestibili, le diverse caratteristiche organolettiche determinano la suddivisione in tartufi pregiati e in tartufi minori o non pregiati. La Toscana si presenta come una regione estremamente vocata alla produzione di tartufi. La loro raccolta ha una forte tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela del tartufo che promuovono la salvaguardia e il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto. La produzione del tartufo è soggetta a forte stagionalità, per questo è difficile stimare il quantitativo prodotto, dal momenton che i tartufai si presentano restii a dare qualsiasi informazione in materia.
Tartufo nero pregiato della Toscana
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Vegetali
Tartufo nero uncinato della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Il tartufo uncinato della Toscana (Tuber uncinatum Chatin) ha uno strato esterno verrucoso, colore nero e polpa di color cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Questo tartufo è molto simile nell’aspetto al tartufo scorzone, anche se generalmente è di dimensioni più piccole e presenta profumo e sapore più intensi.
Territorio interessato alla produzione
È un tartufo abbastanza diffuso in Toscana, anche se in misura minore dello scorzone, e occupa areali caratterizzati da terreni calcarei. La distribuzione interessa varie province della regione.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ai sensi della normativa vigente (L.R. 50/95) la raccolta è consentita dal 1 ottobre al 31 dicembre. Si raccoglie di preferenza in luoghi freschi che presentano un’umidità costante tutto l’anno, dal momento che è sensibile al disseccamento estivo e non gradisce le stazioni esposte direttamente ai raggi del sole. Matura più tardivamente dello scorzone, nel periodo autunno-invernale, e vive in simbiosi con le stesse piante.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
L’operazione di raccolta avviene con l’ausilio di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile). La conservazione dei tartufi freschi viene effettuata in frigorifero, in recipienti chiusi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
In Toscana la raccolta dei tartufi gode di una tradizionalità piuttosto pronunciata; già alla fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio una cultura della raccolta del tartufo. L’importanza della raccolta di questo prodotto e il suo
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profondo radicamento nel territorio sono chiaramente dimostrate dalla presenza di otto associazioni di raccoglitori. Le caratteristiche organolettiche di questo tartufo, a causa della delicatezza del suo aroma, sono pienamente apprezzabili quando è ben maturo e consumato fresco. Produzione
Tartufo nero uncinato della Toscana
La Toscana si presenta come una regione estremamente vocata alla produzione di tartufi. La loro raccolta ha una forte tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela del tartufo che promuovono la salvaguardia e il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto. La produzione del tartufo è soggetta a forte stagionalità, per questo è difficile stimarne il quantitativo prodotto, dal momento che i tartufai si presentano restii a dare qualsiasi informazione in materia.
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Vegetali
Tartufo scorzone della Toscana Tartufo d’estate della Toscana
Descrizione sintetica del prodotto
Il tartufo scorzone (Tuber aestivum Vitt.), ha uno strato esterno grossolanamente verrucoso, colore nero con verruche grandi, piramidate e polpa dal giallastro al bronzeo, con numerose venature chiare e arborescenti che scompaiono con la cottura. Ha dimensioni variabili da quelle di una nocciola a quelle di una mela. Presenta un tenue e gradevole profumo, leggermente fungino. Meno esigente, rispetto al tartufo nero pregiato, per quanto riguarda le caratteristiche pedoclimatiche, ha di conseguenza una distribuzione più ampia, estesa in pratica a tutte le province della regione.
Territorio interessato alla produzione
Il tartufo scorzone è piuttosto diffuso in tutta la Toscana.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Ai sensi della normativa regionale (L.R. 50/95), la raccolta è consentita dal 1 giugno al 30 novembre. È particolarmente diffuso in terreni calcarei dove sono presenti querceti o pinete artificiali, soprattutto se miste a latifoglie. Si raccoglie prevalentemente sotto le roverelle e i pini neri, ma anche sotto cerri, tigli, lecci e carpini.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
L’operazione di raccolta avviene con l’ausilio di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile). La conservazione dei tartufi viene effettuata in frigorifero, in recipienti chiusi.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
In Toscana la raccolta dei tartufi ha antiche origini; già alla fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio una cultura della raccolta del tartufo. L’importanza della raccolta di questo prodotto in Toscana e il suo profondo radica-
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mento nel territorio sono chiaramente mostrate dalla presenza di otto associazioni di raccoglitori. Le caratteristiche organolettiche di questo tartufo sono pienamente apprezzabili quando è ben maturo; è consigliabile consumarlo fresco, a causa della delicatezza del suo aroma. Produzione
Tartufo scorzone della Toscana
Come per gli altri tartufi, esiste in Toscana una forte vocazione per la produzione di tartufo scorzone, tuttavia non è possibile stimarne il quantitativo prodotto per la riservatezza dei tartufai a dare informazioni di qualsiasi tipo. Molti raccoglitori sono riuniti in associazioni che organizzano mostremercato e sagre nei comuni maggiormente interessati dalla produzione.
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Vegetali
Uva colombana di Peccioli
Descrizione sintetica del prodotto
L’uva colombana è una cultivar da mensa dal chicco rotondo, di colore ambrato a maturazione; ha sapore dolce, molto zuccherino e odore fruttato molto intenso. Non molto soda, in alcuni casi viene impiegata anche per la vinificazione. Viene confezionata in cassette di legno; si produce a settembre.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Pisa.
Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
A rischio. • Sesti d’impianto: due metri tra le file e un metro sulla fila • Nessun intervento di sfogliatura del grappolo per evitare le scottature da sole • Pochi interventi fitosanitari per la particolare resistenza della cultivar alle avversità biotiche di origine fungina • Raccolta manuale nelle ceste • Conservazione fino all’inizio dell’inverno in locali arieggiati (tettoie dette “ciglieri”), appesa, unitamente ad un tralcio, su travi di legno • Confezionamento in cassette di legno • • • •
Barbatelle acquistate Ceste per la raccolta Locale arieggiato (“cigliere”) per la conservazione Cassette di legno per il confezionamento
L’uva colombana è una cultivar che per la sua consistenza e per il contenuto zuccherino si presta ad essere conservata fino all’inizio dell’inverno, in locali arieggiati tipici delle campagne della zona, dove i contadini erano soliti appendere, nei diversi periodi, oltre all’uva anche pomodorini “da serbo” e patate. In passato era conosciuta sui mercati nazionali di Firenze, Genova e Milano, ed esteri della Jugoslavia
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e dell’Inghilterra. La produzione si aggirava intorno ai 600 quintali l’anno. Agli inizi del secolo molte persone (soprattutto da Firenze) si recavano a Peccioli per una settimana, per effettuare “la cura dell’uva colombana” da settembre in poi, perché le erano attribuite proprietà disintossicanti e ricostituenti. A causa dell’introduzione sui mercati delle uve da tavola meridionali, oggi la produzione dell’uva colombana si limita all’autoconsumo. Produzione
Uva colombana di Peccioli
La produzione di uva colombana è ridotta a 200 quintali annui la cui metà è destinata all’autoconsumo, la restante parte è commercializzata nel resto della Toscana tramite l’intervento di grossisti e distributori non locali. Recentemente è stato avviato da una società privata un progetto per la valorizzazione di questo particolare vitigno del quale esistono ormai solo pochi filari. Questa varietà di uva deve il suo nome ad un santo, San Colombano, al quale era dedicata la Sagra dell’uva che un tempo si teneva a Peccioli, nella Val d’Era.
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Vegetali
Zafferano aretino
Descrizione sintetica del prodotto
È una piccola Iridacea, vivace e bulbosa, con bulbo di forma sferica depressa, a tuniche fibrose di colore fulvo. I fiori, 25 per pianta, sono rosso-violacei. Gli stimmi e la parte superiore dello stilo (utilizzata per produrre la spezia) emanano un odore gradevole dovuto alla presenza di un olio essenziale; contengono una sostanza zuccherina ed una colorante derivata da carotenoidi.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Provincia di Arezzo. Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La coltura ha durata di due o tre anni, fino a che i bulbi emergono in superficie; è sconsigliata la monosuccessione per almeno quattro anni, mentre ottimo è l’avvicendamento con foraggere leguminose. Le lavorazioni devono avvenire in profondità ed essere accompagnate con sostanza organica; da evitarsi, invece, l’eccesso di azoto che nuocerebbe alla fioritura. L’impianto si effettua in estate con bulbi posti con la punta rivolta verso l’alto; la fioritura, che dura dieci giorni, ha luogo in ottobre avanzato e può protrarsi fino alla metà di novembre. Le operazioni di raccolta vengono effettuate all’alba a fiore chiuso per 2-3 ore, per un periodo di circa 15 giorni. Segue l’asportazione degli stimmi che vengono fatti essiccare in setacci di tela esposti a calore irradiato da brace di carbone. La tostatura, che viene ripetuta per più giorni, è determinante per la qualità del prodotto. Si ottengono 10 kg di stimmi secchi per ettaro e un kg di stimmi secchi si ricava da circa 120.000-155.000 fiori.
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
• Locali tradizionali per la lavorazione • Setacci di tela • Eventuale forno
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La coltura dello zafferano venne importata nella zona da un frate domenicano nel Quattrocento. La tecnica produttiva è rimasta pressoché invariata rispetto a quello originaria.
Produzione
C’è un solo produttore di zafferano nella provincia di Arezzo; non è stato possibile rilevare il quantitativo prodotto.
Zafferano aretino
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Vegetali
Zafferano della provincia di Siena Oro rosso, croco
Descrizione sintetica del prodotto
Lo zafferano è una spezia che si ricava dai pistilli, filamenti molto fini e di colore rosso-bordeaux, del fiore del Crocus sativus. Viene generalmente commercializzato in fili, oppure in polvere dal colore giallo intenso.
Territorio interessato alla produzione
Si produce in tutta la provincia di Siena, in particolare a San Gimignano e nei territori dei comuni della Val d’Elsa.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
A rischio. I bulbi del Crocus sativus vengono piantati a fine agosto. Tra settembre e ottobre il fiore viene raccolto manualmente e, sempre a mano, i pistilli vengono estratti e adagiati su un panno. L’essiccazione dei pistilli può aver luogo su un setaccio posto accanto a un braciere, in forno a 180°C, al sole o per mezzo di una fiamma. Una volta secchi, i pistilli vengono sminuzzati e stoccati in barattoli di vetro, in attesa del confezionamento in porzioni molto piccole. Si produce tra settembre e ottobre. • • • • •
Locale tradizionale di lavorazione Panno per disporre i fiori del croco Setaccio Braciere o forno per l’essiccazione Barattoli di vetro per lo stoccaggio
La tradizionalità dello zafferano è legata sia alla cultivar, originaria delle Marche e degli Abruzzi, ma presente nella provincia di Siena sin dai tempi più remoti, sia alla particolarità delle tecniche di lavorazione, tramandate sin dal Duecento. La raccolta deve essere effettuata rigorosamente a mano, poiché il pistillo del fiore è molto delicato e verrebbe danneggiato da una raccolta meccanica, e altrettanto
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manuale è lo sminuzzamento; l’essiccazione su panni esposti al fumo di un braciere o di un forno a legna, oppure direttamente al sole, è responsabile del particolare sapore della spezia. Lo zafferano è un prodotto “di lusso”, i cui costi elevati dipendono dalla particolare lavorazione, che richiede tempo, attenzione e la manualità di persone esperte. Produzione
Zafferano della provincia di Siena
Lo zafferano della provincia di Siena viene coltivato da vari produttori dei Colli senesi, della Val d’Orcia e della Val d’Elsa, molti dei quali sono riuniti in forma associativa. Negli ultimi tre anni la produzione è aumentata, si notano margini positivi sia in termini di numero di aziende produttrici che di quantità prodotta per azienda. Il fattore che sembra ostacolare maggiormente la crescita produttiva dello zafferano è la difficoltà nel reperire manodopera per la raccolta del prodotto, che è particolarmente laboriosa e stancante. La distribuzione del prodotto avviene nella zona, dove i principali acquirenti sono i privati, direttamente in azienda, i piccoli negozianti e i ristoratori, ma anche, in minor misura, all’estero (Europa e Stati Uniti). Allo zafferano di Siena viene dedicata una manifestazione che si tiene a San Gimignano nel mese di ottobre, al cui interno si svolge un convegno dal titolo “Giallo come l’oro”.
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Vegetali
Zucca da semi toscana Zucca da maiali
Descrizione sintetica del prodotto
Questa zucca viene utilizzata quando è matura come alimento per i maiali, ma la pianta è un’ottima produttrice di fiori per le fritture.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Si semina da metà aprile a metà maggio, mettendo uno o due semi in ogni buca, dopo buona concimatura con letame maturo. Le file devono essere distanti almeno un metro. Dopo circa 10 giorni fuoriesce la piantina che sviluppa un tralcio molto lungo, fino a 7-8 m. Produce molti fiori e almeno 10-15 zucche per pianta. Per la riproduzione vengono utilizzate le zucche più belle i cui semi vengono fatti seccare all’aria e conservati in luoghi asciutti e riparati.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Questa zucca produce una abbondante quantità di fiori ed oltre ad essere utilizzata quando è matura come alimento per i maiali, viene apprezzata dagli ortolani proprio per la produzione di fiori. Questi vengono fritti oppure cucinati ripieni con carne, pane e latte (topini); possono essere utilizzate in cucina anche le zucche immature piccole e tonde, lessate, oppure a “buglione” (con pomodoro e odori).
Produzione
La zucca da semi viene coltivata solo a livello hobbistico, la sua produzione non viene commercializzata ma è rivolta unicamente al consumo familiare.
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Vegetali
Zucca lardaia
Descrizione sintetica del prodotto
Zucca di forma allungata (a volte si piega ad arco e certe volte forma addirittura un cerchio), raggiunge la lunghezza di circa un metro, con un diametro di 15-20 cm; il peso medio si aggira sui 5-6 kg. Ne esiste un tipo di forma rotondeggiante che raggiunge pesi sui 20-25 kg. Il colore esterno è giallo-arancione; la polpa, di colore arancione, ha sapore dolciastro. Si consuma d’inverno per la preparazione di contorni e primi piatti.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno e area fiorentina, province di Siena, Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
Il periodo di semina è ai primi di maggio, necessita di terreni fertili e ben concimati (è preferibile la concimazione organica); la distanza di semina è di 2 m tra le file e 2 m nella fila: questa zucca infatti sviluppa un tralcio di 5-6 m. Per la crescita ha bisogno di un’abbondante irrigazione e porta a termine non più di due zucche sul tralcio principale e altre due più piccole sui tralci secondari.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Per la riproduzione vengono scelte le zucche più belle, i cui semi sono messi a seccare e poi conservati in vasetti di vetro. Nella preparazione tipica viene fritta e poi rifatta con la conserva di pomodoro; ottima anche per la preparazione di risotti con un soffritto di cipolla.
Produzione
La maggiore presenza di zucca lardaia è nella provincia di Arezzo dove ci sono circa 10 aziende che la coltivano a scopi commerciali e alcuni hobbisti che non vendono il prodotto. La produzione annua si aggira intorno ai 50 quintali.
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Vegetali
Zucchina lunga fiorentina Zucchino fiorentino rigato bianco, Zucchina bianca del Valdarno
Descrizione sintetica del prodotto
La zucchina lunga fiorentina ha forma allungata, colore dal verde chiaro al verde scuro con diverse sfumature e presenta costole longitudinali molto pronunciate. Viene raccolta e messa sul mercato con il fiore, che resta inalterato a lungo.
Territorio interessato alla produzione Produzione in atto
Valdarno aretino (Arezzo) e provincia di Firenze.
Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. Si semina da maggio a luglio direttamente in campo, in rotazione con altri ortaggi, e la raccolta inizia dopo circa 40 giorni; per mantenere la sua serbevolezza e le ottime caratteristiche organolettiche è necessario che la maturazione avvenga ad estate inoltrata, senza forzarne il ciclo produttivo. L’irrigazione è indispensabile nel periodo post trapianto, mentre gli apporti idrici successivi devono essere limitati, in modo da ottenere un frutto “burroso” e saporito. Per anticipare la produzione si può seminare in serra verso i primi di marzo per trapiantarla a fine aprile sotto tunnel da scoprire. La produzione è favorita da una buona concimazione organica di fondo e minerale alla rincalzatura. La raccolta si fa a mano e risulta particolarmente onerosa perché la fruttificazione è scalare. Il prodotto si conserva per poco tempo nei locali aziendali prima di essere avviato alla commercializzazione sui mercati locali. Per la produzione del seme si scelgono le piante migliori e su queste viene lasciato il terzo zucchetto, con eliminazione dei primi perché piccoli o malformati e di quelli successivi. Le piante da seme vengono lasciate in campo finché muoiono e le zucche diventano gialle. Il seme si raccoglie dalla zucca matura e lasciato asciugare per essere conservato in contenitori di carta o di vetro.
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Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Il frutto, molto apprezzato per il sapore e la consistenza tenera della polpa, viene raccolto ancora piccolo (15-20 cm), di mattina presto e con il fiore ancora aperto, caratteristica che lo differenzia da altri zucchini. Ricette: zucchine fritte con i fiori, zucchine trifolate, buglione di zucca.
Produzione
I produttori di zucchina lunga fiorentina che utilizzano sicuramente sementi autoriprodotte sono tre nella sola provincia di Firenze e la quantità che immettono sul mercato è di circa 5-10 q l’anno. Dai dati forniti dal Mercafir si stima comunque un quantitativo annuo di 2400 q anche se non vi è la certezza che tale produzione provenga da sementi autoriprodotte o da ibridi. Anche nell’aretino, soprattutto nei comuni di Montevarchi, Figline Valdarno e Castiglion Fiorentino, la produzione raggiunge alti livelli, circa 200 q l’anno grazie a venti aziende e ad alcuni hobbisti.
Zucchina lunga fiorentina
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Vegetali
Zucchina mora pisana
Descrizione sintetica del prodotto
Zucchina di buone dimensioni, di colore verde scuro con lenticelle più chiare. Viene venduta con il fiore ancora aperto.
Territorio interessato alla produzione
Province di Pisa e Lucca.
Produzione in atto Descrizione dei processi di lavorazione
Attiva. È una zucchina molto tollerante alle virosi e all’oidio. L’epoca di raccolta va da maggio a ottobre.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
La caratteristica principale della zucchina mora pisana è quella di arrivare al consumo fresca e con il fiore – molto resistente all’appassimento – ancora aperto. Si tratta probabilmente di una selezione locale della zucchina genovese. La zucchina mora pisana tiene molto bene la cottura e rimane consistente, pertanto la si utilizza per la preparazione di minestre.
Produzione
La zucchina mora pisana viene coltivata in due aziende della provincia di Pisa, nelle località di Crespina e Molina di Quosa. Sono moltissimi gli hobbisti che la producono per autoconsumo anche se, quando la produzione è buona, la portano nei banchi al mercato o nei negozi di frutta e verdura locali. Si stima una produzione annua di circa 500 quintali. Il prodotto è destinato sia all’autoconsumo che alla vendita a negozi e mercati locali. La zucchina mora pisana, un tempo presente anche in Lucchesia, oggi viene coltivata soltanto in provincia di Pisa.
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Vegetali
Zucchina sarzanese
Descrizione sintetica del prodotto
Zucchina di piccole dimensioni, liscia, di colore verde chiaro.
Territorio interessato alla produzione
Versilia, provincia di Lucca.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
La pianta è molto produttiva e viene coltivata in pianura vicino al mare. È molto suscettibile all’oidio.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
L’epoca di raccolta va da maggio a ottobre. Viene utilizzata nei modi classici: lessata, fritta, trifolata e per la preparazione di frittate.
Produzione
La zucchina sarzanese è conosciuta in Lucchesia anche sotto il nome di “genovese”. Non ci sono produttori professionisti ma soltanto qualche hobbista, per questo non è possibile stimarne il quantitativo prodotto. Un tempo la zucchina sarzanese era molto più diffusa, poi è stata soppiantata da altre varietà simili come la alberello di Sarzana, più resistente e più produttiva.
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Vegetali
Zucchina tonda fiorentina
Descrizione sintetica del prodotto
Frutto dal sapore molto delicato, rotondo, con buccia tenerissima di colore verde salvia chiaro, liscia.
Territorio interessato alla produzione
Valdarno e area fiorentina, province Arezzo e Firenze.
Produzione in atto
Attiva.
Descrizione dei processi di lavorazione
I tempi di semina sono gli stessi dello zucchino fiorentino lungo: con semina ai primi di marzo, inizia a produrre da maggio. Richiede terreni ben concimati. Esistono due tipi di comportamenti della pianta: • la pianta produce un solo tralcio lungo 4-5 m ed è meno produttiva; • la pianta forma 4-5 tralci più corti ed ha produttività maggiore. Costituendo “una popolazione”, i due tipi di piante nascono mescolate. Molto sensibile all’oidio e alle virosi, la coltura va attentamente seguita. Il frutto viene venduto senza fiore.
Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive
Si utilizza solo il frutto per preparare zucchini ripieni, risotti e fritti. La produzione è rivolta al consumo familiare e ai circuiti commerciali.
Produzione
La produzione della zucchina tonda fiorentina nella provincia di Arezzo è stimabile in 10 quintali l’anno. In totale, insieme alla provincia di Firenze la produzione si aggira intorno ai 30 quintali.