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PARTE TERZA
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Il leone sul lago di Marco Foppoli Da segno di fazione ad emblema del Comune: storia, evoluzione ed iconografia dello stemma di Salò nel corso dei secoli.
Salò fu la capitale della Magnifica Patria della Riviera, la federazione di 36 Comuni gardesani costituitasi già nel 1334 negoziando la sua dedizione a Venezia come protettorato; ai Visconti nel 1350, la Riviera tornerà definitivamente alla Serenissima nel 1432 in un rapporto privilegiato che la mantenne sino al 1797 come “Terra separata da Brescia”1. A Salò si riuniva il suo Consiglio Generale e risiedevano il Provveditore e Capitano della Riviera, un patrizio veneto rappresentante in Terraferma della Serenissima, comandante delle forze di terra e di lago e giudice penale, ed il Podestà, magistrato nelle cause civili, nobile bresciano inviato dalla città di Brescia e per questo inviso ai salodiani, di cui si contestava spesso l’autorità con sgarbi protocollari e ricusazioni2. Sino al 1878 il leone dello stemma salodiano afferrava non il ramoscello d’ulivo ma un giglio, un emblema alludente, più che al sempre avversato legame con Brescia, alla partitanza guelfa del Comune affermatasi stabilmente dai primi anni del Trecento e culminata nel 1322 con l’omaggio della Riviera a Roberto d’Angiò3; una simbologia politica distintiva di molti stemmi antichi dei Comuni del Garda raffiguranti simboli guelfi come Maderno, Padenghe, Polpenazze, Puegnago e Toscolano, così come nel Bresciano più in generale ove il guelfismo viscerale di origine medioevale si era poi evoluto alla fine del Quattrocento nel forte sentimento di militanza filo-veneziana che manteneva tuttavia i precedenti emblemi di partitanza medioevali. La figura principale dello stemma, il leone, aveva maturato una forte connotazione di simbolo guelfo già nelle guerre con gli imperatori Svevi in contrapposizione all’immagine dell’aquila ghibellina; come scrive Hannelore Zug Tucci “in Italia il leone del duca di Baviera e Sassonia diventò uno dei segni maggiormente usati dalla parte guelfa, tuttavia senza arrivare a costituirne il simbolo unico”4. Proprio l’abbinamento con il giglio adottato dal Comune di Salò rafforzava il messaggio politico dell’insegna utilizzando un altro simbolo caro ai guelfi, parte di quel “bagaglio simbolico” sedimentatosi durante le lotte di fazione. Era un prestito pervenuto dallo stemma degli Angioini re di Napoli, divenuti capi della parte guelfa che, come cadetti della casa reale di Francia, portavano uno scudo azzurro seminato di gigli d’oro e differenziato nel
vertice da un lambello rosso, emblema che i loro aderenti abbreviarono araldicamente nel cosiddetto “capo d’Angiò” da porre al vertice delle proprie insegne. Tuttavia il capo d’Angiò, così tipico dell’araldica tardo medioevale nelle regioni centro-meridionali, in Lombardia non ebbe nessuna diffusione sebbene almeno dalla metà del Trecento - soprattutto nel Bresciano e nella Bergamasca - si può osservare la formazione di una sua variante che fu frequentemente utilizzata dalle famiglie o dalle comunità di parte guelfa. In questa variante il lambello, quel segmento orizzontale dentato presente nello stemma degli Angiò, venne raffigurato sempre più spesso come il “pettine” di un vero rastrello, con i denti appuntiti. Il rastrello diventava così la corruzione naturalistica del più araldico lambello e, associato al giglio – spesso quello di Firenze altra potenza guelfa direttamente coinvolta con suoi contingenti militari negli scontri di fazione che rappresentarono una condizione di guerriglia e conflitto permanenti durante il XIII e XIV secolo nella pianura bresciana -, da noi sarà un segno usato dalle famiglie e dai comuni guelfi. Ma non mancano esempi in cui il rastrello compare in modo autonomo, senza i gigli e, addirittura, in epoca più tarda come nello stemma della Valsabbia e in quello di Orzivecchi, sarà raffigurato ormai come il vero attrezzo agricolo con l’aggiunta del suo consueto manico. Stemmi in cui gli animali sostengono segni guelfi sono tra i più antichi dell’araldica comunale bresciana: pensiamo solo a quelli di Pontevico, Maderno, Orzivecchi e Gargnano. Anche a Salò quindi è ragionevole supporre che i due simboli guelfi per eccellenza come il leone e il giglio fossero la consueta trasposizione araldica del predominio raggiunto dalla fazione. Tuttavia non si è conservato alcun esemplare tardo medioevale dello stemma comunale. Una prima citazione dell’esistenza di un apparato simbolico locale compare infatti solo nel celebre Ordo funerum del duca Gian Galezzo Visconti dove si elencavano le insegne - vexilla et armis – dei principali territori appartenenti al Ducato portate nel suo corteo funebre del 1402; tra queste si trovavano quelle di Salodii cum Riperia Gardae5. Troviamo finalmente il più antico esemplare noto dello stemma salodiano nella canonica del Duomo, edificata a cura dell’arciprete Piccinello Dossi nel 14736, dove sulle tavolette del soffitto ligneo sono raffigurati alternati gli stemmi di due vescovi di Brescia, Bartolomeo Malipiero (1457-1464) e Lorenzo Zane (1478-1481), con quello di Salò – al Comune spettava infatti la nomina dell’arciprete - che, in un elegante scudo rinascimentale a testa di cavallo, raffigura in campo rosso un leone d’argento tenente con la sua branca anteriore destra un giglio dello stesso. Campo rosso, figure argento, lo connotano in una diversa colorazione arcaica che si allinea alle oscillazioni nei colori diffuse spesso negli stemmi comunali di area veneta e qui derivata forse in ossequio allo stemma degli Scaligeri - scala argentea su rosso – che avevano esercitato a lungo e a più riprese tra il XIII e XIV secolo la loro signoria su Salò e la Riviera. Un bell’esemplare dello stemma di Salò si trova scolpito sul portale del lazzaretto edificato nei primi anni del Cinquecento; sull’architrave a sinistra si osserva uno scudo a testa di cavallo con un elegante leone con il giglio, qui rivolto verso destra “per cortesia”, in omaggio allo stemma centrale ritenuto il più importante, quello del provveditore Condulmier; a destra infine un terzo emblema dei Fantoni di Salò di cui un membro ricopriva probabilmente la maggiore carica civica cittadina nel momento in cui venne realizzato il manufatto. Il rilievo monocromo non ci consente di capire se già nel Cinquecento fosse stata abbandonata l’arcaica colorazione rossa del campo per l’azzurro; non ci aiuta in questo neppure il Grattarolo nella sua Historia della Riviera di Salò (1599) che dedica qualche cenno araldico per Salò e la Riviera: “La insegna o sia arma di questo Commune è un Leone bianco, rampante, in campo medesimamente bianco (...) Nel mezzo della piazza è una colonna dorica con un S. Marco sopra in forma di leone assai ben fatto, questa è alzata da sette gradi[ni] da un piedestallo, nel quale è scolpito la giustitia, Arma e insegna cosi' della Riviera, come della Vinitiana Repubblica (…)7”. La Riviera infatti portava almeno dal XV secolo come sua insegna territoriale la classica allegoria della Giustizia come donna paludata assisa in trono con spada e bilancia che veniva avvertita come insegna della Vinitiana Repubblica, certo in ossequio alla condizione degli stati d’Antico regime in cui era la funzione giurisdizionale il vero distintivo dell’autorità sovrana. Non al Comune ma alla sua condizione di capitale della Riviera deputata a “render ragione al popolo” rimandava anche lo Stemmario Trivulziano (1450 ca.) attribuendo alla “terra da Salò” uno stemma azzurro con una colomba posata sopra la bilancia della Giustizia8. Il Grattarolo però sullo stemma di Salò si rivela osservatore distratto non riportando la presenza del giglio e descrivendo una colorazione araldicamente molto improba-
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bile, “un Leone bianco, rampante, in campo medesimamente bianco” – desunta probabilmente da qualche esemplare monocromo - che, come vedremo, ingenererà qualche confusione in futuro. Incontriamo la prima insegna salodiana con il familiare campo azzurro nella maestosa tela del controrgano del Duomo dipinta tra il 1601 e il 1605 da Antonio Vasillacchi raffigurante la caduta della manna: nella scena compare un’anfora distinta da un grande stemma azzurro con leone argenteo con nella branca il giglio, emblema che ricordava la committenza comunale dell’opera. La conferma di come questa colorazione si fosse ormai stabilizzata si trova nello stemma al centro dell’imponente tela ovale dipinta nel 1617 da Giovanni Andrea Bertanza per il soffitto della sala dei Provveditori nell’attuale palazzo comunale, emblema circondato da una composita iconografia allegorica: Cristo in Gloria, San Marco, San Carlo Borromeo, la Fedeltà, il Consiglio, il dio Benaco coi frutti della Riviera e in basso una suggestiva veduta lacustre di Salò come sorta di “laguna minore” nel mito fedele e felice di una parva Venetia gardesana. Nello stemma al centro, molto deteriorato, si riconosce la figura del leone argenteo in campo azzurro. L’uso dello stemma è ormai consolidato: sulle facciate della porta dell’Orologio si compose a metà Seicento la rituale decorazione araldica con al centro l’emblema di Stato, il leone alato di San Marco, a sinistra quello dei provveditori Carlo Corner e Vincenzo Cappello e a destra lo stemma del Comune9; ancora sulla medaglia celebrativa coniata nel 1781 al termine del mandato del provveditore Agostino Soranzo l’insegna comunale coronava la dedica “In grati animi monumentum consilium Salodii”. Nel Settecento agli stemmi cittadini si affiancherà spesso una simbologia civica parallela d’ispirazione mitologica; allora, come già a Brescia o Orzinuovi, ecco bellezze muliebri divenire allegorie viventi di borghi e territori; una fanciulla paludata nei colori araldici di Salò – azzurro e bianco – nella tela di Sante Cattaneo impersona una procace e bionda Riviera grata al provveditore veneto Marco Soranzo per aver sconfitto i banditi che infestavano il lago. Il ricco apparato simbolico accumulatosi nei quasi quattro secoli di dominio veneto, qui più che altrove, andò in parte distrutto nella dura rappresaglia che puniva la tenace fedeltà veneta di Salò indifferente alla decadenza della Serenissima proclamata unilateralmente dai giacobini bresciani il 18 marzo 1797. L’insurrezione popolare in armi aveva invece respinto gli occupanti francesi e i loro radi accoliti locali restituendo la legittima autorità al provveditore veneto Francesco Cicogna sino al 13 aprile; tuttavia Salò, bombardata dal lago e priva di aiuti da Venezia, doveva capitolare infine il 14 aprile venendo saccheggiata per due giorni da francesi e bresciani che non paghi del solito abbattimento del leone di San Marco (5 maggio) e della fucilazione nella piazza della Fossa dei capi partigiani (27 maggio), si accanirono con una vendetta simbolica tentando di cancellare il nome del borgo sostituito da “Benaco” privandolo inoltre della sua condizione di capitale della Riviera. Come altrove gli stemmi dei provveditori che adornavano l’attuale palazzo comunale vennero abrasi per spregio e i pochi lacerti che oggi rimangono testimoniano l’asprezza della punizione. La memoria del traumatico saccheggio francese ricordata con vividezza per molti decenni da storici e cronisti locali ebbe forse un ruolo inconscio ancora nel 1878 quando il secolare stemma di Salò sarà modificato con delibera del 22 novembre10 con oggetto la “cancellazione del giglio dallo stemma comunale”. Nel testo si affermava che “torna disdicevole al nostro Comune il conservare più a lungo nell’arma municipale il giglio, siccome quello di troppo ha di servilismo ad altra nazione, essendo stato il medesimo emblema dei Re di Francia” per questo il consiglio deliberava di “cancellare il giglio dall’Arma Comunale sostituendo a questo un ramo d’ulivo”. La delibera dimostra tuttavia come si fosse perso il senso originario dello stemma salodiano, un’antica insegna guelfa che aveva raffigurato il giglio - certo usato anche dai re di Francia - perchè nelle lotte di fazione medioevali in Lombardia quel simbolo aveva assunto un significato diverso come segno di fazione. Si è ritenuto addirittura che il giglio fosse stato inserito come segno di sudditanza dal cardinale d’Amboise entrato a Salò il 1 giugno 1509 per prenderne possesso come feudo donatogli dal cugino Luigi XII re di Francia, un aneddoto fantasioso riportato spesso11 ma smentito dall’esemplare più antico dello stemma precedente di almeno trent’anni l’arrivo dei francesi. È certo probabile che questi si siano compiaciuti di quel segno familiare all’apparenza ossequioso, così come il celebre filosofo Montaigne nel 1581 in viaggio in Toscana osservava lusingato lo stemma di Prato seminato di gigli come quello dei re francesi, ritenendolo un antico omaggio alla Francia12 senza intendere che, in realtà, era un’insegna parlante: il campo gigliato alludeva araldicamente al prato, il nome della città.
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Si può ritenere quindi che il giglio nel 1878 venne cancellato dagli stessi salodiani ma solo per aver equivocato l’originario valore simbolico del segno. La sostituzione con un ramo d’ulivo indica la mutata sensibilità simbolica dell’epoca che vagheggiava l’illustrazione dei caratteri locali che saranno sempre più spesso distintivi dell’araldica civica contemporanea. Nella loggia della Magnifica Patria a fine Ottocento con il revival delle virtù patriottiche del nuovo stato unitario a nutrirsi delle particolari glorie civiche passate, verranno dipinti gli stemmi dei principali comuni dell’antica Riviera e per Salò si raffigureranno entrambi gli stemmi quello ormai storico e quello nuovo. Tuttavia per lo stemma storico ci si fidò incautamente delle indicazioni del Grattarolo visto che si raffigurò un improbabile leone bianco in campo bianco senza alcun giglio. Si venne poi a creare un vero e proprio “falso storico” sugli affreschi araldici d’epoca veneta sulla porta dell’Orologio, riscoperti e restaurati dopo il 1890 con l’antico stemma del Comune verso piazza Barbara “modernizzato” dall’aggiunta dell’ulivo, mentre quello sul fronte verso la Fossa, nuovamente, fu colorato alla maniera del Grattarolo: leone bianco in campo bianco13. Nel 1903 nel momento in cui si comporrà lo stemma della Provincia di Brescia, come usava allora, questo venne composto “assemblando” gli emblemi dei suoi centri mandamentali così nell’ultimo quarto dello stemma provinciale verrà inserito il “quarto di Salò”. Nel testo del R.D. del 10 marzo 1904 ove viene blasonato l’emblema provinciale abbiamo la prima descrizione ufficiale dello stemma di Salò: “al quarto di Salò che è d’azzurro al leone d’argento tenente un ramoscello d’ulivo di verde”. Negli anni dell’ormai scorso secolo il secolare “leone sul lago” con nella branca il ramoscello d’ulivo è stato soggetto di innumerevoli raffigurazioni su monumenti, documenti, pubblicazioni sino alle cartoline turistiche che lo hanno consolidato nella sua notorietà iconografica. Tra questi esemplari vorremmo ricordare, almeno tra le attestazioni più rilevanti e significative, l’imponente stemma scolpito posto sullo Scalone d’onore del palazzo comunale, il gonfalone cittadino che lo raffigura così come il dipinto araldico sulla volta della sala degli affreschi a palazzo Broletto di Brescia sede del governo provinciale. L’attuale Amministrazione cittadina ha avviato infine le pratiche per ottenere il decreto di riconoscimento ufficiale dello stemma da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, un atto formale che rappresenta una doverosa attestazione al leone che da più di cinque secoli i salodiani alzano sul Garda come simbolo più eminente della loro storia e libertà civica.
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Gli stemmi del palazzo comunale di Salò di Enrico Stefani
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1. Stemmi della famiglia Cicogna: quello a sinistra rivoltato per creare un effetto simmetrico. Blasonatura: d’azzurro, alla cicogna d’argento.Ubicazione: facciata nord del palazzo del Provveditore. 2. Stemma non identificato, forse variante del blasone della famiglia Badoer. Blasonatura: Di rosso a tre sbarre d’argento. Ubicazione: loggia della Magnifica Patria. 3. Stemma di Pietro Pesaro, provveditore a Salò nel 1521. Blasonatura: Partito cuneato d’oro e d’azzurro. Ubicazione: loggia della Magnifica Patria.
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4. Stemma della famiglia patrizia bresciana Ducco. Blasonatura: Troncato: nel primo d’oro al giglio di rosso, nel secondo d’argento all’aquila di nero. Ubicazione: loggia della Magnifica Patria. 5. Stemma di Francesco Tron, provveditore a Salò nel 1537. Blasonatura: d’oro a tre bande di rosso, con il capo d’oro a tre gigli di rosso posti in fascia. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 6. Stemma di Lorenzo Samuel, provveditore a Salò nel 1536. Blasonatura: losangato di rosso e d’argento. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio.
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7. Stemma di Bartolomeo Morosini, provveditore a Salò nel 1539. Blasonatura: D’oro, alla banda d’azzurro. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 8. Stemma di Alessandro Badoer, provveditore a Salò nel 1540. Blasonatura: di rosso, a tre bande d’argento, sul tutto un leone d’oro rampante e rivoltato. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 9. Stemma di Alvise Balbi, provveditore a Salò nel 1544. Blasonatura: di rosso, alla fascia partita d’oro e d’azzurro. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio.
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10. Stemma di Marc’Antonio Morosini, provveditore a Salò nel 1546. Blasonatura: d’oro, alla fascia d’azzurro. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 11. Stemma di Gerolamo Leoni, provveditore a Salò nel 1547. Blasonatura: d’azzurro, al leone d’oro rampante, con una banda d’argento sul tutto, caricata da tre rose d’oro. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 12. Stemma di Aloisio Magno, provveditore a Salò nel 1549. Blasonatura: di verde, alla banda d’argento caricata da due leoni di San Marco di rosso. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 13. Stemma di Gerolamo Navagero, provveditore a Salò nel 1549. Blasonatura: di verde, a due bande d’argento. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio.
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14. Stemma di Giulio Donato, provveditore a Salò nel 1550. Blasonatura: fasciato di rosso e d’argento di quattro pezzi, con il capo d’argento a tre rose di rosso, poste in fascia. Ubicazione: sala dei Provveditori, fregio. 15. Stemma di Giovanni Erizzo, provveditore a Salò nel 1482. Blasonatura: d’azzurro, alla banda d’argento, caricata da un riccio di nero passante e da una lettera E antica. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette. 16. Stemma della famiglia nobile bresciana Truzzi. Blasonatura: d’azzurro, allo struzzo al naturale reggente un chiodo di nero nel becco. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette.
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17. Stemma non identificato: la lettera C alla destra dello scudo fa supporre che questa fosse l’iniziale del cognome. Blasonatura: fasciato d’argento e d’azzurro di quattro pezzi. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette. 18. Stemma non identificato. Blasonatura: semipartito troncato: nel primo di rosso; nel secondo di nero, nel terzo d’azzurro. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette. 19. Stemma non identificato: la presenza della lettera M alla destra dello scudo fa supporre che fosse l’iniziale del cognome. Blasonatura: d’azzurro al quarto destro in punta di rosso, con due coltelli d’argento posti in croce in capo. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette.
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20. Stemma non identificato. Blasonatura: troncato: nel primo d’azzurro alla fascia d’oro in terza, cuneata e scorciata; nel secondo di nero all’anello d’oro schiacciato in fascia e con una fascia in terza sulla partizione.Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette. 21. Blasonatura: D’azzurro, alla Giustizia al naturale, vestita di rosso, coronata da una corona da città d’oro, reggente una spada nella mano destra e una bilancia nella sinistra dello stesso, assisa su due leoni accucciati, addossati e in maestà d’oro14. Ubicazione: sala dei Provveditori, tavolette.
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Apparato documentario 1. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi, n. 18ter, c. 193. 1482 novembre 3 contratto con Giacomo da Riva per lavori al palazzo del Provveditore. [In occhiello: pacta facta pro fabrica pallatii fienda cum magistro Iacobo murario de Ripa] Prefati domini deputati una cum magnifico domino provisore et capitano, libertatem habentes etc. fuerunt cum quodam magistro Iacobo de Ripa, murario et marengono, pro communitate (lettura incerta) concordium fiendi et concludendi super facto fabricae palatii fiendae, et fecerunt pacta ut infra, videlicet. 1. Pati fati cum magistro Iacobo q. Pasii de Valtrumpia habitatore Ripae, zioé che lo detto magistro Iacobo debia et sia tenuto de pontelar il palazo de la comunità et alzare dove serà bisogno. Item et taliter che esso pallazo remanga choverto come l’è di presente et non sia (segue termine non leggibile) pontellato che sia. Detto magistro Iacobo deba tuor zoso il muro di ditto pallazo a tutta sua spesa, zioé la fazada denanzi secondo al bisogno de sustegnir esso pallazo salvo che per la sala una parte del muro, quello (seguono termini non leggibili) remanga ad sigureza et non si offenda el muro vegio. 2. Item che lo detto magistro Iacobo debia et obligato sia a tuor zoso le altre parte de muro a tutte sue spese (...) lastrigar per fora alo usso va in la casa del capitano (lettura incerta) et sopra il collmo et per prima quello aparerà alla magnificientia del magnifico capitano zioè dal muro di mezzo fino al collmo del pallazo ut supra et il muro (segue termine non letto) sul altro cantone versus mane (...). 3. Item che lo detto maestro Iacobo debia palificare el fondamento largo de braza tre da la parte dananzi, et su li cantoni tanto più quanto aparirà ala magnificientia del molto magnifico capitano et pallificare le altre parte (lettura incerta) dove bisognerà et secundo che apparrà al prefato magnifico capitano prout che lo detto lavorerio sia seguro. 4. Item lo detto magistro debia murare la fazada dananti cum fenestre balchoni, ferate et tuta la altra pariete a tute sue spese et cum quelli quelli fregi ussi come piazerà al prefato magnifico capitano, dal fondamento per su al tetto di esso pallazo et che sia obligato a removere tutto lo apontelamento serà fato al detto pallazo per far li detti muri. 5. Item che la comunità debia dar al detto magistro Iacobo muratore tuti lignami da pontelare, da palificare, piane, quadri, da metter sotto la palifichada del fondamento da far fatto per esso magistro Iacobo, calzina sabion, quadrelli prede, feramenta asse, gradini et altri lignami necessari et (segue termine cassato) et altre cosse per fabricar ut supra. (...) 6. Item che lo detto magistro debia pontelar, far li fondamenti, palificar et murar et (segue termine non letto) la muraglia quae nunc est et reffar de novo a tuta soa spesa ut supra a far li detti muri de largeza come piazerà alla magnificentia del nostro capitano et farli a laude de boni maystri. Item che lo detto magistro debia comenzar a fare lo detto lavorerio immediate post festo nativitatis et (segue termine non letto) lavorar de dii in dii per finir serà compito lo detto lavorerio et questo pro pretio de ducati 57, zioè ducati cinquantasette dico da farli dati hoc modo (lettura incerta) videlicet: ducati cinque quando vegnirà a pontelar et ducati 7 quando haverà tolto zoso il muro che sia da far tolto zoso et sette altri quando luy haverà compido il palificato et il resto la rata secundo al lavorerio luy farà et che dicto magistro debia venir a lavorar luy et doi altri magistri cum li lavoranti necessarii a detti maystri. Et con questo, che la comunità gie debia dar la casa et (segue termine non letto) in la qual luy possa habitar per fino serà compito detto lavorerio. Et questi patti sono sta fati adì suprascritto per et inter detto magistro Iacobo da una per sè et li prefati deputati de la comunità dal altro per sé, coram magnificentia domini capitanei et provisoris (...). 2. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, n. 23, c. 6. 1504 gennaio 16. Il consiglio della comunità stabilisce la decorazione del palazzo del Provveditore e della cancelleria. Omnes dicti domini deputati ordinaverunt et commiserunt antescripto domino sindico quod, nomine et expensis ipsius comunitatis, depingere facere debeat
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insignes seu arma magistri domini capitanei presentis in laudabili et honorabili forma super pariete muri existentis a monte parte sale magne pallatii ressidentie magnificentie suae quodque similiter dipingi facere debeat in cancellarie ipsius comunitatis figura Iustitiae et arma seu insignia aliorum magnificorum dominorum capitaneorum preteritorum cum scudis suis super muris seu parietibus ipsius cancellariae in locis ubi magis videbitur pictori convenire et cum millesimis temporum suorum regiminum, illorum maxime dominorum capitaneorum quorum arma seu insignia non picta fuere super banchis circumdantibus ipsam cancellariam. 3. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, n. 23, c. 9. 1504 febbraio 7. Pagamento a Giovanni da Ulma per interventi nel palazzo del Provveditore e nella cancelleria. Ordinaverunt dicti domini deputati bullettam unam de libris undecim soldis undecim pro magistro Iohanne pictore Teutonico habitatore super territorio Salodii in foliacio infrascripti Bartholomei Bonfadini texaurarii pro resto mercedis suae pingendi armam seu insigne magnifici et clarissimi domini Angeli Sanudi dignissimi capitanei capitanei presentis super pariete muri existentis a monte parte salae magnae pallatii ressidentiae magnificentie suae ac etiam pingendi figuram Iustitiae cum armis seu insignibus aliorum magnificorum dominorum capitaneorum praeteritorum ac certas spalerias super muro et banchis cancelariae communitatis predictae. 4. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi, n. 23, c. 102. 1505 luglio 19. Saldo a Giovanni da Ulma di lavori effettuati nei palazzi della Comunità. Item dicti domini deputati ordinaverunt unam bullettam de libris viginti planetis magistro lohanni Teutonicho, habitatori iuxta Sanctum Bernardinum super territorio de Salodio, in foliacio texaurarii suprascripti pro sua mercede pingendi armam seu insigne magnifici et clarissimi domini Pauli Trivisani, equitis dignissimi Salodii provisoris Ripperieque capitanei, cum quibusdam aliis armis principis serenissimi, Iustitiae et sancti Marci super muro schalae suprascriptae lapidee et cum merlettis sex muri predicti, cum una cornice et quibusdam festonis; item pingendi unam aliam armam suprascripti magnifici domini capitanei in cancellaria communitatis, positam cum auro, et similiter unam aliam armam positam cum auro eiusdem magnifici domini capitanei et unam figuram magnam Iustitiae super pariete salae magnae pallatii suprascripti versus domum illorum de Bertellis. Item pingendi spalerias ad verduras circiter ipsam salam, et unum frisium et spalerias ut supra in camera pallatii posterioris, alias constructa sub regimine quondam magnifici domini Michaelis Boni, in qua de presente stat dominus cancellarius istius magnifici domini capitanei; et similiter pingendi unam figuram virginis Mariae in dieta camera et aliam figuram eiusdem Virginis gloriosissimae super hostium introitus dictae camerae, nec non pingendi etiam spallerias ad verduras ut supra super podiolo a saletta parva pallatii superioris in camerarum suprascriptarum. Ac etiam pingendi cum diversis figuris et floronis armaturam assidum factam circa altare in sala magna pallatii suprascripti de commissione magnifici domini capitanei suprascripti. 5. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi, n. 23, c. 130. 1505 dicembre 30. Saldo a Giovanni da Desenzano per dipinti realizzati nel palazzo del Provveditore. Item dicti deputati ordinaverunt bullettam unam de libris sex planetis magistro loanni pictori de Desenzano in foliacio suprascripti texaurarii pro armis duabus magnifici et clarissimi domini Marci Raymondi, olim dignissimi Salodi provisoris Ripperiaeque capitanei, per eum depinctis, videlicet una in sala magna pallatii magnificentiae suae, cum coloribus finis et auro, et altera super pariete muri schalae lapidee pallatii predicti versus portum, de coloribus tantummodo et fine auro de commissione tunc domini sindici usque de mensis aprilis proximo ellapso. 6. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi, n. 23, c. 204v. 1507 febbraio 27. Pagamento a Giovanni Bastari per opere nei palazzi della Comunità. Item ordinaverunt dicti domini deputati bullettam unam de ducatis duobus au-
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ri magistro lohannino de Bastariis pictori de Sallodio in foliatio ser lacobi Cisoncelli, texaurarii extraordinarii spectabilis communitatis antescripte, pro sua mercede pingendi ad verduras banchum, seu tribunal, factum noviter super sala magna pallatii ressidentiae magnifici domini capitanei, cum arma magnificentiae suae et cum una Iustitia ac uno sancto Marco; item pingendi unam aliam armam eiusdem magnifici domini capitanei super muro dicte salae super altare eiusdem salae. Item pingendi ad verduras ut supra, banchum, seu tribunal, noviter factum pro spectabilibus dominis potestate ac vicario sub logia magna pallatii suprascripti cum Iustitia super eo. Item faciendi quatuor opera pro spectabile domino potestate in ressidentia sua de mense ianuarii proximi ellapsi, ac etiam invernigandi dictas verduras et arma iustitiae et sanctum Marcum cum vernice sua, illasque pingendi omnes cum colloribus suis (...). 7. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 17, c. 126. 1532 giugno 9. Il comune stabilisce l’acquisto della casa della Comunità residenza del podestà. [in occhiello: quod ematur domus spectabilis communitas riperiae et diruatur domus communis] Posita fuit pars haec, facta prius longa disputatione super ea, videlicet: vadit pars quod casu quo spectabilis comunitatis riperie Salodi aut eius spectabile conscilium dare et vendere velit comunis Salodi eius spectabilis comunitatis domum quae est in platea pro residentia magnifici domini potestatis precio librarum mille sibi persolvendarum in tempore competente, pacto quod commune Salodii predictum diruat eius domum posita in platea Salodii ampliorem (lettura incerta) non construendam, quod eo casu dicta domus communis Salodii in platea diruatur quantum (lettura incerta) non diruatur nisi prius habita domo spectabilis comunitatis cum possessione eiusdem. Quibus placet pars predicta ponant balotam suam in busulo albo, et quibus non in busulo rubeo. Datisque et exactis balotis, reperte fuerunt balote triginta quinque pro in busulo albo et viginti octo contra in busulo rubeo et sic optenta fuit predicta pars. 8. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 17, c. 129v. 1532 settembre 26. Il comune dà carico agli eletti per perfezionare l’acquisto della residenza del podestà. Ellecti fuerunt infrascripti ad faciendum, celebrandum ac stipulandum nomine communis Salodii instrumentum emptionis fiendae a spectabile comunitate riperiae Salodii de domo sua quae erat residenti magnifici domini potestatis in contrata plateae seu cum ellectis per dictam spectabilem comunitatem in conscilio suo generali sub die 24 instantis et predicta pro executione partis captae in conscilio generali communis Salodii sub die nono mensis iunii proximi passati cum omnimoda libertate quam habet totum commune Salodii, videlicet dominus Simon Claramondis consul antedictus, dominus Mapheus de Ferrariis sindicus communis Salodii. Item ordinatum fuit quod, facta dicta emptione domus spectabilis communitatis et ipso instrumento stipulato, infrascripti aptare et fabricare facere debeant fonticos in domo predicta videlicet emenda ne commune et incantator fonticorum ac quartarum communis predicti patiantur aliquid damnum ut interessatur (lettura incerta), videlicet dominus Nicolas Marsianus, dominus Iohannes Antonius Taconis, dominus Marcus Bonfadini. 9. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 539, c. 296. 1533 marzo 8. Apposizione delle insegne della Repubblica di Venezia sul palazzo di piazza. Die 8 martii 1533 ordinaverunt quod prefatus clarissimus domino provisor et capitaneus spectabilis dominus Augustinus de Ambrosinis ac dominus sindicus antescripto spectabilis comunitatis Riperie Salodii prefati fieri facere debeant quod magistrum in arte expertissimum, in arte scilicet scolture lapidee, insigne sancti Marci in forma leonis solita scultum de lapide polita in competenti, honorabili et laudabili forma ad honorem et gloriam illustrissimi ducalis dominationis Venetiarum ac insigna seu arma prefati clarissimi domini provisoris ac capitanei spectabilis comunitatis Riperie ac comunis Salodii pur de lapide polito in competenti et laudabili forma sculpta ad honorem, laudem et decorem prefati magnifici et clarissimi domini provisoris et capitanei et in gratificatione et monumentum perpetuum suorum bene gestorum ac dicta insigna poni facere in facie anteriori de domo plateae comuni Salodii empta ab ipsa comunita-
te in loco ubi melius sibi iacere et convenire videbit, cum libertate expendendi de pecuniis ipsius comunitatis prout melius sibi convenire videbitur pro faciendi fieri opus predictum honorabile et decorum nec non ponendi seu poni faciendi in opera honorabili in dicta domo seu super illam horologium seu radiam comunitatis predictae in dicta domo. 10. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 18, c. 9. 1548 febbraio 25. Il Comune delibera la ricostruzione del palazzo comunale. Ulterius prius super his habito conscilio nemine penitus contradicente, ordinaverunt quod domus comunis predicti sita in Salodio a sero parte platee maioris, coheret magister Lutio aromatarius, via et lacus, fabricetur in bona, utili et laudabili forma pro honore et utile dicti comunis et hominum, expensis ipsius comunis et hominum ac prout et quemadmodum placuerit tribus personis hodie in ipso consilio elligendis vel maioris parti eorum. Quibus tribus personis et maiori parti illorum data sit et esse intelligatur in premissis et circa premissa omnimoda libertas dicti comunis. Teneantur et debeant respondere cum effectu de omni quantitate denariorum pro qua requisiti fuerint ipsis sic ut supra elligendis ad omnem ipsorum requisitorum. Et in executione suprascripte ordinationis nominati fuerunt infrascripti per scruttinium balotandi ut tres ex illis qui maiorem numerum balotarum pro se exigerint sint ac intelligantur ellecti ut supra. Balottatique fuerunt sub vinculo iuramenti prius delati secundum formam statutarum sigillatim et exegerunt pro et contra ut infra, videlicet: dominus Rainerius de Bertariis pro 26, contra 6 et ipse non balottavit pro se; dominus Antonius de Sotii pro 31, contra 0 et ipse nec ego balottavit pro se; dominus Iacobus de Roveliis, pro 24, contra *** qui ante omnem balottationem exiverat de consilio; dominum Bonaventura Porcellus pro 25, contra 8. 11. AARSAlò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, cc. 72v-73. 1552 gennaio 23. Pagamento ai pittori che hanno decorato il palazzo comunale. Magistro Francesco Violi o sia magistro Antonio Maria depintori deno haver per haver depinto il cornison sotto li coppi con li mensoli et architravo a soldi 4/6 il brazzo, furono brazza 115, monta lire 26; per haver depinto li ussi a preda in sala lire 1, soldi 10; item per la pictura de le facciate della casa dal cornison de preda in suso d’acordo adì 15 novembre 1551, lire 20; item per la pictura et fornimento de l’arma lire 3, soldi 10; item per la pictura delle faciate dal cornison in zoso in tutto lire 13, soldi 10; per la pictura verso il lago et verso la strada [lire 13, denari 8] Adì 23 zenaro 1552 fu saldato. 12. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 61, cc. 139v-140. 1559 gennaio 24. Il consiglio della Comunità delibera il restauro e rifacimento del palazzo del Provveditore. Deinde facta prepositione per antedictum dominum Simonem de Scholaribus deputatum super parte infrascripta et in ea contentis quae lecta fuit materno sermone et, balottata, capta fuit balottis triginta repertis pro in bussulo albo et tantum tribus contra in rubeo sub vinculo iuramenti delati. Cuius partis tenor sequitur videlicet. Quia alias nomine huius spectabilis comunitatis fuere acquisite domus prope palatium ea potissimum causa et ratione (ut omnes sciunt) ut melius accomodarentur clarissimi rectores qui per tempora fuerint cum eorum familiis cum sint de domo Angusti (così nel testo) et ut fieret locus terrenus congruus et honorabilis pro congregatione spectabilis consilii generalis et deputatorum suorum ac aliarum congregationum qui fieri contingerit pro negociis et beneficio spectabilis comunitatis prefate, licet unque aliquid fuerit fabricatum quondam (lettura incerta) respiciat comoditates predictas quaenimo acquisitiones predicte fuerint et sint usque non vacue et inutiles et quod peius est minantur ruinam indigentes reparatione et reedificatione et nimirum si res in (segue termine non letto) sine perfectione aliqua in hunc usque diem peracta fuit quia ut vulgo dicitur, quod est commune, comunitas negligi solet. Ideo inherendo alteri parti alias in hoc spectabili consilio in hac materia capta usque sub die 19 aprilis 1554, vadit, pars cum auctoritate antelati clarissimi domini provisoris et capitanei, quod palatium ressidentie clarissimi domini pro-
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visoris et capitanei et domus prefate ut supra acquisite nomine spectabilis comunitatis palatio confinantes restaurentur et edificientur pro predictis comoditatibus faciendis et aliis necessariis locis accomodandis et tam pro loco torture quam aliter de denariis tamen condemnationum spectabilis comunitatis et si tot fieri non contigerit quae ad predicta sufficeant suppleantur de aliis denariis eiusdem spectabilis comunitatis secundum exigentia factorum et si presens pars capta fuerit sit et intelligatur data et attributa omnimoda libertas et auctoritas spectabilibus domino syndico et deputatibus presentibus et futuris quae nam habet totum consilium generalem usque ad completam perfectionem circa predicta omnia et singula et quicunque in premissis et circa premissa per suas spectabilitates seu maiorem partem eorum fuerit, sit firmum et validum perinde ac si factum foret per totum consilium generalem ne quottidie dicta de causa connocetur et molestetur cum disturbo et impensa spectabilis communitatis et communium suorum. 13. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 25, c. 83. 1574 maggio 16. Viene nominata una commissione per la casa del comune sul lato orientale della piazza. [In occhiello: electi pro domibus comunis in platea ecclesiam versus] Postquam pluribus dictis super domibus communis in platea versus ecclesiam, quia aliqui dicebant ipsas diruendas esse, aliqui vero fabricandas et aliqui alienandas, ordinatum fuit quod eligantur duo loco quondam ser Antonii Socii et ser Martini de Ambrosiis renuntiantis, stante eius senectute et indispositione, iam electorum usque sub die 15 ianuarii 1559, occasione ipsarum domorum. In cuius ordinamenti executione electi fuere dominus Bartholomeus Ugonus et ser Hieronimus Mangiavinus. 14. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 25, c. 174. 1576 febbraio 26. Il Comune delibera l’avvio del cantiere dell’ospizio e il suo finanziamento. [in occhiello: quod pro fabrica domus platee nunc expendantur libre 1200 et sic de anno in anno] Deinde ut incipiatur et perficiatur fabrica domus in plathea iuxta voluntatem totius declaratam per partes, vadit pars quod pro dando principio dicte fabricae de presenti anno dentur de denariis communis electis super dicta fabrica librae mille ducentum et sic successive de anno in anno pro expendendis in dicta fabrica et plus si videbitur consilio, tenendo bonum computum, et quod dicti electi refferant in proximo consilio sequenti prout commissum fuit in parte diei 25 ianuarii 1575, quae pars capta fuit omnibus ballottis preter unam. 15. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 26, c. 5. 1578 ottobre 5. Conferimento agli eletti alla fabbrica di piazza di piena libertà per il lavori da farsi nell’edificio. [in occhiello: Libertas reparandi domum comunis in platea maximam minantem ruinam cum consulendi construendi et destruendi, seu etiam tollendi et reficiendi] Cum propositum et recordatum fuisset (prout etiam saepe alias propositum et recordatum fuit) providendum esse domui comunis sita in platea in qua fit mons pietatis et consilium, stante quod minatur maximam ruinam, et super hoc diversae essent opiniones quia aliqui dicebant quod fortasse satis esset reficere partem ipsius domus, seu ipsam puntellare, alii vero omnino ipsam tollendam esse et postea reficiendam et alii alia dicerent, tandem posita fuit pars quod addatur libertati iam data dominis Petro Volotto, Bartholomeo Ugono et Hieronimo Mangiavino sub die 12 maii 1577 et 25 maii 1578 reparandi predictam domum consulendi, construendi et destruendi seu eam tollendi vel reficiendi prout sibi melius videbitur, quae pars lecta, capta fuit omnibus ballottis praeter unam. 16. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 26, cc. 7, 7v. 1578 novembre 13, “in sala domus suae sita in platea lacum versus”. Il Comune incarica Bernardo Torriani del restauro della casa di piazza e gli eletti a procedere a tali interventi. [in occhiello: pro domo minante ruinam pollitia expensarum faciendarum] Introductus fuit dominus Bernardus Turrianus de Cremona architectus, occasione reparatione huius domus communis de qua in proximo precedenti consilio;
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cum eo iterum loquutum fuit circa ipsam domum minantem ruinam, qui produxit pollitiam expensarum circa eam faciendarum tenoris infrascripti ac etiam duo dessigna castelli nominati in predicto proximo precedenti consilio. Cuius pollitia tenor sequitur, videlicet: La nota di tutta la spesa che può intrare per assicurare il detto palazzo: primo per fare il castello di legname per sostener il peso acciò si possa fortificare da basso e di sopra lire 50 item per fermare li fondamenti delle colonne del portico sin il volto, importa lire 300; item per fermar li muri con i suoi fondamenti cioè da basso, importa lire 200; item per fermar di sopra dove saran mossi li muri, importa lire 150: item per inchiavar li muri di sopra al tetto e mover li travi e comodarli bene lire 100; item per opere da muradori et lavoradori, importarà lire 400; item per far un becco per adoperar alla fabrica, importarà lire 30. 17. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 26, cc. 11, 11v. 1578 novembre 30, approvazione della realizzazione dei pilastri in pietra nel palazzo comunale e differimento dell’eliminazione delle catene trasversali. [in occhiello: Quod domus comunis in platea reparetur pilastris ex lapidibus integris et pro nunc non incidantur claves] Proposito negotio reparationis domus comunis minantis ruinam site in platea versus sero, in qua fit mons pietatis et consilium per spectabiles electos sub die 5 octobris proxime presenti, et introducto in consilio magistro Ioanne Lafranco de Gavardo qui dixit opinionem suam circa ipsam domum pluribusque super ea dictis, consultis et disputatis, tandem per dominum consulem posita fuit pars quod predicti electi, videlicet domini Petrus Volottus, Bartholomeus Ugonus et Hieronimus Magnavinus, reparent seu reparare faciant pilastros dictae domus ex lapidibus integris ad ordinem doricum et pro nunc non incidant claves ferreas ac ligneas tendentes a lacu ad partem superiorem montes versus et aptent dictas claves in modum ut, si necesse erit incidere, possint incidi sine danno fabricae, non derogando in reliquis libertati iam datae prefatis electis; quae pars, lecta et ballottata, capta fuit cunctis suffragiis preter tria. 18. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.1, c. 4. 1591 gennaio 4. Contratto per la realizzazione dei pilastri della casa sul lato orientale della piazza. [In occhiello: concordium per pilastris domus comunis fiende] Adì venere quatro zenaro 1591. In Salò nella cancellaria del comun in piazza. Magistro Gasparo filius quondam magistro Bernardin quondam Francesco di Gasparini, Francesco et Bernardin suoi figli de Santo Ambrosio Veronese, habitatori a Casson del comun di Malsesigno, presenti et facendo per sé et principaliter et insolidum se obligano dar alli spettabili domini Dominico Ceruto, Iacomo Socio, Gio Battista et Bertolamio Delaioli elletti per il general consiglio del spettabile comun di Salò, presenti et accettanti, a nome del ditto spettabile comun, le pietre per far sette over otto pilastri alle case del comun in piazza a doman parte, che se hanno da distrugere et fabricar di novo. Quali pietre siano bianche et delle più belle et buone che si ritrovino a Casson, et che non siano di manco bontà et belezza che sono quelle delli pilastri dell’altra fazzata già fatta a sera parte. Li quali pilastri siano alti come quelli che sono in opera nella fabrica a sera parte sin sotto l’architravo della cornise comprheso il capitel ionico. Dichiarando che siano fatti tutti li capitelli et basse secondo l’ordine delli altri fatti predetti et di pietra di quella sorte che sono le colone fatte di novo alla pieve di Tuscolano. Con condittione che li pezzi delli pilastri siano intieri et della grosezza non siano manco di onze diece lavorate et sia la largezza di onze vintisei in una banda et nell’altra onze disnove lavorate. Et debba dar detti pezzi disgrossati a squadro da tutte le parti et cavate le lisene et iusta le sagome che gli saranno datte, tenendo il contrasegno con quello avantaggio che sarà necessario per lavorarle di sottile, et siano salde, non scarfogliate né sfogliate, né li cantoni siano consentiti, acciò si possino lavorar et perfilar di sottile. Et questo per pretio de lire cinquanta sette de planeti per ciascun pilastro intiero come di sopra, consignati sulla riva del lago a Casson, in luogo habile a cargar, da qui a mezza quaresima un terzo, l’altro terzo a Pasqua et l’altro terzo per tutto il mese di giugno prossime futuri sotto pena d'ogni danno, spesa
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et interesse che potesse patir et incorrer ditto comun per mancamento de ditte pietre non consignate a tempi come di sopra. Et per parte di pagamento delle dette pietre, detti spettabili signori elletti facendo come di sopra, hanno effettualmente datto et numerato alli predetti magistro Gasparo et figlioli presenti et che ricevono, scudi vinticinque, cioè lire cento et due et meza di planeti, in tante bone monete contate alla presentia di testimoni infrascritti et me nodaro et promettendo essi padre et figlioli principaliter et in solidum come di sopra, di attendere et osservare quanto è detto, et obligando et renuntiando et che possino essere convenire in ciascun luogo et massime in Salò, ancor che qui non si trovassero. Et con questo che li predetti agenti per il comun siano obligati mandar a veder le predette pietre quando si voranno levar con le sagome et essendo accettate dal suo agente, detto maestro Gasparo et figlioli non siano più tenuti a cosa alcuna, et siano tenuti detti agenti quando li sarà consignati il primo terzo di dette pietre dargli pagamento di esso terzo, compensandoli solamente il terzo delli vinticinque scudi come di sopra datti per capara, la qual compensatione si faccia di volta in volta negli altri terzi sequenti; il secondo terzo delle pietre, dargli il compimento di detto secondo terzo et quando consignarà l’ultimo terzo di dette pietre satisfarlo compitamente sotto pena et promittendo et obligando rendendo et massime li predetti padre et figlioli hanno renuntiato il benefitio delle nove constitutioni et all’epistola del divo Adriano certiorati. Presenti alle cose predette messer Zuan Battista Locadello quondam messer Sebastiano mercante Salò, messer Zuan Maria quondam messer Camillo Avogadro in Salò, et messer Zuan Battista Salvadori mercante in Salò testimoni che sottoscriveranno di propria mano. Dil che fui rogato et publicai io Agostin Grataroli di Salò nodaro del comun soprascritto de volontà delle parti. Io Gioan Battista del quondam Sebastiano Lochattello fui presente ut supra Io Zamaria Avogadro fui presente quanto di sopra. Io Zuanbattista Salvador de Sallò fui presente di sopra. Io Gasparo taliapreda suprascripto afermo quanto di sopra et mi obligo. Io Bernardino fiolo del suprascripto afermo et me obligo come di sopra per me et per mio fratelo che non sa scrivere. 19. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 9. 1594 gennaio 28. Contratto con Odoardo Pancotto per la fornitura di pilastri per il palazzo comunale. Venere 28 genaro 1594. Se dichiara per la presente scrittura come maestro Odoardo Pancotto de Lazise pichapreda in Salò promette et se obliga dar et consignar alli spettabili domini Dominico Ceruto, Iacomo Socio, Pompeo Pasquale et Giovan Battista Delaiolo eletti per il spettabile comun di Salò alla fabrica di piazza presenti et a detto nome accettanti tutti li infrascritti pilastri, quadri et altre pietre per la fabrica predetta, et palificata di quella alli presenti infrascritti così d’accordo, condotte ogni cosa sulla piazza di Salò ad ogni spesa di esso maestro Odoardo et risego suo, mettendo li quadri sopra la palificata lavorati in laudabil forma et ben comessi, con tutti li busi per cambre e chiavi che saranno necessarii et metterli in opera impiombati ove va piombo et tutte queste cose ad ogni spesa di esso maestro Odoardo dandoli però il comune le [cassato: chiavi] cambre et il piombo che sarà necessario et tutto ciò far debbia alli termini infrascritti, videlicet: il primo corso di quadri per la palificata da qui a meggio il mese di aprile prossime futuro, et il resto delli quadri per tutto giugno prossimo. Et li pilastri dar debba condutti ut supra digrossati over abbozzati in termine per tutto luglio seguente prossimo sotto pena d’ogni danno, spesa et interesse che potesse patir detto spettabile comune quomodocumque. Le quali robbe sono videlicet: il primo corso delli quadri siano larghi brazza tre compiti et di grossezza di brazza uno; il secondo corso sia largo brazza dui e mezzo; il terzo corso et altri che vi voranno siano di larghezza di brazza dui almeno; che tutti li detti quadri non siano manco di longezza di brazza tre; che tutti detti quadri siano misurati a quadretto, et li siano pagati a gazette vintinove per quadretto, il qual quadretto s’intende di brazza uno per ogni verso alla misura di Riviera. Laste di pietra numero nove per far sotto basse alli pilastri disgrossate larghe per ogni verso, cioè due de brazza tre per ogni verso et sette de brazza doi et mezzo di larghezza et brazza tre di longezza, et tutte di grossezza restino di onze sei lavorate. Doi contrapilastri sotto li volti; doi pilastri simplici; un pilastro verso il signor
podestà; doi pilastri per li cantoni della strada di mezzo; tutti questi contrapilastri et pilastri siano et esser debbano di preda da Bronzone disgrossati alla misura della fabrica vecchia. Il pretio de’ quali sette pilastri et delle lastre predette sia et s’intenda in tutto de scudi cento e dodese da lire 4 soldi 2 planete per scudo, quali dinari li siano dati a questo modo, cioè: scudi trenta al presente; scudi vinti per tutto carneval prossimo et il restante alla giornata secondo le occorentie. Promettendo l’una parte et l’altra et obbligando et renuntiando. Presenti alle cose predette messer prospero figlio de maestro Bartolomeo Scolaro, maestro Santo delli Avanzi tutti doi di Manerba, et maestro Agnolo Moniga de Santo Felice, testimoni quali sottoscriveranno di sua mano et questo fu venere vintiotto gienaro 1594 in Salò, nella cancelleria del spettabile comune in piazza. Io Angelo Moniga de Santo Felice fui presente al soprascritto. Io Prospero Scolaro de Manerba fui presente al sopra scritto. Io Santo Avanzo fui presente a quanto di sopra come dice il sopra scritto. Io Odoardo Pancotti affermo quanto di sopra si contiene a dì et modo soprascritto Io Agostino Grataroli nodaro scrissi et publicai ut supra con la cassatura de chiavi. 20. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 59v. 1606 aprile 16. Disposizioni a seguito dello stato di pericolo del palazzo comunale. [In occhiello: Quod fiat provisio pignis reponendis in domo nova]. Poichè è stata trasportata la stanza di far li consili nella casa nova dirimpetto alla vechia per dubio di qualche imminente ruina della detta casa, però, considerando il spettabile console che sotto iacino a grave pericolo anco li pegni del monte di pietà ha racordato al magnifico consiglio che sia bene provedere all’indemnità di detto santo monte. Fu posta che sia datta comissione et libertà alli spettabili eletti alla fabrica della casa nova che quanto prima debbano assicurar con bone ferate et bone porte in quel meglior modo che li parerà la stanza di detta casa verso monte et verso la piaza affinchè in detto loco si possino transportar li pegni et altre cose necessarie per detto santo monte a nome et spesa di questo spettabile comune. A chi piace metta la sua balla nella bussola bianca a chi non nella rossa. Cui parte facta contradictione per spectabilem sindicum et balotata, capta fuit omnibus votis preter unum. [In occhiello: quod retrocamera sale consilii accomodetur pro cancellaria spectabilis comunis] Ibidem fu medemamente per il sudetto spettabile console posta parte che la cancellaria del spettabile comune sia transportata nella retrocamera dove si fa il consiglio et habbi cura il spettabile console presente o futuro reponendovi anche li archibusi di detto spettabile comune a nome et spese di questo spettabile comune. A chi piace et cetera, et balotata capta fuit ad omnes. [In occhiello: pro domo vetere minante ruinam] Essendo sta’ racordato per il spettabile console, l’iminente pericolo della casa vechia di ruinare et esser necessario provedere all’indemnità di questo spettabile comune, fu per lui posta parte che sia datta libertà alli spettabili eletti alla fabrica di piazza che tolgano il giudicio de periti fori di questa terra se detta casa è di presente in eminente pericolo overo si può servire (lettura incerta) o repararsi per qualche tempo, et referiscano a nome et spese di questo spettabile comune. A chi piace ecc. Cui parte facta contradictione per spectabilem sindicum et balotata, capta fuit ad omnes preter unam. 21. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 244v 1610 agosto 25. Il consiglio del comune chiama dei periti per la demolizione del palazzo comunale. [in occhiello: electi ad reperendum peritos et consulendum ut destruantur aedes spectabilis communis in platea minantes ruinam] Essendo già molto tempo come notorio la casa nostra di piazza minaciante ruina et havendo non hieri l’altro cominciato a ruinare, essendo cascato il volto sopra la beccaria di messer Zambatta Stella et tuttavia il restante minaccia evidentissima ruina et dovendosi provedere acciò non caschi il restante, che caderebbe in grandissimo danno et vergogna di questo spettabile comune et con pericolo della vita delli homeni, l’andarà parte posta per il spettabile console
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che siano eletti trei cittadini del corpo di questo spettabile consiglio quali habbiano carico et auttorittà a nome spese di questo spettabile comune di consigliar, trovar periti et far distruger detta casa nel modo che saran consigliati da periti acciò si mantenghi la materia di essa. A chi piace metta la sua balla nella bussula bianca, a chi non nella rossa. Cui parte facta contradictione per spectabilem sindicum et pluribus dictis, ballotata, capta fuit ad omnes. 22. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 263v. 1610 dicembre 28. A seguito della demolizione del palazzo comunale viene deliberata la loro ricostruzione e nominata una commissione a tal fine. [In occhiello: quod reedificentur domus spectabilis communis in platea] Essendo distrutte le case di questo magnifico comune in piazza et essendo indecente et anco di danno a lasciarli in questo modo, fu per il spettabile console posta parte che dette case siano edificate visto il modello da esser presentato et aprobato da questo magnifico consilio. A chi piace metta la sua balla nella bussola bianca a chi non nella rossa. Cui parti facta contradictione per spectabilem sindicum et pluribus dictis tandem balotata, capta fuit cum balottis quatraginta repertis in bussulo albo et tredecim contra in rubeo. [In occhiello: electi ad fieri facendi modellum domus reedificandi] Fu per il spettabile console posta parte che siano eletti trei cittadini del corpo di questo magnifico consilio quali, a nome e spese di questo spettabile comune, habbino carico di far fare doi modelli conformi al sito delle sudette case et presentarli a questo magnifico consiglio da essere aprobato nelle sudette parti. A chi piace etc. et balotata, capta fuit ad omnes preter duas. In executione cuius partis per scrutinium ex pluribus nominatis et balotatis servatis servandis electi remanserunt infrascripti tres, videlicet: dominus Antonius Mazolenus, dominus Hieronimus Cisoncellus, dominus Hieronimus Lombardus. 23. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 325v-326. 1612 gennaio 22. Elezione di cinque deputati per giudicare i modelli del palazzo comunale. [In occhiello: Quod eligantur quinque pro modello domus platee] Hauto longo discorso sopra l’aprobatione d’uno delli modelli presentati per li magnifici eletti per fabricar la casa di piazza conforme alla parte del dì 28 dicembre 1610, et quelli beni considerati, fu posta parte per il spettabile console che siano eletti cinque cittadini del corpo di questo magnifico consiglio a’ quali sia datta libertà di consigliar con periti quali delli detti modelli sia più atto per il bisogno del spettabile comune, over da tutti questi formarne uno che sia di sotisfattione del magnifico consiglio et referire poi il tutto a questo magnifico consiglio acciò sia deliberato quello che parerà così meglio et più spediente et questo per la seconda domenica di febraro prossimo, a nome et spese di questo spettabile comune. A chi piace metta la sua balla nella bussula bianca, a chi non nella rossa. Quae pars balotata, capta fuit cum balottis quatraginta duabus repertis in bussulo albo et quinque contra in rubeo. (...) in executione partis, sumpto scrutinio et ex pluribus nominatis et balotatis servatis servandis, electi remanserunt infrascripti quinque, videlicet: dominus Antonius Mazoleni, dominus Iacobus Socius, excellens dominus Petrus Bonfadinus, dominus Ioanne Baptista Calsonus, excellens dominus Livius Rovelia. 24. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, cc. 328-328v. 1612 febbraio 12. Approvazione del modello e nomina di una commissione per la costruzione del palazzo comunale. [in occhiello: approbatio modelli domus platee] Presentato il novo modello fatto fare dagli magnifici signori eletti et quello ben considerato, et più cose dette et discorse, per dare una volta fine a detto negotio, per metter in effetto et dar principio alla fabrica tanto necessaria, fu per il magnifico signor console posta parte a chi piace che il detto modello sia aprobato metta la sua balla nella bussola bianca, a chi non nella rossa; et balotata scosse pro 45 nella bianca et 7 contra nella rossa. Perchè si possa dar principio alla fabrica di piazza conforme al modello sudet-
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to aprobato, fu posta parte che siano eletti cinque cittadini del corpo di questo magnifico consiglio quali habbino carico di effettuare detta fabrica a nome et spese del magnifico comune, potendo anco far apalto di essa fabrica con persone del’arte, non concludendo però il mercato senza il consenso espresso del magnifico consiglio, a chi piace et cetera. Et facta contradictione per spectabilem sindicum, balotata, capta fuit cum balottis quatraginta septem repertis in bussulo albo et quinque contra in rubeo. In executione partis per scrutinium et pluribus nominatis et balotatis, servatis servandis, electi remanserunt infrascripti: dominus Antonius Mazolenus, dominus Iacobus Socius, dominus Iohanne Baptista Calsonus, excellens dominus Livius Rovelia, excellens dominus Iulius Segala. 25. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, cc. 3-5. 1612 febbraio 23. Contratto con Giorgio Cobelli per la fabbrica del palazzo comunale. Adì 23 febraro 1612. Congregati l’infrascritti magnifici eletti alla fabrica, videlicet l’eccellente domino Livio Rovelia, ser Iacomo Socio, ser Antonio Mazoleni, ser Giovan Battista Calsone. Hauto raggionamento intorno la fabrica sudetta et più cose dette, terminorno di trattare con persone de l'arte di dar detta fabrica a un tanto la pertegha con darli tutta la materia necessaria et anco in altro modo come meglio giudicaranno nel trattare. Pars capta in generali consilio magnifici comunis Salodii die dominica prima aprilis 1612 tenoris ut infra. Intrò parimenti maestro Zorzo dei Cobelli da Materno et si offerse di far la detta fabrica conforme alli capitoli et poliza per lui presentata et sottoscritta, de’ quali capitoli disse haver piena notitia, per scudi quatromilliacentosettantacinque, offerendosi per trei mesi di lavorar senza denari del spettabile comune et che obligarà il suo, che vale scudi cinquemillia cum laudo per esser nominato per il detto in tempo di giorni otto con conditione se non sarà compita l'opera in tempo di doi anni, non mancando però dal spettabile comune di soministrarli la promessa, si obliga di pagare tutto il fitto che il comune è solito di cavare delli fondeghi. La qual offerta stante, fu posta parte per il spettabile console a chi piace sii accettata, metta la sua balla nella bussola bianca, a chi non nella rossa, et sic balottata capta fuit. Tenor capitulorum sequitur. Capituli con li quali il magnifico comun di Salò intende di dar a fare la sua fabrica di piazza a tutte sue opere de chi si pigliarà questo carico, eccetto che del palificar, finito, cioè con quadri et senza vidriate, all'altezza della fabrica opposita del detto comune conforme al modello approbato etc. Primo. Vole che tutte le muraglie siino fatte di buone pietre con le sue chiave di ferro et legno eccetto che la facciata verso il lago, qual si possa fare di toffo et quadrelli come parerà alli signori eletti, dovendosi fare li fondamenti sopra li quadri o assoni sopra li pali di brazza doi et al pari della terra di brazza uno et mezzo, et tutte le muraglie maestre siino de onze quatordese. 2do. Vole li volti di quadrelli dove farà bisogno et si mettino per tutto così ussi, come finestre di bone et intiere pietre piccate conforme all'opposita facciata del comune. Et le scale di pietra sino alla sala del consiglio armate di ferro da ogni banda, et poi si suplisca di legno per non caricare tanto, et come meglio parerà a detti signori eletti. 3°. Vole li solari alla venetiana sopra tutti doi li monti et sopra le scale, vole li travi di 4 et 6, alla sala grande del conseglio soffitta o volto di canne, alli mezadi solarii ordinari con li travi di 3 e 5, o tutti a mezze (segue termine non letto). 4°. Sia fatta la salezada delli monti et sala grande et li patti tutti delle scale di quadrelli lisciati et tagliati et il restante delle salicate all'ordinario con tavolette non lisciate né tagliate; et li lochi terreni siino salizati di quadrelli da Moscoline over da Bedizole. 5°. Il coperto sia fatto tutto a tavolette sopra li monti et scale, et a templelli sopra la sala del consiglio con le sue terzere di buon ligname, cioè di larese o castagno in laudabile forme, et anco la soffitta della gronda conforme all'opposita fabrica del Comune. 6°. Vole le cornise di quadrelli doppo spese quelle di pietre per non caricar tanto, dovendo quelle di pietra esser pagate come a basso. 7°. Vole tutte le porte et finestre di tutta la fabrica di asse di Fiemo et le boteghe ancora con li sui feramenti necessarii et si mettino le ferade grandi sei per
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il primo monte et sei mezane al monte superiore, oltre tutte le altre ferrate che entrano nella fabrica conforme alle ferade vechie, della grosezza che erano ancora quelle della fabrica vechia del monte. 8°. Vole sia obligato a tutte sue spese far tutti li pilastri intieri et mezi di pretra piccata conforme a quelli della casa opposta del comune, dove farà il bisogno conforme al modello et alli pilastri vechi, quali se gli daranno da metter in opera in pagamento come a basso. 9°. Vole che l'architeto che prenderà a fare la sudetta fabrica, sia obligato di tuor in pagamento a conto di quel pretio che si resterà d'acordo, tutte le robbe et materia, così di pietre, quadrelli, copi, ferate et feramenti come de lignami de qualsivoglia sorte che si ritrova havere il magnifico comune da opera di fabrica ad estimo de amici comuni periti. Xo. Vole il magnifico comune che l’architeto si oblighi di dare detta fabrica finita di tutto ponto, et stabelita et bianchata di dentro et fori nel termine de anni doi prossimi doppo finita la palificata, alla quale sia obligato assistere perché si faccia bene perfettamente. Xi. Vole egli si oblighi per la summa di 3mila scudi, che la fabrica starà bene per spacio di diece anni over di bona cautione che detta fabrica sia formata di tutto ponto nelli due anni sudetti. Xii. Vole che sia salezato sotto li portichi di matoncini in cortello. Con dechiaratione che passati li trei mesi per li quali si è obligato maestro Zorzi a lavorar senza dinari del spettabile comune, il detto comun sia obligato contarli scudi quatrocento et ogni doi mesi susseguenti scudi altri quatrocento et così di mano in mano, et caso che il spettabile comune non volesse o potesse continuar tal fabrica, per soi rispetti, in tal caso sia obligato avisar maestro Zorzi un mese inanci et del tempo che vorà al spettabile comune sia vacante acciò egli si possa proveder di fabrica per suo beneficio né esser ritardato inutilmente, et s’intenda esser prorogato il tempo di detta fabrica sì che maestro Zorzo sudetto non incorra in pena alcuna per il tempo che starà il comune in mora. Li quali capituli et dechiaratione come di sopra descritti, il sudetto maestro Zorzo qui presente facendo per sé et inherendo all’offerta fatta nel consiglio del dì primo aprile sudetto, de novo quelli ratifica et aproba et promette in tutto come in detti sotto pena etc., et obligatione etc., constituendo etc., renuntiando etc. In fede di che io Marcello Socio nodaro del spettabile comune, ho scritto et mi sono sottoscritto, et il qual maestro Zorzo per ratificatione come di sopra si sottoscriverà di sua propria mano insieme con li magnifici eletti dal spettabile comune con promissione etc., et obligatione dei beni di detto spettabile comune et ad ogni melior modo. Il laudo conforme alla parte sudetta apare nel libro delli ordinamenti a carta ***, qual è domino Benedetto Botesella de Materno. Presenti messer Bernardino Lignago, messer Zampaolo Tonoli, et messer Antonio Pagazan habitanti in Salò rogati per testimoni quali se sottoscriveranno. Io mastro Giorgi Cobelli afermo e mi obligo come di sopra. Io Livio Roveglio eletto fui presente et approbo. Io Giulio Segala eletto fui presente et approbo. Io Iacomo Socio eletto fui presente et approbo ut supra. Io Antonio Mazzoleni eletto fui presente come di sopra. Io Giovan Battista Calsoni elletto fui presente et aprobo come di sopra. Io Zanpavolo Tonolo fui presente come di sopra. Io Bernardino Legnano fui presente adì et mi sottoscrivo. Io Antonio Pagazaro fui presente come di sopra Marcellus Socius suprascriptus. 26. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi, n. 77, cc. 41v, 42. 1612 giugno 15. La comunità di Riviera commissiona un dipinto con la Vergine e il Bambino per la sala di udienza del provveditore.
da questo illustrissimo signor proveditore nostro. Perciò, essi magnifici deputati mettono parte a chi piace sia fatto fare un quadro con l’immagine della beata Vergine et suo figlio nostro signore con spesa di scudi dieci in dodeci per honore di sua divina maestà et della magnifica patria, dando ordene alli magnifici deputati presenti et futuri di far fare questa honorata opera, però a chi piace. 27. AARSalò, Fogliazzi, n. 83, c. 29. 1614 settembre 7. Delibera per la decorazione della facciata del palazzo comunale. L’anderà parte posa per l’eccellente signor Livio Rovelia che sia data auttorittà alli signori eletti alla fabrica di piazza che possino far dipinger a chiaro e scuro la facciata che si comincia a intonicare sotto la gronda et di mano in mano in laudabil forma a sese et nome di questo comune. A chi piace metta nel bianco, a chi non nel rosso. Fuit suspensa adhuc ut informent. 28. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 20v. 1615 maggio 29. Contratto con Andrea Bertanza e Giambattista Quaglia per la decorazione del soffitto della corte del palazzo comunale. Redutti l’eccellente signor Giulio Segala, signor Iacomo Socio, signor Antonio Mazzoleni, signor Giovan Battista Calson, sono restati d'acordo li sudetti magnifici signori facendo a nome del magnifico comune con Andrea Bertancia et Giovan Battista Quaia pictori di dipingere la soffitta della corte del palazzo di piazza di questo magnifico comune conforme el disegno per loro presentato ma di chiaro scuro per pretio di scudi venticinque di lire 7 piccole per scudo, qual opera li sudetti pictori promettono et si obligano di dar detta opera in laudabil forma per tutta la metà del mese di luglio prossimo sotto pena etc. con dipingere li pilastri alla rustica e parimenti le muraglie alla rustica di fori via. Son d'acordo di darli di più alla mano scudi dodese et meggio et il resto fornita l’opera. Et li detti pictori per ratificatione si sottoscriveranno. Io Go Andrea Bertanza afermo di sopra Io mi Gio Battista Quallia confermo supra. 29. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 31, c. 107v-108. 1618 gennaio 14. Viene riconosciuto a Giovanni Andrea Bertanza un compenso per il lavoro svolto oltre il pattuito nella decorazione della sala del Consiglio. [In occhiello: quod dentur scuti viginti quinque domino Andreae Bertantiae pictori pro mercede pro pictura soffittatus cum operatus fuerit de pluri quam tenebatur] Essendosi ritrovato di nuovo il dissegno della pittura del soffittato della sala grande del conseglio et vedendosi manifestamente l’operato di più, sì in qualità come in quantità di figure, dal signor Giovanni Andrea Bertanza pittore, come tutti li signori consiglieri hanno veduto et certificatosi con gli occhi propri, però va parte posta per l’eccellente signor console che per mercede di detta fattura di più del primo dissegno, siano datti delle raggioni di questo spettabile commune al sopranominato signor Andrea scudi vinticinque da troni sette per scudo, con questo, che egli si chiami immediate sotisfatto di tutto quello che potesse pretender per quest’opera, overo altri promettino in nome suo, altramente non facendo, la presente parte s’habbi per non presa. A chi piace metta la sua balla nella bussola bianca, a chi non nella rossa. Quae pars lecta et balottata, facta prius contradictione per excellentem dominum sindicum, capta fuit cum ballis triginta quatuor repertis in bussolo albo et octo repertis in rubeo.
Essendo ordinario che in tutte le sale et luoghi delli palazzi della città e luoghi circovicini dove da rappresentanti del serenissimo principe nostro viene data audienza, che vi sia qualche immagine del nostro Salvatore o beata Vergine sua madre overo anco d’altri suoi santi del paradiso con l’invocazione de’ quali il Spirito santo opera et somministra la giustizia nei cuori d’essi rappresentanti e giudici, et non ritrovandosi alcuna immagine di Dio o beata vergine Maria né suoi santi nella sala ordinaria dell’audienza dell’illustrissimo signor proveditore nostro del che essendone sta’ datto moltissime volte aricordi, et anco essendosi stati promossi questi magnifici deputato con aricordo datto specialmente
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Note PARTE PRIMA 1. Benedetto, in senso positivo, perché non provocò vittime o feriti gravi, facendoci riscoprire il grande valore della solidarietà. Per alcuni, addirittura, “San Sisma” costituì la premessa per sviluppare e sfruttare opportunità di varia natura, non ultima quella urbanistica. Benedetto, in senso negativo, perché se ne sarebbe volentieri fatto a meno. 2. Cfr. TRECCANI (a cura di) 2005. 3. Cosa che ho evidentemente fatto a mio favore. 4. Paolo Beschi, Angelo Delmiglio, Antonio Maiuri, geometri, in forza all’ufficio tecnico comunale. 5. Accanto ad un nucleo “moderno” sito nel primo tratto del colle che sovrasta Salò si sgrana, imboccando la stretta via che porta al santuario della Madonna del Rio, il nucleo “storico” della pittoresca frazione. 6. Giuseppe Scarazzini, già sovrintendente ai beni archivistici della Regione Lombardia, grande esperto del settore e fondatore, presso il comune di Salò, del gruppo archivistico che ha inventariato l’archivio d’antico regime (14311805) e che tutt’oggi, coordinato dal prof. Giuseppe Piotti prosegue nel certosino compito di ordinare e rendere fruibile uno dei più cospicui archivi storici della Lombardia. “Un archivio – ha ribadito Ornella Foglieni, dirigente del servizio biblioteche e sistemi culturali integrati della Regione Lombardia – di grande pregio sotto il profilo dell’antichità e dell’integrità. Una vera e propria perla nel panorama del patrimonio documentario delle comunità lombarde”. Grande parte nella rivelazione di questo patrimonio l’ha avuta il dott. Scarazzini, scomparso lo scorso 1 febbraio, cui va tributata la nostra più sincera stima. 7. La famiglia Gozza da quella notte non è più rientrata nell’alloggio del custode interno al municipio, completamente ristrutturato e dedicato all’ampliamento dell’ufficio tecnico comunale. I signori Gozza, Angela e Bernardo, detti rispettivamente “Rina” e “Dino”, insieme al figlio Luigi, sono rientrati a pieno titolo tra gli sfollati salodiani che più hanno subìto gli effetti del sisma. La sig.ra Gozza, in particolare, ha sofferto della situazione creatasi fino ad ammalarsi. Dottori e medicine hanno consumato il frutto della sua fatica e non l’hanno guarita, come spesso accade. Dio che è nei cieli riconobbe la sua sofferenza e la prese con sé. 8. Il segretario comunale, direttore generale, dott. Giuseppe Iovene, ha coordinato tutte le fasi dell’emergenza e della ricostruzione, dalla ricostituzione degli uffici comunali presso l’Auditorium Ceccato e fino al termine di ogni operazione connessa al sisma. Anna Gatti, architetto, è a capo dell’ufficio tecnico comunale, in prima linea nella fase di ricognizione e valutazione iniziale dei danni e successivamente in quella, non meno impegnativa del ripristino. 9. Precedentemente al terremoto la sala giunta si trovava dove oggi insistono l’ufficio commercio e personale. La ristrutturazione post-sisma, in relazione ad affreschi e decori prima celati da controsoffittature e tinteggiature varie, ha comportato una serie di spostamenti di uffici in spazi ritenuti più appropriati o funzionali rispetto alle novità artistiche rivelate dal sisma. 10. Sono ormai trascorsi dodici anni e ancora spero di rivivere quegli attimi cercando la gioia provata. Un incontro unico, con questo palazzo, di cui custodirò sempre il ricordo, come di un primo amore di cui conserviamo l’emozione. Entro quindi sempre volentieri nelle sale comunali, nonostante i mille fastidi o le giornate storte, che pure ci sono, consapevole del privilegio di vivere e frequentare quotidianamente, intimamente, assiduamente questi spazi d’arte, di storia, cultura, lavoro. Il massimo è entrarci in solitudine, magari fuori dagli orari canonici, per preparare la Sala dei Provveditori per un convegno, un concerto o una conferenza, accompagnato dal silenzio, dalla luce penetrante di una giornata di sole o da quella appena accennata dei lampioni al crepuscolo. 11. In questa occasione ho sentito parlare per la prima volta della figura del disaster manager. 12. Si tratta del prof. Cosimo Calò, persona discreta, affabile e disponibile in ogni frangente della convivenza forzata durata dal novembre 2004 al giugno 2006.
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13. Per amor di precisione il primo vigile del fuoco era in strada a sessanta secondi dalla scossa. 14. Da Fasano furono trasferiti 38 pazienti: 16 portati a Desenzano e il resto suddiviso tra Iseo, Chiari e altri nosocomi di Brescia città. Stessa sorte per i 15 pazienti del reparto di psichiatria di Salò. 15. Cfr. TURELLI 2005. 16. Contro un nemico che ha già colpito e vinto, impossibile da combattere e da prevedere nonostante la capillare rete sismica che la nostra nazione può vantare. 17. Protezione civile in senso volutamente generico, formata nella realtà del terremoto “salodiano” da una task-force di funzionari e tecnici della protezione civile centrale, dagli operatori della Prefettura, della Regione, della Provincia, dai Vigili del Fuoco, dalla Croce Rossa, dal 118, dall’Associazione Nazionale Alpini, dai Volontari del Garda, dai Vigili del Fuoco, del IX Comprensorio, dagli Scout, dalle Forze Armate, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Provinciale, Polizia Locale, Corpo Forestale dello Stato, Asl, e, last but no least, noi funzionari comunali. 18. Nadia Aldofredi e Fabiana Bonomini, rispettivamente dell’ufficio servizi sociali e della pubblica istruzione e cultura. 19. Lo sportello di ascolto e consulenza dell’Asl della Provincia di Brescia ha rappresentato un laboratorio unico, in cui accanto all’esperienza concreta del dolore e della perdita dell’abitazione è stato possibile capire, elaborare i vissuti personali, studiare e sperimentare interventi tali da costituire la premessa di modelli teorici ed operativi di intervento, nuove modalità di sostegno alla popolazione. 20. L’alternativa ad un eventuale rifiuto di disponibilità sarebbe stata, senza ombra di dubbio, la requisizione degli immobili. 21. Gli sfollati furono alloggiati nei seguenti alberghi: Hotel Adria di Toscolano Maderno, Hotel Al Terrazzo di Salò, Hotel Bellerive di Salò, Hotel Betty di Salò, Hotel Conca d’Oro di Salò, Hotel Duomo di Salò, Hotel Eden di Salò, Hotel Galeazzi di Barbarano di Salò, Hotel Panoramica di Salò, Hotel Roc di Toscolano Maderno, Hotel San Marco di Toscolano Maderno, Hotel Sole di Toscolano Maderno, Hotel Ulivi di Salò, Hotel Valle di Roè Volciano, Hotel Vigna di Salò, Meublè Villa de Rose di Salò, Villa Santa Caterina delle Suore Francescane Elisabettine. 22. Vedi a p. 103ss. 23. Secondo il periodico del Gruppo Alpini di Salò, i pasti serviti furono 8.371. La discrepanza non deve meravigliare. Il dato “comunale” si riferisce ovviamente ai soli pasti il cui onere economico è gravato sul comune. 24. Cfr. BARBERI 2007, pp. 97-103. 25. Si tratta di Elvezio Galanti, Agostino Mozzo, Titty Postiglione, Piero Moscardini, Igino Mosca, Roberto Costanzi, Massimiliano Borsetti, Massimo La Pietra, Attilio D’Annibale, Giuseppe Naso, Sandro Coppari, Paolo Marsan, Antonella Gorini, Franco Palman, Elisa Zambonelli, Gaspare Polizzi, Luigi Protopapa, coadiuvati dai “regionali” lombardi arch. Raffaele Raia e ing. Alberto Biancardi. 26. Sono Alfredo Bertoli e il salodiano Carlo Canipari alle dipendenze regionali, con Paolo Beschi geometra comunale. 27. Ricordo ad es. il prof. Macchi che, insieme all’assessore regionale alla cultura Albertoni, chiese di poter visitare il Palazzo della Magnifica Patria e il Duomo di Salò nella mattinata del 2 dicembre, preceduto, il 30 novembre dal sopralluogo della dott.ssa Ornella Foglieni, dirigente della Regione Lombardia, sempre particolarmente attenta alle istituzioni culturali salodiane. 28. Si tratta dei comuni di Agnosine, Alfianello, Bagolino, Barghe, Bedizzole, Bione, Borgosatollo, Botticino, Bovegno, Brescia, Calcinato, Calvagese della Riviera, Calvisano, Castenedolo, Casto, Concesio, Cortefranca, Darfo, Boario Terme, Desenzano del Garda, Flero, Gardone Riviera, Gargnano, Gavardo, Gussago, Idro, Lonato, Lumezzane, Magasa, Manerba del Garda, Manerbio, Marmentino, Marone, Mazzano, Moniga del Garda, Montichiari, Muscoline, Nave, Nuvolento, Nuvolera, Odolo, Padenghe sul Garda, Pertica Bassa, Polaveno, Polpenazze del Garda, Pompiano, Preseglie, Prevalle, Provaglio Valsabbia, Puegnago del Garda, Rezzato, Roè Volciano, Sabbio Chiese, Sale Marasino, San Felice del Benaco, Serle, Soiano del Lago, Tavernole sul Mella, Toscolano Maderno, Vallio Terme, Valvestino, Verolanuova, Vestone, Villa Carcina, Villanuova sul Clisi, Vobarno; così come individuati dall’Ordinanza n.° 4 del 3 gennaio 2005. Il criterio utilizzato dal Commissario delegato è stato quello di inserire nell’elenco tutti i comuni nei quali risultasse almeno un edificio inagibile, anche solo parzialmente.
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29. Senza voler risultare né ossequioso né mieloso, a Salò, dal 1999 si gettarono le basi per sviluppare tale piano e fu creata, dal sindaco Cipani semel, la delega alla protezione civile, assegnata al consigliere Pasquale Maggi. Nella tornata 2004-2009 fu istituito un vero e proprio assessorato, posto in capo ad Aldo Silvestri, Volontario del Garda, con una commissione composta da esperti del settore. Illustreremo nel prosieguo i risultati raggiunti nel quinquennio. 30. Questa è, beninteso, una mia interpretazione personale, che non ha alcun intento polemico ma che svolgo comunque nella presunzione di dar voce alla cronaca del sisma. 31. Per la verità questa difesa d’ufficio della categoria un po’zoppica. Mentre scrivo (17 marzo 2008, n.d.r.) a Portici hanno appena arrestato 36 “colleghi” nell’operazione “free badge” per assenteismo, accusati di falso e truffa ai danni del loro Comune. Ripresi dalle telecamere mentre si allontanavano dal posto di lavoro senza aver timbrato il cartellino. Alcuni si segnavano anche ore di straordinario. Ad ogni buon conto penso che i risultati raggiunti nel frangente terremoto dimostrino ampiamente l’impegno di quelli che non solo “tirano la carretta quotidiana” ma credono nel lavoro e nella missione scelta, comunque, a servizio dei cittadini e di coloro che i cittadini hanno chiamato ad amministrare. 32. Ne conservo ancora le bozze con le tre copertine proposte al direttore responsabile. 33. Il pietismo indotto dalla qualifica di “orfanelli” mi pare fuori luogo e irrispettosa di questi ragazzi che, nella maggior parte dei casi, hanno mamme e papà che comunque amano. 34. Alle 10.45 del 9 dicembre 2004, 30 metri della volta in cemento della galleria tra Villanuova e Roè Vociano crollavano su un camion, sfiorando, senza conseguenze, altri automezzi. 35. Come ad esempio le decorazioni liberty rinvenute in diverse sale del Palazzo Municipale, al pari di alcuni soffitti lignei prima “celati” da pannellature deturpanti. Lo stesso dicasi per tante facciate del centro storico, finemente e anticamente decorate, prima ignorate, oggi visibili. 36. In realtà la scala Mercalli (o, meglio, MERCALLI, CANCANI, SIELBERG, MCS come si designa internazionalmente) viene usata quasi esclusivamente in Italia o da studiosi italiani. Si basa sull’intensità e non sull’energia del sisma. L’intensità è legata alle sensazioni degli uomini (per i primi 6 gradi) e ai danni misurati a posteriori (per gli altri 6) in funzione di una serie di criteri ideati da Giuseppe Mercalli. 37. Cfr. GRIGNANI 1999. 38. Tratto da Terremoto del 24 novembre 2004 Garda e Valle Sabbia. La risposta di un territorio, Regione Lombardia e Commissario Delegato per l’emergenza, Lecco, 2006. 39. Vedi nota precedente. 40. Per ulteriori approfondimenti vedi FOFFA 2007. 41. Cfr. TOZZI 2005. 42. “L’idea di dividere lo stesso identico pasto con centinaia di concittadini ripugnava a un sacco di persone che in circostanze diverse l’avrebbero respinta con sdegno – mi rivelava, nell’ “intimità” dell’auditorium un professore “toccato” dal terremoto - Ma le medesime persone non trovano nulla a ridire di cibarsi delle stesse letture: la mente è meno esigente dello stomaco?”. 43. Delle testimonianze qui riprodotte sono stati volutamente omessi i nomi e i gruppi di appartenenza affinché nessuno se ne abbia a male di essere stato in qualche maniera “escluso”. 44. Si tratta di Bonino Emilio, Vezzoli Corrado, Martinelli Lucrezia, Suardi Angela, De Rossi Guido, Bortolotti Giovanni, Gaiardoni Marco, Alvarez Emilia, Frascio Luisa, Bergomi Carolina, Bondio Francesco, Gafforini Caterina, Maffeis Lucia, Saiani Angelo, Cerri Brunello, Marniga Annamaria, Alessandro Secchi Villa, Lanzini Giovanna, benefattori anonimi, Giuseppe Scarpati, Zanelli Maria, Criscuolo Giuseppe, Codenotti Alfredo, Criscuolo Luca, Simpsi Loredana, Lucchini Andrea, Melchioretti Riccardo, Gobbi Franco, Bresciani Sergio, Bonomi, Roscia Mirella, Duina Daniele, Salvadori Gilberto, Gianbattista-Franco-Elena, Bortolotti Armando, Giacomini Daniela, Doge Giovanni, De Rossi Guido, Ghio Sandro, Giacomuzzi Sergio, Ferrari Pietro, M.A., Fogliazza Servidio, Maridio Fiorenzo, Marchese Antonia, Rinaldo Di Nino. 45. “Discolo” in senso affettuoso. Stravolgendo il palinsesto delle canzoni unì troppo il sacro al profano, mischiando irriverentemente la canzone “Va’ Gina” con il coro della platea invitato ad intonare “Tu scendi dalle stelle”.
46. Tra i contributi che hanno “premiato” Salò, va menzionata la concessione, da parte della Provincia di Brescia, di 40 mila euro, alla locale Residenza Sanitaria Assistenziale “Gli Ulivi”. 47. Ma anche per gli altri Comuni aderenti al Fondo di Solidarietà per calamità naturali. 48. La raccolta produsse la significativa somma di 172.195 euro. 49. Furono coinvolti 50.000 lavoratori in 1.100 luoghi di lavoro. 50. Circa 400 famiglie tra lavoratori dipendenti e pensionati. 51. Nel faldone “disponibilità affitti” conservo diverse lettere scocciate di immobiliaristi presi per il naso e “sfollati” che denunciavano “raggiri” da parte dei proprietari; MAI, lo sottolineo, da parte degli intermediari che ancor oggi ringrazio. 52. Alcuni di loro per la verità scrissero a chiare lettere “esclusi extracomunitari”. 53. “E comunque non oltre un anno dalla presentazione della domanda di risarcimento”. 54. È questa, tra le altre normative, la prima legge richiamata nell’incipit dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri. 55. Ho un faldone anche per questo. 56. Gli interventi si trovano tutti trascritti nella deliberazione consiliare n. 69 del 2004 cui rimandiamo per approfondimenti. Non vi si narra tuttavia l’eco degli applausi convinti della gente che inframezzò più volte gli interventi. 57. Si tratta di protagonisti della politica di cui conserviamo “ricordi” documentari, fotografici, giornalistici. Mi scuso per eventuali omissioni nelle citazioni. 58. In realtà non so se e quanto sangue fu versato nei secoli scorsi. Però mi fu raccontato l’episodio, ignorato dalla maggior parte dei colleghi, di un gesto disperato, avvenuto negli anni ’70 del secolo scorso che condusse al suicidio un messo comunale deciso a porre fine alla sua vita terrena gettandosi dallo scalone d’onore. 59. Vedi STELLA, RIZZO 2008. 60. Vedi BELLINTANI 2001. 61. I dati qui sommariamente forniti sono stati tratti dalla relazione dell’arch. Eusebio Ebranati e dell’ing. Giampiero Avanzi pubblicata sulle Memorie dell’Ateneo di Salò del 2005. 62. Con l’assessore Aldo Silvestri hanno lavorato il presidente della Commissione Gianfranco Rodella, il vice Fabrizio Bocchio, Piero Fiaccavento (dimessosi a seguito del conferimento di incarico per la redazione del piano di protezione civile) cui subentrò Gianfranco Maccarinelli, Leuterio Garzarella, Enrico Masi, Leonardo Bocchio, Carlo Canipari, Clemente Saletti, Ennio Zelini (successivamente dimessosi). PARTE SECONDA Le ricerche su cui questo lavoro si fonda sono state rese possibili dal costante, competente e amichevole aiuto dell’equipe archivistica del comune di Salò: desidero esprimere la mia affettuosa gratitudine in particolare a Gianfranco Ligasacchi e a Giuseppe Piotti. Un doveroso e grato ricordo è per Afra Vezzoli Di Giovine, che promuovendo il restauro delle tavolette lignee della Sala dei Provveditori favorì l’avvio degli studi sul palazzo del Provveditore, per Giuseppe Scarazzini e la sua appassionata opera che ha reso accessibili agli studi lo straordinario patrimonio archivistico di Salò, e per l’amico Piercarlo Belotti, con cui condivisi le emozioni dell’8 settembre 2006, quando presentammo i primi risultati degli studi che qui vedono la luce, e che vorremmo fosse ancora qui a parlarci e darci coraggio. 1. Strumento fondamentale per accostarsi al tema e alle declinazioni che conobbe nei centri dell’Italia Settentrionale sono i saggi raccolti in CALABI 1997a; per un inquadramento nel contesto della politica veneziana in Terraferma si veda COZZI 1997; CALABI 1997b; esemplare, per i riferimenti ai meccanismi nei centri minori, ZUCCONI 1989. 2. Si vedano al riguardo le osservazioni di BONA 1997, p. 149. GOFFEN 1991; si ricordi che l’immagine della Giustizia era rappresentata sulla polena del Bucintoro (COZZI 1997, p. 346). 3. Nel caso di Salò una lucida sebbene tardiva testimonianza dell’atteggiamento della Comunità e dei magistrati veneziani si coglie nell’affermazione con cui in Consiglio viene sollecitata la contrastata approvazione dell’acquisto di casa Bertelli, ritenuto necessario “pro ampliando palatium ressidentiae clarissimorum rectorum quibus debetur maximum honos veluti representantibus illu-
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strissimam dominam nostram Venetiam”, in Archivio della Comunità di Riviera (d’ora in poi ACR), Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 60, c. 173v (1550 novembre 29). 4. Sul trasferimento del capoluogo (1377-1385) e per un sintetico profilo istituzionale e storico della Riviera si veda VARANINI, LANARO SARTORI 2001, p. 251ss.; BETTONI 1880. Per il ripristino della sede madernese, sostenuta adducendo la posizione strategica, problemi di ordine pubblico e minori spese, si veda il decreto di Gian Galeazzo Visconti (1385): “Placet nobis quod potestas vester novus qui illuc veniet et per tempora futura aderat teneatur et debeat stare et moram assiduam trahere in terra et castro vestro Materni et non in terra Salodii”, edito in BETTONI 1880, III, p. 194. 5. Archivio di Stato di Milano, Amministrazione del fondo di religione, n. 1657, Registro documenti 1728-1785 appartenenti alla confraternita di san Giovanni decollato, c. 72v (1785 maggio 21). 6. Per la topografia di Salò si può far riferimento alle puntuali note di LIGASACCHI, SCARAZZINI 1999. Dal mercato inizialmente concentrato in piazza Grola (o Erbaggi) vennero in seguito trasferiti i banchi dei grani, spostati presso il palazzo del capitano (infra). 7. Archivio di Antico Regime del comune di Salò (d’ora in poi AARSalò), Repertori, n. 653, c. 251: “Quod fiat mercatum a blado a palatio domini capitanei supra versus Maternum cum certis capitulis optimis, 1451, a c. 7; mercatum primo fiebat de blado in grola Salodii, et inde levatum, positum fuit ut supra, a carta 10”. Per la richiesta alla Serenissima del trasferimento a Salò della residenza del capitano e del mercato, nel maggio 1454 cfr. ibidem. Questi e altri documenti saranno pubblicati in altra sede a causa della drastica riduzione dell’apparato documentario imposta da esigenze editoriali. 8. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 7, c. 26v (1452 agosto 29). 9. Gli atti salodiani sono registrati in ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 400v: “Pars et electio ad providendum circa ornamentum platee Salodii et pro ampliatione eiusdem platheae, 7 aprilis 1464, ordinamentorum folio 264t”; ibidem: “Pars capta, contradicentibus consiliariis Salodii, quod domus communis Salodii proiciatur ad terram et ibidem fiat una logia honorabilis et ornata cum columnis et pilastris pro ornamento platheae 19 aprilis 1464, ordinamentorum folio 266”; i documenti vennero citati da LONATI 1932, a p. 39, e da PANAZZA 1969, a p. 224. Per Brescia si veda BONA 1997, p. 148, e per uno studio completo FRATI, GIANFRANCESCHI, ROBECCHI 1993. 10. Sul rinnovamento degli spazi pubblici a Bergamo si veda VISIOLI 1997, in particolare p. 166ss., che riporta anche la citazione dall’Itinerario di Sanudo; per Verona: PORFYRIOU 1997, in particolare p. 196ss. 11. ACR, Lumen ad revelationem, inv. Livi n. 695 (d’ora in poi Lumen), c. 99v: “Pars vendendi domum communitatis in qua habitabat spectabilis dominus potestas communi Salodii et aliam emendi 21 octobris 1531, ordinamentorum folio 53; item alia pars similis cum electione executorum 24 septembris 1532, ordinamentorum folio 75”; ibidem: “Ordinamentum quod fabricetur introitus domus noviter empta a ser Bartholomeo Calsono pro habitatione magnifici domini potestatis, et quod fiat scala lapidea 27 dicti, ordinamentorum folio 76”; ivi, c. 334v: “In parte posita vendendi communi Salodii domum in qua habitabat spectabilis dominus potestas apposita est conditio quod dictum commune destruat aliam domum sitam super plathea ut fiat amplior ipsa platea 24 septembris 1532 ordinamentorum folio 75”. 12. PORFYRIOU 1997, p. 210; SVALDUZ 1997, p. 305ss. La diffusione dei leoni marciani stiliti è ricostruita da RIZZI 1997, con pochi episodi quattrocenteschi (in ordine cronologico: Vicenza, Asola, Ravenna, Udine, Brescia, Portogruaro) e una esplosione dopo Cambrai; la scelta della colonna segnala inoltre una volontà di monumentalità assai spiccata. 13. Per il pennone: ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 401: “Deliberatio faciendi fieri unum stendardum in quo sit picta imago sancti Marci ponendi diebus festis super ligno in plathea et super plathea a lino, 10 decembris 1461, ordinamentorum folio 178”; l’antenna verrà rifatta nel 1504 (ACR, Libro di ordinamenti e di provvisioni, inv. Livi n. 23, cc. 30v, 33v; nel 1553 il pennone viene rimosso perchè pericolante, e non si può escludere che l’evento abbia avuto un ruolo per la collocazione – di poco più tarda – dell’imago sancti Marci sulla colonna. Per la colonna con il leone marciano: SOLITRO 1897, p. 511; sugli emblemi marciani a Salò si veda RIZZI 1994-1995, p. 670ss.; IDEM 2001, II, p. 210ss.; per la colonna di Brescia, VOLTA 1989, p. 37. 14. Sul tema: ZUCCONI 1989; per la più antica attestazione dell’orologio si veda AARSalò, Repertori, n. 653, c. 146v: “electio magistri Christophori aurificis ad aptandum horologium 4 aprilis 1474, ordinamentorum folio 144t”, se-
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guita da provvisioni simili negli anni 1479 e 1485 (ibidem). Solo per il 1503 si dispone di una descrizione precisa, con la parte per l’elezione di un fabbro “ad iustandum horas ad turrim horarum et super ratia in platea Salodi”: il verbale è tra le carte della Comunità di Riviera e attesta dunque l’acquisizione da parte della Comunità di quelle strutture (ibidem; ACR, Registro 22, c. 101). Per il rifacimento del 1533, cfr. ivi, c. 147 e qui [doc. 9]. Per una prima edizione di notizie intorno agli orologi di Salò si veda MUCCHI 1937. 15. Per l’orologio antico: ACR, Lumen, c. 147: “Ordinamentum ponendi in opera honorabili in domo communis Salodii empta a spectabilis comunitate horologium seu radium comunitatis, 8 martii 1533, ordinamentorum folio 91”. Nel 1613 vennero chiamati i maestri orologiai Antonio Quartironi da Vicenza e Pietro Finetti (AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 11v) e il lapicida Davide Maffei per la mostra (ivi, c. 14). Per il bassorilievo: ivi, cc. 1516; per le finiture in oro della mostra, c. 17. 16. Per Salò: SANUDO 1483, c. 65v, ed. 1847, p. 86s., per Maderno: ivi, c. 66v, p. 88. 17. GRATTAROLO 2000, p. 131s. 18. Un’ipotesi di datazione tra il 1485 e il 1524 è riportata in FAUSTINI 20032004, p. 19. 19. Per una “casa con bottega sul canton della piazza verso monte”, cfr. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti n. 32, c. 286. 20. Inoltre per la casa a sero parte cfr. AARSalò, Repertori, n. 653, c. 249 (1513 febbraio 1); per la casa della Comunità: ivi, c. 249 (1532 settembre 26), AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 17, c. 129v. Una conferma viene da una nota spese per interventi effettuati in “la casa del comune novamente compra” (AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 539, c. 11). Sull’effettivo acquisto delle case Cattanei, cfr. ivi, c. 248. 21. Per l’effettivo avvio dei lavori cfr. AARSalò, Repertori, n. 653, c. 249 (1545 maggio 10): “Electi ad fieri faciendum modellum secundum quem edificari debet domus comunis a sero parte”; per l’acquisizione dei diritti da usufruttuari e altri: ibidem. Sulla congiuntura degli anni Quaranta qualche cenno in IBSEN 1999, p. 30. 22. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 18, c. 9 (1548 febbraio 25): “Ordinaverunt quod domus communis predicti sita in Salodio a sero parte platee maioris, coheret magister Lutio aromatarius, via et lacus, fabricetur in bona, utili et laudabili forma per honore et utile dicti communis”; negli anni 1548-49 le carte registrano lavori di fondazione e approvvigionamento di materiali (AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541). 23. La documentazione del cantiere è principalmente rappresentata dal registro AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, “Conto delle spese straordinarie fatte nella fabrica delle case di piazza del spettabile comune di Salò”, con cui si coglie lo svolgimento quotidiano del cantiere; al registro si deve aggiungere un gruppo di carte sciolte, tra cui il modello per le finestre (AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 539, cc. 17-26v). 24. BOSELLI 1977, p. 229: i documenti si scalano tra il 1541 e il 1559. Nel 1556 compare tra i sottoscrittori della perizia di parte Palazzi della casa già di Moretto a contrada San Clemente (VOLTA 1993, p. 93). 25. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, c. 24v: “Messer Baptista di Oselli de Bressa inzegniero de’ dar per contadi a lui per conto a far il modello delle case de piazza, fussimo d’accordo in scudi sette d’oro et hebe adì 24 aprile 1548 ducati cinque d’oro lire 17 soldi 5; il contrascritto de haver per il modello delle case fatto in bella et condecente forma secondo l’accordo lire 24 soldi 3”; ivi, c. 39: “[messer Battista de li Oselli de Bressa inzignero alla fabrica de piazza] deve haver per esserli sta’ promesso adì 12 giugno 1550, che ogni giorno che starà a Sallò per la fabrica de piazza oltre il mercato, soldi 6 al zorno”. 26. Sia il Fini, sia il Gamba sono noti per pochi riferimenti documentari coevi (BOSELLI 1977, pp. 133, 145), il Gamba in particolare collabora alla pavimentazione della piazza della Loggia (FRATI, GIANFRANCESCHI, ROBECCHI 1993, II, pp. 252, 283). Per la numerosa dinastia dei Gamba impegnata nell’attività di scultori e lapicidi si veda VOLTA 1989, p. 58. 27. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, c. 25v; ivi, c. 42v-43: “Maestro Francesco, ditto Zicchin, da Santo Ambrosio cavaprede de’ dar conti a lui et compagni a conto delle colonne o sia pilastrate come nel instrumento adì 3 zugno 1548, ducati 9 (lire 31 soldi 10)”; c. 37: “Messer Zoanni Gamba picapreda de Reza’, de’ haver per il lavorar li prede segondo l’accordo cioè pilastri compiti n. 7, lire 140”; c. 54v: maestro Gianfrancesco Fine q. Defendo, di Bornato lapicida in Brescia “si acordò cum messer Baptista dei Oselli a no-
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stro nome a lavorar li cornisoni come nell’istrumento a rason de brazo in soldi trentasei de planete quali mesurati adì 15 otobre furono trovati esser braza centosei once otto, importano lire 192 (…)”. “Nota che adì 4 agosto fussemo d’acordo con il contrascritto maestro Io Francesco di lavorar le finestre secondo li sagume mostrate per precio de lire quatordese l’una; item promise lavorar la porta del conseiio et li forade secondo le sagome al precio rimesso a messer Rainer et io; item fussemo d’accordo che li sia pagati tredisi contraforti che accadeno neli cornisoni quali non eran compresi nel mercato a soldi 12 l’uno, lire 7 soldi 16; item per haver compita la colona avanzò a maestro Zani Gamba, così d’acordo lire 1, soldi 15”. Ivi, c. 65v-66 per il conto di Gian Francesco dal Rì. 28. Ivi, c. 23. 29. Per i documenti sulla decorazione: AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, cc. 21v, 72v-73. Sul Mazzoleni si veda IBSEN 1999, pp. 98, 186. Il dossier documentario di Francesco Violino è raccolto, con qualche errore, da MUCCHI 1940, p. 13ss. 30. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 541, c. 73: “Magistro Francesco da Fino taiapiera de Bressa de’ haver per opere 20 fatte circa l’arma e altre finestre et a far altre cose lire 14; item per la fattura delli scartozzi o sia cartelle de preda negra a soldi 50 l’una n. 8 lire 20”. 31. GRATTAROLO 2000, p. 54. Una conferma ai problemi viene da una parte relativa ad una casa del Comune di cui viene deliberato il restauro “perché ogni dì si va slargando le fissure et anco la casa stessa ha bisogno di reparatione” (AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 29, c. 78, 1600 ottobre 28); nello stesso torno di tempo si procedeva ad armare con chiavi di ferro il palazzo del Provveditore (ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 114v, 1577 aprile 17). La perdurante gravità della situazione è ribadita dalla demolizione di due volte del palazzo del lato orientale, appena terminato, nel 1613 (AARSalò, Fogliazzi, n. 82, c. 32). 32. Per la commissione: AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 25, c. 83 (1574 maggio 16), che fa riferimento ad altra commisione già eletta nel 1559; per il finanziamento del cantiere, ibidem (1576 febbraio 26). Per il Torriani non hanno dato esito le verifiche sui coevi cantieri bresciani e sui repertori cremonesi (a partire da ZAIST 1774) e milanesi (BARONI 1940). Per il palazzo di Barbarano si veda MARTINENGO CESARESCO 1955-56. 33. Nel 1610 viene richiesta una perizia sull’edificio (1610 agosto 25, AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 244v: la gravità della situazione si coglie dagli esiti della votazione: la decisione viene infatti assunta dal consiglio con 50 voti a favore e 3 contrari, in un momento in cui il cantiere di levante era in serie difficoltà finanziarie); negli stessi mesi si stabilisce il trasferimento della sala del Consiglio e dei monti di pietà nel palazzo a est e crolla il soffitto di una delle botteghe ospitate nel palazzo [doc. 21]. Per le prime avvisaglie: AARSalò, Repertori, n. 653, c. 250v: “Quod electi ad fabricam domus platee provideant circa domum ad lacum quae minatur ruinam 9 febrarii 1597”. Per l’avvio della ricerca di fondi per la ricostruzione: AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 248 (1610 ottobre 21). 34. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 539, Libro spese per “la fabrica tra luoco di comunione” (1613 marzo 13-ottobre 5). 35. Per l’avvio della decorazione delle facciate: AARSalò, Fogliazzi, n. 83, cc. 25v (1614 luglio 13), 29 (1614 settembre 7); per la decorazione “a chiaro e scuro” della corte e del soffitto ligneo della stessa cfr. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 20 (1618 febbraio 1). 36. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, cc. 24v (1615 novembre 15); 25-25v (1616 febbraio 18): Bartolomeo Zane o Zanetti, detto Perolino, compare nel cantiere per la realizzazione delle porte (ivi, c. 29) di cui altrove (c. 27v) si descrivono rivestite di “larese d’assi di buon modello” e come perito per l’operato di Livio Fontana (c. 29v). 37. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, cc. 25-25v (1616 febbraio 18), ma cfr. anche AARSalò, Fogliazzi, n. 83, c. 50 (1615 aprile 5). 38. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 3 (1616 dicembre 7). 39. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 30 (1617 luglio 5) e c. 32 (1617 settembre 27). 40. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, cc. 26-26v (1616 giugno 11) e c. 31 (1617 settembre 13). 41. Ivi, cc. 20-20v, 27v. 42. Si veda AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 31: “Item hanno rimesso al detto signor Giulio [Zenari] che s’informi quanto vagliono le due colonne di legno che sono sotto l’antana fatta da detto maestro Livio [Fonta-
na] et con pedestale di legno fatto dal medesimo da metter sopra copola di detta antana”. Al Fontana spettò inoltre nel cantiere la realizzazione degli infissi, e quella delle balaustre lignee dei piani superiori. 43. Per le beccherie: AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 30, c. 326 (1612 gennaio 22); per il “mezado drio de le scale e il vacuo sotto la scala”, cfr. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, cc. 20v, 34; Provvisioni e ordinamenti, n. 31, cc. 159v-160 (1618 dicembre 27). 44. ASBs, Catasto austriaco, n. 1823, nn. 1695, 3778. 45. Per analoghe vicende attribuzionistiche a Verona e Padova si veda ZUCCONI 1989, p. 43s. 46. Sull’architetto (1518-1572) si veda PERONI 1963; PARSCH 1994. Negli stessi anni soluzioni non lontane sono proposte sul Garda (a Desenzano e San Felice, ad esempio) da Giulio Todeschini (su cui si veda PANAZZA 1969, p. 225 con bibliografia precedente). 47. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.8, c. 27. 48. AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 539, c. 227. Per la descrizione del soffitto si veda MARELLI, AMATURO 1997, p. 112ss., RICCIONI 2004, p. 115s., che propone un’interessante identità tematica – quella del buongoverno – sottesa agli interventi nel palazzo del Provveditore e del Comune, anche se si dovrà ricordare che in questo caso non vi fu intervento del provveditore veneziano a indirizzare la commissione e che nel soffitto il Comune celebrò le proprie virtù civili, non quelle della Comunità. 49. AVEROLDO 1700, p. 270; nessuna traccia invece del disegno delle facciate conservato nel Palazzo comunale e citato da PERANCINI 1871, p. 17. Peraltro alcune fotografie di fine Ottocento e dei lavori immediatamente successivi al terremoto del 1901 (si veda ad esempio in GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, p. 44) mostrano ancora chiare tracce della decorazione con una relativamente semplice intelaiatura architettonica. 50. AARSalò, Fogliazzi, 83, c. 29v (1614 settembre 14). 51. AARSalò, Repertori, n. 653.2, c. 38: “Parte di provvedere ai bisogni del palazzo in piazza 21 maggio 1662, f. 40, consiglio speciale, elettione di due alla reparatione di detto palazzo, ibi”; relattione fatta dagli eletti dello stato del palazzo et deliberatione che li eletti alla reparattione di detto palazzo si mettano all’opera, 11 giugno 1662, f. 45”; “auttorità al consiglio speciale ed eletti alla fabrica del palazzo di trattar la reparattione di quello con comparsi 11 febrario 1663, f. 77 detto e ordine de medesimi, f. 78”; “offerta di maestro Andrea Bertoletto per tal reparatione, 9 marzo 1663, f. 79”. 52. Gli interventi sono documentati dal registro spese AARSalò, Cose pubbliche e fabbriche, n. 545.11. Tra le figure coinvolte nell’intervento di risanamento compare l’architetto milanese Domenico Quadro fatto venire da Desenzano (c. 1v), cui può forse essere ricondotto il sistema di chiavi; i lavori vennero affidati ad Antonio Bertoletti “maestro di palificate” (ivi). 53. Per l’incendio manca qualsiasi cenno nei repertori del Comune, salvo quello per l’abbrugiamento di una casetta (AARSalò, Repertori, n. 653.2, c. 38, con riferimento a due parti del 1660); per l’ipotesi dell’incendio del palazzo: PERANCINI 1871, p. 17. Nessuna traccia invece del disegno delle facciate conservato nel palazzo comunale e citato dallo stesso PERANCINI, ibidem. 54. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 25, c. 14v (1572 novembre 9): “Stante (...) relatione quod tectum portici domus communis in plathea in qua fit hospitium (...) per spectabile consulem posita fuit pars quod eligatur unus qui refficere faciat ipsum porticum expensis communis, quae pars capta fuit omnibus balottis”. 55. AARSalò, Repertori, n. 653, c. 249v. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 27, c. 85. 56. Per la fornitura di legnami per la palificazione: AARSAlò, 545.1, cc. 7-7v.; di pietre ancora per le fondamenta, ivi, cc. 9-9v; i lavori di palificazione iniziarono comunque nel 1597 (ivi, c. 13). 57. AASalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 29, cc. 166v, 167, 172, 184. 58. AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 31, c. 148 (anno 1618). La casa ab orologio peraltro era già destinata ad affitto, come si vede in atti del 1596 (AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 28, c. 130v, 1596 gennaio 14, e c. 168v, dicembre 27). 59. Cfr. supra. 60. Sull’episodio si veda AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 40, c. 236, e IBSEN 1999, pp. 46, 193. Nel catasto napoleonico l’edificio è registrato sotto un unico mappale (1697) e la parte verso il lago risulta destinata a gendarmeria. 61. BETTONI 1880, III, p. 286. Per il funzionamento della Riviera – che implicava la residenza in Salò dei tesorieri, dei sindaci generali, dei ragionatti, del
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commilitone e del massaro – si veda BETTONI 1880, II, p. 137ss. La residenza in Salò del provveditore era stata sancita peraltro da Venezia fin dal 1438 e ribadita nel 1443 (BETTONI 1880, II, p. 117): in quest’occasione si stabilì che dovesse risiedere nel palazzo del podestà e venne obbligata la Comunità a provvedere di altra sede il rappresentante bresciano. 62. BETTONI 1880, IV, p. 224. 63. GRATTAROLO, supra; per Brescia cfr. CAVRIOLO 1774, p. 123. Sembra preferibile, all’ipotesi di Grattarolo di una provenienza bresciana delle teste salodiane, quella di una collocazione originaria a Salò, pure coinvolta nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini, cui peraltro le teste vennero collegate forzosamente da Elia Capriolo e dal salodiano. 64. ASBs, Catasto austriaco n. 1823, mappale n. 1694. Nel catasto napoleonico dovevano essere collocate proprio nel palazzo del provveditore. In precedenza le carceri dovevano sorgere sotto il palazzo del rettore, se nel 1474 viene citata una “camera noviter facta in palatio supra carceres” destinata ad aver funzione di camera da letto e da studio per il provveditore (ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18bis, c. 164), ma vedi come nel 1506 venga bucata una colonna del palazzo di sopra per applicarvi un anello per fissarvi la corda per la tortura (ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, c. 185v). Per inciso si può forse collegare ad una struttura connessa o alle carceri o alle torri difensive esistenti in contrada Sant’Antonio – su cui si veda MUCCHI 1937, p. 33 e una voluminosa documentazione in ASBs, Intendenza di Finanza. Soppressioni, b. 75, la struttura in grandi blocchi di rosso ammonitico, tradizionalmente connessa a una torre romana e meglio inseribile nell’edilizia pubblica tra XV e XVI secolo (si veda la banchina dell’arsenale di Salò, o il porto di Desenzano). 65. I regesti relativi alla cancelleria sono raccolti in ACR, Lumen, c. 102v. 66. ACR, Lumen, c. 102v. 67. ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 121v. 68. ACR, Lumen, c. 144v: “Pars faciendi duas armas lapideas unam in memoriam clarissimi domini Hieronimi Ciconia olim capitanei et alteram in memoriam clarissimi domini Leonardi eius filii praesentis capitanei, non obstante aliqua parte in contrarium, 14 maii 1575”. 69. La notizia in GRATTAROLO 2000, p. 95; il decreto è registrato in ACR, Lumen, c. 144. Al contesto dei palazzi pubblici si deve ricondurre anche l’emblema sulla casa già Saletti con il Leone e il motto IUSTITIAM TENEO e le iniziali AN SE. 70. ACR, Lumen, c. 333. 71. CATTANEO 1745, p. 17: “Vicino alla piazza vi è un palagio anch’esso antico e quasi tutto in rovina avegnaché anco si abiti in una parte così malagevolmente per lo presidente o come essi dicono vicario del luogo, del quale così considerando noi la qualità del sito, li fondamenti, le stanze reali ben intese e comode, la grandezza delle sale, loggie e cortili, da muri alti e da peschiere (che invece di fossi servivano) artificiosamente circondato appresso dei quali eranvi (per quello che facilmente veder si puote) orti amenissimi e spaziosi, giardini che ancor delle loro mura parte ne rimangono in piedi, non potemmo se non giudicare questo esser già stato uno de’ più vaghi, adorni e superbi palagi che per addietro veduti fossero in queste contrade, e forse altrove”. 72. COZZI 1997, p. 302s.; cfr. inoltre POVOLO 2004b, p. 28ss.; BOCCATO 2004. Per il palazzo di Salò cfr. LECHI 1973-1983, vol. II, p. 403. 73. SOLITRO 1904, p. 58. 74. Per la dimora del cancelliere: ACR, Lumen, cc. 96-97; per il carcere: ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, cc. 81v-82. 75. Per qualche notizia sul magistrato si veda BELOTTI 2005, p. 161. 76. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18ter, c. 347 (1486 dicembre 29). 77. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, cc. 102, 235v. 78. Nella ricostruzione post-1901 sarebbe stato poi inglobato un altro edificio (mappale 1688). Per l’acquisto di casa Bertelli cfr. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 60, c. 149v; GRATTAROLO 2000, p. 90. 79. La loggia corrisponde al porticato di nord-est demolito a seguito del terremoto del 1901: SCALA 2005, p. 124s. Per la pertinenza demaniale cfr. ASBs, Catasto Napoleonico, b. 44, n. 2054 ai nn. 1690-1691. Per l’ubicazione della cancelleria della Comunità, cfr. ad esempio, AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 7, c. 31: “sub logia superiori platii comunitatis iuxta cancellariam”. Anche questo corpo di fabbrica, dunque apparteneva precocemente al complesso edilizio della Comunità, come conferma del resto l’appartenenza al Dema-
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nio in età napoleonica, e dunque le sedi della Comunità e del Comune erano in realtà separate da un solo edificio, corrispondente al mappale napoleonico 1693. 80. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, cc. 97v, 102. Per la peschiera: ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 115. 81. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18ter, c. 250; inv. Livi n. 23, c. 170v (1506 settembre 25). Sull’edificio, già casa Amadei, si veda LECHI 1973-1983, vol. V, p. 384s. 82. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 22, c. 83v (1503 marzo 14); inv. Livi n. 23, a c. 24 (1504 aprile 24), a c. 25v. 83. Ibidem, c. 102 (1505 luglio 19); ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 60, c. 239 (1551 novembre 29): “Pro picturis factis super domibus aquisitis per spectabilem communitatem versus stratam et super podiolo palatii transversante ipsam stratam a parte versus sero”; GRATTAROLO 2000, p. 90s. Orazio Coclo è l’eroe romano Orazio Coclite che sbarrò agli Etruschi il passaggio sul ponte Sublicio, l’unico che dava accesso a Roma, salvandola: la sua rappresentazione a cavallo è inconsueta e probabilmente indotta dall’associazione con l’altro eroe romano rappresentato dal pittore, Caio Rufo (e non Quinto Curzo Rufo, come descritto, per una confusione con il più celebre storico del I secolo d.C.), che si gettò col proprio cavallo in una voragine apertasi nel Foro, che secondo l’oracolo si sarebbe chiusa solo con un sacrificio. I due eroi si ritrovano nelle stesse fonti: le Historiae di Livio, i Factorum et dictorum memorabilium libri IX di Valerio Massimo e i Triumphi di Petrarca, e la loro fortuna visiva in quegli anni è testimoniata dalla presenza nella decorazione di Lattanzio Gambara nelle case del Gambero a Brescia (1555), anche grazie ai modelli pordenoneschi di Venezia (FIORI 2007). 84. GRATTAROLO 2000, p. 131, ricorda i “seggi dove seggono il capitano e’l suo giudice, e’l podestà et suo vicario, a render ragione a’ popoli, quei nelle cause criminali e miste, questi nelle civili”. Una conferma che questa fosse una situazione già quattrocentesca è fornita dai pagamenti a Giovanni Bastari per le pitture dei banchi: “Item pingendi ad verduras banchum seu tribunal noviter factum pro spectabilibus dominis potestate ac vicario sub logia cum una Iustitia super eo” (ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, c. 204v, 1507 febbraio 27). Per l’immagine mariana: ibidem, c. 65v (1504 dicembre 20). Esemplare la definizione contenuta in una parte del comune di Salò (AARSalò, Provvisioni e ordinamenti, n. 7, c. 23: “sub logia magna palatii comunitatis riperiae sub quo iura reddunt”). 85. Altre rappresentazioni analoghe – anche in virtù dell’identificazione tra la Vergine e Venezia fortemente radicata nella mitologia politica veneziana – si ripetevano anche sulla scala e in alcune sale del palazzo (vedi infra). 86. Cfr. supra. 87. “La Provincia di Brescia”, anno XXXII, n. 320, 20.11.1901, citato in SCALA 2005, p. 124. 88. Gli interventi sono pressochè continui, tanto che non è possibile darne conto, e riguardano in particolare operazioni alle palificazioni e ai muri di facciata: si può solo segnalare la notizia delle riparazioni conseguenti il terremoto, nel 1671: ACR, Repertori, inv. Livi n. 698, c. 170v e seguenti. 89. GRATTAROLO 2000, p. 94. La lettera al consorte Francesco Gonzaga (1514 marzo 23) è edita da PEDRAZZOLI 1890, p. 874ss. Nicolò Madruzzo (1507?1572), fu al servizio dell’Impero, e per le sue imprese venne insignito del Toson d’oro, era capitano di Riva e durante il concilio di Trento era a capo della guardia militare: cfr. VARESCHI 1993, p. 50s. Il cardinal d’Augusta, Ottone Truchsess (1514-1573), fu figura rilevante negli anni del Concilio tridentino e tra i protagonisti dell’attuazione dei decreti nelle terre imperiali. 90. L’attività pittorica di Francesco Cattanei è tutta da ricostruire a partire dalle tavolette della predella dell’ancona del Duomo (IBSEN 1999, p. 78) e da una pala per la chiesa di Nomi, in Trentino (SAVA 2008), e procedette in parallelo con una non trascurabile attività mercantile e amministrativa, connessa anche alla sua appartenenza all’aristocrazia economica salodiana. Ben più nota è l’attività di Giovanni da Ulma, residente in Borgo Belfiore a Salò dal 1475 e fino alla morte avvenuta tra il 1518 e il 1524, e autore di affreschi in Salò, in chiese della Valtenesi e in Valsabbia (Carmine di San Felice del Benaco, San Quirico di Muscoline, San Pietro in Lucone di Polpenazze, San Rocco di Gavardo); Giovanni Bastari (o de Basteri, o Giovannino de Bastari) fu attivo in Duomo nel 1508-1509. Per una puntualizzazione delle figure si veda infra e i documenti riportati in fondo al volume [docc. 3-6]. Su Giovanni da Desenzano, che lavorò in Duomo nel 1501 e nel 1507 (IBSEN 1999, p. 87), si veda IBSEN 1997-98, dove è proposta l’identificazione con Giovanni Marinoni da Desen-
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zano val Seriana (1430 circa – ante 1512), ma vedi qui infra; per il punto su Bartolomeo Otello (pagato per lavori non precisati e mobilio negli anni 15041505, ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 22, c. 84v; n. 23, cc. 30, 43) che nel 1548 realizzerà la splendida cantoria dell’organo e lavorerà per committenze prestigiose a Venezia, Verona e al Buonconsiglio per il vescovo Bernardo Clesio, si veda ancora IBSEN 1999, pp. 38s., 98. Tra gli altri intagliatori, si segnalano maestro Bertolino – cui è affidata la realizzazione del mobilio della camera privata del rettore – e Ludovico Franceschi di Salò, pure impegnato in “una camera pallatii” (ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 19, c. 19v, 1498 maggio 2). 91. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 22, cc. 65v (1504 dicembre 20), 102 (1505 luglio 19). 92. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 22, c. 82ss. (1503 marzo 14); Livi n. 23, c. 180ss. (1506 novembre 10). 93. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18ter c. 49v; Livi n. 19, p. 164v (1502 maggio 31). 94. Ibidem, cc. 164-169v (1474 novembre 18 – dicembre 13): l’importanza dell’opera trova diretta conferma dal fatto che, contestualmente alla commissione all’intagliatore, furono eletti due periti per valutarne l’operato, ai quali venne associato un terzo esperto per giudicare l’opera di Giovanni da Ulma. 95. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, c. 140 (1506 febbraio 21). 96. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18ter, c. 255 (1484 maggio 4): “Item ordinatum fuit quod fiat buletta magistro lohanne Theutonico pictore de libris X planetis pro completa solutione sue mercedis pingendi frisium super sala pallatii et alia et pingendi arma magnifici et clarissimi domini capitanei cum insigne sancti Marci super facie pallatii versus lacus”. 97. Recuperate nel 1981 e, dopo un primo intervento nel 1985, restaurate nel 2004-2005, sono quanto resta di almeno 128 elementi del soffitto: sul ciclo si veda BEGNI REDONA 2002, BONFADINI 2002 e 2005, IBSEN 2002; per il restauro si veda MASSARDI 2002. 98. Ibidem, c. 348v (1487 gennaio 6): “Item ordinatum et deliberatum fuit quod, ad honorem omnipotentis Dey eiusque gloriosissime virginis domine sanctae Mariae matris, pingatur et pingi faciat sindicus predictus imaginem gloriosissime Mariae virginis ad altare noviter constructum in palatio ubi erat ecclesiolam”; cfr. anche ibidem, a cc. 365v, 369 e appendice documentaria. Per gli atti borromaici cfr. ora Visita apostolica e decreti 2007, p. 316. 99. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, c. 188 (1506 novembre 14); c. 87v (1505 aprile 29): “Unam lanceriam in sala magna pro lanceis magnifici domini capitanei”. 100. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 67: il pittore è incaricato di realizzare gli stemmi di Francesco Corner “tam in palatio quam sub logia”; per l’attività in Duomo mi permetto di rinviare a IBSEN 1999, p. 100. 101. ACR, Lumen, c. 147. 102. Per i lavori del 1550 e 1559 cfr. ACR, Lumen, c. 143v. 103. Per il dipinto di Bertanza cfr. MARELLI, AMATURO 1997, p. 87s. e RICCIONI 2004, p. 114 e infra, che attribuisce – seguendo il suggerimento dell’iconografia ma senza sostegni documentari – al magistrato veneziano la commissione del dipinto intorno al 1615 (quando in realtà al Barbaro era già subentrato il successore) e la definizione dell’iconografia stessa. Dell’originaria collocazione della tela nulla si sa se non che a fine Ottocento si trovava nella sala del Consiglio del palazzo comunale (PERANCINI 1871, p. 17). A causa delle modeste dimensioni (100 x 74 cm), non è facile immaginare su un altare (ma la descrizione del Borromeo suggerisce davvero uno standard minimo) l’Annunciazione ora nel palazzo comunale, di un modesto pittore di metà Cinquecento, erede di certi modi di Zenone Veronese (lo Zenari?) e debole echeggiatore di formule tizianesche (sul dipinto: RICCIONI 2004, p. 115 e infra). Manca all’appello anche l’immagine per l’altare del palazzo verso strada, su cui si veda ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 60, c. 173v: pagamento a Francesco pittore (il Cattanei) “pro pictura altaris erectis in palatio versus stratam pro commoditate magnifici rectori et capitanei in videndo missam”. 104. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 73, c. 360. 105. L’attribuzione a Celesti venne formulata già da PERANCINI 1871, p. 18; l’attribuzione ad Alessandro Campi si deve invece a MARELLI 2000, p. 205, cui si rinvia anche per un profilo dell’artista: se accolta oltre che per la cornice, anche per il dipinto, la cronologia imposta dalla magistratura del Condulmer testimonierebbe peraltro la gravitazione del pittore nell’orbita del Cele-
sti ben prima dell’arrivo di questi nel Bresciano; il complesso era stato ricondotto da RIZZI 2001, p. 211, n. 2003 all’iniziativa di Paolo Semitecolo. 106. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 83, cc. 235-235v. 107. PAGLIA 1960, p. 130. Del dipinto oltre alla testimonianza del Paglia non vi è altra traccia, e neppure compare nella letteratura recente (ANELLI 1996). 108. Sul dipinto e sul contesto della commissione si veda ZANE 2004, p. 112; RICCIONI 2004, p. 119, e infra, con l’avvertenza che la figura femminile rappresenta la Riviera. PERANCINI 1871 registra la grande tela sullo scalone del palazzo comunale; del dipinto si conserva il bozzetto presso il Vittoriale, come mi ha gentilmente comunicato Anna de Santi. 109. ACR, Lumen, c. 98v: “Pars excellentissimi maioris consilii eligendi provisores Salodii et quod communitas rectori qui mittitur ex Brixia de una domo providere debeat, 20 octobris 1443, registro membranaceo, f. 22”; la decisione del consiglio è seguita il 19 dicembre dello stesso anno da una ducale che stabilisce “quod dicto domino potestati fiat habitatio penes palatium qua sit habilis, eo congrua, parata necessariis”. 110. ACR, Lumen, c. 98v: “Commissio magnifici domini potestatis in qua dicitur quod ei provideatur de habitatione convenienti cum praeparamentis et utensilibus idoneis, ultimo maii 1458, registro membranaceo, folio 45 tergo”; ancora due anni più tardi si registrano provvisioni analoghe (ibidem). 111. ACR, Lumen, c. 98v (1460 maggio 3) e 1462 agosto 19 (c. 203). La prassi è ben documentata anche negli altri centri della Terraferma, come Bergamo. 112. ACR, Lumen, c. 99. Altra e ben più grave coabitazione si segnala nel 1472: “ordinamentum dandi sex assides et duos cavalettos spectabili domini potestati pro ponendo lectum suum propter cimices” (ibidem). 113. ACR, Lumen, c. 98v-99. 114. ACR, Lumen, c. 98v. 115. ACR, Lumen, c. 99v. 116. ACR, Lumen, c. 99v. 117. ACR, Lumen, c. 99v. 118. Per i lavori ACR, Lumen, c. 101; per l’incendio ACR, Repertori, inv. Livi n. 695, c. 120v. 119. Per la descrizione di Grattarolo cfr. supra; per il porto: ACR, Lumen, c. 99v e passim; per il poggiolo, ivi, c. 101, per l’altana, ivi, c. 102v. 120. ACR, Lumen, c. 100 e 100v. per le impannate: 1564 ottobre 31; passim per gli altri provvedimenti; la ducale di Francesco Foscari del 1448 si può leggere in BETTONI 1880, III, p. 287. 121. Si pubblica con gli opportuni aggiornamenti e revisioni il testo già edito nel 2002 (Opere, congetture, documenti per la pittura a Salò (1475-1513), in Tavolette lignee 2002, pp. 69-84). Molto in queste pagine è frutto di suggerimenti e consigli di amici che sono intervenuti al momento della prima stesura di questo testo e durante il lavoro di revisione: senza il paziente sostegno e il consiglio di Marco Albertario non avrei avuto il coraggio di riprenderlo e riscriverlo, ma mi è caro ricordare anche i lunghi colloqui e l’attenzione con cui Giovanni Agosti e Vincenzo Gheroldi seguirono la prima stesura, evitandomi errori e suggerendomi percorsi d’indagine e rinnovare la gratitudine verso Paola Bonfadini che condivise con entusiasmo l’avventura dello studio dei soffitti salodiani e verso Franco Ligasacchi, Augusto Rizza e Gianbattista Signorini, gli amici dei seminari di Giovanni Agosti con cui affrontai dubbi e scoperte, Ugo Spini della Biblioteca dei Civici Musei di Brescia, Piera Tabaglio e Giuliana Ventura dell’Archivio fotografico dei Musei di Brescia. 122. Per non appesantire il testo, laddove non siano intervenute novità, per le analisi e i profili bibliografici delle opere del Duomo mi permetto di rimandare a IBSEN 1999; qualche considerazione aggiuntiva è in IBSEN 1997-1998 e 2003. Per i soffitti lignei bresciani si veda ora BONFADINI 2005; AGLIO 2005. Per le tematiche inerenti i soffitti lignei si veda GIORDANO 2005. 123. Sul Dossi mi permetto di rinviare a quanto scritto in IBSEN 2002. Per la cronologia del soffitto i dati della moda comunque confermano una cronologia nel primo decennio del secolo (BONFADINI 2002, p. 63), anticipabile al decennio precedente che porrebbe la realizzazione nelle mani del Dossi o di Baldassarre Gemi, arciprete tra il 1505 e il 1509 strettamente legato al Dossi e pure attivo promotore delle arti in Duomo, come ricorda anche il suo sigillo tombale. 124. Alle stesse conclusioni è giunto VALENTI 2005-2006; anche BARTOLETTI 2007 esprime qualche riserva sull’ascrizione del ciclo della sala dei Provveditori. 125. Per l’opera di Giovanni da Ulma per la Comunità di Riviera si veda ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18ter, cc. 169ss. (1474 dicembre 13), 255, 347, 369; inv. Livi n. 19, cc. 5, 18, 31, 160v; inv. Livi n. 22, e 17v; inv.
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Livi n. 23, cc. 9, 102, 149, 230, 235v. inv. Livi n. 25, c. 103v (1508). Alla generosità di Franco Ligasacchi devo la conoscenza di un pagamento a Giovanni da Ulma del comune di San Felice per opere varie, tra cui “aver depinto la raza”, ossia la mostra dell’orologio (Archivio Storico del comune di San Felice, 32, Libro cassa del comune 1475-1505, c. 159). Sull’artista si vedano le notizie in PANAZZA 1969, p. 229; BOCCHIO, VALOTTI 2004. 126. VALENTI 2005-2006. Accanto ai dipinti di Solarolo e di Eno, si devono ricordare la Processione dei santi crociferi, proveniente dalla canonica del Duomo di Salò, che esibisce marcate affinità con un foglio dell’ambito di Giovanni Maria da Brescia (I tre Ordini), la Madonna con i santi Rocco e Sebastiano (1512) e la Natività dei Santi Nazaro e Celso di Renzano sfigurati dai restauri (attribuiti a Giovanni Maria da Brescia da BARTOLETTI 2004), e una serie di dipinti murali su facciate di Salò e del territorio limitrofo. Tra il 1513 e il 1514 cade un’ingente serie di dipinti in Valtenesi, dall’Imago Pietatis in San Pietro in Lucone a Polpenazze (1513), al pannello frammentario con la Madonna e donatore in San Quirico di Muscoline, alla decorazione della chiesa della Trinità a Solarolo di Manerba. Vero e proprio raffazzonamento di bottega è il Giudizio Universale della chiesa di San Michele a Gardone Riviera (1520), mentre più problematico è l’inserimento dei dipinti della cappella della navata meridionale di San Pietro in Lucone a Polpenazze, con i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti, che si lega coerentemente al percorso stilistico dell’artista intorno al ’15: tuttavia BOCCHIO 2002, p. 43 (n. 43) ha posto in relazione con i dipinti il verbale della visita del 1532 di Matteo Giberti a Polpenazze in cui si riferisce dell’intendimento del preposito Antonio Maria Previdi: “se ex devotione velle facere unam capellam in dicta ecclesia in honorem 4 evangelistarum et iam iussisse fieri figuras” (FASANI 1989, p. 1176); conseguirebbe per i dipinti una data fine degli anni Venti, che inficierebbe l’assegnazione al pittore. Ancora Gabriele Bocchio (ivi, p. 41, n. 30) ha integrato il corpus dell’artista con la Sant’Agata dipinta nella chiesa di Santa Maria Valverde a Villanuova, sulla decorazione di questa chiesa ad opera del Maestro di Solarolo si veda ora BARTOLETTI 2008. In parte questi dipinti erano stati messi in serie da chi scrive (IBSEN 1999, p. 159, n. 22): altre relazioni sono rilevate da BARTOLETTI 2001 e TEDESCHI 2001. Sul fronte degli aggiornamenti critici BARTOLETTI 2007 – con qualche fraintendimento sulle proposte di chi scrive e con qualche imprecisione sulla ricostruzione della vicenda bibliografica – sposta ora il gruppo all’ambito di Giovanni Maria da Brescia, indicazione che sicuramente recepisce il forte ruolo di modello delle incisioni del maestro carmelitano per queste opere. 127. La Madonna tra i santi Alberto e Angelo, nel santuario del Carmine a San Felice del Benaco (1487) agevolmente confrontabile con le tavolette del Comune e in cui si rileva una relazione con le stampe di Giovanni Maria da Brescia, che ha indotto BARTOLETTI 1999 e 2001, p. 164, ad attribuirle allo stesso carmelitano bresciano e ora più prudentemente al suo ambito (BARTOLETTI 2007). A questa prova dovrebbero saldarsi due dipinti della pieve di Manerba del Garda: la Madonna fra i santi Apollonia e Antonio, in sacrestia, dalla ricchezza cromatica e dalle cadenze stilistiche bembesche isolate nell’opera del pittore, e il trittico nella navata (1493), in cui coesistono un accentuato linearismo e la ricerca di nuova plasticità, che tradisce lo studio di Paolo Cailina il Vecchio. 128. Esemplari per ricchezza descrittiva sono alcuni inventari della famiglia Guizzerotti (ASBs, Notarile di Salò, b. 8). 129. SAVA 2008. 130. Per l’attività del Cattanei nel Palazzo del provveditore, cfr. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 18bis, cc. 54 (1471 luglio 23), 129, 231, 295v; inv. Livi n. 18ter, cc. 65v, 365v (1487). 131. Certamente si trattava di artisti di altissimo credito se il provveditore Trevisan li condusse con sé (“magistri anchonae qui secum ex Venetiis conduxit”) sotto le feste di Natale del 1488; un’ulteriore conferma all’ipotesi viene dal silenzio sul nome di questi – così come del pittore giunto ex Venetia nel 1499 – quasi si dovesse tutelarne il prestigio professionale in caso di mancato accordo, come difatti avvenne. 132. Su Pietro Bussolo non esiste ancora uno studio che ne restituisca la complessità culturale e la personalità, ma anche l’attività di collaboratori: per un profilo si veda CASCIARO 2000, pp. 43-57, CASCIARO 2004 e CASCIARO 2005, pp. 101-103, con riferimenti bibliografici; si veda inoltre VENTUROLI 2005, p. 198; per le vicende gardesane mi permetto di rinviare a IBSEN 2003. In merito all’attività di Bussolo in Duomo prendo atto delle osservazioni di Paolo Venturoli (VENTUROLI 2000 e ora IDEM 2005, p. 82), ma continuo a ritenere certa la
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cronologia al 1499-1500 del complesso di statue dell’ancona, dal momento che ancora nel 1499 il Comune cercava pittori per le tavole (AARSalò, Massaria, n. 516, c. 98: “Item quod numeravit magistro qui venit ex Venetiis pro pingendo anchonam de mense augusti 1499, libras 6, soldos 4. Item quod numeravit magistro Liberali de Verona qui venit Salodium ex Verona pro pingendo anchonam, libras 2”) e che nello stesso anno aveva inviato un deputato del Consiglio in sopralluogo a Bergamo “pro videndo unam anchonam” (ibidem). 133. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 23, c. 130 (1505 dicembre 30). 134. Un riferimento alla temperie leonardesca mi sembra da cogliere nella pensosa fisionomia della Vergine; il rapporto con il linguaggio di Bramante, di cui Bussolo appare sensibile interprete in campo scultoreo, si può leggere in ALBERTARIO 2008. La relazione di Salò con la scultura milanese non si esaurisce con Bussolo ma conosce un altro, straordinario capitolo con la commissione del portale a Gasparo Coirano e Antonio della Porta, che ora Vito Zani ha identificato in Antonio Mangiacavalli (ZANI 2008, pp. 190-194). 135. I documenti che legano il maestro bresciano a Salò sono pubblicati in IBSEN 1999, p. 178. 136. IBSEN 2003; per l’altar maggiore di San Bernardino l’ipotesi si lega alla considerazione che il dipinto di Zenone Veronese dovette costituire un rinnovamento della pala precedente; tuttavia delle tre statue non è stata rinvenuta traccia negli inventari delle soppressioni di San Bernardino, e particolarmente incerta è la provenienza del Sant’Antonio attualmente in Duomo. La Madonna col Bambino di Piano di Bovegno, è stata pubblicata sotto il nome di Maffeo Olivieri (GUERRINI 2006, p. 79ss.), di cui non sembra di ravvisare le caratteristiche; a favore dell’attribuzione a Bussolo – con cui concorda Mariolina Olivari che ringrazio – sembrano invece andare la resa del panneggio, le caratteristiche fisiognomiche del Bimbo e certa fissità espressiva della madre che caratterizza l’opera matura dell’intagliatore. 137. Lo scioglimento della controversa questione si deve a Marco Tanzi, che ringrazio per il confronto, che ha felicemente individuato l’autore del dipinto salodiano nel pittore delle sette tele dei Disciplini di Asola (le si veda in I secoli delle confraternite 2002, pp. 80-81), con cui la pala di Sant’Antonio abate presenta rapporti palmari, pur distaccandosene sul piano qualitativo, e salda queste opere all’attività asolana di Giovanni Antonio de Fedeli (TANZI 2007, p. 59); per la ricostruzione dell’attività del De Fedeli a Asola si veda BUGANZA 2006, p. 82s. Per l’equilibrio tra caratteri veronesi ed esperienze lombarde avevo proposto, come fragile ipotesi di lavoro, un confronto con l’opera di Gian Francesco Caroto poco dopo il 1510 cogliendo nei volti del San Sebastiano e del San Rocco un’eco del Gaudenzio Ferrari dei primi anni del secondo decennio. 138. Avevo pubblicato il trittico, prima del restauro, riconoscendovi una matrice lombarda, con forti tangenze con l’ambito bergamasco, ma anche cremonese (IBSEN 1997-98). Per Altobello giovane, il cui nome pone comunque non pochi problemi anche come riferimento stilistico e mi sembra da spendere con grande prudenza, si veda FRANGI 1988; BALLARIN 2006, pp. 152s. e passim. 139. Sul Martinazzoli e sulla vexata quaestio dell’identità tra Martino da Gavardo e Martino Martinazzoli da Anfo si veda ANELLI 2002, che si oppone a tale identificazione e, su posizioni opposte, GUERRINI 2002. La questione mi sembra risolta da uno stato d’anime che attesta la presenza a Salò di “magister Bastianus de Martinazolis de Gavardo 70rius, magister Martinus pictor eius filius” (AARSalò, Liber testarum, n. 607, c. 11v). 140. La vicenda si può percorrere nel carteggio dannunziano a partire dalla lettera di Giancarlo Maroni dell’11 novembre 1923 (regesto in TERRAROLI 2001, p. 235); il soffitto non giunse mai al Vittoriale per l’impossibilità di trovargli una collocazione. 141. In questo caso, forse, si potrebbero riconnettere alla Madonna e allo stemma un pagamento del luglio 1509 “pro picturis in palatio” a Giovanni Bastari (ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 28, c. 20 (1509 luglio 5). Il documento è stato accolto nel regesto del pittore in occasione della mostra del 2006 (BUGANZA, PASSONI 2006, p. 399). 142. La lettera – malintesa – era stata pubblicata da Mucchi nel 1932; la trascrizione completa, emendata, si trova in IBSEN 1999, p. 186. Per un aggiornamento su Zenone, che ne illumina la complessità culturale e la qualità, in particolare della felice stagione emiliana, si veda ora MAZZA 2007. 143. ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, n. 73, c. 322 (1602 maggio 22).
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144. Sull’artista oltre alla monografia di MARELLI, AMATURO 1997, si veda l’attento profilo tracciato da FISOGNI 2007, p. 344ss. 145. Per Gian Pietro: ACR, Libro di ordinamenti e provvisioni, inv. Livi n. 67, c. 261; per Stefano, ACR, Lumen, c. 144v: “electio magistri Stephani Magnavini ad pingendum insigna et festonos clarissimorum rectorum in omnibus adventibus mercede libras 20, 27 novembris 1593, ordinamentorum folio 110, revocata 14 maii 1595, ordinamentorum folio 142t”. Stefano venne richiamato all’incarico nel 1598 (ivi, c. 145). 146. AARSAlò, 545.1, c. 76v. 147. AARSAlò, 545.8, c. 17. 148. La proposta è di Isabella Marelli in MARELLI, AMATURO 1997, p. 34s., ma, come rileva ANELLI 2002, la documentazione della commissione a Pietro Magnanino, nel 1610, va riferita piuttosto alla cornice; tuttavia non convince neppure l’attribuzione dello studioso ad Antonio Gandino, con cui mal si concilia certa grevità e il palmismo superficiale del dipinto, caratteri che si ritrovano esasperati nella deposizione di Orazio Pilati nella parrocchiale di Polaveno, accostata al dipinto valsabbino da GUZZO 2006, p. 255, n. 78. 149. GRATTAROLO 2000, p. 95. 150. Si veda ERNST 1998; PIZZAMIGLIO 2004, pp. 103-105, 117-121. 151. Per Vincenzo Neriti, di cui nulla dice il Brunati oltre la notizia del Grattarolo, va segnalata la singolare omonimia con un contemporaneo compositore salodiano, frate carmelitano e autore di raccolte di madrigali e di musiche sacre, che compare di volta in volta come musico et capellano della sacra cesarea maestà dell’imperatore Rodolfo (nella prima raccolta di Canzonette a quattro voci pubblicate a Venezia nel 1593) o come maestro di capella nella Chiesa Maggiore di Salò nelle successive raccolte. Cfr. MISCHIATI 1992. 152. Per i dipinti cfr. IBSEN 1999, p. 106s. Sui due artisti si veda ora FRISONI 2007; sulla pala del Marone a Barbarano cfr. MARELLI, AMATURO 1997, che ricorda anche le due pale di Palma (ora a Milano e a Lonno, su cui cfr. MASON RINALDI 1990, OLIVARI 1996) raramente chiamate in causa nelle vicende legate alla presenza del pittore veneziano a Salò. 153. ASBs, Intendenza di finanza, soppressioni, b. 75, fascicolo Salò cappuccini. I dipinti del Montalto e dell’anonimo romano sono registrati già da AVEROLDO 1700; su Stefano Danedi detto il Montalto (1608-1689) cfr. TIRLONI 1985. 154. Sull’artista (1542-1618) si veda PALLUCCHINI 1981, p. 37ss, BINOTTO 1999a; per un rapido profilo: BINOTTO 1999b, con bibliografia; i dati biografici dell’artista sono stati precisati da BATTISTELLA 1995. 155. La vicenda è percorsa in GUZZO 2006. 156. I dipinti di San Bernardino – inediti – mi sono noti da foto degli anni Novanta, ringrazio Fiorella Frisoni per i preziosi consigli; i dipinti del Carmine sono andati distrutti con la chiesa nell’Ottocento. Sul Tonnolini si veda MISCHIATI 1992; DEL SILENZIO 2002, p. 1229; New Grove Dictionary 2001. 157. Bongianni Grattarolo, nell’Historia della Riviera di Salò (1599), così descrive quell’isolato “Nella piazza poi che non è molto lontana verso levante, sono sopra alcuni altri portici soffolti da sette pilastri con sette colonne ioniche quadre, alcune sale dove si rauna un altro Consiglio particolare delli huomini di Salò, e dove si fa un monte di pietà, che presta denari ai poveri, ed altri appartamenti e fondachi verso sera” (GRATTAROLO 2000, p. 131). 158. Notizie in merito sono in FAUSTINI 2003-2004. La consultazione di questo testo è risultata essenziale per la compilazione di queste note. 159. GRATTAROLO 2000, p. 53. 160. Inventario d’Archivio di Antico Regime, presso Archivio della Magnifica Patria, Salò, citato in FAUSTINI 2003-2004, p. 25. 161. M. Ibsen, comunicazione orale. 162. Le informazioni riguardanti questo periodo (1899-1901) sono contenute nella cartella di archivio al numero I, categoria I, classe XI, presso l’Archivio storico del municipio di Salò (A.S.M.S.), citato in FAUSTINI 2003-2004, p. 29. 163. Copia del telegramma inviato da Pio Bettoni al quotidiano “La Provincia di Brescia” è in Il violento terremoto di ieri, “La Provincia di Brescia”, anno XXXII, n. 301, 31 ottobre 1901. 164. Danneggiamenti i registrano a Caccavero e Soprazzocco; alcuni feriti si segnalano a Vobarno, Maderno in cui “la superficie del lago fu vista traballare come bollisse”, a Montichiari, a Toscolano, Fasano, Roè Volciano, Bedizzole, Desenzano, Paitone, Botticino, Rezzato, Nuvolento, Gavardo, Nozza, Bagolino, Bovezzo, Gardone Val Trompia, Carcina, Concesio, Lavone, Colombaro, Castenedolo, Lograto, Carpendolo, Castiglione delle Stiviere, Lovere, Piadena e Milano. L’onda sismica fu avvertita anche oltre regione: in Liguria, nel Veneto e in Emilia Romagna. L’elenco dei comuni colpiti si aggiorna
il giorno successivo il sisma: pietre si staccarono dalle montagne limitrofe a Caino, crolli di camini e formazione di fessure si notarono a Calvisano, Visano, Adro, Sulzano, Longhena, Moniga, Sirmione, Breno, Pian di Borno, Guidizzolo, Dello, Oriano. A San Felice di Scovolo “la scossa danneggiò tutti i fabbricati anche quelli meglio costruiti” così come a Muscoline, Navezze di Gussago, Polpenazze e Manerba. Ancora il terremoto, Per i danni di Salò L’interessamento dell’On. Zanardelli, “La Provincia di Brescia”, anno XXXII, 5 novembre 1901, n. 303. 165. Il terremoto nel bresciano, “La Sentinella di Brescia”, 31 ottobre 1901. La triste condizione attuale di Salò – abbiamo da Salò in data 10 corr.: “Chi, avendo veduto la nostra città prima del terremoto del 30 ottobre scorso, tornasse qui ora, dovrebbe esclamare: Oh quam mutatus ab illo! È uno spettacolo doloroso! È una lunga fila di case destinate a scomparire e forse con esse buona parte della spiaggia! È naturale che nel giorno del dolore il pensiero si elevi a Colui che punisce e consola. Uno spettacolo molto commovente presentava oggi questa popolazione, che improvvisò un generale, imponente, devotissimo pellegrinaggio alla Madonna del Rio a Renzano, distante circa 4 chilometri dalla città, allo scopo di implorare la cessazione del pericoloso flagello. Ho accennato alla probabile scomparsa della parte inferiore di Salò verso il lago. Sarà un lavoro che farà mutar fisionomia alla città nostra. Che se l’abbattimento di tante case ora pericolanti porterà dei danni incalcolabili, ne avvantaggerà la parte estetica, e in seguito Salò potrà averne un giovamento economico e materiale. La Commissione dei monumenti ha deplorato i notevoli guasti artistici nel Duomo, ma non vi riscontrò gravi danni materiali nel fabbricato, come ne era corsa la voce”. In “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIV n. 259, 12 novembre 1901. 166. Lo stesso Grattarolo a fine Cinquecento commentava: “È vero che per la ripidezza delle rive, e per lo continuo batter dell’onde la più parte delle facciate di esse case verso il lago non si possono mantenere tanto, che a longo andare non minaciano ruina, e non ruinino, facendo brutta la prospettiva loro da quella parte”, GRATTAROLO 2000, p. 108. Lo stesso “Gazzettino del Circondario di Salò” del 4 gennaio 1890 annotava: “Le case di Salò verso il lago sono pericolanti, tutti lo sanno; il terreno su cui poggian va di giorno in giorno cedendo, tutti lo constatano: mi consta che lo Stoppani, il celebre geologo che le ha visitate anni sono, confermò colla sua dotta parola, che in cent’anni le case verso il lago, saranno nel lago”, citato in GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, p. 107. 167. BALDACCI, STELLA 1902, p. 14-16. 168. Il ministero dei Lavori Pubblici nominò una commissione composta dagli ingegneri Coletta, Arimondi e Rossi, degli uffici del Genio Civile di Milano, Torino e Brescia, che operò, tra il 3 e il 7 novembre 1901, in parallelo alla commissione tecnica comunale formata dagli ingegneri Arrigo Arrighi, Giovanni Quarena e Angelo Fuchs. Nel 1902 una terza commissione, formata dai geologi Luigi Baldacci e Antonio Stella, completò il lavoro con approfondimenti geologici e geodinamici. 169. BALDACCI, STELLA 1902. 170. Pei danni del terremoto, “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIV, n. 252, 5 novembre 1901. 171. Altre scosse di terremoto, “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIV, n. 255, 7 novembre 1901. 172. Pei danni del terremoto… citato; I danni di Salò. Le relazioni delle Commissioni Comunale e Governativa, “La Provincia di Brescia”, anno XXXII, n. 329, 29 novembre 1901. Si veda anche Commissione tecnica comunale, Relazione e stima sommaria sul valore dei danni arrecati dal terremoto del 30 ottobre 1901 alla città di Salò, Salò 1901. 173. “Per la parte interna della città il danno fu calcolato in L. 226 mila se si considera che sono caduti oltre mille fumaioli, che in questi giorni si ordinarono oltre 500 quintali di ferramenta per chiavi e che tutti i muratori dei dintorni furono richiamati in città, e vi lavorano quasi da un mese e che, ciò malgrado, non si poterono che iniziare le riparazioni”. I danni di Salò… citato. Si veda anche Commissione tecnica comunale, Relazione e stima sommaria… citato. 174. Relazione tecnica governativa ingegneri Rossi, Arimondi e Coletta, 11 novembre 1901, presso A.S.M.S., Cart. 153, Cat. X, Classe X, fascicolo 5, dove è pure custodita la Relazione tecnica comunale degli ingegneri Angelo Fuchs, Giovanni Quarena e Arrigo Arrighi, 26 novembre 1901 (fascicolo 3). 175. BALDACCI, STELLA 1902, p. 21; COZZAGLIO 1901; COZZAGLIO 1902. 176. I provvedimenti del Governo per Salò. Il Comizio di ieri, “La Sentinella Bre-
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sciana”, anno XXXXIII, n. 337, 9 dicembre 1901. 177. La triste condizione attuale di Salò, “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIV n. 259, 12 novembre 1901. 178. La risurrezione di Salò, “La Provincia di Brescia”, anno XXXII, n. 339, 9 dicembre 1901. 179. Altro comizio per i danni del terremoto, “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIV, n. 282, 9 dicembre 1901. BELOTTI 2004, p. 164; SIMONI 1992, p. 164; SCALA 2005. 180. Oltre al testo di GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, notizie in merito sono in COMINI 2002. 181. A.S.M.S., Cart. 157, cat. 10, cl. 10°, fasc. 5, 1903, Relazione della Commissione di Revisione del progetto del piano Regolatore e di Ampliamento della città di Salò, 2 marzo 1903. 182. “Raro avviene che chi fabbrica s’adatti a farlo altrove che sul lago, ond’é che questo spesseggiar di case sulle rive, impedendone o quasi l’accesso e rubandone perfino la vista, toglie alle nostre terre molta parte della loro caratteristica bellezza e fa parere irrisorio l’aggiunto che hanno di lacuali. Ormai a questo siamo ridotti che per lunghi tratti – in Riviera specialmente, ma nella Gardesana altresì, e non nelle vie interne soltanto ma anche nelle rurali – il passeggero che vuol godere la vista del lago, é costretto ad allungare il collo e lo sguardo su pè comignoli de’ tetti, tra’ fumaioli, o litigar cogli angoli e la gibbosità dei fabbricati per intravvederne qualche spicchio nel fondo dei vicoli angusti ed uggiosi. Continuando di questo passo, non andrà molto che il lago diventerà l’araba fenice per tutti quei miseri – e sono i più – che non hanno case alle rive; e intanto le belle colline e facili apriche, piene d’aria, di verde e d’allegria, da cui più serena e raggiante appare l’onda azzurra che palpita e trema, attendono il danaro del ricco e l’architetto sapiente che le richiami a nuova vita e le trasformi con beneficio di tutti”, SOLITRO 1897, p. 518, citato anche in BRUGNOLI 1983. 183. CIGOGNETTI 1991. 184. Documento conservato nell’archivio comunale di Salò, citato in FAUSTINI 2003-2004, in G. P. TRECCANI (a cura di) 2005. 185. È solo il caso di un cenno a Messina dove, ad esempio, vi sono incentivi per l’abbattimento degli edifici sinistrati. La normativa del 1909 dà, infatti, facoltà ai proprietari di riparare o abbattere il proprio fabbricato se compreso tra quelli classificati “parzialmente utilizzabili”, accollando allo Stato, nel caso dell’abbattimento, gli oneri della demolizione e sgombero delle macerie. Altrimenti il proprietario è costretto, in tempi spediti, ad intraprendere l’adeguamento dell’immobile alle norme antisismiche (quali l’abbattimento dei piani superiori il secondo o le parti pericolanti); il che, in sostanza, equivale ad una certa convenienza economica a demolire anche i fabbricati parzialmente conservati. 186. Relazione tecnica di accompagnamento al nuovo piano regolatore, febbraio 1903, A.S.M.S., Cat. X, Classe X, Cart. 155, fascicolo 3. 187. SCHIANNINI 1996. 188. “L’11 corrente vennero affissi alle cantonate di Salò e sulla facciata del Municipio parecchi fogli manoscritti dove, con vivaci e risentite frasi, il Comitato per la classe operaia chiede all’Amministrazione comunale che voglia procedere all’incominciamento dei lavori edilizi onde procurare all’operaio disoccupato il necessario lavoro e prevenire così fatti che potrebbero produrre dolorose conseguenze. Quantunque a noi fosse ben nota come abbiamo ricordato altre volte, la sollecitudine dell’Amministrazione municipale, che sempre con alacrità e zelo affrettò il corso delle necessarie ed inevitabili formalità burocratiche per raggiungere il più presto possibile l’attuazione della riforma edilizia, pure abbiamo assunte nuove informazioni. Il vostro egregio corrispondente “Gel” vi ha del resto informati di tutto ciò ma di fronte a questo agitarsi della classe operaia è bene ripetere che fino dal 29 gennaio u.s. la giunta municipale ha d’urgenza deliberato di procedere all’appalto dei lavori per la ricostruzione del palazzo municipale, e il Consiglio ratificava tale deliberazione in seduta di domenica scorsa. Tutti gli atti relativi all’appalto vennero trasmessi alla R. Prefettura dall’ill. sig. Sottoprefetto, e non appena il progetto d’appalto sarà stato approvato a termini di legge, sentito il parere del Genio Civile, la giunta pubblicherà senza il più piccolo indugio l’avviso d’incanto con un solo esperimento. Ma prima che intervenga la suddetta approvazione, non è assolutamente possibile procedere all’appalto.” Da Salò prossimi lavori edilizi, “La Sentinella Bresciana”, anno XLVI, n. 94, 15 febbraio 1904. 189. Inaugurandosi il Lungo Lago 1906. 190. COZZAGLIO, MASSARANI, TOGNOLI 1902.
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191. La riforma edilizia di Salò, “La Sentinella Bresciana”, anno XXXXV, n. 276, 14 ottobre 1903. 192. Citato in GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, p. 34. 193. “Il Cittadino di Brescia”, anno XXIX, n. 204, 9 settembre 1906. 194. Rivelatore di quest’atteggiamento poco accorto nei confronti della conservazione dell’antico, benché a scala maggiore per intensità, guasti e vittime che cagionò, è quanto avvenne nei cantieri che seguirono l’immane tragedia del terremoto di Messina (1908). Il calvario della chiesa di San Francesco è eloquente: rimasta in piedi solo la zona absidale, è completamente ricostruita, ma spostata di qualche metro, poiché è d’impedimento al nuovo tracciato stradale; oppure quella delle Anime del Purgatorio, giudicata addirittura “quasi integra” da Francesco Valenti, delegato della soprintendenza per la stima dei danni, poi abbattuta per esigenze di piano. A Reggio Calabria, invece, gli esempi che si possono ricordare sono la Cattedrale, che deve subordinarsi al nuovo assetto urbano con la rotazione del prospetto principale e l’allargamento della piazza antistante, oppure la Chiesa degli Ottimati, integra ma demolita sempre per esigenze di piano. 195. Vedi FAUSTINI 2003-2004, cap. III (La ricostruzione post sismica). 196. Il riferimento è alle normative tecniche del regno borbonico del 1783, del Comune di Norcia del 1859, dell’isola d’Ischia (Casamicciola) del 1884, della Liguria del 1887 e, sebbene successive al sisma di Salò, ma di significato per la comprensione della cultura antisismica dell’epoca, le norme di Messina e Reggio Calabria del 1906 e 1909. Tutte queste normative furono piuttosto restrittive e severe e ciò in parte si spiega perché furono adottate in seguito ad eventi sismici di particolare rilevanza. Vietavano i sistemi spingenti come le volte e le coperture prive di capriate, imponevano altezze massime di 10 metri per le strutture in muratura, prescrivevano la realizzazione di cordoli continui in calcestruzzo armato per interrompere le elevazioni verticali in muratura con un passo assai fitto (anche 60 cm). Le normative del meridione italiano suggerivano e in alcuni casi imponevano l’uso della tecnica della “casa baraccata”, ossia di strutture intelaiate in legno, ferro o c.a. con aste diagonali di controvento e tamponamenti esterni estremamente leggeri come laterizi, tufi o legno. Per un approfondimento si veda BARUCCI 1990. 197. Non si può trascurare tutta quella normativa, in ambito calabro-messinese, precedente al terremoto del 1908, adottata anch’essa però sempre a guasto avvenuto e probabilmente assai poco ottemperata (calcolando l’immane disastro causato dal successivo terremoto del 1908, determinato, per verdetto unanime, da una riprovevole consuetudine costruttiva e da un limitato periodo d’applicazione delle norme antisismiche emanate dal generale Francesco Pignatelli (in Contributo 1909) quale vicario del re Ferdinando IV, per la ricostruzione dei paesi distrutti dai terremoti calabro-messinesi del 1783 (VIVENZIO 1788, pp. 334-5, 350), o il regolamento antisismico per la ricostruzione di Messina, davvero molto puntuale e analitico, suggerito da Andrea Gallo, professore di Matematica nella Reale Accademia Carolina della città peloritana (Relazione data all’Illustrissimo Senato di questa Città da Andrea Gallo, Pubblico Professore di Filosofia e Matematica di questo Real Collegio Carolino Socio della Reale Accademia delle scienze e belle Arti di Napoli e dell’Istituto delle Scienze di Bologna e C. pella rifabbrica della Città di Messina distrutta dai tremoti del 1783. 1 Febbraio 1784. Copia della relazione è pubblicata in “Storia della Città”, n. 45, gennaio-marzo 1988), oppure gli indirizzi per le “Giunte di riedificazione” per il territorio della Calabria inclusi nelle Istruzioni reali del Marzo 1784 per la ricostruzione di Reggio (GRIMALDI 1863, p. 64, citato in Contributo 1909, p. XVI). Ugualmente severi furono i provvedimenti, anch’essi però recepiti a guasto avvenuto e applicati per soli tre anni, nel caso di Siena dopo la scossa del maggio 1798. Si tratta del Motuproprio del 28 luglio 1798 con il quale si demandava al Magistrato della Comunità il controllo sulle riparazioni eseguite dai privati secondo un vero e proprio regolamento contenuto in quel provvedimento. Il tratto transitorio dell’attenzione ai temi della sismica, qui come in numerose altre circostanze, è testimoniato dal fatto che quel provvedimento ebbe vita breve e rimase in vigore solo per tre anni. LAMBERINI, GENNARI 2002, p. 229. 198. L’annotazione della Commissione tecnica è riportata in GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, p. 34. 199. Il riferimento alla normativa tecnica che è originata da quel terremoto (Messina-Reggio). Quelle direttive non prescrivono procedure difformi tra edifici esistenti, tanto meno in ragione della loro età, e quelli da erigere ex novo: nelle due ipotesi si dispongono medesimi divieti (ad esempio, di realizzare murature ‘a sacco’, con ciottoli, o di mettere in opera strutture spingen-
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ti) e medesime regole costruttive (quali la demolizione di tutti quegli elementi d’esposizione al rischio e d’amplificazione del danno come eccessivi sporti di gronda, scale e corpi di fabbrica aggettanti, oppure si prescriveva l’abbattimento di volte lesionate o poste al di sopra del piano terra ecc. e la realizzazione di sistemi d’intelaiatura in calcestruzzo armato, legno o acciaio). Tanto che, sia dal punto di vista tecnico sia economico, in molti casi risultò senz’altro più vantaggioso l’atterramento e ricostruzione ex novo anziché la riparazione. Per la prima volta però s’introdussero cautele nella riparazione d’edifici monumentali, e s’ammise l’idea, che più tardi avrà maggior eco e consenso, che ogni costruzione in fin dei conti fa storia a sé. Nel regio decreto del 18 aprile 1909 n. 193 (portante norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e privati nei luoghi colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908 e da altri precedenti elencati nel R.D. 15 aprile 1909 e ne designa i Comuni, pubblicato nella “Gazzetta ufficiale” n. 95 del 22 aprile 1909), al titolo terzo (“Riparazioni”), per le cosiddette ‘Costruzioni ordinarie’ si dispongono provvedimenti validi nella generalità dei casi, “Gli edifici lesionati e non costruiti col sistema intelaiato o baraccato, elevantisi oltre il pian terreno (...) devono essere rafforzati da montanti in legno, di ferro o di cemento armato, infissi solidamente ad incastro nelle fondazioni, continui fino alla sommità dell’edificio e rilegati tra di loro da cinture al piano della risega di fondazione e al piano del solaio e della gronda, in modo da formare un’armatura a gabbia. I detti montanti devono essere collocati almeno in corrispondenza di tutti gli spigoli dell’edificio e in ogni caso a distanza non maggiore di 5 m uno dall’altro”. Per le ‘Costruzioni monumentali’, invece, le precauzioni paiono maggiori, e per la prima volta s’afferma il criterio di modulazione degli interventi fondato sul principio che sarà nominato del ‘caso per caso’; «Per le riparazioni degli edifici di carattere nazionale, in ispecie di valore artistico, storico od archeologico, sarà stabilito, caso per caso, il partito da seguire per il consolidamento con riguardo alle disposizioni del precedente art. 3». Sulla fiducia accordata ai nuovi materiali nei restauri di primo Novecento, D’AGOSTINO, MARCONI 1989, n. 35, pp. 29-35. 200. In realtà il meritorio lavoro di tesi di laurea G. Faustini, più volte citato in questa sede e concluso pochi mesi prima del sisma, era giunto esattamente a queste conclusioni, mettendo in evidenza la debolezza del fabbricato e la sua forte esposizione al rischio sismico. 201. La Magnifica Patria fu dal XIV al XVIII secolo un piccolo stato autonomo, una sorta di repubblica federale composta da una quarantina di comuni, con capitale Salò. Il piccolo stato godette a lungo della protezione della Serenissima repubblica di Venezia, che in Salò stabilì un suo Provveditore. 202. Commissione tecnica comunale composta dagli ingegneri Angelo Fuchs, Giovanni Quarena, Arrigo Arrighi e commissione tecnica del Corpo Reale del genio civile composta dagli ingegneri Coletta, Arimondi e Rossi. 203. GRATTAROLO 1599. 204. Commissione tecnica composta dagli ingegneri Tobia Bresciani e Luigi Tognoli, tecnici poi autori della ricostruzione del palazzo comunale e del nuovo piano regolatore e di ampliamento della città salodiana. 205. BALDACCI, STELLA 1902. 206. Il salvaripa, il 17 settembre 1905, mostrò già gravi segni di cedimento, lungo un fronte che iniziò in un punto antistante all’ex palazzo del tribunale fino all’odierna piazza Zanardelli, interessando un tratto di una quarantina di metri. Il direttore dei lavori, ingegner Edoardo Gerosa scrisse: “la sovrapposta banchina non mostra ancora invero alcuna screpolatura, ma parallelamente alla stessa 4 o 5 metri di distanza sul lungolago, il terreno mostra invece una fenditura longitudinale, allargandosi sempre più”.A questo inconveniente piuttosto allarmante si cercò di porre rimedio dal 4 novembre 1905 sino ai primi mesi del 1906, realizzando due scogliere subacquee di oltre 2.000 tonnellate di massi ciascuna, ai piedi dell’instabile scarpa lacuale. Ciò nonostante, il 18 gennaio 1906 lo stesso Gerosa lamentò nuovi cedimenti; nuovamente si intervenne, mettendo mano tra il 1906 e il 1909 alla realizzazione di tre palificate, subito all’esterno del salvaripa, mediante l’infissione di pali di lunghezza variabile tra i sei e i nove metri, uno a fianco dell’altro, battuti fino a quando la testa non risultasse sporgente dal fondo almeno 2 metri, realizzando così una sorta di lunga palizzata di sostegno. Vennero impiegate in totale oltre 150 punte di larice. Infine davanti alla banchina di piazza Vittorio Emanuele furono realizzati quattro pennelli di pietrame a secco trattenuto da pali. 207. Le filagne erano travi in legno, generalmente di lunghezza pari a 200 cm
e sezione rettangolare di 14x18 cm di lato, che venivano fissate con legature in ferro, simili a bulloni, alla struttura principale della paratia, con una giacitura orizzontale e parallela al terreno. 208. ACS, Cat. X, Classe X, Cart.155. 209. Informazioni più dettagliate possono essere trovate nel testo C. BARUCCI 1990. 210. In realtà è ben difficile e forse scorretto separare e distinguere tra loro le varie esigenze che spinsero i progettisti a optare per questa disposizione in pianta del nuovo edificio. Le esigenze statiche sono fin troppo evidenti, ma senza ombra di dubbio la volontà di impreziosire il nuovo lungolago impiegando come sfondo la nuova facciata del palazzo municipale ebbe il suo peso in questo movimentato periodo di storia locale. 211. ACS, Cart.11, sezione 19: documento con cui l’imprenditore Paroletti lamentava numerosi imprevisti durante la costruzione del palazzo comunale. 212. La ditta che fornì il materiale lapideo per la costruzione dei pilastri fu di proprietà del cavalier Davide Lombardi di Rezzato. 213. In genere, la rigidezza di una struttura è strettamente legata al concetto di periodo proprio di vibrazione, ossia alla “rapidità” con la quale la struttura vibra se eccitata da un’onda sismica. Strutture rigide, come edifici in muratura portante, hanno periodi molto bassi (periodi bassi, elevata frequenza di vibrazione) e a causa di ciò le loro masse subiscono forti accelerazioni strutturali in occasione di eventi tellurici. Edifici a telaio in calcestruzzo armato o costruzioni dotate di una certa mobilità, hanno periodi propri di oscillazione più elevati e subiscono sollecitazioni minori ma a scapito della deformazione. Se questa non viene controllata, l’edificio può essere molto resistente al sisma ma reso inagibile proprio a causa della fessurazione. 214. Le costruzioni del tipo “pilot-type” sono strutture rigide che presentano un piano debole in genere al piano terra. È il caso tipico di murature portanti a più livelli che si innestano su un piano a pilastri, ad esempio un porticato. In questi edifici il danno sismico si concentra prevalentemente proprio sul piano debole, richiedendovi elevate deformazioni che spesso minano la stabilità stessa dell’edificio. In aggiunta a ciò, la costruzione può presentare spostamenti orizzontali superiori rispetto agli edifici caratterizzati da una maggiore regolarità strutturale. 215. Un edificio in muratura ordinaria, per resistere a un sisma, deve per prima cosa rimanere “chiuso, scatolare” cioè comportarsi in modo organico affidando alle varie parti strutturali compiti diversi nella resistenza sismica. Le solette devono trattenere le pareti che hanno tendenza al ribaltamento e riportare queste loro spinte all’infuori alle murature che si trovano parallele alla direzione di spinta sismica e che per questo offrono una resistenza al movimento ben superiore. La copertura deve svolgere la funzione di “coperchio” per offrire un’azione di cucitura di tutto l’edificio. Infine è bene che le solette abbiano una cappa strutturale in calcestruzzo di adeguato spessore per realizzare dei veri e propri diaframmi rigidi; solo così si rende possibile la redistribuzione delle forze sismiche sulle varie parti di un edificio. 216. Sulla questione inerente la ricostruzione degli edifici rimando a TRECCANI 2005, in particolare il saggio di G. Faustini, pp. 83-100. 217. GHISELLI, BELOTTI, FUSI 2001, pp. 35-60. 218. Di questi anni sono le decorazioni dell’Hotel Romantik Laurin (Allegoria dell’Amor Sacro) e del salone d’entrata dell’Hotel Vittoria, oggi Bar Golfo, adiacente il Comune (Allegoria del Garda). 219. Per quanto riguarda questo importante capitolo della vita artistica di Angelo Landi, oltre alla già celebre monografia di PASSAMANI 1980, mi permetto segnalare il saggio trattato dallo scrivente, Tra sacro e profano: la grande decorazione, in Angelo Landi, pittore vagabondo dal Garda alle capitali europee, pp. 103-117. Per una corretta lettura iconologica e allegorica si veda anche il capitolo Tra Venezia e Benaco, la sopravvivenza del mito, pp. 118-119. 220. PASSAMANI 1980, p. 81. 221. Oggi il dipinto si offre con una serie di indicazioni che ricostruiscono la vicenda dell’opera. Compaiono la firma e la data in basso a destra: “A. Landi - 1902”; mentre sulla cornice originale, un cartiglio al centro indica: “In memoria del dott. G. B. Rini il nipote P. R. Rini offre il II – VI - MCMXI”. Sul retro etichetta adesiva recante: “Villa Amadei - agosto 1980 - Ritratto di un anatomico - olio su tela - cm 135x100”. 222. BELLUCCI 2004, p. 115. 223. Per una completa conoscenza della commissione rimando allo studio di VALOTTI 2007. Mi permetto di sottolineare la straordinaria importanza di quello che è più di un contributo ad un catalogo ragionato su Angelo Zanelli scul-
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tore. Sulla commissione salodiana l’autrice è puntuale nel delineare la documentazione di questa duplice commissione. 224. Per la costruzione anatomica delle mani del Gasparo, centro nodale dell’iconografia del busto, e che lo stesso scultore sentiva come la più importante delle parti da tradurre, Zanelli fece posare l’Amico pittore simbolista Felice Carena, giunto da Torino a Roma proprio negli anni tra il 1905 e il 1906. 225. Salò, 21 novembre 1911, lettera di E. Tedeschini di Salò a Zanelli nella quale viene ricordata all’artista la proposta da lui avanzata di sostituire la statua raffigurante Zanardelli a Salò. BOSSAGLIA, PASSAMANI 1984, doc. 14 p. 97. 226. BOSSAGLIA, PASSAMANI 1984, p. 54. 227. CORRADINI, MAZZOLDI, RICCIONI 2007, p. 17. 228. M. VALOTTI 2007, cfr. p. 62. 229. Scultura eseguita dall’Emanueli nel 1867 e donata dal sindaco Cav. Avv. Bernardo Maceri al Comune di Salò. Risalirebbe invece al 1906 il basamento in marmo bianco raffigurante la Giustizia che, come indica VALOTTI 2007, cfr p. 58, secondo la prima idea della commissione comunale in quegli anni impegnata con Angelo Zanelli, avrebbe dovuto eseguire il fregio del basamento. Da verificare se, in seguito ad una sua impossibilità, l’opera, come attualmente si può vedere, sia stata, anche su consiglio dello stesso Zanelli, commissionata al giovane artista Sante Turelli che, successivamente (1954) fornì al comune la scultura dedicata a Marco Enrico Bossi. In basso sul lato destro sono presenti le iscrizioni: “1954 Turelli” e “In memoria di Marco Enrico Bossi”. Sul basamento, in pietra grigia vi è l’iscrizione: “Marco Enrico Bossi da Salò, organista e compositore insigne, 1861-1925”. 230. Sul basamento è presente uno sticciato (cm 72x90) raffigurante la Giustizia che impugna la spada con una mano mentre con l’altra regge la bilancia. La figura femminile è assisa sopra due leoni, sopra di lei è svolto un cartiglio recante le parole: “1426 Communitas Riperiae Benacensis 1797”. Sopra il bassorilievo è la scritta: “A Girolamo Fantoni”. 231. È ancora Michela Valotti nel suo volume ad innescare questa vicenda documentaria che fuoriesce dal carteggio tra Angelo Zanelli e i commissari comunali. VALOTTI 2007, cfr. p. 86. 232. Donato dalla signora Gerloni - Laude al Comune di Salò oggi il calco, dopo essere stato incluso in una teca per la conservazione, è visibile sullo scalone per accedere alla Sala dei Provveditori. 233. VALOTTI 2007, cfr. p. 155. 234. BOSSAGLIA, PASSAMANI 1984, p. 72, RICCIONI 2007, p. 21. 235. CORRADINI, MAZZOLDI, RICCIONI 2004, pp. 29-31. 236. MARELLI, FAGONE 1996. 237. In “Memorie dell’Ateneo di Salò”, vol. XV, anni 1944-1951, pp. 58 – 65. 238. Nella trasposizione degli atti dell’Ateneo relativi all’Assemblea del 30 maggio 1948 presieduta dall’avv. Donato Fossati, proprio in ricordo dei due artisti Anton Maria Mucchi e Angelo Landi, si fa dicitura delle opere che la famiglia cederà alla città di Salò e che dal Municipio sono passati all’Ateneo. In questo documento compaiono almeno due errori: il primo relativo alle diciassette opere che invece risultano essere sedici (come peraltro si evince dall’ultima catalogazione appena terminata). In secondo luogo la tela del XII secolo sarebbe da rivedere in una piccola Annunciazione (forse di scuola bresciana), del XVI secolo. Non essendo precise le indicazioni, anche relativamente alle tematiche delle opere, oltre a quelle già conosciute ed autografe, il resto deve essere attribuito. 239. Per una completa descrizione di questi lapis di veda pure RICCIONI 2003; e anche, Tra sacro e profano: la grande decorazione, in op. cit., 2007, pp. 103-117. 240. Come già riconosciuto da musei e collezioni d’arte contemporanea questa raccolta, insieme a quella di Modena curata da Walter Guadagnini, già curatore di questa di Salò, è unica in eccellenza in Italia. 241. La storia qui riportata è ripresa dalla pubblicazione e dalle informazioni dell’ultimo catalogo generale delle nuove acquisizioni. 242. Ideatori di questo progetto sono l’allora Assessore alla cultura Giuseppe Mongiello e il pittore Attilio Forgioli; idea tradotta nella pratica dal critico d’arte milanese Flaminio Gualdoni. A sostenere e finanziare il progetto intervengono sette privati cittadini: Vincenzo Bellini, Andrea Calubini, Emilio Colotti, Armando Fontana, Vitaliano Gaidoni, Orazio Raggi e Valentino Raggi, che versano ciascuno la somma di un milione insieme al contributo del Comune di Salò. 243. Gino Meloni: Disegni 1950-1960, Salò, Palazzo Comunale, 31 luglio-4 settembre 1983.
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244. Gottardo Ortelli, Palazzo Comunale, 10 settembre-2 ottobre 1983. 245. La mostra del 1984, Acquisizioni, Salò, Palazzo Comunale, 7 aprile - 6 maggio, nell’esposizione delle quarantasei opere acquisite, proclamerà la nascita della “Civica Raccolta del Disegno” di Salò. 246. Sul mormorare incanti, mostra a cura di Flaminio Gualdoni, Palazzo Comunale, 13 settembre – 12 ottobre 1986. 247. Dal 6 febbraio al 18 dicembre 1987, diversi curatori organizzeranno una serie di mostre intitolate “Toccare con gli occhi, incontro con dieci opere di arte contemporanea e con gli artisti che le hanno eseguite”: 6 febbraio, Anni 50, lo stile e il grido; 13 febbraio, Melotti; 13 marzo, Accardi; 10 aprile, Licini; 23 ottobre, Dadamaino; 6 novembre, Manzoni, 20 novembre, Fontana; 11 dicembre, Gilberto Zorzio, 18 dicembre, Pietro Dorazio. 248. Forgioli, Il disagio del Colore, Salò, Palazzo Coen, 5 dicembre 1987 – 10 gennaio 1988. 249. Nella mostra Acquisizioni, 1992-94, Palazzo Comunale, 8 luglio – 24 luglio 1994. 250. La collezione 1983–1997, catalogo a cura di Flaminio Gualdoni, Salò, Palazzo Comunale – Palazzo Coen, 13 settembre – 26 ottobre 1997. 251. Renato Guttuso, Cinquant’anni di ricerca (disegni 1935-1985), Salò, Palazzo Comunale, 26 luglio – 24 agosto 1997. 252. Chiara Lancini nel 2001, dopo una sommaria sistemazione e catalogazione dei disegni, ha restaurato 32 opere che versavano in cattivissimo stato di conservazione. Attualmente la collaborazione tra l’amministrazione della raccolta e la restauratrice è divenuta attività costante. 253. ITALSKE MODERNI UMENI SE SBIRKY KRESEB MESTA SALÒ (Arte contemporanea dalla Civica Raccolta del Disegno di Salò), catalogo della mostra, Klatovy, Museo d’Arte Contemporanea, 1999. 254. La commissione del cimitero monumentale, e quindi il rapporto tra l’architetto Rodolfo Vantini e il Comune di Salò è oggi oggetto di studio da parte dello scrivente. Il rapporto riferito alle carte che qui presentiamo per la prima volta, si limiterà quindi ad una sommaria ricostruzione documentata dei rapporti tra l’Amministrazione comunale e l’Architetto Vantini, ma anche tra l’Onorevole Commissione, formata per la gestione del progetto, e la stessa amministrazione salodiana. 255. Al primo incarico intervennero Cominelli dr. Girolamo, Zavattini ing. Pietro, Lombardi Nicola, e Teodosio ing. Arrighi. Fu una commissione altamente instabile, soprattutto per ciò che riguardò la vendita delle tombe di famiglia e di quelle “normali” che avrebbero sostenuto l’ingente capitale per il completamento della fabbrica. 256. A.S.C.S, sez 7, busta 25, fasc. 1. 257. A.S.C.S sez 7, busta 32, fasc. 14. 258. A.S.C.S sez 7, busta 32, fasc. 4. 259. È in corso, da parte dello scrivente, uno studio sui documenti inerenti questa commissione. 260. Sul basamento è presente un bassorilievo (cm 72x90) raffigurante la Giustizia che impugna la spada con una mano mentre con l’altra regge la bilancia. La figura femminile è assisa sopra due leoni, sopra di lei è svolto un cartiglio recante le parole: “1426 Communitas Riperiae Benacensis 1797”. Sopra il bassorilievo è la scritta: “A Girolamo Fantoni”. 261. A.S.C.S., sezione 21, Monumenti, oggetti d’arte e antichità, busta 202, fasc. 1. 262. A.S.C.S., sezione 21, Monumenti, oggetti d’arte e antichità, busta 202, fasc. 3. 263. In basso sul lato destro sono presenti le iscrizioni: “1954 Turelli” e “In memoria di Marco Enrico Bossi”. Sul basamento, in pietra grigia vi è l’iscrizione: “Marco Enrico Bossi da Salò, organista e compositore insigne, 18611925”. 264. Firmato in basso a sinistra: “IO. ANDREA BERTANZA - F - ”. Senza cornice. La tela è stata oggetto di restauro in quanto presentava allentamenti e alcuni strappi rappezzati sul retro in maniera abbastanza grossolana. Inoltre la pellicola pittorica era offuscata da un velo grigiastro e con numerose sgocciolature di colore bruno. Infine erano presenti alcune stuccature in procinto di staccarsi. L’intervento ha comportato il rinforzo del supporto con una nuova tela di puro lino tipo “pattina”; quindi - dopo aver individuata la miscela di solventi opportuna - è stato rimosso lo strato grigiastro di vernice ossidata e, per quanto possibile, le sgocciolature brunastre. La reintegrazione è stata eseguita con colori ad acquarello, a tratteggio sulle lacune precedentemente stuccate e a velatura sulle abrasioni. Infine la superficie è stata protet-
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ta con uno strato di vernice acrilica lucida. La cornice originaria secondo la testimonianza del maestro Aime si trova presso la chiesa di S. Jago. 265. Firma sulla pietra a sinistra: “S. Cattaneo - Salodiani”. La tela è stata oggetto di restauro in quanto il supporto si presentava allentato e la tela aveva perso le sue caratteristiche di elasticità; sulla tela inoltre si notavano alcune abrasioni in particolare nella parte inferiore. Durante l’intervento si è proceduto alla foderatura con “patta” di puro lino e al tensionamento su nuovo telaio ligneo estendibile; è stata inoltre eseguita una leggera pulitura. Stuccate infine le lacune e le abrasioni si è proceduto con la reintegrazione eseguita con colori ad acquarello e alla verniciatura finale con vernice acrilica trasparente. 266. Non è chiara la vicenda della commissione. I documenti ritrovati a tale proposito indicano il pagamento per una tela eseguita per il Provveditore veneto ma non riferiscono né il nome dell’artista e nemmeno quello del provveditore. Ulteriore ricerca è in corso di pubblicazione da parte dello scrivente. 267. Opera donata dalla famiglia Biondo destinata ad essere collocata nel nuovo museo della città. 268. La tavoletta lignea originariamente collocata nella Sala dei Provveditori risale quasi certamente alla metà del XVI secolo. Restaurata dallo studio di restauro della dott.ssa Anna Massardi di Gardone Riviera che ne ha rinvenuto i tratti essenziali coperti da uno strato di biacca. 269. Il dipinto è stato oggetto di restauro a causa del suo pessimo stato di conservazione: erano infatti presenti estese lacune e attacchi microbiologici sul retro; la pellicola pittorica inoltre era in precarie condizioni di coesione e adesione al supporto ormai allentato. Durante l’intervento si è eseguita la foderatura con l’accortezza di inserire degli inserti di tela nelle lacune di grosse dimensioni. La superficie è stata ripulita dopo aver individuato con saggi la miscela di solventi più adatta. Per la reintegrazione si sono usati colori ad acquarello, adottando la tecnica del tratteggio sulle lacune precedentemente stuccate e velando le abrasioni. La verniciatura protettiva finale è stata eseguita a spruzzo con vernice acrilica trasparente. 270. Tela databile ai primi anni del Cinquecento. Era, con tutta probabilità, uno dei dipinti fatti eseguire per la casa del Provveditore Veneto alla riviera o, probabilmente, per la piccola cappella sita all’interno del Palazzo Comunale.
Nelle tavolette della Sala dei Provveditori notai la presenza di soli tre disegni ripetuti ciascuno tre volte: lo stemma di Giovanni Erizzo; il leone di San Marco e la rappresentazione della “Giustizia”. Riconsiderai allora la “Giustizia”, non come rappresentazione allegorica, ma come stemma: in primo luogo notai che portava in capo una corona di città, cosa non usuale; anche la sua triplice rappresentazione era curiosa in quel contesto. La soluzione che mi pare più logica è che sia lo stemma della “Magnifica Patria”, ente che si fece carico delle spese dell’opera. Alla luce di questa considerazione tutto avrebbe senso: la ripetizione delle tavole; stemma Erizzo, provveditore che commissionò l’opera; blasone di Venezia, emblema dello Stato che rappresentava; stemma della Magnifica Patria, arma dell’ente che si accollò le spese; infine la corona di città, al capo della “Giustizia” la identifica come ente territoriale e non come simbolo allegorico. Il secondo stemma, perché di questo si tratta, essendo la “Giustizia”, racchiusa in uno scudo, lo vediamo alla base del dipinto del Bertanza commissionato dal provveditore Giovanni Barbaro nel 1615. Osservando il dipinto, notiamo in primo piano l’effigie di San Marco (rappresentazione di Venezia), il ritratto di Giovanni Barbaro e tra i due uno stemma raffigurante la “Giustizia”. Su quest’arma, come fa notare Riccioni 2004, p. 114, è convogliata l’attenzione di chi guarda: i putti ai piedi del trono la osservano e al contempo richiamano l’attenzione della Vergine e del Bambino. A mio parere, non si tratta della “Giustizia”, ma dello stemma della Magnifica Patria perché la giustizia non sarebbe stata rappresentata così in piccolo e neppure racchiusa in uno scudo; e poi, questo sottile gioco di attirare l’attenzione su un stemma avrebbe senso se l’autore del dipinto avesse voluto velatamente porre in evidenza il blasone, stemma della Magnifica Patria, a discapito delle maestose figure di san Marco e del Barbaro. Il terzo stemma lo troviamo nell’antiporta degli Statuti della Riviera: in questo caso ritengo logico attribuire l’arma alla Magnifica Patria, visto che dei suoi Statuti si tratta, ed è quindi ragionevole che apportasse il proprio blasone in calce ad essi.
PARTE TERZA 1. ZANE 2004. 2. Piuttosto indicative del clima pessimo tra la Città e la Riviera sono ad esempio alcune note del cronista bresciano Giovanni Battista Bianchi del 27 luglio 1624: “Perché li Salodiani ricusano di ricevere il Podestà solito colà mandarsi dalla Città nostra, vengono questa mattina eletti in Consiglio tre Gentiluomini che vadino a reprimere la loro insolenza e petulanza (…) ”, I Diari dei Bianchi (1600 – 1741), in “Fonti per la storia Bresciana”, IV, Brescia, 1930, p. 189. 3. ZANE 2004, p. 39. 4. TUCCI 1978, p. 853. 5. SANTAMARIA 1926, p. 107. 6. IBSEN 1999. 7. GRATTAROLO 1599. 8. MASPOLI (a cura di) 2000, p. 267. 9. RIZZI 1997. 10. Archivio storico del comune di Salò, Verbale di deliberazione n° 1574, del 22 novembre 1878. 11. Si veda ad esempio una breve relazione sull’emblema cittadino a cura di M. EBRANATI, Sprazzi di luce sullo stemma civico di Salò, in “Per conoscere meglio”, Brescia, 1977. 12. DE MONTAIGNE 1983, p. 264. 13. CASALI, DEL MANCINO (a cura di) 2004/2008. 14. Penso sia doveroso spiegare in che modo sono giunto alla conclusione che questo sia lo stemma della Comunità della Riviera. Ho analizzato, araldicamente, tre immagini: la prima si trova ripetuta sulle tavolette lignee della Sala dei Provveditori (in questo volume fig. 245; la seconda alla base dell’Incoronazione della Vergine di Bertanza (MARELLI, AMATURO 1997, p. 87s.); l’ultima alla base dell’antiporta degli Statuti della Riviera, Salò 1675 (ZANE 2004, p. 103).
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