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e s u ho Dalla casa temporanea alla casa contemporanea
Contemporary house_un moderno prototipo Viviana Russello
Dalla casa temporanea alla casa contemporanea Contemporary house_un moderno prototipo Viviana Russello
ISBN: 978-88-907760-7-6 Editore enmoveme, Viale Augusto 88 - 80125 Napoli Copyright Š 2013 enmoveme
Indice
Introduzione
pag. 6
Abitare la temporaneità
pag. 10
- Il nomadismo
pag. 11
Imanhan Igloo Yurta
Il ballon frame
- Le sperimentazioni dagli anni 30 agli anni 50
pag. 16
Richard Buckminster Füller Dymaxion house Wichita house Jean Pouvè Maison BLPS Maison Tropical
- Le sperimentazioni dagli anni 50 agli anni 70
pag. 21
Archigram Plug in city Living pod Monsanto house La casa del futuro
- L emergenza
temporary house
DDU Emergency housing Pavilion 6x6 Ca.pro. Sapi Sistema spazio Paper log house
pag. 24
Indice
- L abitare estremo
pag.32
Cliffhanger Ikos Desert seal tent Peak Skihaous Icehotel
- Effimero e transitorio
pag. 39
Padiglione itinerante IBM Nomadic museum Prada transformer Cardboard Pavilion
Il nomadismo metropolitano
pag. 44
Diogene Lonely living Capsule d'amore Suited case Recompute computer Help me Plug Cardboard house Push button house
temporary house
Contemporary house
pag. 50
Note Bibliografiche
pag. 57
Libri a stampa Periodici Sitografia Immagini
abitare
se consideriamo il verbo in senso lato ed essenziale, esso denota il modo in cui i mortali adempiono al loro errare: dalla nascita alla morte, sulla terra e sotto il cielo. ovunque sia, l errare resta l essenza dell abitare, come lo stare tra cielo e terra, tra nascita e morte, tra gioia e dolore, tra opera e parola. M.Heiddeger 1
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cit. Noberg-Shulz, Christian, L'abitjare_l'insediamento, lo spazio urbano, la casa,1a ed.1984, (2a ed. 1995), Documenti di architettura, Milano, Electa, p. 12.
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Introduzione
Abitare la temporaneità. Cosa vuol dire? Per comprenderlo dobbiamo necessariamente rifarci alle forme dell'abitare contemporaneo in cui la variabile tempo ha un ruolo di primo piano. Quando penso al concetto di temporaneità nell'abitare la prima immagine che mi viene in mente è quel campo nomadi , il Cantariello di Casoria, in provincia di Napoli, che ho avuto modo di visitare con un gruppo di studio interdisciplinare, alle prese con il mio primo lavoro fuori dalle mura universitarie. Il nostro compito era studiare le forme abitative spontanee dei Rom per proporre loro nuovi spazi, da realizzare secondo le consuetudini proprie dei nomadi, ma inseriti in un processo amministrativo codificato dalle nostre regole. Complici l'ingenuità e l'inesperienza, per i cosiddetti nomadi mi aspettavo una baraccopoli ripugnante, anziché il villaggio che ho scoperto in quel campo di Serbi, profughi delle guerre nella ex Jugoslavia. Si trattava di vere e proprie abitazioni, realizzate con una commistione di materiali facilmente reperibili, legno e materiali in plastica soprattutto, riutilizzati ed adattati allo scopo, al posto di mattoni e cemento. Le case erano ben arredate: vi erano tutti gli elettrodomestici che utilizziamo correntemente, forni, lavastoviglie e frigoriferi per esempio, ma anche divani, tappeti, tende e fioriere, staccionate delimitanti il cortile e pensiline per ripararsi dal sole. Diverse strutture erano rialzate dal suolo per impedire il risalire dell'umidità e tutte in posizione 'strategica' rispetto alle condotte dell'acqua e alle reti elettriche, mostrando l'intuitività costruttiva e lo spirito di adattamento all'ambiente circostante di queste popolazioni. Non mancavano elementi di fantasia: mi è rimasta impressa quella finestra montata al contrario che dava una luminosità straordinaria ad una stanza da letto. Le costruzioni erano li da anni, manutenute progressivamente. Stanziali erano nel loro paese d'origine. E stanziali sono tornati ad essere qui. Il nomadismo, solo una parentesi. Teoricamente avrebbero dovuto essere contenti di trasferirsi in case nuove realizzate dall'Amministrazione Pubblica,
ma gli inquilini di quelle costruzioni, sospettosi, mostravano un enorme senso di appartenenza al luogo e alla casa realizzata in proprio. Quel giorno, uscendo dal campo, mi accorsi che la mia percezione di nomadismo e di stanzialità, di temporaneo e di permanente, di precario e di stabile era stata completamente stravolta. Quelle persone erano in cerca di un lavoro, non di una casa. La casa che avevano era percepita come uno stato di fatto acquisito. Con un lavoro migliore avrebbero poi deciso se cambiare. L'Amministrazione, dal suo canto invece, voleva risolvere il problema dei rom eliminando i campi e dando loro una casa nuova, secondo le nostre concezioni dell'abitare. I progetti che seguirono il nostro studio [Città multiculturale, Luciano editore, 2007] avevano l'aspetto delle case polari degli anni '90, moduli condominiali tutti uguali in cemento armato e sviluppati in altezza, chiaramente localizzati in periferia. Forse quello era il massimo che ci si poteva aspettare dall'edilizia residenziale pubblica, ma ci doveva pur essere un'alternativa in mezzo. Eppure, qualche anno dopo, un qualcosa di non molto diverso è stato architettato a seguito del terremoto d'Abruzzo del 6 aprile 2009 con il progetto C.A.S.E.. Il terremoto rase al suolo L'Aquila e diversi altri centri in tutte e 5 le provincie abruzzesi, producendo danni ingenti al patrimonio edilizio. Alla calamità e al terrore seguì l'emergenza. 65.704 sfollati, l'equivalente di 13.000 famiglie, furono sistemati in 179 tendopoli (per un totale di 5545 tende della Protezione Civile), 503 alberghi e 2138 case private. Volontari da tutto il Paese giunsero lì in aiuto per avviare le prime fasi della ricostruzione con sopralluoghi tecnici per circa 24.820 edifici tra abitazioni, strutture pubbliche e unità produttive. A L'Aquila la situazione diventò drammatica quando per ragioni di sicurezza sia la città che le tendopoli furono praticamente militarizzate. Le tendopoli sarebbero state smontate con il sopravvenire dell'inverno e la ricostruzione avrebbe avuto tempi ben più lunghi di qualche mese. Fu così che l'allora presidente del Consiglio annunciò la realizzazione del progetto C.A.S.E. 6
che avrebbe dato nell'autunno successivo alloggi provvisori completamente accessoriati agli sfollati del L'Aquila. In men che non si dica furono costruiti 150 edifici e 14 palazzine per un totale di 4000 appartamenti, in cui entrarono 12800 persone tra la fine di settembre e l'inizio di novembre. Alle famiglie fu consegnata una nuova casa, ed un elenco di elettrodomestici ed accessori che avrebbero dovuto restituire intatti. Le nuove case provvisorie erano strutture multipiano antisismiche realizzate su 164 piattaforme anch'esse antisismiche, dal costo di ben 600000 euro cadauna, e localizzate in un'area rurale sempre antisismica lontano dal centro. Il progetto creò di fatto una nuova città, dormitorio, in attesa di ritornare nella vera città, ora fantasma. [I cacciatori di aquilani, Feltrinelli, 2010] Anche qui ciò che avrebbe dovuto essere temporaneo assunse le sembianze di permanente, e non è difficile intuire che, nella migliore delle ipotesi, la new town e la old town si sarebbero scambiate i destini solo in un futuro lontano. Fortunatamente, per gli altri 38 comuni abruzzesi la Protezione Civile previde Moduli Abitativi Provvisori, M.A.P., meglio conosciuti come casette di legno , di diversa concezione rispetto a quelli del progetto C.A.S.E.: villini indipendenti, a schiera o bifamiliari, con pareti in legno isolanti, trattate per resistere all'umidità e al fuoco tutti con un piccolo spazio esterno e costruiti su basamenti per garantire una superficie di appoggio continua e sicura; distanti in media 500 metri dalla vecchia residenza, a formare una estensione del centro abitato da ricostruire, senza abbandonarlo del tutto. In questa tragica vicenda non mancarono poi appuntamenti con l'architettura ecosostenibile. È il caso di Pescomaggiore, non molto lontano da L'Aquila, dove il gruppo di architetti BAG (Beyond Architecture Group) capitanato da Paolo Robazza, insieme a Fabrizio Savini e all'esperto di bioedilizia Caleb Murray Burdeau, ha dato vita al progetto EVA, acronimo di Eco Villaggio Autocostruito.
A Pescomaggiore non era prevista la realizzazione di casette in legno ma diversi abitanti avevano perso la propria casa e non volevano allontanarsi dal centro abitato. Con l'aiuto dei volontari gli abitanti di Pescomaggiore si autocostruirono un villaggio di case in paglia (tamponature) e legno (struttura portante). I vantaggi offerti dalla paglia infatti sono molti: è resistente (una pressa di paglia infatti non è altro che fibra compressa e assume quindi le stesse caratteristiche del legno); è traspirante; è fonoassorbente (viene infatti utilizzata negli studi di registrazione); contrariamente a quanto si potrebbe pensare presenta un basso rischio di incendio (un muro in balle di paglia intonacato resiste alla temperatura di 1.010 °C per tre ore) e, soprattutto, è economica. P ur utilizzando un materiale 'povero' come la paglia, una straw bale home, come viene chiamato nel resto del mondo, è un edificio di altissima qualità, paragonabile alla miglior casa clima oggi disponibile sul mercato [Robazza P.]. Questi esempi, tuttavia, non ci devono indurre a credere che la temporaneità nell'abitare sia una pratica che si manifesta solo nei casi di emergenza , in situazioni di crisi, o ad uso esclusivo delle popolazioni nomadi e dei profughi di guerra. Nelle città più moderne questo tipo di abitare sta assumendo un ruolo importante ed efficacemente alternativo. Basti pensare che la City Hall di Amsterdam ha finanziato la realizzazione del più moderno alloggio temporaneo per studenti universitari: l'appartamento-container. Economico, veloce da costruire e tranquillamente trasportabile è quanto rende il progetto dell'azienda Tempohousing vincente in una smart city come Amsterdam, tanto che da un primo prototipo ne è stato realizzato un villaggio intero chiamato Keetwonen. Sin dai primi sviluppi iniziati nel 2006, il progetto ha avuto un successo strepitoso tra i giovani e dagli iniziali 5 anni di contratto si è arrivati a garantirne la locazione 7
fino al 2016. Oggi è addirittura necessario mettersi in lista d'attesa! 1000 container arancioni sono temporaneamente stanziati a H.J.E. Wenckebachweg, a poco meno di mezz'ora di bicicletta dal centro, incastrati l'uno sull'altro come mattoncini Lego, dove attualmente risiedono gli studenti dell'Universiteit van Amsterdam. Ogni container dispone di 25 metri quadri comprensivi di camera da letto, balcone, bagno e cucina ad uso personale, tutto per 300€ al mese, internet incluso. Alla XI Biennale di Venezia è stato affrontato il tema l 'Italia cerca casa , l'architetto Luca Emanueli ha presentato il progetto per una casa essenziale in cui descrive l'abitazione come sproporzionata nella composizione, alcune parti sono ridotte allo stretto necessario, altre crescono a dismisura. P er questa sproporzione la casa diventa sempre più ad uso temporaneo ed è adatta nelle occasioni in cui un aspetto del proprio vivere diventa preponderante e il resto, invece, si riduce. Le trasformazioni socioculurali sembrano avere reso necessaria la formulazione di un nuovo approccio all'abitare che ne reinterpreti gli spazi, le funzioni e soprattutto i tempi quali caratteristiche determinanti. Tutto ciò ci fa intuire che la dimensione temporale nel progetto e nella costruzione delle opere di architettura è divenuta negli ultimi anni uno dei temi di maggiore interesse e dibattito culturale. Diversi sono i fenomeni che hanno contribuito a modificare la percezione della funzione tempo in architettura, ma l'esito generale che ad essi si può attribuire è il passaggio da una dimensione statica, permanente, ad una dimensione dinamica, transitoria del costruire [CIL 126, Abitare la temporaneità].
Il volume racconta la ricerca effettuata dall'autore sull'evoluzione dell'abitare, sia esso temporaneo, che transitorio o ibrido, per giungere alla definizione di un moderno prototipo di casa temporanea. L'excursus storico presentato non sempre si articola secondo un ordine cronologico, ma piuttosto è stato preferito far emergere la linea di ricerca più fertile e l'itinerario più significativo per l'evoluzione concettuale, tecnologica e progettuale del temporaneo. Il carattere temporaneo abbraccia aspetti molto diversi tra loro. Si parla di temporaneo innanzitutto quando ci si riferisce alle popolazioni che praticano il nomadismo per la propria sopravvivenza, e che costituiscono quindi dei villaggi provvisori in relazione alle stagioni e in conseguenza della possibilità di cacciare, pescare o far pascolare il bestiame... come nel caso delle popolazioni eschimesi, dei tuareg o delle popolazioni del Kazakhstan. Si tratta di abitazioni molto semplici, ma che sfruttano al massimo le capacità dei materiali poveri utilizzati per la costruzione e le opportunità offerte dal clima ( come nel caso degli igloo). Diverso è il principio che anima le sperimentazioni che si sono susseguite dagli anni '30 agli anni '50, fino poi ad approdare alle utopie degli anni'70. Dalle abitazioni futuristiche di Füller, che interessano le case da spedire in un barattolo , alla necessità indotta dalla guerra di trovare alloggi temporanei per i militari e poi per le popolazioni devastate dal conflitto; fino ad un approccio più pragmatico come quello di Prouvè, con uno sguardo attento al carattere sociale, si innesca la cultura della standardizzazione degli elementi. Si approda poi alle utopie degli anni '60 e '70 che interessano principalmente l'ambito urbano. Le sperimentazioni di questo periodo focalizzano la loro attenzione proprio sulla problematica della città mobile e in continuo movimento, la cui natura è più di tipo concettuale che realizzativa. 8
Dagli anni '80 fino ai nostri giorni si parla di architetture ad assetto variabile . I problemi da affrontare sono di ordine pratico, ci sono le emergenze abitative a cui far fronte, c'è la ricerca della realizzazione a basso costo, il problema del trasporto. Si rivolge per la prima volta l'attenzione verso il comfort abitativo. Gli ultimi paragrafi affrontano l'abitare estremo quale sfida continua che l'uomo pone nei confronti della natura, per svariati motivi: ricerca, sport, ricreazione e divertimento. Negli esempi considerati si passa da materiali totalmente naturali come il ghiaccio utilizzato per l'icehotel, che ci riporta alla costruzione dell'igloo, all'utilizzo di innovazioni tecnologiche d'avanguardia. Ed in ultimo esame troviamo come il carattere temporaneo ha investito totalmente la contemporaneità: un museo nomade ricreato con l'ausilio di container e tubi di cartone, un padiglione che funge da cinema, sala espositiva e centro per sfilate, un padiglione itinerante, e una casa prodotto dalla trasformazione di un container. Attraverso lo studio dei casi abilmente descritti, ed affrontando dunque le diverse forme di temporaneità (d'uso, di localizzazione, di costruzione), l'autore giunge all'individuazione di invarianti, elementi comuni quali la flessibilità, la facilità di trasporto, l'adattabilità, il trasferimento tecnologico, la leggerezza, la reversibilità, l'autocostruzione o la prefabbricazione, che l'hanno guidata nella progettazione della contemporary house . Le architetture prese in considerazione, sebbene presentino le più disparate soluzioni progettuali, hanno alla base un comune denominatore che è da riscontrare nella modificazione delle strutture sociali, e quindi nella necessità di rispondere in maniera adeguata ai problemi che solleva la società e alla questioni che appaiono sempre irrisolte a fronte dei continui cambiamenti.
La contemporary house dell'arch. Viviana Russello, rispondente a determinati standard abitativi, e completa di tutti i servizi, è realizzata interamente con materiali largamente in commercio: legno, plastica, lamiera gregata e acciaio. Il progetto si struttura quale cellula abitativa, un'unità residenziale temporanea che possa essere abitata da chiunque: famiglie, studenti, lavoratori, semplici turisti, e nei casi, oggi purtroppo ricorrenti, di calamità naturali, possa essere utilizzata come alloggio d'emergenza. Laura Crisci
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Note bibliografiche
Libri a stampa Anzalone, Marcella, L’urbanistica dell’emergenza_progettare la flessibilità degli spazi urbani, Firenze, Alinea Editrice, , 2008 Koolhaas, Rem,Junkspace_Per un ripensamento dello spazio urbano,a cura di Gabriele Mastrigli, Macerata, Quolibet, 2006 Mcquaid, Matilda, Shigeru Ban, ed. Phaidon, 2006 Rossi, Aldo, L’architettura della città, Torino, CittàStudi edizioni, (ristampa 1995, 3ª ed), 2006. Clèment, Gilles,Manifesto del terzo paesaggio,a cura di Filippo De Pieri, Macerata, Quolibet,2005 Zanelli,Alessandra, Trasportabile/trasformabile_idee e tecniche per architetture in movimento, Milano, Libreria Clup,2003 Falsitta, Massimiliano ( a cura di ),Lonely Living_architetture dello spazio primario, Milano, Federico Motta Editore,2002 Falasca, Carmine, Architetture ad assetto variabile, Firenze, edizioni Alinea, 2000 Sulzer, Peter, Jean Prouvè: ouvre complete_Vol. II e Vol. III,s. l., Birkhauser Basel,1999. De Giorgi, Marco Zanuso Architetto, Milano, edizioni Skira,1999 Renzo Piano, Giornale di bordo, Firenze, Passigli Editori, pp. 54-56,82-86, 1997 Dini, Massimo, Renzo Piano_progetti e architetture 1964-1983, Mostra itinerante IBM ,Documenti di architettura, Milano, ed. Electa, pp. 74-77,1995 Nardi, Guido, Le nuove radici antiche_saggio sulle questione delle tecniche esecutive in architettura, Milano, Franco Angeli, ,1994 Norberg-Schulz, Christian , L’abitare, Milano, ed. electa, 1984 Eco, Umberto, Come si fa una tesi di laurea_le materie umanistiche,Milano, Bombiani,1977 Cook Peter, Chalk Warren, Chrompton Dennis, Green David, Herron Ron, Webb Mike, ( a cura di),Archigram, Londra, Studio Vista London,1972 Cerri Pierluigi, Nicolin Pierluigi (a cura di ), Le Corbusier, Verso un’architettura, 1ª ed.,1966, Milano, Longanesi & C.,(11ª ed.1999).
Periodici Una Samsonite con dentro tutto , Abitare, n°497,pp128-129, 2009 Prada Transformer , Area,n°104,pp.120-130, 2009 A scala minore , Casabella n°784,dic 2009 Oliviereo Tronconi Costruzioni lignee: il balloon frame e il platform ,Consulente immobiliare, n°838,pp.952-956, 2009 57
Bologna Roberto, Abitare la temporaneità , Costruire in Laterizio, n°126, 2008 Cannatà & Fernandes, Modulos autosufficietes , A+U, n°4, pp.96-99, 2007 Anthony Vidler, Vagabond architecture , Lotus n°124, pp. 49-57, 2005 Casa in scatola Abitare, n°445, pp.98-102, 2004 Godsell Sean, Casa d emergenza 2001 , Casabella n°719,.8-41,2004 Special issue Mikroarchitektur Detail, n°12, 2004 Calzavarra Michele, Emergenza , Abitare, n°431, 2003 Ducotè Barbara, Quando lo spazio si sposta, case mobili Abitare n°433,2003 Gallanti Francesco, moduli di emergenza in Cile , Abitare n°421, pp.147-150, 2002 Bottero Maria, R. Buckminster Füller your private sky Abitare n°400, pp.131-133, 2000 Special issue Micro-architectures L’architecture d’aujuord’hui n°328,2000 Burckhardt tende ed architetture tessili , Detail, n°6, 2000 Gallie J. Transformable architecture for homeless , Architectural Design, n°4, 2000 Lisa Nicholson, Alabama:architettura per l emergenza ,C asabella n°668, pp 3, 1999 Cacciari, Massimo, “Abitare ,pensare , Casabella n°662/663, gen/febb 1999 Latis Giovanna, Masi Benedetta, le architetture di emergenza , Spazio e società, n° 82, pp.78-87, 1998 AAVV Housing and commercial block in Rathenow , Detail, n°8, pp 808-812, 1998 Bock T. The ultimate challange, mobile construction in space Detail, n°8, 1998 Koepple M. House for sleeping , Detail, n°8,, pp1408-1409, 1998 Wterson R. Mobility in traditional architecture Detail,n°8, 1998 Cliffhanger ,D etail,n°5,pp.785-87, 1998 Coldrake William Componenti nuovi, assemblaggi antichi , Casabella, n°608, 1995 T ipologie in evoluzione Casabella, n°608, 1994 T ipologie in evoluzione Casabella, n°608, 1994 Latina Corrado, le case dell emergenza , Modulo n° 120, pp.304-306, 1986 Renzo Piano Prototipo per abitazioni di soccorso , L’architecture d’aujuord’hui n°219, pp.28.29, 1982 Heiddeger, Martin, Costruire, abitare, pensare , Lotus n°9,1976 Living box Arca, n°217, 2006, pp36-45.Doring Wolfang, Cellule monoscocca e doppia scocca, adattabili a delle strutture spaziali, L’architecture d’aujourd’hui n°148, 1970 Hareiter Angela, abitazioni mobili estendibili , L’architecture d’aujuord’hui n°148,1970 Kroupa Ivan, La casa piccola , L’architecture d’aujuord’hui n°148,1970
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Viviana Russello Architetto_nata ad Enna, si è laureata in Architettura nel 2010 presso l Università degli Studi di Catania, Facoltà di Siracusa in Tecnologia dell Architettura. Ha ricevuto la menzione speciale per l area tecnologico-strutturale Premio miglior tesi in linea con Bioarchitettura presso l istituto INBAR di Siracusa (2012). Ha svolto attività di tutoraggio presso la Facoltà di Siracusa nel settore della progettazione architettonica e presso l INBAR (Istituto Nazionale Bioarchitettura) di Siracusa. Dal 2011 collabora con gruppi di lavoro multidisciplinari nel campo della progettazione architettonica, urbanistica e paesaggistica, con riferimento anche ai temi storici e dell estetica urbana.
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