Le chiuse

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Evento d’arte contemporanea del Gruppo Koinè

le chiuse Mariangelo Cazzaniga Andrea Cereda Giacomo Nicola Manenti Antonello Sala Ermenegildo Brambilla Laura Cazzaniga Daniele Arosio Piero Macchini Enzo Biffi Michele Salmi Dario Cogliati Marco Gaviraghi Calloni

tratto di naviglio tra Paderno d’Adda - Porto d’Adda - Cornate d’Adda - Trezzo sull’Adda 1° maggio 2015 - 31 ottobre 2015


Ponte di Paderno d’Adda

Centrale Bertini Porto d’Adda

Centrale Esterle Cornate d’Adda

Centrale Taccani Trezzo sull’Adda


Introduzione: l'Adda. Sentieri d'acqua, percorsi sui quali la storia ha appoggiato secoli di lavoro umano, dove ha depositato passioni, cure, commerci, traffici, conoscenze, ingegni. Questo è l'Adda oggi; un insieme continuo di memoria degli interventi dell'uomo e di meraviglie della natura. Luoghi dove l'equilibrio fra la civiltà e l’ambiente corre sul filo del silenzio, di quel fascino antico che nasce dalla capacità di addomesticare l'acqua senza cancellare o devastare ciò che le sta intorno. Anche gli interventi potenzialmente più invasivi, come le centrali idroelettriche, i canali, le chiuse, i ponti, sono stati risolti e assorbiti in un unicum paesaggistico che connota la peculiarità di questi percorsi. Basta una camminata lungo le sponde del fiume o dei canali per rendersi conto della bellezza e della straordinaria capacità che l'uomo ha saputo disseminarvi. Un patrimonio prezioso, a brevissima distanza da Milano, che non è ancora valorizzato per quel che merita. Basti pensare alle tre centrali che sono tra le più antiche d'Italia e che hanno dato la prima illuminazione elettrica al capoluogo alla fine dell'800. Al ponte di Paderno, capolavoro dell'architettura del ferro e, ovviamente, alle chiuse e ai sistemi di movimento delle chiatte progettate da Leonardo. Eppure si respira, in ampi tratti, un senso d'incuria, come se la Storia si fosse dimenticata di questi luoghi. D’incuria, non di abbandono. Luoghi attraversati per secoli da uomini, merci, imbarcazioni che con incredibile ingegno giungevano nel cuore di Milano, ora sono mesti e lasciati ad un destino che nessuno sembra curarsi di valorizzare. Non può certo bastare la buona volontà degli amministratori locali, neanche di quelli più accaniti; le necessità finanziarie superano di gran lunga le disponibilità dei Comuni che si affacciano sulle rive dell'Adda. Occorre ripulire i canali, risistemare gli argini, i terrapieni e, non certo da ultimo, rimettere in funzione le tante chiuse disseminate su ampi tratti dei canali, che sono una delle prestigiose espressioni del genio di Leonardo che amava e conosceva talmente bene questi posti da raffigurarli negli sfondi dei suoi dipinti. Occorre riportare l'attenzione su queste necessità in un periodo che ha visto spesso discutere della valorizzazione delle “vie d'acqua” per l'Expo milanese ma che rischia di arenarsi in inutili proclami inconcludenti. Non si può lasciare all'incuria questo patrimonio. Collocare delle installazioni artistiche lungo questi percorsi può contribuire a sensibilizzare chi ha la possibilità di intervenire. Certo delle opere d'arte vivono di vita propria e non necessariamente devono darsi una giustificazione concreta ma, se possono essere di traino al recupero e alla valorizzazione di una causa, ben venga.


Poetica e modalità d’intervento del gruppo Koiné

Il Gruppo Koinè, operante dal 1995, ha spesso privilegiato mostre all’aperto, a diretto contatto con la natura e con le sue problematiche. Ha lavorato sulle valli alpine, sui greti dei fiumi, nei porti marittimi, nei boschi, in paesi abbandonati dall’uomo. Sempre a confronto con l’ambiente naturale, eletto a luogo privilegiato d’intervento. Ovvio quindi l’interesse degli artisti componenti del gruppo nei confronti di una mostra di installazioni la cui collocazione interesserà un percorso che tocca le centrali, i canali, le chiuse e gli spazi più naturali nell'area che ha come perno il fiume nel tratto di Cornate d'Adda. Il Gruppo Koiné, nell'arco di questi venti anni di ricerca artistica, ha precisato e affinato la sua poetica. Il suo modo di intervenire nelle varie realtà in cui opera. Fermo restando la sua attenzione particolare agli spazi aperti, a diretto contatto con la natura, ha operato cercando di inserirsi in essa con opere che a volte hanno assecondato il fascino della natura stessa, in altri casi in netto contrasto per meglio valorizzare sia l'opera che la bellezza e la particolarità dell'ambiente. In tutti i casi però il rispetto è sempre stato l'assunto di base. Far sì che gli interventi lascino immutata la natura che li ospita. Non a caso al termine delle mostre le installazioni vengono completamente smantellate. Ciò segna una netta ed inequivocabile presa di distanza dalla "land art". Questa forma artistica, che si è sviluppata in particolar modo negli anni Sessanta e Settanta e che si è sostanzialmente conclusa nei primi anni Ottanta, operava incidendo direttamente sulla natura con interventi massivi e spesso non reversibili. Ciò comportava un modus operandi "invasivo", sicuramente condivisibile per quegli anni e per i tanti meriti che ha avuto, ma secondo la nostra poetica e la nostra sensibilità attuale, al tempo stesso tanto discutibile quanto superato. I nostri interventi valorizzano gli spazi, non li trasformano. Fanno sì che esaltino maggiormente l'ambiente, che lo facciano vedere con occhi nuovi e diversi. Allo stesso modo vale il corrispettivo speculare ossia le installazioni vengono esaltate dallo spazio che le circonda. Inoltre così facendo i lavori stimolano la riflessione e pongono problemi di tutela, di valorizzazione dell'ambiente naturale e di ciò che la storia ha depositato in esso. Esattamente quello per cui intendiamo lavorare lungo le acque, i canali e le chiuse dell'Adda


INSTALLAZIONI DEL GRUPPO KOINE’

Circa un anno fa il Gruppo Koiné ha proposto al Museo di Lissone un’operazione diversa da quanto siamo solitamente abituati a vedere in un luogo istituzionale. Il pubblico, in quell’occasione, non si trovava di fronte a opere esposte, veniva, invece, accolto da dodici leggii, uno per ogni componente del gruppo, in cui erano riportate informazioni sull’opera che si trovava in un luogo altro, nel territorio. Oggi con Le chiuse veniamo portati in esterno. Il gruppo, costituitosi venti anni fa, propone una serie di lavori collocati sui canali limitrofi al fiume Adda nel territorio di Cornate e di Paderno in stretta relazione ad esso e alla natura circostante. La volontà è quella di creare un rapporto, un dialogo, che lascerà una traccia storica, mnemonica. L’Adda, come da loro stessi dichiarato è «un insieme continuo di memoria degli interventi dell'uomo e di meraviglie della natura. Sono questi luoghi dove l'equilibrio fra la civiltà e l’ambiente corre sul filo del silenzio, di quel fascino antico che nasce dalla capacità di addomesticare l'acqua senza cancellare o devastare ciò che le sta intorno».


Mariangelo Cazzaniga Marco Gaviraghi Calloni

Michele Salmi Dario Cogliati Laura Cazzaniga Ermenegildo Brambilla

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Enzo Biffi

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Piero Macchini Daniele Arosio Antonello Sala

Giacomo Nicola Manenti

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Andrea Cereda


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: Mariangelo Cazzaniga : H2O : Lungo tutto il percorso dove sono collocate le installazioni

inizio canale senza acqua

vecchio ristorante


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: Mariangelo Cazzaniga : H2O : Lungo tutto il percorso dove sono collocate le installazioni

Determinante è il valore dell’acqua anche nel lavoro di Mariangelo Cazzaniga, che da anni lavora su questo tema in chiave sociale e politica. Lungo tutto il percorso espositivo sono i suoi sacchi di plastica, sospesi dai rami degli alberi, contenenti l’acqua del fiume. Con H2O, questo il titolo dell’installazione, l’artista vuole sensibilizzare il passante, il visitatore: è un modo per “sbattere l’acqua in faccia a chi passa”, per fare capire che è un elemento fondamentale, imprescindibile per la vita dell’uomo e della natura, elemento che buttiamo, sprechiamo insozziamo senza capire la gravità delle nostre azioni.


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: Andrea Cereda : Dolce o amara? : Rudere del vecchi ristorante a valle della centrale Esterle


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: Andrea Cereda : Dolce o amara? : Rudere del vecchi ristorante a valle della centrale Esterle

Anche il lavoro di Andrea Cereda, Dolce o amara?, è strettamente legato al nostro tempo storico. La sua è una performance, che ha luogo in quel che rimane di un ex ristorante. È la suggestione presa dal personaggio di Dulcamara dell’opera Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, un ciarlatano da fiera, come troppi se ne trovano in giro, che vuole commercializzare una boccetta di acqua miracolosa, che altro non è che l’acqua dell’Adda. Si tratta della parte introduttiva a una riflessione sulla bellezza, con cui Cereda ci porta a una bella pagina dello scrittore argentino Julio Cortázar, in cui l’intellettuale si proclama sostanzialmente idiota, in quanto di fronte alla bellezza, l’unico modo di reagire è quello di fruirne con gioia senza sguardo critico o problematico. L’idiota soggiace così alla bellezza e ne diviene schiavo. Dalla ciarlataneria del mondo, in cui ci è dato vivere, si giunge a una riflessione di matrice intima ed esistenziale. Cereda fa sua la dimensione dell’idiota e rinuncia al suo ruolo di venditore fallito, confessandosi al suo pubblico. È l’accettazione di quanto gli sta intorno: bellezza, arte, natura sono strettamente legate fra loro, così il cerchio si chiude.


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: Giacomo Nicola Manenti : Dialogo : Riva in prossimitĂ della chiusa adiacente alla passerella in ferro zona centrale Esterle


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: Giacomo Nicola Manenti : Dialogo : Riva in prossimità della chiusa adiacente alla passerella in ferro zona centrale Esterle

Dialogo è il titolo del lavoro di Giacomo Nicola Manenti. È un confronto tra un albero in gabbia, dal tronco nero, portato dall’artista, e un albero morto, presente sul territorio, con la corteccia coperta di biacca bianca. Viene a crearsi così un dialogo immaginario tra due creature morte. Imprevedibile sarà l’esito della conversazione sui grandi temi della vita, sulla libertà, sulla schiavitù, sulla natura e sull’uomo, che ci rimandano a una serie di riflessioni e di questioni per le quali non ci sono risposte.


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: Antonello Sala : Sommerso : Ultima chiusa prima della centrale Bertini


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: Antonello Sala : Sommerso : Ultima chiusa prima della centrale Bertini

Con Sommerso di Antonello Sala il riferimento è all’insabbiamento della conoscenza in un tempo che, paradossalmente, potrebbe offrire in tal senso strumenti illimitati. Si mettono così in crisi le apparenze, il conformismo del pensiero, per mostrare anche l’altra faccia della medaglia: l’impoverimento civico, etico di cui tutti siamo, al tempo stesso, vittime e carnefici. Lo spettatore ha la percezione della sagoma delle anfore poste sul fondo del canale, contenitori che qui non contengono e che danno vita a una riflessione sul tema dello spreco dell’acqua quanto mai attuale. Il rimando è a un’antica favola africana, in cui un contadino porta l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore, legate alla groppa dell’asino. Una delle due, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perde acqua. Ma l’inutilità della seconda è solo apparente, perché la perdita d’acqua, durante il cammino, aiuta ad annaffiare la terra e a renderla produttiva.


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: Ermenegildo Brambilla : Narciso : Tratto di canale tra la Rocchetta e la centrale Bertini


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: Ermenegildo Brambilla : Narciso : Tratto di canale tra la Rocchetta e la centrale Bertini

Narciso è il titolo del lavoro di Ermeneildo Brambilla, il riferimento è a un noto personaggio della mitologia greca, un cacciatore, famoso per la sua bellezza. Secondo alcune versioni figlio del dio dei fiumi Cefiso. Nel mito è un essere crudele che disdegna chiunque lo ami. Per punizione divina, Narciso si innamora della sua stessa immagine, riflessa in uno specchio d’acqua e muore cadendo nel fiume, proprio nell’atto di specchiarsi. L’artista ha collocato sette nuvole di alluminio, al pelo dell’acqua. L’idea è quella di trasferire il mito di Narciso nel mondo contemporaneo. Viviamo, infatti, in un tempo di narcisismo globale, di cui Facebook, agorà globalizzata e globalizzante non è che una, forse la più popolare, delle espressioni, in cui ci si rispecchia quotidianamente per ottenere l’altrui approvazione.


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: Laura Cazzaniga : Senza titolo : Canale ai piedi della scalinata in pietra presso la casa con il tetto di vetro


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: Laura Cazzaniga : Senza titolo : Canale ai piedi della scalinata in pietra presso la casa con il tetto di vetro

Un’installazione ambientale è anche quella di Laura Cazzaniga, realizzata in un punto del canale caratterizzato da una grande scalinata di pietra, ai cui lati sorgono una chiusa e una piccola volta in pietra. L’artista è rimasta affascinata da questo luogo, che ha letto come una possibile ambientazione di un gruppo di figure rinascimentale. L’intervento si inserisce in corrispondenza della chiusa, attraverso l’integrazione di una serie di barre metalliche.


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: Daniele Arosio : Raccoglitori di vita : Canale in prossimitĂ ponte della Rocchetta


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: Daniele Arosio : Raccoglitori di vita : Canale in prossimità ponte della Rocchetta

Un omaggio agli interventi meccanici di Leonardo e ai suoi interessi nei confronti della natura è il lavoro Raccoglitori di vita di Daniele Arosio, che ha collocato un gruppo di tele da 150 x 150 cm sul fondo del fiume. Quando le tele verranno rimosse, a fine mostra, saranno opere realizzate dalla natura, raccoglitori di vita, basi di registrazione. Il ruolo dell’artista è quello di innescare un meccanismo. La natura farà il resto. Le tele, montate su telai di ferro di una certa pesantezza, sono di cotone in modo da non creare uno squilibrio con i materiali che si depositeranno sopra di esse. Il fascino del lavoro è la non prevedibilità del risultato, in tal senso bisogna fare i conti con l’inconscio naturale, parafrasando l’inconscio ottico di Walter Benjamin.


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: Piero Macchini : SCORRELAMENTE : Ponte e chiusa a monte dell’Ecomuseo Stallazzo Bertani


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: Piero Macchini : SCORRELAMENTE : Ponte e chiusa a monte dell’Ecomuseo Stallazzo Bertani

Proprio come in Scorrelamente di Piero Macchini, che ha inserito in un tratto di canale, accanto a una chiusa, da lui inglobata in un cubo di ferro, dei fogli di lamiera, precedentemente trattati: prima dipinti di bianco e quindi incisi, in modo che una volta immersi nell’acqua, le zone senza colore si arrugginiscano per divenire dei segni densi di significato. L’artista è interessato all’idea del fiume come metafora della mente, che nel corso del tempo si ingrandisce e accumula informazioni, per poi giungere alla fine del percorso per immettersi nel mare e ricominciare il suo tragitto. In tutto questo è un riferimento a una dimensione esistenziale, foriera di un senso profondo di trasformazione.

C

B

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: Enzo Biffi : Riflessi/o : Canale a valle della cascata


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: Enzo Biffi : Riflessi/o : Canale a valle della cascata

Un richiamo al grande artista rinascimentale è anche quello di Enzo Biffi, che per il suo lavoro, Analogia, ha utilizzato dei fogli di vetroresina industriale, un materiale che nella sua artificiale neutralità, riesce ad assorbire i colori della natura, in una sorta di sincretismo concettuale e materico. Le vele sono poste nell’acqua, ancorate a strutture di ferro: da essa escono di circa 10 cm. In tal senso con quanto raccolto dall’esterno si creano dei segni che vanno a costituire degli schizzi, in cui il richiamo è a certi disegni, a certi dettagli dei codici leonardeschi.


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: Michele Salmi : O_S 26 : A monte della cascata quando il canale da asciutto inizia a contenere acqua


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: Michele Salmi : O_S 26 : A monte della cascata quando il canale da asciutto inizia a contenere acqua

Il tema della percezione è centrale anche in Oltre lo sguardo-26, il lavoro di Michele Salmi. Non si tratta di un punto di vista analitico. La sua volontà è quella di accumulare il portato di questo sguardo distratto, quello che pratichiamo con la coda dell’occhio. Non si tratta soltanto di un processo di natura fisica, ma anche e soprattutto di ordine etico: è l’accumulo della memoria della storia. I suoi lavori, le sue installazioni video, in cui si alternano flussi di immagini, costituiscono un momento di disturbo per mettere in allerta le coscienze. Qui, non potendosi avvalere di tali strumenti, utilizza delle superfici specchianti, poste sul fondo del canale, dove l’acqua sfuma e si dirada. Anche in questa occasione si tratta di una sorta di flusso, costituito da specchi di medie dimensioni. Gli specchi sono stati, in taluni punti, sovrapposti, in altri danno vita a zone di buco, per rompere la lettura, la messa a fuoco, la narrazione della realtà, creando diversi gradi percettivi.


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: Dario Cogliati : Conversazione : Grande crepa nella parete del canale asciutto


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: Dario Cogliati : Conversazione : Grande crepa nella parete del canale asciutto

Civilizzazione, modernizzazione non significano soltanto evoluzione ma anche involuzione. È quanto viene posto in evidenza dall’installazione realizzata da Dario Cogliati. L’artista ha collocato in una crepa del terrapieno, a ridosso del fiume numerosi libri, simbolo del sapere, inteso come consapevolezza di sé, arricchimento morale e spirituale. Durante il tempo della mostra i libri, sottoposti all’azione dell’acqua, del vento, del sole, muteranno la loro forma, suggerendo un lento respiro in risonanza con la natura. Così il filosofo idealista tedesco Friedrich Schelling: «La natura è lo spirito visibile, lo spirito è la natura invisibile».


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: Marco Gaviraghi Calloni : ……...……... : Prima chiusa in disuso dove inizia il tratto di canale asciutto


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: Marco Gaviraghi Calloni : ……...…......… : Prima chiusa in disuso dove inizia il tratto di canale asciutto

I colori della natura sono anche nel lavoro Marco Gaviraghi Calloni, una gondola rivestita di foglie di ferro, che prenderanno la ruggine con il passare del tempo. È un riferimento alla memoria del luogo. La gondola verrà inglobata dal territorio e diventerà una sorta di reperto archeologico naturale, in una dimensione in cui la natura, appunto, ha riconquistato i suoi spazi rispetto all’opera dell’uomo, che ha abbandonato il canale nel corso degli anni.


www.gruppokoine.it


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