PRETTY AS A SWASTIKA
Comunicazione visiva nazionalsocialista e riflessioni sull’etica
Studente Daniele De Luca s207895
Relatore Elena Dellapiana Politecnico di Torino
Correlatore Giaime Alonge UniversitĂ di Torino
C.d.L. Design e Comunicazione Visiva
PRETTY AS A SWASTIKA Comunicazione Visiva nazionalsocialista e riflessioni sull’etica
Studente Daniele De Luca s207895
Relatore Correlatore Elena Dellapiana Giaime Alonge Politecnico di Torino UniversitĂ di Torino
A.A. 2016/2017
Sommario | Introduzione 7 | Contesto 16 1 Il documentario 1.1 Documento e stile documentario 42 1.2 Documentario e Zeitgeist 51 1.3 Documentario d’esplorazione 55 1.4 Aktion T4 60 1.5 Theresienstadt 63 Casi Studio Der Sieg des Glaubens 69 Triumph des Willens 77 Olympia 106 Der Ewige Jude 129 2 Il manifesto 2.1 Arte 138 2.2 Sport 152
2.3 Salutismo 158 Ludwig Hohlwein - approfondimento 165 Gino Boccasile - approfondimento 171 3 Il brand 3.1 Svastica, da simbolo a marchio 181 3.2 Seig Sieg! 191 3.3 Hugo Boss 193 3.4 Manuale d’uso 196 3.4 Antiqua vs Fraktur 203 Gleichschaltung - approfondimento 213 4 Conclusioni 221 | Fonti Bibliografia 238 Sitografia 245 Videografia 251
Introduzione
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INTRODUZIONE Questa tesi ha lo scopo di indagare tutti gli aspetti della comunicazione visiva del “progetto” nazionalsocialista degli anni ’30 fino alla fine della Seconda Guerra mondiale. Il tentativo è quello di individuare il fil rouge che tiene insieme i vari approcci comunicativi visuali. Non a caso l’utilizzo della parola progetto si rivela utile proprio per capire come il Partito abbia proiettato tutti gli ideali del movimento all’elemento visual, cercando di stimolare l’emotività, l’entusiasmo e le reazioni “di pancia” piuttosto che una sana critica intellettuale. Obiettivo del progetto nazionalsocialista era quello di creare un
ambiente fatto di simboli, architettura e riti ben coordinati tra loro capaci di elevare il tedesco in uno stato superiore. Spunto della ricerca è sicuramente l’idea di aestheticization of politics, coniata dal filosofo tedesco Walter Benjamin, indicandola come la chiave del successo dei Regimi. In questa teoria, tutti gli aspetti della vita sono indicati come innatamente artistici, anche la politica. Con quest’ottica la politica può essere proposta e strutturata come una forma d’arte. È bene cominciare con una contestualizzazione storica, come nasce il concept, da cosa attinge l’ideologia nazista, qual è lo scenario, l’intuizione di architettura come mezzo di
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comunicazione, portatrice di significati nonché contenitore dei grandi eventi/rituali. Il rito è fondamentale per la creazione di quella che viene definita da George Mosse una religione laica; che come in qualsiasi altra religione la teologia si esprimeva attraverso una liturgia: cerimonie, riti e simboli che rimanevano immutabili in un mondo in costante mutamento1. Di seguito, nel capitolo il documentario, si cercherà di approfondire il significato di documentario e le varie ambiguità che tale termine porta nella trasposizione del reale. Come è possibile capire, in seguito, sarà proprio questa ambiguità di fondo a spingere il Terzo Reich a sceglierlo come linguaggio per rap-
presentare al meglio lo spirito del tempo, la grandezza della Germania e del popolo tedesco, quello che oggi chiameremo storytelling. Ma non solo, il documentario verrà utilizzato anche a scopo educativo, si è scelto dunque di approfondire con un caso studio Der Ewige Jude, il suo carattere documentaristico, quasi scientifico, tenta di istigare il disgusto e la repulsione verso la razza ebraica. L’arte di persuasione ha, anche, bisogno di grandi eventi che suggestionino lo spettatore e che questi vengano proposti e diffusi con uno sguardo altamente estetico. È proprio il caso della triade documentaristica di Leni Riefenstahl: Der Sieg des Glaubens (1934), Triumph des Willens (1935) e
1. George MOSSE, LA NAZIONALIZZAZIONE DELLE MASSE, Bologna, Soc. Ed. il Mulino, 1975, p.44.
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Olympia (1938). E se al documentario venne affidato il compito di raccontare il mondo nazionalsocialista, i manifesti sono portatori di messaggi più precisi e puntuali. La loro composizione mirava al massimo della semplicità contenutistica senza pretendere nessuno sforzo cognitivo aggiuntivo. La raffigurazione quindi è preminente in tutta la comunicazione affidata ai supporti cartacei, da ricordare che tutte le avanguardie artistiche o di progettazione erano viste come degenerate, traditrici dei valori tedeschi. La mostra Entartete Kunst del ’37 a Monaco ne è la prova, preceduta dalla dipartita del Bauhaus nel ’33 subito dopo l’avvento del nazismo.
L’analisi procede, nel capitolo il brand, con il simbolismo trasformato in un vero marchio, un collante di valori immateriali, quali: identità nazionale (coincidente col partito); superiorità della razza ariana e antisemitismo; la storia della Germania e tutti gli altri aspetti distintivi ritenuti fondamentali dalla nefasta ideologia nazista. In conclusione, si tenterà di capire in che modo l’etica dei singoli progettisti sia rilevante per l’estetica politica in generale. Come visto l’innegabile talento di Leni Riefenstahl, per quanto riguarda i documentari, e di Ludwig Hohlwein, per quanto riguarda i manifesti (approfondimento a fine capitolo il Manifesto) hanno contribuito
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non poco alla creazione dell’estetica nazionalsocialista. Scopo della tesi non è quello di verificare l’effettiva responsabilità etica, aldilà delle effettive condanne giuridiche, ma aprire una riflessione su quanto sia importante per i progettisti prefigurare una serie di aspetti molto più complessi del “solo” cosa? come? e a chi? comunicare. L’evoluzione tecnologica non può essere tralasciata in questa riflessione, in quanto è inevitabile l’intreccio e la commistione con l’informazione e con la comunicazione, non solo visiva. Infatti, si
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farà cenno al dibattito che ruota intorno la computer ethics. In fine, l’esempio delle recenti elezioni presidenziali americane sembrano un ottimo esempio di questo intreccio, e non solo perché è noto che una porzione dell’elettore si rifà all’estetica nazista, ma anche perché utilizza l’aspetto emotivo (compresa la rabbia) come elemento essenziale della comunicazione. A ciò si aggiunge una sempre maggiore riflessione dei designer odierni sulle effettive responsabilità prima di tutto civiche ed etiche ancor prima che professionali.
OSSESSIONE PER L’IMMAGINE L’abilità oratoria di Hitler non si era ancora manifestata. Ancor prima di diventare cancelliere del Terzo Reich, Hitler si esercitava per ore davanti allo specchio con il sottofondo delle registrazioni dei suoi discorsi al fine di migliorarsi e sembrare il più naturale possibile nelle movenze, nell’intonazione vocale e nella mimica facciale. Il suo fotografo personale, Heinrich Hoffmann, scattò queste foto (alcuni poco più che fotogrammi) che ritraggono Hitler mentre si allena verso la fine degli anni ‘20. Ad Hoffmann fu ordinato di distruggere gli scatti e i negativi perché potevano minare l’aura di naturalezza dei discorsi di Hitler e, con essa, il suo magnetismo. Ma Hoffmann evidentemente non obbedì e così per la prima volta sono visibili questi scatti finora rari delle prove di Hitler oltre a quelle in cui, giovanissimo, ritraggono il cancelliere con calzettoni e pantaloni corti. → Courtesy of US National Archives
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→ Courtesy of US National Archives
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Contesto
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I “MITI” DELLA CULTURA TEDESCA Il clima culturale e ideologico della Germania (il VOLK) ha predisposto l’animo tedesco e l’ha reso disponibile al richiamo di qualcuno che tentasse di risvegliarlo in nome della Grande Germania. I miti di cui la propaganda nazista fa uso e li estremizza sono individuati nei “miti”. MITO della NATURA, il rapporto con la natura , i paesaggi e la terra sono sempre stati molto forti rintracciabili in tempi antichissimi e al tempo del nazismo non solo la natura rappresentava l’agricoltura ma anche l’estrazione
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delle materie prime tanto utili all’industria. MITO della GIOVINEZZA, la rivincita della nazione attraverso una gioventù sana e forte. La vitalità dei giovani era espressione di: forza, salute, obbedienza, audacia, conquista e dominazione. “Questi ragazzi e queste ragazze entrano nelle nostre organizzazioni all’età di dieci anni e spesso è la prima volta che possono respirare un po’ d’aria nuova; dopo quattro anni trascorsi nel Gruppo Giovani passano alla Gioventù Hitleriana, dove li teniamo per altri quattro anni [...] E anche se a quel punto non sono ancora dei Nazional Socialisti al cento per cento, poi passano nel Corpo Ausiliari e lì vengono ulteriormente ammorbiditi, per
→ Ludwig Hohlwein, data incerta. http://socialdesignzine.aiap.it/notizie/10753#top
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sei, sette mesi... Dopodiché, qualunque coscienza di classe o di status sociale possa essergli ancora rimasta... se ne occuperà la Wehrmacht [l’esercito tedesco].” --Adolf Hitler (1938).1 A partire dagli anni ‘20, il Partito Nazista considerò la gioventù tedesca un obiettivo speciale dei suoi messaggi propagandistici. Quei messaggi insistevano sul fatto che il Partito costituisse un movimento particolarmente adatto ai giovani, in quanto fortemente dinamico, dalla mentalità elastica e che guardava al futuro con ottimismo. Milioni di giovani Tedeschi, inoltre, vennero conquistati dal Nazismo sia all’interno delle classi
scolastiche che attraverso le attività extracurricolari. Nel gennaio del 1933, la Gioventù Hitleriana aveva solo 50.000 membri, ma alla fine dello stesso anno quella cifra si era incrementata fino a raggiungere più di due milioni di iscritti. Entro il 1936 avrebbe poi raggiunto i 5.4 milioni, ben prima cioè che iscriversi all’organizzazione diventasse obbligatorio, nel 1939. Inoltre, le autorità tedesche proibirono la costituzione di nuove organizzazioni giovanili, o sciolsero quelle già esistenti che potevano competere con la Gioventù Hitleriana2. MITO della RAZZA, difesa del VOLK. Volk è una parola assai più pregnante che non “popolo”, dal mo-
1. AAVV, L’INDOTTRINAMENTO DELLA GIOVENTÙ, in Enciclopedia dell’Olocausto, United State Holocaust Memorial Museum (internet), https://www.ushmm.org/wlc/it/article.php?ModuleId=10007820, consultato il 10 gennaio 2017. 2.
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Ibidem.
→ Ludwig Hohlwein. http://socialdesignzine.aiap.it/notizie/10753#top
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mento che, per i pensatori tedeschi, fin dall’inizio del Romanticismo germanico, sullo scorcio del diciottesimo secolo, Volk denotava una serie di individui legati da una “essenza” trascendente, volta a volta definita “natura” o “cosmo” o “mito”, ma in ogni caso tutt’uno con la più segreta natura dell’uomo e che costituiva la fonte della sua creatività, dei suoi sentimenti più profondi, della sua individualità, della sua comunione con gli altri membri del Volk3.
vennero fondati in Germania, Francia e in Austria. Pubblicazioni come “Il Protocollo degli Anziani di Sion”, generarono e diffusero false teorie di una immaginaria cospirazione internazionale ebraica. Una potente componente dell’antisemitismo politico fu il Nazionalismo, i cui seguaci spesso accusavano falsamente gli Ebrei di non essere fedeli alla nazione.
Il “movimento voelkisch” xenofobo del Diciannovesimo secolo (Movimento Popolare o del Popolo) Nell’era moderna, alla – formato da filosofi tedecomponente d’odio che schi, da studiosi e da artisti caratterizzava la loro che consideravano lo spiriideologia, gli antisemiti to ebraico come estraneo aggiunsero quella politi- a quello germanico – diffuca. Nell’ultima parte del se l’idea che gli Ebrei non Diciannovesimo secolo, fossero autentici cittadini partiti politici antisemiti tedeschi. Teorici di antro-
3. Chiara SCIONTI, UNA FEDE GERMANICA: GLI IDEOLOGI DEL VOLK, in IL NAZISMO NELLA SOCIETÀ, NELLA CULTURA E NELL’ARTE (Internet), http://imaginaryboys.altervista.org/italiano/nazismo/volk.htm, 2000.
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pologia razziale fornirono la base pseduo-scientifica di quel concetto. Il Partito Nazista, fondato nel 1919 da Adolf Hitler, diede infine espressione politica alle teorie del razzismo. In parte, il partito Nazista basò la propria popolarità proprio sulla diffusione della propaganda anti-ebraica. Milioni di persone comprarono il libro di Hitler Mein Kampf (La mia battaglia) in cui si reclamava l’allontanamento degli Ebrei dalla Germania4. Con l’ascesa dei Nazisti al potere, nel 1933, il partito ordinò il boicottaggio economico degli Ebrei e creò una serie di leggi discriminatorie ai loro danni. Contemporaneamente, i Nazisti organizzarono anche diverse manifestazioni
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in cui libri considerati “pericolosi” venivano dati alle fiamme. Nel 1935, le Leggi di Norimberga introdussero una definizione razziale degli Ebrei, basata sulla diversità di “sangue”, e ordinarono la totale separazione della popolazione “ariana” da quella “non ariana”. In questo modo, quelle leggi ratificarono una visione gerarchica della società, basata sulle differenze di razza. La notte del 9 novembre 1938, in tutta la Germania e in Austria, i Nazisti distrussero diverse sinagoghe e le vetrine di negozi posseduti da cittadini ebrei (un evento conosciuto come il pogrom della Notte dei Cristalli). Tale episodio segnò il momento di passaggio a una nuova fase di distruzione, nella quale il
Ibidem.
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genocidio sarebbe diven- Dal 1919 al 1932 una serie tato l’obiettivo centrale di governi di coalizione dell’antisemitismo nazista. guidarono la Germania, in quello che nella storia teMITO PANGERMANICO, desca è conosciuto come l’oppressione e la frustra- il periodo della Repubzione politica innescano blica di Weimar, durante un sentimento di rivincita, il quale nessun partito fu inoltre la fine della mo- mai in grado di raggiungenarchia e quindi dell’unità re, da solo, la maggioranza della nazione fa perdere parlamentare. Disaccorun senso di protezione pa- di in materia di politica terna. Il popolo ha bisogno economica, così come la di una figura messianica crescente polarizzazione capace di dare potere alla dei partiti sui due versanti Germania. della Destra e della Sinistra, impedirono la formaInoltre gli esponenti dei zione di una coalizione in gruppi privilegiati spera- grado di governare. Così, vano che il nazismo avreb- dopo il giugno del 1930, be deviato il risentimento una serie di Cancellieri abemotivo, che li minaccia- bandonarono uno dopo va, verso altri obiettivi, e l’altro il tentativo di creare che contemporaneamente una maggioranza parlaavrebbe aggiogato la na- mentare che permettesse zione ai loro interessi eco- di amministrare il paese. nomici (Thyssen e Krupp)5. Invece, essi governarono
5. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Biennale di Venezia, 1976.
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con decreto presidenziale e senza il consenso del Parlamento, manipolando la legislazione contenuta nella Costituzione della Germania (in particolare l’Articolo 48 che regolava le situazioni di emergenza e che era stato inserito dai politici tedeschi per difendere la democrazia in periodi di fermento politico). Questa struttura di governo servì comunque a stabilizzare l’economia e il sistema parlamentare, e calmò, almeno temporaneamente, le violente proteste popolari.
mente il supporto dell’opinione pubblica proprio presentandosi come movimento di protesta contro la corruzione e l’inefficienza del “sistema” di Weimar. I suoi membri descrivevano la Repubblica come una “palude” caratterizzata, di volta in volta, o dall’instabilità o dall’immobilità, incapace di liberare il paese dall’umiliazione e dalla desolazione lasciate dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e dai termini fortemente punitivi del Trattato di Versailles. Gli autori della propaganda nazista promossero l’imIn quel periodo di instabi- magine del Partito come lità, il Partito Nazista emer- unico movimento in Gerse da una relativa oscurità, mania capace di parlare crescendo fino ad assume- a nome di tutti i Tedeschi re importanza nazionale. non-Ebrei, senza distinzioIn particolare, esso riuscì ne di classe, di religione ad aumentare drastica- o di regione di apparte-
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nenza. Tutti gli altri partiti politici, agli occhi dei Nazisti, rappresentavano solo gli interessi particolari di gruppi che lavoravano unicamente per difendere tali interessi. I responsabili nazisti della propaganda fecero anche leva sul desi-
derio di ordine della popolazione, particolarmente sentito dopo un periodo di violento fermento civile. Promettendo di unire la Germania, di ridare lavoro ai sei milioni di Tedeschi che ne erano privi e di restaurare i “tradizionali valori germanici”, Hitler raccolse un vasto supporto popolare6. IL FASCINO DI UN MOVIMENTO DI MASSA Un punto fondamentale dell’ideologia nazista e della propaganda era costituito dalla creazione di una “comunità nazionale” (Volksgemeinschaft) che avrebbe riunito tutti i Tede-
→ Ludwig Hohlwein, data incerta. http://socialdesignzine.aiap.it/notizie/10753#top
6. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Biennale di Venezia, 1976.
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schi appartenenti alla razza “Ariana”, trascendendo le differenze di classe, di religione o di regione di appartenenza. Inoltre, il costante conflitto politico e lo scontro sociale, che avevano caratterizzato la democrazia parlamentare nel periodo di Weimar, non avrebbero avuto spazio nella nuova società Nazional Socialista. In contrasto con la protezione che la Costituzione di Weimar degli anni precedenti aveva assicurato ai diritti individuali, la propaganda nazista metteva il benessere della comunità nazionale al di sopra delle preoccupazioni dei singoli. Tutti i Tedeschi “di razza pura”, identificati con il termine di “camerati nazionali” (Volksgenossen), erano obbligati ad aiutare coloro
che possedevano di meno e sacrificare tempo, salario e anche la propria vita per il bene comune. In teoria, né un’estrazione sociale di livello basso né una situazione economica modesta potevano rappresentare ostacoli all’avanzamento sociale, politico o militare. La propaganda nazista giocò un ruolo cruciale nello spacciare il mito della “comunità nazionale”, soprattutto perché i Tedeschi desideravano intensamente realizzare l’unità e ritrovare la grandezza e l’orgoglio per il loro paese, così come rompere con il sistema sociale fortemente stratificato del periodo precedente. Facendo leva su quei sentimenti, la propaganda nazista collaborò a preparare la popolazione tedesca a un futuro
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impostato dall’ideologia lo della nazione intera. In Nazional Socialista7. particolare, il materiale prodotto per le campagne Il forte desiderio della po- elettorali a partire dagli polazione di avere leader anni ‘20 e per tutti gli anni politici carismatici costi- ‘30, insieme ai materiali tuisce sempre terreno fer- visivi dal forte impatto e tile per l’uso della propa- le apparizioni pubbliche ganda. Durante il periodo attentamente orchestrafortemente instabile della te, collaborarono a creare Repubblica di Weimar, i il “culto del capo” intorno Nazisti sfruttarono questo ad Adolf Hitler, la cui fama essenzialmente desiderio per consolidare il crebbe grazie ai discorsi che egli proprio potere e rafforzare l’unità nazionale; essi rag- pronunciò ai grandi radugiunsero questo obiettivo ni di massa, alle parate e attraverso la campagna, alla radio. Nel costruire il accuratamente studiata, personaggio pubblico, i recon la quale crearono l’im- sponsabili della propaganmagine del capo del Parti- da Nazista dipinsero Hitler to Nazista, Adolf Hitler. La a volte come un soldato propaganda nazista favorì pronto all’azione, altre volla rapida ascesa del Partito te come un padre e, infine, e dei suoi dirigenti prima persino come un messia a una posizione di potere giunto a riscattare il destipolitico e, poi, al control- no della Germania. 7. AAVV, UNIRE UNA NAZIONE, in Enciclopedia dell’Olocausto, United State Holocaust Memorial Museum (internet), https://www.ushmm.org/ wlc/it/article.php?ModuleId=10007818, consultato il 10 gennaio 2017.
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Tecniche moderne di propaganda - incluse immagini forti accompagnate da messaggi semplici - aiutarono a proiettare Hitler dal ruolo di piccolo estremista poco conosciuto (oltretutto nato in Austria e non in Germania) a candidato principale alle elezioni presidenziali tedesche. Durante la Prima Guerra Mondiale il giovane Hitler, che era stato nell’esercito e aveva combattuto al fronte dal 1914 al 1918, venne fortemente influenzato dalla propaganda usata in quel periodo. Come molti altri, Hitler credeva fermamente che la Germania avesse perduto quella guerra non perché sconfitta sul campo di battaglia, ma a causa della propaganda nemica. Egli pensava che i semplici e chiari messaggi con
i quali i vincitori di quel primo conflitto mondiale (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Italia) avevano inondato la Germania, avessero dato coraggio alle truppe nemiche, sottraendo contemporaneamente ai Tedeschi il desiderio e la forza di continuare a combattere. Hitler comprendeva assai bene il potere di certi simboli, di certa oratoria e di certe immagini, perciò creò slogan politici in grado di raggiungere le masse in modo semplice, concreto ed emotivamente accattivante. Dal 1933 al 1945, la pubblica adulazione di Adolf Hitler costituì un elemento costante della vita tedesca: i responsabili nazisti della propaganda dipinsero il loro capo [il Führer]
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come la personificazione della Germania e come un uomo che emanava forza da un lato e devozione cieca alla patria dall’altro. I pubblici annunci, che venivano trasmessi ripetutamente, rinforzarono poi l’immagine di Hitler come colui che avrebbe riscattato una Germania umiliata dai termini del Trattato di Versailles (con il quale si era conclusa la Prima Guerra Mondiale). Il culto di Adolf Hitler fu un fenomeno di massa deliberatamente creato e coltivato dai dirigenti del Nazismo: sia i responsabili della propaganda che i numerosi artisti arruolati tra le loro fila disegnarono ritratti, poster e busti del Führer, che vennero poi riprodotti in grandi quantità e distri-
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buiti sia nei luoghi pubblici che nelle abitazioni private. La propaganda nazista celebrava Hitler come statista geniale che aveva portato stabilità al paese, creato posti di lavoro e restaurato la grandezza della Germania. Durante gli anni in cui il Partito Nazista rimase al potere, i Tedeschi furono obbligati a dimostrare pubblicamente la propria fedeltà al Führer, a volte in forme semi-rituali come, per esempio, il saluto Nazista o la frase “Heil Hitler!”, cioè la formula che si doveva usare quando si incontrava qualcuno per strada, ribattezzata poi “Saluto Germanico”. La fede cieca in Hitler contribuì a rafforzare il senso di unità nazionale, mentre
il rifiuto ad adattarsi a tali dimostrazioni di devozione venne visto come evidente segno di dissenso, fatto questo che assumeva anche un peso particolare in una società dove qualunque critica esplicita al regime, e ai suoi capi, poteva portare all’arresto e alla detenzione. La propaganda fu uno strumento fondamentale sia per conquistare quella maggioranza di cittadini tedeschi che non sostennero immediatamente Adolf Hitler, sia per imporre il programma radicale nazista che richiedeva, oltre al supporto attivo e la partecipazione diretta di alcuni, l’accettazione passiva da parte di larghi settori della popolazione. Unito all’uso del terrore come mezzo di intimidazione di
coloro che rifiutavano di obbedire, il nuovo apparato propagandistico statale, guidato da Joseph Goebbels, venne utilizzato per manipolare e ingannare la popolazione tedesca e il mondo esterno. Ad ogni occasione, i responsabili della propaganda diffusero il messaggio accattivante dell’unità nazionale e di un futuro utopistico, facendo breccia nelle menti di milioni di cittadini. Allo stesso tempo, essi organizzarono campagne tese a facilitare la persecuzione degli Ebrei e di altre persone escluse dall’ideale nazista di “Comunità Nazionale”.
MEIN KAMPF Il Mein Kampf è ricco di riferimenti e teorizzazioni sulla propaganda. Le ri-
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flessioni contenute danno l’impressione che Hitler si ritenesse un esperto delle tecniche di persuasione, enunciandone gli obiettivi: “La propaganda deve rivolgersi alle masse”; il suo compito “non sta nella educazione scientifica dei singoli, quanto piuttosto in un rinvio della massa a determinati fatti o avvenimenti o necessità, la cui importanza solo così viene manifestata al pubblico”. L’insistenza sul tasto dell’emotività è precisa e senza tentennamenti. Il popolo tedesco, il popolo guida, depositario di una mis-
sione universale, diventa, nell’ideologia hitleriana, una massa di esseri deboli da stupire, da convincere con la messa in scena. Ogni propaganda, per essere veramente efficace, “deve essere popolare” e, per essere popolare, “il suo livello spirituale deve essere posto tanto più in basso, quanto più grande sia la massa di gente su cui si vuole agire”. 8 Sulla base di queste considerazioni, la propaganda diviene una sorta di educazione religiosa che punta sui riti collettivi delle adunate di massa e sulla raffinata capacità oratoria
→ Mein Kampf, (1926). Courtesy of the New York Public Library Digital Collection.
8. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Biennale di Venezia, 1976., p. 21. 9. Adolf HITLER, MEIN KAMPF, Monaco, Eher-Verlag, 1926, cit., pp. 135136.
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dei suoi capi carismatici. Il Il congresso di Norimberrito di massa è indispensa- ga dunque attraverso il rituale consacra il carattere bile ed è il più efficace. assunto da Hitler in quanto Fuhrer della Germania “[L’uomo] ha bisogno di e nel contempo lo rende essere rafforzato dalla con- solennemente pubblico e vinzione di essere membro lo socializza con le centie campione di una vasta naia di migliaia di persone presenti. In questo quadro comunità”9. emerge l’esigenza di trafe“Le manifestazioni di mas- rire in ambiente cinematografico quanto accade nelsa non solo rafforzano il la realtà del congresso non singolo, ma lo avvincono e più come semplice docucontribuiscono a creare lo mentazione o materiale spirito di corpo”10. informativo da cinegiornale, quanto piuttosto come Ma i rituali vengono, an- prodotto in grado di veiche, utilizzati per mostrare colare l’evento oltre l’hic et nunc: “Desiderio del nopotere, cioè per rendere stro Fuhrer è che le riprese tangibile la forza, lo status non vengano fatte per gli e la legittimità di chi ese- archivi, ma siano realizzate gue la pratica rituale o di e montate secondo critechi in essa viene celebra- ri artistici. Due milioni di persone potranno riunirsi to11. 10. Adolf HITLER, MEIN KAMPF, Monaco, Eher-Verlag, 1926, cit., p. 394. 11. Giorgio NAVARINI, TRADIZIONE E POST-MODERNTÀ DELLA POLITICA RITUALE, “Rassegna Italiana Di Sociologia”, anno XXXIX, n°3, 1998, p. 309.
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a Norimberga ma sessanta milioni di tedeschi potranno essere testimoni di questo maestoso raduno, potranno partecipare e condividere l’esperienza sconvolgente di questa manifestazione”12. I due film realizzati da R. per i congressi del 1933 -34 verranno distribuiti capillarmente in tutta la Germania, segnando dei picchi di presenze (oltre 5000 presenze al giorno all’Ufa-Palast di Berlino13) Analizzando dal punto di vista dell’efficacia propagandistica la differenza tra parola detta e parola scritta, Hitler si lascia andare ad una digressione sull’immagine: “Maggiori prospettive possiede
l’immagine in tutte le sue forme, compreso i film. Qui, c’è ancora meno di lavorare con l’intelletto: basta guardare, tutt’al più leggere brevi testi: perciò molti sono più predisposti ad accogliere in sé un’esposizione fatta con l’immagine che a leggere un lungo scritto. L’immagine apporta in breve tempo, quasi di colpo, chiarimenti e nozioni che lo scritto permette solo di ricavare da una noiosa lettura”. Quindi l’immagine non è noiosa, è diretta, è vissuta emotivamente, coinvolge il pubblico a livello profondo; può dunque essere sfruttata con profitto. Di tutte queste idee Goebbels si farà paladino, iniziando prestissimo la conquista dell’industria cinematografica14.
12. Leni RIEFENSTAHL, WIE DER FILM VOM REICHSPARTESEIG ENTSTECH, “Der Deutsche”, n°14, 17 gennaio 1935. 13. Presenze dettagliate nei primi giorni di programmazione pubblicate in “LBB” n°95, 23 aprile 1935.
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Per la produzione e il mantenimento del consenso il regime nazista usa delle forme di coinvolgimento articolate su più livelli. Goebbels enuncia chiaramente il principio nel suo intervento al congresso di Norimberga del 1934: “può essere una buona cosa tenere il potere riposto sulle armi. Tuttavia è preferibile e più gratificante conquistare il cuore del popolo e mantenerlo”. Perciò il regime costruisce un forte stato sociale sostenuto da una martellante propaganda. Per i casi che “sfuggono al controllo” viene articolato un sistema di campi di concentramento supportato da un efficiente corpo di polizia e da altre forme di repressione selvaggia. 15
Anche i cinegiornali divennero uno strumento fondamentale degli sforzi attuati dal Ministro della Propaganda Joseph Goebbels per modellare e manipolare l’opinione pubblica durante la guerra. Per esercitare maggiore controllo sul contenuto dei cinegiornali dopo l’inizio del conflitto, il regime nazista fuse le varie compagnie che producevano i reportage in una sola, la Deutsche Wochenschau (Settimanale di Opinione Germanica). Goebbels collaborò personalmente alla creazione di ogni numero dei cinegiornali, correggendoli e persino riscrivendoli in parte. Tra le dodici e le diciotto ore di pellicola, filmate da professionisti e consegnate a Berlino ogni settimana da un corriere, venivano
14. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Biennale di Venezia, 1976, p. 27. 15. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA 1933, 1934, Cagliari, CUEC, 2013, p. 29.
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poi modificate e ridotte a filmati che duravano tra i 20 e i 40 minuti. La distribuzione dei cinegiornali venne estesa notevolmente quando il numero di copie di ogni episodio salì da 400 a 2.000, e vennero anche realizzate versioni in dozzine di altre lingue (inclusi lo svedese e l’ungherese), mentre unità mobili cinematografiche portavano i filmati anche nelle campagne tedesche16.
la grandezza e la potenza della Germania, oltre a promuovere e celebrare il governo nazista, incarnato dal Fuhrer, la scala è quella monumentale. Come le rovine greche e romane, l’architettura doveva restare nei secoli come testimonianza della grandezza della Nazione.
Il ruolo principale l’ha avuto certamente Albert Speer, l’architetto del Fuhrer, anche se bisogna dire che ARCHITETTURA il cancelliere partecipava direttamente nei progetti. Viene impiegata come Uno dei più imponenti e strumento per celebrare scenografici è di certo lo Zepellinfield di Norimberga, una vera e propria scenografia ad una scala del tutto esagerata, destinata a raccogliere la massa durante i raduni del partito. Lo scopo di Hitler è quello → Hitler e Speer, Bundesarchiv, Bild 146-1971-016-31 / CC-BY-SA 3.0 → Paris, Weltausstellung, Deutsches Haus Scherl, Bildarchiv: Frankreich 1937: Das Deutsche Haus auf der Weltausstellung in Paris
16. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Biennale di Venezia, 1976, p. 40.
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→ The Cathedral of Light above the Zeppelintribune Bundesarchiv, Bild 183-1982-1130-502 / CC-BY-SA 3.0 quello che verrà definito uno dei primi esempi di architettura immateriale
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di creare un luogo capace di contenere la più grande massa possibile: è la massa che ha dato il potere a Hitler e il Fuhrer sa quanto sia necessario il suo appoggio. A rendere il tutto più teatrale, è la tribuna, che diventa la quinta ideale alla massa, e il podio, una sorta di altare sacrificale dove si consuma il “rito” politico, sotto il simbolo del nazismo. Credo che, per quanto devastante e fuori scala, questo spazio svolgeva perfettamente il suo ruolo quando la massa lo affollava. 17 Ebrei e politicamente orientati a sinistra erano, in gran parte, gli esponenti delle correnti artistiche e architettoniche d’avanguardia tedesche, come il Bauhaus. Fondata da Wal-
ter Gropius, la scuola Bauhaus propugnava il razionalismo e il funzionalismo. La sua sede era un perfetto esempio dello stile che veniva insegnato negli anni venti, durante la tribolata Repubblica di Weimar governata dai socialdemocratici. Per dare un’idea della spaventosa monumentalità dell’edificio, eccolo a confronto con altre costruzioni gigantesche, compreso l’attuale grattacielo più alto del mondo18. “Albert Speer fu uno degli artefici del programma di trasformazione estetica del Terzo Reich: [...], nelle sue Memorie - una fonte tuttavia ambigua, per il desiderio di autoassoluzione dell’autore - ricostruisce con chiarezza il ruolo
17. Alessandro ROCCA, LA POTENZA (DEVASTANTE) DELL’ARCHITETTURA, in Teorie e Tecniche (internet), http://teorieetecniche.blogspot. it/2012/10/la-potenza-devastante-dellarchitettura.html, consultato il 15 gennaio 2017.
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centrale che i progetti edilizi e urbanistici hanno svolto nel programma nazista. Le “architetture da megalomani”, ovvero i grandiosi progetti architettonici nella definizione post-1945 dello stesso Speer, erano state negli anni Trenta l”e paro le “parole di pietra” con cui edificare la storia.19
CONCLUSIONE Adolf Hitler non inventa nulla, il Mein Kampf contiene una summa di idee e tuttavia, sarebbe errato considerare oggi il programma politico nazista come un insieme di idee strampalate e fantasiose perché ricadremmo nel luogo comune di consi-
→ La cupola della Große Halle, Bundesarchiv, http://www.giornalepop.it/lesteticanazista/
18. Sauro PENNACCHIOLI, L’ESTETICA NAZISTA, in Giornale Pop (internet), http://www.giornalepop.it/lestetica-nazista/ 13 settembre 2016.
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→ A model of Adolf Hitler’s plan for Berlin formulated under the direction of Albert Speer, Bundesarchiv, Bild 146III-373 / CC-BY-SA 3.0
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derare il nazismo una parentesi buia nella storia dell’Europa moderna e democratica e Hitler un povero pazzo delirante. Come si è visto, l’astuzia della propaganda nazista risiede nel proporre temi e suggestioni ben presenti nel contesto culturale e politico della Germania dell’epoca. Proporre qualcosa di “nuovo” avrebbe
richiesto uno sforzo da parte del “pubblico” a recepire ed adottare nuovi modelli di comportamento e di pensiero. Così l’utilizzo di vecchie ideologie, rinvigorite e brutalizzate hanno trovato maggiore sostegno e adesione, era compito dell’estetica raccoglierle e renderle seducenti.
19. Gian Piero PIRETTO, MEMORIE DI PIETRA - I MONUMENTI DELLE DITTATURE, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014, p.272.
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Il documentario
1.1
DOCUMENTO E STILE DOCUMENTARIO Nell’uso comune, per documentario si intende un film, di qualsiasi lunghezza, girato senza esplicite finalità di finzione, e perciò, in generale, senza una sceneggiatura che pianifichi le riprese, ma anzi con disponibilità verso gli accadimenti, e senza attori. Non a caso, nei paesi anglosassoni si impiega sempre più spesso il termine nonfiction. Alla base del documentario c’è un rapporto ontologico con la realtà filmata, che si pretende restituita sullo schermo così come si è manifestata davanti alla macchina da presa, senza mediazioni. Il
film è il documento di tale realtà, la prova che le cose si sono svolte così come le vediamo proiettate. Il cinema di finzione rappresenta invece una realtà mediata, manipolata dal regista per esprimere ciò che ha immaginato. È una realtà messa in scena. Nel documentario la macchina da presa è al servizio della realtà che le sta di fronte; nel film di finzione la realtà viene rielaborata per la macchina da presa. Nel film di finzione il patto implicito dello spettatore con lo schermo è: so bene che ciò che vedo rappresentato non è vero, benché verosimile, e tuttavia ci credo; nel documentario dirà piuttosto: ciò che vedo è vero, e non solo verosimile, e per questo ci credo. L’effetto magico di illusio-
1. Adriano APRÀ, IL DOCUMENTARIO, Enciclopedia del Cinema in Treccani.it, http://www.treccani.it/enciclopedia/documentario_(Enciclopedia-del-Cinema)/ consultato il 31 dicembre 2016.
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ne di realtà che il cinema di finzione normalmente produce viene, per così dire, sospeso nel documentario, dove si evidenzia l’effetto probatorio1. Rintracciare la prima occorrenza della parola “do-
sua volta negli anni trenta –vuole che il termine figuri per la prima volta nel 1926 in un articolo di John Grierson sul film Moana di Robert Flaherty2. Egli parla di «valore documentario» del film, per poi teorizzare il genere in vari saggi scrit-
→ Immagine tratte da MOANA, Flaherty, 1926
cumentario” come definiti nel 1932-34 su «Cinezione di genere è difficile, ma Quarterly». Essi sono ma la leggenda – nata a 2. Olivier LUGON, LO STILE DOCUMENTARIO IN FOTOGRAFIA DA AUGUST SANDER A WALKER EVANS 1920-1945, Milano, Electa, 2008.
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stati raccolti e rielaborati assieme ad altri in un libro considerato, a torto o a ragione, un classico: Forsyth Hardy (a cura di), Grierson on Documentary, London 1946 (nuova ed.: London-Boston 1966; tr. it. a cura di Fernaldo Di Giammatteo: Grierson, Documentario e realtà, Roma 1950; una critica alla teoria e alla pratica produttiva di Grierson, e insieme una acuta riflessione sul documentario, si trova in Brian Winston, Claiming the Real. The Documentary Film Revised, London 1995)3. Grierson, all’inizio degli anni Trenta, elabora un vero e proprio manifesto del documentario in esso erano contenuti alcuni punti essenziali che riassumevano i principi teorici ed estetici di questo ge-
nere cinematografico. Nel citato manifesto, si diceva, tra l’altro: • Noi crediamo che dalla capacità, che il cinema possiede, di guardarsi intorno, di osservare e di selezionare gli avvenimenti della vita ‘vera’ si possa ricavare una nuova e vitale forma d’arte. I film girati nei teatri di posa ignorano quasi totalmente la possibilità di portare lo schermo nel mondo reale. Fotografano avvenimenti ricostruiti su sfondi artificiali. • Noi crediamo che l’attore ‘originale’ (o autentico) e la scena ‘originale’ (o autentica) costituiscano la guida migliore per interpretare cinematograficamente il mondo moderno, offrano al cinema una più abbondante riserva di materiale e gli
3. Adriano Aprà, BREVE STORIA DEL DOCUMENTARIO, in adrianoapra.it, http://www.adrianoapra.it/?s=documentario&paged=7 consultato il 31 dicembre 2016.
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forniscano la possibilità di interpretare, traendoli dal mondo della realtà, avvenimenti più complessi e sorprendenti di quelli immaginati per i teatri di posa, o di quelli che i tecnici dei teatri di posa possano ricostruire. • Noi crediamo che la materia e i soggetti trovati sul ‘posto’ siano più belli (più reali in senso filosofico) di tutto ciò che nasce dalla recitazione. Il gesto spontaneo ha sullo schermo un singolare valore. Il cinema possiede la straordinaria capacità di ‘ravvivare’ i movimenti creati dalla tradizione o consunti dal tempo. Il rettangolo arbitrario dello schermo rivela e potenzia i movimenti, dando loro la massima efficacia nello spazio e nel tempo. Si aggiunga che il d. può otte-
→ SORTIE DES USINES, Lumière, 1895
nere un approfondimento della realtà e ricavarne effetti che la meccanicità del teatro di posa e le squisite interpretazioni degli attori scaltriti neppure si sognano. Attorno a tali linee teoriche si è, di fatto, sviluppato questo genere caratterizzato, in modo particolare, per i suoi intenti educativi, didattici, scientifici, antropologici, di informazione e anche propagandistici; genere che ha avuto i suoi massimi rappresentanti in autori come Robert Flaher-
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ty, Alberto Cavalcanti, Walter Ruttmann, Joris Ivens e molti altri, tra i quali si possono ricordare ancora Frédéric Rossif, Jean Rouch e l’italiano Folco Quilici; genere con il quale si sono cimentati anche registi conosciuti soprattutto per le loro opere di fiction4. Va notato tuttavia che Grierson ritiene il valore documentario di Moana secondario rispetto al suo valore estetico, ponendo con ciò il dilemma proprio del genere. La messa in scena, congenita al cinema di finzione narrativo con attori, non è, né può essere, estranea al documentario. Per quanto reale e non manipolato sia il profilmico (ciò che la macchina da presa riprende), esso, fin dai tempi dei
Lumière, non può evitare di essere inquadrato, e con ciò stesso selezionato e orientato, anche se è stato detto che l’inquadratura di un documentario è una finestra aperta sul mondo più che una cornice che lo racchiude e lo sintetizza. Inoltre, per quanto breve sia il film, come nei piani-sequenza di un minuto dei Lumière, il fatto stesso che ci sia un inizio e una fine implica inevitabilmente un embrione di narrazione, un’evoluzione del profilmico marcata da un prima e da un dopo. La manipolazione spazio-temporale viene accentuata da tutte le tecniche che hanno caratterizzato lo sviluppo del linguaggio cinematografico, soprattutto dal montaggio e dalle altre operazioni di
4. Carlo TAGLIABUE, DOCUMENTARIO, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it, consultato il 2 gennaio 2017.
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post-produzione successive alle riprese. Con l’introduzione del sonoro, che pure incrementa con la presa diretta l’impressione di realtà, non va dimenticata la mediazione del microfono e del missaggio, e poi, in proiezione, quella di amplificatori e altoparlanti. La realtà, in altre parole, è sempre, nel documentario come nel film di finzione, una realtà registrata, quindi mediata, “impura”. Ma l’innocenza, per così dire, con cui lo spettatore assiste alla proiezione (o, in televisione, alla trasmissione) di un documentario lo rende facilmente ingannabile, quando si vuol far passare subdolamente per documento, prova inconfutabile di verità, ciò che è realta truccata: è quanto ha sempre fatto la propa-
ganda, con i cinegiornali e i telegiornali, e con la pubblicità. È invece piuttosto un problema di interpretazione critica che di volontà dell’autore il fatto che si sia insistito più del dovuto sul realismo dei documentari. Flaherty, considerato il padre del genere, realizza film, anche assai belli, con strutture narrative precise, anche se dissimili da quelle tipiche del film di finzione, e interpretati da attori, anche se non professionisti, chiamati a rivestire i panni di personaggi più che a essere se stessi5. L’idea di “documento” è ovviamente più antica. Nella letteratura specializzata compare fin dal XIX secolo. Legato al valore scientifico o archivistico delle immagini, il significato del termine fino a quel
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momento rimanda all’apporto di informazioni, testimonianze o prove. Nella letteratura artistica figura solo come contrario della parola “arte” e le due categorie si escludono a vicenda. Prima degli anni venti, insomma, il documentario non solo non costituisce un genere estetico ma ne è addirittura la negazione. Ad un tratto, invece, intorno al 1930, questi due poli fino ad allora inconciliabili si trovano deliberatamente associati in numerosi progetti di fotografi animati da ambizioni artistiche6.
in generale, nei regimi dittatoriali il documentario si piega in maniera più diretta e univoca alle esigenze propagandistiche. In URSS, le esperienze avanguardistiche del muto e dei primi anni del sonoro vengono criticate in campo documentaristico forse più che nel cinema di finzione. Si lascia mano abbastanza libera al globetrotter Ivens per Pesn’ o gerojach/ Komsomol (1932, mm, Il canto dei fiumi); ma Vertov ha enormi difficoltà, di cui risente Tri pesni o Lenine (1934, Tre canti su Lenin), fino a essere ridotto Con queste premesse, for- a opere impersonali o al te di una legittimazione silenzio, destino che lo artistica e formale, questo accomuna alla Sub. Fra stile fece presto ad affer- i nuovi nomi si distingue marsi come mezzo adatto Roman Karmen, che gira alla propaganda del regi- materiali durante la guerra me nazionalsocialista. Più di Spagna, poi montati
5. Adriano APRÀ, BREVE STORIA DEL DOCUMENTARIO, in adrianoapra.it, http://www.adrianoapra.it/?sdocumentario&paged=7 consultato il 31 dicembre 2016. 6. Olivier LUGON, LO STILE DOCUMENTARIO IN FOTOGRAFIA DA AUGUST SANDER A WALKER EVANS 1920-1945, Milano, Electa, 2008. Pag. 15
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dalla Sub (Ispanija, 1939, Spagna), e in Cina (V Kitaje, 1941, In Cina). La Cina, come la Spagna (Heart of Spain, 1937, cm di Hurwitz e Strand; Spanish Earth), attira cineasti stranieri, fra cui Leyda, Lerner, Meyers e Ben Maddow (China Strikes Back, 1937) e Ivens (The 400 Millions). In Giappone, Tatakau Heitai (1939, Soldati al fronte) di Fumio Kamei viene proibito e distrutto dalle autorità. In Italia l’approccio propagandistico del documentario è in genere più morbido, e meno efficace. Fra gli esempi migliori, Dall’acquitrino alle giornate di Littoria (1934, cm, pr. LUCE), Il cammino degli eroi (1936), sulla guerra d’Africa, e Milizie della civiltà (1941, cm), sulla costruzione dell’E 42
(l’odierno quartiere Eur di Roma), di D’Errico, La battaglia dello Jonio (1940, cm prodotto dal Centro Cinematografico della Marina promosso da De Robertis) e Mine in vista (1940, cm) di De Robertis. Il caso tedesco si manifesta lo straordinario talento di Leni Riefenstahl con Triumph des Willens (1935) e Olympia (1938), in due parti: Fest der Völker (Olimpia) e Fest der Schönheit (Apoteosi di Olimpia). Nel dopoguerra la regista ha puntigliosamente e inutilmente respinto le accuse di connivenza col regime, rivendicando la propria indipendenza artistica; la sua resta tuttavia un’estetica del «fascino fascista» (Susan Sontag), anche
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se di grande, e moderna, elaborazione tecnica e formale. Altrettanto ricercato, ai limiti dell’avanguardismo, e perciò poco gradito al regime, è Das Stahltier (1935) di Willie Zielke (autore del prologo di Olympia), sulla storia delle ferrovie. Ignobile per il modo in cui orienta la propria tesi antisemita con montaggio, commento e ricostruzioni è Der ewige Jude (1940) di Fritz Hippler. Un altro veicolo della propaganda nazista, oltre al cinegiornale “Deutsche Wochenschau”, sono i “Kulturfilme” (film educativi), riassemblati criticamente anni dopo in Deutschlandbilder (1983) di Hartmut Bitomsky e Heiner Mühlenbrock. Oltretutto, la guerra offre al documentario un terreno
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propizio. Vi si combinano urgenza dell’informazione, spettacolarità degli eventi e sfida estetica del colto sul vivo. Dopo le prove generali della guerra d’Africa e della guerra di Spagna, la Seconda guerra mondiale vede l’impiego strategico e altamente organizzato di cineasti al fronte (molto più di quanto era potuto avvenire nella Prima). In Germania la propaganda è pesante e sfacciatamente menzognera (Feuertaufe, 1940, di Hans Bertram; Feldzug in Polen, 1940, e Sieg im Westen, 1941, di Hippler, tutti con largo uso di repertorio)7.
1.2
DOCUMENTARIO E ZEITGEIST
determinati fatti o avvenimenti o necessità, la cui importanza solo così vine manifestata al pubblico”. L’insistenza sul tasto dell’emotività è precisa e senza tentennamenti. Il popolo tedesco, il popolo guida, depositario di una missione universale, diventa, nell’ideologia hitleriana, una massa di esseri deboli da stupire, da convincere con la messa in scena. Ogni propaganda, per essere veramente efficace, “deve essere popolare” e, per essere popolare, “il suo livello spirituale deve essere posto tanto più in basso, quanto più grande sia la massa di gente su cui si vuole agire”. 8
Sull’uso propagandistico del cinema già Hitler aveva fatto alcuni accenni nel Mein kampf. Già da tempo il futuro Fuhrer aveva intuito il formidabile potenziale del cinema come mezzo di propaganda. Il Mein Kampf è ricco di riferimenti e teorizzazioni sulla propaganda. Le riflessioni contenute danno l’impressione che Hitler si ritenesse un esperto delle tecniche di persuasione, enunciandone gli obiettivi: “La propaganda deve rivolgersi alle masse”; il suo compito “non sta nella educazione scientifica dei Sulla base di queste consisingoli, quanto piuttosto derazioni, la propaganda in un rinvio della massa a diviene una sorta di edu7. Adriano APRÀ, BREVE STORIA DEL DOCUMENTARIO, in adrianoapra.it, http://www.adrianoapra.it/?s=documentario&paged=7 consultato il 31/12/16
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cazione religiosa che punta sui riti collettivi delle adunate di massa e sulla raffinata capacità oratoria dei suoi capi carismatici. Il rito di massa è indispensabile ed è il più efficace. “[L’uomo] ha bisogno di essere rafforzato dalla convinzione di essere membro e campione di una vasta comunità”9. “Le manifestazioni di massa non solo rafforzano il singolo, ma lo avvincono e contribuiscono a creare lo spirito di corpo”10. Ma i rituali vengono, anche, utilizzati per mostrare potere, cioè per rendere tangibile la forza, lo status e la legittimità di chi esegue la pratica rituale o di chi in essa viene celebra-
to11. Il congresso di Norimberga dunque attraverso il rituale consacra il carattere assunto da Hitler in quanto Fuhrer della Germania e nel contempo lo rende solennemente pubblico e lo socializza con le centinaia di migliaia di persone presenti. In questo quadro emerge l’esigenza di traferire in ambiente cinematografico quanto accade nella realtà del congresso non più come semplice documentazione o materiale informativo da cinegiornale, quanto piuttosto come prodotto in grado di veicolare l’evento oltre l’hic et nunc: “Desiderio del nostro Fuhrer è che le riprese non vengano fatte per gli archivi, ma siano realizzate e montate secondo criteri artistici. Due milioni di persone potranno riunirsi
8. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Venezia, Biennale di Venezia, 1976, p. 21 9. Adolf HITLER, MEIN KAMPF, Monaco, Franz Eher Nachfolger, cit., pp. 135-136 10. Adolf HITLER, MEIN KAMPF, Monaco, Franz Eher Nachfolger, cit., p. 394
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a Norimberga ma sessanta milioni di tedeschi potranno essere testimoni di questo maestoso raduno, potranno partecipare e condividere l’esperienza sconvolgente di questa manifestazione”12.
film. Qui, c’è ancora meno di lavorare con l’intelletto: basta guardare, tutt’al più leggere brevi testi: perciò molti sono più predisposti ad accogliere in sé un’esposizione fatta con l’immagine che a leggere un lungo scritto. L’immagine apporta in breve tempo, quasi di colpo, chiarimenti e nozioni che lo scritto permette solo di ricavare da una noiosa lettura”. Quindi l’immagine non è noiosa, è diretta, è vissuta emotivamente, coinvolge il pubblico a livello profondo; può dunque essere sfruttata con profitto. Di tutte queste idee Goebbels si farà paladino, iniziando prestissimo la conquista dell’industria cinematografica14.
I due film realizzati da Leni Riefenstahl per i congressi del 1933 -34 verranno distribuiti capillarmente in tutta la Germania, segnando dei picchi di presenze (oltre 5000 presenze al giorno all’Ufa-Palast di Berlino13). Analizzando dal punto di vista dell’efficacia propagandistica la differenza tra parola detta e parola scritta, Hitler si lascia andare ad una digressione sull’immagine: “Maggiori prospettive possiede l’immagine in tutte le sue forme, compreso i Per la produzione e il man-
11. Gianmarco NAVARINI, TRADIZIONE E POST-MODERNITÀ DELLA POLITICA RITUALE, “Rassegna italiana di sociologia”, anno XXXIX, n°3, 1998, p. 309 12. Leni RIEFENSTAHL, WIE DER FILM VOM REICHSPARTESEIG ENTSTECH, “Der Deutsche”, n°14, 17 gennaio 1935 13. Presenze dettagliate nei primi giorni di programmazione pubblicate in “LBB” n°95, 23 aprile 1935
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tenimento del consenso il regime nazista usa delle forme di coinvolgimento articolate su più livelli. Goebbels enuncia chiaramente il principio nel suo intervento al congresso di Norimberga del 1934: “può essere una buona cosa tenere il potere riposto sulle armi. Tuttavia è preferibile e più gratificante conquistare il cuore del popolo e mantenerlo”. Perciò il regime costruisce un forte stato sociale sostenuto da una martellante propaganda. Per i casi che “sfuggono al controllo” viene articolato un sistema di campi di concentramento supportato da un efficiente corpo di polizia e da altre forme di repressione selvaggia. L’incontro col giovane Goebbels a metà anni venti porta a svilup-
pare sempre più queste tecniche di produzione del consenso giungendo a elaborare strategie in cui i mass media interagiscono con i rituali di massa. Queste modalità andranno via via perfezionandosi negli anni e segneranno la propaganda politica anche nei decenni successivi fino ai giorni nostri.15
1.3
DOCUMENTARIO D’ESPLORAZIONE La possibilità offerta dal nuovo mezzo di abolire le distanze, portando, riprodotti, luoghi lontani in casa nostra, viene sfruttata da subito, a cominciare dai Lumière, a fini non solo documentari ma ben presto anche pubblicitari, per
14. Giorgio BELARDELLI, Luciano TOSTI, REGIA: JOSEPH GOEBBELS GLI ESORDI DELLA PROPAGANDA NAZISTA E IL CINEMA, Venezia, Biennale di Venezia, 1976, p. 27
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promuovere il turismo. Ricordiamo, per fare un solo esempio, gli Hale’s Tours (riprese viste, come dal finestrino, da finte carrozze ferroviarie in ambienti fieristici), promossi fra il 1905 e il 1912 dallo statunitense George C. Hale. A sua volta, il ricco banchiere parigino Albert Kahn promuove negli anni ’10 e ’20 “Les Archives de la planète”, commissionando vedute (tuttora conservate) di varie parti del mondo per un utopico catalogo enciclopedico-geografico. Altri cineasti che negli anni ’10 si dedicano a documentari esotici sono l’italiano Luca Comerio (i cui materiali verranno creativamente riutilizzati da Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi in Dal Polo all’Equatore, 1986) e il belga Alfred
Machin, specialista di film animalisti16. Ci fu un aspetto del nazional-socialismo che andò oltre quelli che erano gli interessi volti a creare un grande reich millenario e che assunse contorni occulti, macabri, circondati da un alone di mistero, tali da alimentare, ancora di più, i lati oscuri del già oscuro mondo della svastica. Questi tenebrosi aspetti, queste voci che si intrecciano intorno all’ideologia nazional-socialista, ebbero la loro origine nelle fasi iniziali del movimento, quando, in una Germania devastata dalla sconfitta nella grande guerra, coloro che sarebbero divenuti, qualche anno dopo, i gerarchi del III reich, si ritrovarono a contatto
15. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA 1933, 1934, 2013, pg 29
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con personaggi e sette di natura occulta, predicanti strane teorie ed illustranti convulsi presagi, che sconfinavano nel mondo del paranormale e che prevedevano l’avvento di una razza ariana superiore e dominatrice, trascinata da un suo illustre figlio e destinata a decidere i destini del mondo17. Essi sarebbero sapienti depositari della conoscenza originaria. I superstiti di questo popolo secondo tali dottrine esoteriche si sono rifugiati nelle lontane montagne del Tibet e nelle terre del Nord Europa. Si narra di eroi ariani dotati di facoltà paranormali, uomini perfetti. La farneticante missione che molti di questi circoli si danno è ricercare i progenitori del popolo
tedesco e riportare alla luce i segni inequivocabili dell’antico splendore. L’antisemitismo trova le sue radici in un filone preciso della storia tedesca ed europea ma si nutre anche delle teorie di questi circoli iniziatici di cui Hitler farebbe parte di ciò abbiamo alcuni indizi non prove certe. certo è, che Hitler consapevole che questi temi non suscitavano grande consenso e per sempre cura di vietare discussioni e prese di posizione pubbliche sull’aspetto esoterico del suo movimento politico questa allucinante visione del mondo il popolo germanico avrebbe un solo nemico degli ebrei. Il popolo ebraico e l’antagonista l’avversario con cui ingaggiare l’ultima
16. Antonio APRÀ, BREVE STORIA DEL DOCUMENTARIO, in adrianoapra.it, http://www.adrianoapra.it/?s=documentario&paged=7 consultato il 31 dicembre 2016. 17. AA.VV, I LATI OSCURI DEL NAZISMO, in StoriaXXISecolo (internet), http://www.storiaxxisecolo.it/nazismo/nazismo14.htm consultato il 31 dicembre 2016.
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battaglia per il dominio dell’umanità Hitler crede di essere l’erede di questo antico sapere che vuole il ritorno l’avvento dei nuovi superuomo. Nel giugno 1938 Hitler ordina una spedizione sulle lontane inaccessibili montagne del Tibet, una regione così impervie e sconosciuta che attira molti studiosi e appassionati. L’idea è che vi si possono trovare gli elementi umani ed animali incontaminati nella loro purezza. Capo della missione è Ernst Schäfer, un austriaco è un giovane e brillante botanico già protagonista di altre spedizioni. Il programma di viaggio prevede la partenza dall’India poi un
→ locandina di Geheminis Tibet (Secret Tibet), Hans Albert Lettow, 1939
passaggio pieno di insidie attraverso i valichi dell’Himalaya e ancora l’esplorazione delle pianure degli altipiani e delle montagne, destinazione finale Lhasa la città del Dalai Lama, capitale del Tibet e luogo interdetto ai visitatori occidentali.
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Le tappe di questo viaggio sono documentate in un filmato destinato esclusivamente ad uso scientifico e mai proiettato nelle sale cinematografiche tedesche.
Tibet viene proiettato nelle sale del Reich, ha toni rassicuranti da opuscolo turistico e non lascia intravedere nulla dei veri scopi della missione. Sei milioni di chilometri quadrati, una sconfinata foresta pluviale che circondano l’immenso Rio delle Amazzoni e È un minuzioso diario di anche qui come in Tibet viaggio che racconta spo- si praticano riti tribali anstamenti e vicende dei che qui crescono potenti predatori delle origini per- piante allucinogene almadute. Altri documentari nacchi e bollettini di scienvengono girati in altri luo- ze esoteriche insegnano ghi del pianeta come ad come riconoscerle e come esempio quello girato in raggiungerli18. Brasile. L’obiettivo ufficiale della missione in Brasile è quello di saldare i rapporti di amicizia e stabilire nuovi accordi e iniziative culturali. Questo insolito documentario diversamente da quello girato in
18. Trascrizione del documentario “I TRE VOLTI DEL NAZISMO”, in RaiTV (internet), http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-612bbf4c-4822-4372-9487-9881c8f1d7d6.html consultato il 31 dicembre 2016.
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→Ernst Schäfer, photo by Ernst Krause, 1938 Bundesarchiv: Bild 135-KB14-083
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1.4
AKTION T4 Abbreviazione di “Tiergartenstrasse 4” zona di Berlino dove era situato il quartier generale dalla “Gemeinnützige Stiftung für Heil und Anstaltspflege”, l’ente pubblico per la salute e l’assistenza sociale, progetto di soppressione dei disabili tedeschi e austriaci del Terzo Reich.
Uno dei centri nevralgici del pensiero nazista fu l’eugenetica, ovvero quell’insieme di metodi volti all’affermazione di una specie umana “perfezionata” (di razza ariana, nel caso specifico). Il governo nazista non perde tempo e il 14 luglio del ’33 emana la Legge per la prevenzione della prole affetta da malattie ereditarie: è la cosiddetta Legge per la sterilizzazione forzata dei disabili19. Sei giorni dopo (20 luglio ’33) è firmato il Concordato con il Vaticano firmato dal Nunzio Pacelli (Pio XII). Non ci furono infatti critiche all’interno della comunità medica tedesca o internazionale perché la cultura volta al miglioramento biologico della popolazione era molto
→ Autore sconosciuto 1938 circa
19. Giancarlo RESTELLI, LO STERMINIO DEI DISABILI NEL TERZO REICH, in Restelli Storia (blog), http://restellistoria.altervista.org/pagine-di-storia/giorno-della-memoria/lo-sterminio-dei-disabili-nel-terzo-reich/ consultato il 30 gennaio 2017.
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diffusa. Anche i parenti delle persone sterilizzate non protestarono pubblicamente. Neppure le due chiese protestarono. Le difficoltà economiche della Germania negli anni Trenta, con il peggioramento del livello di assistenza nei manicomi e nelle case di cura, accentuano le tendenze omicide verso i disabili. Fin dal ’33 furono drasticamente ridotti i fondi destinati agli istituti psichiatrici in modo da far balenare l’idea negli stessi operatori ospedalieri sulla necessità di sopprimere queste vite inutili. Intanto la Germania nazista prepara il terreno adatto con una “intelligente” campagna di sensibilizzazione attraverso cui si cerca di convincere l’opinione pubblica tedesca che non tutte le
vite meritano di essere vissute. Per esempio intorno alla metà degli anni Trenta compaiono dei manifesti murali a cura del partito nazista in cui è scritto: “Questo paziente affetto da una malattia ereditaria costa, durante la sua esistenza, 60.000 RM al popolo. Connazionale, si tratta anche dei tuoi soldi!”. Una diabolica campagna di persuasione occulta attraverso film, cortometraggi, radio, manifesti, opuscoli e ogni sorta di iniziativa. Alla metà degli anni trenta, nel momento delle sterilizzazioni di massa, sono girati due documentari: “Das Erbe” (L’eredità, 1935) - film didattico e dal tono scientifico “inconfutabile”, che
20. Trascrizione del documentario EUGENETICA E MALATTIA MENTALE. L’ANTROPOLOGIA DEGLI ORRORI, in Rai Storia (internet), http:// www.raistoria.rai.it/embed/eugenetica-e-malattia-mentale-lantropologia-degli-orrori/5829/default.aspx, consultato il 1 febbraio 2017.
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rappresentava le implicazioni mediche e sociali delle tare ereditarie e che rappresentava l’idea nazista di darwinismo e di «sopravvivenza del più forte», le scene di selezione naturale vengono montate a contrasto con le riprese scioccanti girate negli istituti psichiatrici20; “Opfer der Vergangenheit” (Vittima del passato, 1937) - il film metteva a confronto il popolo «sano» con scene tratte dalle corsie degli istituti psichiatrici, popolate di esseri «deformi» e «degenerati» e conclude che ciò era dovuto ad una violazione delle regole della selezione naturale, a cui si sarebbe dovuto porre rimedio ripristinandole con
«metodi umani». La prima del film si tenne a Berlino, introdotta dal leader dei medici del Reich, Wagner, e successivamente proiettato a lungo in 5300 centri cinematografici, dislocati in tutta la Germania21. Si stima che l’attuazione del programma “T4” abbia portato all’uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.00022.
21. Giancarlo RESTELLI, LO STERMINIO DEI DISABILI NEL TERZO REICH, in Restelli Storia (blog), http://restellistoria.altervista.org/pagine-di-storia/giorno-della-memoria/lo-sterminio-dei-disabili-nel-terzo-reich/ consultato il 30 gennaio 2017.
22. Alessandro MATTA, EUTHANASIEFILM: I FILM NAZISTI PRO-EUTANASIA SULL’ “OPERAZIONE T4”, in Cinemecum (internet), http://www.
cinemecum.it/newsite/index.php?option=com_content&view=article&id=1486%3Aeuthanasiefilm-i-film-nazisti-pro-eutanasia-sull-operazione-t4-&catid=83&Itemid=338 consultato il 2 gennaio 2017.
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Casi studio
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DER SIEG DES GLAUBENS Leni Riefenstahl 1933
un caso (dalla prima alla seconda), da dissolvenza incrociata. Ognuno di questi nuclei si caratterizza per omogeneità tematica e narrativa e, a seconda L’idea di fondo emerge della durata, si suddivide chiaramente da quello internamente in sequenze che sin dalla prima visio- diversamente articolate2. ne appare come un medio metraggio ben curato: Sequenze: rappresentare il Parteitag selezionando momenti • L’arrivo a Norimberga particolarmente significanti che, a prescindere • Nuvole sopra Norimberga dal reale svolgimento del congresso, ne esprimano • Costruzione delle tribune il carattere e lo spirito e e risveglio che riescano a evidenziare l’entusiasmo delle centi- • Arrivo delle SA dalle naia di migliaia di parte- campagne cipanti e il loro favore nei • Arrivo dei gerarchi alla confronti di Hitler1. stazione Il film è diviso in sei ma- • Arrivo di Hitler crosequenze separate da doppia dissolvenza e, in • Apertura del congresso
1. Partecipano al congresso circa 400.000 persone: tra funzionari, giovani della Hitlerjugend, membri della SA e SS ed altri. 2. Trascrizione del parlato in LOIPERDINGER-CULBERT, Leni Riefenstahl, the SS, and the Nazy Party Rally Films, pp.18-28
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• Saluti delle autorità nell’Altes Rathaus • Apertura al congresso nella Luitpoldhalle • Luitpoldarena, arrivo del Fuhrer e delle altre autorità • Incontro con la Hitlerjugend • Parata davanti al Fuhrer
ti del congresso. Il film è costruito con inquadrature che parcellizzano lo spazio e punti di vista che cambiano costantemente angolazione, prospettiva e distanza rendendo tutto molto dinamico. Il montaggio è serrato e mantiene alta l’attenzione. Risulta talvolta ostentato il rapporto di Hitler con la folla3.
• Commemorazioni
La colonna sonora è particolarmente curata in rapAd eccezione della prima porto alle immagini con le parte (seq. 1 e 2), le sequenze sono dei blocchi quali instaura relazioni di tematici - narrativi che si sintonia e contrappunto. susseguono non temporalmente. In tal modo le Per la prima volta la regiquattro giornate di con- sta, non nuova al montaggresso vengono compat- gio e al ritmo, si confronta tate in un’unica giornata. con la gestione di materiali Più articolato lo sviluppo ripresi da una realtà su cui spaziale che rende iden- non si è potuto intervetificabili i diversi luoghi in nire, una realtà che può cui si svolgono gli even- essere modellata solo in
3. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEL 33-34, Cagliari, CUEC, 2013, p.43
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sede di montaggio. Per la strutturazione del testo, cura della musica, forte attenzione al ritmo, per le suggestioni d’avanguardia è dichiaratamente ispirato a Berlin. Symphonie einer Großstadt (1927) di Walter Ruttmann4. Le orge di bandiere, le masse dei militanti accalcati, le migliaia di braccia alzate nel saluto tedesco schiacciate dai potenti teleobiettivi appaiono sì stilizzate, ma non astratte; decontestualizzate e quasi irriconoscibili, ma non per perdere il loro carattere, piuttosto per farne emergere l’essenza. La rappresentazione delle masse in Der Sieg des Glaubens verosimilmente ricalca in pieno i suggerimenti di Béla Balàsz5, che scrive:
«Una massa di uomini […] ci mostra un’immagine sovraindividuale della società umana. Non semplicemente la somma di singoli uomini, ma un organismo vivente a sé. Con struttura e fisionomia proprie. […] Per poter mostrare i gesti [della massa] in modo chiaro, la massa rappresentata non deve essere priva di contorni, caoticamente amorfa. In un buon film la folla è “strutturata”, nei suoi raggruppamenti e movimenti, fin nei minimi particolari. […] Il buon regista potrà mostrare la fisionomia vivente della folla, la mimica del “volto” delle masse solo servendosi di primi piani, grazie ai quali non lascerà mai che il singolo individuo scompaia o venga dimenticato. […] Con una
4. In relazione alle musiche si veda Reimar VOLKER, “Von oben sehr serwunscht”. Die Filmmusik Herbert Windts im NS-Propagandafilm, Wissenschaftlicher Verlag, Trier 2003, PP. 49-79, 168-182 5. Pseudonimo di Hermann Bauer, teorico del cinema e sceneggiatore ungherese (Szeged, 1884-Budapest 1949). Comunista convinto, nonché ebreo, a causa del nazismo si trasferisce a Mosca, insegnerà all’Accademia cinematografica. Insieme alla Riefenstahl scrive Das blaue Licht, esordio della cineasta, in seguito i due avranno problemi di diritti d’autore.
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serie di riprese in dettaglio da elementi in primo piano e di sfondo ci mostrerà i singoli granelli di sabbia di cui è composto questo deserto, in modo che anche passando al quadro totale resti presente la brulicante vita interiore dei suoi atomi. In siffatti primi piani percepiamo la vivida materia spirituale di cui sono composte le grandi masse»6. Der Sieg des Glaubens ha avuto una storia travagliata e i suoi problemi non sono causati solo da un contesto storico in evoluzione. È stato girato in tempi stretti e senza un’adeguata preparazione del teatro di posa in esterni. Non solo: le camicie brune faranno tutto il possibile per creare dif-
ficoltà, veri e propri sabotaggi, come per lo smantellamento dei binari per le cineprese fatti installare dalla Riefenstahl. Il materiale adatto per il montaggio sarà scarso e di mediocre qualità. In realtà, tutta l’organizzazione dell’evento presenta dei problemi: la troupe della Riefenstahl non ha alcuna priorità e deve scontrarsi con coreografie inesistenti, fotografi che si trovano dove non dovrebbero, personaggi ingestibili che non sanno cosa fare. Non a caso, la regista era considerata un elemento estraneo e trattata con poco rispetto. Il ritiro dalle sale, avverrà in seguito la notte dei lunghi coltelli, in cui Ernst Röhm, colonnello generale (Stabschef) delle SA verrà arrestato e poi ucciso, la sua
6. Bèla BALASZ, L’UOMO INVISIBILE, a cura di Leonardo Quaresima, Torino, Lindau, 2008, pp. 181-183
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presenza accanto al Fuhrer nel documentario sarà troppo ingombrante per la promozione del partito.
Troppo “sincero” Der Sieg des Glaubens commette un grosso errore: mostra la realtà e non la costruisce, è un film pericolosamente sincero. Bambini seduti sul ciglio di una strada salutano una colonna di camicie brune in marcia verso Norimberga; sono piuttosto mal vestiti, alcuni sono scalzi. Un gatto grassoccio osserva il tutto da dietro un’inferriata. La colonna in marcia è rilassata e disordinata, con uomini che chiacchierano, entrano ed escono dai ranghi, guardano in cinepresa riden-
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do. Questa può essere la verità, ma la propaganda non è questione di verità: i bambini dovranno essere sobri, ma non necessariamente “perfetti”. E’ come quando il politico di turno si presenta per fare il suo bel monologo con i primi due bottoni della camicia aperti: “Guardate, sono affabile e rispettabile”. I bambini di Triumph des Willens sono appunto sobri ma non perfetti, deliziosi da vedersi, ben pettinati e vestiti. Persino le SA, corpo notoriamente ribelle e rumoroso, sarà ripreso in modo da non creare problemi: dall’alto, rendendone la presenza appena accennata. Ecco uno dei punti in cui i due film differiscono, grazie a una preparazione ad hoc, non il film per il congresso,
ma il congresso per il film. D’altra parte difficilmente la propaganda offre paragoni al ribasso, in fondo è tutta questione d’apparenza. Preferire altro a capacità e lungimiranza: presunte credibilità e autorità, un vestito elegante o la capacità di parlare per ore senza dire niente.
Confusione e difficoltà nella scansione dei tempi Leni Riefenstahl è chiamata a filmare e non ha controllo su quanto le accade di fronte: in parole povere, deve limitarsi a produrre materiale visivo. Non avendo vita facile, il risultato sarà un generale sbilanciamento tra fasi più
importanti, forzosamente ridotte, e altre di contorno, inutilmente estese. L’arrivo delle colonne di camicie brune SA a Norimberga è lunghissima, se messa a confronto con quella dell’arrivo di Hitler. Dopo la breve sequenza dell’arrivo di Hitler all’aeroporto, si passa a una sezione a malapena comprensibile col suo passaggio in auto tra la folla: inquadrature confuse e tremolanti, buchi nella folla che si muove senza controllo, fumo che confonde la visuale. I cordoni delle SA sono ripresi mentre con difficoltà contengono il pubblico. Tutto questo denota una complessiva mancanza di controllo, che un film di questo genere non dovrebbe potersi permettere.
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Confusione nella gerarchia
determinate le gerarchie interne al partito e un’intera classe politica sarà Si capisce che Hitler è il spazzata via. centro dell’azione, ma la sua è una centralità che Quando viene girato Der deve fare i conti con trop- Sieg des Glaubens, però, pi “rivali”. Prima di lui sfi- Röhm è quasi un pari di lano i Göbbels e i Röhm Hitler. Dai fotogrammi apaccanto ai von Papen pare evidente: prima ve(uomo politico della de- diamo Röhm stringere la stra tradizionalista, in se- mano a Hitler (1), per poi guito scampato quasi mi- salire a bordo dell’auto. Da racolosamente alla Notte quel momento seguiranno dei lunghi coltelli), oltre il passaggio del corteo dei alle personalità interna- corpi paramilitari l’uno a zionali. La sua continua vi- fianco dell’altro, alla stescinanza allo stesso Röhm sa altezza. Si tratta di una può far sorgere dubbi su confidenza mai più conchi realmente abbia il co- cessa; Hitler non avrà più mando. Non si capisce dei pari. Il capo delle SA in modo inequivocabile Röhm sarà sostituito da un chi sia la personalità di uomo di provata fedeltà, riferimento, nessun mes- tale Viktor Lütze. Saranno saggio univoco, come nel lui e Himmler gli officianti caso di Triumph des Wil- del culto civile, con Hitler, lens. Solo allora saranno nel 1934 a Norimberga;
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lo scorteranno anche du- supremazia. Da notare che rante la rivista del corteo, non c’è quasi contatto visimantenendo sempre un vo fra i due7. passo indietro. Triumph des Willens contribuisce a stabilire quale debba essere la gerarchia: possiamo vedere come Lütze, avvicinatosi all’auto di Hitler, prima esegua il saluto, gli stringa la mano e quindi obbedisca a un gesto preciso (foto 4). Si posiziona di fronte all’auto e Hitler pone una mano sulla sua spalla in segno di
È vero che la regia è complessivamente incerta, che qualcosa, anche di clamoroso, sfugge al controllo, ma il modello di fondo è valido tanto che, applicato con padronanza nel successivo Triumph des Willens, darà dei risultati straordinari.
→ Tersite Cinema. 7. AAVV, DER SIEG DES GLAUBENS (1933), inTersiteblog.it, https://tersiteblog.wordpress.com/2014/10/12/der-sieg-des-glaubens/ consultato il 3 gennaio 2017.
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TRIUMPH DES WILLENS Leni Riefenstahl 1935
del film, non esclude comunque Leni Riefenstahl dall’elaborazione degli aspetti scenografici del documentario. Infatti la regista è presente sia nelle La macchina organizzativa fasi più salienti della proche viene messa in moto gettazione, sia in quelle di per il secondo film è di realizzazione dei lavori a dimensioni straordinarie Norimberga e «la prepasoprattutto se considera- razione del congresso del ta in rapporto gli standard Partito va di pari passo con di produzione di un docu- la preparazione delle ripre1 mentario. La preparazione se del film››. del film inizia molti mesi prima e si svolge in sinto- Per le riprese la troupe è: nia con l’allestimento del composta da 172 persone, sito del congresso curato fra queste 36 operatori - alda Albert Speer. ll ruolo cuni di loro si muovevano svolto da Speer nella pro- sui pattini a rotelle e in digettazione del Parteitag- visa per potersi spostare sgelände (l’area a est di velocemente e camuffare Norimberga destinata ad nella folla - 10 tecnici, 37 ospitare le manifestazioni addetti al controllo, 12 fodei congressi del NSDAP), nici, 17 tecnici luci, 26 autiche lo porta a diventa- sti. Il costo di produzione è re di fatto lo scenografo adeguato alla grandiosità 1. Leni RIEFENSTAHL, HINTER DEN KULISSEN DES REICHSPARTEITAG-FILMS, Monaco, Zentralverlag der NSDAP, 1935, p.31.
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della macchina produttiva e dell’impegno richiesto e ammonta, esclusi i costi di allestimento dello spazio del congresso, a circa 400.000 Reichsmark e, un impegno economico straordinario particolarmente alto anche per la realizzazione di un film di finzione. Triumph des Willens esce come “semplice” documentario della durata di 114 minuti, ossia 3109 metri di pellicola 35mm. contro i 128.000 girati.2 Triumph des Willens, nonostante l’impegno grandioso nella preparazione e nelle riprese, prende corpo essenzialmente in sede di montaggio dove l’autrice, lavorando da sola, combina le inquadrature secondo una architettura che colloca gli elementi su
diversi livelli di importanza con l’alternanza di punti forti e deboli, e rispettando un ritmo che coinvolga lo spettatore. La realtà del congresso si piega alle esigenze del montaggio tanto da venire stravolta. Nella sintesi cinematografica, la regista non si limita a selezionare gli avvenimenti più interessanti escludendo quanto non ritenuto rilevante nell’economia del film, ma riorganizza lo sviluppo temporale di ciò che è accaduto a Norimberga (il congresso si svolge dal 4 al 10 settembre 1934), creando una durata diegetica del Parteitag cinematografico diversa da quella del Parteitag reale. Parallelamente combina i diversi momenti con un ordine differente in modo da modificarne il senso e
2. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEL 33-34, Cagliari, CUEC, 2013, p.58.
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la funzione. Non si tratta quindi di un aspetto legato alla diversa articolazione dell’intreccio in relazione alla fabula, ma proprio della costruzione di una fabula nuova rispetto alla realtà.
che emerge da una lettura “letterale” del testo e che ci mostra dei fatti così come sarebbero accaduti a Norimberga nel settembre del 1934; un secondo, che emerge in filigrana dalla sfera connotativa e simbolica e, superando Attraverso la selezione de- la realtà del congresso in gli eventi, la scelta delle sé, presenta aspetti propri inquadrature, la cura del- dell’ideologia, dell’estetile musiche e dei rumori, ca, della cultura nazionalil montaggio Leni Riefen- socialista validi come mostahl costruisce un film in dello ben oltre il preciso cui ogni momento assume evento storico raccontato. una valenza doppia. Come nota Martin Loiperdinger3, Il film è articolato in 12 È possibile individuare nel macrosequenze di diversa film due livelli di contenu- durata ed è diviso molto to: il primo manifesto e chiaramente in 5 atti che palese, il secondo latente, da un lato segnano lo sviche emerge da una let- luppo del film in rapporto tura fra le righe. È come alle fasi di svolgimento se ci fossero due film so- dell’evento di Norimbervrapposti: uno legato alla ga, dall’altro strutturano dimensione denotativa, il testo in modo da offrire
3. Martin LOIPERDINGER, RITUALE DER MOBILMACHUNG, DER PARTEITAGSFILM THRIUMPH DES WILLENS VON LENI RIEFENSTAHL, cit., p.78.
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al materiale trattato una valenza simbolica che permette di far emergere l’essenza dell’intera liturgia che si attua intorno al congresso. La riorganizzazione degli elementi visivi fa si che all’interno della pellicola rimangano solo unità fortemente significanti ottenendo così un concentrato particolarmente efficace.
casi può essere divisa in ulteriori sottosequenze. Pertanto possiamo individuare complessivamente 22 nuclei tematici e narrativi a loro volta articolati in scene. Ad esclusione dei due casi in cui troviamo una dissolvenza incrociata, i passaggi da una macrosequenza all’altra, come fra le diverse sottosequenze, sono sottolineati da una cesura a livello del sonoro: La pellicola è dunque com- interruzione e cambio del posta da blocchi tematici e brano musicale, passaggio narrativi ben definiti sepa- dalle voci alla musica o virati da doppia dissolvenza ceversa. Le sequenze: (in apertura e chiusura) e in un caso, il passaggio • L’arrivo a Norimberga dalla IV alla V sequenza, da dissolvenza incrociata a • In volo su Norimberga indicare una cesura meno netta. Ciascuna delle 12 • L’aereo di Hitler atterra macrosequenze ha durata differente a seconda • Il corteo per le strade dell’importanza e in taluni della città
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• Il concerto in onore di Hitler • Da Norimberga al Parteítagsgelände • Dalla vecchia Norimberga allo Zeltlager • Il risveglio nello Zeltlager • La sfilata in costume tradizionale • I giovani dell’Arbeitsfront • Dall”Hotel Deutscber Hof al congresso
• Le parole di Hitler • Lutze e gli uomini delle SA • I giovani • La parata della Wermacht • Hitler e i funzionari del Partito • Commemorazioni e rinnovo della fedeltà • La commemorazione dei caduti
• L’apertura del congresso
• L’omelia di Hitler sulla stabilità del Movimento
• L’intervento di Hess
• Il rito della Blutfahne
• Gli interventi dei gerarchi
• Le parate nel centro di Norimberga
• Il Servizio del lavoro • Gli Arbeitsoldaten
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• La chiusura del congresso
Una tripartizione dialettica
le, cioè il rapporto fra Hitler e la città, i suoi abitanti, i suoi monumenti. Si nota in tal senso la differenza con il precedente Der I tre grossi blocchi con- Sieg der Glaubens in cui il tenutistico-narrativi che Führer era attorniato dagli compongono il film pos- altri gerarchi che stavano sono essere sinteticamen- quasi al suo stesso livello te definiti “affettivo” (seqq. rispetto. I-II), “politico” (seqq. III-X) e “istituzionale” (seqq. XI-XII). Il secondo blocco è dediNel primo avviene l’epifacato alla dimensione ponia di Hitler, protagonista litica in quanto conduce assieme alla città di Nol’insieme dei partecipanti rimberga con i suoi abitan- all’interno dello spazio deti che lo accoglie festosa. dicato al congresso. É uno Qui i gerarchi nazisti trovano spazio solo marginalmente come semplici figure di contorno, meri elementi pro-filmici, quasi la Riefenstahl ritenesse la loro presenza un di più che potesse distrarre l’attenzione dall’aspetto centra-
spazio che prende corpo idealmente e si definisce come “luogo altro” rispetto alla città, tant’è che, escluse poche inquadrature della prima sequenza nelle quali durante la sfilata in costume e il corteo di auto dei gerarchi che lascia l’Hotel Deutscher
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Hof si intravede qualche strada o palazzo, in questo blocco Norimberga è del tutto assente. Questa caratterizzazione di “luogo altro” rispetto alla città è fortemente voluta in sede di montaggio quando si eliminano tutti i riferimenti allo spazio urbano.
soprattutto, per le forme che la caratterizzano: equilibrio, regolarità, ordine, perfezione formale, rigore geometrico, imponenza, razionalità contrapposti al caos, al disordine, alla confusione che avevano segnato il primo blocco. Simbolicamente lo spazio di svolgimento del conÉ pur vero che il Parteítag- gresso diventa lo spazio sgelände stava fuori dalla del Partito. città, ma il Congresso reale si svolgeva in luoghi diversi Il terzo blocco ha un valospostando gli eventi, come re di sintesi. Da un lato risi può notare nella tabella porta Hitler e i partecipanti sinottica in appendice, fra nel cuore della città, che gli spazi aperti della peri- viene da loro letteralmenferia e gli edifici del centro. te occupato e trasformato La scelta dunque di con- con le geometrie regolari centrare tutto il blocco al e meccaniche delle parate di fuori della città ha una che si incontrano/scontraprecisa valenza simbolica. no con le linee divergenti dell’architettura medioePeraltro questa parte si vale; dall’altro sanciscono distingue anche, e forse l’ufficialità della vittoria
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nell’affermazione del Reich. La città che simbolicamente si era aperta per ospitare il Partito nazionalsocialista ora se ne impregna e ne diventa parte integrante. Viene rappresentata così la nuova Germania che ha preso corpo dopo l’ascesa al potere del Movimento nazionalsocialista e che ora si ritrova con il suo popolo e la sua guida per festeggiare il trionfo della volontà. Non siamo più come nella macrosequenza di apertura in un rapporto di interazione fra Hitler e Norimberga. Qualcosa è cambiato. Chi arrivava dall’alto come un ospite illustre accolto con fervore dalla città, dopo i cerimoniali del congresso ha assunto il ruolo di capo indiscusso della città
e, simbolicamente, della Germania e del suo popolo. Ciò può essere notato dal superamento del gioco di sguardi, l’alternanza di soggettiva e oggettiva che offriva allo spettatore il privilegio di guardare con gli occhi di Hitler e di trovarsi nel posto in cui Hitler guardava - e dalla sostituzione dei cittadini da parte dei militanti nazisti. Sono infatti questi ultimi che ora occupano il centro della città e con loro che il Führer è in rapporto. I “normali” cittadini sono semplici spettatori di un evento, non più protagonisti. Hitler in piedi nella sua macchina riceve l’omaggio di gerarchi e militanti in una situazione marcatamente formale4.
4. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEL 33-34, Cagliari, CUEC, 2013, p.63.
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La trasformazione dello spazio e del tempo e l’invenzione della realtà La vicenda cinematografica si articola nell’arco di quattro giorni. Il passaggio fra le diverse giornate è scandito dalle scene in notturna, chiari marcatori temporali che definiscono nettamente la fine della giornata. Dell’ovvia sintesi che il film fa degli avvenimenti effettivi, la prima cosa che appare è la riduzione del tempo reale di sviluppo dell’evento dai suoi concreti sette giorni solamente a quattro. Ed è questo un aspetto non marginale delle scelte del-
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la regista nella organizzazione del girato. Lei infatti non si limita a selezionare gli avvenimenti più interessanti escludendo quanto non ritenuto rilevante nell’economia del film, o a utilizzare ellissi, pause, estensioni, o ancora a giocare sull`ordine e la frequenza. La Riefenstahl riorganizza lo sviluppo temporale di quanto accaduto a Norimberga dal 4 al 10 settembre 1934, concentra e accorpa gli eventi e arriva a creare un durata diegetica del Parteitag cinematografico diversa da quella del Parteitag reale. I vari momenti poi assumono un ordine differente, modificano il senso e acquistano una nuova funzione. Non si tratta quindi di un aspetto legato alla diversa articolazione
dell’intreccio, ma proprio della costruzione di una diegesi nuova, in qualche modo autonoma rispetto alla realtà del Congresso. Esempi evidenti di questo modo di procedere sono il concerto che si svolge davanti all’Hotel Deutscher Hof alla fine della prima giornata5 e le parate nel centro della città. Ma la Riefenstahl non si limita a una riorganizzazione del tempo diegetico, infatti anche la collocazione spaziale subisce degli adattamenti che servono sia ad accorpare per enfatizzare le situazioni sia a produrre nuove scene. Ne abbiamo un esempio particolarmente significativo a proposito della manifestazione di apertura del congresso che nel film è ambientata nel Parteitag-
sgelände fuori dalla città con immagini filmate principalmente in edifici del centro storico. Nella quarta sequenza, infatti, dopo l’intervento di Hess che ricorda Von Hindenburg ed esalta la figura del Führer in quanto garante di vittoria, pace e giustizia, intervengono ministri e gerarchi del partito che con brevi slogan richiamano punti chiave delle politiche o dell’ideologia del Movimento. Si presenta quindi, pur con consistenti ellissi, un unico contesto in cui parlano più persone per ricapitolare uniformemente le parole d’ordine del Movimento ora al governo della Germania. Se andiamo a osservare la realtà notiamo che quanto mostrato nella sequenza non corrisponde a quan-
5. Leni RIEFENSTAHL, MEMOIREN, Auflage (Germany) (1987), St Martins Press (1993) (US), Quarter (UK) (1992) cit., p.27.
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to accade nel congresso, ma il tutto è frutto di montaggio e, in taluni casi, addirittura di recitazione in studio. Infatti durante l’apertura del Parteitag abbiamo l’intervento di Hess ma non quello degli altri gerarchi che si tengono invece in altri momenti e luoghi. Secondo Speer, fra l`altro, diversi interventi, fra i quali una parte di quello dello stesso di Hess, sono stati ripetuti in studio. «Nel 1935 - ricorda l’architetto - accadde che la ripresa cinematografica di una seduta solenne del congresso del partito non riuscì bene. Accogliendo un suggerimento di Leni Riefenstahl, Hitler ordinò che le scene mal riuscite fossero ripetute in studio. In un grande teatro di posa di Berlino-johannistal pre-
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parai un fondale che rappresentava uno scorcio della sala dei congressi, con il podio e la tribuna dell’oratore, e facemmo le prove delle luci puntandovi sopra i riflettori mentre i tecnici correvano avanti e indietro affaccendati e più a distanza Streicher, Rosenberg e Frank andavano su e giù con i copioni, cercando con zelo di mandare a memoria le loro parti. Quando Hess giunse, fu pregato di farsi riprendere per primo, e lui, proprio come se si fosse trovato davanti ai trentamila del congresso del partito, alzò la mano, assunse il tono eccitato che gli era caratteristico e, voltosi verso il punto esatto dove Hitler avrebbe dovuto essere (ma non era), rigido e teso
→ Tersite Cinema.
da sembrare sull’attenti vuoto teatro di posa, diesclamò: mostrando di essere interpreti di notevoli capacità. Io ero seccatissimo, men“Mein Führer, le porgo tre la signora Riefenstahl il saluto del congresso era pienamente soddisfatdel partito. Il congresso prosegue i suoi lavori. Parla ta, trovando che le scene ricostruite fossero superioil Führer”. ri a quelle originali››.6 Anche gli altri tre recitarono la loro parte in modo La Riefenstahl smentisce molto realistico davanti al questo racconto sostenen6. Albert SPEER, MEMORIE DEL TERZO REICH, Berlino, Orion Publishing Group, 1970, cit., pp.74-75.
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do che i vent’anni trascorsi nella prigione di Spandau hanno certamente fatto confondere l’architetto. «È vero - scrive la regista - che Speer aveva ricostruito il podio del congresso nella sala di un cinema, dove fu ripreso un primo piano di Iulius Streicher, ma non di Rudolf Hess. Durante il discorso di Streicher a Norimberga, all’operatore era mancata la pellicola, e dato che Streicher come Gauleiter della Franconia doveva apparire una volta sola, si è dovuta riprendere di nuovo una frase di pochi secondi. Duran- te questa breve scena oltre Speer, Streicher e alcuni membri della troupe, non era presente nessuno, non c’erano né Hess, né Frank, né Rosenberg, e neanche io, e in seguito non fu gira-
ta nessuna scena di Rudolf Hess››7. Questa affermazione, poco credibile in quanto riferita a un contesto in cui opera una troupe di dimensioni eccezionali con ben trentasei operatori, se da un lato smentisce Speer, dall’altro conferma che qualcosa è stata recitata in studio, il fatto poi che a essere recitato fosse proprio l’unico intervento esplicitamente riferito alla purezza della razza ha delle ulteriori implicazioni in quanto dimostra l’importanza dell’argomento nell’economia del film. Pertanto Leni Riefenstahl nel cercare di contestare un’affermazione di Speer arriva a confermare in modo implicito la realizzazione di specifiche scene ad hoc.
7. Leni RIEFENSTAHL,MEMOIREN, Auflage (Germany) (1987), St Martins Press (1993) (US), Quarter (UK) (1992) cit., p.778.
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Si può quindi affermare che la Riefenstahl nel suo film costruisce un congresso diverso da quello svoltosi a Norimberga nel 1934 anche se nelle testimonianze, interviste, dichiarazioni rilasciate dopo la guerra non ha perso occasione per sostenere che nella pellicola «non ci sono scene ricostruite, “tutto è vero” ed è solo «un documentario››8. Il suo terrore di essere accusata di aver fatto un film di propaganda nazista la porta a negare anche ciò che è evidente. Eppure nell’intervista rilasciata nel 1965 ai «Cahiers du cinéma», lei stessa in qualche modo spiega il perché di questa opera di riorganizzazione delle informazioni: il problema
è di rendere «seducente›› quanto si vede e ciò si ottiene «drammatizzando›› e «dando ritmo». È chiaro che riconoscere apertamente di aver lavorato per rendere «seducente» il congresso del Partito nazista significa anche ammettere di aver fatto un’opera di propaganda. Nell’intervista la Riefenstahl a proposito della lavorazione, dopo aver parlato di problemi di natura organizzativa, dice: «Ma la grande difficoltà stava nel fatto che gli eventi in quanto tali si ripetevano costantemente nella stessa forma: non c’erano che discorsi, marce e raduni. Dunque era infinitamente più impegnativo di quanto non lo fosse per le Olimpiadi cogliere l’evento in maniera seducente (captivante).“E più
8. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEL 33-34, Cagliari, CUEC, 2013, p.80.
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avanti, dopo aver ribadito che è vivo››10. Non c’è quinche si tratta di un «film- di una preoccupazione in vérità», continua: senso realista, c’è invece la volontà di esprimere forza e potenza, grandiosità e vi“Ho cercato di fare talità, perfezione ed equiliun film che colpisse brio. Peraltro non pare che ed eccitasse. Un film il problema della fedeltà poetico e dinamico.”9 al fatto storico si ponesse Si può certamente discute- neanche per il committenre sulla poeticità del film, te, preoccupato di creare ma difficilmente se ne può un evento grandioso e di negare l’energia e l’effica- forte impatto. L’esigenza cia comunicativa, la capa- di Hitler e di Goebbels era cità di coinvolgere, talvolta quella di ottenere un effetanche emotivamente, e to che colpisse lo spettatol’intensità delle immagini. re per la sua grandiosità e D’altra parte la Riefenstahl permettesse di collocare nella stessa intervista so- l’evento e pertanto le figustiene: «Ciò che è puramen- re che ne sono protagonite realista, scena di vita vis- ste, Hitler in primis ma poi suta, ciò che è mediocre, il Partito, il Reich, i gerarchi quotidiano, questo non mi e la massa dei partecipanti interessa. Solo l’inusuale, in quanto espressione del il particolare mi eccitano. popolo tedesco - al di là Sono affascinata da ciò che della dimensione storica è bello, forte, sano, da ciò nella sfera del mito.
9. Michel DELAHAYE, LENI AND THE WOLF: INTERVIEW WITH LENI RIEFENSTAHL, in Cahiers du Cinéma in English (New York), June 1966. Read more: http://www.filmreference.com/Films-Thr-Tur/Triumph-des-Willens.html#ixzz4Ysa3btyq 10. Ibidem
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La preoccupazione di sottolineare la natura documentaria di Triumph des Willens, e quindi il suo carattere di mera riproduzione di fatti realmente accaduti, dopo la fine della guerra e la caduta del nazismo, Leni Riefenstahl - accusata di aver sostenuto il regime attraverso i suoi film e quindi di avere delle responsabilità in tutto ciò che è successo in Germania fra il 1933 e il 1945 - si difende negando alcune importanti peculiarità del film e del suo lavoro e sostenendo, sul filo del paradosso in quanto nega il ruolo produttivo dell’artista nel momento in cui ne rivendica i meriti e i diritti, di essersi limitata a riprendere ciò che stava davanti agli occhi di tutti. Nel filmare la realtà neces-
sariamente la si reinterpreta, se ne coglie un aspetto per ometterne tanti altri, si sceglie “un” punto di vista. Ma c’è una differenza fra l’interpretare e il reinventare, e c’è soprattutto quando la reinvenzione si sovrappone alla realtà e la sostituisce creando un qualcosa di nuovo. A questo punto la linea di demarcazione, una linea flebile e instabile, talvolta quasi invisibile, che separa il documentario dalla fiction si sposta dall’universo del reale per collocarsi in quello fittizio. È quanto accade nel film di Leni Riefenastahl.
Liturgia nazista In relazione al film la componente rituale si attua al-
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meno a tre livelli: ci sono i riti del congresso politico colti nella loro dimensione documentaria e accentuati dalla rappresentazione cinematografica; c’è il rito che si svolge nel momento della fruizione della pellicola, quando gli spettatori sono chiamati, secondo le disposizioni del Führer, a “esperire” il film in base a precise modalità; e c’è anche il rito prodotto dal film stesso attraverso il linguaggio cinematografico per integrare e ampliare la forza della liturgia del congresso. In un film come Triumph des Willens, dove la cerimonialità dell’evento che si racconta è di per sé ridondante, quest’ultimo aspetto della componente rituale rischia di apparire semplice arricchimento cinematografico di
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un accadimento reale. Ma un’attenta osservazione della pellicola permette di cogliere diversi momenti in cui il rito è mero prodotto della macchina cinematografia. All’interno del blocco che abbiamo chiamato “affettivo”, il rito è assente. Sono certamente presenti elementi portatori di una dimensione simbolica propri della ritualità nazista - basti pensare alla ripetizione di gesti e parole dal carattere “magico” e sacralizzante quali il braccio alzato con la mano aperta, le parole “Heil Hitler”, “Sieg Heil” -, come anche comportamenti riconducibili ai cerimoniali di culto del capo, ma il modo in cui vengono presentati li colloca in una dimensione non rituale. La naturalezza e l’entusiasmo, i ricorrenti
sorrisi, il gioco di sguardi scambiati fra Hitler e la folla caratterizzano questo momento e lo contraddistinguono per spontaneità e informalità privandolo in qualche modo della dimensione cerimoniale. L’ingresso nel secondo blocco, marcato dal cambiamento delle forme disordinate dei tetti del centro di Norimberga con la perfetta regolarità della disposizione delle tende nel Zeltlager dei partecipanti, modifica questo carattere. Le stesse modalità con cui il passaggio avviene assumono una valenza rituale che può sussistere solo nella dimensione cinematografica. Solo a questo livello infatti è possibile che l’avvicendarsi di due giornate
possa avere una valenza simbolico-rituale. Subito dopo il risveglio si notano evidenti cambiamenti che progressivamente escludono gli aspetti informali per collocare ogni singolo elemento visivo in una dimensione simbolica e cerimoniale. Dopo l’offerta dei doni a conclusione della sfilata dei costumi tradizionali, Hitler passa in rivista un gruppo di giovani dell’Arbeitsfront. Volti statuari, disposizione in ranghi regolari, assetto militaresco caratterizzano questo gruppo che, immobile, tende ossequio al Führer. Il terzo blocco ha un valore di sintesi. Da un lato riporta Hitler e i partecipanti nel cuore della città, che viene da loro letteralmen-
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te occupato e trasformato con le geometrie regolari e meccaniche delle parate che si incontrano/scontrano con le linee divergenti dell’architettura medioevale; dall’altro sanciscono l’ufficialità della vittoria nell’affermazione del Reich millenario. La città che simbolicamente si era aperta per ospitare il Partito nazionalsocialista ora se ne impregna e ne diventa parte integrante. I rituali, in sintonia con la stratificazione che caratterizza il film, si svolgono a più livelli. Uno è quello della realtà, dove la macchina da presa raccoglie immagini che vengono combinate al tavolo di montaggio nel rispetto della sostanza di ciò che accade. L’altro è quello della finzione, dove
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la macchina da presa utilizza immagini della realtà e le combina in modo da ottenere un senso che la realtà da sola non avrebbe saputo o potuto dare. Le modalità con cui avviene il passaggio fra il primo e il secondo atto assumono una valenza liturgica che può sussistere solo nella dimensione cinematografica. Solo in questa sfera infatti è possibile che l`avvicendarsi di due giornate - si tratta di un momento non dedicato alla rappresentazione del congresso ma “apparentemente” di semplice contestualizzazione possa gravarsi del valore simbolico di un rito di passaggio, con un officiante, ruolo svolto dall’istanza narrante, dei partecipanti, gli spettatori in sala, e la caratteristica
della ripetitività, tipica del rito, garantita dalla potenzialmente infinita replica della proiezione del film. Il primo atto si è chiuso con le immagini di un concerto notturno in omaggio al Führer. Il nero della notte si confonde con la dissolvenza in chiusura e con lo sfondo che segna la fine della sequenza. Contemporaneamente si interrompe il ritmo allegro delle marcette e man mano che l’immagine si ricompone nella dissolvenza in apertura entrano le note del Preludio al terzo atto del Meistersinger di Wagner. La città semideserta dorme ancora, come cullata dalla quieta musica extradiegetica. La macchina da presa si sofferma a riprendere, da diverse angolazioni, il borgo medioevale
dall’architettura gotica, le stradine strette, i canali, i tetti intersecati in un reticolo labirintico disordinato e confuso, i monumenti La città, osservata già in precedenza dall’aereo e da terra con le strade piene di folla festante per l’arrivo di Hitler, in queste inquadrature lente, deserte, sobrie sembra palesare la sua essenza di emblema del passato della Germania. La presenza dei simboli del nazismo, alquanto ridotta rispetto alle orge di bandiere, svastiche e aquile presenti nelle altre parti del film, condiziona marginalmente la percezione dello spazio urbano permanendo sempre in secondo piano. Intanto, alle note di Wagner si sovrappongono i
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rintocchi di una campana provenienti da un livello non definito, se dalla sfera diegetica, a indicare il risveglio, o da quella extradiegetica come componente della musica di sottofondo. Le immagini sfumano e, in dissolvenza incrociata, vengono sostituite da quelle dello Zeltlager, il campo con le tende dei partecipanti al congresso. Le linee divergenti che caratterizzano il centro storico sono sostituite dai regolari parallelismi dell’accampamento dove domina l’ordine e il rigore geometrico. Le tende disposte in perfetta corrispondenza e simmetria, pur richiamando con le linee oblique dei loro tetti la sequenza precedente, si contrappongono all`architettura medievale. Con-
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trapposizione sottolineata anche dal colore chiaro delle tende contro lo scuro degli edifici. Il modello nazista - grandiosità, imponenza, ordine, razionalità, schematismo - ha preso il posto del groviglio urbano derivato dal sovrapporsi nei secoli precedenti di modelli e stili architettonici: il caos diventa ordine, la confusione perfezione formale. È l’alba di un nuovo giorno e la tendopoli lentamente si sveglia e si anima. Squilli di tromba e rulli di tamburo prendono il posto delle note della musica di Wagner e brani popolari e poiché accompagnano il risveglio dei giovani nazisti che con entusiasmo e ostentata allegria si preparano per il congresso. All’interno di questo atto è uno dei rari momen-
→ Triumph des Willens contribuisce a stabilire quale debba essere la gerarchia: possiamo vedere come Lütze, avvicinatosi all’auto di Hitler, prima esegua il saluto, gli stringa la mano e quindi obbedisca a un gesto preciso (foto 4). Si posiziona di fronte all’auto e Hitler pone una mano sulla sua spalla in segno di supremazia. Da notare che non c’è quasi contatto visivo fra i due. - Tersite Cinema
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ti caratterizzati dal tono scanzonato, per quanto rispettoso dei riti del Kameradschafisgeist con giochi di combattimento, sfide e, addirittura, l’igiene intima effettuata in gruppo. Il fatto che la fase del risveglio non avvenga nelle strade della città, ma nello spazio ideale del congresso dove ci si è spostati grazie alla dissolvenza incrociata, indica simbolicamente che il passaggio da un giorno all’altro è più di un semplice trascorrere del tempo e rappresenta il transito da un’epoca a un’altra per la Germania nasce un nuovo giorno. Passato e presente dunque si alternano, sono posti in antitesi senza possibilità di fusione, il secondo rimpiazza del tutto il primo, prende il suo posto. Ma la dissolvenza
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incrociata, nel distinguere, per un attimo sovrappone i due elementi, li collega e in qualche modo produce una contaminazione. Il nuovo sostituisce il vecchio ma, pur senza farlo vedere ne rimane impregnato, tanto che nel terzo atto vecchio e nuovo non saranno più alternativi ma arriveranno a convivere per formare un insieme. La macchina da presa grazie alle potenzialità del montaggio compie il primo passo di un rito di passaggio che si completerà nella prima sequenza del terzo atto quando la città vecchia accoglie nel suo seno le forze giovani della nazione: con il terzo Reich nasce una nuova Germania che mantiene al suo interno la propria storia. Ma
c’è di più, la separazione che si attua nel passaggio fra il primo e il secondo atto segna la sospensione della storia tedesca, il “vecchio” viene abbandonato per lasciare spazio all’uomo nuovo nazionalsocialista. Un uomo di cui bisogna rifondare l’identità, perciò il secondo atto è ricchissimo di rituali il cui scopo ultimo è formalizzare l’identità del nuovo cittadino tedesco nazista. È in tal modo possibile arrivare alla riaggregazione nel terzo atto: l’uomo nuovo ha una sua identità, i riti l›hanno ufficializzata e ora può recuperare il suo passato per procedere verso il futuro: il Reich millenario è stato fondato. La decima sequenza (“La commemorazione dei caduti e il rinnovo della fedeltà”, se-
condo atto) è un esempio emblematico di concentrazione rituale in quanto al suo interno si svolgono il rito per la commemorazione dei caduti e quello per il rinnovo della fedeltà al Partito. La sequenza inizia con una lenta e breve panoramica verticale dall’alto verso il basso che inquadra una maestosa aquila del Reich in pietra collocata su una altrettanto maestosa e imponente svastica, e attraverso una dissolvenza incrociata si passa nella Luitpoldarena dove Hitler, Himmler e Lutze, i capi rispettivamente delle SS e delle SA, si apprestano a commemorare i caduti. È la sequenza più imponente e austera del film. L’immensa arena, inquadrata dall’alto in campo lunghissimo, è
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occupata da centinaia di migliaia di membri delle SS e SA che, raggruppati in file lineari, formano degli immensi poligoni regolari. La componente umana è disposta con cura architettonica come un «ornamento di massa […], un enorme fregio composto da centinaia di migliaia di particelle›› che completano la geometria razionale dell`ambiente. Sul modello dell’architettura greca, dove il tempio doveva presentarsi come un insieme simmetrico e armonioso, un solido geometrico perfettamente proporzionato in cui le singole componenti non dovevano emergere a rischio di rompere l’equilibrio complessivo, seguendo una struttura modulare nella scena si
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curano la disposizione dei partecipanti al congresso che, perdendo la loro identità individuale e diventando pura forma, esprimono l’essenza della comunità popolare prostrata davanti al Führer. Non un corpo si muove, non un oggetto è fuori posto. Alle due estremità dell’arena, così ornata da questi poligoni umani, da un lato si staglia alta e immensa tribuna in pietra sovrastata da tre drappi con la svastica lunghi decine di metri, dall’altro lato un monumento commemorativo, al centro un grande corridoio attraversato dalle uniche figure umane che, nell’inquadratura in campo lungo, mantengono caratteristiche fisiche definite: il Führer e i due capi delle SS e SA.
La forma del documentario con la pretesa di raccontare il mondo cosi com’è colpisce con la forza dell’evidenza mascherando la mistificazione della messa in scena. Il cinema in tal senso completa e rifinisce il processo iniziato nel congresso perché, come nota Benjamin, permette alla moltitudine di vedere in volto se stessa, di vedersi rappresentata come protagonista, ma pur sempre unicamente come massa: «Alla violenza esercitata sulle masse, che vengono schiacciate nel culto di un duce, corrisponde la violenza da parte di un’apparecchiatura, di cui esso si serve per la produzione di valori cultuali››.11
Se la liturgia del congresso deve sancire il potere attraverso lo svolgimento di riti e cerimoniali il film amplia il risultato in maniera esponenziale in quanto opera a un livello concentrato e permette di estenderne l’esperienza oltre lo stretto ambito temporale e fisico. Le modalità di fruizione sono in tal senso emblematiche, e se l’intensità dell’atmosfera è: tale da far si che lo spettatore venga in qualche modo proiettato all’interno delle vicende e si trovi egli stesso parte integrante della massa che partecipa al congresso, le proiezioni del film nelle grandi città tedesche si tengono in cinema trasformati, sin dalla facciata, da scenografie allestite per l’occasione che richiamano quelle di Norimberga,
11. Walter BENJAMIN, L’OPERA D’ARTE NELL’EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA, Torino, Einaudi, 1984, p.46.
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con fiumi di bandiere, riflettori, svastiche, in modo che gli spettatori si immedesimino da subito e del tutto nell’ambiente del Parteitag. Inoltre Triumph des Willens diventa prodotto da diffondere non solo all`interno della Germania ma anche all’estero per evidenziare l’unanimità dei consensi del popolo tedesco nei confronti del Führer e di conseguenza la forza di Hitler e la compattezza del Terzo Reich.
sica composta da marcette e motivi tratti dalla colonna sonora del film. Per la prima berlinese all’UFA Palast am Zoo, gli allestimenti curati da Speer sono pensati per ingigantire la facciata del palazzo di altri quattro metri (51x15), sul fronte del palazzo sono allineate diciannove enormi bandiere con la svastica e sopra il titolo a caratteri cubitali una statua di 7,5x8 metri raffigurante un’aquila che ghermisce una corona con al centro la svastiPer favorire un ulteriore ca. coinvolgimento da parte dello spettatore le facciate dei cinema delle gran- Leni Riefenstahl ha semdi città sono ricoperte da pre dichiarato di non avescenografie imponenti e re nessuna responsabiaddobbate con bandiere, lità storica, si è soltanto ornate da immense svasti- limitata a raccontare con che e gigantesche aquile e sguardo estetico la realtà negli atri è diffusa una mu- di quei giorni12.
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Frank Capra vide Triumph des Willens nel 1942, quando incaricato dal governo USA di realizzare documentari propagandistici (verrà realizzata la serie Why we fight), per trarre insegnamento di quello che già all’epoca era considerato un modello di riferimento. Impressionato dalla visione, dichiarò: “non sparava colpi di fucile, non buttava bombe eppure come arma psicologica
funzionava perfettamente e mirava distruggere ogni opposizione, e, in tal senso, era letale […] Un massacro di innocenti in massa va oltre l’umana capacità di comprendere, eppure, vedendo il trionfo della volontà, chi non si fosse lasciato sopraffare dall’orrore avrebbe dovuto prevederlo”.13
12. Antioco FLORIS, LITURGIE NAZISTE: I DOCUMENTARI DI LENI RIEFENSTAHL SUI CONGRESSI DEL PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEL 33-34, Cagliari, CUEC, 2013, p.103. 13. Frank CAPRA, IL NOME SOPRA IL TITOLO. AUTOBIOGRAFIA, Roma, Lucarini, 1989, pp.389-390.
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→ http://ruoldmovie.livejournal. com/88658.html
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OLYMPIA Leni Riefenstahl 1938 Seguendo le indicazioni della regista, inferibili dalla sua autobiografia1, il film nacque dalla richiesta, nell’estate del 1935, di Carl Diem10 (allora Segretario Generale Comitato Organizzativo dei giochi olimpici di Berlino nonché inventore del rito del tedoforo olimpico) di realizzare un che esaltasse la potenza espressiva degli sport e fosse capace di catturare lo spirito olimpico. Leni Riefenstahl, ebbe alcune perplessità dopo questa iniziale proposta. Dubbi di tipo estetico, ovviamente, che impedivano alla regista di immaginarsi un
evento così popolare, ma estremamente difficile da riprodurre e rappresentare per mezzo delle immagini in movimento. La soluzione venne dal ricordo e dalla visione degli antichi luoghi di gara olimpici.12 Il problema di trasformare un concetto (lo spirito olimpico) in una serie di immagini dinamico-visive-montate trova in Olympia la sua massima espressione e rappresentazione. L’altro vero problema della regista, tuttavia, rimaneva il rapporto conflittuale con Goebbels presentatosi, sin dalle sue prime opere hitleriane2, sottoforma di “problemi finanziari”. Bisogna, invece, sottolineare che le primarie rimostranze del Ministro, in questo caso, riguardavano la necessità di distribuire il
1. Leni RIEFENSTAHL, MEMOIREN, Auflage (Germany) (1987), St Martins Press (1993) (US), Quarter (UK) (1992) cit., pp. 181-188. 2.
Leonardo QUARESIMA, LENI RIEFENSTAHL, Firenze, Il Castoro, 1985
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→ http://poster.scancollections.com/view.php?id=423392
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film entro e non oltre i due giorni successivi la fine della manifestazione sportiva. Vista la consapevolezza della Riefenastahl di dedicare almeno un anno al lavoro di montaggio3, la proposta di Goebbels divenne, da subito, motivo di forte contrasto. I conflitti, in realtà, perdurarono durante tutta la lavorazione del film: solo l’intervento diretto del Führer fece cessare i continui sabotaggi e le scenate a lei rivolte (spesse volte in pubblico) da parte del Ministro per la Propaganda.4 Sperimentazione ed innovazione tecnica sono presenti nella storia della Riefenstahl sin dai tempi de La bella maledetta (Das Blaue Licht, Germania, B/N, 74’, 1932)16. Seguendo l’attra-
zione per le innovazioni, di una modernità impressionante, i costi dell’impresa “olimpica” si dilatarono a dismisura portando a livelli insopportabili gli scontri tra la regista e Gobbels, vero produttore del film. Le importanti scelte estetiche operate dalla regista per filmare il suo capolavoro. Indagare sui dettagli dell’intera produzione, permetterà di capire gli aspetti per così dire moderni di Olympia. Prima di tutto, decise di filmare il più possibile tutte le discipline sportive. Le Olimpiadi sono un evento televisivo che ha una copertura quasi “circadiana”: seguire tutte le gare, tuttavia, è materialmente impossibile, visto lo svolgimento contemporaneo di molte gare di diverse discipline.
3. In realtà gli anni divennero due. I motivi sono racchiusi dentro i dati complessivi del progetto. 400.000 (quattrocentomila!) metri di pellicola girata (vedi La forza delle immagini (Die Macht der Bilder: Leni Riefenstahl, Germania, col. e B/N, 180’, 1994) dal 1h 55’ e 03” a 1h 55’ e 06’) ridotti, rispettivamente, a 3429 metri per la prima parte (Olympia) e 2722 metri per la seconda parte (Apoteosi di Olympia): la sola visione del girato terminò nel gennaio del 1937. Un lavoro titanico, in moviola, di 10 ore di lavoro
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Per dare un esempio le Olimpiadi di Berlino 1936 furono ben 136 le discipline sportive presenti. Ma con il montaggio si possono infrangere le regole della dimensione spazio/ temporale. La Riefenstahl coinvolse una trentina di operatori alcuni decisivi
della macchina da presa a mano e inventore di quella a catapulta per riprendere i corridori dei 100 mm, così come oggi la conosciamo5) e Guzzi Lantschner, intervistati, insieme alla regista, nel documentario di Ray Müller del 1993. Ad Hans Ertl si deve, invece, il
per le innovazioni tecni- prototipo della macchina che. Spiccano, su tutti, da presa subacquea6 per Walter Frentz (specialista le riprese della scena dei → The Kobal Collection/www.kobal-collection.com giornaliero (sabato, domenica e festività comprese) con una equipe di 22 fidati collaboratori (vedi Leonardo Quaresima, op. cit., pag. 79) tra cui spicca un’altra donna, Erna Peters, assistente della Riefenstahl sin da La bella Maledetta (Das blaue Licht, Germania, B/N, ’74, 1932). I tempi del lavoro di montaggio dei singoli episodi del film sono i seguenti: due mesi per il Prologo, cinque mesi per la Parte I e due mesi per la Parte II (vedi Taylor Downing, op. cit., pag. 387) 4. Leni RIEFENSTAHL, MEMOIREN, Auflage (Germany) (1987), St Martins Press (1993) (US), Quarter (UK) (1992) cit., p. 222.
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tuffi. Tutti e tre gli operatori venivano dalla fucina del regista Fanck, cosi come la Riefenstahl. Tutti questi mezzi e la tendenza a sperimentare (prototipi di macchine da ripresa, pellicole speciali: la regista arrivò ad utilizzare tre differenti emulsioni prodotte da Agfa, Kodak e Perutz) danno l’idea della totale autonomia della regista nel gestire il progetto. Ma, soprattutto, incorniciano perfettamente le cause delle spese sostenute dal III Reich per il film. Il dato di 2.350.000 Reichmark, il film era ben saldamente nelle mani del Governo tedesco e che, dunque, era un progetto, a tutti gli effetti, di propaganda. Il film, oltretutto, venne prodotto dalla Olympia Film GmbH (casa di produzione
costituita all’uopo dalla Riefenstahl nel dicembre 193522 e messa in liquidazione il 6 dicembre 193923) e ottenne il finanziamento non ufficiale (oggi si direbbe “occulto”) dalla Film Credit Bank, banca sotto il controllo del Ministero della Propaganda7. E nonostante le continue lamentele di Goebbels, il III Reich finì per avere dei profitti dalla distribuzione del film che, infatti, ottenne un guadagno di circa 115.000 RM. Il film doveva varcare i confini nazionale ed europei ed era, dunque, necessario che non venisse presentato come un film di propaganda: per questo Goebbels decise di non far figurare i finanziamenti ufficiali. Ma il tour nordamericano del film, fu un fiasco totale so-
5. Vedi dichiarazionedi Leni Riefenstahl in La forza delle immagini (Die Macht der Bilder: Leni Riefenstahl, Germania, col. e B/N, 180’, 1994) dal 1h 38’ e 53” a 1h 39’ e 07. Nel frammento indicato, si vede la macchina da presa in azione, la stessa tecnica usata oggi durante le riprese televisive.’ 6.
Taylor DOWNING, OLYMPIA, ebook, British Film Institute, 2002, p.398.
7.
Ibidem, p. 380.
8.
Leonardo QUARESIMA, LENI RIEFENSTAHL, Firenze, Il Castoro, 1985,
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→ The Kobal Collection/www.kobal-collection.com
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prattutto per merito della comunità ebraica e della lega anti-nazista americana che fecero di tutto (e ci riuscirono) per boicottare le mire di vendita della pellicola alle Majors hollywoodiane da parte della regista. Olympia vinse il premio Coppa Mussolini alla mostra del cinema di Venezia del 1938 come miglior film ed ebbe recensioni entusiastiche in tutto il mondo. Il mito Riefenastahl si consolidò definitivamente con questa impresa ciclopica. Nel bene e, in seguito, nel male. Il film venne, comunque, distribuito in tutta Europa (ma non in URSS), Cina, India, Giappone e Australia. Vennero prodotte tre versioni in lingua: tedesco, inglese e italiano. “Altre copie furono sottotitolate in
16 lingue diverse”.8 Gianni Rondolino, così sintetizza questa opera, frutto di un “lavoro immane”: “Nel documentare i giochi olimpici attraverso le diverse gare, nel presentare gli atleti provenienti da diversi paesi, nel cogliere il clima delle Olimpiadi come evento pubblico, nel soffermarsi sugli aspetti più illuminanti dello sport, ella ha saputo mostrare contemporaneamente lo svolgersi dei giochi e il loro significato simbolico: da un lato l’aspetto documentaristico di un film che rimane come testo fondamentale per la comprensione di quell’evento mondiale; dall’altro il carattere poetico di uno stile che va al di là dei fatti, ne supera i confini e ce ne dà un’interpretazione simbolica, quasi trasfigurata.”9
p.90. 9. Gianni RONDOLINO, LENI RIEFENSTAHL, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Dizionario dei registi del cinema mondiale, Vol II, Einaudi, Torino, 2007, pp. 508-509.
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Il film è, inoltre, una miniera infinita di aneddoti sulle soluzioni, molto creative, trovate da Riefenstahl e dai suoi operatori per riprendere in tutti i modi possibili le gare.
Il tour americano: “era carina come una svastica” Dopo le entusiastiche recensioni del film in tutta Europa, Leni Riefenstahl decise di intraprendere un viaggio negli States con l’intento di persuadere i grandi produttori hollywoodiani a distribuire il suo film nel nuovo mondo. Le città visitate dalla regista furono: New York, Chicago, Detroit, San Francisco, Los
Angeles e, naturalmente, Hollywood. Il viaggio, totalmente finanziato dal Ministero della Propaganda, durò circa due mesi, dal novembre 1938 a gennaio 193910 durante i quali la regista fece di tutto per ingraziarsi le simpatie degli americani fallendo, però, miseramente. In compagnia della Riefenstahl c’erano due uomini: Ernst Jäger e Walter Klingeberg. Entrambi facevano parte del team per specifiche ragioni. Jäger, oltre ad essere amico di vecchia data della Riefenstahl sin dagli anni ‘20, aveva buone conoscenze e buone relazioni all’interno dell’establishment hollywoodiana. E conosceva molto bene il cinema di Leni Riefenstahl: si era dimostrato, infatti, molto brillante, scrivendo
10. Cooper C. Graham, molto precisamente e dettagliatamente ci descrive la visita americana della regista, parla di un periodo che va dal 4 novembre 1938 al13 gennaio 1939. Le stesse date sono riportate nell’autobiografia della Riefenstahl. Cooper C. GRAHAM, ‘OLYMPIA’ IN AMERICA, 1938: Leni Riefenstahl, Hollywood, and the Kristallnacht,, Historical Journal of Film, Radio and Television, Volume 13, Issue 4, Indiana university Press, Indianapolis, 1993 pag.433-450.
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per lei (ghost-writer) il libro del making of de Il Trionfo della volontà. Il vero intento del viaggio di Jäger, tuttavia, fu chiaro alla regista l’ultimo giorno di permanenza. L’amico di vecchia data, infatti, decise di rimanere in USA come esule fino agli anni ’50 e di sfruttare le sue conoscenze sulla vita privata della Riefenstahl per farsi pubblicità11. Walter Klingeberg fu il Direttore del Dipartimento dello Sport del Comitato Organizzativo delle Olimpiadi di Berlino. Aveva un’ottima conoscenza del contesto culturale americano, avendo studiato a Berkeley (parlava con accento americano). Secondo il testo di Cooper C. Graham, infine, ci sono buoni indizi circa l’appar-
tenenza di Klingeberg ai servizi segreti.12 Nonostante questi importanti accompagnatori, il viaggio dette, sin dai primi momenti, l’impressione di non portare a nulla di concreto e, soprattutto, di buono. Cinque giorni dopo l’arrivo della Riefenstahl a New York, ebbe luogo, in Germania, la funesta e orribile Notte dei Cristalli (Kristallnacht avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 novembre). La vasta eco dell’episodio marchiò a fuoco la regista e il suo tentativo di realizzare il suo sogno americano naufragò inevitabilmente. Sin da subito, a causa dell’episodio del primo pogrom antisemita nazista, svariati gruppi di intellettuali, legati al cinema, ma non solo, organiz-
11. Ernst JÄGER, “HOW LENI RIEFENSTAHL BECAME HITLER’S GIRLFRIEND” The Hollywood Tribune, (in 11 parti: dal 28 aprile 1939 al 17 luglio 1939) 12. La forza delle immagini (Die Macht der Bilder: Leni Riefenstahl, Germania, col. e B/N, 180’, 1994) dal 2h 02’ e 49” a 2h 02’ e 54”, la voce fuori campo (presumibilmente il regista Ray Müller) afferma che la notizia della notte dei cristalli raggiunge Leni Riefenstahl quando ancora si trova sulla nave per New York.
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zarono diverse forme di boicottaggio acquistando spazi pubblicitari sui giornali e alcuni raduni per impedire ad Olympia di avere delle proiezioni ufficiali e pubbliche. Nonostante ciò, tuttavia, molti giornalisti ed addetti ai lavori ebbero modo di visionare la pellicola e di scrivere recensioni entusiastiche. Henry McLemore sull’Hollywood Citizen News si espose dicendo che “Non è propaganda, ma una serie di riprese magnifiche del più grande meeting di atleti nella storia del mondo … se non verrà mostrato alla gioventù di questo Paese, sarà la gioventù a perdere.”13. Ecco, invece, che cosa scrisse il Los Angeles Times nella sua recensione del film del 17 dicembre del 1938: “Anche
se non può essere distribuito in America, secondo i piani attuali, a causa delle polemiche anti-naziste, il film sulle XI Olimpiadi, prodotto da Leni Riefenstahl, qui in visita, ha avuto una proiezione privata questa settimana a Los Angeles, e si è rivelato essere molto più di una semplice cronaca della rinomata competizione mondiale, ma un trionfo della macchina da presa e un poema epico per lo schermo.”36 Ma furono, soprattutto, le proiezioni private con i Big di Hollywood a fare la storia di questo viaggio. Il primo fu Luis B. Mayer che espresse l’intenzione di vedere il film ma non all’interno degli MGM’s Studios. Ricevuta questa piccola/grande richiesta, Leni Riefenstahl declinò l’invito e anche
13. Henry MCLEMORE, “HENRY GOES TO BAT ON BERLIN OLYMPIC FILM – NO PROPAGANDA”, Hollywood Citizen News, 17 December 1938.
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questa occasione sfumò. L’altro importante incontro avvenne l’8 dicembre 1938 con Walt Disney, evento di cui ha parlato il Prof. Gianni Rondolino14. Tra le ipotesi che avanza Rondolino nell’intervista, possiamo indicarne almeno una che sembra essere molto plausibile. C’erano, all’apparenza, dei motivi distributivi nella scelta di Disney di accettare l’ipotesi di incontrare la cineasta tedesca: Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs, USA, col., ’80, 1937), infatti, era appena uscito in America e la possibilità di distribuirlo in Germania poteva far gola al regista americano. Quello che di certo sappiamo è che l’incontro durò tre ore durante le quali la Riefenstahl fece un giro comple-
to degli Studios ed ebbe l’opportunità di vedere, in anteprima, gli schizzi de L’apprendista stregone (The Sorcerer’s Apprentice), famosissimo episodio di Fantasia (Id., USA, col., ‘112, 1940) . Da quanto riferisce la regista nella sua autobiografia, Disney voleva vedere tutte due le parti di Olympia ma, dopo averci pensato bene, pensò che i proiezionisti, molto sindacalizzati, avrebbero fatto uscire la notizia e che questa avrebbe ottenuto l’effetto di portare al boicottaggio dei film della Disney15. Il 14 dicembre 1938, venne la grande occasione. La Riefenstahl aveva portato con sé ben tre versioni in 35 mm del film di cui una con il montaggio in cui erano state tagliate tutte le scene in cui era raf-
14. Cooper C. GRAHAM, LENI RIEFENSTAHL AND OLYMPIA, Laham (USA), Scarecrow Press, 1986, p.443. 15. Ibidem, p.252. 16. Ibidem, p.235.
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figurato Hitler.16 Quest’ultima versione permise alla regista di proiettare la pellicola presso la sala cinematografica privata del
William May Garland, organizzatore della proiezione, durante un breve discorso introduttivo, però, invitò i presenti a non diffondere
California Club. 140 persone, tra cui alcuni giornalisti e molti atleti presenti a Berlino, ebbero modo di vedere le due parti del film.
la notizia che tale proiezione veniva fatta presso il California Club. Infine un’altra proiezione avvenne in grande stile a New
→ http://www.leninimports.com/leni_riefenstahl.html
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York, ma solo dopo la partenza della Riefenstahl. Il 9 marzo del 1940 venne, infatti, proiettata la prima
parte del film venne proiettata, invece, il 30 marzo dello stesso anno. Il viaggio americano della regi-
→ http://www.barbadillo.it/58492-artefatti-olympia-leni-riefenstahl-nelleros-dellasospensione-onirica-del-corpo/
parte di Olympia presso sta è utile per capire come l’EightySixth Street Thea- mai tanti registi d’oltreoter di Yorkville. La seconda ceano abbiano, nel corso
17. “She was pretty as a swastika” è un’espressione usata da Walter WINCHELL, giornalista del DAILY MIRROR di New York per descrivere una Riefenstahl intenta a farsi notare durante una serata al Stork Club e a El Morocco, locali molto alla moda della New York di allora. In Walter Winchell (9 November 1938), Walter Winchell on Broadway, Daily Mirror, pag. 6.
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degli anni, considerato primo film delle OlimpiaOlympia un “testo filmico” di18. Quando nel 1932 Los importante da studiare e, Angeles ospitò i giochi in alcuni casi, da imitare. olimpici, nessun magnaMa per gli americani Leni te di Hollywood intravide Riefenstahl era pur sempre l’opportunità di girare un una nazista: ecco perché film: non ci sarebbero stati l’inventore del gossip, Wal- neanche i costi di trasferter Winchell usò l’espres- ta! Solo una piccola trousione “era carina come pe degli Universal Studios una svastica” 17. Questa fece delle misere riprese, in percezione di allora si è campo lungo, degli eventi poi sommata al proces- sportivi. Vennero anche reso di denazificazione che alizzate le prime interviste, sembra abbia prodotto un sonore, della storia olimautentico oblio. pica. Nulla di più. Eppure i giochi olimpici sono da Modernità sempre uno degli spettacoli più seguiti al mondo. e apoteosi Non esiste, a meno di ritroestetica vamenti improvvisi ed inaPer comprendere a fondo spettati, alcun film della X gli apporti di innovazione, Olimpiade di Los Angeles originalità e, soprattut- del 1932. Il cinema sonoro, to, di modernità del film inoltre, era stato inventaè fondamentale ricorda- to, proprio da Hollywood, re che Olympia fu il vero nel 1927 per aumentare i
18. Il primo film ufficiale, secondo gli storici, tuttavia, fu quello per le Olimpiadi di Parigi del 1924 Les Jeux olympiques, Paris 1924: un poderoso lungometraggio di 162’ con la regia di Jean de Rovera. Da come viene descritto da Downing, il documentario, seppur di durata elevata, sembra molto rudimentale. Venne prodotto in due versioni: una con sottotitoli in francese e una con quelli in inglese. Il film presenta tutti le principali discipline e gare. Per ogni sport, vengono mostrate le finali seguite dal nome del vincitore che, ancora affannato, viene ripreso in primo piano. Vedi Taylor Downing, op. cit., pag. 375.
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profitti e stupisce davvero questa assenza assordante. Ci volle una tedesca per far comprendere le potenzialità espressive e di business dell’evento planetario per eccellenza ai produttori americani. La lezione è servita: ogni Olimpiade, oggigiorno, ha una copertura mediatica mondiale con miliardi di spettatori e grandi investimenti economici da parte di potenti multinazionali19. Dopo questa breve premessa storica e prima di indagare le questioni estetiche sul film, è bene accennare la definizione di Moderno. Che cosa si intende con questo concetto? Sono possibili due accezioni, entrambe coerenti con la poetica di Olympia. L’aggettivo, infatti, può ri-
mandare sia al significato di un qualcosa che appartiene o si riferisce al nostro tempo o ai tempi più vicini a noi, sia anche al concetto enfatico del “moderno”, quello, cioè di un’apertura al nuovo, oltre ogni limite naturale o tradizionale, di un dominio tecnico illimitato della natura, come ad esempio la costruzione di enormi navi da crociera, ferrovie, imprese titaniche, come fu, appunto la lavorazione di Olympia. Quest’ultima accezione è coerente con le posizioni di un filosofo e sociologo polacco, Zygmunt Bauman che con il suo testo sull’Olocausto ha posto le basi del dibattito sulla modernità e sulle sue caratteristiche fondanti.20 Quello che mi ha colpito
19. Massimiliano STUDER, OLYMPIA (1938): O DELLA MODERNITÀ DI UN CAPOLAVORO, in Forma Cinema (internet), http://www.formacinema.it/attachments/article/218/OLYMPIA%20O%20DELLA%20MODERNIT%C3%80%20DI%20UN%20CAPOLAVORO.pdf, 2012. 20. Zygmunt BAUMAN, MODERNITÀ E OLOCAUSTO (Modernity and the Holocaust, Oxford, Basil Blackwell, 1989), il Mulino, Bologna, 1992.
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del testo di Bauman è la tesi che l’Olocausto è una delle esperienze più moderne del Novecento e che molte delle caratteristiche della “Soluzione Finale” non sono sparite ma, anzi, vivono nella nostra quotidianità anche se non le sappiamo riconoscere. Trasferendo le tesi del sociologo polacco sulle scelte organizzative, tecniche ed estetiche della Riefenstahl per Olympia, è doveroso rinvenire nella regista questa caratteristica della modernità appena descritta. Burocrazia, efficienza organizzativa, tecnologia avanzata e perseguimento incondizionato e instancabile verso l’obiettivo sono le caratteristiche del progetto Olympia. È innegabile. “Leni Riefenstahl
riesce a non perdere mai lo sguardo generale del progetto, grazie al suo leggendario senso di organizzazione e all’instancabile lavoro dei suoi devoti collaboratori.”21. Queste sono le parole usate da Ray Müller, nel documentario del ’94, come commento alle immagini in bianco e nero che mostrano una grande parete dove vengono catalogati, in maniera burocraticamente scrupolosa, tutti i 400.000 metri di pellicola del film. Ma sono anche le caratteristiche del pensiero moderno e della prassi nazista. Facendo uno sforzo intellettuale in più, però, è possibile affermare che sono elementi della società contemporanea e che il cinema, visto come prodotto culturale, si è appropriato di alcune
21. in LA FORZA DELLE IMMAGINI (Die Macht der Bilder: Leni Riefenstahl, Germania, col. e B/N, 180’, 1994) dal 1h 49’ e 47” a 1h 49’ e 58”
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di queste caratteristiche. Proseguendo nel ragionamento, si può asserire che Olympia è diventato il prototipo ovvero il film chiave per comprendere la cinematografia contemporanea che, pur non avendo più raggiunto le vette della poetica della Riefenstahl, ad essa ha sempre guardato come modello, ammirandone i fasti pur evitando, in tutti i modi, di dichiarare il proprio debito intellettuale, pratico (ovvero organizzativo) ed estetico.22
voro vanno in malora. Le più dettagliate preparazioni sono travolte da eventi inaspettati. Nulla va come da programma. Ogni cosa cambia.”23
In fondo anche per Olympia furono poche le occasioni di distribuzione e di visione da parte di pochi addetti ai lavori. Ciò non toglie, tuttavia, che i grandi di Hollywood ebbero modo di sapere che un film di propaganda nazista fosse un evento visivo fuori dal comune e che avesse avuto un impatto increL’evento sportivo per ec- dibile sugli spettatori che cellenza è realtà allo stato ebbero modo di vederlo puro e, di conseguenza, su grande schermo. molto difficile da controllare come ha sottolineato, Olympia è un’impresa in maniera estremamente tecnica di complessità autorevole, Taylor Dowing: straordinaria, in cui Leni “Tutti i migliori piani di la- Riefenstahl e la sua trou22. Massimiliano STUDER, OLYMPIA (1938): O DELLA MODERNITÀ DI UN CAPOLAVORO, in Forma Cinema (internet), http://www.formacinema.it/attachments/article/218/OLYMPIA%20O%20DELLA%20MODERNIT%C3%80%20DI%20UN%20CAPOLAVORO.pdf, 2012. 23. Taylor DOWNING, OLYMPIA, ebook, British Film Institute, 2002, p.374.
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pe si spinsero oltre i limiti de rilievo furono le riprese tecnologici del tempo per delle azioni ricostruite (le mostrare i Giochi da ogni scene notturne di salto
possibile angolazione. Tra con l’asta) e le interpolale tante invenzioni, di gran- zioni di diverse sequenze
→ Jesse Owens, http://www.leninimports.com/leni_riefenstahl.html
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riprese durante gli allenamenti, soprattutto nella maratona, per la quale la Riefenstahl diede agli atleti in allenamento piccole macchine da presa per filmare le loro stesse gambe, utilizzando poi quelle riprese in fase di montaggio per creare un’esperienza sempre più soggettiva della fatica della corsa. Le diciotto parole pronunciate da Hitler all’inaugurazione dei Giochi rappresentano gli unici suoni sincroni del film. Alcuni commentatori del film hanno rilevato una desessualizzazione del corpo, ad esempio nella danza delle sacerdotesse del tempio24.
unico e così osannato? Forse la sua capacità di essere fuori dallo spazio/tempo e di essere un esempio eccezionale di quanto la forma cinematografica possa essere considerata una vera e propria lingua universale ovvero comprensibile da chiunque. Un’ottima cornice teorica per introdurre l’analisi della scena dei tuffi di Olympia ci viene dal più autorevole studioso tedesco di cinema prehitleriano, Siegfrid Kracauer
“Come tanti visi e tanti oggetti, particolari architettonici isolati vengono spesso ripresi stagliati dentro il cielo. Questa tecnica di ripresa, tipica non soltanto La più studiata scena del di Triumph des Willens, film rimane quella dei tuffi sembra svolgere la funziomaschili. Cosa rende que- ne di allontanare gli ogsto frammento del film così getti e gli avvenimenti dal
24. Bill KROHN, OLYMPIA; in Enciclopedia del Cinema-Treccani (internet), http://www.treccani.it/enciclopedia/olympia_(Enciclopedia-del-Cinema)/, 2004.
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→ http://alphahistory. com/nazigermany/leniriefenstahl/
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loro contesto per trasferirli in uno spazio strano e sconosciuto. Ma le dimensioni di questo spazio restano assolutamente Olimpiadi di Berlino (1936) Olimpiadi di Pechino (2008) indefinite. Non è privo di rilevanza simbolica il fatto che i lineamenti di Hitler appaiono spesso davanti alle nubi.”25 Questa acuta e illuminante intuizione estetica di Kracauer trova nella scena danzante dei tuffi una mirabile rappresentazione filmica di cui è davvero difficile effettuare una descrizione precisa, vista l’impossibilità di rendere per iscritto le incredibili evoluzioni plastiche dei corpi degli atleti rese ancor più dinamiche dalla visione dei fotogrammi
montati del film. Impossibile cimentarsi in un’analisi dettagliata della scena, fatta di movimenti di atleti perfettamente allenati, muscoli in tensione, visi concentrati, riprese che indugiano sull’evoluzione del gesto atletico dalla pedana del trampolino fino al fondo della piscina (straordinario il lavoro di Hans Ertl!) senza stacchi o effetti ottici, uso del rallenty o dell’avanzamento indietro della pellicola (l’atleta esce dall’acqua e ritorna sul trampolino)26 Ma è la parte finale della scena a fare da prepotente protagonista di tutto il film. La scelta della Riefenstahl di riprendere gli atleti dal basso, incorniciandoli in un cielo plumbeo e a-spazialtemporale, e di
25. Siegfried KRACAUER, DA CALIGARI A HITLER. UNA STORIA PSICOLOGICA DEL CINEMA TEDESCO. Nuova edizione italiana a cura di Leonardo Quaresima, Edizioni Lindau, Torino, 2001, Appendice 1, Conflitto con la realtà pag.374. 26. Massimiliano STUDER, OLYMPIA (1938): O DELLA MODERNITÀ DI UN CAPOLAVORO, in Forma Cinema (internet), http://www.formacinema.it/attachments/article/218/OLYMPIA%20O%20DELLA%20MODERNIT%C3%80%20DI%20UN%20CAPOLAVORO.pdf, 2012.
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montare prima il tuffo di un atleta che si lancia dal trampolino da sinistra verso destra e poi quello di un altro che effettua un movimento uguale e contrario, permette all’occhio dello spettatore di percepire un autentico incrociarsi di corpi che volteggiano in uno spazio “strano e sconosciuto”, per usare le parole di Kracauer, che rende senza tempo e senza luogo questo sintagma. La sequenza finale della scena dei tuffi, sembra quasi riprendere lo stile visivo del cinema astratto: non sono più corpi quelli che scorrono sullo schermo ma piccole sagome nere e indistinguibili che volteggiano nell’aria, quasi fossero macchine o uccelli,
122
come a disegnare delle geometrie perfette e armoniose. Le scelte effettuate dalla cineasta tedesca, per questa sequenza, sia in fase di ripresa sia in fase di montaggio sono la summa di quanto argomentato fino ad ora. Le insolite riprese (un operatore, addirittura, si è posizionato in cima ad una scala, posta a sua volta, sul trampolino per riprendere gli atleti) e il loro susseguirsi in maniera dinamico-visivo consentono allo spettatore di interpretare un fenomeno fisico (il gesto atletico) come una danza di oggetti inanimati. Lo sport olimpionico, così neo-classicamente presentato (l’antica Grecia, le discipline sportive esaltate nel loro significato estetico), diventa, grazie alla
tecnica e alla sua capacità moderna di manipolare il reale, un elemento di riflessione estetica. Il cinema come autentica lingua capace di comunicare e
di rappresentare concetti astratti. Un passaggio obbligato, da sempre, per i cineasti del mondo e di tutte le epoche.27
→ http://www.leninimports.com/leni_riefenstahl.html
27. Massimiliano STUDER, OLYMPIA (1938): O DELLA MODERNITÀ DI UN CAPOLAVORO, in Forma Cinema (internet), http://www.formacinema.it/attachments/article/218/OLYMPIA%20O%20DELLA%20MODERNIT%C3%80%20DI%20UN%20CAPOLAVORO.pdf, 2012.
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DER EWIGE JUDE Fritz Hippler 1940 L’ebreo errante di Fritz Hippler del 1940 nasce come documentario volto a sostenere, in modo molto violento, le istanze anti-semitiche del partito nazionalsocialista e con l’intenzione di ribaltare il messaggio dell’omonimo film inglese del 1934, in cui si sosteneva che gli ebrei sono vittime perseguitate ingiustamente nel corso dei secoli1. Nel 1937, il Ministero della Propaganda presentò a Monaco una mostra dallo stesso titolo, proprio per evidenziare lo scopo “culturale-educativo” ne seguì un libro di 265 fotografie,
ognuna enunciava la degenerazione della razza ebrea2. Un altro antecedente fu la notte dei cristalli, nel novembre 1938, - preceduta nei mesi precedenti da duri attacchi nei media da parte di Goebbels verso gli ebrei - fu considerata politicamente un disastro da parte dello stesso Hitler, preoccupato dell’immagine della Germania a livello internazionale. L’ideale nazista doveva essere trasmesso sottilmente e con cautela. La propaganda dovrebbe “elucidate events of foreign policy”3. Per correre ai ripari - visto che la brutalità portata dalla notte dei cristalli non fu accolta con molto sostegno neanche da parte del popolo tedesco, attirando
1. Saul FRIEDLÄNDER, THE YEARS OF EXTERMINATION: NAZI GERMANY AND THE JEWS 1939-1945, New York, HarperCollins, 2008. 2. Stephen G. FRITZ, OSTKRIEG: HITLER’S WAR OF EXTERMINATION IN THE EAST, University Press of Kentucky, 8 September 2011, p. 15. 3. Shay HAZKANI, FORBIDDEN FILMS – AN ANALYSIS OF THE NAZI PROPAGANDA FILMS THE ETERNAL JEW AND JEW SUESS AND THEIR INFLUENCE ON THE GERMAN PUBLIC, 2008, p.181.
124
→ http://poster.scancollections.com/view.php?id=374068#
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le critiche di tutto il globo – era necessario agire con la promozione dell’antisemitismo. Goebbels, allora, ordinò che ogni casa di produzione si impegnasse
La produzione del “Film-documentario” durò più di un anno e durante questo periodo sia Goebbels che Hippler resero l’intero film sempre più
a tal proposito. Nello specifico Der Ewige Jude doveva riproporre le stesse tematiche della mostra di Monaco4.
aggressivo e brutale, con l’obiettivo di trasmettere meglio gli ideali su cui reggeva il regime nazista. Tuttavia, quando fu pro-
→ → https://germanfilmhistory.wordpress.com/der-ewige-jude/ 4. AAVV, FILM E PROPAGANDA NAZISTA, in Figure del Potere (internet), http://figuredelpotere.altervista.org/eterno_giudeo.php#simbologia, consultato il 10 febbraio 2017. 5.
126
Ibidem.
iettato per la prima volta, il 28 novembre 1940, nei cinema tedeschi in alternativa ad altri film antisemiti (“Jud Suess” e “Die Roth-
distisch” (“troppo apertamente propagandistico”). Nonostante l’apparente rifiuto, il film fu pubblicizzato come programma
schilds”). Il partito nazista non ottenne il successo sperato, perché il popolo tedesco lo giudicò “zu offensiochtlich propagan-
obbligatorio per l’associazione Hitlerjugend e per l’addestramento delle SS, della polizia e delle truppe del partito. Furono inoltre
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realizzate copie straordi- “una sinfonia dello schifo narie per alleati europei. e degli orrori” (“eine SymNessuno poteva avere opi- phonie des ekels und des
→ https://germanfilmhistory.wordpress.com/der-ewige-jude/
nioni contrarie ed opporsi al regime, cosicché le possibilità di critica diventarono nulle. Lo stesso regista Hippler, che all’anteprima paragonò il suo lavoro ad
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grauens”); a guerra finita lo giudicò però una “negazione ai diritti umani” (“negation alles Humanen”)5. A tal proposito, alla fine della guerra, Hippler negò
la sua affiliazione al partito dichiarando addirittura di essere stato Goebbels ad aver pensato al montaggio. Venne arrestato e condannato comunque a scontare due anni con la possibilità di poter riprendere l’attività6. Il film doveva rappresentare le pessime condizioni igieniche e di vita degli ebrei nei ghetti di Lodz, Warschau, Lublin e Krakau. L’intento era far emergere il vero carattere dell’ebreo e voleva provare le sue naturali inclinazioni alla criminalità, alla prostituzione e allo strozzinaggio. Vengono mostrati alcuni esempi di uomini d’affari, politici, artisti e scienziati che, associati all’immagine del ratto, rappresentano il giudeo che s’infiltra nel mon-
do occidentale e soprattutto in quello tedesco per aumentare il proprio potere. Molto sfacciatamente si fanno dei confronti visivi tra l’ebreo nel suo habitat e l’ebreo camuffato da tedesco, mettendo in guardia lo spettatore dalla loro capacità di mimetizzarsi7 usando abiti e accessori tipicamente nordici. Grande era la differenza tra l’acculturato ariano che aveva come ideale la bellezza nordica ispirata a quella classica, e quella dell’ebreo-parassita che aveva come unico scopo, secondo Hitler, la distruzione delle altre culture, rifiutando l’idealismo. L’astuzia del regista è visibile nelle differenti inquadrature. I costanti primi piani sono volti a sottolineare la
6. Bill Moyers, A Walk Through the 20th Century, intervista per la PBS, https://vimeo.com/48663731, 1983. 7. Minuto 19.51 del documentario, https://www.youtube.com/watch?v=_okkDPI3c-U . 8. AAVV, FILM E PRPAGANDA NAZISTA, in Figure del Potere (internet), http://figuredelpotere.altervista.org/eterno_giudeo.php#simbologia, consultato il 10 febbraio 2017.
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perfezione del volto ariano in contrapposizione a quello ebraico. La loro fisionomia ed espressione poco intelligente, le loro deformità fisiche, simbolo di interiore aridità spirituale, erano indistinguibili. Le loro abitazioni erano sporche e rappresentavano l’impossibilità di viverci per qualunque essere umano8. Il film può essere divisa in quattro aree tematiche9: • I ghetti polacchi • Valutazione dei valori politici, culturali e sociali in ambito internazionale di origine ebraica • Cerimonie religiose, l’insegnamento della religione, il culto, la macellazione rituale
• discorso Reichstag di Adolf Hitler, sfilano le truppe SA In Der Ewige Jude con l’ausilio dell’infografica si mostra come la comunità ebraica sia dannosa all’economia e alla cultura tedesca. Accompagnato dal doppiaggio si spiega come nel corso dei secoli le potenti famiglie giudee abbiano invaso e depredato le ricchezze tedesche facendo del nomadismo una questione di scelta10, comparando le migrazioni della comunità a quella dei ratti11. Quasi in conclusione, al minuto 56:44, l’ideale animalista del partito viene presentato come rimedio alla crudeltà inflitta sui poveri animali(!) da par-
9. Erik BARNOUW, DOCUMENTARY: A HISTORY OF THE NON-FICTION FILM, Oxford University Press, 1976. Versione pdf https://ia800502. us.archive.org/23/items/DocumentaryAHistoryOfTheNonFictionFilmByErikBarnouw1987/Documentary%20A%20History%20of%20the%20Non-Fiction%20Film%20By%20Erik%20Barnouw%201987.pdf 10. Minuto 14:50 del documentario. 11. Minuto 17.33 del documentario.
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te degli ebrei e delle loro malsane abitudini. Tutta la titolazione utilizza una font gotica. L’orrido e malsano “stile di vita” dei ghetti descritto nel film è lontanamente comparabile a quello dei campi di
concentramento a cui saranno sottoposti gli ebrei. Lì la loro vita oscillerà tra malattia, fame e lavoro forzato, in piccole baracche che diverranno per anni le loro case12.
→ https:// germanfilmhistory. wordpress.com/derewige-jude/
12. AAVV, FILM E PROPAGANDA NAZISTA, in Figure del Potere (internet), http://figuredelpotere.altervista.org/eterno_giudeo.php#simbologia, consultato il 10 febbraio 2017.
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Il manifesto
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2.1
fanno leva sulle emozioni, e possono essere riprodotte facilmente e circolaARTE re nei mass media. Hitler La propaganda nazista è aveva capito il potere ed il spesso associata alla re- richiamo dell’arte come un torica dei discorsi di Hitler tipo di “scorciatoia” propao con i ben noti film na- gandistica. Nel Mein Kamzisti come il Trionfo della pf dichiarava: Volontwà (1934) di Leni Riefenstahl. Tuttavia, essa “La propaganda è può anche assumere molun’arma terribile in te forme: arte, scultura e mani esperte…. Tutta la mass media visuali furono propaganda deve essere impiegati dai nazisti per popolare ed il suo livello vendere idee, controllare intellettuale deve essere l’informazione e plasmare regolato sull’intelligenza la pubblica opinione. Le immagini hanno un impat- più limitata tra coloro 1 to fortissimo e sono mezzi verso cui è diretta” di propaganda particolarmente efficaci perché Da ex pittore, egli conosceemergono dalla pagina va bene il meccanismo linstampata ed attraggono guistico sotteso al linguagl’attenzione, comunicano gio iconico. Un popolo è rapidamente l’informazio- egemone rispetto agli altri ne, sono memorizzabili, quando impone il proprio 1. Adolf HITLER, MEIN KAMPF, traduzione in Inglese di Ralph Manheim. Boston Houghton Miffin Company, 1943.
133
→ Paesaggio, Adolf Hitler, 1919 circa. http://www.giornalepop.it/lestetica-nazista/
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modo di vedere la realtà e pertura della Casa dell’Arte di rappresentarla. Tedesca nel 1937: “Noi siamo quelli che hanno creaDistribuita in modo capil- to questo stato e da subito lare, la propaganda visiva abbiamo fatto in modo di giocava un ruolo impor- incoraggiare l’arte. Noi abtante nel modellare la biamo dato all’arte nuovi, 2 mentalità che rese possibi- grandi compiti.” L’impresa le la Shoah promuovendo estetica era il cuore dell’il’orgoglio e la solidarietà deologia Nazista, coinvolnazionali ma anche un ta nel sogno di creare un profondo sentimento di mondo più bello, puro, antisemitismo. I respon- igienico. sabili politici Nazisti consideravano l’arte come uno degli elementi più importanti nella costruzione del Terzo Reich, attribuendo a tutte le forme di arti visive un alto valore sociale: esse vennero sostenute dallo stato e diffuse ampiamente in volantini e libri, cartoline e francobolli ed ebbero un ruolo dominante nelle cerimonie pubbliche. Come dichiarò Hitler all’a-
Il controllo della produzione artistica ebbe dunque un ruolo centrale nella formazione e nella diffusione del totalitarismo Nazista. Nel 1933, appena il Nazismo prese il potere, Hitler, creò il ministero della propaganda sotto la direzione di Joseph Goebbels. Come Ministro della Propaganda, Goebbels iniziò un processo di “Sincroniz-
2. Discorso di Hitler, 18 Luglio 1937, Monaco. Molto simile la dichiarazione di Hitler nel discorso di Norimberga del 1936: “L’Arte è il solo vero, duraturo investimento della fatica umana”. ( Berthold Hinz, Art in the Third Reich, Pantheon, 1972.intro)
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zazione“ (Gleichschaltung) della cultura, ponendo le arti in linea con gli obiettivi del Nazismo. Sotto il suo controllo, la Camera della Cultura del Reich controllava tutti gli aspetti della cultura Tedesca: la stampa, l’educazione, la musica, i film, il teatro e le
richiesta l’iscrizione al partito, ed era vietata la formazione di organizzazioni artistiche indipendenti.
arti visive. Per assicurare l’omogeneità “razziale” e la conformità ideologica, a tutti i professionisti era
cultura della Repubblica di Weimar. Quest’ultima veniva identificata con un internazionalismo e una
→ L’isola dei morti, Arnold Böcklin, 1883.
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Il Nazional Socialismo rifiutava ed attaccava tutto ciò che aveva formato la scena artistica prima del 1933, per screditare la
politica progressista che esso voleva contrastare, il regime Nazista criticava l’arte moderna come intellettuale ed elitaria, straniera ed ebraica, simbolo delle forze che avevano umiliato la Germania nel dopo guerra. Artisti ebrei, stranieri e moderni, vennero così etichettati come “degenerati”, messi sulla lista nera ed additati come nemici dello stato, considerati una sfida alla salute della nazione Tedesca.
direttori di musei sostituiti da membri del partito. L’ala moderna della Galleria Nazionale di Berlino e la Bauhaus vennero chiuse.
Il 10 Maggio 1933 i membri dell’Associazione Studentesca Tedesca Nazional Socialista organizzarono in tutto il paese dei roghi nei quali furono bruciate le opere di scrittori “non Tedeschi” ed ebrei. Artisti subirono persecuzioni e furono esiliati, alcuni vennero Iniziarono così gli attacchi imprigionati e persino ucsistematici e istituzionaliz- cisi a causa del contenuto zati all’arte moderna. Nel e dello stile del loro lavoro, primo anno fu vietato di delle loro convinzioni popraticare ad un gran nu- litiche o della affiliazione mero di artisti; professori religiosa. furono cacciati dalle Accademie, critici d’arte censu- Nell’estate del 1937 Goebrati o licenziati, curatori e bels emanò un decreto che
3. Adolf Ziegler fu il più importante pittore del Terzo Reich e il preferito di Hitler. Il suo quadro “I Quattro Elementi” era esposto nel suo salotto. Fu premiato con il più alto riconoscimento del partito, il Distintivo d’Oro. Come Presidente della Camera delle Arti Visive del Reich fu incaricato di allestire la mostra dell’“Arte Degenerata” di Monaco. Egli espulse artisti e vietò qualsiasi attività artistica “professionale o amatoriale” ad Espressionisti come Karl Schmidt-Rottluff.
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→ Copertina del programma, Arte Degenerata, 1937. Scultura Der Neue Mensch di Otto Freundlich
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affidava a Adolf Ziegler3 e ad una commissione di cinque persone il compito di passare al setaccio i musei della Germania e le collezioni pubbliche, confiscando ogni opera da considerarsi come “arte degenerata.” In tutto
16000 opere in più di 32 musei e collezioni. 650 di esse (di 112 artisti) furono utilizzate per una mostra “educativa” voluta dallo stato, intitolata “Entartete Kunst”, Arte Degenerata. Aperta nell’Hofgarten della Residenza di Monaco
→ Poster della mostra del 1938, autore sconosciuto.
la “Aktin Entartete Kunst” il 18 Luglio 1937, la moconfiscò un totale di oltre stra viaggiò venne esibita
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→ Catalogo dell’Arte Degenerata, 1937, p. 23. Da sinistra dall’alto: * Johannes Molzahn, Der Gott der Flieger, 1921, * Jean Metzinger, En Canot, 1913. * Kurt Schwitters, Merzbild, 1918–19, mixed media, 100 x 70 cm. * Johannes Molzahn, Familienbild.
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in undici diverse località tedesche ed austriache, e fu visitata, nell’arco di quattro anni, da 3 milioni di visitatori: una cifra sicuramente degna di nota. L’obiettivo della mostra era di accrescere il senso
a mobilitarsi in una campagna di epurazione della cultura Germanica da influenze e contaminazioni. Strategicamente, la Grosse Deutsche Kunstaussellung (La grande mostra dell’Arte Tedesca) aprì il
→ Goebbels in visita.
di repulsione del pubbli- giorno prima e dall’altro co verso l’arte moderna, lato della strada, di fronte incoraggiando il pubblico alla mostra dell’Arte Dege-
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nerata, funzionando come immagine di contrasto. Collocata nella Haus der Deutschen Kunst, casa dell’Arte Tedesca appena completata, fu la prima
tante palazzo commissionato dal regime Nazista. Alla cerimonia di apertura dei lavori di costruzione, nell’ottobre del 1933 Hitler lo definì il “tempio di una
di 8 mostre annuali che esponevano quello che il Terzo Reich considerava il meglio dell’arte tedesca4.
nuova arte Tedesca”. Durante i tre giorni che precedevano l’apertura della Grande Mostra annuale di Arte Tedesca, tenutasi a Monumentale, neoclassi- Monaco, drappi, stendarca, con un imponente co- di e bandiere celebravano lonnato, la Casa dell’Arte con lo sfarzo di stravaTedesca fu il primo impor- ganti coreografie il Giorno
4. AA.VV, PROPAGANDA E ARTI VISUALINEL TERZO REICH, in Yad Vashem. The World Holocaust Remembrance Center (internet), http:// www.yadvashem.org/yv/en/education/languages/italian/lesson_plans/ germanys_sculptor.asp#04, consultato il 15 gennaio 2017.
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→ Entartete Kunst, Anto, 1938, 84 x 58 cm
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→ «Entartete Musik» Broschüre, Hans Severus Ziegler, Völkischer Verlag, 1939
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Monaco, 18 luglio 1937. La Casa dell’Arte Tedesca, progettata da Paul Troost, apre al pubblico con l’inaugurazione della Grande Esposizione d’Arte tedesca. Il giorno seguente, nell’attigua galleria delle Hofgartenarkaden, inizia la mostra dell’Entarteke Kunst, l’arte degenerata.
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dell’Arte Tedesca. Lo stato Nazista non badava dunque a spese per organizzare queste spettacolari cerimonie: formata da enormi dorate copie di cartapesta di statue classiche, fanciulle del Reno e guerrieri della foresta di Teutoburgo, la parata, che culminò con migliaia di soldati in marcia, celebrava così “Duemila anni di Cultura Tedesca”.
poster, mostra un mezzo busto di un atleta dalle fattezze ariana, armato di fucile e abbastanza minaccioso nella sua tenuta scura. Solo la pettorina con il simbolo olimpico provvede ad ammorbidire un po’ i toni. L’autore del manifesto dei giochi invernali era il più noto fra i maestri del manifesto: Ludwig Hohlwein (1874-1949).
2.2
Sempre nello stesso anno a Berlino si disputò la IX Olimpiade estiva (soltanto dal 1940 in poi le due Olimpiadi avranno sedi diverse), non senza il tentativo di boicottaggio da parte delle altre nazioni, che dovettero comunque accettare la decisione positiva da parte del CIO, che aveva già stabilito la capitale tedesca nel 1931. Disegnata
SPORT La quarta olimpiade invernale ebbe come teatro Garmisch (1936), nella Germania pronta a far da negativa protagonista del decennio successivo. Venne introdotta per la prima volta nelle olimpiadi invernali la fiamma olimpica. Il
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da → Johannes Boehland la Campana tedesca che vede incisa l’aquila ariana che sovrasta i cinque cerchi e la scritta che è un appello alla gioventù mondiale. Minacciosa, tetra, come l’aria che si respirava in quel tempo. I loghi grafici compaiono solo dalle Olimpiadi del 1936 a Berlino, prima erano gli stessi manifesti e poster d’annuncio a contraddistinguere un evento dall’altro5. Il manifesto invece ricalca il realismo eroico del nazismo. Ci si chiede come
mai si decise di far disputare i giochi nella patria di Hitler, ma la decisione venne presa dal Comitato olimpico nel 1931, quindi prima dell’ascesa al potere del dittatore e nonostante le proteste di vari paesi le olimpiadi si svolsero a Berlino. Si parla dell’organizzazione più efficiente mai vista in un olimpiade moderna. Un dispendio di mezzi di comunicazione senza precedenti, con l’utilizzo di manifesti, l’uso della radio e della propaganda tedesca. I tedeschi si
5. AA.VV, LE OLIMPIADI DEI LOGO, in Ufo.adv (internet), http://www. ufoadv.it/restyling/le-olimpiadi-dei-logo/ 24 luglio 2012.
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→ Ludwig Hohlwein, 1936.
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→ Ludwig Hohlwein, 1936.
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→ Ludwig Hohlwein, 1936.
rivolgono alla Telefunken e a un’altra ditta, la Fernseh AG, che programmano trasmissioni, ricevute da enormi apparecchi con tubi catodici ad altissima tensione (20.000 volt), proiettabili anche su schermo cinematografico. Tre telecamere vengono piazzate nello stadio olimpico e nella piscina, capaci anche di riprese cinemato-
grafiche, ancor oggi perfettamente visibili. Le ore di trasmissione sono ben 72 (a Roma 1960 saranno 102), ma gli apparecchi privati continuano a latitare. Le Poste tedesche organizzano quindi gruppi di ascolto, in apposite sale, a Berlino e Potsdam, le cosiddette “sale pubbliche televisive”. L’evento, adeguatamente pubblicizzato, viene descritto come il “coronamento di un sogno” da parte della propaganda del Terzo Reich; i Giochi di Berlino diventano quindi il primo evento in assoluto mai trasmesso in tv6. Il poster, opera dell’artista berlinese Franz Wurbel, sempre minaccioso con il volto granitico di un atleta/olimpico/ariano cinto di alloro e con un’aureola formata dai cinque cerchi. Di quin-
6. Elio TRIFARI, BERLINO 1936: NASCE LA TV, in La Gazzetta dello Sport (internet) http://www.gazzetta.it/Speciali/Olimpiadi/Primo_Piano/2008/07_Luglio/03/Trifari_3luglio.shtml 3 luglio 2008
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→ Ludwig Hohlwein, 1936.
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ta i cavalli della quadriglia della Porta di Brandeburgo in controluce sembra si alzino minacciosi ed accolgono la scritta con un lettering classico per il paese7.
2.3
SALUTISMO Comprensibilmente nascosta dalle pagine più orribili dei crimini degli anni di Adolf Hitler, tuttavia, nei decenni si è persa un’iniziativa di allora che l’istinto difficilmente accosterebbe a quel periodo: la lotta al tabagismo. Come scrivere Robert Proctor, ricercatore del dipartimento di Storia di Stanford, nel suo libro The Nazi War on Cancer, «la Germania tedesca era
governata da un élite attenta alla salute e votata alla conquista dell’Europa e allo sterminio di massa». Di certo c’è che nel 1939, l’anno dell’inizio del secondo conflitto mondiale, fu un tedesco, Franz Müller, a presentare il primo studio epidemiologico che postulava l’esistenza di un rapporto tra l’uso del tabacco e la comparsa di tumori. E nel 1943 una ricerca di Eberhard Schairer e Erich Schöniger, ricercatori all’università di Jena, confermò questa tesi: il tumore ai polmoni era un effetto diretto della apparentemente innocua sigaretta. Addirittura, ricerche tedesche coeve dimostrarono efficacemente l’esi-
7. Paolo CAGNOTTO, OLYMPIC GRAPHICS FRA LE DUE GUERRE, in BuongiornoBrasile (internet), http://www.buongiornobrasile.com/frale-due-guerre/ 22 febbraio 2014.
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stenza del fumo passivo e i ma anche dagli effetti nosuoi rischi. civi del pane bianco, delle tinture alimentari e dell’a-
Come scrive Proctor, «il nazismo fu un movimento di giovani robusti e attenti alle condizioni di salute, preoccupati dall’influenza degli ebrei sulla cultura tedesca, dal comunismo
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mianto». Dagli anni Trenta, con l’avvento della popolarità del fumo, aumentarono considerevolmente. Il merito di aver provato il collegamento tra i due dati, però, va dato a scien-
ziati legati alla dittatura più feroce della storia8. A dimostrazione della superiorità, anche, scientifica della Germania, il partito mobilitò la propaganda diffondendo manifesti, opuscoli e materiale informativo a tutta la nazione. Tuttavia la propaganda non sortì nessun effetto significativo sul tabagismo, una campagna poco curata e l’atteggiamento generale di poco interesse di molti gerarchi, se non in eventi ufficiali, compromise la visione che Hitler aveva del tedesco robusto, forte e privo di vizi, relegati ovviamente solo alle razze inferiori.
→ Pubblicità sidro di mele scoraggia l’uso dell’alcool e della nicotina puntando sulla salute del neonato.
8. AA.VV, LA CAMPAGNA ANTIFUMO DEL TERZO REICH, in Studio, Attualità Cultura Stili di vita (internet), http://www.rivistastudio.com/ in-breve/la-campagna-antifumo-del-terzo-reich/ 9 luglio 2014.
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→ Pubblicità Volkswagen smettere di fumare equivarrebbe all’acquisto di 2 milioni di vetture.
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→ Programma Aktion T4
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→ Poster in ‘Kladderadatsch’, 3 settembre 1933. Hermann Göring, il 16 agosto 1933 promulgò una legge che abolì a tutti gli effetti la vivisezione, rendendo illegale la sua pratica. Minacciò severamente chiunque avesse trattato come “oggetti inanimati” gli animali.
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APPROFONDIMENTO
Ludwig Hohlwein (1874-1949)
Manifesta un precoce talento artistico nel disegno. Inizia lo studio dell’architettura alla Technischen Hochschule di Monaco di Baviera. Termina i suoi studi alla Dresdner Akademie con Paul Wallot di cui diventa assistente. Nel 1895 esegue il suo primo disegno per il giornale dell’associazione accademica degli architetti con cui collaborerà per altre realizzazioni grafiche. Al termine della carriera universitaria, dopo diversi viaggi di studio e formazione all’estero, si stabilisce definitivamente a Monaco di Baviera per svolgere la professione di architetto. Il suo atelier è nella Gabelsbergerstrasse al numero civico 36. Esegue diversi lavori tra cui l’Hotels Continental, il Kaufhauses Hermann Tietz (oggi Hertie), e padiglioni espositivi. Nel 1901 sposa Leonie Dörr da cui avrà due figlie Leonie e Ellen che vivono tuttora a Monaco. Nel frattempo, con diversi lavori di decorazione per case, libri, negozi, biglietti d’inviti, affina il suo talento grafico. Decora con dipinti ed acquarelli il Glaspalast di Monaco. Il suo primo manifesto è del 1906 ed è dedicato ad una manifestazione sulla caccia sua grande passione1. Tra il 1906 al 1914 la 1. Harm WULF, LUDWIG HOHLWEIN: IL RE DEL MANIFESTO, in Galleria d’arte Thule (internet), http://www.galleria.thule-italia.com/ hohlwein.html
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APPROFONDIMENTO
sua produzione di manifesti artistici e pubblicitari raggiunge il punto più alto. Nessuno riesce a competere con le sue creazioni moderne, originalissime ed innovative. Già nel 1909 il periodico Kunst und Dekoration di Darmstadt parla di lui definendolo “capostipite e maestro della grafica”. La sua fama arriva anche all’estero: il quotidiano di Lucerna titola, parlando di lui: Münchner Plakatkönig, il re di Monaco del manifesto. Molti giovani autori di grafica pubblicitaria di Berlino Lucian Bernhard, Julius Gipkens, Julius Klinger, Lucian Zabel si ispirano a quello che ormai viene definito l’Hohlweinstil2.
La figura umana campeggia al centro delle sue composizioni, dove più che la bellezza femminile predomina l’uomo elegante, lo sportivo, il cacciatore, il viaggiatore, con tutto il contorno che ne consegue: cavalli, carrozze, bagagli. In termini più generali la sua opera esprime il modello di un elevato tenore di vota, quello della società altoborghese, ma nei suoi manifesti quel benessere viene interpretato in modo raffinato, con una rappresentazione intensa e con un gusto da haute couture3. Con l’inizio della prima 2. Harm WULF, LUDWIG HOHLWEIN: IL RE DEL MANIFESTO, in Galleria d’arte Thule (internet), http://www.galleria.thule-italia.com/ hohlwein.html 3. Daniele BARONI, Maurizio VITTA, STORIA DEL DESIGN GRAFICO, Milano, Longanesi, 2003, pag. 71.
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APPROFONDIMENTO
Guerra mondiale la produzione di Hohlwein si orientò verso la causa patriottica: molti manifesti vennero dedicati al sostegno dello sforzo bellico, alla mobilitazione, al soccorso dei feriti, dei mutilati e dei prigionieri di guerra. Iscritto al partito nazionalsocialista Ludwig Hohlwein → Und du?, 1932 produsse una gran 34″x24″ quantità di opere di eccezionale qualità grafica per il NSDAP e le sue organizzazioni collaterali. Apparvero negli anni trenta i famosi manifesti per le SA, le SS, l’Hitlerjugend, il BDM, il Winterhilfswerk che rappresentavano lo Zeitgeist con straordinaria efficacia. Nel dopoguerra a Ludwig Hohlwein viene imposto il processo di denazificazione ed epurazione con il divieto di lavorare a causa delle sue scelte4.
4. Harm WULF, LUDWIG HOHLWEIN: IL RE DEL MANIFESTO, in Galleria d’arte Thule (internet), http://www.galleria.thule-italia.com/ hohlwein.html
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→ Kunstgewerbehaus, Gebrueder Wollweber, 1906 Litografia 125.0 x 89.8 cm → PKZ, 1908 Litografia 123.2 x 91.7 cm.
→ Audi Automobil-Werke, 1912 Litografia 124.8 x 91.4 cm. → Hermann Scherrer Breechesmaker, Sporting-Tailor, 1911 Litografia 112.4 x 80 cm.
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APPROFONDIMENTO
Gino Boccasile (1901-1952)
La prima giovinezza dell’artista fu segnata da un terribile episodio: una goccia di calce viva lo colpì nell’occhio sinistro. Dopo aver manifestato una precoce attitudine per il disegno terminò gli studi presso la scuola d’Arti e Mestieri nella città natale, Bari. Alla morte del padre, decise di lasciare Bari e si trasferì a Milano. Dopo qualche difficoltà iniziale la sua abilità grafica lo aiuta ad essere assunto nello studio grafico MauzanMorzenti, dove inizia a disegnare anche figurini e modelli d’abiti da donna. Subito impone il suo stile personalissimo: le vetrine che espongono i suoi lavori sono affollate dalle signore che ne decretano successo e notorietà. I suoi disegni sono riprodotti su numerose riviste specializzate “Sovrana”, “l’Illustrazione”, “Fantasie d’Italia”, dettando legge nei gusti delle donne, ma anche illustrando nelle stesse, novelle e racconti. La genialità del suo tratto, delle sue immagini, riuscivano ad attrarre il frettoloso passante e a comunicargli in un attimo il messaggio per cui erano state create. Una comunicazione visiva di
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APPROFONDIMENTO
pronta presa con i personaggi che, ancora oggi, sembrano balzare, esplodere dal manifesto. Forte di queste innate qualità e della dura gavetta fatta, inizia l’attività di grafico ed illustratore collaborando con i periodici La Donna (1932), Dea e La Lettura (1934), Bertoldo (1936), Il Milione (1938), L’Illustrazione del Medico (1939), Ecco, Settebello e Il Dramma (1939) e disegnando molte copertine di libri per gli editori Mondadori e Rizzoli. Per l’editore Mondatori illustra svariati volumi della serie Romanzi della Palma e realizza le copertine dei Romanzi di Cappa e Spada. Adesso è affermato illustratore, caricaturista e cartellonista pubblicitario autodidatta, ma la popolarità arriva con la Signorina Grandi Firme1. La ragazza che apparve sulle copertine dai toni rosa pastello della rivista Le Grandi Firme, periodico letterario fondato e diretto da Pitigrilli (Dino Segre) e trasformato in rotocalco settimanale da Cesare Zavattini (all’epoca direttore editoriale della Mondadori) dopo la vendita della testata ad Arnoldo Mondadori. Le donne disegnate da Boccasile avevano delle caratteristiche abbastanza precise. Cosce tornite erano sostenute da esilissime
1. Gino Boccasile, La signorina Grandi Firme, Milano, Longanesi, 1981.
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APPROFONDIMENTO
caviglie. Glutei perfetti e giunonici coronavano vitini di vespa piccolissimi. Con lo scoppio del conflitto, complice il Ministero della Guerra che lo designa grafico propagandista, la sua opera si orienta verso la propaganda bellica2. Dalle esaltanti vittorie iniziali alle prime dure sconfitte. Nel 1942, le truppe italo-tedesche sono in marcia verso Mosca. Viene pubblicata una serie di dodici cartoline a firma Boccasile che descrivono le atrocità dei bolscevichi e le sofferenze del popolo russo oppresso dal regime comunista: sono le cartoline più crude dell’intera produzione di Boccasile3. Aderisce alla Repubblica Sociale Italiana ed ottiene un incarico presso l’ufficio propaganda. Viene nominato tenente delle SS italiane e continua incessantemente a produrre manifesti in uno studio protetto da militi armati. Boccasile non ammorbidisce le sue posizioni politiche ma anzi le radicalizza. I suoi manifesti parlano da soli: nessuna pietà per traditori e ribelli, resistenza armata all’invasore anglo-americano unico mezzo
2. Giuliano VITTORI, C’ERA UNA VOLTA IL DUCE: IL REGIME IN CARTOLINA, Roma, Savelli, 1975. 3. Ernesto Zucconi, REPUBBLICA SOCIALE. I MANIFESTI, Milano, Novantico Editrice-Ritter, 2000.
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APPROFONDIMENTO
per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento4.
Il ruolo di grafico della propaganda bellica e politica ed il grado di ufficiale delle SS gli costeranno alla fine della guerra un processo. Viene arrestato, incarcerato e processato per collaborazionismo subendo, in seguito, l’epurazione e una sorta d’esilio editoriale. Assolto, resta emarginato per alcuni anni, molti potenziali clienti hanno paura della sua firma. Riprende la sua attività dal 1946 soprattutto con la grafica
4. Roberto Guerri, MANIFESTI ITALIANI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, Milano, Rusconi, 1982.
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APPROFONDIMENTO
pubblicitaria cambiando leggermente stile. Anche dopo il Fascismo, Gino Boccasile → Prepotenza USA, data incerta. disegnò l’Italia: fu sempre lui, dopo aver avviato una sua agenzia di grafica, ad invadere i muri delle città e delle campagne con le pubblicità di quei giorni5. Dal Formaggino Mio alla lama Bolzano, dal Ramazzotti alle moto Bianchi, tutto era firmato Boccasile. Morì prematuramente a Milano il 10 maggio 1952 per un attacco di bronchite e pleurite, mentre stava illustrando Il Decamerone. Della morte dell’artista si accorsero in pochi e molti addirittura si rallegrarono per quel lutto. Era uno straordinario artista del disegno ma anche un dannato che aveva scelto la parte sbagliata ed era rimasto fedele alle sue idee6.
5. D. Villani, STORIA DEL MANIFESTO PUBBLICITARIO, Milano, Omnia, 1964. 6. Harm WULF, LA MATITA ERETICA DI GINO BOCCASILE, in Centro studi la runa (internet), http://www.centrostudilaruna.it/ginoboccasile. html, 1 gennaio 2000.
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→ Asse Roma-Berlino-Tokyo, 1941.
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→ Arruolamento, 1944 poster 70x100cm
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→ Arruolamento, 1944 poster 70x100cm
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→ Arruolamento, 1944 poster 70x100cm
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Il brand
3.1
SVASTICA, DA SIMBOLO A MARCHIO Svastica è una parola femminile che deriva dal termine sanscrito maschile svastika. La prima parte della parola è composta dal prefisso sv- che significa “bene” e da asti, coniugazione del verbo essere. Svāsti significa quindi “stare bene”. Il suffisso –ka è un diminutivo, per cui svastica è traducibile letteralmente come “piccola cosa che porta benessere”, un portafortuna.
i bracci piegati ad angoli retti, ed è ancora oggi un simbolo sacro in alcune religioni come l’Induismo, il Buddismo ed il Giainismo. Nel gennaio 1980 la rivista Natural History pubblicò, sempre sull’origine della svastica, un documentario approfondito descrivendo quanto segue:
“La svastica è un potente simbolo portafortuna. Questa particolarità, la sua aura di magia, e il suo simbolismo affondano le radici nelle più antiche civiltà mesopotamiche e iraniche. In India, dov’è largamente usata nelle cerimonie indù e come motivo ornamenConosciuta anche come tale, la svastica unisce il croce uncinata, ha una simbolismo astronomico a forma corrispondente ad quello religioso. . . . La reuna croce equilatera con lazione fra la svastica e gli
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dei dei pianeti corrisponde piuttosto bene alla storia e alla diffusione del simbolo. C’erano le necessarie nozioni di astronomia nel luogo dove sembra che la svastica abbia avuto origine [Mesopotamia]”. Pare che Babilonia sia stata la culla della svastica ma sono solo supposizioni perché non esistono ad oggi certezze a supporto di tale tesi. Molte croci uncinate furono scoperte a Samarra, a nord di Baghdad, sul Tigri, e nel primo stadio dell’insediamento a Susa o Susan additano l’antichissima origine del simbolo in Mesopotamia. Tracce dell’influenza religiosa di Babilonia sono evidenti in India, come dice fra l’altro un archeologo: “La svastica e la croce, comuni su
impronte e placche, erano simboli magici o religiosi sia nella Babilonia che nell’Elam del periodo preistorico più antico, ma conservano questo carattere anche nell’India moderna e altrove”1. Quindi, l’influenza religiosa dell’antica Babilonia raggiunse molti popoli e nazioni, molto più estesamente e in maniera molto più efficace e duratura del suo potere politico. Nel gianismo, antica religione, fondata nel VI secolo prima di Cristo avente come simbolo la svastica, i quattro bracci rappresentano i piani dell’esistenza: mondo degli dei, mondo dell’uomo, mondo animale, mondo infero . Lo stesso simbolo si trova sopra la porta d’ingresso del tempio Laksmi Marayan di Nuova Delhi, in
1. Vere CHILDE, NEW LIGHT ON THE MOST ANCIENT EAST, Londra, Routledge, 1957.
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India. E anche sopra l’ingresso di un tempio di Bali in Indonesia. La svastica è un noto simbolo di buona
le impronte del Buddha ed è spesso usato per indicare l’inizio dei testi. Il Buddhismo tibetano moderno
fortuna in India. Nella tra- lo usa come decorazione dizione Buddhista, la sva- nell’abbigliamento. Con stica simboleggia i piedi o il diffondersi del Buddhi-
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smo è stato adottato anche dalla iconografia della Cina e del Giappone, dove è stato usato per indicare la pluralità, l’abbondanza, la prosperità e lunga vita. Nell’area indobuddista la svastica venne considerata come un sigillo e la si ritrova spesso impressa sul cuore di Buddha, anche in Tibet del resto ha valore di portafortuna e talismano. Nel Janismo è l’ emblema del loro settimo Tirthankara ( titolo usato per indicare uno dei 24 profeti). Esistono altri usi di tale simbolo come in Mesopotamia dove la svastica è stata coniata sulle monete, in Scandinavia come simbolo del martello del dio Thor. Nella prima arte cristiana è stata chiamata la croce gammadion perchè è composta
da quattro gamma ( la G nell’alfabeto greco) Si trova anche nell’arte Maya e Navajo. Appare sopra i pesi degli Ashanti in Africa. Si può trovare la svastica nel pavimento a mosaico della chiesa della Natività a Betleem. Nel suo libro Riguardo alla svastica Joerg Lechler mostra alcune rappresentazioni di svastiche tratte da chiese della cristianità. Tra il voluminoso materiale illustrato, si vede il cosiddetto abito del digiuno o di quaresima di Heiligengrabe, in Germania, su cui l’abito di Cristo è coperto di svastiche. La svastica compare su una tovaglia d’altare della Chiesa di Maria zur Wiese di Soest, in Germania. Si trova pure sul monumento in bronzo del vescovo Bocholt a Luebeck e su
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alcune monete medievali delle diocesi cattoliche di Mainz e Halberstadt e del vescovo di Erfurt, Heinrich (1140-1150 )2. In un quadro di una chiesa di Dalby (Svezia meridionale) l’agnello rappresentante Gesù Cristo aveva la svastica anziché una semplice croce. Fu pure usata la svastica nella forma della campana della chiesa di Utterslev, in Danimarca. I primi cristiani rigettarono l’uso di tali simboli. Una volta ciò fu espresso con queste parole: “Le croci, inoltre, non le adoriamo né le desideriamo. Voi, in realtà, che consacrate dèi di legno, adorate croci di legno forse come parti dei vostri
dèi. Perché i vostri stessi stendardi, nonché i vostri vessilli e le bandiere dei vostri campi, che cos’altro sono se non croci indorate e abbellite? I vostri trofei di vittoria non solo imitano l’aspetto di una croce semplice, ma anche quello di un uomo affisso ad essa”3. Perciò prima di essere state inglobate dai nazisti, le svastiche erano considerate simboli di buona fortuna. Come tali, le marche popolari (come la Coca-Cola) e le squadre sportive hanno spesso usato questo simbolo per associarlo al loro brand. Ironicamente, essa appare persino in alcuni ritrovamenti della cultura
2. Sara BALDI, LA SVASTICA NON È STATA INVENTATA DA HITLER, in Arte e Arti(internet), http://www.artearti.net/magazine/articolo/la_svastica_non_e_stata_inventata_da_hitler/ , 30 Settembre 2009 3. Marco MINUCIO FELICE, L’OTTAVIO, cap. 29, The Ante-Nicene Fathers, Vol. 4, pag. 191
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→ Nel 1925 la Coca Cola produsse un fortunato orologio a forma di una svastica con lo slogan “Bevi Coca Cola cinque centesimi in bottiglia.”
→ Alla nascita dell’hockey su ghiaccio in Canada, alcuni team di hockey la utilizzarono come logo nel 1916 (circa). → La storica lavanderia “svastica” è stata per decenni un istituzione a Dublino, fondata nel 1912 in Shelbourne Road, è rimasta in attività fino alla fine del 1960.
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ebraica. Tuttavia l’utilizzo da parte dell’estrema destra mitteleuropea, e successivamente del Terzo Reich, ha connotati ben precisi: l’esoterismo. Occultismo, Astrologia, Mistica esoterica e alchimia, si intrecciano per dar vita ad una trama fitta di ideali che hanno portato alla creazione di una vera e propria Filosofia; ricca di simboli, di poteri occulti e di rituali pagani, che s e c o n do Hitler, avrebbero
fatto in modo di perpetuare il reich e innalzarlo alla gloria eterna. E così Hitler e i suoi gerarchi si riunivano in particolari luoghi della Germania destinati a tali culti, dove si svolgevano riti propiziatori che li avrebbero portati alla potenza eterna. In una Germania sempre più devastata sia dalla guerra che dagli ideali, una parte d e l l ’é l i te nazista, tra i quali Himmler, Frank, Goebbels, Goring, si ritrovavano in contatto con alchimisti, sette, predicatori dell’occulto, maghi e sensitivi che prevedevano l’avvento della razza ariana dominatrice del mon-
→ Fino al 1933 questo era il logo ufficiale per la ditta ASEA di Milano. → Swastika Drug Company “Hilter be Damned”. 1922
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→
un membro della Red Swastika, gruppo religioso che tende ad unire Taoismo, Confucianesimo e Buddhismo, 1937 circa.
183
do, capeggiata dal suo più illustre figlio, avrebbe deciso le sorti dell’intero pianeta. Così Hitler sarebbe stato il dominatore del mondo alla guida della nazione tedesca, il popolo eletto, La razza ariana. Ma questo è uno dei tanti aspetti di questa filosofia, forse quello più conosciuto, alla cui base si fonda il Nazismo, con la lotta per la supremazia della razza, e l’eliminazione delle razze considerate inferiori. Riaffiorano così con il terzo Reich, le teorie di Ariano, superate dal pensiero scientifico del 500, e dell’illuminismo. Ora rinate a nuova luce, per rinforzare l’ideologia politica di un tiranno4. Diverse spedizioni furono fatte e documentate a tale scopo (capitolo Il Documentario). Nel
suo libro Mein Kampf (La mia battaglia), Adolf Hitler scrisse: “Dopo innumerevoli esperimenti, ho trovato la forma finale: una bandiera a sfondo rosso, un disco bianco e una svastica nera al centro. Dopo molte ricerche, ho deciso le corrette proporzioni tra la grandezza della bandiera e quella del disco bianco e la forma e lo spessore della svastica.” La svastica divenne l’icona più riconoscibile della propaganda nazista, comparendo sia nella bandiera a cui fa riferimento Hitler nel libro Mein Kampf sia su poster di propaganda elettorale, bracciali, me-
4. AA.VV, IL TERZO REICH, TRA OCCULTISMO ED ESOTERISMO, in Helleland (internet), http://helleland.altervista.org/blog/il-terzo-reich-tra-occultismo-ed-esoterismo/?doing_wp_cron=1486297903.226676 9409179687500000, 3 novembre 2012
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NS DAP L o go
Sfondo rosso per indicare l’ideale sociale del movimento Cerchio bianco simbolo di nazione Svastica nera per significare la missione.
→ Ipotesi di costruzione geometrica. → Font utilizzato: Blankenburg regular di Peter Wiegel.
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daglioni e distintivi di organizzazioni militari o di altro tipo. Un simbolo potente, destinato a suscitare orgoglio tra gli ariani, la svastica incuteva terrore negli ebrei e in altri soggetti ritenuti nemici della Germania nazista5. A dispetto delle origini, la svastica è diventata così ampiamente associata con la Germania nazista che, spesso, usi contemporanei fanno sorgere molte polemiche.
3.2
SIEG SIEG! Sigla di Schutz-Staffel («schiera di protezione»), milizia speciale tedesca destinata a compiti di polizia durante il regime nazionalsocialista in Germania. Attiva dall’inizio
degli anni 1920 come formazione paramilitare di supporto al Partito nazista e dal 1925 responsabile della sicurezza personale di A. Hitler, dopo il 1933 ebbe il controllo dei più delicati gangli d e l l ’a m m i n i s t ra z i o n e interna del Reich, ivi compresa la polizia e il controspionaggio. Capo (Reichsführer) della SS fu dal 1929 H. Himmler. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale furono formate delle divisioni combattenti delle SS (Waffen-SS), che al termine del conflitto erano una quarantina. La SS fu all’avanguardia del radicalismo nazista e partecipò attivamente alle persecuzioni contro gli Ebrei, rendendosi tri-
5. AA.VV, STORIA DELLA SVASTICA, in United States Holocaust Memorial Museum (internet), https://www.ushmm.org/wlc/it/article.php?ModuleId=10007453, consultato il 5 febbraio 2017
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→ Ipotesi di costruzione geometrica. → Logo ufficiale delle S.S. di Walter Heck, 1929.
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→ Runic “SS”1 per il Deutschland Regiment → Runic “SS”2 per i Germania personnel → dal 1938 Runic “SS”3 per i membri del Der Führer Regiment.
stemente nota per i delitti perpetrati nei campi di concentramento. Per tutti questi motivi il tribunale internazionale di Norimberga definì la SS un’organizzazione criminale6. Altrettanto all’avanguardia, è il logo utilizzato e declinato in tutti le divisioni dell’organizzazione. Creato da Walter Heck - un illustratore disoccupato saltuariamente grafico nella Hoffstätter Company - nel 1929. Pagato solo 2.50 Reichmarks senza diritti di copyright. Il logo propone
due *Sôwilô o *Saewelô, simboli proto-germanici simboleggianti il sole. Tuttavia è arricchito da un ulteriore significato derivato dall’antico nome inglese Siegel che si avvicina molto alla pronuncia tedesca di Sieg, ovvero vittoria7. È dunque leggibile come “Vittoria, Vittoria”. Scelto per il suo forte impatto visivo, fu adottato molto rapidamente ma solo nel 1944 Heck- che nel frattempo si era arruolato nelle stesse S.S - venne riconosciuto e ringraziato
6. AA.VV, SS, in Treccani (internet), http://www.treccani.it/enciclopedia/ss/ consultato il 10 genaio 2017 7. Tesi supportata da Guido Von List (1848-1919), poeta e scrittore tedesco che grazie alle sue teorie esoteriche divenne uno degli ispiratori del partito nazionalsocialista.
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direttamente da Himmler, capo delle S.S. e fino ad allora all’oscuro della vicenda, con un lettera in cui offrì casa con giardino ovunque desiderasse, a patto che avesse moglie ed almeno due figli8.
accertato già all’indomani della fine del conflitto, ma fino ad oggi la famosa casa di moda tedesca aveva sempre dichiarato che Hugo Ferdinand Boss aveva appoggiato il regime dittatoriale solo per salvare l’azienda. Adesso Nonostante l’avversione un libro intitolato Hugo per il modernismo e tutte Boss, 1924-45, scritto dalle forma d’avanguardia, lo storico Roman Koester, c’è da riconoscere che entrambi i loghi con le loro declinazioni presentano certamente una sorta di razionalismo bauhausiano tanto osteggiato ufficialmente.
3.3
HUGO BOSS Che avesse sostenuto Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale fu
8. Elisabeth HINRICHS, Aileen ITTNER, Daniel ROTHER, XX - DIE SS-RUNE ALS SONDERZEICHEN AUF SCHREIBMASCHINEN, Leipzig, Institut für Buchkunst der HGB, 2009.
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docente all’Università di storia militare di Monaco e commissionato dalla stessa casa d’alta moda, rivela che l’allora patron del marchio d’abbigliamento non solo fu un fervente nazista, ma negli anni della guerra sfruttò nella sua azienda di Metzingen, nello stato del Baden-Wurttemberg, ben 180 prigionieri di guerra (140 francesi e 40
polacchi)9. È proprio grazie all’intervento del partito che Hugo Boss poté risollevarsi dalla crisi che colpì la Germania negli anni ’20 e ’30 - dichiarò la bancarotta nel 1930 commissionando fin dalla sua adesione al partito le divise e trasformando per sempre quella che cominciò come negozio
9. Francesco TORTORA, HUGO BOSS NAZISTA, LA GRIFFE FA AMMENDA, in Corriere (internet), http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_22/tortora-ugo-boss-scuse-passato-nazista_a802813a-e50411e0-ac8f-9ecb3bbcc6bf.shtml?refresh_ce-cp, 22 settembre 2011.
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di lingerie ereditato dai genitori.
settore in cui diventò leader nazionale e poi di seguito uno dei marchi più Finita la guerra, gli fu tol- prestigiosi a livello monto il diritto di voto e l’ob- diale. Nel 1985 la Hugo bligo di pagare una multa Boss entrò in borsa e, di di 100,000 Reichsmarks. seguito, nel 1993 espanse Così, cinque anni dopo, la gamma di produzione. nel 1953, l’azienda iniziò a infatti si dedicò, oltre che produrre vestiti per uomo, alla Hugo Boss casa di moda, al settore della profumeria dando vita alla prima fragranza: la “Hugo”10.
3.4
MANUALE D’USO Pubblicato nel 1936, con successive edizioni annuali, descrive col rigore e la precisione maniacali ogni aspetto e dettaglio dell’iconografia del partito: loghi, caratteri, bandiere, insegne e quant’altro. La struttura burocratica del
10. Raffaele BRILLI, HUGO BOSS CASA DI MODA: VESTIVA ADOLF HITLER E LE SS, in The Different group (internet), http://www.thedifferentgroup.com/2016/08/16/hugo-boss-casa-di-moda-hitler/, 16 agosto 2016
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partito era complessa: l’identità del partito era controllata da un ente, l’identità nazionale da un altro, lo stesso Goebbels, ministro della propaganda, non si occupava dei simboli e della grafica. Sebbene il suo ministero avesse un ufficio di design, questo si occupava principalmente del materiale di propaganda. Lo stesso Albert Speer, l’architetto di Hitler e designer degli eventi del partito, non se ne occupava: il suo ufficio era dedicato alla spettacolarizzazione del brand. La gestione della svastica era responsabilità di Robert
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Ley, capo del Deutsche Arbeitsfront (DAF, il fronte del lavoratori tedeschi) e del Kraft durch Freude (KdF, letteralmente forza attraverso la gioia). Noto per essere un forte bevitore, l’ex redattore del quotidiano antisemita Westdeutsche Beobachter non era un designer o un art-director ma si guadagnò la fiducia di Hitler grazie alla sua lealtà. Oltre all’aver co l l a b o ra to al progetto “Volkswagen”, tra i suoi “successi” può vantare l’aver ottenuto la responsabilità del manuale in questione, 550 pagine rilegate in tela rossa diventate lo stan-
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dard de-facto dell’iconografia nazista11. Steven Heller (1950), autore tra gli altri di “The Swastika, a Symbol Beyond Redemption?” e di “Iron Fists: Branding the 20th Century Totalitarian State”, in un’intervista rilasciata alla Cbs12 rivela di essere stato in grado di risalire ad una delle poche copie rimaste in un mercato d’antiqua-
riato di New York ($1200), sebbene ci fossero solo voci riguardo la sua esistenza. Oltre a ribadire l’accuratezza del manuale per stabilire ogni aspetto visivo della vita dei tedeschi, attribuisce a Hitler il forte volere e l’ossessione a stabilire le regole estetiche e non al partito tout-court e alla forte natura gerarchica dell’organizzazione la vera ancora di salvezza per
11. Traduzione di NAZI GRAPHIC DESIGN MANUAL, in Faculty Law University of Alberta (internet), http://ualbertalaw.typepad.com/faculty/2011/02/nazi-graphic-design-manual.html, 10 febbraio 2011
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la salvaguardia e l’efficacia della svastica e di tutti gli altri marchi, simboli e palette di colori da dover utilizzare. Infatti, oggi, capita molto spesso che i designers si ritrovino ad aver commissionato un lavoro che a sua volta è stato commissionato precedentemente, questa modalità di lavoro a rete trova la sua maggiore espressione grazie ad internet e poco
ha a che fare con la gerarchia nazionalsocialista che consentiva una rigida ed univoca impostazione di tutto il progetto grafico. Inoltre una tale accuratezza dei dettagli è lontana anni luce da un qualsiasi designer di oggi. Facendo un paragone con gli stati odierni, Heller nota come alcuni governi si avvicinano non tanto alla cura del brand istituzionale, come
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→ dal Centro di documentazione sul Nazismo, Monaco di Baviera https://www.ns-dokuzentrum-muenchen.de/home/
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fece il Terzo Reich, ma piuttosto ad alcune regole stringenti riguardo al suo utilizzo. Tuttavia viene evidenziato come un manuale così complesso ed articolato a volte presenta delle disomogeneità dovuta al numero elevato di designer (con diverso talento) e dipartimenti che ne avevano in carico parti di esso12.
XX secolo. Durante questo tempo entrambi i caratteri assunsero in Germania connotati ideologici, il che diede luogo a lunghe ed astiose dispute su quale fosse il carattere “corretto” da usare. Storicamente la disputa ha origine dai differenti utilizzi di questi due caratteri in alcuni testi intellettuali; per i testi latini, venivano normalmente usati i caratteri Antiqua, mentre quelli Fraktur erano usati di preferenza per i lavori scritti in tedesco. In ANTIQUA origine questo non aveva vs FRAKTUR altro significato che quello In molti paesi europei i di convenzione. caratteri gotici, come la scrittura Fraktur sparirono L’apice in questa disputa dopo la creazione dei ca- fu raggiunto per la prima ratteri Antiqua. Al contra- volta nell’anno 1800, un rio in Germania entrambi periodo nella storia della i caratteri coesistettero Germania in cui si tentò fino alla prima metà del per la prima volta di defi-
3.4
12. Intervista da http://www.cbsnews.com/news/hitler-as-art-director-what-the-nazis-style-guide-says-about-the-power-of-design/
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nire quali valori culturali fossero comuni a tutti i tedeschi. Vi fu un grande impegno per definire i canoni della l e t t e ra t u ra nazionale tedesca — ad esempio per la raccolta di fiabe dei fratelli Grimm — e di creare una grammatica tedesca unificata13. Nel contesto di queste discussioni, i due caratteri tipografici furono sempre più
e fu ritenuto rappresentante di caratteristiche come “superficiale”, “leggero”
e “poco serio”. In alternativa il Fraktur, con la sua scrittura “nera” e densa, fu identificato come portatore delle virtù tedesche quali profondità e sobrietà14. Durante il Romanticismo, dal quale il Medioevo veniva glorificato, la scrittura Fraktur ebbe schierati: l’Antiqua venne in più la (storicamente visto come “non–tedesco” scorretta) interpretazione
13. Christina KILLIUS, DIE ANTIQUA-FRAKTUR DEBATTE UM 1800 UND IHRE HISTORISCHE HERLEITUNG. Harrassowitz Verlag, Wiesbaden, 1999. 14. Silvia HARTMANN, FRAKTUR ODER ANTIQUA: DER SCHRIFTSTREIT VON 1881 BIS 1941. Lang, Frankfurt am Main u.a. 1998.
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→ http://retinart.net/typography/blackletter/ntrum-muenchen.de/ home/
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di rappresentante del gotico tedesco. La madre di Goethe consigliò il figlio, che utilizzava l’Antiqua, di rimanere — “per amor di Dio” — tedesco anche nella scrittura delle sue lettere (il quale, naturalmente, riprese ad usare la Fraktur).
lamente basati su una percezione storica e culturale ma anche sul fatto che la Fraktur veniva considerata più adatta per la stampa in tedesco e in altre lingue germaniche, essendo più leggibile dell’Antiqua per questo scopo. Una pubblicazione del 1910 di Adolf Otto von Bismarck fu un Reinecke, Die deutsche forte sostenitore dei ca- Buchstabenschrift, rivenratteri tedeschi. Rifiutava dicava i seguenti vantaggi di ricevere in dono libri te- della scrittura tedesca: deschi in caratteri Antiqua e li restituiva al donatore • La scrittura tedesca è con questa frase Deutsche una vera scrittura per la Bücher in lateinischen Bulettura: è più leggibile, chstaben lese ich nicht! cioè le figure delle lettere (Non leggo libri tedeschi sono più chiare rispetto in lettere latine! - citata da alla scrittura latina. Reinecke)15. La disputa tra l’Antiqua e la Fraktur continuò nel XX secolo. Gli argomenti a favore della Fraktur non erano so-
• La scrittura tedesca è più compatta nella stampa, il che è un vantaggio per un rapido riconosci-
15. Albert KAPR, FRAKTUR, FORM UND GESCHICHTE DER GEBROCHENEN SCHRIFTEN. Verlag Hermann Schmidt, Mainz 1993.
201
mento delle lettere mentre si legge.
usata come scrittura ornamentale.
• La scrittura tedesca è maggiormente adatta per la lingua tedesca, così come è più adatta alle caratteristiche del tedesco rispetto alla scrittura latina.
• La scrittura tedesca rende facile agli stranieri l’apprendimento del tedesco.
• La scrittura tedesca non causa miopia ed è più salutare per gli occhi rispetto alla scrittura latina. • La scrittura tedesca è più adatta allo sviluppo; la scrittura latina è incisa nella roccia. • La scrittura tedesca può essere letta in tutto il mondo, in quanto viene
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• La scrittura latina sta perdendo gradualmente la sua funzione di scrittura internazionale a causa del successo del mondo anglosassone (in questo punto l’autore afferma che gli anglosassoni del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Australia sono ancora abbastanza “germanici” per annichilire il sogno degli scriventi in latino di un “mondo a scrittura latina”). • L’utilizzo della scrittura latina per la lingua tede-
→ http://retinart.net/typography/blackletter/ntrum-muenchen.de/ home/
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→ http://retinart.net/typography/blackletter/ntrum-muenchen.de/ home/
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sca aiuta l’infestazione voti15. Il carattere Fraktur da parole straniere. ebbe un uso fortemente diffuso durante il periodo • La scrittura tedesca nazista. Dopo essere stato non impedisce la diffu- propagandato come il solo sione della lingua e della autentico esempio di scritcultura tedesca in altri tura tedesca fu vietato nel 1941 con un Schrifterlass paesi. (decreto sulla scrittura) e Il 4 maggio 1911 un picco dichiarato Schwabacher (“scrittura nella controversia fu rag- Judenlettern 16 giunto durante un voto al giudaica Schwabacher”) . Reichstag. La Verein für Si suppone che la ragione Altschrift (‘società per l’an- di questo cambiamento tica scrittura’) che soste- d’idea sia stato il fatto che neva l’Antiqua sottopose l’Antiqua era molto più una proposta per rendere comprensibile per i popol’Antiqua il carattere uffi- li che vivevano nelle aree ciale (il Fraktur era stato occupate, mentre il caratil carattere ufficiale della tere Fraktur non era molto fondazione dell’Impero te- conosciuto al di fuori dei desco) e di non insegnare paesi di lingua tedesca. più la Kurrent tedesca nel- Questa ipotesi è contradle scuole. Dopo un lungo, detta dal fatto che i nazisti e in alcuni momenti acce- abbiano stampato libri, so, dibattito la proposta fu giornali e vari testi destinarespinta per 85 contro 82 ti all’estero in Antiqua per 16. Robin KINROSS, TIPOGRAFIA MODERNA, Londra, Stampa Alternativa, 2005.
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molto tempo. Di conseguenza, sarebbero stati in grado di stampare tutto il necessario alle zone occupate in Antiqua senza che ci fosse bisogno di cambiare lo stile di carattere in uso nelle zone di lingua tedesca. Verosimilmente fu Adolf Hitler la causa del divieto. Sembra, infatti, che avesse in antipatia il font Fraktur, come dimostra la seguente dichiarazione fatta al Reichstag nel 1934: «La vostra dichiarata intenzione di internalizzazione del gotico non si adatta a questa età di acciaio e ferro, vetro e cemento, bellezza femminile e forza maschile, di alzate di testa ed intenzioni provocatorie… Fra un centinaio d›anni la nostra lingua sarà
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la lingua europea. Le nazioni dell›est, del nord e dell›ovest che vorranno comunicare con noi impareranno la nostra lingua. Il prerequisito per ciò: la scrittura denominata gotica sarà sostituita dalla scrittura fino ad ora denominata latina… » Il decreto di Bormann del 3 gennaio 1941, inizialmente, proibiva l’uso dei soli caratteri gotici. L’utilizzo della Kurrent (gotico corsivo) fu proibito da una seconda circolare, così come quello della Sütterlin, che era stato introdotto solo dagli anni venti. Dall’anno accademico 1941/42 in avanti della sola Normalschrift (“scrittura normale”) fu permesso l’uso e l’insegnamento, il quale a questo punto veniva già
insegnato assieme alla scrittura Sütterlin sotto il nome di “scrittura latina”. In ogni caso la Kurrent rimase ancora in uso fino al 1945 sulle insegne delle SS (nomi delle Divisioni–SS ecc.) e in alcuni altri casi17. → (immagine fine capitolo) Decreto di Martin Bormann del 3 gennaio 1941 che impone l’Antiqua (“Normal-Schrift”) come carattere ufficiale. “... Vi annuncio quanto segue, per ordine del Führer: È falso considerare il cosiddetto carattere gotico come carattere tedesco. In realtà, il cosiddetto carattere gotico è costituito da lettere Schwabacher ebrei. Proprio come in seguito è venuto a
possedere i giornali, gli ebrei che vivono in Germania, possedeva anche le macchine da stampa ... e quindi avvenne l’uso comune in Germania di lettere Schwabacher ebrei. Oggi il Führer ... ha deciso che tipo di Antiqua deve essere considerato come il tipo di carattere standard. Nel corso del tempo, tutto il materiale stampato deve essere convertito in questo tipo di carattere standard. Questo avverrà il più presto possibile in materia di libri di testo scolastici, solo lo script di serie sarà insegnato in paese e scuole primarie. L’uso di Schwabacher-ebrei lettere da parte delle autorità sarà in futuro cessate. I certificati di nomina per i
17. Adolf REINECKE, DIE DEUTSCHE BUCHSTABENSCHRIFT: IHRE ENTSTEHUNG UND ENTWICKLUNG, IHRE ZWECKMÄßIGKEIT UND VÖLKISCHE BEDEUTUNG, Leipzig, Hasert, 1910.
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funzionari, i segnali stradali e la volontĂ come in futuro essere prodotti solo in caratteri standard di ... Firmato, M. BormannÂť Ironia della sorte, questo documento fu stampato con la carta intestata nazista, ovvero in Fraktur.18
18. AA.VV, 1941: THE NAZIS BAN JEWISH FONTS, in alphahistory.com, http://alphahistory.com/pastpeculiar//1941-nazis-ban-jewish-fonts/ consultato il 30 dicembre 2016.
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A P P R O F O N D I M E N T O
Gleichschaltung Fu un processo di «normalizzazione» nazista delle Germania. La retorica del partito è entrata in ogni aspetto della vita tedesca, dal semplice disposizione dei sacchi della spazzatura agli standard di stampa e della grafica. Come mostrato nella pubblicazione Graphics Yearbook del 1939, non publicato dall›organizzazione del partito nazionalsocialista, l›estetica nazista fu introdotta con dati di fatto. Soltanto guardando gli esempi delle stampe delle insegne delle SS o delle SA giustapposte ,come qualsiasi altra cosa, con inserti pubblicitario di varia natura. Viene presentato anche, in questo volume, i caratteri da utilizzare, quelli del Volk, bandendo quelli «moderni»1. La banalità del male si annida in ogni atto del Terzo Reich, che rende normale l›affiliazione della cittadinanza alle volontà del regime.
1 Steven HELLER, THE NORMALIZATION OF NAZI GRAPHICS, in Printmag (internet), http://www.printmag.com/design-books/normalization-nazi-graphics/ 6 ottobre 2016
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Conclusioni
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CONCLUSIONI Come un qualsiasi brand odierno, quello del Partito nazionalsocialista punta sulla “promessa”, ovvero tutti quei valori immateriali che risiedono nella mente delle persone a livello individuale e sociale. Le persone si troveranno a riporre fiducia e lealtà verso il marchio, la svastica. Come disse Walter Landor: “Products are created in the factory. Brands are created in the mind.”1 La comunicazione visiva è capace di instillare nell’immaginario collettivo comportamenti e modi di pensare che agiscono nel lungo periodo, che vanno molto oltre i momenti di acquisto e consumo di un
determinato prodotto o servizio. L’attività di persuasione è connaturata nel mestiere di progettista grafico, prendendo informazioni e idee e formandole in comunicazione che coinvolga la sfera personale e collettiva. Indipendentemente dal fatto che il nostro cliente stia vendendo un prodotto o un’ideologia, la ricerca è focalizzata nell’aiutarli a farlo. Si potrebbe sostenere che quest’attività di rappresentanza sia equiparabile a quella degli avvocati: utilizzare le abilità professionali per ottenere il miglior risultato possibile per la committenza e non lasciare che i punti di vista personali influenzino il risultato finale. Eppure, come gli avvocati, si dovrebbero affrontare
1. Approfondimento AAVV, A BRAND IS AN IMAGE, in UK Essays (internet), https://www.ukessays.com/essays/marketing/a-brand-is-animage.php, 23 marzo 2015.
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alcune sfide etiche lungo il processo progettuale. Va da sé che l’attenzione di scelte etiche dei progettisti grafici - oggi molto spesso freelance e quindi interfacciati a diversissime realtà produttive e comunicative - risultano fondamentali per lo sviluppo umano e sociale. Dovrebbero perciò porsi questioni più complesse delle, seppur essenziali, questioni del Cosa comunico? Come? E a chi?. Già nel 1964 nel Regno Unito si affrontò la questione che vide la pubblicazione del First Things First Manifesto a cura di Ken Garland, firmato da altri ventidue designer, in cui tra l’altro dichiara: “By far the greatest effort of those working in the advertising industry are wasted on the-
se trivial purposes, which contribute little or nothing to our national prosperity.”2 Era già chiaro, all’epoca, che il ruolo del designer non poteva limitarsi a rendere “pretty” ciò di cui si occupava, bisognava che ci fosse una maggiore consapevolezza delle responsabilità etiche. Molta della letteratura contemporanea sembrerebbe indirizzata nell’accostare l’etica alla sostenibilità. Ciò è sacrosanto ma non sufficiente a configurare la professione del progettista. La questione è molto più articolata e dovrebbe prevedere e capire che punto un designer deve assumersi la responsabilità per le azioni del cliente e quando un designer
2. Ken GARLAND, FIRST THINGS FIRST MANIFESTO, Londra, 1964. https://maxb.home.xs4all.nl/ftf1964.htm
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dovrebbe prendere una posizione.Forse una delle tante possibilità può essere quella proposta dall’AIGA (American Institute of Graphic Arts), ovvero: essere un citizen-designer3. L’associazione, fondata nel 1914, propone ai suoi associati di essere cittadini prima ancora di essere “solo” designer e vantando oltre i 25.000 membri riesce a creare una circolarità di informazione, casi studio, pratiche e modi di fare volti ad una consapevolezza critica del design come valore culturale per la crescita collettiva. Nello specifico i punti cardine4:
• migliorare lo sviluppo professionale attraverso l’arricchimento delle opportunità di apprendimento a tutti i livelli.
• una maggiore comprensione del valore del design e dei progettisti nel governo, nelle imprese, e nei media.
• rendere gli strumenti e le risorse accessibili a tutti.
• ispirare i designer e il pubblico attraverso la condivisione dei lavori più significativi, che aprano una discussione su questioni urgenti. • organizzare eventi e iniziative per servire una vasta gamma di gruppi di interesse. • definire standard globali e pratiche etiche.
Inoltre, propone la partecipazione attiva alle cause
3. AAVV, NY CITIZEN DESIGNER PLEDGE, in AIGA (internet), http:// aigany.org/news/aigany-citizen-designer-pledge/ , consultato il 10 febbraio 2017. 4. Sezione ABOUT del sito AIGA, http://www.aiga.org/about/ consultato il 10 febbraio 2017.
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politiche tramite l’iniziativa The 2017 Citizen Designer Pledge5 in cui si invitano tutti i designer a mettere in pratica i punti appena enunciati, e non solo, sono coinvolti i gruppi di persone impegnati civicamente che abbiano bisogno di supporto e/o che abbiano voglia di condividere esperienze e
strumenti utili. Anche le aziende sono invitate a partecipare, impegnandosi su almeno due cause civiche all’anno, mettendo a disposizione il personale ed incoraggiando i dipendenti a coinvolgersi maggiormente alla vita collettiva. Indispensabile l’impegno a votare. Sulla stessa scia l’autorevole cri-
5. AAVV, NY CITIZEN DESIGNER PLEDGE, in AIGA (internet), http:// aigany.org/news/aigany-citizen-designer-pledge/ , consultato il 10 febbraio 2017.
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tico e designer Steven Heller, che oltre alla pubblicazione di Citizen Designer: Perspectives on Design Responsibility (2013), in un saggio pubblicato su Design Observer6, dichiara: “Now is not the time to simply make clever posters with witty slogans. (Fun
for the better, it is our job to design alternative streams of credible information that will provide tools—tools for designing alternative social, cultural, and political bulwarks against the social, cultural, and political transformations that will soon be locked in stone if we don’t act.”
yes. Productive, no.) We must believe that since design can serve people
Certamente i risultati delle recenti elezioni USA hanno acuito queste riflessioni,
6. Steven HELLER, AMERICA’S BIG DESIGN PROBLEM, in DesignObserver, http://designobserver.com/feature/americas-big-design-problem/39439, 5 dicembre 2016.
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ponendo come punto centrale la questione di come la comunicazione visiva sia manipolativa o educativa sui temi politici. Non è certamente possibile fare paragoni semplicistici con la propaganda del partito nazionalsocialista degli anni ’30-’40 – la propaganda si è evoluta adattandosi al sistema economico attuale piuttosto che alla politica7; la tecnologia “a portata di tutti” ha consentito un contributo e una diffusione sui social media di contributi visivi (es. meme) che partono dal basso, difficilmente controllabili a livello progettuale ma sicuramente contrastabili attraverso la cultura - ma certamente ci sono dei punti di contatto che riguardano la comuni-
cazione visiva da prendere in considerazione. Per quanto riguarda il web e ciò che in esso viene condiviso/pubblicato, parallelamente alle questioni sollevate dagli esperti di comunicazione visiva, tutto il mondo dell’ICT proprio sull’etica ha una lunga storia alle spalle di una serie di elaborazioni e reazioni relative ad accadimenti in ambito dell’evoluzione delle tecnologie e del modo in cui il loro uso entra e influenza la società attuale, raccolte sotto la voce Computer Ethics. Sovente, vista la rapidità di sviluppo delle tecnologie, si rendono fruibili informazioni e connessioni tra di esse, attività e possibilità, quindi, più rapidamente di quanto si costruiscano dei
7. Traduzione del documentario THE MYTH OF THE LIBERAL MEDIA: THE PROPAGANDA MODEL OF NEWS, intervento di Noam CHOMSKY https://www.youtube.com/watch?v=KYlyb1Bx9Ic 8. Clelia CALDESI VALERI, BENI CULTURALI E INFOSFERA, PROCESSI, METODI, MEDIAZIONE, Tesi di Dottorato in Beni Culturali - XXVII Ciclo, Politecnico di Torino, giugno 2016.
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punti di riferimento per assorbirle ed elaborarle. Questo processo di sviluppo tecnologico e di elaborazione concettuale porta a considerare la possibilità di porsi domande a un livello di analisi antecedente, considerando rete e tecnologie come parti dell’ambiente → vedi nota 11 in cui si vive e che verrà porto al web e alla vastità lasciato alle generazioni dei dati in esso presenti, future.8 11 tanto da affermare: Risulta interessante citare 12 il lavoro di Luciano Floridi9, «the infosphere will have moved from being a way egli afferma infatti: to refer to the space of in«ICTs are actually creating formation to being synona new informational en- ymous with reality. […] We vironment in which future shall be in trouble if we do generations will live most not take seriously the fact of their time»10 così egli leg- that we are constructing ge la particolare situazione the new environment that in cui ci si trova oggi in rap- will be inhabited by future
9. Professor of Philosophy and Ethics of Information Luciano FLORIDI, in Oxford Internet Institute, https://www.oii.ox.ac.uk/people/luciano-floridi/ 10. Luciano FLORIDI, INFORMATION: A VERY SHORT INTRODUCTION, Oxford University Press, Oxford, 2010, p. 14. 11. Clelia CALDESI VALERI, BENI CULTURALI E INFOSFERA, PROCESSI, METODI, MEDIAZIONE, Tesi di Dottorato in Beni Culturali - XXVII Ciclo, Politecnico di Torino, giugno 2016.
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generations»13La relazione e l’interscambio del reale e del virtuale è sempre più evidente e di difficile distinzione, ne consegue che anche la propaganda politica ne sia coinvolta.
di Hillary Clinton alle primarie democratiche.
Mentre, con la sconfitta di Sanders, la campagna democratica abbandonava questo mondo, sulla board /pol/ (politically inLa spinta virale dei demo- correct) del forum 4chan cratici, costruita dai soste- la causa di Trump è stata nitori di Bernie Sanders a sposata dalla corrente pocolpi di “dank memes” - un litica chiamata alt-right: contenuto mediatico vira- una costola della destra le intenzionalmente biz- repubblicana nata ed esizarro – in cui il candidato, stente solamente su inprobabilmente a sua insa- ternet. La destra alternaputa, è diventato, insieme tiva è un agglomerato di a Trump, uno dei protago- concetti populisti, razzisti, nisti di questo mondo. Il xenofobi, omofobi, antipiù grande dei gruppi Fa- femministi e antisemiti cebook a lui dedicati, Ber- che veicola i suoi messaggi nie Sanders’ Dank Meme tramite meme virali. Il più Stash, conta 430mila iscrit- famoso di questi protagoti ed un numero incalco- nisti è “Pepe the Frog”, labile di immagini e video una rana verde dagli occhi potenzialmente virali , si è sgranati, presente nei thresgretolata dopo la vittoria ad di 4chan da almeno 10
12. “Infosfera è un neologismo che ho coniato anni fa sulla base di “biosfera”, un termine che si riferisce a quella limitata regione del nostro pianeta che sostiene la vita. Denota l’intero ambiente informazionale costituito da tutte le entità informazionali (compresi, quindi, anche gli agenti informazionali), le loro proprietà, interazioni, processi e relazioni reciproche. È un ambiente paragonabile al, ma differente dal, ciberspazio (che è solo una delle sue sottoregioni, per così dire), in quanto comprende anche spazi di informazione offline e analogici”
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13. Luciano FLORIDI, FOUNDATIONS OF INFORMATION ETHICS, in THE HANDBOOK OF INFORMATION AND COMPUTER ETHICS, Kenneth E. Himma, Herman T. Tavani, Wiley-Interscience, Hoboken (ÇŠ), 2008, p. 20.
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anni e diventato in questi ultimi mesi un simbolo della campagna elettorale di Donald Trump, tanto da essere inserito dalla Anti-Defamation League tra le immagini antisemite. Secondo il recente studio A Longitudinal Measurement Study of 4chan’s Politically Incorrect Forum
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and its Effect on the Web14, pubblicato ad ottobre 2016, nei mesi estivi del 2016 sono state caricate 2,210,972 immagini, per la gran parte raffiguranti Pepe nelle più svariate forme. La spinta virale di Pepe è stata così potente che il profilo Twitter ufficiale di Donald Trump il 13
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ottobre 2015 ha retwittato una rana a sua immagine e somiglianza già vestita da Presidente degli Stati Uniti. Parliamo da decenni di società dell’immagine. Possiamo facilmente capire come un disegno, spesso muto o accompagnato da poche basilari parole (“feels good man” ) possa raggiungere milioni di persone senza confini, e possa essere declinato in milioni di modi in base alla fantasia degli utenti. Stiamo parlando di una immediatezza e di una sinteticità che un articolo di giornale riguardo Trump - anche qualora fosse pubblicato sul maggiore quotidiano americano - farà fatica ad avere, rimanendo riservato ad un pubblico ristret-
to, probabilmente già intenzionato a votare per la Clinton. Inoltre, un meme sostituisce il divertimento alla difficoltà di un’analisi politica dettagliata. Pepe è un meme ingenuo, che nasce come fumetto nel 2005, e nel 2015 è il meme più utilizzato dell’anno su Tumblr, grazie alla sua capacità di essere facilmente adattato alle esigenze e al piacere grafico di ogni singolo utente. Anche quando diventa il simbolo dell’alt-right, Pepe non è solamente il simbolo dell’alt-right. Resta un meme utilizzato da chiunque, anche solo per esprimere uno stato d’animo o una sensazione. Così Trump - dopo la sconfitta di Sanders - è rimasto
14. Luciano FLORIDI, INFORMATION: A VERY SHORT INTRODUCTION, Oxford University Press, Oxford, 2010, p.p. 17-18.
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l’unico fenomeno virale di queste elezioni americane. Gli anonimi utenti di 4chan nel giro di qualche mese hanno creato una mitologia di Donald Trump senza che questo abbia speso un nichelino. Sarebbe facile catalogarli sbrigativamente come “troll pagati dai repubblicani” per fare campagna elettorale - per usare un adagio ricorrente in Italia - ma sono in realtà centinaia di migliaia di semplici utenti che hanno voluto dare un significato ad una campagna elettorale pessima da entrambe le parti. Una sorta di politica attiva nell’era digitale alla quale è stato avvicinato ogni tipo di aggettivo dispregiativo: irriverente, nazista, sessista, distruttiva, populista. Tutto vero. Ma la destra alternativa
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non esisteva nella scena politica mondiale prima della candidatura di Trump, se non nella mente e nel senso di appartenenza degli utenti di 4chan. Oggi è una corrente di pensiero capace di influenzare l’elezione del Presidente degli Stati Uniti. Uscendo da Facebook, Twitter e altri social “convenzionali”, andando in giro per tutto il resto dell’internet, era chiaro come la rete fosse dalla parte di Trump, c’era un hype incredibile. Meme, gif, video, canzoni si sono moltiplicati esponenzialmente. La vaporwave - che già da qualche anno si afferma come principale corrente musicale ed estetica in rete - si è tinta di arancione come i capelli di Trump
ed ha trovato nel magnate una spinta ulteriore per invadere la rete, entrando nell’immaginario culturale degli utenti. Certo, sulle board come 4chan ottenere dati rapidamente è difficile, i thread espirano dopo alcuni minuti di inattività, gli utenti sono anonimi e non ci sono siti che offrono servizi di statistica come per Facebo-
ok e Twitter. Ma quanti tra opinionisti ed esperti delle elezioni americane sanno cos’è la vaporwave? Quanti hanno seguito il fenomeno di Pepe e l’evoluzione dell’alt-right? Quanti hanno speso anche solo un paio d’ore su /pol/ per capire cosa stava succedendo? Quanto hanno inciso gli scandali informatici della Clinton sull’opinione
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dell’elettorato digitalizzato? In particolare, questo ha portato i giovani sostenitori di Sanders a non votare il Partito Democratico? Eppure già nel periodo della Brexit queste board avevano dato segnali forti. Quando la politica parla alla pancia dell’elettorato, bisogna sapere dove è la pancia dell’elettorato. E ascoltarla. In occasioni come questa, agli utenti di 4chan piace dire “/pol/ was right again”. Ultimamente gliene stiamo dando spesso motivo15. La propaganda politica, peraltro, è oggi per più aspetti assimilabile alla pubblicità commerciale. In primo luogo persegue le stesse finalità di persuasio-
ne, ponendosi come obiettivo generale quello di suscitare un atteggiamento favorevole nei confronti di un determinato soggetto politico e come obiettivo particolare, in occasione delle campagne elettorali, quello di rafforzare o di indurre un’intenzione e, possibilmente, un comportamento di voto a vantaggio di un partito o di un candidato. In secondo luogo utilizza gli stessi mezzi, in particolare la televisione, e fa ricorso ai professionisti della comunicazione pubblicitaria. In terzo luogo, ricorre sempre più spesso alle stesse strategie comunicative, sollevando di conseguenza la questione se vendere un detersivo e promuovere l’immagine di un partito siano sostanzialmente la stessa cosa. In
15. Carlo BRUNELLI, MEME, BOARD E VIRALITÀ: LA RETE LONTANA DAI SOCIAL CHE HA INCORONATO TRUMP, in LaRepubblica (internet), http://www.repubblica.it/speciali/esteri/presidenziali-usa2016/2016/11/12/news/trump_internet_meme_virali_social_4chan-151826943/, 12 novembre 2016.
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quarto luogo, la pubblicità politica, come la pubblicità commerciale, si inserisce in un insieme organizzato e integrato di attività di marketing che hanno lo scopo di conseguire “l’ottimizzazione del numero di militanti, dei contributi finanziari e delle adesioni che devono affluire a un partito, a un programma o a un candidato, tramite l’attivazione di tutti i mezzi necessari per raggiungere un obiettivo fissato preliminarmente in funzione delle aspirazioni dell’opinione pubblica” e, nel caso specifico del marketing elettorale,16 “ottenere che il maggior numero possibi-
le di elettori faccia rifluire i suoi voti su un partito o un progetto politico.”17 Ciò detto implica che fattori come politica, sociologia, tecnologia e comunicazione hanno lo stesso livello di importanza quando si analizza la propaganda, e in questo caso la comunicazione visiva nella propaganda, in ogni epoca storia presa in esame. Di certo c’è che la propaganda stabilisce - o quantomeno rappresentare una chiave di lettura - in che genere di mondo viviamo e l’eccezionale valore della dottrina dominante per spiegare la realtà.18
16. Gianni LOSITO , PROPAGANDA, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it 13 febbraio 2017. 17. Dominique David QUINTRIC SCHROEDER, IL MARKETING POLITICO, Torino, ERI 1979 18. Kurt H. WOLFF, FROM KARL MANNHEIM, Londra, Transaction Publishers, 1951.
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