ACCADEMIA DI BELLE ARTI NAPOLI
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN GRAFICA PROGETTUALE PER L’EDITORIA
Evolution Printing
RELATORE Prof. Ferdinando Fedele
CORRELATORE CANDIDATO Daniele Galasso N° Matricola : 32968
ANNO ACCADEMICO 2009 - 10
Prof. Giuseppe Durante
INDICE :
INTRODUZIONE ………………………………………………………………………..…………….……..pag.1
Capitolo 1 Le origini della stampa ………………………………………………………………………….pag.5
1.1 La Stampa a caratteri mobili….…………………………………………………….pag.9
Capitolo 2 La stampa nell’era industriale …………………………………………………………..pag.14
2.1 Il torchio meccanico ……………………………………………………….……….….pag.15
2.2 La Stereotipia ……………………………………………………………………………...pag.20
2.3 La Litografia ………………………………………………………………………….……..pag.21
2.4 La carta a base di pasta vegetale
……………………………………….......pag.23
Capitolo 3 Nozioni Base sul colore………………………………………………………………….…...pag.24
3.1 Sintesi cromatica additiva e sottrattiva
3.2 CMYK ……………………………………………………………………………………….…..pag.30
………………………………..….pag.28
Capitolo 4 La stampa Offset…………………………………………………………………………………...pag.32
4.1 La struttura della macchina da stampa Offset
4.2 Il gruppo stampa……………………………………………………………………….....pag.40
4.3 La macchina da stampa Offset a foglio…………………………………...pag.47
4.4 La macchina da stampa Offset a bobina ……………………….……….pag.53
4.5 La macchina da stampa Offset Blanket – Blanket ……………..…pag.54
………….……………pag.34
4.6 Il tessuto gommato………………………………………………………………….…..pag.55
Capitolo 5 La Stampa nell’era dell’informazione ……………………………………….…….pag.59
5.1 Principali case costruttrici…………………………………………………….…….pag.63
5.2 Tecnologie HP Indigo©…………………………………………………………….....pag.64
5.4 Le macchine Indigo©………………………………………………………….…..…...pag.68
IDEE E PROGETTI…………………………………………………………………………………….....pag.72 CONCLUSIONI……………………………………………………………………………………….…..….pag.75 BIBLIOGRAFIA …………………………………..……………………………………………………..…pag.79 SITOGRAFIA ………………………………………………………………………………………….……..pag.80
Introduzione Evolution Printing non è un semplice slogan pubblicitario. In tale frase è racchiusa l’intenzione, in questo percorso di studi, di analizzare tutti i vari stadi del processo di evoluzione della stampa dai suoi albori ad oggi. E inoltre di mettere a fuoco quelle che saranno le nuove frontiere della stampa verso il digitale nei prossimi decenni. Perciò complessivamente le parole Evolution (evoluzione) e Printing (stampato) vogliono essere un obbiettivo, da parte mia, di indirizzare tale percorso di studi verso l’analisi di tutti quei processi evolutivi storici, culturali, tecnici e tecnologici che si sono succeduti nei vari secoli nell’ambito della stampa e in generale nell’editoria dal XV secolo in poi. Inoltre particolare attenzione sarà rivolta verso quei moti sociali ed culturali (intercorsi dalla nascita della stampa sino ad oggi) i quali, come vedremo, saranno fulcri principali delle innumerevoli rivoluzioni sociali ed economiche che investiranno l’Europa dall’ invenzione della stampa in poi. Inoltre vedremo come la stampa fù partecipe o, come in certi casi, addirittura sostenitrice di tali rivoluzionari nuovi fermenti rivoluzionari. Il percorso di studi si distreca in cinque capitoli in cui vengono analizzate le principali ere di sviluppo tecnologico della stampa con i relativi dati storici,tecnici, scientifici, tecnologici. Nel primo capitolo vedremo le origini della stampa focalizzando l’attenzione verso quelle necessità storico – culturali che spinsero ed incentivarono Gutenberg verso la formulazione della stampa a caratteri mobili (procedimento di stampa che permise per la prima volta nella storia la riproduzione in serie, in gergo tirature, di opere letterarie o libraie). All’interno dello stesso capitolo vedremo inoltre le principali soluzioni tecniche le quali
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comporteranno il netto passaggio dal manoscritto (simbolo della cultura medievale) al codice simbolo del nascente pensiero umanistico agli inizi del XV secolo. Pensiero umanistico il quale a sua volta sarà precursore del successivo movimento sociale, politico, storico, filosofico ed artistico conosciuto come rinascimento. Sempre nel primo capitolo la carta sarà al centro dell’ attenzione di tali studi in quanto proprio in questo periodo questo particolare supporto darà un importantissimo contribuito allo sviluppo della stessa stampa. Infatti proprio in questo periodo la carta giocò un ruolo fondamentale nell’ Europa di inizi XV secolo in quanto nasceva l’esigenza di sostituire la pergamena (supporto troppo costoso e inadatto ai procedimenti di stampa con uso di torchio tipografico) con un supporto più economico ed adatto a tale scopo, appunto la carta. La quale, in questo periodo, sarà definita bambagina in quanto derivante dalla lavorazione di stracci (preferibilmente bianchi). Nel secondo capitolo (dopo più di tre secoli senza rilevanti evoluzioni tecniche – tecnologiche
nei procedimenti di stampa)
vedremo come la stampa dal XIX secolo in poi sarà proiettata in rapida successione verso l’era industriale. Un’era in cui la stampa stessa, da semplice e rudimentale processo di produzione di testi (o codici), si trasforma in una vera e propria industria. Anche in questo capitolo saranno analizzate le principali soluzioni tecniche, scientifiche e tecnologiche, le quali permetteranno la proiezione della stampa verso procedimenti di produzione industriali attraverso la sostituzione della forza lavoro umana con forza lavoro meccanica (vapore o elettrica). Vedremo inoltre come anche la carta in questo stesso secolo sarà proiettata verso una produzione industriale in cui
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si ha: la sostituzione delle vecchie materie prime (stracci) con paste vegetali provenienti della lavorazione di fibre lignee e la produzione di tale supporto non più in singoli fogli, ma in rotoli continui (chiamati bobine) atti ad alimentare macchinari come le rotative. Nel terzo capitolo invece l’attenzione sarà rivolta verso le nozioni base sul colore e nelle specifico verso le sue formulazioni fisico – chimiche e l’ applicazioni di tali conoscenze nei procedimenti di stampa. Nello specifico ci soffermeremo sui i due principali procedimenti di mescolanza dei colori primari, ovvero per sintesi cromatica additiva ed sottrattiva, i quali vengono utilizzati oggi giorno, in generale nelle arti grafiche, e nel caso specifico della sintesi cromatica sottrattiva essa viene adoperata nella stampa. Arrivando quindi alla fine dello stesso capitolo nel spiegare i quattro colori primari che permettono la creazione delle tinte cromatiche nei procedimenti di stampa, ovvero i famosi colori CMYK (Cyano, Magenta, Yellow, Black). Nel quarto capitolo analizzeremo la stampa Offset (principale procedimento di stampa oggi in uso) figlio delle formulazioni scientifico – tecniche avvenute già agli inizi del XIX secolo con la tecnica della litografia. Successivamente vedremo i principali componenti che compongono
una macchina
da
stampa
Offset.
I
quali consistono
principalmente nella struttura e nei gruppi di cui tali macchinari sono composti (gruppo ingresso,gruppo stampa,gruppo inchiostrazione,gruppo bagnatura,gruppo d’uscita). Nel dettaglio andremo a spiegare le funzioni base dei vari componenti, i quali variano le proprie caratteristiche funzionali in base alle differenti tipologie di macchinari da stampa Offset (a Foglio, Bobina, Blanket – Blanket). Le quali a loro volta si differiscono per le
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differenti necessità di produzione, in numero di tirature, e di operatività. Inoltre particolare attenzione sarà rivolta verso uno dei principali componenti che compongo il gruppo stampa chiamato “tessuto gommato” il quale e addetto al trasferimento fisico dell’immagine, o meglio dire grafismi, dalla lastra (o matrice) al supporto cartaceo (sia esso foglio o bobina). Nel quinto capitolo è ultimo capitolo vedremo invece i principali motivi che hanno costretto la stampa (tra la fine del XX secolo e l’inizio del XIX secolo) verso procedimenti di stampa digitali. L’accanita concorrenza di mezzi di comunicazione di massa (Televisione, Internet) e degli ultimi strumenti come gli “E-book readers” , abbia costretto la stampa (per non tramontare del tutto) a spingersi verso una nuova fase di sviluppo tecnologico. In questo particolare passaggio i componenti della tradizionale stampa Offset verranno fusi con componenti derivanti dalla comune stampa digitale (quella adoperata nelle comuni stampanti che abbiamo in casa). Vedremo inoltre le principali case costruttrici di tali nuove e rivoluzionarie tecnologie soffermandoci ad analizzare la casa costruttrice americana HP© la quale attraverso il suo settore “Arti Grafiche” produce le tecnologie per la stampa offset digitale conosciute con il nome di HP Indigo© . Il nome di tali tipologie di macchinari deriva dalla fusione della stessa HP© con la casa produttrice di tecnologie di stampa digitale Indigo© avvenuta nei primi anni del XX secolo. Analizzeremo le straordinarie tecnologie formulate negli ultimi anni dalla casa HP Indigo© (ElettroInk©, Thermo InkJet©, ecc…) grazie anche all’aiuto di contenuti multimediali fornitemi dalla stessa HP©. Inoltre saranno analizzati i principali modelli costruiti dalla stessa azienda americana progettati ognuno per uno
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specifico settore merceologico dell’editoria. Quindi in grado di soddisfare l’esigenza di una stampa a bassissimo e con qualità digitale nelle piccole,medie e grandi tirature.
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Capitolo 1 Le origini della stampa L’evoluzione della stampa, così come oggi noi la conosciamo, parte dalla geniale invenzione di un noto uomo d’affari del XV secolo d.C, Johann Gutenberg. Egli, attraverso la sua rivoluzionaria invenzione “la stampa a caratteri mobili”, permise la nascita del concetto di stampa ovvero riproduzione in serie, in gergo tirature, di opere letterarie. La stampa a caratteri mobili sarà un’invenzione che determinerà e rafforzerà i profondi mutamenti sociali ed artistici di questo particolare periodo storico, contribuendo all’affermazione del nuovo pensiero nascente, conosciuto come umanesimo. Umanesimo che sarà alla base del successivo pensiero rinascimentale di inizio XV secolo. In quest’epoca avviene la riscoperta degli antichi testi classici dopo un lungo periodo di oscurantismo medioevale che spinge sempre più persone verso la letteratura classica e le grandi opere del passato (da Cicerone a Vitruvio sino agli antichi testi greci). E proprio dagli studi di questi antichi testi classici nascerà l’umanesimo ovvero il riposizionamento dell’uomo al centro della sua attenzione e dei suoi studi, quindi uomo al centro dell’universo. Ovvia era quindi l’esigenza di un nuovo modo di approdare alla cultura, e soprattutto alla lettura, più economico ed pratico a differenza degli antichi manoscritti medioevali. Ecco che quindi il perfetto abbinamento tra la stampa a caratteri mobili e la carta (invenzione che ebbe un enorme uso proprio in questo periodo) sarà risposta più efficace all’esigenza di un numero sempre maggiore di persone , provenienti dai più
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svariati ceti sociali, nell’accedere alla lettura. Perciò la stampa a caratteri mobili sarà la principale invenzione a sostegno della rivoluzione culturale umanistica, la quale però a sua volta senza il valido contributo di un’altra straordinaria invenzione come la carta, non si sarebbe mai potuta avverare1. Prima di questo importante supporto per la scrittura si erano succeduti nel tempo due principali supporti: il papiro e la pergamena. Il papiro proveniva dal delta del fiume Nilo (Egitto) ed era composto da una particolare canna che si sviluppava solo in quella determinata zona geografica e veniva lavorata attraverso vari passaggi di taglio di disposizione delle lamelle e di essicazione.
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
La pergamena invece, molto utilizzata in epoca medioevale, proveniva dalle pelli di animali come montoni, capre, vitelli, che in seguito venivano lavorate attraverso processi di pulizia dai peli (con particolari coltelli molto affilati),
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Jean-François Gilmount, Dal Manoscritto all’Ipertesto, 2006, Le Monnier Università
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sgrassatura nella calce e messe poi ad asciugare su di un telaio in modo da tenerle costantemente in tensione2.
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
La carta scoperta in Cina nel I secolo d.C, ma introdotta in Europa solo nel XII secolo (in Spagna) dagli Arabi, grazie al suo basso costo di lavorazione, diventerà il principale supporto di riferimento. La prima versione di carta era quella definita bambagina ovvero proveniente dalla lavorazione di vecchi stracci preferibilmente bianchi. Attraverso vari passaggi di macinazione degli stracci si aveva il casso o cascio (pasta derivante dalla macinazione degli stracci), si passava poi al pescaggio di questa pasta attraverso appositi setacci composti da sottili fili d’ottone (vergelle) e infine la carta subiva vari passaggi di essiccatura ed immersione in colle animali (per renderla nello stesso momento capace di far aderire l’inchiostro ma di non assorbirlo completamente, evitando l’effetto carta assorbente). Alla vendita i fogli
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Jean-François Gilmount, Dal Manoscritto all’Ipertesto, 2006, Le Monnier Università
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venivano racchiusi in confezioni da 5 fogli chiamato “quinterno” e da 500 fogli chiamati “risme”3.
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Analizzato bene quindi il periodo storico e gli elementi base che favorirono lo sviluppo non solo della stampa ma anche dello stesso umanesimo possiamo intuire che l’invenzione in questione (la stampa a caratteri mobili) non deve essere inquadrata unicamente come frutto della geniale invenzione di un imprenditore dell’epoca, ma di una esigenza nell’avere un processo di produzione editoriale (seppur ancora molto rudimentale) che permettesse una sempre maggiore quantità di tirature di un’opera a costi contenuti ed accessibili a sempre più classi sociali e ad un potenziale pubblico. Nel prossimo paragrafo vedremo come la stampa a caratteri mobili si è sviluppata e analizzeremo i suoi aspetti tecnici. 1.1 La stampa a caratteri mobili Prima di analizzare l’aspetto tecnico di questa importante invenzione, è però giusto inquadrare l’ambito in cui essa si è sviluppata. Johann Gutenberg era possessore di una fabbrica di specchi, dove con molta probabilità produceva 3
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appunto questi specchi attraverso l’utilizzo di una fustella; quindi si può facilmente intuire che tale procedimento di lavorazione abbia favorito in lui una propensione verso un concetto di lavorazione in serie dei propri prodotti. Nel periodo compreso tra il 1444 e il 1448 Gutenberg sarà impegnato in parecchi viaggi tra Magonza, sua città natale, e Strasburgo. Dove comincerà nella formulazione ai vari prototipi della sua invenzione, per poi arrivare alla sua formulazione definitiva nel 1454 a Magonza. Questo periodo, in cui Gutenberg si interessa alla formulazione dei suoi prototipi, ci è testimoniato dai problemi finanziari che lo stesso Gutenberg si trovò ad affrontare e che causeranno parecchi scontri con i propri soci. Finita la stampa della prima copia della famosa Bibbia di Gutenberg (prima al mondo prodotta con tale tecnica di stampa) si separò dal suo storico socio Johann Fust e fondò con Peter Schoofer la prima tipografia al mondo. La separazione dal suo precedente socio fa intuire che i costi di stampa della prima copia della Bibbia avevano superato le entrate e ciò fa dedurre che alla sua formulazione finale la stampa a caratteri mobili necessitava ancora di un lungo periodo di perfezionamento4. Passando ora all’aspetto tecnico: il torchio tipografico era stato elaborato da una base già esistente infatti e un’ elaborazione del torchio comunemente utilizzato per la produzione del vino e dell’olio, naturalmente riadattandolo per il nuovo scopo.
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Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Elementi base di questa stampa erano i caratteri mobili o meglio dire i caratteri tipografici. Il carattere tipografico era un parallelepipedo a sei facce alla cui estremitĂ era presente la lettera o il carattere prestabilito inciso in precedenza, ed era composto da una lega metallica che comprendeva dal 59 al 80% di piombo, dal 19 al 29% di antimonio e dal 1 al 17% di stagno. La loro fabbricazione era semplice consisteva nel creare un punzone in acciaio, primissima versione del carattere, che veniva ulteriormente temprato per renderlo ancora piĂš resistente per futuri riutilizzi e sulla cui estremitĂ era presente il carattere o per meglio dire il disegno in rilevo del carattere prestabilito. Il punzone poi veniva battuto su di una matrice in rame, molto duttile e ottima per ricavarne un calco, e in seguito sul calco veniva posto un apposito modulo in legno, regolabile, chiamato stampo di fusione in cui veniva colata la lega metallica descritta prima.
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Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Finito tutto ecco che avevamo il nostro carattere tipografico. I caratteri prodotti in quest’epoca acquisirono da subito caratteristiche e sistemi di misurazione che saranno la base per tutte le future serie di caratteri formulati nei secoli successivi. Tali elementi base per la misurazione delle caratteristiche tecniche dei caratteri consistono: nell’altezza tipografica (la quale doveva essere identica per tutti i caratteri appartenenti alla stessa serie), il corpo (misura verticale delle lettere, comprese aste e gambe), l’occhio (misura della parte stampante), la spalla (i bordi superiori ed inferiori che formano l’interlinea) e l’avvicinamento (lo spazio che intercorre tra le varie lettere)5. Bisogna aprire adesso una piccola parentesi su questo particolare ambito della grafica editoriale. Molti grandi personaggi passati alla storia nell’ambito della grafica si distinsero proprio nella produzione di particolari
serie
di
caratteri
che
diventeranno
colonne
portanti
di
quest’ambito. Nomi come Baskerville e Didot, quest’ultimo utilizzato oggi giorno come unità base per le scale di valori dei caratteri tipografici prima citate, e molti altri formuleranno serie di caratteri divenuti molto famosi, caratteri che ancora oggi noi usiamo. Tornando ora alla stampa a caratteri 5
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mobili, una volta analizzato l’aspetto dei caratteri tipografici andiamo a visionare gli elementi che componevano il torchio tipografico. Il torchio era composto da: platina, timpano, carrello porta forma. Il procedimento era semplice: due distinti operai erano addetti alla battitura e alla inchiostratura, ovvero uno addetto alla preparazione della forma per la stampa e l’altro per il processo di stampa vero e proprio. La forma veniva precedentemente inchiostrata dall’inchiostratore e posta sul carrello porta forma ed inserita all’interno del torchio. Poi si posizionava il foglio sul timpano (piano del torchio) su cui veniva messa la fraschetta (pergamena in cui sono state ritagliate finestre corrispondenti allo specchio di stampa) che serviva a proteggere i margini del foglio da sbavature di inchiostro. Quando tutto era pronto, i battitori con molta forza tiravano la leva che permetteva alla platina di imprimere la forma composta sul foglio. La forza era tale che permetteva ai battitori di stampare solo metà foglio alla volta 6. Inoltre va detto che a questa importante invenzione furono collegate altrettante migliorie tecniche che permisero sempre una maggiore qualità della stampa. Tra di esse l’aggiunta negli inchiostri per la stampa di sostanze grasse che rendevano l’inchiostro più compatto, ciò per evitare sbavature durante le fasi di stampa e consentire tempi di asciugature ridotti7. Tale tecnica di stampa sarà un procedimento di stampa utilizzato per i successivi tre secoli senza notevoli modifiche sino a essere sostituito agli inizii del XIX secolo in cui si passerà, nella stampa, dall’era dei torchi manuali a quella dei torchi meccanici.
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Capitolo 2 La stampa nell’era industriale Come accennato in precedenza, per più di tre secoli dalla sua formulazione, la stampa a caratteri mobili verrà adoperata come unica tecnica di stampa senza notevoli migliorie tecniche8, ciò fino all’inizio del XIX secolo. In quest’epoca così come era già successo nell’umanesimo, ci saranno delle importanti rivoluzioni economiche – sociali - politiche che proietteranno buona parte del mondo verso l’era industriale, non a caso in quest’epoca parliamo di 1° e 2° rivoluzione industriale. Le trasformazioni che coinvolgeranno i paesi in via di industrializzazione saranno caratterizzate da grandi scoperte scientifiche e formulazioni tecnologiche che rivoluzioneranno tutti i settori produttivi. Ambiti come la siderurgia, l’agricoltura e il tessile saranno radicalmente rivoluzionati da questa nuova ondata di innovazioni tecnologiche9.Assistiamo
quindi
complessivamente
ad
un
radicale
cambiamento del concetto di produzione, passando dalla produzione manuale (attraverso forza lavoro umana) a quella industriale (attraverso utilizzo di macchine alimentate da energia meccanica vapore o elettrica). Come vedremo anche l’editoria verrà profondamente rivoluzionata da nuove scoperte
scientifiche
e
formulazioni
tecnologiche
che
renderanno
quest’ambito definitivamente e sotto tutti gli aspetti una vera e propria industria. Un’industria che come le altre volge la sua attenzione verso la produzione di propri prodotti editoriali con articolati processi industriali. Nei 8
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http://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_industriale
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prossimi paragrafi vedremo i nomi e le invenzioni delle persone che segneranno la stampa in questo periodo, analizzeremo le soluzioni tecnologiche formulate nei loro aspetti tecnici e tecnologici. Inoltre vedremo come tali scoperte rendereranno sempre più veloci ed economici i processi di stampa. In ordine vedremo il torchio meccanico,la stereotipia, la litografia ed infine la carta che passa da una produzione artigianale (attraverso vecchi stracci) ad una industriale (attraverso polpe derivanti da legni o graminacee varie). 2.1 Il Torchio Meccanico Prima di inoltrarci negli aspetti tecnici della innovazioni tecnologiche formulate in questo periodo, va detto che nell’industria in generale, per soddisfare l’esigenza di una sempre maggiore produttività, si focalizza l’attenzione verso la sostituzione dei movimenti presenti all’interno del processo produttivo ottenuti attraverso l’utilizzo di forza lavoro umana con altrettanti processi produttivi ottenuti da macchinari alimentati da energia meccanica vapore o elettrica10 diminuendo drasticamente i costi e i tempi di produzione. Elemento di spicco di tale rivoluzione nell’ambito industriale è il torchio meccanico. In seguito vedremo che tale invenzione,così come già era successo per la stampa a caratteri mobili, è sostenuta da altrettanti procedimenti e soluzioni tecniche. Per quanto riguarda il torchio meccanico bisogna specificare che tale invenzione è generata dal succedersi in precisi ambiti storici di piccoli, ma fondamentali accorgimenti tecnici, che man mano
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modificheranno il modo con cui si stampa. Infatti gli storici suddividono il lento processo di evoluzione delle stampa, ottenuta attraverso l’utilizzo prima del torchio manuale poi di quello meccanico, in tre principali fasi di sviluppo. Nella prima fase abbiamo il concetto di stampa “Piano contro Piano” (essenzialmente la stampa a caratteri mobili), nella seconda “Piano contro Cilindro” e nella terza e ultima fase “Cilindro contro Cilindro” (quella oggi in uso).
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Nelle tre distinti fasi che andremo ad analizzare vedremo come i piccoli accorgimenti tecnici saranno fondamentali per i successivi sviluppi dei processi di stampa e vedremo come essi contribuiranno all’affermarsi dell’attuale processo di stampa oggi in uso “Cilindro contro Cilindro” 11. Nella prima fase ci troviamo nel 1781 e coloro che apporteranno le prime modifiche tecniche al torchio manuale saranno Didot ed Anisson. Entrambi mettono appunto delle migliorie tecniche che permettono al torchio tipografico di Gutenberg di imprimere l’intero foglio tipografico con un unico colpo di leva.
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Cosa che in precedenza, come abbiamo visto, era assolutamente impossibile.
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Nella seconda fase invece sarà William Nicholson a modificare radicalmente il concetto di stampa mettendo a punto nel 1790 il rullo inchiostratore che da lì in poi sarà un elemento fondamentale nei processi di stampa sviluppati successivamente. Il rullo inchiostratore porta con sè due principali modifiche strutturali al processo di stampa, in quanto tale invenzione rende le figure dell’inchiostratore e del battitore non più necessarie. La seconda modifica, importantissima, che il rullo inchiostratore effettua al momento della sua formulazione consiste nell’aprire una nuova fase intermedia tra il concetto di stampa “Piano contro Piano” e “Cilindro contro Cilindro”. In questa particolare fase intermedia i grafismi12 vengono impressi sul foglio attraverso una forma stampante, che in questa fase è ancora in piano, e con il rullo inchiostratore che nel suo movimento di andi rivieni permette l’impressione su tutto il foglio da stampare.
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Per contrografismo (o bianco tipografico) si intende la parte "vuota" della matrice di stampa che corrisponde alle aree bianche dello stampato. Analogamente, il grafismo è la parte della matrice che stamperà caratteri o immagini sullo stampato (pagina, tessuto, superficie, eccetera). http://it.wikipedia.org/wiki/Contrografismo
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Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Successivamente il rullo inchiostratore diventa elemento fondamentale nei processi di stampa “Cilindro contro Cilindro”; infatti nel momento in cui la forma da stampante passerà da un’applicazione in piano ad essere applicata direttamente su di un cilindro, attraverso tecniche come la stereotipia, tale elemento diventerà indispensabile e si evolverà nel famoso rullo in caucciù utilizzato per la stampa offset (il quale analizzeremo nei prossimi capitoli). Nella terza e ultima fase di evoluzione dei processi di stampa si passa definitivamente al concetto di stampa oggi in uso “Cilindro contro Cilindro”. Tale tecnica di impressione costituisce la base tecnologica del torchio meccanico di inizio XIX secolo. L’inventore fu Frederic Koening tra il 1810 e il 1816, il quale formulò il primo prototipo del torchio meccanico. La caratteristica principale di questa tecnologia consisteva nell’impressione del supporto cartaceo attraverso la pressione di due cilindri che costituivano la macchina, il cilindro “Porta Forma” (su cui era applicata la forma stampante) e il cilindro inchiostratore (rullo inchiostratore inserito all’interno di questo complesso processo di stampa)13.
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Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
Per capire meglio ed a fondo l’importanza di questo nuovo modo di stampare, va citata doverosamente la tecnologia formulata proprio all’inizio del XIX, secolo che sarà la colonna portante per le formulazioni e generazioni di macchinari da stampa “Cilindro contro Cilindro” sviluppati nei secoli successivi, cioè la Rotativa. Quest’ultima, inventata da Thomas Nelson nel 1851, era alimentata da rotoli di carta ( lo vedremo nel prossimi paragrafi) e permetteva la stampa di ben 10.000 esemplari l’ora (numeri esorbitanti per l’epoca). Essa veniva utilizzata soprattutto per la stampa periodica (quotidiani,riviste,ecc…).
Fonte: Dal Manoscritto all’Ipertesto
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Tale macchina dimostrava come il futuro dell’editoria fosse inevitabilmente proiettato verso lo sviluppo di questo nuovo modo di stampare, che porterà all’affermazione del processo di stampa offset. Infine, come accennato in precedenza, la tecnica base a sostegno dell’impressione “Cilindro contro Cilindro” nella sua prima fase di sviluppo agli inizii del XIX secolo sarà la stereotipia che andremmo a spiegare nel prossimo paragrafo14. 2.2 La Stereotipia La stereotipia sarà una tecnica fondamentale per lo sviluppo delle tecnologie per la stampa formulate nel XIX secolo, messa a punto nel corso del XVI secolo diventerà però fondamentale solo nel XIX secolo. La tecnica della stereotipia nella sua prima fase di utilizzo sarà utilizzata per ricavare un calco delle forme composte tradizionalmente con una particolare matrice in cartonato molle da cui il nome di matrice stereotipica. In seguito, da questo calco si poteva ricavare, attraverso processi di fusione in metallo della matrice stereotipica, il clichè ovvero copia dell’originale forma composta che dopo vari ed eventuali ritocchi poteva essere messa sotto il torchio manuale. L’importanza che questa tecnica acquisì nella sua prima fase di utilizzo è notevole in quanto le tipografie non potendo permettersi di conservare tutte le forme composte delle opere da loro stampate per future ristampe, in quanto sarebbero stati necessari un’ innumerevole serie di caratteri a disposizione delle tipografie e soprattutto degli enormi spazi atti a conservare tali forme. Quindi la stereotipia diventerà, nella sua prima fase, fondamentale
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nelle ristampe di opere letterarie attraverso l’utilizzo del torchio manuale in quanto permetteva alle tipografie di avere sempre a disposizione una copia stereotipica dell’originale forma composta tradizionalmente. I vantaggi dei “cartonati” consistevano nel fatto che occupavano pochissimo spazio ed abbassavano
ulteriormente
i
costi
di
produzione
aumentando
conseguenzialmente la vendita delle ristampe. Nella seconda fase la stereotipia acquisisce ulteriore rilevanza nei processi di stampa attraverso l’utilizzo di torchio meccanico in quanto la matrice stereotipica va a sostituire la forma composta tradizionalmente applicando la stessa direttamente sul cilindro per la stampa. Ciò era possibile grazie al fatto che la matrice era composta da un cartonato molto flessibile e duttile e quindi adatto ad essere applicato anche su superfici come quella del cilindro 15. Infatti da qui in poi il cilindro atto ad ospitare la matrice stampante all’interno del torchio meccanico va ad acquisire il nome di “Cilindro Porta Forma”. Tale elemento va ad aggiungersi al cilindro inchiostratore (precedentemente descritto) che insieme compongono gli elementi base del torchio meccanico. Spiegato ora il contribuito che la stereotipia ha apportato alla stampa col torchio manuale prima e successivamente con torchio meccanico all’inizio del XIX secolo andiamo adesso ad analizzare la rivoluzionaria tecnica dalle cui conoscenze ed esperienze scientifico/tecniche si è sviluppata la stampa Offset, la Litografia.
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2.3 La Litografia La litografia è l’invenzione che sarà la madre dello sviluppo della successiva tecnica di stampa Offset. Infatti quest’ultima affonda le sue radici proprio sulle formulazioni scientifico/tecniche effettuate tra la fine del XVIII secolo e l inizio del XIX secolo con la tecnica della Litografia. Quest’ultima, inventata dal tedesco Aloys Senefeder a Monaco nel 1796, consiste in un tecnica di stampa in piano basata su un fenomeno chimico di repulsione tra sostanze grasse e l’acqua. Il procedimento di stampa è semplice: viene disegnato su di una particolare pietra calcarea, che funge da matrice, il disegno o l’illustrazione da stampare attraverso l’utilizzo di una matita grassa. In questa fase gli acidi grassi della matita si combinano con la superficie della pietra calcarea creando una pellicola aderente che costituisce la parte stampante (o grafismi). Successivamente la pietra viene bagnata con dell’acqua in modo da scatenare la reazione chimica di repulsione che determina un definitivo distacco della pellicola prima descritta dalla parte non stampante rappresentata dalla pietra calcarea. Fatto ciò, con un piccolo rullo viene applicata della gomma arabica che andrà a saldarsi sulle parti non stampanti. Infine quando tutto è pronto verrà applicato l’inchiostro sulla pietra che verrà trattenuto dalle parti stampanti effettuate con matita grassa mentre sarà respinto dalle zone non stampanti in cui è presente la gomma arabica. Da questo procedimento si capisce che l’elemento base, la reazione cardine, su cui si fonda tale tecnica di stampa, che sarà ripresa dalla stampa Offset, è la repulsione chimica tra sostanze lipofile (grassi) ed idrofile (acqua)16. In ultima 16
Jean-François Gilmount,Dal Manoscritto all’Ipertesto,2006,Le Monnier Università
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analisi va detto che con l’avvento della stampa Offset le conoscenze scientifico/tecniche derivanti dalla tecnica della litografia saranno fuse con la tecnologia del torchio meccanico andando a formare la macchina da stampa Offset che oggi noi conosciamo. Va sottolineato che la pietra calcarea, con cui si effettuava la Litografia per adattarsi alla macchina da stampa Offset, sarà sostituita con lastre di zinco o di alluminio trattate chimicamente per avere la reazione chimica di repulsione (questo intorno al 1860) poi successivamente dalla metà del XX secolo (dopo gli anni 50’) saranno invece adoperate lastre bimetalliche sempre trattate chimicamente. 2.4 La carta a base di pasta vegetale Nei primi paragrafi di questo percorso di studi abbiamo già analizzato l’importanza dell’evoluzione nel tempo dei vari supporti per la scrittura e poi per la stampa, che si sono succeduti nel tempo, in ultimo sottolineando l’importanza dell’invenzione della carta nel favorire lo svilupparsi della stampa. Nel XIX secolo anche il supporto cartaceo diventa elemento di studi e sviluppi tecnologici correlati sempre all’ambito della stampa. Queste nuove macchine e questi nuovi metodi di stampa comportavano la creazione di un supporto cartaceo molto più economico di quello precedentemente formulato attraverso l’utilizzo di materie prime come stracci e varie. In più c’è da aggiungere che diventa sempre più difficile la reperibilità di questa materia prima, per cui si fa sempre più spazio l’uso di fibre sintetiche all’interno dell’ambito del tessile. Inoltre nasce l’esigenza di formulare, cosi come era stato per la stampa, processi di produzione meccanici ed automatizzati che
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rendessero la produzione di carta un produzione industriale. Dopo un lungo periodo di sperimentazioni varie, si incominciano ad utilizzare fibre provenienti da legni, paglia o graminacee varie nella produzione della carta. Le fasi che componevano la produzione della carta a base di fibre lignee si componeva in una prima fase in cui le fibre venivano lavorate dall’officina del pisto in cui venivano separate ed isolate le varie fibre. Nella seconda fase invece si passa all’officina delle carta in cui queste fibre si trasformano nel foglio di carta che noi conosciamo. Altra novità importante in quest’epoca è che il prodotto finito non si presentava più unicamente in fogli singoli, ma bensì in rotoli (o Bobine) di carta, rendendo così possibile l’alimentazione dei torchi meccanici continui a cilindro come per esempio la rotativa e più in là l’Offset.17
Capitolo 3 Nozioni base sul colore La luce (in latino lux) compone quello spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano con lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 700 nm (nanometri) e tra i 430 e i 750 Thz di frequenza.
Fonte: Wikipedia 17
Jean-François Gilmount,Dal Manoscritto all’Ipertesto,2006,Le Monnier Università
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Le radiazioni elettromagnetiche superiori a questi valori non sono percepibili dall’occhio umano. Nel caso in cui tali radiazioni superino i 700 nm esse vengono chiamate con il nome di infrarossi, mentre quelle al disotto dei 400 nm vengono chiamate ultraviolette. La somma di tutte le lunghezze d’onda che compongono lo spettro elettromagnetico visibile dall’occhio umano, compone la luce solare chiamata comunemente luce bianca. La luce solare, avendo determinate proprietà fisiche, interagisce con la materia sprigionando i più comuni fenomeni fisici che influenzano o a volte impediscono la ritrasmissione della luce sotto forma di colore. Tra tali fenomeni fisici, quelli che ci interessano maggiormente sono l’assorbimento, la diffusione e la riflessione speculare o diffusa. La riflessione diffusa, che può essere combinata o non con l’assorbimento, ci permette di percepire la materia mettendo in atto quel meccanismo di riflessione di parte della luce che colpisce l’oggetto e si presenta a noi sottoforma di un determinato colore. Il fenomeno della diffusione invece permette la luminosità del cielo all’interno dell’atmosfera terrestre.
Fonte: Wikipedia
Sebbene nei vari secoli sulla luce siano state formulate varie teorie in merito alla sua composizione fisica, oggi giorno la teoria presa in considerazione è
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quella sviluppata dalla meccanica quantistica all’inizio del XX secolo, in cui si descrive la luce come fenomeno fisico composta da pacchetti discreti di energia chiamati fotoni18. Quindi, ciò che comunemente chiamiamo con l’appellativo colore, in realtà è la percezione visiva di determinate radiazioni elettromagnetiche (o fotoni) composte da determinate lunghezze d’onda. Nel meccanismo di percezione umana i fotoni vanno a colpire i fotorecettori che sono specifici organi presenti all’interno dell’occhio umano atti a recepire tali segnali elettromagnetici. Successivamente i segnali vengono inviati al cervello affinché vengano tradotti ed elaborati. Analizzando la percezione umana si scopre che essa avviene in tre distinti fasi in cui, nella prima il gruppo di fotoni arrivano ai fotorecettori attraverso i vari organi che compongono l’occhio umano (umore acqueo, pupilla, cristallino, ecc…) fino ad arrivare a colpire i fotorecettori della retina chiamati bastoncelli o coni. Nella seconda fase gli impulsi vengono elaborati e successivamente compressi in segnali nervosi che verranno trasmessi al cervello attraverso il nervo ottico. Nella terza e ultima fase il cervello ha il compito di interpretare tali segnali nervosi ricevuti. Per comprendere al meglio quali siano le lunghezze d’onda che compongono i colori del nostro spettro visivo, nella tabella seguente si possono osservare quali siano le lunghezze d’onda e le loro frequenze elettromagnetiche che costituiscono il nostro spettro ottico.
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http://it.wikipedia.org/wiki/Luce
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I colori dello spettro di luce visibile
colore
intervallo di lunghezza d'onda
intervallo di frequenza
rosso
~ 700–630 nm
~ 430–480 THz
arancione
~ 630–590 nm
~ 480–510 THz
giallo
~ 590–560 nm
~ 510–540 THz
verde
~ 560–490 nm
~ 540–610 THz
blu
~ 490–450 nm
~ 610–670 THz
viola
~ 450–400 nm
~ 670–750 THz
Fonte Wikipedia
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In ultima analisi va specificato che non tutti i colori che percepiamo posso essere associati univocamente a una precisa e determinata lunghezza d’onda. Cioè non sempre c’è una relazione biunivoca tra i colori che vediamo e le loro reali lunghezze d’onda. I colori presenti nell’ambiente non sono puri, ma frutto di una sovrapposizione di più lunghezze d’onda. Quindi, riassumendo, ad ogni lunghezza d’onda possiamo associare un colore, ma ad un colore non possiamo associare una precisa e determinata lunghezza d’onda. Nel caso in cui al nostro occhio arrivino luci composte da diverse lunghezze d’onda monocromatiche appartenenti a regioni diverse del nostro spettro visivo, il cervello interpreterà i segnali nervosi provenienti da diverse tipologie di fotorecettori presenti nell’occhio (L,S,M) formulando un nuovo colore che sarà frutto della somma degli originali colori monocromatici percepiti. Quindi ciò che avviene all’interno del nostro occhio è simile a quei meccanismi di sintesi additiva, in cui vengono miscelati i tre colori primari del
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http://it.wikipedia.org/wiki/Colore
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metodo RGB (acronimo di Red “rosso”, Green “verde” e Blue “blu”), utilizzati nelle tecnologie telematiche (schermi PC, Televisione, ecc…)20. Nei prossimi paragrafi vedremo i principali metodi di sintesi utilizzati per la mescolanza di colori primari nella stampa (attraverso sintesi sottrattiva), nella grafica computerizzata (attraverso sintesi additiva) e ne vedremo le principali caratteristiche e le loro differenze applicative. 3.1 Sintesi cromatica additiva e sottrattiva Nei secoli varie culture hanno legato ai colori dei significati simbolici o come: comunicare una determinata espressione emotiva o sentimento o pensiero. La prerogativa di tale tipologia di comunicazione ha avuto come unica referente e massima interprete l’arte della pittura che attraverso i suoi grandi maestri nel tempo ha ottenuto nei vari secoli profonde riflessioni in merito alla valenza artistica e filosofica dei colori. Dal XIX secolo in poi al colore si accostano profondi studi fisici/chimici che man mano svelano la natura intrinseca dei vari colori. Non a caso proprio in questo secolo la fisica e la chimica trovano un’enorme sviluppo nell’incrementare le loro conoscenze scientifiche, che andranno a invadere tutti i settori della conoscenza. Per quanto riguarda la natura fisico/chimica importanti saranno gli studi di Thomas Young agli inizii del XIX secolo. Egli formulerà la teoria tricromatica del colore in cui si afferma che, sotto l’aspetto fisico, i colori base sono riconducibili a tre colori primari composti da radiazioni spettrali rosso-arancio, blu-violetto, verde, mentre sotto l’aspetto chimico i colori primari sono il rosso, il giallo e l’azzurro. Tali studi saranno successivamente confermati da 20
http://it.wikipedia.org/wiki/Colore
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altri contemporanei di Young come David Brewsten. Brewsten nei suoi studi inoltre definisce i colori primari assoluti e non ottenibili da nessuna mescolanza sottolineando il fatto che i colori primari esistono cosi come sono e non sono frutto di nessuna unione con altre cromie. La stampa naturalmente assorbe in sè tali concezioni mettendo a punto nella sua prima fase di sviluppo agli inizi del XIX secolo, i colori primari in tricromia che però subiscono delle leggere variazioni di tonalità, in cui l’azzurro si trasforma nel Cyano (azzurro tendente al turchese), il rosso nel magenta (rosso tendente al violaceo) mentre rimane invariato il giallo.
Fonte: Wikipedia
Nello stesso periodo lo studioso Helmoltz nel 1853 formula le leggi che defiscono finalmente le differenze nette tra i metodi di sintesi cromatica additiva e la sintesi cromatica sottrattiva. In tali leggi viene specificato che in base ai due diversi modi con cui si mescolano i colori primari, tali metodi portino all’origine a sintesi differenti. Nello specifico, nel caso in cui si utilizzi una sintesi cromatica sottrattiva, la mescolanza dei colori primari porta alla reciproca sottrazione di parte delle radiazioni causando una diminuzione della luce riflessa dei colori nel momento in cui essi vengano sovrapposti.
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Quindi la sintesi cromatica sottrattiva dei tre colori primari porta alla formulazione di una tonalità scura, ma non completamente nera come comunemente si crede (ciò sarà meglio spiegato nel prossimo paragrafo). Invece nella sintesi cromatica additiva dalla sovrapposizione dei colori primari si ottiene un’aumento della luce riflessa che porta alla formulazione del
bianco
ovvero
bianco
come
somma
di
tutte
le
radiazioni
elettromagnetiche descritte nel precedente paragrafo21. Infine viste le differenze che caratterizzano i vari metodi di sintesi cromatica la nostra attenzione si focalizza sulla sintesi cromatica sottrattiva che è quel metodo di mescolanza dei colori primari in uso nella stampa tricromatica e soprattutto nella stampa quadricromatica. 3.2 CMYK Oggi nella stampa il metodo di sintesi dei colori utilizzato è quello in quadricromia conosciuto come CMYK. Tale nome deriva dall’acronimo delle parole dei colori primari Cyan, Magenta, Yellow (giallo) e Key Black. Credenze popolari dovute a un’erronea interpretazione dell’ultima lettera dell’acronimo “K”, danno luogo a una castroneria linguistica che abbina a questa ultima lettera un significato del tutto diverso a quello originale. Infatti è largamente diffuso, anche tra grafici professionisti, che la lettera “K” sia dovuta a un’esigenza linguistica nel distinguere il nero, dall’inglese Black, dal colore blu , in inglese Blue. Ciò per evitare confusione tra i significati degli acronimi dei due sistemi di mescolanza in un uso per la grafica l’ RGB (red,green,blue) e il CMYK (cyan,magenta,yellow,black) utilizzati per due 21
Daniele Baroni, Il Manuale del Design Grafico, 1999, Longanesi
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diversissimi scopi e che hanno sistemi sistemi di sintesi cromatica opposti ovvero RGB sintesi cromatica additiva mentre il CMYK sintesi cromatica sottrattiva. In realtà l’origine dell’utilizzo della lettera “K” all’interno dell’acronimo CMYK non risiede in una semplice scelta linguistica atta a definire e a distinguere i due diversi modi di mescolanza dei colori in uso per la grafica, ma la scelta di tale lettera invece deriva dalla parola inglese “Key Plate” (lastra chiave). I primi processi di stampa come abbiamo già letto in precedenza avvenivano in tricromia ovvero dall’utilizzo solo dei tre colori primari ciano, magenta, yellow. Col passare del tempo nasce all’interno dei processi di stampa l’esigenza di aggiungere o affiancare un nuovo colore o inchiostro ai tre colori primari già in uso ovvero il nero. Con l’aggiunta del nero infatti i processi di stampa passano dalla stampa in tricromia alla stampa in quadricromia. Di conseguenza nasce l’esigenza di aggiungere alle tre lastre per la stampa tricromatica una quarta e nuova lastra appunto quella per il nero. Ecco la parola “key black” deriva dall’espressione “key plate” e quindi l’acronimo “K” deriva non dall’esigenza di distinguere il nero “Black” dal blu “Blue” ma dall’esigenza di distinguere la lastra per il colore nero delle altre (Cyano, Magenta, Yellow). Detto ciò va spiegato il perché dell’esigenza di inserire un quarto colore all’interno dei processi di stampa. Ciò è dovuto dal fatto che la sovrapposizione per metodo di sintesi cromatica sottrattiva dei tre colori primari (Cyano, Magenta, Yellow) comportava la creazione di una tinta scura simile al nero, ma che non era completamente nero, anzi somigliava più ad un marrone scuro chiamato “Bistrò”. L’inserimento del “Black” (nero) permette di ottenere, lì dove ne nasce l’esigenza, di ottenere
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una tinta che sia realmente nera e soprattutto tale soluzione tecnica permette il risparmio di grandi quantità di inchiostro, in quanto non è più necessario mescolare continuamente i tre colori primari per creare una tonalità scura, ma vi è a disposizione il colore specifico ovvero il “Black”22.
Capitolo 4 La stampa offset Dopo il lungo percorso di ricerca intrapreso nello studio dell’evoluzione della stampa dalle sue origini in pieno umanesimo sino alla sua proiezione nell’era industriale nel XIX secolo, affrontando i temi storici–tecnici–scientifici ad essa correlati, arriviamo adesso finalmente al tema principale in discussione, la stampa Offset. Come già abbiamo potuto leggere in precedenza, la stampa Offset deve il suo successo e la sua straordinaria efficacia come sistema di stampa grazie a quell’enorme bagaglio di esperienze che ha portato nei secoli alla formulazione di nuove soluzioni scientifico-tecniche che hanno reso possibile la costituzione del più veloce, economico e con altissima qualità dei prodotti sistema di stampa. Le caratteristiche principali della stampa Offset fanno di tale processo una stampa a: base tecnologica “cilindro contro cilindro”, indiretta,
planografica e con sistemi di
inchiostraggio su base lipidica e sistemi di bagnatura su base di alcool isopropilico. Quindi tale tecnica (come già era stato sperimentato nella Litografia) sfrutta la naturale repulsione chimica tra sostanze lipofile ed 22
http://it.wikipedia.org/wiki/CMYK
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idrofile. La definizione invece di stampa indiretta e planografica deriva dalla sua costituzione tecnologica “cilindro contro cilindro”. Infatti si definisce stampa indiretta quando il supporto cartaceo non viene direttamente in contatto con la forma stampante, ovvero la lastra, mentre si definisce stampa planografica quella fatta con procedimenti di stampa in cui i grafismi e i contrografismi sono presenti sullo stesso piano23.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Prima di procedere nell’illustrare i componenti base che compongono la macchina da stampa Offset va specificato che, come d’altronde si può già intuire, il processo di stampa Offset è molto complesso ed articolato. In esso è sono impegnato giorno e notte, sia nelle singole tipografie sia nelle grandi aziende, personale specializzato addetto al controllo delle apparecchiature e del corretto svolgersi dei processi di stampa in modo da garantire l’operatività e l’efficienza dell’intero procedimento di stampa, in quanto il benché minimo intoppo e gli innumerevoli fattori tecnici ed ambientali (dal semplice pescaggio della carta ad un eccessivo aumento della temperatura della macchina) potrebbero causare risultati disastrosi nel prodotto stampato o nei
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Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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casi peggiori una rottura parziale della macchina da stampa. I controlli effettuati inoltre, come vedremo, sono atti anche a garantire un’elevata qualità dello stampato il quale anch’esso può essere negativamente influenzato o addirittura compromesso dagli stessi fattori tecnici ed ambientali prima citati. 4.1 La Struttura della macchina da stampa Offset Le macchine da stampa Offset si differiscono tra loro per struttura e composizione in base all’utilizzo di queste ultime e in base alle finalità delle stesse macchine definite in fase di progettazione e costruzione. Quindi le macchine da stampa Offset si dividono in tre distinti tipologie : a Foglio, Bobina, Blanket – Blanket (Caucciù contro Caucciù). In queste differenti tipologie di macchine i sistemi di pescaggio del supporto cartaceo differiscono per conformazione ed operatività. Va da sé, che interpretando i nomi di queste tipologie di macchine, venga in mente ciò che è stato già analizzato nei precedenti paragrafi. In particolar modo in quei paragrafi in cui sono stati trattati i temi inerenti alle macchine alimentate da rotoli di supporto cartaceo ( Rotative, ecc…). Adesso incentreremo l’attenzione verso quegli elementi base che costituiscono la struttura interna di una macchina da stampa Offset. Questi elementi sono uguali per tutte le tipologie di macchina ed è giusto analizzare ed approfondire gli aspetti tecnici di ogni singolo elemento. Partendo dalla struttura gli elementi base che compongono una macchina da stampa Offset sono: Basamento, Fianchi (o spalle), Motore Elettrico e impianti elettrici, Ingranaggi e Rotismi. Il Basamento è quell’elemento che insieme ai fianchi compone la struttura principale su cui si 34
basa l’intera macchina Offset. Questo componente e di solito composto da un unico blocco in ghisa (materiale metallico di per se molto pesante) il quale irrobustisce la macchina rendendola incredibilmente solida e stabile. Tale scelta tecnica è consequenziale al fatto che nella macchina Offset sono presenti, come vedremo, una quantità consistente di elementi rotanti e quindi soggetta a parecchie vibrazioni provenienti dai vari motori elettrici che danno energia e moto ai vari ingranaggi e rotismi vari. Se non correttamente gestite tali vibrazioni comprometterebbero gravemente l’efficienza della macchina stessa, causando una pessima qualità dello stampato e nei casi peggiori rotture o guasti. Quindi il basamento (elemento dal peso esorbitante) garantisce stabilità all’intera struttura della macchina da stampa Offset.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
I fianchi contribuiscono ad un’ ulteriore stabilità della macchina duranti le operazioni di stampa. Inoltre in quest’ultimi sono presenti fori di determinate grandezze ed ampiezze in cui vengono alloggiati i componenti della macchina (cilindri, cuscinetti, ingranaggi ed alberi motore).
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Proseguendo arriviamo all’elemento che permette il funzionamento della macchina, il motore elettrico. Il motore elettrico solito è un trifase sincrono alimentato da corrente a 380 volt a velocità variabile e viene pilotato da panelli di controllo direttamente dall’operatore in cabina di controllo. A questo elemento così importante sono collegate diverse centraline elettroniche che permettono il continuo controllo del motore e del suo regime. Inoltre va detto che nelle macchina da stampa a quattro colori (CMYK) è presente un motore per ogni singolo colore; naturalmente anche quest’ultimi possono essere controllati e monitorati dall’operatore. All’interno del gruppo motore, fondamentali per la trasmissione del moto e per la regolazione della velocità sono la pulegia e il volano. Il primo permette la trasmissione del moto dall’albero motore a tutti gli altri componenti della macchina utilizzando cinghie di trasmissione piatte adatte a potenze di trasmissione basse ( per alte potenze vengono utilizzati organi di trasmissione a catene le quali sono in grado di resistere ai forti attriti delle alte potenze).
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Il secondo elemento “il volano” permette di attenuare le vibrazioni dell’albero motore alle alte velocità garantendo il corretto funzionamento dell’albero motore principale. Ultimi elementi importantissimi per la macchina da stampa Offset sono gli ingranaggi e i rotismi. I primi sono elementi meglio conosciuti con l’appellativo di “ruote dentate” le quali permettono di trasmettere il movimento proveniente dai vari motori ai principali componenti, i cilindri di stampa. Per garantire la massima regolarità del moto, a tutte le velocità di regime, risulta fondamentale in fase di progettazione la circonferenza primitiva e il giusto numero di denti delle ruote dentate. Questi elementi definiscono il rapporto di trasmissione di ogni singola ruota il quale a sua volta riesce a mantenere costante e regolare la velocità di trasmissione proveniente dall’albero motore principale verso tutti gli ingranaggi della macchina, anche se di diverse grandezze. Le prime tipologie di ruote dentate avevano una conformazione a denti dritti, ma tale tipologia andrà presto in disuso, in quanto a causa della loro eccessiva rigidità, produceva righe più o meno marcate di inchiostro che corrispondevano all’asse parallelo del cilindro in caucciù. Tali tipologie di ingranaggi furono sostituite dalle ruote a
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denti eicolidali che permetteranno un vantaggio enorme in quanto la pressione tra i vari cilindri era maggiormente distribuita e ciò riduceva gli attriti tra i cilindri di stampa risolvendo il problema delle righe sul foglio di carta.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Per contro però va detto che le ruote a denti eicoidali, causa la loro conformazione inclinata, creano un’eccessiva spinta sull’asse di rotazione del cilindro, tale spinta veniva definita “spinta assiale”. Negli anni, per ovviare a tale problema, sono stati affiancati all’interno dei cilindro opportuni cuscinetti a sfera chiamati reggispinta. Successivamente, per risolvere del tutto tali spinte che si creavano in queste tipologie di rotismi, sono state costruite delle nuove ruote dentate beicolidali in cui sono presenti sulla stessa circonferenza due serie di denti eicoidali con eliche contrapposte in modo da eliminare le spinte assiali.
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
In ultima analisi, gli elementi fondamentali sono presenti all’interno della struttura della macchina da stampa Offset, sono i giunti cardanici e i cuscinetti. I giunti cardanici sono snodi che consentono la trasmissione del moto tra due cilindri posti su piani diversi.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Mentre i cuscinetti, a ciò che è stato già detto in precedenza, sono particolari elementi che accompagnano i rotismi all’interno della macchina ne esistono due diverse tipologie. Quelli radiali, sono in grado di sopportare pressioni presenti negli alberi di trasmissione e all’interno dei rulli di inchiostrazione e
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di bagnatura. Mentre quelli assiali, definiti reggispinta (vedere sopra), sono utilizzati per resistere e attenuare le spinte assiali dei cilindri del gruppo stampa.
. Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
All’interno di un unico cilindro di stampa capita di trovare spesso entrambi le tipologie di cuscinetti alternati tra loro per resistere a entrambi le diverse tipologie di spinte assiali e radiali. Per ridurre i costi, dovuti soprattutto all’usura di questi componenti, sono stati formulati una nuova tipologia di cuscinetti definiti conici. I quali sono in grado di sopportare sia le spinte assiali che quelle radiali, sono più resistenti all’usura e diminuiscono i costi di manutenzione24. 4.2 Il gruppo stampa Insieme alla struttura, il gruppo stampa è ciò che accumuna tutte le tipologie di macchine da stampa Offset. In realtà le varie tipologie di macchine principalmente differiscono tra loro per conformazione del gruppo di entrata e di uscita del supporto cartaceo, i quali determinano le loro differenti
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Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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conformazioni strutturali/tecnologiche con l’utilizzo di differenti accorgimenti tecnici dettati da precise necessità. Il gruppo stampa è composto essenzialmente da tre elementi principali: il gruppo dei cilindri di stampa (cilindro porta forma, cilindro in caucciù, cilindro di pressione) e i gruppi dei sistemi di bagnatura e dei sistemi di inchiostrazione. Il gruppo dei cilindri di stampa è composto dai tre elementi prima citati, i quali compongono la tecnica di stampa Offset. I tre cilindri di solito sono in acciaio e ghisa ad elevata resistenza (con valori compresi tra i 200-220 Brinnel). Tale scelta è dettata dall’esigenza di un’elevata resistenza dei cilindri di stampa, in quanto quest’ultimi nell’arco della loro vita devono subire forti pressioni ed attriti causati proprio dal contatto che hanno tra di loro e che permette di imprimere la carta. I cilindri inoltre sono posizionati all’interno della struttura della macchina nei fori presenti sui “fianchi” (componenti della struttura della macchina Offset, descritti nel precedente paragrafo). La presenza delle varie pinze sui cilindri stampa comporta una riduzione della superficie utile (ovvero quantità di superficie adoperata) che dai valori circonferenza di 360° si riduce a 220°- 240° di superficie totale utilizzata. I rimanenti 120°-140° quindi rimangono inutilizzati per tutto l’arco della loro vita e sono chiamati in gergo “gole”. Esempio pratico di ciò è il cilindro di pressione presente nella macchina da stampa Offset a foglio (la vedremo nel prossimo paragrafo) sulla cui sulla superficie sono presenti le pinze atte ad agganciare il foglio. La disposizione dei cilindri non è mai casuale e segue degli specifici schemi. Quindi, a differenza di come si potrebbe pensare, la disposizione dei cilindri di stampa non è composta in modo che i tre siano ognuno perpendicolare
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all’altro, ma le loro disposizioni possono seguire precisi schemi detti a “V”, “C” o “L”.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Dai nomi si può intuire che gli schemi di disposizione dei cilindri seguono la conformazione delle lettere con cui sono chiamati, andando a formare una disposizione a “V” “C” o “L”. Tali schemi sono stati creati per permettere all’operatore di controllare complessivamente in qualsiasi momento il corretto funzionamento dei cilindri di stampa. Inoltre un ulteriore piccolo elemento in aiuto sono gli anelli di controllo che determinano le corretti condizioni di lavoro dei tre cilindri. Gli anelli di controllo nello specifico controllano ed indicano le giuste pressioni che intercorrono tra i vari cilindri e sono posizionati all’estremità dei cilindri e sono fusi contemporaneamente ad essi e quindi sono parte integrante della loro struttura25. Una volta descritto il gruppo stampa passiamo ora al gruppo dei sistemi di bagnatura. Prima di procedere sappiamo oramai bene che la stampa Offset sfrutta la repulsione tra sostanze lifofile ed idrofile che vengono depositate sulla lastra. Ciò 25
Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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richiede un adeguato sistema che garantisca la corretta e costante umidificazione dei contrografismi e una altrettanto corretta inchiostrazione dei grafismi. Partendo dai sistemi di bagnatura anche quest’ultimi sono costituti da rulli che trasportano il liquido dei serbatoi della macchina alla lastra. Tale liquido non è semplice acqua, bensì è costituito da una soluzione di acqua e di quantità di acool isopropilico che possono variare dal 10 al 20 % della soluzione complessiva. L’utilizzo di questo particolare alcool è dovuto dal fatto che il liquido che ne deriva ha una maggiore tensione superficiale, quindi permette di avere (con dosi minori d’acqua) un maggiore effetto umidificante dei contrograsfimi della lastra.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Così come accade in molti altri componenti della macchina da stampa offset, anche i sistemi di bagnatura si suddividono in due differenti tipologie di sistemi, quelli tradizionali e quelli pellicolari. I sistemi di bagnatura tradizionali sono composti da rulli chiamati: Bagnino, Prenditore, Distributore e Bagnatori. Come si può intuire dal nome, il rullo prenditore ha un movimento oscillatorio che trasporta il liquido dal bagnino (rullo immerso per metà nella soluzione) al distributore, che a sua volta consegnerà il liquido ai bagnatori che sono quei componenti a contatto diretto con la lastra.
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Tale tipologia di sistema di bagnatura sta andando man mano sempre più in disuso, in quanto i difetti di operatività di tale sistema di stampa sono notevoli. Il primo difetto risiede nel fatto che in tale sistema i bagnatori sono ricoperti da uno strato di tessuto che, dopo anche un breve periodo di inattività, necessitava di un lungo processo di rimessa in circolo del liquido nelle giuste quantità e ciò inoltre causava un facile deteoramento dei materiali in tessuto. Infine, altro importante neo di tale sistema di bagnatura risiede nel movimento oscillatorio del rullo prenditore che causava un ritardo complessivo della produttività della macchina ripercuetendosi nel numero di tirature della macchina. Ecco perché si è scelto di passare al modello pellicolare dei sistemi di bagnatura in cui i rulli sono tutti in contatto tra loro quindi non si perde velocità e produttività nella macchina offset con tali sistemi inoltre il rivestimento in tessuto del vecchio sistema viene sostituito da una pellicola in gomma più resistente e duttile del tessuto.
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
In ultima analisi in questo paragrafo andiamo ad analizzare il gruppo di inchiostrazione. Tale gruppo è composto da elementi quali: la vaschetta ( in cui viene depositato il colore in gergo “calamaio”) e il rullo calamaio. Quest’ultimo è un rullo alla cui estremità è posizionata una lamina in acciaio (un tempo regolabile a mano attraverso viti di registrazione, oggi azionata direttamente dall’operatore sulla consolle di comando) che pesca una determinata quantità di colore in base alle regolazioni in altezza della stessa lamina, quindi maggiore sarà l’altezza maggiore sarà la quantità di colori prelevata dal calamaio.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
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Una volta pescato, il colore passa dai rulli calamai al rullo prenditore che passerà a sua volta l’inchiostro ai rulli macinatori. Questo passaggio all’interno dei rulli macinatori è importantissimo in quanto il colore adoperato per la stampa Offset è essenzialmente composto da materiali grassi che lo rendono molto viscoso e ricco di impurità o grumi. Quindi, prima di essere adoperato, il colore deve essere correttamente macinato per levare da esso tutte le possibili imperfezioni o grumi di cui è composto. Successivamente a questa fase il colore, una volta macinato, passa al rullo distributore che, come succede anche nei sistemi di bagnatura, passa l’inchiostro a rulli inchiostratori (componenti finali che vengono in contatto diretto con la lastra)26.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
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Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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In conclusione, una volta illustrati gli aspetti principali dei componenti della struttura e del gruppo stampa della macchina da stampa Offset, passiamo nei prossimi paragrafi ad analizzare gli elementi strutturali – tecnici che compongono le varie tipologie di macchine da stampa Offset e le loro principali soluzioni tecniche. 4.3 La macchina da stampa Offset a Foglio Incominciamo il nostro percorso, atto a descrivere le caratteristiche principali delle vari tipologie di macchine da stampa Offset, con la macchina Offset a foglio. Questa macchina si differisce dalle altre in quanto il supporto adoperato (la carta) si compone in foglio formato UNI. Quindi gli aspetti che caratterizzano principalmente tali tipologie di macchine sono il gruppo di ingresso e di uscita del foglio. Prima di procedere nell’illustrazione dei componenti di tale macchina, va detto che a loro volta le macchine da stampa Offset a foglio si suddividono a loro volta in due differenti tipologie, ovvero quelle a mettifoglio a presa posteriore e quelle a mettifoglio a presa anteriore. Le differenze che intercorrono tra queste due tipologie di macchine risiedono nel fatto che il gruppo di ingresso del supporto cartaceo (il mettifoglio) può essere posizionato davanti o dietro il gruppo stampa, con consequenziale diminuzione dei numeri di tirature possibili all’ora e di differenti conformazioni strutturali. Nonostante tali differenze, le due tipologie di macchine hanno entrambi gli stessi componenti che sono: Mettifoglio, Tavola d’ Immissione, Tavola di Puntatura, Squadri frontali e laterali e Pinza Oscillante. Nelle macchine a mettifoglio a presa anteriore il foglio sarà agganciato direttamente dalle pinze del cilindro di pressione quindi tale 47
procedimento permette a questa tipologia di macchina di prelevare il foglio dal lato pinza del cilindro di pressione. Tale macchina non permette un alto numero di tirature in quanto il suo regime di stampa è basso (può arrivare a un massimo di 8.000 copie l’ora) e sono preferite per le stampe di piccolo formato.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Il mettifoglio in questa macchina funziona in modo che il foglio venga pescato dalla pila di fogli, posti dinanzi alla macchina, dalla “Barra Aspirante”. Quest’ultimo componente consiste in una barra metallica su cui sono presenti degli aspiratori al cui interno circola continuamente aria in modo da permettere alle ventose presenti sugli aspiratori a contatto con il foglio di prelevare lo stesso e posizionarlo sulla tavola d’immissione.
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Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
In questo passaggio si focalizza il rischio principale della macchina da stampa Offset a mettifoglio anteriore. In quanto ,nel caso in cui entrasse più di un foglio nel gruppo di entrata e soprattutto se nel gruppo stampa, tale tipologia di macchina potrebbe subire ingenti danni alle sue strutture e ai suoi componenti di stampa, in quanto progettata per ospitare un foglio alla volta. Ecco perché, per evitare ciò, sono stati inseriti nella macchina a mettifoglio a presa anteriore, tra la pila dei fogli e la tavola d’immissione, dei soffianti che gettano continuamente aria sul foglio in modo da evitare l’effetto di elettricità statica tra i vari fogli, prima causa di immissione erronea di due fogli alla volta in questa tipologia di macchina, non avvenga. Nelle macchine a mettifoglio posteriore invece, i fogli vengono prelevati ed immessi nel gruppo stampa in contropinza. Anche se i componenti e il principio di pescaggio del mettifoglio e lo stesso, in queste tipologie di macchine i sistemi di soffianti sono potenziati e sono posti dinanzi al mettifoglio in modo da velocizzare i passaggi di pescaggio fogli. Infatti in questa macchina è permesso, a differenza di quelle a mettifoglio anteriore, di prelevare più fogli alla volta e di posizionarli sulla tavola d’immissione. Ciò comporta che la disposizione dei foglio nella tavola d’immissione acquisisca una conformazione a squame in
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cui i fogli sono parzialmente soprapposti l’uno all’altro. Tale meccanismo permette una maggiore velocità di stampa delle macchine a presa posteriore le quali possono arrivare alla stampa di 15.000 copie l’ora.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
Aprendo una piccola parentesi sui sistemi di sicurezza che si affiancano al lavoro del mettifoglio, troviamo sistemi di rilevazione automatizzati del supporto cartaceo che in qualsiasi momento, nel caso in cui sorgessero problemi, attivano il blocco macchina immediato. Tali meccanismi sono: il Testacarta e le Sonde di Rilevazione. Il testacarta rileva semplicemente l’altezza della pila dei fogli, mentre le sonde di rilevazione controllano la presenza del foglio e il corretto percorso di quest’ultimo nella sua corsa all’interno della tavola d’immissione. Analizzato il mettifoglio
e le due
principali tipologie di macchina da stampa Offset a foglio, possiamo analizzare l’altro componente della macchina Offset a foglio, la tavola d’immissione. Tale tavola consiste in un piano inclinato in cui sono presenti meccanismi come rocchetti di fibre e di gomma che accompagnano il foglio
50
alla tavola di puntatura, venendo posizionato correttamente e parallelamente al gruppo stampa dagli squadri laterali e frontali.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
La tavola di puntatura consiste in un piano che insieme agli squadri posizionano il foglio in modo che sia parallelo al gruppo stampa, arrestando per pochi instanti la corsa del foglio verso il gruppo stampa, in modo da permettere al cilindro di pressione di posizionarsi correttamente per agganciare il foglio attraverso le sue pinze. In questa delicata fase gioca un ruolo principale la pinza oscillante. Tale elemento trascina e accompagna lentamente il foglio dalla tavola di puntantura alle pinze del cilindro di pressione in modo da permettere l’aggancio a quest’ultime.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
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Ora, una volta analizzati complessivamente gli elementi che compongono il gruppo di entrata della macchina stampa Offset a foglio, passiamo all’analisi del gruppo uscita. I compenti di questo gruppo sono : Raddrizza Foglio, l’Antiscartino e il Forno di Essicazione. Il raddrizza foglio consiste in una scanalatura ubicata immediatamente dopo il gruppo stampa in cui vi è un continuo risucchio d’aria che crea un vuoto atmosferico, il quale favorisce il distacco del foglio dal gruppo stampa, soprattutto nel caso di utilizzi di carte con grammature molto sottili.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
L’ antiscartino invece consiste in una polvere non abrasiva e di bassa granulosità che viene spruzzata sul foglio, dopo essere uscito dal gruppo di stampa, non permettendo la controstampa ovvero che i fogli stampati ancora freschi d’inchiostro aderiscano tra loro. L’ultimo importantissimo componente del gruppo uscita è il forno d’essicazione. Tale elemento negli anni ha subito varie formulazioni tecniche con diverse soluzioni ancora non del tutto complete. Il compito delicato che gli spetta non ha permesso ancora oggi una soluzione definitiva, in quanto il foglio appena uscito dal gruppo stampa deve passare in brevissimi istanti in questo forno in modo che si avvii ad un
52
processo di asciugatura più velocizzato. Le prime formulazioni di questi forni erano a combustione di gas (troppo pericolosi) poi a I.R (raggi infrarossi) e oggi la tecnica più utilizzata è quella a raggi UV (ultravioletti)27. 4.4 La macchina da stampa Offset a Bobina Dopo aver analizzato a fondo la macchina da stampa Offset a foglio, in questo paragrafo andiamo ad inoltrarci nei processi di stampa della macchina da stampa Offset a Bobina. Tra le tante differenze che distinguono queste due tipologie di macchine (Foglio, Bobina) il numero di tirature possibili delle due differenti macchine ne delinea le vere e profonde differenze. Nel caso della macchina a stampa a foglio (nello specifico quella a mettifoglio a presa posteriore) arriviamo a un massimo di 15.000 copie l’ora mentre con quella a bobina si passa a un minimo di 50.000 copie l’ora. La possibilità della macchina da stampa Offset a bobina sotto tutti gli aspetti sono notevoli e risiedono tutte nelle caratteristiche intrinseche di questa macchina. Come già accennato nei precedenti capitoli, le rivoluzioni scientifico/tecniche di inizio XX secolo hanno mutato profondamente la stampa in generale e persino il modo di produrre la carta. Nella carta abbiamo la produzione di questo supporto a rotoli continui, a vantaggio delle tecnologie di stampa come le Rotative. I vantaggi principali delle Rotative ad alimentazione a bobina comportano un minor costo della carta in bobina (piuttosto che a fogli), la possibilità (nella stampa Blanket – Blanket) di stampa in bianca e in volta contemporaneamente con carte di grammature molto inferiori,quantità di tirature elevatissime a bassissimo costo e la 27
Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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possibilità di accoppiare a tali macchinari unità di piega e di taglio all’interno del processo di stampa. Per contro gli svantaggi che tale tecnica comporta risiedono proprio nelle caratteristiche di base descritte prima, in quanto tali tipologie di macchina hanno una scarsissima flessibilità dei flussi di lavoro (una volta avviata non si possono apportare modifiche al lavoro), necessitano di lunghi periodi di avviamento con quantità di scarto elevate e non vi è la possibilità di utilizzare carte con grammature elevate. Inizialmente le macchine da stampa a bobina erano nate come stampe monocromatiche (in bianco e nero) solo successivamente saranno aggiunti al processo di stampa i colori quadricromatici CMYK (Cyano,Magenta,Yellow,Black). Facendo nascere i famosi “castelli” componenti della struttura caraterristici di queste tipologie di macchine, in cui al loro interno sono presenti i gruppi di stampa (all’inizio uno solo per il nero poi successivamente quattro uno per ogni colore)28. 4.5 La stampa Offset Blanket – Blanket La rotativa Blanket – Blanket (caucciù contro caucciù) si accumuna nelle caratteristiche complessive a quella a bobina. La particolarità di queste tipologie di Rotative risiede nel fatto che il gruppo stampa è composto da quattro cilindri (una porta forma e caucciù) per la bianca (una porta forma e caucciù) per la volta. In queste rotative il cilindro di pressione scompare del tutto in quanto non più necessario, poiché tale scelta tecnica permette di sostituire la pressione del cilindro di pressione con la pressione scaturita dal contatto dei due cilindri in caucciù, che permette di imprimere il rotolo di carta 28
Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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in bianca e in volta contemporaneamente (ovvero di stampare entrambi le facce della bobina nello stesso momento). Anche in questa rotativa troviamo i famosi quattro “castelli” per la stampa quadricromatica, ma a differenza della rotativa a bobina al loro interno sono presenti i gruppi di stampa formati dai quattro cilindri prima descritti29.
Fonte: La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”
4.6 Il tessuto gommato In questo particolare paragrafo andiamo a sottolineare alcuni aspetti fondamentali che interessano uno degli elementi base della stampa Offset, il cilindro blande (caucciù). Per proseguire deve essere chiaro sin dall’inizio che la definizione di cilindro in caucciù è grossolana ed in parte erronea in quanto il cilindro che ospita questo particolare elemento è simile agli altri, ma il materiale applicatogli sopra permette il trasferimento dell’immagine o testo dalla lastra al supporto cartaceo, quindi non è semplice caucciù. Bensì un materiale composto da strati di tele (2,3 o 4 in base alle scelte del costruttor) incollate tra loro da sottili strati di gomma e che nel complesso vanno a formare la carcassa. Tale carcassa non supera come spessore i 0,76 e i 1,9 mm ed è l’elemento cardine che viene applicato sul cilindro predisposto ad 29
Adalberto Monti, Angelo Picciotto, La Stampa Offset “Collana Tascabili delle Arti Grafiche”, 2004, In Edition
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ospitarlo che assume il nome di cilindro in caucciù. Le fasi de preparazione di questo elemento sono essenzialmente tre. Nella prima si prepara la pasta con gomme sintetiche (fondamentale in questo ambito saranno le scoperte e l’avvento
delle
gomme
sintetiche
nella
produzione
industriale
successivamente alla seconda guerra mondiale ) in cui vengono aggiunti polimeri di base è prodotti plastificanti come lo zolfo e l’ossido di zinco. Quest’ultimi elementi chimici sono fondamentali per la preparazione della pasta, in quanto permettono di imprimere ed indurire leggermente la composizione della pasta. I vari ingredienti vengono miscelati in un mulino a secco e poi successivamente vengono aggiunti solventi vari per compattare il tutto. Nella seconda fase, alcuni particolari produttori e fornitori di tele unicamente per le officine di produzione dei cilindri in cacciù. Le tele sono costituite da fibre di cotone, adatte in quanto elastiche e flessibili ma allo stesso tempo resistenti alle forti pressioni, le quali dopo essere tessute a fili doppi ritorti vengono stirate per incrementarne la robustezza e la resistenza. Nella terza e ultima fase “il tessuto gommato” viene creato attraverso due ulteriori fasi distinte. Nella prima troviamo una macchina spalmatrice che applica il primo strato di gomma ad ogni strato di tele.
56
Fonte : Il Tessuto Gommato per Offset
Nella seconda invece tutti gli strati di tela gommati vengono fusi tra loro in un a particolare macchina accoppiatrice che compone la carcassa.
Fonte : Il Tessuto Gommato per Offset
Il prodotto finito viene messo nel forno per la vulcanizzazione e sottoposto ad accurati controlli per garantirne la qualità e la compattezza per poi essere pronto alla distribuzione. Negli ultimi anni, per ovviare alle necessità qualitative dei sistemi di stampa cercando di ridurre al massimo l’inevitabile rigonfiamento del tessuto gommato dovuto alle massicce tensioni scaturite dal contatto con gli altri cilindri sono stati formulati particolari tessuti gommati 57
chiamati comprimibili. I tessuti comprimibili essendo ancor più elastici e con una maggior presenza di microporosità sulla superficie permetteno di diminuire la deformazione del tessuto gommato dovuta alle forti pressioni che intercorrono tra i vari cilindri di stampa e di cui ne fa le spese maggiori proprio il cilindro in cacciù in quanto costituito da materiale più elastico in confronto agli altri cilindri di stampa.
Fonte : Il Tessuto Gommato per Offset
I tessuti comprimibili quindi non subiscono tali pressioni, garantendo un’ottima qualità di stampa, opponendo una maggiore resistenza nelle pressioni e diminuendo infine anche l’usura dello stesso. In aggiunta a quest’ultimi sono stati inoltre formulati speciali tessuti chiamati Quick Release (Rilascio Veloce) adattissimi per i macchinari da stampa offset a foglio: quindi questi tessuti evitano o comunque riducono i rischi che il foglio rimango attaccato dopo la sua stampa al cilindro in caucciù e di conseguenza che non rimanga inceppato all’interno del gruppo stampa favorendo il percorso di uscita del foglio. In definitva i tessuti Quick Release sono composti al loro 58
interno di maggiori quantità di polimeri sintetici che permettono di avere carcasse più plastificate e quindi più facili al rilascio veloce del foglio 30.
Capitolo 5 La stampa nell’era dell’informazione Ai giorni nostri la stampa, ormai consolidata nei suoi aspetti tecnici tecnologici e teorici, si appresta ad affrontare una nuova sfida verso il digitale. Il lungo percorso che dagli anni 50’ in poi ha comportato dei radicali cambiamenti nel mondo della cultura e dell’informazione ha esercitato a sua volta nei confronti della stampa e in generale nelle arti grafiche profonde influenze che hanno costretto quest’ultime profondi e radicali cambiamenti nelle loro strategie di comunicazione adoperate. Entrambe quindi in questo periodo sono concentrate verso l’ aggiornamento delle proprie strategie di comunicazione per rimanere al passo con gli altri sistemi di comunicazione di massa
che
dal
XX
secolo
in
poi
rivoluzionano
l’intero
mondo
dell’informazione e della cultura. Sistemi come la radio e il cinema modificano profondamente il modo di comunicare stesso. Infatti essi, per loro natura, non si rivolgono più a un elitè di persone in grado di leggere e scrivere (come accadeva in passato), ma rivolgono i propri messaggi verso le grandi masse le quali saranno le principali fautrici delle rivoluzioni di questo secolo. Quindi attraverso questi nuovi canali divulgativi l’informazione e la cultura diventano per la prima volta fruibili da un numero sempre più 30
N.G Chamberlain, Il Tessuto Gommato per Offset, 1984, Progresso Grafico
59
cospicuo di persone indistintamente dalla loro estrazione sociale ed economica (un traguardo mai raggiunto prima di allora nella storia) creando nuovi panorami politici e sociali e conseguenzialmente nuovi assesti economici che porteranno il mondo verso l’attuale era dell’informazione. Dell’enorme potenza di tali mezzi di comunicazione ne si ha prova sin dagli inizii del XX secolo con l’avvento della radio (strumento di per sé già ideologicamente rivoluzionario per l’epoca in quanto capace di trasmettere senza l’ausilio di cavi o fili vari) e più in là (nei primi decenni del secolo) con l’avvento del cinema (strumento ancora più potente del precedente in grado di proiettare immagini in movimento di qualsiasi cosa). Ma è dalla metà del XX secolo che si affaccia sul mondo il più potente mezzo di comunicazione di massa, la televisione. Tale strumento ingloba in sé tutte le precedenti invenzioni è perciò quindi in grado di trasmettere immagini e suoni (prima in bianco e nero poi a colori) continuamente in tutto il mondo. In questo complessivo panorama di mutamenti le arti grafiche sono costrette ad aggiornare le proprie strategie di comunicazione le quali inevitabilmente tendono ad assomigliare alle strategie di comunicazione degli altri mezzi. La vera rivoluzione nelle arti grafiche però ha luogo alla fine del XX secolo con l’ avvento del computer negli anni 80’. Con il P.C (personal computer) la grafica e dell’ editoria saranno nuovamente scosse da questo nuovo mezzo e potente mezzo tecnologico. Infatti il ruolo dell’operatore grafico sarà totalmente aggiornato e passerà da qui in poi dall’essere, uno specialista di tecniche di procedimenti di stampa, ad una figura professionale specializzata
60
nella produzione unicamente di testi, immagini ed illustrazioni completamente in digitale.
Fonte : Apple ©
Ulteriore spinta a questa nuova trasformazione sarà l’avvento di internet nei successivi anni 90’ il quale, nato in principio come sistema di comunicazione militare durante la guerra fredda, successivamente sarà utilizzato per scopi civili trasformandosi nel sistema di comunicazione di riferimento del XXI secolo31. In conclusione quindi ci appare netto il fatto che già dalla metà del XX secolo in poi i sistemi di produzione editoriale si dimostrano ormai troppo onerosi e non in grado di reggere il passo con gli altri sistemi di comunicazione. Inoltre tali lacune vengono ulteriormente accentuate dall’avvento dei sistemi “PC ed internet” in grado di offrire gli stessi servizi, insieme a tanti altri, a bassissimi costi se non del tutto gratuiti con un’ulteriore possibilità di accedere a contenuti multimediali. Inoltre ulteriore concorrenza ai sistemi già esistenti si aggiungono negli ultimi anni sul mercato anche gli e-book reader. Gli e-book sono semplici libri formato elettronico i quali permettono di consultare i libri esistenti direttamente sul pc scaricandoli dalla rete con costi vantaggiosi (erano noti agli internauti già da molti anni). La
31
Daniele Baroni, Il Manuale del Design Grafico, 1999, Longanesi
61
novità degli ultimi anni risiede nel fatto che parecchie case tecnologiche cominciano costruire e a immettere sul mercato, con sempre maggiore successo, piccoli supporti tecnologici in grado di leggere i testi in formato elettronico (e-books) ,ovvero gli e-book reader (lettore di e-book), tra i più famosi citiamo l’ IPAD©.
Fonte : Apple ©
Quest’ultimi sistemi rappresentano per l’editoria un ulteriore duro colpo ed ecco che quindi per non tramontare del tutto l’editoria punta verso l’innovazione tecnologica dei propri sistemi di produzione proponendo sistemi sempre più economici e con alta qualità del prodotto stampato passando dall’uso dell’Offset tradizionale all’uso di tecnologie per la stampa digitale. Il passaggio è epocale in quanto i componenti cardini della stampa Offset vengono fusi, o in molti casi, sostituiti da componenti derivanti dalla comune stampa digitale (per capire meglio le tecnologie che abbiamo comunemente in casa nelle nostre stampanti). Quindi l’editoria soggetta a un’accanita concorrenza da parte di questi sistemi punta la sua attenzione verso la stampa digitale soprattutto nelle piccole e medie tirature. Vediamo quindi vediamo formarsi negli ultimi anni un nuovo mercato emergente delle
62
tecnologie per le stampe digitali. Nel prossimo paragrafo ne vedremo le principali case costruttrici. 5.1 Principali case costruttrici Tra le principali case fornitrici e costruttrici di queste rivoluzionarie tecnologie per la stampa digitale abbiamo HP© (Hewlett-Packard Company), la Xerox©, e la Kodak©.
Tra di esse l’americana HP© con più di 10 anni di esperienza, in questo settore emergente della stampa, fa di essa la principale case costruttrice di riferimento delle tecnologie di stampa Offset Digitale e della stampa INKJET WEB PRESS©32. Grazie all’acquisione nel 2000 della Indigo© , famosa casa costruttrice di macchine digitali per la stampa da cui deriva la serie di macchine HP Indigo©, la HP© ha potuto usufruire delle conoscenze digitali Indigo© (di per se tra le aziende più innovative del settore)33 e fonderle con le tecnologie della stampa Offset tradizionale. Nei prossimi paragrafi vedremo le soluzioni tecnologiche delle serie HP Indigo© e i principali modelli di riferimento per i vari ambiti di mercato.
32 33
http://h10088.www1.hp.com/cda/gap/display/main/index.jsp?zn=gap&cp=20000-13698-16021_4041_9__
http://en.wikipedia.org/wiki/Indigo_Digital_Press
63
5.2 Le tecnologie HP INDIGO© Prima di proseguire nell’illustrare i modelli principali di macchina Offset Digitale prodotto dalla HP Indigo© andiamo in questo paragrafo a specificare le tecnologie digitali che compongono le macchine HP Indigo©. Le novità apportate alla tradizionale stampa Offset si posso riassumere in 3 gruppi principali: gruppo stampa, Inchiostri, gestione flussi di lavoro. Cominciando dalle novità introdotte al gruppo stampa va specificato che tecnicamente i cilindri di stampa rimangono principalmente tre, ma variano le loro funzioni tecniche. Il cilindro di stampa “porta forma” viene sostituito da un particolare cilindro chiamato PIP. Tale componente è un cilindro sulla cui superficie vi è applicata una speciale pellicola isolante che durante il processo di stampa viene caricata elettricamente da uno speciale gruppo atto a tale scopo chiamato
gruppo
Scotron.
Successivamente
sulla
pellicola
caricata
elettricamente viene depositato, o meglio dire scaricato, l’immagine virtuale attraverso laser. Dopo questo passaggio sull’immagine virtuale presente sul cilindro PIP viene applicato lo speciale inchiostro prodotto proprio dalla HP© HP Elettroink©. Questo inchiostro reagirà solo con i grafismi “virtuali” dell’immagine presente sul cilindro PIP aderendovi. Dopo i vari passaggi di sovrapposizione dei quattro colori CMYK e dei colori Pantone© (a discrezione dell’operatore) l’immagine passa nell’essere un’immagine virtuale (composta da grafismi incisi con laser) ad un’immagine fisica (o reale). Nel momento in cui l’immagine fisica è composta essa viene trasferita al cilindro blanket chiamato ITM il quale per permettere all’inchiostro di aderire sul foglio deve essere riscaldato con temperature comprese tra 130 – 160 °C in modo che
64
l’inchiostro Elettroink© fonda andando a formare una pellicola sul cilindro blanket. Tale pellicola infine sarà poi trasferita al foglio andando a formare l’immagine stampata, dopo l’applicazione bisogna attendere qualche instante affinché la pellicola si raffreddi e si indurisca.34
Fonte : Documenti Ufficiale HP Indigo©
Per capire meglio tale processo deve essere ben chiaro cosa sia l’inchiostro HP Elettroink©. Tale prodotto è composto da una miscela di vari polimeri sintetici al cui interno sono contenuti pigmenti con particelle elettronicamente cariche negative o positive (ciò dipende dalla modalità di incisione laser la quale può essere effettuata con cariche positive o negative) le quali reagiscono aderendo alle parti incise a laser presenti sul cilindro PIP.
34
Documento Ufficiale HP Indigo, Digital Offset Color, 2008
65
HP ElectroInk Type
Brand
C
M
Acrylic Coated
Magnostar
7
2
6-7
3
6
6
SBR Coated Gloss Condat Gloss SBR Coated Gloss Samarkand SBR Coated Matte Condat Matte SBR Coated Matte Perigord Uncoated
Hadar Top
6-7 2-3
Y
K
Testing standard used
1-2 4-5
ISO 4892-1
3
4-5
ISO 4892-2
4
4
3
4-5
Offset Ink
ISO 105 B02
C
M
Y
K
Acrylic coated
5
3
1
4
BS 1006B02
SBR Coated Gloss
6
2-3
1
4
BS 1006B02
ISO 4892-2
6
6
4
4
ISO 105 B02
6-7
5
3-4
3
ISO 105 B03
Fonte : Documenti Ufficiale HP Indigo©
Tale inchiostro viene veicolato e quindi diluito in olio minerale (Imaging Oil ©) il quale viene tenuto costantemente a determinate temperature per tenerlo il più possibile fluido. Durante il processo di trasferimento dell’immagina fisica dal blanket al foglio in questo passaggio per shock termico l’olio minerale (Imaging Oil©) evapora lasciando depositare sul foglio unicamente i pigmenti del colore35. Oltre all’ Elettroink© la HP© produce inoltre per alcuni particolari modelli di sua costruzione ad altissime tirature (come la T-300) un particolare inchiostro chiamato Thermo InkJet©. Come si può intuire dal nome tale tecnologia sfrutta la già ormai nota tecnica di stampa Ink Jet (utilizzata nelle comuni stampanti di casa) per la produzione ad altissime tirature di particolari modelli HP Indigo©. I vantaggi produttivi e commerciali di queste macchine sono notevoli. Infatti l’analisi di riviste specializzate del settore sottolineano i vantaggi commerciali
dei macchinari HP Indigo© con tecnolgia Thermo
InkJet© i quali permettono, anche su altissime tirature, una riduzione dei costi
35
Documento Ufficiale HP©, HP_ElectroInk_FAQ_April_2010
66
di produzione dando inoltre qualità digitale al prodotto stampato 36. In conclusione oltre alle svariate soluzioni tecniche per i processi di stampa digitali la HP© mette inoltre a disposizione di propri clienti soluzioni tecnologiche in grado di ottimizzare al meglio la gestione dei flussi di lavoro con i server di stampa HP Smartstream Production©.
Fonte : Documenti Ufficiale HP Indigo©
Questi server permettono la gestione, da parte dell’operatore, di tutte le funzionalità avanzate integrate nelle macchine da stampa HP Indigo © . Funzionalità come gestione dei colori (sia CMYK che Pantone©), gestione dei dati variabili, code di produzioni, gestione dei Menabò, intercomunicazioni tra le varie macchine HP Indigo© (questo nel caso in cui siano presenti più macchine HP Indigo©
in uno stessa tipografia), il tutto consultabile da
qualsiasi postazione attraverso un’interfaccia grafica semplice e intuitiva 37.
36 37
www.hp.com/go/inkjetwebpress Documento Ufficiale HP©, Smarstream_Pro
67
Fonte : Documenti Ufficiale HP Indigo©
5.3 Le macchine HP INDIGO©. Le principali macchina da stampa HP Indigo© a offset digitale si suddividono in vari tipologie di macchine progettate e strutturate per rispondere a determinate necessità di mercato. Nelle tipologie di macchine da stampa a tirature comprese tra le 3,5 milioni di pagine a colori e le 5 milioni di pagine in b/n mensili abbiamo la HP Indigo 7000©. Tale macchina permette la stampa di 120 pagine a colori formato A4 al minuto e di 240 pagine al minuto in b/n38.
38
Documento Ufficiale HP©, HP INDIGO 7000
68
HP Indigo© 7000
Le caratteristiche principali dei macchinari HP Indigo© sono l’enorme duttilità dei processi produttivi e la praticità d’uso delle proprie tecnologie, infatti si possono apportare facilmente ,ed in qualsiasi momento, modifiche all’ opera in stampa. Inoltre l’interfaccia a sfioramento, multitouch,
permette
all’operatore di operare le modifiche e di regolare i flussi di lavoro attraverso i server di stampa prima descritti. Continuando nell’analisi dei macchinari HP Indigo© nel caso in cui si necessita di stampe con tirature comprese tra i 7,5 milioni di pagine a colori e le 30 milioni di pagine in monocromia mensili si può avere a disposizione la HP Indigo W7200 ©. A differenza della sua sorellina minore, la HP Indigo 7000©, la W7200© permette la stessa qualità di stampa digitale anche su medie tirature con possibilità di stampa di 480 pagine a colori su formato A4 al minuto e di 960 pagine in b/n al minuto39.
39
Documento Ufficiale HP©, HP INDIGO W7200
69
HP Indigo© W7200
Nel settore di stampa di etichette ed imballaggi la HP © presenta la Indigo WS6000© la quale permette la stampa di 30 metri al minuto di etichette ed imballaggi per un complessivo che può arrivare dai 90.000 ai 300.000 metri lineari al mese. A differenza invece delle rivali stampe tradizionali le quali arrivano a un massimo di 120.000 metri lineari al mese. Dai numeri si delinea che in questo settore merceologico HP Indigo WS6000© si dimostra un ottima soluzione produttiva in quanto con tempi e costi inferiori offre una maggiore produttività nei confronti delle concorrenza con qualità digitale dei propri prodotti40.
HP Indigo© WS6000
Nel settore ad altissime tirature si sta facendo sempre più spazio la tecnologia di stampa Ink Jet in sostituzione dei vecchi procedimenti di stampa. La HP© in tale settore presenta la sua ultimissima macchina ritenuta
40
Documento Ufficiale HP©, HP INDIGO WS6000
70
da molti specialisti del settore una delle principali rivali delle macchina da stampa convenzionali, la HP Indigo T-300©.
HP Indigo© T-300 Color InkJet Web Press
Come già accennato in precedenza tale macchina sfrutta la tecnologia di inchiostro Thermo InkJet la quale per sua natura viene, a differenza dell’ Elettroink© , gittata direttamente sul supporto cartaceo cartaceo. La T-300© permette la stampa di ben 122 metri al minuto in risoluzione digitale 1200 x 600 dpi con la possibilità di utilizzare carte con grammature che possono variare dai 40 gm2 ai 350 gm2 41.Dai numeri si può capire che tale macchina potrà nei prossimi anni farsi sempre più strada nel mercato delle stampe ad altissime tirature in quanto in grado di sostituire le macchine di stampa convenzionali per costi di produzione e soprattutto per la qualità di stampa digitale garantita. In conclusione va detto che la T-300© è un macchinario frutto delle sperimentazioni tecniche – tecnologie che negli ultimi 10 anni ha portato l HP© alla formulazione di vari tipologie di modelli di macchina in cui man mano sono state sperimentate tutte quelle soluzioni tecniche le quali hanno permesso l’evoluzione e la formulazione in ultimo di questa straordinaria tecnologia.
41
Documento Ufficiale HP©, HP_INKJET_WEB_PRESS_T300
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Opere e Progetti
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73
74
Conclusioni Alla fine di questo mio percorso di studi mi accingo a formulare le considerazioni finali di tutto ciò che abbiamo analizzato sino ora. Come è stato già detto sin dal principio i motivi principali , della formulazione di questo particolare percorso di studi, risiedono nell’esigenza di affrontare i temi tecnici – tecnologici che la stampa si appresta ad affrontare nei prossimi anni e di porgere l’attenzione sugli stessi cercando di intuire (anche se siamo solo all’inizio di questo epocale passaggio) quelli che saranno i nuovi orizzonti della stampa. La stampa nasce dall’esigenza di comunicare il pensiero umano attraverso un canale (testi, codici, libri) in grado di essere fruibile, a un sempre maggiore numero di persone, e di essere duraturo nel tempo. La natura stessa della stampa viene ulteriormente definita nei vari processi evolutivi (in particolar modo dal XIX secolo in poi). Infatti dal XIX secolo in poi si cerca di aumentare semplicemente le potenzialità produttive dei processi di stampa attraverso la formulazione di macchinari o tecnologie in grado di dare un sempre maggiore numero di tirature (o copie) in modo da raggiungere nel modo più capillare possibile le grandi masse. Nello stesso momento e’ indubbio che la stampa, dalla metà dal XX secolo in poi, viene man mano soppiantata dai nuovi sistemi di comunicazione di massa i quali modificano radicalmente le strategie di comunicazione. Le potenzialità di tali mezzi (televisione prima, internet poi) sono notevoli. Ulteriori sistemi in aggiunta ai due prima citati (i quali aumentano il già profondo divario che esisteva tra le stampa e i nuovi mezzi di comunicazione di massa) sono gli ultimissimi E-Books Reader i quali (a detta di molti) sono considerati i sistemi
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che sostituiranno definitivamente la stampa. Come già abbiamo accennato negli ultimi paragrafi gli e-books erano noti agli internauti sin dai primi anni 90’, ma ciò che impediva a tali sistemi di affermarsi erano le tecnologie con cui essi venivano consultati. Tali tecnologie erano ancora troppo rudimentali e inadatte alle scopo. Infatti i tradizionali schermi dei PC retroilluminati con risoluzioni piuttosto scadenti (ricordiamo che gli schermi TFT e LED ad alta risoluzione fanno la loro comparsa nei personal computer solo negli ultimi anni) rendevano la consultazione degli e-books stancante per la vista e quindi complessivamente scomoda. Gli E-Book Readers sono devices (dispositivi) composti da schermi ad alta risoluzione e nella maggior parte non retroilluminati (vedi Kindle© prodotto dalla Amazon©). Perciò la lettura di tali “libri elettronici” risulta più gradevole. Per contro va detto che così come è indubbio la praticità e la potenza divulgativa di tali nuovi
sistemi di
comunicazione va sottolineato nello stesso momento che la maggior parte di essi convivono con un particolare controsenso. Il quale fa sorgere dei forti dubbi sulla loro vera valenza tecnologica. Infatti questi devices non fanno altro che riprodurre (in termini digitali) ciò che accade nella semplice lettura dei normali libri. Ovvero attraverso animazioni effettuate attraverso l’utilizzo della computer grafich tali dispositivi riproducono tutti quei movimenti o consuetudini che accadevano nella tradizionale consultazione di libri cartacei (semplice sfogliare delle pagine attraverso il tocco o la suddivisione delle pagine “impaginazione” cosi come era nei comuni libri ecc…) Ciò fa nascere degli importanti quesiti: tali dispositivi rivoluzioneranno davvero il modo di accedere alla lettura? O semplicemente si limiteranno alla più fedele
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emulazione dei vecchi sistemi di consultazione, di lettura e di impaginazione dei comuni libri cartacei?. Tali quesiti possiamo che la stampa anche se “soppiantata dalle potenzialità di tali sistemi di comunicazione”, essa rimane comunque un riferimento continuo nella formulazione di qualsiasi nuovo sistema di comunicazione che usufruisce della lettura come metodo di fruizione di informazioni. E che quindi secoli di regole di impaginazione (o Layout) non possono da un giorno all’altro sparire del tutto. Quindi centinaia di studiosi, tecnici (o comunque personaggi che hanno in un modo o nell’altro segnato la stampa e le arti grafiche) hanno nel tempo costruito e costruito il modo stesso con cui ci si accede alla lettura e di conseguenza il modo con cui si accede al sapere umano. In tal caso al mio percorso “teorico” di studi ho affiancato un personale percorso pratico in cui mi sono indirizzato verso la sperimentazione delle più antiche regole di impaginazione conosciute. In una prima fase ho sperimentato ed approfondito gli schemi di impaginazione effettuati attraverso l’applicazione del principio matematico aureo (da cui si ricava la sezione aurea) sulla composizione da me formulata. In una seconda fase invece mi sono concentrato verso la ricerca dell’equilibrio delle forze presenti all’interno della composizione ispirandomi ai quadri dell’artista Pet Mondrian. Mondrian nella sua fase artistica finale infatti formulava le proprie opere attraverso il solo utilizzo di forme e colori i quali comunicando tra loro formano una permetta armonia compositiva. << Cosa voglio esprimere con la mia opera? Niente di diverso da quello che ogni artista cerca: raggiungere l’armonia tramite l’equilibrio dei rapporti tra linee, colori e superfici. Solo in modo più nitido e più forte. >> Piet Mondrian
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Perciò ispirandomi anchâ&#x20AC;&#x2122; io al lavoro compositivo del grande maestro ho formulato le mie opere attraverso gli stessi schemi compositivi utilizzando scatti fotografici da me effettuati convertiti ai quattro colori della stampa (CMYK).
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Bibliografia
Jean-François Gilmont, Dal manoscritto all’ipertesto, Le Monnier Università/ Lingue e Letterature.
Michele Spera, Abecedario del grafico “La progettazione tra creatività e scienza”, Gangemi Editore.
David Dabner, Design & Layout” Dalla teoria al progetto grafico”, Hoepli.
Daniele Baroni, Il Manuale del Design Grafico, Longanesi.
Adalberto Monti Claudio Rimondi Luca Rinaldi , Come Ottenere la massima qualità di stampa, Artiere Edizioni Italia.
Adalberto Monti Angelo Picciotto, La stampa Offset Collana tascabile delle Arti Grafiche, In Edition.
N.G Chamberlain, Il tessuto gommato per Offset, Progresso Grafico.
Documenti Ufficiali HP©.
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Sitografia
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http://h10088.www1.hp.com/cda/gap/display/main/index.jsp?zn=gap& cp=20000-13698-16021-16033_4041_9__
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www.hp.com/go/inkjetwebpress
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http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale
http://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_industriale
http://it.wikipedia.org/wiki/Contrografismo
http://it.wikipedia.org/wiki/Luce
http://it.wikipedia.org/wiki/Colore
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http://www.youtube.com/?gl=IT&hl=it
http://www.youtube.com/user/HPGraphicArts
http://www.youtube.com/watch?v=TdWYXhG0rJ4
http://www.youtube.com/watch?v=bNp_6KM0msk&feature=related
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http://www.youtube.com/watch?v=1rQMaClKp9I
http://www.youtube.com/watch?v=B_kUj-IXfdM
http://www.stampamedia.net/index.php?page=Notizie.Dettaglio&id=10 05
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“…capita anche a te di pensare che al di là del mare vive una città dove gli uomini sanno già volare…” Antonello Venditti, Ricordati di Me, 1988.
Rivolgo il più profondo affetto a tutti coloro che mi hanno sostenuto. E particolare gratitudine va alla S.V Maria sperando che illumini sempre il mio cammino.
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