Design Beyond Earth _ H O R I Z O N sviluppo di un sistema di supporto alla vita in microgravitĂ
Dario Martini matr. 267526
Tesi di laurea
Corso di laurea specialistica in disegno industriale del prodotto – clasDIP
Titolo tesi di laurea Cognome e nome Matricola n. Anno accademico
Relatore Correlatore Sessione di laurea
Design Beyond Earth Dario Martini 267526 2009–2010
prof. Arturo Vittori prof. Andreas Vogler luglio 2010
Firma Firma
I
Abstract
Cognome e nome Corso di laurea Sessione di laurea
Titolo tesi o elaborato finale Relatore (tesi di laurea)
Dario Martini corso di laurea specialistica in disegno industriale del prodotto luglio 2010
Design Beyond Earth prof. Arturo Vittori
Supervisore (elaborato finale) Correlatore
prof. Andreas Vogler
Abstract in italiano Testo:
Il progetto nasce in risposta agli ultimi sviluppi nel campo aerospaziale, che vede per i prossimi anni una crescita senza precedenti delle iniziative a carattere privato e commerciale: Abstract in inglese esse andranno ad affiancarsi ai progetti di interesse pubblico e scientifico, snellendone i tempi e le procedure, ed apportandovi nuove risorse Testo: tecnologiche e monetarie. Al rinnovamento strutturale del settore non corrisponde ancora un effettivo riscontro in termini di qualità progettuale, ed è sulla base di questa lacuna che Abstract vogliamo andare ad apportare il contributo dell’industrial design, migliorando i L’abstract è una sintetica esposizione scritta della tesi di laurea o dell’elaborato finale da redigere in lingua italiana e ineinglese. sistemi le interfacce coi quali ogni giorno gli astronauti si trovano ad operare, L’abstract, deve essere di almeno 2000 battute (per ogni versione), e può essere eventualmente corredato il contesto in del cuilavoro. sono chiamati a vivere, un mondo al di fuori dall’ordinario, daed immagini di sintesi L’abstract trasmesso dalladasegreteria didattica alla stesso commissione di laurea nel sito della pieno disarà problematiche risolvere, ma allo tempo dotatoe pubblicato di un fascino facoltà www.iuav.it/fda. inesauribile. L’ambiente spazio richiede una nuova fruibilità, nuovi strumenti, nuove infrastrutture, per essere sfruttato, vissuto, e goduto come merita. Gli sforzi necessari ad apportare questo contenuto di innovazione sono notevolissimi, ed in questo si colloca la nostra scelta di andare a sfruttare quanto più possibile
II
Abstract
ciò che già esiste, e le più efficaci tra le soluzioni tecnologiche già realizzate, Cognome e nome ottimizzando Corso di laureagli investimenti ed abbreviando i tempi di costruzione. Sessione di laurea In particolare, abbiamo scelto di accorpare il nostro modulo alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), sfruttandone i sottosistemi già presenti, e di effettuarne la messa in orbita con il vettore Falcon 9, un razzo privato di assoluta avanguardia, Titolo tesi o elaborato finale economico e riutilizzabile. Relatore (tesi di laurea)
Forti del supporto di questi mezzi, ciò che andiamo a proporre è un modulo Supervisore (elaborato finale) polifunzionale orientato al benessere e allo svago degli astronauti ed — in un Correlatore prossimo futuro — dei turisti che vorranno provare l’emozione di un volo in gravità zero con vista sul pianeta Terra. Basandoci su di una struttura interamente gonfiabile, sostenuta da uno scheletro Abstract in italiano pieghevole, ed abbinata ad una cupola sferica destinata alla coltivazione Testo: sperimentale di vegetali ed alla libera visione dell’esterno, ci ispiriamo nella costruzione del modulo al noto progetto TransHab, rispetto al quale miglioriamo ulteriormente lo sfruttamento dei volumi, prevedendo ampi spazi aperti e riconfigurabili, all’interno dei quali vivere l’esperienza dello spazio in modo sempre Abstract in inglese più naturale e diretto, in modo sicuro e semplice, alla portata di tutti. Testo:
All'interno del modulo, conviveranno quindi gli interessi scientifici e di turismo, per mezzo di una piattaforma per lo studio e l'utilizzo di specie vegetali terrestri ed acquatiche in gravità ridotta, ed il loro diretto impiego come fonte primaria Abstract per l'alimentazione a bordo ed il ricambio d'aria.
L’abstract è una sintetica esposizione scritta della tesi di laurea o dell’elaborato finale da redigere in lingua italiana e in inglese. Impostati su essere criteridi almeno di massima riduzione ingombri componenti, gli corredato L’abstract, deve 2000 battute (per ognidiversione), e puòe essere eventualmente da immagini di sintesi del lavoro. allestimenti interni permetteranno un soggiorno piacevole ed un'operatività L’abstract sarà trasmesso dalla segreteria didattica alla commissione di laurea e pubblicato nel sito della sicura, riconfigurandosi con l'evolvere delle ricerche e delle tecnologie, per mezzo facoltà www.iuav.it/fda.
di una strategia di completa modularità, ispirata alle passate esperienze della storia del design e della progettazione aerospaziale, e tesa verso un'impostazione di fondo di completa multidisciplinarietà.
III
Titolo tesi o elaborato finale Relatore (tesi di laurea) Supervisore (elaborato finale) Correlatore
Abstract in italiano Testo:
Abstract
Abstract Cognomeine inglese nome Corso di laurea Testo: Sessione di laurea
Our project is born in light to the latest developments in the aerospace industry that has undergone unprecedented and revolutionary changes regarding private Abstract Titolo tesi o elaborato finale the role of private investors and companies in this sector and commercial aspects: L’abstract è una sintetica esposizione scritta della tesi di laurea o dell’elaborato finale da redigere in lingua italiana e (tesi in inglese. Relatore di laurea) will increase exponentially in the forthcoming years, with several commercial L’abstract, deve essere di almeno 2000 battute (per ogni versione), e può essere eventualmente corredato Supervisore finale) da immagini already di(elaborato sintesi del lavoro. and in development. projects, planned
L’abstract sarà trasmesso dalla segreteria didattica alla commissione di laurea e pubblicato nel sito della Correlatore facoltà www.iuav.it/fda. Thanks to President Obama’s latest changes regarding NASA’s annual budget,
the agency has to rely on private and commercial companies to taxi cargo and astronauts into space, changes that are about to open new economic corridors.
Abstract in italiano
Time Testo:
has arrived where human traffic is about to increase in the most extreme environment known to human beings, thus new instruments and infrastructures need to be created, lived in, and enjoyed, from scientific, industrial and touristic point of view. The move to bring design and innovation into this sector is starting to emerge, and Abstract in inglese it’s exactly here where our role as industrial designers is and needs to be based, Testo: to analyze and use the already existing research and technologies done for many years, optimize them, minimize construction times, and make them available to all. Our project regards the construction of a module destined to be attached and
Abstract trialed on thesintetica (ISS) the missionscritta of which hasdi recently been prolonged until 2020in lingua L’abstract è una esposizione della tesi laurea o dell’elaborato finale da redigere italiana e in inglese.even more, by doing so we can use all the ISS’s already existing and probably L’abstract, deve essere di almeno 2000 battute (per ogni versione), e può essere eventualmente corredato thus reducing dasubsystems immagini di sintesi del lavoro. the complexity of the project itself. L’abstract sarà trasmesso segreteria didattica commissione di laurea pubblicato For what regards the dalla transportation of the alla module into space, we ehave taken nel intosito della facoltà www.iuav.it/fda.
consideration the commercial Falcon 9 rocket on which NASA has to rely in the coming years. Our project is a multipurpose regeneration module destined to the well-being of the astronaut’s living aboard the ISS, and why not for tourists in the not too distant
IV
Abstract
future, that are keen to try the emotions of living in zero g environments while Cognome e nome admiring the beauty of our planet earth, and why not maybe ad-hoc temporary Corso di laurea scientists. Sessione di laurea Our structure is based on an entirely inflatable module, sustained by foldable skeletons, and attached to another inflatable sphere destined to experimental Titolo tesi o elaborato finale that can be used for food and oxygen while providing cultivation of vegetables Relatore (tesi di laurea) an outside view. Supervisore (elaborato finale)
The project is the merger of various already researched concepts like Transhab, Correlatore Space Haven and so on, by doing so we have the goal to make better use of the relatively vast volumes, better yet to give to the people abroad the space that they need to pass their free time rather than be closed in the noisy tin-cans. in italiano ItAbstract is time to start creating human centered structures rather than machineTesto: centered ones.
Abstract in inglese Testo:
Abstract L’abstract è una sintetica esposizione scritta della tesi di laurea o dell’elaborato finale da redigere in lingua italiana e in inglese. L’abstract, deve essere di almeno 2000 battute (per ogni versione), e può essere eventualmente corredato da immagini di sintesi del lavoro. L’abstract sarà trasmesso dalla segreteria didattica alla commissione di laurea e pubblicato nel sito della facoltà www.iuav.it/fda.
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INDICE
Indice frontespizio abstract indice premessa
I II VII XI
introduzione concept analisi microgravitĂ confinamento radiazioni life support systems piante ed ecosistemi infrastrutture di supporto comparativa ispirazione designer architetti ambienti prodotti fantascienza strategie progetto impostazione ambiente benessere tecnologie la cupola sferica modello conclusioni tavole
001 033 041 042 058 060 062 066 080 082 087 088 096 102 104 107 108 111 112 113 114 115 116 118 121 127
fonti referenze iconografiche bibliografia sitografia
149 150 160 166
dichiarazione di consultabilitĂ
171
VII
a chi mi ha guidato, incoraggiato, sostenuto, sopportato, durante questi mesi, GRAZIE
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"It all must start with an inspired, spontaneous idea." Raymond Loewy
IX
X
PREMESSA
Premessa Una lunga storia Fin dagli albori della civiltà, lo sguardo degli uomini ha sfidato le profondità della volta celeste, dapprima ammirandola con timoroso stupore, per poi dedicarvisi con sempre più attenzione e metodo, studiando i corpi che la costituiscono, ed osservandone il ricorrere nel tempo. Negli astri e nei loro cicli si sono proiettati aspirazioni e destini dei popoli antichi, sin dagli Egizi, che nel cielo e nei suoi moti hanno riconosciuto il mondo ultraterreno, scritto sulle membra dell’incantevole dea Nut, e dominato dal dio Ra, il sole, dispensatore di ogni energia. Tra le stelle e i pianeti si è individuata la stessa natura del mondo e delle cose, interpretata da ciascuna cultura sulla base delle sue usanze e suggestioni, sfociate nelle innumerevoli credenze cosmogoniche che tuttora conosciamo, e le cui propaggini in larga parte influenzano ancora il nostro immaginario dell’uomo e la nostra idea della sua collocazione nel mondo.
rappresentazione della volta celeste secondo gli Egizi
001
Per renderci conto di quanto la nostra idea del cosmo e della sua morfologia abbiano significato per le forme e gli argomenti del nostro pensiero, basti pensare alla filosofia di Platone e all’intima corrispondenza che traccia con la sua visione dei corpi celesti e della loro configurazione gerarchica e formale, o alla strenua difesa del sistema tolemaico che ebbe a ingaggiare la Chiesa di Roma, in quanto affine alla versione implicitamente fornita nell’Antico Testamento. Nondimeno essenziale è ciò che osservando il cielo si è riusciti a comprendere nel campo della fisica, da Galileo a Newton, le cui scoperte sulla meccanica degli astri e sulla gravitazione spiegano tuttora le traiettorie di ogni corpo in movimento nello spazio, compresi quelli che anche grazie a queste ed altre scoperte lo stesso uomo è riuscito a costruire e lanciare, nell’arco del secolo trascorso dal volo del primo mezzo più leggero dell’aria, e del cinquantennio dal primo volo spaziale.
XI
PREMESSA In questo periodo, così breve eppure così denso di evoluzioni e progressi, secoli di sogni ed intuizioni hanno finalmente trovato la possibilità di sfociare in studi concreti e in realizzazioni pionieristiche, che hanno a loro volta alimentato l’immaginario comune, accendendo un’autentica e diffusa passione per la tecnologia e la vita al di là del nostro pianeta. “Amo ogni genere di razzi”, riferisce ad un giornalista un ragazzo dodicenne del Michigan, nel 1969, alla vigilia dello sbarco sulla luna, “Vorrei fare l’astronauta. Mi sembra proprio un bel mestiere. Avrei una buona paga, e ad ogni missione scoprirei qualcosa di nuovo”. Le sue parole rivelano un sentimento esteso, in quel decennio, alla stragrande maggioranza delle giovani generazioni, in particolar modo negli States, ed amplificato da una strategica e massiccia diffusione di fumetti, riviste, giocattoli, serie tv, che andavano strizzando l’occhio ad un futuro – ormai non più vagheggiato bensì promesso – fatto di robot, capsule, moduli pressurizzati. Per i giovani cresciuti negli anni ’70, la prospettiva di lunghi e avventurosi viaggi nello spazio è così uscita dall’immaginario fantastico di un Dan Dare o di un Flash Gordon, collocati in improbabili e distanti futuri, imponendosi quale realtà ormai segnata, scritta, prossima a realizzarsi. La stessa luna, musa aliena e suadente di memorabili viaggi letterari ad opera di autori tra i quali non possiamo non citare nomi del calibro di Ludovico Ariosto, Cyrano de Bergerac, Edgar Allan Poe e Jules Verne, meta di suggestive e irreali escursioni sin dagli albori della settima arte, da Georges Méliès a Fritz Lang, è improvvisamente passata dal ruolo di uno stravagante spazio dell’umana fantasia, a quello di una vicina compagna della terra e dei suoi abitanti, raggiungibile coi mezzi della moderna tecnologia, e prossima a sostenerlo nei suoi futuri progetti di esplorazione e colonizzazione interplanetaria.
cittadini moscoviti seguono il volo del modulo Luna 2, primo satellite a raggiungere la luna, 1959
XII
002
PREMESSA La stessa atmosfera di novità ed entusiasmo non ha potuto non contagiare anche la società adulta, per la quale la corsa allo spazio ha costituito l’entusiasmante risvolto mediatico di una congiuntura politico-economica segnata dai protagonismi e dalle rivalità della Guerra Fredda, e di un contesto di cultura materiale caratterizzato dal ribollire di notevoli e contrapposte utopie, impegnate a disegnare il domani dell’umana specie in virtù delle meraviglie e dei rischi del suo sudato eppure imprevisto presente.
articolo in prima pagina sull’Huntsville Times per l’impresa di Yuri Gagarin, 12 aprile 1961
003
copertina di LIFE, 3 marzo 1961
005
004
pubblicità francese di sigarette, anni ‘60
XIII
PREMESSA L’influsso che le tematiche e le estetiche della space age hanno determinato nella vita più quotidiana e terrestre di ciascuno di noi ha un’eco immediata e lampante in ciò che ha mosso in particolare nei mondi dell’architettura e del design, da sempre spazi cardinali per la riflessione sui luoghi e gli oggetti del vivere, ambienti di germinazione e crescita di visioni progettuali del futuro. Il clima di ottimismo e di fiducia nel progresso che si è andato a formare ha quindi plasmato arredi, abbigliamento, architetture e oggetti d’uso, dando nuova linfa allo stesso concetto di futuribilità, e consegnando ai giorni nostri memorabili immagini, segnate da colori sgargianti e geometrie essenziali, materiali innovativi e spazi minimi, configurabili, modulari.
Vico Magistretti, Eclisse, Artemide, 1966
Matti Suuronen, Futuro House, 1968
XIV
006
Kisho Kurokawa, Nakagin Capsule Tower, 1972
006
008
PREMESSA La sfida dello spazio ha dimostrato in modo definitivo e inappellabile come il modello di vita e di sviluppo storicamente determinatosi nella cultura moderna possa e debba essere ancora discusso, alla luce della nostra limitata conoscenza dell’universo e delle sue possibilità. Il lavoro e la vita domestica sono stati ripensati a partire dalla spinta radicale imposta dal confronto con situazioni e ambienti minimali, dove ogni cosa va ottimizzata, e molto di ciò che riteniamo scontato e indiscutibile va invece ripensato alla luce di una maggiore semplificazione, e di un migliore adattamento alle reali necessità primarie dell’uomo e della società. Lo spazio ci ha catturati, con i prodigi della scienza e della tecnologia, e le inedite meraviglie e difficoltà di viaggi lunghi mesi e giorni, spazi dominati dal freddo e dal silenzio, da visioni inedite, e dalla straniante sensazione che l’aria e la gravità, e con esse tutto ciò che diamo ogni giorno per scontato, altro non sono che specifiche e fortunate condizioni di cui solo il nostro pianeta è provvisto, e che per essere ricreate altrove necessitano di sforzi ed imprese difficili anche solo da concepire.
macro-colonia a sezione cilindrica, concept NASA, anni ‘70
009
XV
PREMESSA Il contesto attuale Il momento nel quale viviamo costituisce la vigilia di un cambiamento epocale nella storia della conquista e dello sfruttamento dello spazio. Ciò a cui stiamo iniziando ad assistere è, in prima istanza, una crescita senza precedenti delle iniziative a carattere privato e commerciale, che stanno progressivamente andando ad affiancarsi ai progetti di interesse pubblico e scientifico, snellendone i tempi e le procedure, ed apportandovi nuove risorse tecnologiche e monetarie. Le tensioni che alimentano questo ribollire di nuovi investimenti e prove non si limitano ad una mera corsa al primato, ma si inseriscono bensì in un attento contesto di investimenti a lungo termine, destinati a rendere lo spazio e le sue specificità una strategica risorsa commerciale. Ad alimentare questo cambiamento vi è stato un insieme di concause, che spaziano dall’evoluzione tecnologica, all’operato di alcune figure pionieristiche, a orientamenti di carattere politico. Tra i pionieri della nuova era dello spazio, non possiamo non citare Burt Rutan, ingegnere aerospaziale americano classe 1943, noto per l’originalità dei suoi progetti, le forme stravaganti di alcuni fra i suoi concept, e la straordinaria abilità nel progettare strutture iperleggere, capaci di competere con i modelli più studiati ed affermati, e di eccellere per la loro maneggevolezza ed efficienza. Ma ciò per cui Burt Rutan è ancor più celebre, è la passione con la quale è riuscito ad entrare nella storia dell’aeronautica, dapprima col modello Voyager (1984), il primo velivolo al mondo ad aver compiuto un intero giro del mondo senza alcuna sosta, e più recentemente col progetto SpaceShipOne, che gli è valso, nel 2004, l’ambito Ansari X-Prize, il premio di 10 milioni di dollari ideato nel 1995, e destinato a promuovere le iniziative spaziali a carattere privato.
Burt Rutan e sir Richard Branson in uno degli hangar del progetto SpaceShip
XVI
010
PREMESSA Il team di Rutan, finanziato dal co-fondatore di Microsoft, Paul Allen, e prodotto dalla Scaled Composites, ed alimentato da un motore prodotto dalla SpaceDev, si è aggiudicato il premio il 4 ottobre 2004, quarantasettesimo anniversario del lancio dello Sputnik 1, riuscendo a compiere per due volte consecutive un volo pilotato oltre i 100 km di quota (ovvero, oltre la cosiddetta Linea di Kàrman, che delimita i confini dello spazio, ed oltre la quale il cielo perde la sua comune colorazione azzurra, disciogliendosi nel nero del vuoto celeste). L’impresa di Rutan, che soltanto dieci anni prima appariva ai limiti dell’impossibile, ha dimostrato con quale vigore e dinamismo un progetto privato possa eguagliare i successi delle grandi società governative, in primis la NASA, che versa invece in condizioni di sempre più marcata ristrettezza. Il progetto, balzato agli onori della cronaca, ha ben presto incontrato l’interesse di un altro visionario, sir Richard Branson, patron di Virgin, che ha deciso di collaborare con Rutan per consentirgli lo sviluppo di un nuovo spazioplano, lo SpaceShipTwo, destinato al trasporto di turisti nello spazio, fino a sperimentare l’assenza di gravità. I voli, già prenotati in gran numero, nonostante l’elevato costo del biglietto, pari a $ 220,000, partiranno nel 2011. Per l’occasione, si è scatenato un grande fervore mediatico, e si è costruito un vero e proprio sistema, con tanto di uno specifico marchio, la Virgin Galactic, ed uno spazio-porto dedicato, in fase di realizzazione, il cui progetto è stato curato dall’architetto Norman Foster. Particolare cura è stata riservata anche all’estetica degli interni, progettati dallo studio Seymourpowell, ed all’immagine coordinata, sviluppata da Philippe Starck. In seguito al grande exploit della Virgin, numerose altre aziende si sono unite per sviluppare progetti analoghi, fiutando il business. Tra queste, citiamo il progetto Astrium Space Jet, dell’europea EADS, anch’esso operativo già il prossimo anno, e curato per quanto riguarda il design degli interni da Marc Newson, ed il progetto Enterprise della svizzero-tedesca Talis, il cui primo volo è previsto per il 2012, ed il design dei cui interni è stato sviluppato dallo studio Architecture and Vision. Nell’arco di soli due anni, assisteremo quindi al boom del turismo spaziale, che farà a sua volta da volano ad un rinnovamento generale del settore. La stessa NASA, in virtù del piano di riassetto promosso dal presidente Barack Obama, che tra le altre cose ha cancellato il progetto Constellation promosso da Bush, giudicato “too expensive and behind schedule”, si farà coadiuvare per le operazioni di trasporto di equipaggi e materiale da consorzi privati, dedicandosi interamente alla ricerca scientifica e tecnologica, e portando avanti i progetti e gli studi più avanzati e futuribili. Grazie a questo nuovo equilibrio, le compagnie private troveranno un nuovo settore di concorrenza, sviluppando le loro competenze e dotazioni con la rapidità e l’efficienza che ne distingue l’operato, mentre le compagnie nazionali ed internazionali si potranno finalmente dedicare a progetti
XVII
PREMESSA più avveniristici e specifici, quali una missione umana sul pianeta Marte, un ascensore spaziale, o la ricerca di nuove soluzioni energetiche per missioni a lunga durata e ad alta velocità. A ciò contribuirà anche la riapertura del NASA Institute for Advanced Concepts, sospeso nel 2007 per mancanza di fondi. In questo contesto, è essenziale ricordare, infine, il crescente ruolo delle nuove potenze dello spazio, guardando in particolare all’Asia, dove India, Cina e Giappone, culle di nuovi investimenti e iniziative, sono già pronte ad affiancarsi ad America ed Europa, entrando nel novero delle grandi potenze dello spazio.
XVIII
Seymourpowell-Virgin, rendering illustrativo degli interni dello SpaceShipTwo, Virgin Galactic
011
Marc Newson, rendering illustrativo degli interni dell’EADS Astrium Jet
012
PREMESSA
il presidente Barack Obama tiene il suo discorso al NASA Kennedy Space Center, 15 aprile 2010
013
decollo del razzo Falcon 9 di Space-X, 4 giugno 2010
014
XIX
XX
INTRODUZIONE
Introduzione
001
INTRODUZIONE
Introduzione Alla luce della sua gloriosa storia, e del contesto di ritrovata vitalità permesso dai nuovi soggetti e investimenti a carattere privato e commerciale, vediamo di comprendere in quanti e quali ambiti la ricerca e la progettazione dedicate al settore spaziale si rivelano primari e trainanti per la storia contemporanea della tecnologia, e del mondo, quali siano le lacune tuttora presenti, e con quale rilevanza ed in che modo ha potuto e potrà andarvi a contribuire la disciplina del disegno industriale. Tratteremo quindi di: • opportunità di trasferimento tecnologico • opportunità offerte dal settore nello specifico delle ricerche
- medicali - biologiche
• evoluzione storica ed attuale condizione del settore dal punto di vista del design • motivazioni e strategie per il futuro del design nello spazio
Raymond Loewy, schizzo per un habitat spaziale, NASA, anni ‘70
002
015
INTRODUZIONE Un’opportunità di trasferimento tecnologico L’esplorazione dello spazio, fin dai suoi albori, costituisce un campo di prova e di sfida unico nel suo genere, in grado di spronare ricerche e scoperte senza precedenti, e di portare nella vita quotidiana di ciascuno di noi invenzioni, materiali, brevetti, di assoluta avanguardia. Non è il frutto di una serie fortunata di casi, bensì l’esito di una consolidata tradizione, se alla ricerca nel settore aerospaziale dobbiamo la diffusione del velcro – inventato in svizzera da Georges de Mestral nel lontano 1907, e successivamente “riscoperto” dalla NASA, quale inestimabile alleato per il fissaggio di oggetti ed indumenti – il teflon – nato grazie al dr. Roy Plunkett presso il Jackson Laboratory, nel 1938, e massicciamente impiegato nello spazio per via delle sue eccezionali proprietà di basso attrito, in scudi termici, tute, supporti – i migliori materiali ad oggi per l’isolamento termico, in particolare nel settore automobilistico ed aeronautico, i metalli a memoria di forma, numerosi fra i compositi, gran parte degli standard di comunicazione wireless, la fotografia ad infrarossi, e molteplici soluzioni in campo ergonomico e medicale.
strisce in velcro assicurano la tuta di Buzz Aldrin, Apollo 11, 1969
016
Il concetto di trasferimento tecnologico è insito nel dna della NASA fin dalla sua fondazione, nel 1958. È chiaramente scritto nel suo stesso documento fondativo, come la sua missione consista tanto nel portare nello spazio il meglio delle tecnologie terrestri, quanto nel riportare a terra nuovi avanzamenti tecnologici, dati, prodotti. Il tutto può essere riassunto nel celebre triplice motto “to improve life here, to extend life to there, and to find life beyond”.
003
INTRODUZIONE
leghe ad alta elasticità (occhiali Flexon)
017
Aerogel
018
trattamenti cicatrizzanti a luce LED
019
tutori da riabilitazione
020
cardiofrequenzimetri
imbracature antishock
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mazze “liquidmetal”
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lenti antigraffio
schiume per imbottiti a ritorno elastico lento
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INTRODUZIONE La varietà di ambiti applicativi propria dei cosiddetti spin-off, ha dell’incredibile (la pubblicazione ufficiale dedicata, denominata appunto “Spinoff”, raccoglie oltre 1600 casi dal 1976 ad oggi), ed è il risultato dell’ampia rete di centri dedicati al trasferimento tecnologico attivati nel corso degli anni, tra i quali citiamo l’Ames Research Center, il Dryden Flight Research Center, il Goddard Flight Research Center, il Jet Propulsion Laboratory, il Johnson Space Center, il Kennedy Space Center, il Langley Research Center, il Glenn Research Center, il Marshall Research Center, e lo Stennis Space Center. L’ampia struttura ed organizzazione volta a intraprendere tali ricerche, e l’estrema specificità delle condizioni dell’ambiente spazio, aiutano a comprendere come esso richieda nuovi miglioramenti e soluzioni nella stragrande maggioranza dei campi di applicazione dell’umana tecnologia. A voler sintetizzare i temi fondamentali sui quali va ad operare la ricerca aerospaziale, evidenziamo: • lo studio di nuovi mezzi di trasporto e combustibili • la medicina avanzata • gli studi sulla salute e i bioritmi di umani ed altri organismi • gli studi sull’ambiente • l’ideazione e l’ingegnerizzazione di nuovi materiali • i sistemi di sicurezza e di gestione dei pericoli • i trattamenti e le soluzioni progettuali atti a migliorare la resistenza di oggetti e strutture alle più svariate sollecitazioni (meccaniche, termiche, chimiche, etc.) • le ricerche sulla miniaturizzazione • la gestione del volo in atmosfera e non, e a differenti velocità • le tecnologie di comunicazione e trasferimento dati • le tecnologie alimentari Particolarmente interessante in questo senso, ed utile a comprendere come la ricerca della NASA e delle altre agenzie spaziali si dedichi innanzitutto non per obbligo ma per effettiva necessità ai più pressanti fra i problemi terrestri, è il discorso di insediamento dell’amministratore Sean O’Keefe, del 12 aprile 2002. Primo in questo nella storia della NASA, O’Keefe evidenzia come fondamentale e decisivo sia il ruolo della sua associazione ne:
005
INTRODUZIONE • lo studio del clima e dei suoi cambiamenti • l’analisi delle risorse terrestri e delle loro dinamiche • lo sviluppo di previsioni a medio e a lungo termine sul futuro dell’ambiente • l’elaborazione di strategie risolutive, a livello tanto specifico quanto sistemico Immaginare navette astronauti e satelliti impegnati a vegliare sulla terra e sul suo destino può apparire a prima vista inconsueto e straniante, ma ad una più attenta considerazione, il punto di vista di chi si trovi ad operare nello spazio, consente valutazioni uniche e preziose. A questo proposito, citiamo un passo di una recente intervista a Roberto Vittori, astronauta italiano: “Ho avuto un tuffo al cuore la prima volta che ho visto la Terra da una prospettiva così diversa e unica. La prima cosa che ho notato è stata la tridimensionalità del nostro pianeta, che non si può vedere dalle fotografie. Poi mi ha colpito l’azzurro intenso, che dà un senso di energia e di speranza. E ho notato quanto sia sottile l’atmosfera. A noi sembra che il cielo sia infinito, ma in realtà da lì ti rendi conto che la risorsa atmosfera è solo una fragile nebbiolina che avvolge la Terra, molto più debole di quanto possiamo immaginare”.
la terra vista dalla luna
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INTRODUZIONE La stessa apertura e lo stesso olismo coi quali un astronauta riesce a rapportarsi con la terra, si ritrovano in ciascuna delle attività e ricerche portate avanti nel settore, e nei prodotti delle cui ricerche siamo debitrici. Forte di un consolidato network di collaborazioni con le più prestigiose università, di uno specifico Space Product Development Program, appositamente dedicato allo sviluppo di prodotti terrestri, e di cinque principali campi d’iniziativa (Aerospace Technology, Office of Biological and Physical Research, Earth Science Enterprise, Human Exploration and Development of Space, e Space Science) la NASA ha portato sulla terra centinaia di nuovi prodotti, e migliaia di brevetti e dati per prodotti ancora da creare. L’Agenzia Spaziale Europea, dal canto suo, non è certo rimasta a guardare, prodigandosi anch’essa per promuovere il transfer tecnologico, con la fondazione dello SpaceLink Group, nel 1991. E sebbene si sia dovuta divincolare nella macchinosa burocrazia internazionale europea, in un contesto privo dell’aggregazione di fondo che individuiamo negli States, i risultati non si sono fatti attendere. Citiamo, tra di essi, il celebre radar GINGER, concepito per la mineralogia lunare ed oggi impiegato per la ricerca di ordigni inesplosi. Con il passaggio di testimone alle compagnie private, è da attendersi, specie a medio e a lungo termine, un lavoro di ricerca e transfer ancora più ingente, sospinto da investimenti specifici e mirati sui campi d’intervento di volta in volta interessati.Particolarmente accurato è, a questo proposito, il report “Space 2030. Exploring the future of space applications”, pubblicato nel 2004 dall’OECD – Organization for Economic Co-operation and Development. A partire da una dettagliata analisi della storia recente e dei più probabili scenari macro-economici futuri, il documento stila una lista delle tematiche più urgenti e incentivate, evidenziando quanto cruciale già sia il ruolo dei soggetti operanti nella ricerca aerospaziale nei settori delle comunicazioni a distanza, del monitoraggio e controllo dei fenomeni terrestri mediante sistemi di geo-localizzazione, e della ricerca nel settore delle nano-tecnologie, con particolare attenzione a quelle inerenti al settore energetico, fisiologicamente bisognoso di nuove risorse e strategie. Ancor più complessi e distanti dal concreto raggiungimento dei loro ambiziosi obiettivi primari, ma proprio in questo senso ancor più promettenti, gli studi a proposito di: • robotica e intelligenza artificiale – volti a produrre nuovi robot e materiali attivi • processi produttivi in assenza di peso – cominciando dallo sviluppo di nuove leghe ad alte prestazioni e nuove tipologie di prodotti farmaceutici • tecnologie di controllo biometrico – aventi l’obiettivo di monitorare in modo più accurato e meno invasivo le condizioni fisiologiche, specie in vista del turismo spaziale • biologia e ingegneria genetica – per lo sviluppo di specie batteriche utili all’uomo in ambito terrestre, e la progettazione di ecosistemi efficienti per ambienti non terrestri
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INTRODUZIONE Una nuova frontiera per la medicina Ambiente privo di analogie con la comune esperienza terrestre, lo spazio impone uno scarto radicale non soltanto alle forme e ai contenuti del nostro pensiero, bensì anche al nostro stesso corpo, da ormai tre miliardi di anni abituato a convivere, nella sua attuale configurazione, alla temperatura, alla luce, all'aria e alla gravità caratteristiche del nostro pianeta, e da esse plasmato. Talmente intima è la relazione con le specifiche proprietà e condizioni dell'ambiente terrestre, che fu solo in seguito ai primi voli spaziali che si stabilì con certezza la concreta possibilità di vita in assenza di gravità. Fino a quel giorno, le previsioni degli scienziati si divisero in fazioni antitetiche, contraddittorie, ed egualmente infondate. Alcuni asserirono che in tali condizioni sarebbe stata impossibile qualsiasi forma di vita, anche unicellulare e minima. Altri si limitarono a concludere che agli umani dovesse risultare impossibile il sonno. Altri ancora dettero per impossibile al contrario la veglia. Si disse che lo spazio avrebbe causato euforia, o al contrario una profonda depressione. Si parlò di un subitaneo assottigliamento delle ossa, di blocchi alla digestione, di danni cerebrali istantanei e permanenti. Emersero innumerevoli preoccupazioni, e non è quindi un caso se la prudenza portò ad anticipare il volo umano con una lunga serie di esperimenti su cavie animali di diverse specie. I resoconti di Gagarin e Shepard dettero quindi un incredibile sollievo, e aprirono la via non soltanto al prosieguo delle missioni, ma al contempo, a nuovi studi dedicati, a carattere sempre più sperimentale e sistematico, che continuano tuttora.
lo scimpanzé Ham riceve una mela come premio per il suo volo nello spazio, 1961
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INTRODUZIONE La ricerca biomedica si rivelò, fin dagli albori del volo spaziale, uno dei campi di studio più direttamente interessati e coinvolti nel suo avanzare. E i risultati non si fecero attendere. Col progressivo allungarsi delle missioni, la risposta dell'organismo alla microgravità venne studiata e compresa sempre più a fondo, e si giunse ad osservare come molti dei suoi sintomi coincidessero con quelli del comune processo di invecchiamento. Già da qui, il filone di ricerca che ne andò a scaturire si dimostra di importanza cruciale, e come si potrà immaginare, esso non è di certo l'unico.
Owen Garriot misura il flusso sangugno, Skylab
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Pete Conrad si allena alla cyclette, Skylab
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Alan Bean misura il suo dimagrimento, Skylab
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A.Bean controlla la respirazione, Skylab
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vassoi da ospedale, spin-off Apollo, 1966-'67
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capsula robotica, spin-off NASA
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INTRODUZIONE Dalla circolazione del sangue alle prestazioni degli organi di senso, dalla respirazione alla fisiologia muscolare, dalla percezione visiva alla sensibilità alle radiazioni, i campi di indagine aperti e permessi dalla ricerca aerospaziale giungono a comprendere pressoché ogni ambito delle scienze mediche, e a configurarsi non soltanto quali spazi di studio di sintomi e patologie, bensì anche quali contesti floridi e promettenti per lo sviluppo di nuove cure e medicine. A partire dalle ricerche batteriologiche e genetiche, sino allo studio dei processi produttivi e dei trattamenti permessi dall'assenza di gravità, molteplici ed aperte sono le aree di potenziale sviluppo, e inestimabili le occasioni di diretto confronto con l'ambiente extra-terrestre. Partiti per conoscere l'universo, ci stiamo scoprendo sempre più vicini a trovarvi nuove e impensate nozioni su noi stessi e su ciò che il nostro pianeta, con il suo specifico ed unico equilibrio, ci ha portati ad essere.
Una nuovo orizzonte per la vita Se è vero che il primo obiettivo per la creazione di un ambiente favorevole alla vita prolungata e stabile nello spazio è l'adeguamento delle condizioni interne di moduli e stazioni all'umana fisiologia, e la prevenzione e cura delle possibili difficoltà di adattamento provocate da ciò che ancora differisce dall'ambiente terrestre – in primis, l'accelerazione di gravità – è anche vero che, una volta risolte queste problematiche di base, altrettanto necessario è rendere questo ambiente capace di assicurare una vivibilità che si possa dire pienamente soddisfacente, rispondendo ai bisogni di cui natura e storia hanno dotato l'uomo, il suo corpo, e il suo pensiero.
Wall-E, Walt Disney Pictures, 2009
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INTRODUZIONE Così come l'aria, la cui importanza si avverte solo al suo venir meno, la mancanza e la nostalgia dell'ambiente e del panorama terrestri si sono rivelate fonte di stress psicologico e fisico, e di conseguenza temibili ostacoli ai fini dello stesso compimento delle missioni. Sovraccarico lavorativo, condizioni di costante allerta, stress acustico, spazi angusti, difficoltà di adattamento fisico, difficoltà di movimento, mancanza di privacy: in questo contesto di altissima tensione e aspettativa, il benessere viene messo a dura prova, e qualsiasi elemento la cui presenza possa indurre un migliore confort operativo non si può dire secondario o trascurabile. A confronto con la terra, ciò che manca nello spazio – oltre alla gravità – è quindi la natura. Così come in “Solaris" di Andrej Tarkovskij, dove il rumore del vento veniva ricreato, a bordo della stazione, con strisce di carta applicate alle ventole di aerazione, nelle unità e stazioni effettivamente realizzate e portate in orbita si sentì allo stesso modo la necessità di non perdere il contatto con la natura.
Salyut-6, cipolla cresciuta a bordo, 1980
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cosmonauta MIR con la sua serra privata
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Salyut-7, pianta commestibile
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Gerard O'Neill, schizzo per stazione circolare, 1975
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INTRODUZIONE
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progetto BioSphere 2 - ecosistema indipendente sperimentale, 1990
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STS-122, WAICO, semi di Arabidopsis, 2008
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schemi di serre per una colonia su Marte
INTRODUZIONE Il cosmonauta Berezvoi, all'attivo dell'equipaggio della Salyut 7, descrive di aver trascorso buona parte del suo tempo ascoltando “una cassetta con registrati i suoni dei boschi, dei cucù, dei picchi, del vento e dello stormire delle foglie". Non meno commoventi i resoconti di numerosi altri astronauti che raccontano di aver capito la meraviglia del pianeta terra e della natura solo al rientro dagli estenuanti giorni di lavoro e studio in orbita. Il colore dell'erba, il profumo dei fiori, il suono del vento. Di cui le settimane di distacco hanno riacceso il bisogno, la gioia, lo stupore, la sensibilità. Non è un caso che molti astronauti ci riferiscano di aver davvero capito il valore dell'ambiente solo dopo averne sperimentato la mancanza, e di aver desiderato di poter tornare, durante i loro giorni a bordo, anche solo per poter dimenticare il ronzio della strumentazione – onnipresente – per assaporare ancora la brezza e i colori della terra. Con tali esperienze nella mente, non possiamo non affermare che il trasporto della natura nello spazio, assieme all'uomo, sia un obbligo e un impegno essenziale al mantenimento della sua qualità della vita e del suo benessere, specialmente psichico, e quindi un requisito fondamentale per l'effettiva possibilità di permanenze ancor più prolungate, o di colonie lunari o marziane. La situazione presente, in verità, vede i protagonisti delle iniziative spaziali già da numerosi anni impegnati nello studio della possibile vita di piante ed altri organismi nello spazio. I numerosi esperimenti in materia hanno sviscerato molteplici problematiche, ed evidenziato le condizioni e le specie più adatte all'assenza di gravità. Da un punto di vista scientifico, ciò si è risolto in una serie di scoperte essenziali all'approfondimento della presenza di queste forme di vita in future missioni, e in dati e conoscenze di valore inestimabile per la comprensione di fisiologia e patologie di vegetali, microorganismi, e piccoli animali. Al di là della pura ricerca, e dei molteplici spin-off da essa emersi, le ricerche si sono applicate alle condizioni di vita negli stessi ambienti di studio, e quindi alla possibilità che piante ed animali vadano a costituire la base di un sistema di alimentazione indipendente, tenuto in vita dalle opportune condizioni ambientali, e da un giusto apporto di energia in forma di luce. Tale sistema è di primaria importanza nell'ipotesi di colonie extra-terrestri, a partire dalla luna. Non è pensabile che i rifornimenti di cibo facciano la spola dalla terra, poiché questo implicherebbe costi di trasporto e stoccaggio a dir poco irragionevoli, e sproporzionati rispetto al valore delle stesse sostanze nutrienti, la cui produzione deve quindi avvenire in altro modo, con l'ausilio di serre, acquari, allevamenti dedicati. Ma i vantaggi di un tale ambito di ricerca non si esauriscono ai soli insediamenti stanziali. È appena dello scorso 4 giugno la notizia che la EADS è riuscita a realizzare un carburante aeronautico interamente ottenuto da alghe, coltivate in laboratorio.
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INTRODUZIONE
ESA Columbus, modulo Biolab, 2002
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STS-78: embrione di pesce "medaka", 1996
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ISS, Anousheh Ansari studia una pianta
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EADS, studi sulle alghe per bio-combustibili
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Il progressivo esaurimento dei giacimenti petroliferi impone un'alternativa al kerosene, e la stessa EADS prevede cautamente che da qui al 2040, almeno il 10% del suo carburante aereo debba provenire da qui. In realtà, il continuo aumento dei consumi, e il progressivo incremento prestazionale dei carburanti vegetali, dovrebbero suggerire ben altri livelli, imponendo la svolta in tempi brevi. Ma affinché questo avvenga, è necessaria moltissima ricerca, e molta di questa passa per gli attuali e futuri laboratori nello spazio, i quali andrebbero a beneficiare per primi di questa innovazione, garantendosi la disponibilità di carburanti nelle quantità necessarie ed al giusto posto, evitando improponibili viaggi di ipotetiche cisterne spaziali, pericolose e a caro prezzo.
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INTRODUZIONE In sintesi, gli obiettivi che impongono un importante approfondimento della vita nello spazio, sono: • immediato aumento del benessere e della qualità della vita
- per gli astronauti - per i turisti - in vista di missioni a lunghissima permanenza / percorrenza
• ottimizzazione degli ecosistemi
- ciclo di ricambio completo dei gas - rimessa in circolo dei rifiuti
• progresso nelle conoscenze biologiche
- studio dei rapporti tra specie viventi e accelerazione di gravità - studio delle risposte degli organismi a radiazioni ed elettromagnetismo
• spin-off di tecnologie per la terra
- agricole - zootecniche - di conservazione
• sviluppo di nuove varietà e specie
- adatte allo spazio e ad altre condizioni estreme - capaci di influire in modo positivo su ambiente e clima (es. riduzione CO2)
• alimentazione
- sviluppo di sostanze nutrienti (con particolare attenzione alle proteine)
• sintesi e produzione di nuovi composti / studio di nuovi metodi produttivi destinati a
- medicina e benessere - nuovi materiali e trattamenti - fonti di energia (bio-carburanti)
Ciò che stiamo imparando e impareremo dallo studio delle piante in ambiente spaziale si rifletterà in modo positivo tanto sulle future missioni spaziali, quanto sul nostro pianeta, e costituirà un importante passo avanti nel lento processo di liberazione dall'economia del sistema petrolifero e di ripristino di condizioni di vita davvero a misura d'uomo, ovunque l'uomo si trovi a vivere.
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INTRODUZIONE Il design nello spazio: breve storia La storia delle ricerche e delle esplorazioni spaziali e la vicenda del disegno industriale, e delle sue grandi teorie e correnti, rivelano e hanno storicamente rivelato molteplici punti di dialogo ed incontro. L’immaginario del cielo enorme e inesplorato, e delle più svariate missioni pronte a sfidarne i misteri, al limite delle umane conoscenze e abilità, ha marchiato in modo indelebile la cultura di un’epoca, tra i cui figli dediti al design, non è affatto infrequente riconoscerne le tracce. Il culto della velocità, della leggerezza, la passione per la tecnologia, e la fiducia che nei suoi mezzi l’umanità sia in grado di superarsi costantemente, scoprendo al contempo mondi impensati, ed estendendosi al di là della sua culla natia, si sono impresse in modo così forte nella mente e negli ideali dei figli della space age, che nulla ne può arrestare la prorompente carica, e nulla potrà mai più sradicarla dalla cultura del nostro tempo. La carica di cui parliamo è in primo luogo una carica ideativa, progettuale. Lo spazio impone nuovi contesti, nuovi rischi, e con essi, richiede nuove idee. Che possono voler dire ripensamenti, riadattamenti, revisioni, così come concetti di assoluta novità. La corsa allo spazio, in particolare alle sue stesse origini, si manifesta in una fascinosa febbre da problem solving, comune altrove, in egual misura, solo al mondo del miglior design. Autore delle prime indagini scientifiche sulla possibilità di abitare lo spazio, è il visionario scienziato russo Konstantin Tsiolkovskij, nel lontano 1902, anno in cui pubblica lo studio “Exploring universal expanses with jet instruments”, opera in cui, con un ingenuo fare profetico, ma allo stesso tempo con una straordinaria intelligenza e lucidità di metodo, individua la possibilità di realizzare “un osservatorio permanente, in movimento oltre i limiti dell’atmosfera […] proprio come la nostra luna”.
Konstantin Eduardovich Tsiolkovsky, francobollo commemorativo, 1982
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INTRODUZIONE
studio per airlock ed attività extraveicolari
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concept di una navetta a goccia, con piante e gravità 048
finestra di un ipotetico modulo spaziale
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ritratto fotografico con modelli di studio, anni '20
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I suoi studi, dei quali fortunatamente abbiamo un ampio archivio di testimonianze, fra pubblicazioni e schizzi, sono riusciti a prevedere concetti e necessità rivelatisi importanti – talvolta imprescindibili – solo a decenni di distanza, ed hanno compreso studi sulla scelta dei propellenti, sulle orbite (sua è la cosiddetta equazione del razzo
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INTRODUZIONE ideale), sui posizionamenti ideali per le basi stabili (i cosiddetti punti di Lagrange), ricerche sulla possibilità di sviluppare forme di gravità artificiali, soluzioni costruttive, basate non di rado sullo stesso materiale presente all’interno degli altri corpi celesti, nonché accenni alla necessità di portare altre forme di vita, assicurare la salute in modo mirato e specifico, creare cicli biologici chiusi. Seguito nei suoi studi da una vieppiù crescente schiera di pionieri, tra i quali citiamo Herman Potocnik, conosciuto ai più con lo pseudonimo Hermann Noordung, scienziato di origine slovena che segue nel 1929 il suo esempio, pubblicando lo storico volume illustrato “The problem of space travel”, Tsiolkovskij diventa un eroe della Russia neocomunista, e sarà anche grazie al peso e all’eredità della sua figura che il suo paese si andrà a configurare ben presto, negli anni successivi, quale protagonista delle scene. È però a partire dagli anni ‘30 che i progetti iniziano ad assumere più rosee prospettive di concretizzazione, e a farsi conoscere presso il grande pubblico.
Hermann Noordung, stazione a profilo circolare, vista in sezione sull'uso degli specchi concavi, 1829
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Figura chiave, in questo frangente, è senz’alcun dubbio il geniale Wernher von Braun, massimo progettista di razzi del ventesimo secolo, celebre per il V2, fiore all’occhiello della missilistica nazista. Trasferitosi, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, negli Stati Uniti, è qui che si dedica all’ideazione del suo programma spaziale, esposto nella sua celebre serie di pubblicazioni “Crossing the last frontier”, e riassunto in un gigantesco anello rotante, e in un’ampia serie di razzi e veicoli accessori. La grande
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INTRODUZIONE fama di von Braun, e la sua naturale propensione per la divulgazione dei suoi esiti, entusiasma il mondo, pronto ormai a concepire programmi di sperimentazione a ritmi serrati, in vista della corsa alla luna. Centrale è in questo il supporto di un presidente dinamico e appassionato quale John Fitzgerald Kennedy, grande sostenitore della concreta realizzabilità del suo ambizioso progetto Apollo.
Wernher von Braun e John Fitzgerald Kennedy di fronte al razzo Saturn, 1963
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Chesley, Bonestell, illustrazione per il progetto di stazione di Wernher von Braun
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INTRODUZIONE Raggiunta la luna, ciò che si avverte è una sostanziale decelerazione dei programmi, e con essi delle realizzazioni. Non è in realtà così, dal momento che è proprio in questo periodo che assistiamo al primo vero e grande incontro tra la ricerca spaziale ed il design. Il tema è la possibilità di abitare lo spazio, anche per periodi prolungati. È a partire da questa necessità che si va a sviluppare il progetto Skylab, prima stazione sperimentale americana, e si va ad affidarne gli interni, nell'anno 1969, al progettista ritenuto più poliedrico, innovativo e competente sulla scena, Raymond Loewy.
Raymond Loewy ritratto nel suo studio
Skylab, borraccia per la microgravità
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Skylab, spaccato di studio
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INTRODUZIONE Gli studi di Loewy per gli interni di Skylab costituiscono una pietra miliare non soltanto nella storia delle attrezzature per lo spazio, ma nella stessa storia del design. Riconoscibile per la pianta circolare, e per il pavimento a matrice esagonale, il modulo Skylab presenta una distribuzione interna caratterizzata da un unico livello, diviso in una zona lavoro ed una zona notte, dotata di vere e proprie stanze private, più una zona dedicata agli esperimenti medici. L’incursione di Loewy tra le problematiche proprie di un habitat spaziale non si limita tuttavia ad una planimetria degli spazi, ma ne invade la materia, i dettagli, i gesti. Il suo metodo progettuale, perfettamente in linea con la tradizione del design, parte dall’uomo, in quanto utente ma prima ancora in quanto persona. E seppur tenendo conto delle complesse esigenze strutturali, e dei ristretti margini passibili di autentica invenzione, egli coordina ed assembla gli ambienti e gli oggetti con un’attenzione e un’efficacia magistrali ed unici nella storia del design per lo spazio.
Skylab, suddivisione definitiva degli spazi interni
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INTRODUZIONE Per dare un'ancor piĂš precisa idea di quanto sia stato lungimirante e innovativo l'approccio di Loewy nel suo intervento progettuale sullo Skylab, citiamo integralmente la lettera che ricevette il 31 luglio del 1974, da parte del dr. George Mueller della NASA, responsabile del progetto, quale ringraziamento per il lavoro svolto. “Two significant events in the last decade will, I believe, shape the future of human history. The first was landing on the moon with its demonstration that humanity was no longer bound to the earth. The second was the manned orbiting space station with its demonstration that man could live for indefinite periods of time in a weightless environment and that he could perform useful, yes, unique work in that environment. Raymond, in my opinion, you and your organization played a crucial role in the latest of these momentous steps that man is taking to the stars. I do not believe that it would have been possible for the Skylab crews to have lived in relative comfort, excellent spirits, and outstanding efficiency had it not been for your creative design, based on deep understanding of human needs, of the interior environment of Skylab and the human engineering of the equipment and furnishings which the astronauts used. That design and engineering applied, in turn, to our follow-on space stations has provided the foundation for man's next great step – an expedition to the planets. You should be proud, as all of us who know your contribution are proud, of the role you have played laying the foundation for man to live in space. My most sincere congratulations for your work on the Skylab program and my best wishes for your continued contributions to man's role in space".
progetto Skylab, modello di studio di un interno
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INTRODUZIONE Terminata la partnership con Loewy, i successivi esempi di collaborazione con nomi eccellenti del design e dell'architettura diventano sporadici, e tendono a focalizzarsi su più specifiche necessità progettuali, piuttosto che su interi sistemi abitativi. Tra i più significativi esempi di habitat spaziali sviluppati sulla base di logiche e metodologie proprie del disegno industriale, si annovera il lavoro congiunto di David Nixon e dello studio Future Systems, di Jan Kaplický e Amanda Levete, che nel 1989 propongono un innovativo approccio all'allestimento della classica configurazione a sezione cilindrica, ottimizzando l'abitabilità dello spazio di lavoro grazie ad un ribaltamento della classica impostazione a quattro stand-off, eliminandone il "pavimento", non più necessario in un ambiente a microgravità, a favore di un ambiente a pareti oblique, dotato di una zona di lavoro e di un corridoio di passaggio distinti, e di un innovativo approccio alla gestione delle linee degli impianti di bordo, per la prima volta separate fra linee fluide e linee elettriche, e disposte lungo direttrici opposte, così da facilitare le operazioni di allacciamento, manutenzione, e l'eventuale riallestimento.
David Nixon e Future Systems, schema di un modulo cilindrico, 1989
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INTRODUZIONE Notevole, infine, dal punto di vista del design, ritengo essere il progetto SpaceHab, sviluppato fra gli anni 1983 e 1987, ed avente quale concetto di base il riutilizzo dello spazio interno degli Space Shuttle, mediante un sistema di unità modulari. Sebbene non si segnali per la partecipazione di professionisti del disegno industriale, il progetto Spacehab si rivela estremamente moderno nel suo approccio progettuale, ed ancor prima per essere stato il primo progetto di supporto ad attività umane nello spazio fondato su iniziativa di privati. La creazione di un marchio e di un team indipendenti, hanno permesso un decorso progettuale estremamente flessibile ed aperto, nonché – se confrontato con le alternative proposte dalle grandi associazioni nazionali – inusitatamente veloce.
organigramma per lo sviluppo del progetto
Bob Citron
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pubblicità apparsa su Aviation Week, 1986
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INTRODUZIONE Il design nello spazio: la condizione attuale Sebbene sia ricco di illustri precedenti, il rapporto fra design e spazio non dimostra una continuitĂ di fondo, ed anzi in molteplici casi stenta ad emergere, facendo riscontrare ancora profonde lacune nell'usabilitĂ e quindi nella sicurezza dei sofisticati apparati che integra e prevede, e la mancanza di un'evoluzione storica radicale.
computer di bordo modulare Block 1, 1969
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modulo per attrezzature di bordo, 2010
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M. Collins studia il simulatore, 1969
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STS-111, P. Perrin nel Destiny laboratory, 2002
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Neil Armstrong si esercita in centrifuga, 1969
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NASA, sistema MARES, prototipo, 2010
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INTRODUZIONE
J. Lovell controlla guida e ottiche di Apollo 8, '68
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STS-110, Ellen Ochoa al Canadarm 2, 2001
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Ciò è in larga parte da imputare allo stesso approccio delle agenzie spaziali, che ritengono il confort e la qualità dell'ambiente parametri secondari rispetto al piano puramente prestazionale, dimostrando così di aver colto solo in parte gli insegnamenti emersi con le grandi collaborazioni, a partire da quella – storica – con Raymond Loewy. Specie negli ultimi anni, con la crescente difficoltà di mantenersi e far rientrare gli elevati costi di studio e sviluppo in budget sempre più limitati, ed in particolare con l'abbandono del programma Space Shuttle e la successiva stasi, la situazione da questo punto di vista è diventata ancor più stagnante. Le alte necessità di integrazione tecnologica hanno spinto ad un'impostazione strettamente ingegneristica, con in primo piano il funzionamento e l'efficienza di strutture e macchinari, e la qualità del vivere e dell'operare a bordo date ormai per fondamentalmente acquisite. Non è difficile, per chi sia dotato di una cultura progettuale in senso umanistico ed esteso, osservare come l'ambiente spazio manifesti oggi nella gran parte delle sue realizzazioni e dei suoi ambienti un'ostilità di fondo, dovuta al disorientamento di fronte a modalità di vita e d'uso semplicemente alienanti. E chi più attentamente osserverà la situazione a bordo, noterà numerose e gravi manchevolezze nei confronti dei princìpi di base dell'interaction design. Basti osservare le immagini 067 e 068, soprastanti, e distanziate da trentatré anni di storia ed esperienze, per rendersi conto di quanto poco sia cambiato nell'impostazione delle zone di lavoro, e, nella fattispecie, di come ancora permanga un'impostazione operativa fortemente incentrata sulla simultaneità dei controlli (nella 067, vediamo Jim Lowell intento a controllare con la mano sinistra l'altitudine del mezzo, e con la destra la messa a fuoco dell'ottica) e sul perfetto coordinamento occhi-mani, come sappiamo, reso estremamente difficile dall'assenza di peso.
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INTRODUZIONE
ISS, airlock
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ISS, disordine a bordo
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ISS, S.K. Krikalev intento a spostare un macchinario
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ISS, Carl Waltz con alcuni contenitori di acqua
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ISS, Edward Lu in un momento di riposo
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ISS, Daniel Tani nel suo "sacco notte"
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Il numero e la complessità dei comandi di bordo, uniti alla mancanza di un codice grafico e di comunicazione unificati, e di una evidente gerarchia di strutture e informazioni, rendono spesso l'uso di apparecchi e strutture profondamente complesso e innaturale, e ciò si va a riflettere in modo evidentemente negativo nelle prestazioni d'uso, e quindi nei risultati stessi delle missioni, pesantemente penalizzati dallo stress operativo. Perfino ad un occhio non allenato a discernere le problematiche di impostazione progettuale, quel che appare evidente è un progressivo e in apparenza irrecuperabile distacco tra l'immaginario che lo spazio si andò creando a cavallo tra gli anni '60 e '70 e gli esiti odierni. Ciò che ammiriamo in numerosi film ormai d'annata, uno su tutti "2001: A Space Odyssey" di Stanley Kubrick, ci appare ancora oggi più avanzato e innovativo di quanto ci mostri la stessa realtà contemporanea, realtà nella quale gli estremi per un effettivo e corposo ripensamento si sono ormai accumulati, e nella quale le conoscenze scientifiche e tecnologiche sono invece ben più avanzate di allora.
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INTRODUZIONE Paradossalmente, le riflessioni sulla qualità della vita e dell'ambiente, inizialmente al centro di ogni riflessione operativa sulle missioni vicine e remote, hanno seguito un ritmo diverso dal progredire dei risultati ingegneristici e scientifici, raggiungendo in pochi anni obiettivi e risultati insperati e notevolissimi, e fossilizzandosi poi, con poche seppur meritevoli eccezioni, sul discreto livello raggiunto, se non – talvolta – dimenticandone gli stessi insegnamenti. Ciò è altamente limitante, specie considerando quanto il costo di un buon progetto di design sia irrisorio rispetto ai grandi investimenti tecnologici richiesti, e come – al contrario – una buona strategia di design possa anzi contribuire a ridurre gli investimenti complessivi, a vantaggio dell'intero progetto. È in questo contesto che la prospettiva del turismo spaziale sta aprendo nuovi scenari e possibilità, facendo riemergere il peso e il ruolo di un design al servizio della tecnologia e del fascino dello spazio.
Il design nello spazio: come e perché Lo spazio, prima ancora che una sfida ai mezzi della tecnica e della scienza, rappresenta un orizzonte nuovo per l'uomo, la sua cultura, la sua identità. Affrontarne le problematiche e i rischi vuol dire aprirsi ad una dimensione estrema, sconosciuta, vergine. Ciò che sulla terra esiste e diamo per scontato – il tepore del sole, l'atmosfera, la presenza di un ecosistema in grado di sostenere la nostra vita – nello spazio non lo è più, e va quindi ricostruito, riconquistato. Il percorso affinché questo avvenga comporta una riflessione sistemica e profonda sulla natura stessa dell'uomo e del suo ambiente, sulle loro dinamiche e sui loro equilibri, e si riflette di conseguenza in una conquista innanzitutto culturale, e in un approccio nuovo ai fatti ed ai problemi, forte di nuovi e più estesi rapporti di causa e di necessità.
ISS, un astronauta ritratto col pianeta terra
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INTRODUZIONE L'obiettivo di ri-costruire un habitat a misura d'uomo, a partire da un "nulla" inospitale e avverso, costituisce la più grande sfida mai intrapresa dall'animale uomo nel corso dei suoi millenni di scoperte e esplorazioni. Le distanze e i pericoli in gioco sono i più grandi mai affrontati, e le opportunità, in caso di successo, hanno la forma e le dimensioni dell'intero universo. Alla base di ogni iniziativa e impresa, è necessaria quanto mai un'attenta valutazione della natura dell'essere umano, dei suoi limiti, dei suoi bisogni, dei suoi desideri, e delle caratteristiche e potenzialità dei suoi mezzi. Un ruolo chiave, in quest'ottica, spetta alla cultura del progetto, che da sempre si pone il miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo quale fine primario, e da sempre ricerca i suoi stimoli e le sue energie nello studio e nella comprensione delle loro condizioni e logiche fondanti, e in quelle proprie degli strumenti e dei materiali con i quali ha la possibilità di operare.
ISS, complessità di operazioni quotidiane
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ISS, A. Kuipers guarda la terra dall'oblò
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Salyut, reparto docce
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Skylab, cure dentistiche
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INTRODUZIONE Il lavoro del progettista si configura, in questo senso, quale quello di un ricercatore e costruttore di corrispondenze, di affinità, di relazioni funzionali e reciproche tra i vari materiali, processi, oggetti, individui, contesti, e si caratterizza per una naturale tensione alla ricerca di nuove alternative, e quindi miglioramenti, ma soprattutto di nuovi problemi da affrontare e risolvere, di "next logical steps". Appare allora evidente come il campo spaziale sia di fisiologico interesse per i produttori di ambienti e oggetti d'uso, e come vada a trovare – nello specifico – una profonda affinità con i grandi interrogativi e sogni del design, che in un settore così attivo e complesso non può che trovare un nuovo impulso alla sua stessa prassi e disciplina, e un interlocutore competente e vitale, capace di spronarlo a nuove sfide, e a trarne un vantaggio sostanziale e strategico, specie in vista del nuovo contesto di mercato, dominato dalla prospettiva di soggetti ed opere a carattere privato e commerciale, e sempre più dipendenti, quindi, da valori di confort, benessere, qualità percepita. È importante tuttavia non limitare la potenzialità dei nuovi ambiti ad una pura occasione di economia o di stile, dal momento che un rapporto di più sincero e profondo dialogo tra la tecnologia spaziale e la cultura del design può offrire molto di più, a vantaggio della maturazione di ambedue le parti. Ciò che lo spazio richiede al design è un intervento sostanziale, completo, impegnativo. Le sue esigenze sono di massimo rigore, e la principale è il risparmio di tempo e risorse. Non è pensabile una mancata organizzazione dei lanci, dei rifornimenti, o un uso delle strutture inferiore alle loro effettive capacità. Ogni cosa prodotta e trasportata deve avere un senso ed uno scopo, e non si può permettere inefficienze o sprechi di volume, poiché il sistema è chiuso, ed ogni mancato guadagno o vantaggio, implica una perdita.
NASA / General Motors, Robonaut 2, 2010
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INTRODUZIONE Ragionare per sistemi chiusi è una necessità di fondo per tutta la progettazione aerospaziale, e costituisce un utile esercizio di design, poiché insegna a rispettare e enfatizzare il valore di ogni cosa. Se riapplicato al pianeta terra, ciò si può tradurre in un più equo e ragionevole uso di risorse e materie prime, e di conseguenza in un'accresciuta sensibilità ambientale. Ciò che invece il design può a sua volta donare al mondo dell'aerospazio è la consapevolezza della centralità dell'uomo, dei suoi modi di essere, dei suoi gesti e delle sue imperfezioni. Visto non più come il progetto di un sistema fine a sé, dotato al massimo di un'interfaccia di sufficiente chiarezza, bensì come un servizio rivolto ad un'utenza, a sua volta impegnata – il più delle volte – in un servizio di valore ancora più grande, reso all'umanità e alla ricerca, il progetto di attrezzature e sistemi più logici e meglio interfacciabili con l'uomo nell'uso e nella manutenzione, aiuterà operatori specializzati e non a familiarizzare con lo spazio, sfruttandone al meglio le risorse, e prevenendo le difficoltà di adattamento. Se al giorno d'oggi i costi sembrano imporre soluzioni spartane e rudi risposte alle più comuni necessità del quotidiano, quali innanzitutto l'igiene personale e il sonno, una futura strategia di progettazione si potrà dire davvero più matura soltanto nel momento in cui avrà imparato a rispettare e valorizzare la semplicità, l'efficienza e le prestazioni dei prodotti proprio a partire dalla loro relazione coi più basilari e delicati aspetti della vita. In ultima analisi, l'integrazione più approfondita dei cosiddetti "human factors", e la maggior consapevolezza dei bisogni e delle necessità degli individui, siano essi tecnici o turisti, sarà determinante ai fini del successo del nuovo corso della progettazione aerospaziale, e il disegno industriale avrà al contempo l'onere e l'onore di prendervi parte, con un ruolo centrale e decisivo.
Talis Enterprise, interno, Architecture and Vision, 2009
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CONCEPT
Concept
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CONCEPT
Concept Al rinnovamento strutturale in corso nel settore non corrisponde ancora un effettivo riscontro in termini di qualità progettuale. È sulla base di questa osservazione e critica che nasce il progetto Design Beyond Earth, avente l'obiettivo di migliorare, con gli strumenti e i metodi dell'industrial design, gli spazi i sistemi e le interfacce con cui ogni giorno gli astronauti si trovano ad operare, e il contesto in cui sono e saranno chiamati a vivere. Lo spazio è un mondo al di fuori dell'ordinario, pieno di problematiche da risolvere, ma dotato al contempo di un fascino inesauribile. Alla base del nostro lavoro, vi sono un profondo rispetto e interesse per quest'aura di meraviglia, e la convinzione che non debba abbandonare le sale di moduli e stazioni, ma esserne anzi veicolata. Comandi e attrezzature devono andare a riflettere l'avanzamento della tecnologia che ne ha voluto e permesso la realizzazione, e allo stesso tempo mantenere la più completa trasparenza nei confronti delle esperienze d'uso, così da non ostacolare il piacere del lavoro, della scoperta, della vita oltre la terra e l'atmosfera. Ciò che si richiede è una nuova fruibilità, nuovi strumenti, nuove infrastrutture, affinché lo spazio sia impiegato, vissuto, e goduto come merita. Gli sforzi necessari ad apportare questo contenuto di innovazione sono notevolissimi, ed in questo si colloca la nostra scelta di andare a sfruttare quanto più possibile ciò che già esiste e può fornire un supporto, nella prospettiva di un successivo sviluppo autonomo ed indipendente, nel contesto di una stazione spaziale di nuova tipologia e concezione, avente il duplice scopo di far avanzare da una parte la ricerca scientifica di più alto livello e dalle più notevoli ricadute, e di offrire uno spazio vivibile, visitabile, a misura d'uomo, a chiunque, anche non addetto ai lavori, ne voglia fare esperienza.
ISS, schema del sistema di supporto alla vita
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agenzie spaziali vs. compagnie private
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CONCEPT Obiettivi di progetto Il nostro lavoro si propone di: • indagare e sostenere il ruolo e l'importanza di un pensiero progettuale sistemico e avanzato, centrato sull'uomo e sull'utente, in contemporaneo rapporto con agenzie spaziali e società private, nel rispetto della tradizione italiana nella progettazione per l'aerospazio, e in piena apertura ad un contesto sempre più internazionale e variegato • studiare, individuare ed applicare le strategie e le tecniche più innovative ed efficienti, con particolare attenzione all'uso intelligente e minimo di pesi e volumetrie, ai costi e ai tempi di realizzazione, alla gestione attenta e flessibile degli usi e della morfologia degli ambienti • predisporre e allestire uno spazio impostato a partire da canoni di polifunzionalità e riconfigurabilità, tanto adatto a operatori e specialisti – mediante strutture intercambiabili e modulari, di facile accesso, uso, e gestione – quanto confortevole, sicuro e stimolante per la gente comune • promuovere un regime di costante sperimentazione e work-in-progress, mediante scelte progettuali volte a garantire un ricambio continuo di studi e tecnologie, in prospettiva di una lunga durata complessiva e di un ricambio degli attuali mezzi di supporto, a favore di strutture più flessibili e moderne • indirizzare e sostenere la ricerca, con particolare attenzione ai campi della biologia e della medicina, essenziali alla sicurezza e al confort di utenti e passeggeri, e capaci di apportare un immediato valore aggiunto alla qualità della vita a bordo, grazie a: - integrazione di piante terrestri e acquatiche di varie tipologie e specie, pienamente visibili e inserite nell'ambiente, utili a distendere lo stress psicologico e lavorativo, ricreando un habitat fortemente naturale e familiare alla vista e alla psiche delle persone - uso e sperimentazione di una serie di varietà vegetali particolarmente efficienti nel ricambio dell'aria e nell'assorbimento delle tossine, con effetti benefici anche a carico dei moduli limitrofi - produzione e consumo diretto di cibo, senza escludere le proteine animali, ottenute mediante l'allevamento sperimentale di pesci di piccola taglia - gestione integrata del ciclo di ricambio dell'acqua e degli equilibri biologici, nell'ottica di un funzionamento autonomo e auto-regolato, che riduca al minimo le necessità di manutenzione, e stimoli il piacere della ricerca e della scoperta
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CONCEPT Metodologie di studio Per i suoi alti obiettivi progettuali e per il suo sistema di rapporti con le ricerche più avanzate e multidisciplinari, il nostro lavoro non può prescindere da un percorso di analisi attento e approfondito, che non si esaurisca nel momento della realizzazione dei primi risultati concreti, ma anzi riparta da ogni esito ottenuto per riapprofondire e riformulare i suoi compiti futuri. Affinché questo sia possibile, è necessaria una rete di lavoro articolata, che integri le più varie competenze, e si apra, tanto in senso intellettuale quanto in termini di reali contributi e spunti, ad un'interdisciplinarietà di fondo. Il percorso per l'ottenimento di dati obiettivi richiede investimenti complessi e a lungo termine, e comincia da un confronto aperto con gli esempi e le esperienze del passato, che formano una mole di nozioni e insegnamenti decisamente estesa e multiforme. Il processo di analisi e impostazione progettuale portato avanti in questo progetto di tesi si struttura in questo senso quale esito di un primo livello di ricerca, volto a cogliere l'evoluzione storica e la panoramica di problematiche ed opportunità che caratterizza il settore, e non intende esaurirsi nel progetto qui esposto, bensì procedere e migliorarsi, tanto nei dettagli quanto nell'impostazione d'insieme, forte di rinnovate basi e metodologie di ricerca. Ciò che viene qui presentato è il riepilogo di osservazioni e studi portati avanti con il collega Raffi Tchakerian, e supportato dai docenti Arturo Vittori e Andreas Vogler, la cui pluriennale esperienza in materia si è rivelata decisiva e illuminante ai fini di una corretta strutturazione del lavoro.
lo spazio ieri
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lo spazio domani
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CONCEPT Il mio progetto, in particolare, si sviluppa in parallelo a quello di Raffi Tchakerian, autore di una tesi sullo studio delle strutture, delle tecnologie e dei materiali costitutivi del modulo gonfiabile di Design Beyond Earth, e prende i suoi esiti e le sue riflessioni quale base su cui integrare il progetto di un ambiente per lo spazio che sia: • impostato secondo la tradizione e la cultura del design industriale, e a partire dai bisogni e dalle necessità degli utenti • orientato alla riduzione di componenti, materiali, strutture • fondato su criteri di leggerezza, semplicità, sicurezza, configurabilità • integrato nel sistema di apertura e assemblaggio automatici della parete gonfiabile e della pavimentazione divisoria sviluppato nella tesi del collega, R. Tchakerian • sicuro e ben interfacciato con l'uomo e le sue esigenze ergonomiche, con particolare riferimento alla mobilità in assenza di peso • facile da pulire e mantenere, privo di ostacoli, e dotato di contenitori di uso semplice e veloce, che risolvano i tradizionali problemi di sovraffollamento materiale • adeguato al mantenimento e allo studio sistematico della vita di piante terrestri ed acquatiche e di ecosistemi chiusi nell'ambiente spazio, e al loro impiego per il ricambio dell'aria e la nutrizione • comprensivo di una zona espressamente destinata a benessere, relax, convivialità, e al controllo e alla cura della salute degli occupanti • impostato secondo un ordine e una gerarchia di presentazione delle informazioni e degli stimoli visivi di agevole lettura ed uso
Strumenti e tecnologie Per uno sviluppo credibile e approfondito del progetto Design Beyond Earth, che ne valorizzi le basi metodologiche e culturali, consentendogli di approdare ad esiti di avanguardia e di riferimento nel panorama della progettazione per l'aerospazio, si richiede – come si è visto – un attento percorso di ricerca, che vada a sviscerare problematiche e soluzioni manifeste e latenti nelle esperienze passate, e a dedurne le strategie più coerenti e appropriate alla luce dell'attuale contesto. Specialmente importante ai fini del nostro lavoro è stata, in particolare, l'attenta ricerca e analisi delle soluzioni emerse nelle precedenti esperienze di collaborazione fra il settore aerospaziale e i protagonisti del design, e l'indagine delle impostazioni e tecnologie più promettenti per il futuro, in particolare la strategia costruttiva dell'inflatable, che
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CONCEPT accompagnata dal trasporto di aria pressurizzata per il riempimento, prevede ad oggi il miglior rapporto fra spazi interni utili e peso e dimensioni dei moduli da sgonfi, in configurazione da trasporto. I moduli gonfiabili stanno cambiando la progettazione degli habitat spaziali, e ridefinendone le potenzialitĂ . Le nostre scelte progettuali ne tengono conto, adottando un particolare sistema di espansione ed apertura assistita, e confrontandosi, in particolare, con il piĂš celebre dei progetti di tale tipologia, il modulo TransHab. Costruito a partire da un involucro gonfiabile, il cui diametro in opera doveva raggiungere gli 8.2 metri, a fronte dei 4.4 caratteristici degli altri componenti della Stazione Spaziale Internazionale (costretti a queste misure dal limite tecnico imposto dalle dimensioni massime dei razzi lanciatori), esso prevedeva un nucleo rigido centrale, e quattro livelli interni, allestiti ciascuno in funzione di una specifica necessitĂ operativa (stoccaggio di materiali generici e di alimentari, area riunioni, cabine isolate per l'equipaggio, attrezzature ginniche, igiene personale, macchinari di supporto). Abbandonato nel 2000, con l'apposita risoluzione 1654 della Casa Bianca, a causa dei crescenti costi di gestione complessiva della NASA, fu ripreso da una compagnia privata, la Bigelow Aerospace, alla quale vennero venduti i brevetti, e che sulla base di questi sta attualmente sviluppando una serie di moduli di varia finalitĂ , non ultime quelle di carattere turistico. Punto di arrivo di anni di sforzi e ricerche, il TransHab ha costituito, per il nostro progetto, un solido riferimento e termine di confronto, e ci ha permesso di valutare l'efficacia di molteplici soluzioni progettuali a partire da un confronto diretto fra le specifiche da noi introdotte e quelle all'epoca ottenute.
pallone gonfiabile sperimentale Echo 2, NASA, 1958
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prototipo del modulo TransHab, 1999
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CONCEPT Per quanto concerne più specificamente lo studio degli interni e dei moduli destinati a contenere operatori ed ospiti, la ricerca si è concentrata sulla storia degli esperimenti e delle scoperte in materia di vita nell'ambiente spazio, e la dinamica progettuale si è concentrata attorno all'interrogativo di come possano gli esiti e gli strumenti di questo processo di ricerca essere integrati in un sistema coerente, sicuro, più facile da produrre e da usare. Particolare è stata l'attenzione rivolta alla tecnologia CEBAS (acronimo di Closed Equilibrated Biological Aquatic System), che dalla missione STS-89 del 1998, in cui è stata per la prima volta testata, si caratterizza per l'integrazione di vita vegetale, animale e microbiologica in un unico ambiente acquatico, ottimizzato per garantire un ciclo biologico affidabile e chiuso per periodi anche particolarmente prolungati, di svariati mesi o – in alcuni specifici casi e configurazioni – di interi anni. Sviluppata, a seguire, in un'ampia serie di varianti, essa è intesa quale base di un futuro ecosistema indipendente, in vista di possibili riadattamenti per la luna o per il pianeta Marte, dove la vita acquatica rappresenta la più semplice e affidabile risposta alla necessità di ricreare un ecosistema integrato e autonomo, capace di fornire all'uomo tutte le sostanze nutritive di cui necessita, e possibilmente anche i principi attivi di sostanze medicali e le materie prime dalle quali ottenere nuove tipologie di combustibile, per andare ad alimentare i suoi apparati tecnologici e le sue esigenze di trasporto, anche interplanetario. Compito del nostro progetto è, in quest'ottica, quello di sviluppare una piattaforma di testing dedicata e a tempo pieno, che analizzi a fondo le potenzialità e i problemi di tale tecnologia, permettendo un costante aggiornamento e ricambio di apparecchiature e specie testate, in modo tale da sviluppare, in tempi altrimenti impossibili, una accurata strategia per la riproposizione in altri moduli e contesti, incluse le prospettive di terraforming marziano.
vignetta sul possibile aspetto di una futura serra sulla luna
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ANALISI
Analisi
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ANALISI
Microgravità Panoramica La più evidente delle peculiarità dell’ambiente spazio è senza dubbio la cosiddetta microgravità, o gravità ridotta, così definita per il permanere di alcuni effetti gravitazionali, che rendono la somma delle accelerazioni non strettamente nulla, con lievi ma percepibili effetti a carico di persone, oggetti e strutture. Nella fattispecie, gli effetti gravitazionali residui si devono a: • una permanenza del campo gravitazionale terrestre, che comporta una residua spinta gravitazionale verso il pianeta; • una resistenza aerodinamica non trascurabile, dovuta ai gas ancora presenti in quota, risultante in un’accelerazione nella direzione del moto di rivoluzione; • un gradiente di gravità a seconda della distanza dalla terra, che comporta una differenza fra le velocità radiali agli estremi delle strutture, determinando tensioni e spinte continue e non trascurabili; • un effetto di inerzia che tende a spingere le masse in caduta verso il piano orbitale, generalmente collocato al centro del modulo; • fenomeni di reciproca attrazione, significativi specie nel caso di apparecchiature complesse e pesanti, e rilevanti in particolare in caso di parti in movimento, che vanno quindi a propagare le loro oscillazioni a tutte le strutture limitrofe.
esperienze di assenza di peso a bordo di un A300 in caduta parabolica della compagnia Zero-G
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ANALISI La risultante di questi effetti gravitazionali si quantifica nell’ordine dei 10-6 G, e non viene quindi direttamente percepita dal corpo umano, che va a sperimentare un’autentica sensazione di perdita del peso, simile a quella propria ad una caduta libera. La pressoché totale assenza di peso costante e prolungata costituisce un’esperienza totalmente estranea alla percezione innata del corpo umano, e comporta una notevole serie di difficoltà, per risolvere le quali si rendono necessarie strategie e soluzioni del tutto specifiche e differenti dalle logiche terrestri. Numerose sono le congetture e gli studi in materia, che iniziano ben prima che lo stesso uomo vi si sottoponga realmente. E seppure in mancanza di effettivi riscontri sperimentali, la comunità dei fisici e dei medici per l’aeronautica dedica al tema ricerche senza precedenti. Un’eco di questa febbrile attività di studio ci giunge anche tramite mezzi essenzialmente divulgativi, capaci però di riassumere e spiegare al grande pubblico in termini vicini alla sua comprensione del quotidiano le molteplici anomalie di una vita a zero G. Esempio mirabile di questa precoce attività divulgativa è il documentario animato “Man in Space”, pubblicato nel 1955 da Walt Disney, fervente appassionato dell’immaginario e della ricerca per lo spazio. Premiato nel 1956 quale miglior documentario breve dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, e nominato all’Oscar l’anno seguente, il documentario, diretto da Ward Kimball, include nei suoi 51 minuti una serie di interviste ai luminari del settore, ed in particolare una notevolissima sequenza animata sugli effetti della microgravità sul corpo umano, commentata dal dr. Heinz Haber, già celebre per la sua opera di ricerca e divulgazione scientifica dapprima in Germania, e dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli USA. La sequenza illustra, in particolare, nell’ordine: • gli effetti e i rischi della notevole spinta gravitazionale comportata dal lancio; • le difficoltà di orientamento in assenza di peso; • il senso di perdita di equilibrio e nausea; • le difficoltà nel controllare e calibrare i movimenti; • i problemi alla respirazione dovuti alla mancanza di circolazione d’aria spontanea; • la difficoltà nell’assicurare gli oggetti ad una posizione stabile; • la difficoltà nel muovere oggetti pesanti in assenza di adeguati supporti fermi; • il rischio radiazioni (all’epoca, perlopiù sconosciuto);
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ANALISI • la necessità di dotarsi di adeguati isolamenti termici per le operazioni in esterno; • la necessità di fornirsi di adeguati strumenti per muoversi in assenza di appigli; • le difficoltà nell’assumere cibo, e in particolare nel trattare i liquidi; • la necessità di fornire svaghi per distendere la mente e mantenere allenato il corpo; • la necessità di progettare “letti” e in generale arredi di tipologia apposita; • il rischio di difficoltà di adattamento di ordine psichico.
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serie di fotogrammi da Walt Disney, Man in Space, 1955
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Heinz Haber, Wernher von Braun e Willy Ley (divulgatore scientifico), 1954
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ANALISI Pur nell’approssimato rigore scientifico reso necessario dall’approccio divulgativo, e nell’estrema sintesi narrativa dei commenti del dr. Heinz, si tratta di una testimonianza dall’alto valore storico, in quanto efficace portatrice presso il grande pubblico di contenuti emersi dalle più avanzate fra le ricerche sino ad allora compiute, in realtà ancora tutte da sperimentare. In un certo senso, una divulgazione di tale livello e risonanza, pur nella sua estetica naïf, costituisce tuttora un esempio unico ed irripetuto, ed anticipa di svariati anni i primi veri risultati sperimentali, emersi a partire dai primi anni ’60. Ma vediamo di trattare in modo sistematico ed ordinato le principali conseguenze della cosiddetta SAS – ovvero, Sindrome di Adattamento allo Spazio, o mal di spazio – che comincia a interessare gli astronauti a partire dal primo paio d’ore in assenza di peso, e si va progressivamente ad affievolire nell’arco di non più di 72 ore, entro le quali il corpo raggiunge un nuovo stato di equilibrio. I sintomi più diffusi comprendono nausea, mal di testa, letargia, vomito e malessere diffuso, e colpiscono circa il 45% delle persone che si trovino a vivere in microgravità. Tra i sintomi minori, congestioni nasali, dimagrimento, disturbi del sonno, eccessiva flatulenza e rigonfiamento facciale. Seppur reversibili al rientro sulla terra, i sintomi della SAS comportano non pochi problemi al corretto svolgimento del compito degli astronauti, la cui efficienza operativa è di fondamentale importanza per il buon esito delle missioni che li vedono coinvolti. È per questo che sono stati studiati, a partire dal 1961, anno in cui la Sindrome è stata per la prima volta riscontrata, nel cosmonauta sovietico Gherman Titov, e che è stata introdotta un’apposita scala di misurazione, denominata Garn, dal nome dell’astronauta americano Jake Garn, che ebbe a manifestare nel corso della missione Space Shuttle STS-51-D del 1985 alcuni fra i sintomi più acuti mai registrati. Riportiamo, a seguire, una breve carrellata delle evidenze sperimentali emerse sul corpo umano nelle più o meno prolungate sessioni in assenza di peso, sperimentate dagli astronauti a partire dagli anni ’60, e giunte ad una definizione di massima alla fine dei ’70, per poi andare a definirsi e quantificarsi con maggiore dettaglio nelle missioni successive, ultima delle quali avrebbe dovuto essere la sfortunata STS-107, conclusasi com’è noto in tragedia in fase di rientro, il 1 febbraio 2003, e denominata appunto µg, in quanto incentrata sul perfezionamento degli studi sulle reazioni degli esseri umani e dei microorganismi in ambienti a microgravità.
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ANALISI Primi anni ’60: Mercury, Vostok • considerevole perdita di peso a termine del volo (3.5 kg) • aumento del 12% nella frequenza del cuore (normalizzata in 9-19 ore dal rientro) Metà anni ’60: Gemini, Voskhod • calo nelle performance di lavoro al rientro • riduzione della densità ossea dal 12 al 15% (processo che alla lunga può rivelarsi pericoloso) • durante le attività extra-veicolari, aumento della frequenza cardiaca fino a 180 bpm alterazioni nella composizione del sangue: - riduzione del numero di globuli rossi e delle quantità di plasma - diminuzione delle quantità di elettroliti fondamentali (sodio, potassio) - anomalie nei livelli ormonali - alterazioni nella composizione delle urine: · diminuzione progressiva dei livelli di calcio · aumento dei livelli di azoto, aldosterone, catecolamine · riduzione nei livelli di sodio e cloro in seguito al rientro
James McDivitt e Ed White nel modulo Gemini per una simulazione, 1965
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ANALISI Tardi anni ’60, primi ’70: Apollo, Soyuz • adattamento all’assenza di gravità - capacità di lavoro e di movimento più che soddisfacenti in orbita, ma ridotte al rientro - la riabilitazione ha richiesto 15 giorni • atrofia muscolare: - riduzione nella forza, nella reattività, e nel volume muscolare - varie segnalazioni di crampi durante il volo e fino a 5 giorni a seguire • adattamento cardiovascolare e circolatorio: - riduzione nel volume del muscolo cardiaco e nella sua capacità di pompaggio - riduzioni alla pressione sanguigna in seguito al rientro - al rientro, difficoltà nel mantenere un corretto afflusso di sangue al cervello in posizione eretta (tolleranza ortostatica) • aumento irregolare nella frequenza di difficoltà motorie • aumento irregolare nella frequenza di attacchi di vomito, sensazioni di malessere e svenimento, stanchezza generalizzata • alterazioni nei tipi e nelle quantità di batteri normalmente presenti nell’organismo, con significative conseguenze in termini di resistenza immunitaria, ed efficienza dell’apparato digerente
Aleksey A. Leonov e Thomas P. Stafford prendono parte all’Apollo-Soyuz Test Project, 1975
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ANALISI Metà-fine anni ’70: Skylab, Salyut • la perdita di peso si attenua con l’aumento della durata delle missioni • si dimostra essere specialmente a carico dei fluidi corporei, piuttosto che un’effettiva riduzione dei tessuti • quasi metà della riduzione di peso corporeo affligge le sole gambe • il sangue va alla testa, portando la pressione dei capillari del capo oltre la norma, provocando fastidiose sensazioni di pesantezza e cefalea per tutta la durata del volo • atrofia degli arti inferiori (diminuzione evidente nella circonferenza delle cosce) • nessuna o irrilevante diminuzione nelle dimensioni di braccia e bacino • lo svolgimento regolare di esercizi di mantenimento a bordo si dimostra efficace nel ridurre la necessità di lunghe riabilitazioni a terra • notevole riduzione nel volume di minerali degli arti inferiori, nessuna agli inferiori • riduzione nei volumi di sangue spostato dal sistema cardiocircolatorio, e nella pressione, a fronte di un aumento nella frequenza dei battiti • perdita di globuli rossi nei primi 30 giorni, tendente però a ripristinarsi in altri 60 (i livelli al giorno della partenza ed al rientro, 84 giorni dopo, tendono a coincidere) • decrescita nelle quantità di numerosi enzimi responsabili del metabolismo sanguigno • aumento del numero di globuli bianchi durante il volo, con rapido ripristino al rientro • lievi variazioni nelle quantità di immunoglobuline • alterazioni nelle capacità percettive: - lieve riduzione dell’acuità visiva e della percezione dei volumi - alterazioni nel senso del gusto - al rientro, generiche difficoltà di coordinamento ed equilibrio ad occhi chiusi, benché sostanzialmente invariate ad occhi aperti - difficoltà nelle situazioni quotidiane che richiedano risposte pronte a partire da input visivi • livelli di contaminazione microbiologica crescenti, in modo pressoché proporzionale alla stessa durata della missione (inefficienza immunitaria), crescita di funghi Questi ed altri studi ci hanno consentito di elencare e classificare, con gli anni, i sintomi del cosiddetto mal di spazio, a seconda degli apparati che va di volta in volta a interessare, delle nuove condizioni di equilibrio fisiologico che va ad imporre, e dell'entità dei rischi che comporta. Vediamo – a seguire – una panoramica dei principali sintomi a carico di: • sistema nervoso • sistema cardio-circolatorio • sistema muscolare e scheletrico
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ANALISI Sintomi / sistema nervoso Sin dai primi giorni di permanenza nello spazio, si registrano – pressoché in tutti gli astronauti – disturbi a carico del sistema vestibolare, l'apparato garante dell'equilibrio corporeo. Essi sfociano in sintomi quali disorientamento, vertigini, illusioni posturali e kinestesiche. La compromessa propriocezione provoca a sua volta un senso di nausea e malessere generalizzati, e contribuisce a causare episodi di vomito, e a provare la stessa stabilità psichica del soggetto. L'adattamento richiede all'organismo un tempo altamente variabile, che può oscillare da poche ore a vari giorni, al termine del quale il corpo si abitua alle nuove condizioni, riacquisendo il suo equilibrio posturale e la sua capacità di coordinazione motoria, e abbandonando i sintomi inizialmente accusati. Essi non di rado tornano al rientro a terra, con sintomi pressoché analoghi, ma con tempi di recupero tendenzialmente inferiori. L'assenza di un effettivo ritmo circadiano e di una scansione del tempo dominata dal ciclo solare (sulla Stazione Spaziale Internazionale nell'arco di 24 ore si susseguono 23 albe e 23 tramonti), combinata a tabelle orarie di lavoro tipicamente intense e serrate, può causare, inoltre, difficoltà a livello di gestione del bioritmo, squilibri nella corretta successione di turni di lavoro e di riposo, e di sonno e veglia. Tali difficoltà sono potenzialmente rischiose specie in previsione di lunghe permanenze in orbita, durante le quali i sintomi si potrebbero aggravare. Per scongiurarle, il periodo delle "giornate" viene mantenuto forzatamente di 24 ore, di cui non più di 10 per il lavoro e non meno di 8 dedicate al riposo, in piena analogia con i ritmi terrestri.
tabella riassuntiva delle principali cause di stress ambientale a bordo
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ANALISI All'affaticamento generale determinato da tali fattori si va ad aggiungere il regime di sensibilizzazione complessiva agli stimoli esterni indotto dalla monotonia dell'ambiente, in particolare per quanto attiene allo stress acustico ed agli stimoli vibrazionali. Tali condizioni di affaticamento, continue nel tempo, deteriorano i livelli di attenzione e la quiete degli astronauti, peggiorando le loro performance, e giungendo talvolta a causare in loro veri e propri disturbi di ordine psichico. Ultima, ma non meno importante, fra le problematiche di natura nervosa, è la progressiva perdita di efficienza a carico del sistema immunitario. Ancora non chiaramente spiegata nelle sue motivazioni primarie, essa comporta reazioni allergiche mai registrate dagli stessi soggetti in precedenza, e non conosce contromisure, se non la sterilizzazione ed il controllo microbiologico dei materiali di lavoro e degli ambienti.
Sintomi / sistema cardio-circolatorio e ri-distribuzione dei fluidi corporei Frutto di un processo di migliaia di anni di progressivo perfezionamento e adattamento, il sistema cardio-circolatorio umano, ed in genere ogni apparato preposto a far circolare fluidi all'interno del corpo, è tarato e dimensionato per lavorare al meglio in condizioni di gravità terrestre – notoriamente, pari ad 1 g, ovvero 9.81 m/s2. In questa situazione, il sistema raggiunge il suo equilibrio operativo, recuperando le cadute di pressione con spinte contrarie appositamente localizzate e calibrate, che vanno a garantire il giusto apporto di sangue alle estremità superiori del corpo, ed in particolare al cervello, organo per il cui corretto equilibrio e funzionamento il giusto irroramento di sangue è specialmente essenziale. È esperienza comune il verificare come questo sistema di circolazione sia sensibile già alle variazioni di orientamento che comunemente si riscontrano nella vita quotidiana. Ma nello spazio, tali fenomeni si acuiscono. L'improvvisa assenza di una spinta
principali forme di stress riscontrate durante missioni umane nello spazio, suddivise per tipologia
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ANALISI
spostamento dei fluidi corporei in microgravità
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ISS, modulo Zvezda, esercizio aerobico al tapis roulant 099
gravitazionale sensibile induce ad un sovraccarico di vene ed arterie nelle regioni del petto, del collo, e soprattutto del capo. Ciò è causa delle cosiddette "facce gonfie" ("puffy faces"), tipiche degli astronauti in orbita. L'esperienza è analoga a quanto si può sperimentare anche sulla Terra, stando eretti in posizione capovolta, ma è ancor più straniante e rischioso in quanto combinato ai già citati effetti di disorientamento posturale e movimentale, e soprattutto in quanto prolungato nel tempo. Il mantenimento di tali condizioni spinge infatti l'organismo ad opportune contromisure, che se da un lato limitano lo stress in orbita, diminuiscono invece le prestazioni dell'organismo, e comportano difficoltà anche gravi nell'adattamento al rientro. L'eccesso di sangue nella parte superiore del corpo viene contrastato diminuendo la produzione di globuli rossi. Ciò tipicamente si traduce, nell'arco di due-tre mesi, nella comparsa di anemie. Esso riduce inoltre la percezione della sete, ed il mancato apporto di liquidi che consegue ne causa la ritenzione, che va a sua volta ad impattare negativamente sul funzionamento del muscolo cardiaco. Esso si trova quindi ad operare a una pressione superiore alla norma, specie nella testa e nelle vene del collo, e risponde allo stress riducendo le contrazioni e la lunghezza delle diastole. A lungo andare, riduce le sue stesse dimensioni, si inclina in posizione orizzontale, e cala in modo rilevante la massa sanguigna complessiva. Sebbene il nuovo equilibrio non comporti specifiche problematiche funzionali, si rivela sottodimensionato al rientro sulla Terra, e provoca di frequente, accompagnato in questo dalla contemporanea diminuzione nella capacità del sistema respiratorio, improvvisi svenimenti. Oltre alle variazioni nella fisiologia dell'apparato, si registrano infine cambiamenti nella stessa composizione del sangue. Diminuiscono il quantitativo di plasma, le reazioni di glicolisi, e i contenuti di ATP. Quest'ultimo sintomo, in particolare, compromette l'efficienza dell'organismo nella produzione di energia, riducendo la
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ANALISI resistenza all'affaticamento, anche in orbita. Di questo è doveroso tener conto nelle fasi di programmazione degli sforzi fisici richiesti agli equipaggi, ed in base alle specifiche perdite di performance si devono dimensionare gli sforzi relativi alle operazioni di uso e di manutenzione delle attrezzature.
Sintomi / sistema muscolare e scheletrico Dopo le variazioni funzionali a carico del sistema cardio-circolatorio, le principali conseguenze dell'assenza di peso sono indubbiamente le perdite di tono muscolare e di tenacità dei tessuti ossei (decalcificazione, osteopenia). Le più visibili manifestazioni sono la distensione della colonna vertebrale, con il suo conseguente allungamento (anche > 5 cm), e la progressiva atrofia degli arti inferiori, del tutto paragonabile a quella riscontrabile nel decorso di lunghe degenze ospedaliere in posizione distesa. La massa di alcune ossa giunge a diminuire del 10-11%, ed aumenta in modo esponenziale il rischio di fratture. L'entità di tali cambiamenti è così importante da dover essere tenuta in considerazione quale fonte di nuove necessità e parametri ergonomici, e da cambiare le dimensioni ottimali degli oggetti a cui è richiesto di interfacciarsi con il corpo degli astronauti, in particolar modo i vestiti. Le nuove dimensioni e i nuovi movimenti del corpo ne impongono un'attenta riprogettazione, e ciò rappresenta un settore in cui ancora molto è da scoprire ed inventare. Per evitare il degenerarsi di tale decadimento, si rende necessario un programma di attività fisica intenso e vario. Nonostante le almeno due ore di esercizio quotidiano previste in tutte le missioni sinora intraprese, le difficoltà nel convogliare in modo corretto ed efficiente le forze muscolari in appropriati esercizi comportano tuttavia a lungo andare conseguenze attualmente inevitabili. Nonostante i tempi e gli sforzi dedicati al mantenimento della condizione atletica, gli astronauti al rientro da lunghe missioni sono spesso a rischio di fratture, e non di rado faticano a stare in piedi in modo continuativo, accusando una generalizzata sensazione di stanchezza ed astenia. Più che lo stesso volume muscolare, che non si riduce oltre il 10-15%, ciò che si viene drasticamente a mancare è la capacità di controllarne gli sforzi. La massima potenza esplosiva decresce mediamente, in sei mesi di microgravità, del 50%, mentre la potenza aerobica, al pari delle performance cardiache, cala di un 20% nel primo mese, per poi stabilizzarsi. Oltre alle performance di picco, cala anche il tono a riposo. Non infrequenti sono gli abbassamenti nella pressione arteriosa, specie a carico delle estremità del corpo, non ultima la testa. Ciò è all'origine di disturbi in larga parte imprevedibili, quali improvvisi mancamenti, e talvolta anche perdite di coscienza. È facile intuire come questi sintomi rappresentino uno dei principali ostacoli ad una perfetta operatività, e al raggiungimento degli obiettivi imposti agli equipaggi.
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ANALISI
NASA STD-3000, segmenti e piani antropometrici
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Skylab, rilievi dimensionali al corpo dell'equipaggio
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Allenamento Le incombenze lavorative e la vita quotidiana degli astronauti richiedono loro un considerevole dispendio di energie. Per questo motivo, parte dei test attitudinali in virtù dei quali selezionare gli individui più idonei, si giocano proprio sulle capacità fisiche, e vengono preferiti i soggetti più forti e più resistenti al lavoro aerobico. Nonostante questo primo criterio di scelta, le cadute prestazionali a cui anche gli astronauti più vigorosi sono soggetti, impongono specifiche contromisure. Per mantenere e recuperare la forza ed il coordinamento motorio necessari ad affrontare con efficacia i carichi di lavoro imposti dalla permanenza in microgravità, innanzitutto, è necessario seguire un adeguato carico di allenamento. Attualmente, la strumentazione prevede treadmill (pedane), veloergometri, e cicloergometri. Esistono poi, ormai da lunga data, numerosi dispositivi atti a simulare il peso gravitazionale terrestre, e la pressione sulla colonna vertebrale e sui muscoli. Lo sviluppo di tali soluzioni è ancora da incoraggiare ed estendere, se pensiamo che anche le meno invasive, vere e proprie tute costrittive, atte a sovra-sforzare i muscoli così da richiedere loro energie addizionali (i cosiddetti "pinguini") ancora ostacolano notevolmente i movimenti, rendendo i tempi dell'esercizio fisico e quelli del lavoro di bordo quasi per nulla sovrapponibili. Ancor più invasivi, sono i macchinari per la cosiddetta LBNP (Low Body Negative Pressure), ossia le imbracature rigide decompresse (chibis) impiegate per simulare le condizioni di pressioni terrestri, così da mantenere attiva la circolazione del sangue e garantire quindi freschezza e vitalità ai tessuti.
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ANALISI Ciò a cui ultimamente assistiamo, è un tentativo di rinnovo e riprogettazione delle macchine per l'esercizio fisico, volto a migliorarne l'usabilità, e ad estenderne l'efficacia a tutti i gruppi muscolari coinvolti. Tra di essi, citiamo il MARES (Muscolar Atrophy Research and Exercise System, cfr. fig. 068 pag. 025), attualmente in fase di studio, ad oggi la più complessa fra le macchine ginniche spaziali, predisposta per movimenti di flessione ed estensione completi per gli arti e per il busto. Nonostante le numerose ricerche, ciò che emerge è il persistere di una difficoltà di fondo nell'incanalare gli sforzi fisici in modo corretto e appropriato all'ambiente microgravitazionale. Ciò dovrà spingere ad una continua riprogettazione delle attrezzature sportive per lo spazio, settore nel quale ancora molto è da scoprire, e in cui l'intervento del design – per inciso – è tuttora agli albori.
NASA STD-3000, prevenzione, diagnosi, e terapia dei disturbi associati alla microgravità
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ANALISI Movimenti e postura Tipicamente, l'assenza di gravità viene considerata un vantaggio per il movimento nello spazio: gli sforzi necessari a mettere in moto il corpo sono irrisori, e dopo una prima fase di disorientamento, ci si comincia a spostare con sorprendente agilità. Ciò non risolve però tutte le problematiche relative al movimento, ma ne crea anzi di nuove. In particolare, emerge con forza il problema dell'ancoraggio: qualsiasi forza richiede un punto fermo, capace di opporgli un'adeguata resistenza. Solo così si può tradurre in moto. Il problema si accentua quando a doversi spostare non è il singolo operatore all'interno di uno spazio statico, bensì l'intero sistema di oggetti e utensili ospitato dai moduli spaziali. Le interazioni d'uso e di controllo di qualsiasi interfaccia si complicano, rivelandosi spesso problematiche ed ostili. E più che lo stesso movimento, critica diventa la posizione stabile degli oggetti, che in assenza di spinte gravitazionali notevoli continuano a mantenere le loro velocità iniziali, tendendo così a volteggiare in modo incontrollato e, alla lunga, ad allontanarsi dal punto in cui erano stati lasciati. Citiamo, a questo proposito, un illuminante passaggio tratto da La vetta, “diario di bordo" di Franco Malerba, primo astronauta italiano: “Sulla Terra, appoggiando un oggetto a una superficie orizzontale, [esso] rimane fermo, trattenuto dal peso e dall’attrito sulla superficie. Nella navicella, in assenza di peso, quando si lascia una cosa a se stessa, questa sulle prime sembra restare innocentemente dov’è, sembra promettere di lasciarti il tempo di fare altre cose per poi ripresentarsi fedelmente dove l’hai lasciata, senza neppure appoggiarla. In realtà c’è sempre una piccola velocità residua, forse a causa della ri-circolazione dell’aria, che fa sì che la
NASA STD-3000, postura tipica a riposo in condizioni di microgravità
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ANALISI cosa se ne vada lentamente e inesorabilmente per conto suo. Se si tratta di un oggetto piccolo, si finisce per perderne le tracce, a volte lo si ritrova casualmente dopo aver cercato a lungo invano, a volte non lo si ritrova fino al ritorno sulla terra. Questo spiega perché quasi ogni oggetto a bordo è dotato di uno o più “francobolli” di velcro, dalla matita al manuale, dal cucchiaino alla macchina fotografica. Ogni utensile di bordo deve potersi attaccare ad altrettanti francobolli di velcro sulle pareti. Purtroppo non c’è mai abbastanza velcro sulle pareti e, comunque, non nei posti che ciascuno preferirebbe; siccome il velcro è una fibra plastica che emette fumi tossici in caso di incendio, gli allestitori dello Shuttle tendono a utilizzare solo quello strettamente necessario. Ci sono nastri di velcro auto-collante di riserva a bordo e ogni equipaggio finisce per servirsene abbondantemente. Ma al rientro dalla missione ogni Shuttle viene ripulito, e invariabilmente l’equipaggio successivo deve ricominciare la tappezzatura”.
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libertà di movimento laterale con ancoraggio ai piedi
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libertà di movimento frontale con ancoraggio ai piedi
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posture: sistema di riferimento standard
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libertà di movimento intorno ad un perno centrale
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ANALISI Dalle parole di Malerba, realizziamo come l'apparente facilità e leggerezza nei movimenti nasconda in realtà difficoltà ed insidie non comuni, e potenzialmente in grado di scombinare, in maniera imprevedibile, gli esiti di intere sessioni di lavoro. Al complicarsi delle operazioni in sé, si aggiunge la difficoltà riscontrata dagli astronauti nello stimare correttamente le proprie forze, e la quantità di esse concretamente necessaria a svolgere di volta in volta i compiti e le mansioni del loro operato. Specie agli inizi, non è infrequente che sovradimensionino l'impiego di energie, e che con l'andare del tempo tendano invece, sebbene in modo meno pronunciato e irregolare, a sottovalutarlo. Ciò che avviene in microgravità è un sostanziale riassetto, oltre che degli equilibri fisiologici dell'organismo, dei suoi caratteri posturali. Rilassato, il corpo assume una posizione semi-raccolta, fetale. Cambiano gli angoli delle ginocchia e dei gomiti (ca. 130°), si apre l'angolo pelvico, e si appiattisce la curvatura della colonna vertebrale. Abbinata alla sua distensione, ciò può causare aumenti di statura anche nell'ordine dei 10 cm. La testa si piega poi in avanti, cambiando la prospettiva stessa di visione delle cose, e i requisiti per una loro corretta leggibilità. Simile alla postura naturalmente assunta dal corpo in immersione, essa non comporta disagi, ma rappresenta anzi il migliore adattamento alle condizioni dell'ambiente. Di questo va tenuto espressamente conto nella progettazione di attrezzature ed interfacce, che non dovranno quindi imporre forzatamente posture terrestri, bensì basarsi sul nuovo assetto dell'organismo, per ricavarne le costanti dimensionali ed ergonomiche più appropriate per lavoro, lettura, movimento, relax. Come si è visto, il principale degli errori di valutazione posturale riguarda le braccia, ed è figlio dell'esperienza comune, che vuole che esse trovino l'equilibrio in posizione distesa, o perpendicolari al busto. In assenza di gravità, esse tendono al contrario a ripiegarsi, ed è sulla base di questi cambiamenti che va impostata un'adeguata metodologia progettuale, che si fondi su di un'attenta analisi – ove possibile, sperimentale – delle posture e dei movimenti più agevoli e neutri nello spazio privo di gravità, e a partire da essi ricavi i criteri e le costanti con le quali migliorare le correnti strategie progettuali di workstation, aree relax, giochi, attrezzature sportive, e via dicendo. Gli studi sulla fisiologia umana in assenza di gravità sono tuttora nel pieno del loro svolgersi. L'aumento nel numero delle persone pronte a fare esperienza di tali condizioni previsto per gli anni a venire porterà indubbiamente ad un'accelerazione nel ritmo delle ricerche e delle scoperte, e contribuirà a comprendere quali siano gli effettivi rischi, le giuste contromisure, e le prospettive di adattamento a lungo termine, sia in ambienti a micro-gravità, sia a gravità ridotta, come ad esempio sulla luna o sul pianeta Marte, dove l'accelerazione di gravità è 1/3 di quella terrestre.
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ANALISI
Confinamento Oltre ai problemi di adattamento fisico, di immediato riscontro e di urgente risoluzione, ciò che più subdolamente affligge la permanenza ed il benessere degli astronauti è la questione dell'adattamento mentale e psicologico ad uno spazio così inospitale e manchevole dei consueti stimoli terrestri, la cui assenza provoca a lungo andare un senso di monotonia e disadattamento, capace, se non prevenuto ed affrontato correttamente, di sfociare in nervosismo o, al contrario, in depressione. La nostalgia dell'ambiente terrestre e l'assenza di un contatto tangibile e continuativo si traducono in una perdita di interesse e di motivazione, che combinate all'alto profilo prestazionale richiesto, segnato da una rigida e minuziosa scansione temporale, e da interminabili serie di task, ingenerano non di rado autentici sentimenti di rifiuto, che si risolvono talvolta anche in reazioni di esplicita rivolta, quali ammutinamenti o scioperi. La ristrettezza degli spazi fruibili, la conseguente limitazione dei movimenti, la monotonia degli stimoli visivi e sonori, la limitazione delle risorse anche più essenziali (in primis, il tempo), il continuo stato di allerta, e le spartane costrizioni a carico delle attività più personali ed intime, quali il sonno, la nutrizione, e l'igiene personale, provocano negli individui una generale sensazione di disadattamento, e complicano – a loro volta – le relazioni sociali. Già difficili per via della promiscuità di generi e culture, delle differenze linguistiche, e dell'effettiva implosione di ogni “bolla prossemica" dei singoli, le buone relazioni tra i membri dell'equipaggio rappresentano un tema indubbiamente nevralgico ai fini delle future missioni, specialmente a lungo termine.
ISS, zona magazzino, mancanza di spazi vitali
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isolamento, esposizione, solitudine
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ANALISI
gradi di stress psicologico secondo Gushin, 1993
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livelli di benessere: Shuttle/Mir vs. ISS
prova di un modello di "night bag", anni '70
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ISS, tempo libero: J. Williams al cicloergometro (CVIS) 113
ISS, lavoro ed amicizia fra gruppi eterogenei
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ISS Destiny, vita sociale: momenti di svago condiviso
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ANALISI
Radiazioni Specifico dell'ambiente spazio è il problema delle radiazioni. Così come le polveri e i detriti vaganti mettono a repentaglio la tenuta e la durata delle strutture, la salute e la sicurezza degli individui sono minate da una quantità di radiazioni che è mediamente mille volte maggiore di quella normalmente registrata sulla Terra. Al di là del velo protettivo costituito dall’atmosfera terrestre, lo spazio è intriso, infatti, di radiazioni di ogni genere: la luce ed il calore del sole, le onde radio di Giove, i raggi X e gamma provenienti dallo stesso sole e da molteplici sorgenti di energia, non tutte approfonditamente conosciute, e talune poste al di fuori del nostro stesso sistema solare. Queste radiazioni non solo saturano tutto lo spettro elettromagnetico, ma includono anche particelle atomiche e subatomiche di varie dimensioni e di diverso potenziale energetico. Tralasciando queste ultime, il cui studio richiede metodologie specifiche, la natura e l'origine delle radiazioni è profondamente varia, e comprende essenzialmente: • la fascia radioattiva della magnetosfera – particolarmente intensa, ma normalmente attraversata in tempi brevi, e con le schermature ancora al massimo della loro efficienza • i venti solari – che investono in media i mezzi a quantitativi di radiazioni superiori ai 100 rem, in corrispondenza dei picchi di attività delle macchie solari, con picchi ogni undici anni, e per un tempo massimo di 24 ore, ad intervalli non prevedibili in anticipo • le radiazioni cosmiche – altamente energetiche e dal flusso pressoché continuo Il sommarsi di tali influenze, consentito dal venir meno di ogni protezione atmosferica – in particolare, dello strato di ozono – espone gli astronauti a dosi che in soli tre mesi equivalgono alla soglia di attenzione annuale. E non c’è dubbio che queste possano produrre danni biologici, di natura anche grave, e geneticamente trasmissibili. La gran parte delle radiazioni è del tutto analoga a quelle riproducibili sul nostro pianeta, e può quindi esservi simulata, utilizzando radar, ciclotroni, o semplicemente materiali radioattivi. Gli effetti biologici di tali radiazioni possono essere riprodotti, e quindi studiati in modo molto approfondito. Esulano purtroppo dalla possibilità di studi terrestri gli studi relativi alle particelle atomiche HZE e ai cosiddetti raggi cosmici, specifici dell’ambiente spazio, e solo approssimativamente riproducibili sul nostro pianeta, pertanto ancora i meno conosciuti, nonostante i numerosi studi, e le molteplici missioni dedicate. Fra gli svariati strumenti impiegati per la loro analisi e decodifica, un ruolo particolare spetta allo stesso occhio umano. Pare infatti che i raggi cosmici siano alla base dei
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ANALISI “lampi di luce” avvertiti da numerosi astronauti mentre stavano ad occhi chiusi, in varia quantità e forma, sin dai tempi delle prime missioni Apollo. Alcuni resoconti sono a dir poco impressionanti. Un team di astronauti riferì, ad esempio, durante una missione lunare, di aver visto alcuni flash di colore verde, tanto intensi e ripetuti da spingere alcuni a testimoniare che “sembrava il giorno di St. Patrick”. Nonostante siano allo studio sin dagli albori dell'era spaziale molteplici materiali e strategie di isolamento, la natura impalpabile di tali rischi rende particolarmente difficile la loro valutazione e la diagnosi delle loro concrete conseguenze, ed impone la massima attenzione. Non è ancora chiaro se costituiscano un limite alle nostre possibilità di esplorazione dello spazio, ma certo è che sarà necessario adottare strategie di protezione sempre più sofisticate ed efficaci, ed indagarne la natura e gli effetti in modo sempre più mirato e approfondito, per garantire la sicurezza degli operatori e dei comuni individui pronti ad affrontare la sfida e l'emozione dello spazio.
livelli di energia per densità di flusso [meV]
NASA, fasce di Van Allen, illustrazione, 1961
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analisi di mutazioni ai cromosomi del sangue, 2001
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ANALISI
Life support systems Alla base di una sicura, dignitosa, e quanto più possibilmente piacevole permanenza umana nello spazio, vi è la necessità di ricreare un habitat che sia affine all'esperienza terrestre, che risponda alle esigenze fisiche e psicologiche delle persone, e si ponga nei loro riguardi come un ambiente rassicurante, affidabile, naturale. In questo senso, critico e fondamentale è il ruolo svolto dai sistemi di supporto alla vita (spesso abbreviati in LSS, Life Support Systems). Compito di tali sistemi è quello di garantire e sostenere la vivibilità a bordo dei moduli spaziali, fornendo ai loro abitanti: • le condizioni ambientali, gli stimoli, e le fonti di energia, atti a mantenere l'appropriato equilibrio metabolico • la corretta atmosfera, con la giusta composizione, purezza, qualità fisica dei gas, ed il loro necessario ricambio • il controllo termico, la dissipazione e l'isolamento di tutte le strutture e superfici potenzialmente rischiose • l'apporto, la disponibilità, la pulizia, il ricambio dell'acqua • un'alimentazione varia, a intervalli regolari, compatibile con le particolari condizioni di stress fisiologico a cui sono sottoposti gli individui in microgravità • il trattamento degli scarti e dei rifiuti, ed il loro riuso intelligente • l'individuazione e la rimozione delle sovrappopolazioni batteriologiche e virali, e in generale, di ogni condizione potenzialmente patogena Per il loro carattere di tramite fra le persone e gli habitat, si parla spesso di sistemi di supporto alla vita e di controllo ambientale. La NASA, a tal proposito, impiega appunto l'acronimo ECLSS, che sta per Environmental Control and Life Support Systems. Il progressivo avanzamento degli studi e delle ricerche in tale ambito ha permesso non soltanto di imparare a comprendere le quantità di risorse necessarie a un livello di vita adeguato ad assicurare la stabilità biologica degli umani, ma anche di considerare persone e ambienti quali varibili di un unico sistema, con evidenti ricadute sull'ecologia, e sulla presa di coscienza del suo ruolo specialmente nel contesto terrestre. Il riferimento obbligato e continuo alle condizioni caratteristiche del pianeta azzurro ha a sua volta fornito conoscenze e spunti progettuali allo sviluppo di tali sistemi, il cui obiettivo si è appunto rivelato quello di eguagliare il modello presente sulla Terra.
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ANALISI
metabolismo umano medio: sostanze necessarie e rifiuti
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ECLSS, mappa delle funzioni
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ANALISI Sul modello terrestre, si è pertanto semplificato l'approccio ai sistemi di supporto alla vita, schematizzandoli in quattro tematiche essenziali, dalla cui qualità e dinamica vanno a dipendere tutte le necessità di carattere secondario: aria, acqua, cibo, rifiuti. Sulla base di questa osservazione, si è strutturata una metodologia di intervento fondata su cinque macro-sistemi essenziali: • sistemi di controllo atmosferico (ACS) – producono ossigeno e azoto, assicurando la corretta composizione dell'aria ed il mantenimento dei suoi livelli di pressione • sistemi di revitalizzazione atmosferica (AR) - controllano che l'aria sia sicura da respirare, adeguatamente filtrata e priva di sostanze pericolose • sistemi di controllo di temperatura e umidità (THC) - si occupano di far circolare l'aria, di rimuovere le tossine e di mantenerne temperatura ed umidità • sistemi di individuazione e soppressione degli incendi (FDS) - includono sensori di fumo, estintori, maschere di ossigeno, segnalatori acustici e luminosi • sistemi di gestione e recupero dell'acqua (WRM) - raccolgono, conservano e distribuiscono l'acqua, assicurandosi della sua pulizia Si è poi compreso come il grado di efficienza e le potenzialità di durata di tali sistemi dipendano essenzialmente dalla loro capacità di instaurare processi rigenerativi – di natura fisico-chimica, biologica, o ibrida – ed equilibrati in modo autonomo e reciproco. Un sistema che raggiunga questi obiettivi smette di necessitare di contributi esterni, e può pertanto dirsi chiuso. Sul modello terrestre, si è quindi cercato di integrare nei sistemi di supporto alla vita organismi viventi, già specializzati nello svolgere gli specifici compiti necessari, dalla produzione di nutrienti, al filtraggio dell'aria, alla conversione delle biomasse in fonti di energia o in fertilizzanti, utili al loro stesso metabolismo.
schema di LSS chiuso rispetto alla massa interna
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relazioni dell'ECLSS con gli altri sottosistemi
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ANALISI
Apollo, life support system portatile, anni '70
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esperimento di LSS basato su specie vegetali
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NASA MSIS, percentuali di ossigeno di riferimento
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NASA MSIS, livelli quotidiani di acqua e cibo
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ECLSS, mappa delle funzioni
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ANALISI
Piante ed ecosistemi Stando al dr. Robert Freri, dell'University of Florida, "stiamo scoprendo che i principi fondamentali della biologia possono essere studiati essenzialmente solo abbandonando la superficie terrestre". Tale affermazione, contenuta in un'intervista rilasciata ai primi di questo stesso 2010, rivela quanto le ricerche sulle piante e sugli ecosistemi in habitat spaziale siano oggi nel pieno del loro sviluppo, ed interessino ricercatori e scienziati ben al di là delle già fascinose prospettive di utilizzo concreto di piante quali fonti di sostentamento, di aria, e di energia, per le future missioni spaziali. L'interesse che spinge a testare il comportamento vegetale in microgravità è infatti ancor più vasto, e tocca i nodi tuttora irrisolti della stessa biologia. In questa svolta scientifica epocale, la scelta dell'amministrazione Obama di prolungare la vita dell'International Space Station almeno sino al 2020, accoglie un coro unanime di consensi e approvazione, ed apre la strada a un programma di studi senza precedenti. Sempre secondo Freri, "Le piante non parlano. Per cui è necessario che i biologi molecolari le attrezzino degli strumenti che consentano loro di comunicarci il loro stato. È possibile [ad esempio] farle brillare con specifici pigmenti luminescenti, in corrispondenza dell'attivazione di particolari geni o in occasione di specifici fenomeni ambientali, recepiti dalle piante". La tecnica della bioluminescenza si sta appunto rivelando una tra le più avanzate ed interessanti tecnologie per lo studio dei vegetali al di là della Terra. E non è la sola ad essere proprio in questi ultimi anni approfondita e sviluppata proprio in virtù di questo scenario.
University of Florida, Department of Horticultural Sciences, studi per piante luminescenti, 2010
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ANALISI Il 50% del DNA di una pianta coincide col DNA umano, e l'80% dei geni è equivalente. Comprendere il comportamento delle piante nello spazio ci consentirà di scoprirne la natura, e di trarne conclusioni generali, utili alla vita della stessa specie umana, ed alla cura e diagnosi di molteplici patologie, dai processi di invecchiamento, al cancro, al diabete.
Protagonisti Pioniera negli studi sistematici e dedicati della crescita di piante nello spazio è stata indubbiamente la NASA, con il progetto Advanced Astroculture (ADVASC). Nel modulo Advanced Astroculture T, costruito al WCSAR del Wisconsin, e sperimentato a bordo di ISS e Mir, furono per la prima volta studiate scientificamente colture vegetali in orbita, quali quella di patate nel 1995, in occasione di una missione space shuttle. Costruito in Italia, uno dei moduli più importanti per le ricerche biologiche nello spazio nel prossimo futuro, sarà invece il Columbus, dell'Agenzia Spaziale Europea, montato sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2008. Particolarmente interessante è la sua unità centrifuga, di 2.5 metri di diametro, che permetterà di studiare piante, uova, insetti, pesci, cellule e tessuti ad accelerazioni gravitazionali variabili in modo continuo, tra i 10-6 e i 2 G. Essa sarà corredata di un incubatore per le uova, di supporti per la crescita di piccole popolazioni di organismi di varia natura, compresi quelli acquatici, e di una spaziosa glovebox per gli esperimenti manuali, dotata di sensoristica per la determinazione della temperatura, dei battiti cardiaci, delle pressioni sanguigne, e per la registrazione di immagini statiche e video di alta qualità, pronte ad essere trasmesse in breve tempo ai centri di ricerca paralleli sulla terra. L'infrastruttura permetterà di indagare approfonditamente il ruolo della gravità in vari morbi e malattie, specie in quelle degenerative, nell'invecchiamento, e in altri processi che coinvolgono la vita terrestre. È interessante notare come inoltre, in parallelo a questo corposo ambito di studi, la stessa struttura sia al contempo in grado di portare avanti ricerche separate sulle proprietà di materiali anche inorganici, così da sfruttare appieno il sistema, evitandone i tempi morti, e massimizzando i risultati. Notevole è poi il progetto di habitat per insetti proposto dall'Agenzia Spaziale del Canada, dotato di compartimenti multipli, regolabili singolarmente nelle loro caratteristiche di temperatura, umidità, illuminamento ed accelerazione gravitazionale. Un altro ruolo interessante è infine quello del Giappone, già pioniere degli studi sulla vita e la riproduzione dei pesci in microgravità, con il progetto Space Medaka, del 1994, primo test di riproduzione di una specie animale nello spazio, successivamente approfonditi e ampliati ad anfibi, lumache, invertebrati e piante, prima nel contesto della NASDA, ed oggi con JAXA.
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ANALISI Piante e LSS Una particolare rilevanza nel panorama delle tecnologie di supporto alla vita in ambiente di micro-gravità spetta ai cosiddetti sistemi BLSS (biological life support systems), basati su organismi viventi. Tra di essi, possiamo individuare soluzioni basate su piante a fusto, o piante a fusto in combinazione con funghi, micro-alghe, o batteri. Dati i tre criteri di qualità fondamentali per l'analisi di un sistema di supporto alla vita, riassumibili, in massa e ingombro minimi, massima sicurezza, e massima qualità della vita, osserviamo come i sistemi basati su organismi viventi siano i più promettenti in tutti e tre i criteri, e già i più performanti nel terzo. Distinguibili a loro volta in un'ampia varietà di approcci, i sistemi BLSS si differenziano specialmente nella strategia di recupero dell'ossigeno, e nei prodotti alimentari ottenibili. Proprio in riferimento a quest'ultimo fattore, i primi studi in merito, risalenti al 1996 (Bartsev, Gitelson, e.a.), concludono che le piante a fusto, qualora combinate ad un’adeguata strategia di riutilizzo dei materiali di scarto (recupero di energia), costituiscono già con l'attuale livello tecnologico la soluzione più efficiente per tutti i progetti a lungo termine (oltre l’anno), confermandosi allo stesso tempo le più affidabili in termini di mantenimento della massa e dei livelli di confort, a parità di manutenzione.
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fabbisogni e scarti umani giornalieri (in massa)
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ciclo chimico tra piante ed umani
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evoluzione storica dei sistemi LSS basati su vegetali
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test NASA, anni '80 / 2000
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ANALISI
NASA Biomass Production Chamber, KSC, soja
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valori di scambio di CO2 e O2 per 20 m2 di soja
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Piante e alimentazione Elemento chiave nello sviluppo dei cosiddetti ALSS (advanced life support systems), termine con cui ci riferiamo abitualmente ai sistemi contraddistinti da una prevalenza della componente biorigenerativa, è l'impiego delle piante per la produzione di alimenti. Tale obiettivo ha storicamente comportato una particolare attenzione nell'analisi delle specie vegetali più comunemente utilizzate sulla terra quali fonti di cibo, ovvero il grano, il riso, la soja, ed in genere tutte le varietà nane delle più diffuse piante edibili, tipicamente meno soggette a difetti di crescita in condizioni di microgravità. Si sono andate così sperimentando, tra le altre, la lattuga, il frumento nano, le fragole. Una specifica attenzione si è dedicata proprio alle più delicate e fragili varietà, così da far emergere più agevolmente le problematiche e le patologie più comunemente acquisite una volta in orbita. Si sono osservati annerimenti nelle foglie, sfasamenti nei cicli di produzione di foglie e fiori, soffocamenti a carico delle radici, mancanze nei pigmenti essenziali (evidenti nel caso – ad esempio – delle carote). Si sono altresì fatte strada numerose prospettive di successo, con piante quali i tuberi, ed in particolare le patate, che nelle condizioni di crescita in acquacoltura ed assenza di gravità hanno dimostrato divergenze morfologiche a prima vista preoccupanti, ma livelli di salute e crescita del tutto analoghi a quelli registrati sulla Terra. È progressivamente emersa, infine, la possibilità di integrare le piante terrestri con ecosistemi acquatici, così da assicurare una migliore efficienza dei processi fotosintetici, in combinazione con l’approvvigionamento di proteine animali. Sulla questione degli ecosistemi d'acqua torneremo a breve, nel paragrafo dedicato alla tecnologia CEBAS. L'impiego di varietà acquatiche, in breve, si rivela particolarmente interessante per la maggior completezza dell'ecosistema, e per la sua potenziale capacità di garantire la pulizia ed il ricambio non soltanto dell'aria, ma anche, come vedremo, della stessa acqua.
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ANALISI
ESA, progetto Melissa, schema funzionale, 2002
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NASA JSC, laboratorio di 15 m2 di frumento, N. Packam 136
comuni varietà di piante edibili testate con successo in microgravità
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Piante e ricambio d'aria Caratteristica comune dei moduli spaziali ad oggi realizzati sono i ridottissimi volumi nei quali convivono svariati astronauti e ricercatori, ed operano numerosi macchinari, di varia tipologia e natura. In questi spazi, così ristretti e così segnati da molteplici presenze e lavorazioni, la gestione dell'aria ed il mantenimento dei suoi livelli di pulizia rappresentano una problema particolarmente serio e complesso. I sistemi di controllo e revitalizzazione atmosferica (ACSs e ARs) sono qui chiamati a svolgere attività parallele e interdipendenti. Di primaria importanza è innanzitutto la riconversione dell'anidride carbonica, espirata dall'equipaggio, in nuovo ossigeno per la sua respirazione, e per il mantenimento della corretta proporzione della miscela. Ma si deve anche prevenire l'eccesso di ammoniaca ed acetone, ambedue prodotti in modesta
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ANALISI quantità dall'organismo umano e tuttavia dannosi se lasciati accumulare, così come i gas continuamente rilasciati da talune delle apparecchiature di bordo. Attualmente immagazzinato in appositi contenitori pressurizzati, od ottenuto tramite elettrolisi, o mediante più complessi sistemi di filtraggio attivo basati su nanotecnologie, quali i nano-tubi di carbonio (soluzione attualmente in fase di studio), l'ossigeno è in natura riciclato da piante, alghe, cianobatteri e fitoplancton, grazie alla fotosintesi, a partire da luce solare, anidride carbonica, ed acqua. In breve, la catena di reazioni di cui la fotosintesi consta, scinde le molecole d'acqua, impiegandone l'idrogeno per la costruzione di zuccheri, e rilasciando l'ossigeno nell'atmosfera. Capaci di chiudere il ciclo di gas innescato dalla respirazione umana (e/o animale), le piante costituiscono la più completa e quindi promettente fra le tecnologie di controllo atmosferico, essendo al contempo produttrici di nutrienti, e rivelandosi spesso capaci di filtrare le tossine prodotte dal funzionamento dei vari sistemi. Le problematiche da risolvere per garantire cicli chiusi e stabili sono ancora numerose, e riguardano in primo luogo la capacità delle specie vegetali di svolgere efficacemente le loro funzioni vitali, resistendo alle insidie della microgravità, all'assenza di un reale ritmo circadiano, alla ristrettezza di risorse, alle radiazioni. È infine da perfezionare il riuso stesso dei prodotti delle loro reazioni essenziali, dal momento che – con l'attuale tecnologia – l'idrogeno da esse prodotto verrebbe semplicemente rilasciato nello spazio, mentre sarebbe ben più interessante poterlo riutilizzare per produrre nuova acqua, scartando il solo metanolo, prodotto spurio di tale aggregazione.
ciclo di sviluppo vegetale in microgravità
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ANALISI Piante e microgravità Non trattandosi del loro ambiente naturale, così come avviene per gli uomini, la microgravità altera il modo in cui anche le piante crescono, respirano, vivono. In particolare, essa ne influenza il tropismo, ovvero la tendenza ad orientarsi e a crescere in determinate misure, velocità, e direzioni, in risposta agli stimoli esterni. Negli organismi vegetali, individuiamo tre tropismi fondamentali: • idrotropismo – in risposta alla presenza d'acqua, determina l'orientamento delle radici • gravitropismo – spinge le radici a penetrare il suolo e i rami ad innalzarsi, nella direzione della forza di gravità • fototropismo – determina lo sviluppo della pianta verso il sole e/o le altre fonti di luce
idrotropismo
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gravitropismo
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fototropismo
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È apparso fin da subito evidente come nell'ambiente spazio il gravitropismo venga meno. Si è quindi posto il problema di selezionare e crescere le varietà e gli esemplari di piante meno soggetti a tale tendenza, o comunque coltivabili negli orientamenti voluti a partire dai soli fattori idrotropici e fototropici. Estranee alla realtà terrestre, tali esperienze si possono maturare soltanto per via sperimentale, ed è sulla base di questo assunto che, nel corso degli anni, numerosi esperimenti si sono susseguiti, per verificare come cambi la crescita dei vegetali in assenza di peso. I risultati ottenuti hanno rivelato un quadro particolarmente complesso e vario, nel quale distinguiamo specie altamente influenzate da tale condizione, da altre in apparenza inalterate, e dimostrando come, a sua volta, il ruolo della tendenza gravitropica non determini di per sé la potenzialità di adattamento di una specie vegetale alla microgravità, dal momento che molteplici sono le ulteriori conseguenze che questa va a causare nella fisiologia vegetale, dal flusso dei nutrienti, al funzionamento della fotosintesi, alla capacità riproduttiva.
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ANALISI
STS-91, semi di Arabidopsis cresciuti senza luce
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STS-91, semi di Arabidopsis cresciuti per fototropismo 143
piante di riso e di arabidopsis con e senza gravità
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formazione di talee adirezionali in assenza di gravità
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APEX, fibre di legno cresciute in microgravità
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APEX-Cambium, R. Savidge testa piante di salice, 2009 146
Piante e sorgenti di luce Così come avviene sulla Terra, cruciale per il corretto sviluppo delle piante è, anche in microgravità, il fattore illuminazione. Stimolandone la fotosintesi, la luce è infatti imprescindibile per la vita degli organismi vegetali, e ne plasma gli stessi equilibri, a seconda della sua intensità, durata, direzione. Nello spazio, dove i raggi solari non subiscono alcun tipo di filtraggio, è spesso preferibile evitare lo stress dell'illuminazione diretta, e la necessità di limitarne le radiazioni più energetiche, ricorrendo a fonti artificiali, a loro volta alimentate dal sole mediante appositi pannelli. Si tratta, com'è evidente, di una soluzione dal piglio estemporaneo, che verrà ben presto abbandonata, nel momento in cui disporremo di
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ANALISI varietà davvero in grado di resistere all'esposizione della netta e discontinua luce solare dello spazio. Per il momento è tuttavia necessaria, ed è quindi essenziale capire, in questo contesto, quali siano le fonti luminose più appropriate. Ad oggi, la tecnologia più interessante è senza dubbio quella dei LED. Dotati ormai di uno spettro luminoso omogeneo e completo, e caratterizzati da dimensioni contenute, consumo tra i più ridotti, ed elevatissima durata, i LED permettono facilmente agli scienziati di variare la cromìa della luce, la sua intensità, e di renderne possibile l'alloggiamento pressoché ovunque, viste le ridotte dimensioni, ferma restando l'esigenza di dissipazione termica che i bulbi più potenti, così come le luci a filamento, ancora mantengono.
comparativa delle principali fonti di illuminazione presenti sul mercato
tubi fluorescenti
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microonde di zolfo
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pannello LED
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ANALISI Idroponica e aeroponica Due tecnologie rimarchevoli per la loro efficienza, e per questo motivo interessanti per essere trasferite nello spazio, sono la cosiddetta idroponica, coltivazione di piante terrestri basata sull'acqua anziché sul terreno, e l'aeroponica, coltivazione senza alcun tipo di supporto alle radici, nella quale esse si trovano un un'atmosfera controllata, già carica dell'umidità e dei minerali necessari alla corretta sopravvivenza del vegetale. La notevole quantità d'acqua riciclata, e la possibilità di andare ad allestire un sistema di ricircolo completamente chiuso, e pertanto più semplice e sicuro, convince ogni giorno più esperti a scegliere proprio queste tecnologie per il futuro delle colture nello spazio.
sisitema idroponico a controllo automatico
piantagione idroponica artigianale
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coltivatore rotazionale
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ANALISI CEBAS La maggior parte dei progetti per sistemi di supporto alla vita fondati su processi bioregenerativi si basa su comuni piante terrestri edibili, frequentemente afflitte, nelle condizioni proprie dell’ambiente spazio, da numerosi problemi nelle fasi di crescita e produzione dei semi. La produzione di proteine animali viene invece perlopiù esclusa, a causa delle enormi difficoltà di gestione dei rifiuti che comporterebbe l’allevamento di quadrupedi in microgravità. A partire da queste problematiche, è stato sviluppato il cosiddetto CEBAS (Closed Equilibrated Biological Aquatic System), un ecosistema acquatico artificiale, basato su organismi già per loro natura predisposti a poter vivere in assenza di gravità (pesci della specie Xiphophorus helleri, lumache Biomphalaria glabrata, batteri capaci di ossidare l’ammoniaca, e piante non gravitropiche, della specie Ceratophyllum demersum). I primi passi verso lo sviluppo di questa soluzione risalgono già alla fine degli anni ’80, a partire dal congresso IAA Man in Space Symposia del 1989, mentre le prime applicazioni pratiche sono venute alla luce negli anni dal 1993 al 1996, durante i quali è stato per la prima volta costruito e testato un modulo da 100 litri, per un periodo di 12 mesi, al termine dei quali si è dimostrata la sua stabilità operativa.
CEBAS mini, schema della tecnologia e dell'implementazione
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ANALISI Fondamentalmente, il sistema CEBAS si fonda sull’interazione fra quattro sottosistemi: • una componente zoologica – acquario animale • una componente botanica – bioreattore a piante acquatiche • una componente microbica – filtro a base di batteri • una componente elettronica – per l’acquisizione dei dati e l’unità di controllo La logica di funzionamento è semplice: la parte vegetale converte l’energia luminosa ricevuta in energia chimica, mediante fotosintesi, producendo così ossigeno e biomassa. Gli animali e i microorganismi impiegano l’ossigeno per la respirazione e producono l’anidride carbonica necessaria per la stessa fotosintesi delle piante. Gli ioni ammonio secreti dalla componente animale vengono così convertiti dai batteri in nitriti e successivamente ioni nitrati, necessari alle piante quali fonti di azoto. Gli altri ioni essenziali derivano dalla degradazione spontanea dei prodotti di rifiuto della componente animale e dagli organismi morti. Il sistema CEBAS si presenta in due varianti di base: • il sistema CEBAS originale – dimensionato per un volume d’acqua complessivo di circa 150 litri, e capace di mantenere un ciclo di vita auto-sostenuto per un periodo di riferimento di oltre 13 mesi • il modulo CEBAS MINI – dal volume di circa 8.5 litri, privo di un autentico ciclo chiuso, in quanto costantemente collegato ad un alimentatore automatico esterno Quest’ultima versione è già stata testata con successo a bordo di uno space shuttle, nelle missioni STS-89 ed STS-90, con le quali è stata confermata la sua capacità di operare a pieno regime anche in assenza di gravità. La produzione di biomassa si è mantenuta allineata ai valori misurati a terra, così come non si sono registrate alterazioni ai cicli riproduttivi, né all’efficienza dei sistemi immunitari, né alla regolare crescita degli animali. In particolare, nel corso della STS89, compiuta nel gennaio 1998 per una durata di 9 giorni di volo, il sistema fu filmato ogni 2 ore per 10 minuti, in parallelo alla raccolta dei dati fisici e chimici relativi alle singole vasche, fornendo così materiale di inestimabile valore ai ricercatori. Nei 9 giorni, il contenuto in biomasse aumentò di 117 g, le piante crebbero senza difficoltà, e la salute degli organismi animali si rivelò in linea con le aspettative di sopravvivenza e salute terrestri. Riportiamo, nella pagina seguente, il report della missione, preparata da 5 giorni di adattamento preventivo, e dal grande impatto favorevole per il proseguimento degli studi.
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ANALISI DAY ZERO: DAY 9: • 53 g Ceratophyllum demersum • 117 g biomass • 4 adult pregnant Xiphophorus helleri • 33% juvenile fish survival • 200 Xiphophorus helleri juveniles (< 1 week) • 97% snail survival • 38 adult Biomphalaria glabrata • + 250 snail neonates • 30 juvenile Biomphalaria glabrata • + 40 sprawning packs • 200 g lava grain • O2 level > 3.5 mg/l @ 25° C • ammonia-oxidizing bacteria layer Nelle missioni successive, sono state introdotte altre specie vegetali, quali la Wolffia arrhiza, normalmente coltivata nel sud-est asiatico, testata nella primavera del 2001 con la missione STS-107, e particolarmente interessante per la sua propensione ad essere oggetto di ricerche di ingegneria genetica grazie alla sua modalità di riproduzione, parzialmente sessuata. È stato inoltre ottimizzata la gestione dell’attività riproduttiva dei pesci, studiando appositi moduli di acquacoltura (BIOCURE), sulla base della fisiologia e del ciclo di vita della Tilapia rendalli, un pesce erbivoro. A seguito di questi ed altri affinamenti, si è giunti alla conclusione che moduli acquatici di varia complessità, per la completezza del loro ciclo biologico, sono in grado di raggiungere livelli di produttività intrinsecamente superiori a quelli dei sistemi basati sulle specie della terraferma, a fronte dell’opportunità di produrre proteine animali nello spazio, impossibile con altri sistemi, e particolarmente interessante specie per progetti di colonizzazione lunare o interplanetaria. Partendo da sistemi su piccola scala e a compartimenti separati, il sistema C.E.B.A.S. potrà essere ampliato in un futuro sino a diventare un autentico ecosistema misto, e ad integrarsi quale supporto alla coltivazione idroponica di piante terrestri, fornendo nel frattempo cibo adatto alle esigenze di dieta e alle abitudini culturali di un equipaggio multiculturale.
modello di CEBAS, visione dall'esterno
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pesce Xiphophorus Helleri
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ANALISI
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ANALISI
Infrastrutture di supporto Fondato su criteri di massima economia e semplificazione operativa, così da consentire la riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione, il progetto Design Beyond Earth intende suggerire un passaggio dalle strutture e tecnologie più obsolete e in fase di abbandono ai mezzi ed alle infrastrutture di più nuova concezione, quali sono i vettori già realizzati dalle compagnie private – uno su tutti, il Falcon della Space·X – e quali saranno le future stazioni, sempre più destinate ad un pubblico allargato, e ad interessi tanto di ricerca e di studio, quanto di turismo e intrattenimento.
ISS - International Space Station Per assicurare la pronta realizzabilità del progetto, e garantire al modulo, concepito per finalità di studio e di vita quotidiana, l'apporto dei necessari sottosistemi energetici, di smaltimento e stoccaggio dei materiali, e la vicinanza delle zone destinate al sonno ed all'igiene personale degli occupanti – intese quali oggetto di futuri studi e progetti – si è deciso di rendere il modulo compatibile con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Ufficialmente inaugurata a partire dal 1998, anno di lancio del primo modulo (il Zarya), la ISS rappresenta forse la più grande opera ingegneristica della storia, e testimonia la capacità delle nazioni e dei popoli di collaborare al fine comune di una colonizzazione dello spazio su larga scala, e a partire da comuni e pacifici interessi di studio e ricerca. In seguito al periodo critico per il futuro della stazione, visto nei primi anni duemila, le nuove risoluzioni dell'amministrazione Obama ne hanno rilanciato la validità, estendendo la vita della piattaforma sino almeno al 2020, ed incoraggiando così lo sviluppo di nuove iniziative basate su di essa.
International Space Station, esploso della configurazione attuale
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ANALISI Design Beyond Earth si colloca in questo contesto, e si propone infatti di andare ad assemblare il suo modulo gonfiabile alla ISS, così da sperimentare fin da subito gli ambienti e le innovazioni previsti dal modulo DBE, assicurando al contempo l'approvvigionamento di materie prime, l'energia, ed il collegamento radio con la Terra.
Falcon 9 Per lanciare in orbita il modulo gonfiabile del progetto Design Beyond Earth, abbiamo scelto di impiegare il vettore Falcon 9, della Space·X. Mezzo di assoluta avanguardia, economico e riutilizzabile, esso rappresenta uno tra i primi grandi risultati dell'intervento di una compagnia privata nel settore aerospaziale, e promette di diventare in breve tempo il supporto di riferimento per la maggior parte delle aziende, grazie alla sua notevole capacità di carico, ed al prezzo più che competitivo. In particolare, ci andremo ad avvalere del Falcon 9-S9, dotato di un volume di carico utile di oltre 24 tonnellate, e di un diametro interno di circa 4 metri, più che sufficiente allo stivaggio del modulo in posizione richiusa e con le necessarie protezioni perimetrali.
alloggiamento del modulo DBE nel vano del Falcon 9
DBE, gonfiaggio e accorpamento alla ISS
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Falcon 9, comparativa delle versioni
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ANALISI
Comparativa Progetti del passato: TransHab La gran parte del bagaglio di competenze tecnologiche, e – in senso lato – progettuali, attualmente disponibili per la progettazione di strutture pneumatiche per lo spazio, deriva dagli studi iniziati dalla NASA presso il JSC di Houston (Johnson Space Center), intorno al 1997. È stato in quel momento che si è dato infatti il via a TransHab, primo progetto NASA espressamente finalizzato allo studio, alla prototipazione, ed alla realizzazione di un modulo a struttura gonfiabile per la ISS, e in previsione, per la luna e per il pianeta Marte. Costruito intorno ad un nucleo rigido in materiali compositi, contenente tutte le attrezzature, da montarsi manualmente una volta espanso il modulo, e da una struttura esterna gonfiabile, concepita come un robusto sandwich di materiali, a più livelli – e formata in prevalenza da un intreccio di tessuti ad alte prestazioni, quali il kevlar, il vectran, il mylar ed il nextel – il modulo TransHab ha permesso di studiare le tecnologie, i materiali, e le soluzioni funzionali più adatte allo sviluppo di moduli gonfiabili, confermandone gli indubbi vantaggi in termini di riduzione dei pesi e aumento delle volumetrie – anche e soprattutto, a parità di prestazioni e durata – rispetto ai più tradizionali moduli in lega di alluminio-litio, tra le altre cose meno efficaci nel contenimento delle radiazioni, e più delicate, a lungo andare, rispetto all'impatto di micro-meteoriti, poiché rigide e soggette a corrosione. Concepito quale habitat di transito (da cui "TransHab"), per il trasporto umano verso altre destinazioni planetarie, e quale alternativa alla classica strutturazione degli habitat in moduli rigidi, già perfezionata in varie forme nel progetto della ISS, il modulo prevedeva un volume interno di 342 m3, a sua volta suddiviso in quattro livelli, accuratamente studiati per garantire la migliore distribuzione delle aree funzionali, e la coesistenza di spazi pubblici e privati. Tre livelli avevano un'altezza pari ad 8 piedi, ed uno – quello centrale – era invece da 7 piedi, misura minima di riferimento data dall'estensione del corpo di un astronauta una volta alloggiato nei sacchi per il sonno. La procedura di installazione si doveva comporre di un primo avvicinamento alla stazione, seguito dal vero e proprio posizionamento, a cura di un braccio meccanico robotizzato (SSRMS), dal gonfiaggio, fino ad una pressione operativa di 14.7 psia, dall'entrata dell'equipaggio, composto da massimo dieci persone, e dal successivo allestimento degli spazi, che nonostante l'alto livello di integrazione era comunque stimato in svariati giorni di lavoro. Se da un lato la lezione del TransHab è stata inequivocabilmente preziosa nelle sue scoperte e nei suoi insegnamenti, troviamo che la lunga procedura di montaggio ne rappresenti un limite, da risolvere, quindi, in DBE.
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ANALISI
sezione, disegno tecnico, 1990
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guscio gonfiabile, dettaglio dei layer
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stati piegato e gonfio
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strutturazione della colonna centrale
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planimetria del livello 3
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vista renderizzata del livello 3, area esercizio
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ANALISI Progetti attuali Già anticipati, sulla Terra, dai numerosi capsule-hotel teorizzati e sorti in Giappone sin dalla fine degli anni '70, stanno attualmente per essere realizzati vari progetti per habitat spaziali destinati al turismo. È in questo contesto che si collocano le maggiori proposte attualmente in discussione, prime fra tutte la cosiddetta Galactic Suite ed i progetti della Bigelow Aerospace.
Galactic Suite Concepito per la funzione esclusiva di hotel spaziale, il progetto Galactic Suite si dimensiona per sei ipotetici occupanti, configurandosi quale un grappolo di quattro moduli abitativi gonfiabili, sorretto da un nucleo rigido centrale, e abbinato ad una piattaforma per l'attracco dei mezzi. Altamente pubblicizzata, l'iniziativa è portata avanti da una compagnia privata con sede a Barcellona, e le ultime notizie ufficiali ne promettono l'apertura già alla volta del 2012. Il progetto presenta tuttavia alcune problematiche di fondo, di certo non risolte bensì aggravate dalla sua collocazione indipendente, che rende necessario un progetto nuovo, globale, e completo dei sistemi di bordo, e dalla sua destinazione puramente turistica, che ne limita i potenziali interessi scientifici, privandolo di quest'altro e fondamentale bacino di utenza, sviluppo, e investimento. L'assenza di dettagli progettuali più avanzati di semplici rendering di studio, fa poi presagire che le reali possibilità che l'impresa vada in porto, specialmente in tempi brevi, è almeno per ora remota.
X. Claramunt con il prototipo di Galactic Suite, 2008 168
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Galactic Suite, rendering di un interno
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ANALISI Bigelow Aerospace Più solido e fattibile appare, al contrario, il progetto della Bigelow Aerospace, con sede a North Las Vegas (Nevada). Anch'essa privata, e depositaria ufficiale delle tecnologie brevettate dalla NASA ai tempi del modulo TransHab, la Bigelow Aerospace sta progettando e proponendo una serie di moduli di varia misura e finalità, tutti basati sulla tecnologia gonfiabile, più elastica e durevole. Il solido background tecnologico dell'azienda, unito alla sua varietà di scopi ed interessi – che spaziano dalle ricerche sulla microgravità, a quelle per lo sviluppo di processi produttivi da svolgervisi, alle proposte per il turismo – ne fa il più autorevole soggetto ad oggi sulla scena, e ci obbliga ad un diretto confronto in termini progettuali. Per lo sviluppo del modulo DBE, abbiamo appunto preso a riferimento il BA-330, il più grande tra i progetti Bigelow attualmente in produzione, dotato di un volume interno di ben 330 metri cubi (da cui il nome), e già predisposto per il lancio (intorno al 2014) con il lanciatore Falcon 9. Rispetto a tale progetto, intendiamo aumentare ancora la volumetria interna, con una struttura più ottimizzata e flessibile, e proporre una più dettagliata e configurabile organizzazione degli spazi interni, già pronta ad affrontare le più comuni necessità della vita nello spazio, e a supportare già oggi le più avanzate fra le tecnologie attualmente in fase di ricerca, fornendo al contempo una piattaforma completa, affidabile, espandibile, e sicura, per lo sviluppo di quelle tuttora a venire.
Robert T. Bigelow, foto 2010
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moduli BA-330 assemblati, rendering, 2009
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ISPIRAZIONE
Ispirazione
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ISPIRAZIONE
Designer Raymond Loewy La figura di Raymond Loewy costituisce un riferimento obbligato per l'attività dei designer in ambito spaziale. A partire dal 1969, egli collabora con la NASA per seguire il progetto Skylab dall'ideazione al montaggio, Loewy vi lavorerà per sei anni, producendo un totale di otto studi di abitabilità, più di ottocento pagine di analisi, ed oltre mille fra disegni e illustrazioni. Contattato per la prima volta nel '67, egli forma un team di dodici assistenti, scelti fra i più brillanti studenti di industrial design, e comincia fin da subito a lavorarci. La scarsità – in alcuni casi, totale mancanza – di precise informazioni quantitative sulle proprietà e sui rischi dell'ambiente spazio, soltanto quindici anni addietro totalmente sconosciuto, induce il team a dover dedurre molte delle sue considerazioni da esempi reali, avendo quali strumenti progettuali essenzialmente la logica e l'intuizione. Ciò non comporta tuttavia un approccio errato – o, peggio, approssimativo – ma, anzi, grazie alla qualità del team, ed al profondo bagaglio di conoscenze sulle abitudini e i comportamenti umani a terra, consente al contrario di intuire condizioni ed opportunità difficilmente pensabili altrimenti.
primo equpaggio del modulo Skylab, area pranzo
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ISPIRAZIONE Pur con l'estrema prudenza richiesta da un contesto sempre in larga parte incognito, già nel primo anno di lavoro Loewy ed il suo team fissano i parametri che ritengono essenziali per il mantenimento di un dignitoso stato di confort psicologico: • almeno otto ore al giorno trascorse in solitudine, tra cui tutti i momenti dedicati all'igiene personale, e i momenti di lavoro e svago individuali • pasti a orario comune e attorno ad un “tavolo" condiviso, mantenendo quindi la convivialità, e consentendo all'equipaggio di non discutere della sola missione • ambienti con superfici e arredi semplici da tenere in ordine e puliti, anche in caso di malesseri degli abitanti e di sintomi spiacevoli quali il vomito
Raymond Loewy controlla un allestimento di Skylab in scala 1:1, 1971
apertura di un sacchetto per liquidi
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test funzionali sull'alimentazione
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ISPIRAZIONE
profilo snodato per studi di ergonomia
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ricerche sulla qualitĂ posturale
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ipotesi di postazione di lavoro scorrevole
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concept per una zona notte
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schizzi per un interno a sezione cilindrica, 1972
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ISPIRAZIONE
supporto alla vestizione
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collettore di escrementi
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concept per l'interno di uno shuttle, 1972
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studi sulle attivitĂ extraveicolari, 1970
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ISPIRAZIONE Il lavoro di ricerca e filosofia progettuale viene a sua volta supportato e messo alla prova da una copiosa realizzazione di immagini e modelli di studio, costantemente in contatto con lo Spacecraft Design Office di Houston, che Loewy ricorda, al di là delle non poche divergenze su numerosi aspetti di impostazione e progetto, per il suo supporto completo, leale ed entusiastico, innanzitutto nello specifico di Skylab, per poi andare a interessarsi di ulteriori moduli e veicoli, non ultimo lo Shuttle. Chiamato a ingentilire e a rendere usabili – e quindi sicure – le complesse apparecchiature necessarie all'interno del modulo, Loewy finisce per rivederle e migliorarle anche dal punto di vista costruttivo e ingegneristico, con soluzioni sempre semplici e funzionali. Queste strategie e accorgimenti, particolarmente curati specie per quanto concerne gli ambienti più difficili in assenza di gravità, quali in particolare la gestione degli alimentari, i servizi igienici, il trattamento dei rifiuti, e le strutture destinate al sonno, costituiscono tuttora le basi di ogni studio dedicato alla giusta collocazione dell'uomo negli habitat spaziali, ed all'integrazione uomo-sistemi, attualmente espresse dalla NASA nel documento STD-3000, intitolato appunto Man-Systems Integration Standards. Giunto ormai alla rev. 3407, non più vecchia di un paio di mesi, tale documento è ancora intriso di risultati e idee emersi dagli studi di Raymond Loewy, e rivela in questo quanto ancora sia auspicabile – o meglio, necessario – l'intervento di personalità e competenze relative al disegno industriale, per l'impostazione dei nuovi progetti e programmi, e per la risoluzione delle tematiche ed aree operative all'epoca prive di riscontri scientifici, ed oggi invece assai più conosciute, ma ancora manchevoli di un esito e un riscontro progettuale adeguati. In tali contesti, l'insegnamento di Loewy deve servire da monito.
Raymond Loewy, schizzo per area riunioni, 1970
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ISPIRAZIONE Marc Newson Tra i designer attuali al contempo più immaginativi e competenti, una figura interessante è senza dubbio quella di Marc Newson, australiano, eclettico autore di prodotti che spaziano dai pezzi unici di arredamento, alle tematiche più “industrial". Nei più significativi fra i suoi lavori, ciò che emerge è una costante tensione al futuro, espressa in riflessioni estetiche, funzionali, in materiali innovativi ed in processi intelligenti. Non è quindi un caso se proprio a lui siano stati affidati gli interni dello spazioplano EADS, risolti in modo funzionale e semplice, trasmettendo l'immagine di una tecnologia al contempo avanzata e affidabile, amichevole, sicura.
concept di automobile per Ford
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suole per Nike
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interno per EADS Aerospace
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interno per EADS, dettaglio dei pannelli
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ISPIRAZIONE Joe Colombo Cesare Colombo, conosciuto come “Joe" (1930-1971), è stato uno dei più influenti designer italiani. Il suo lavoro si basa sulla convinzione che la praticità e la qualità degli oggetti siano oggigiorno destinate a tutti, e che gli arredi altro non siano che macchine per l'abitare. Funzionali e intelligenti, i suoi progetti segnano la storia del design italiano a cavallo fra gli anni '60 e '70, con un'ampia serie di prodotti innovativi per forme e per funzioni, e sempre intelligenti nella scelta e nell'uso dei materiali, in particolare dei polimeri. In lavori quali il “rotoliving" o il “cabriolet bed", Colombo fa emergere la sua visione dei tempi e dei luoghi del vivere moderno, sempre più dinamici e complessi, polifunzionali. Ma oltre che nell'integrare, egli si dimostra straordinariamente abile anche nel risolvere individualmente e nei dettagli le singole necessità dell'abitare e del vivere, ed è così che progetta lampade, bicchieri, mobili contenitori e imbottiti riconfigurabili, senza per questo tralasciare sfide più inconsuete, quali furono ad esempio i servizi per Alitalia. abc
Joe Colombo, A. Pozzi, vassoio Alitalia, 1970
appartamento di Joe Colombo a Milano, 1969-'70
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Joe Colombo, Boby, 1970
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ISPIRAZIONE Verner Panton Di origine danese, Verner Panton (1926-1998) è stato uno dei maggiori designer del XX secolo. I suoi oggetti e i suoi ambienti hanno anticipato la storia, sperimentando forme, colori, funzioni. Non sempre recepiti in modo immediato dai suoi contemporanei, per via della forte carica innovatrice, i suoi lavori sono in realtà riusciti a rispecchiare in modo intimo e mai banale lo spirito del tempo, con costanti riferimenti all'immaginario della psichedelia e della space age. Lungi dal formalismo, l'approccio di Panton si rivela profondamente legato ad una riflessione sui comportamenti e le pratiche del vivere, che egli ridiscute con uno spirito anarchico e una concretezza ineccepibile.
Moon Lamp, 1960
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parete modulare a luce colorata
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Flying Chairs, 1964
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Fantasy Landscape, ambiente per Visiona 2, 1970
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ISPIRAZIONE
Architetti L'avanzamento degli studi e delle scoperte conseguiti nel corso della sfida dell'espansione umana nello spazio, a partire dagli anni '60, ha avuto un riscontro e un seguito immediato nel mondo dell'architettura, dove i nuovi criteri di standardizzazione e semplificazione costruttiva hanno innescato riflessioni e dibattiti sulla natura stessa della disciplina, e sulle sue potenzialità di rinnovamento, alla luce dei cambiamenti nelle tecniche, nella cultura, e nella società.
Archigram Protagonista del processo di rinnovamento e contestazione che pervade negli anni '60 l'architettura è stato Archigram, collettivo inglese formato nel 1961 da Peter Cook, Warren Chalk, Ron Herron, Dennis Crompton, Michael Webb e David Greene, e supportato dal designer Theo Crosby. Autori di proposte utopiche e talvolta irrealizzabili, gli Archigram si cimentarono in capsule temporanee e mega-strutture, estese talvolta sino a contenere le dimensioni e gli apparati di un'intera metropoli, articolando la loro proposta d'avanguardia attorno a esigenze di leggerezza, di mobilità, di riconfigurabilità, lavorando sui contenuti più avanzati messi a disposizione dalle tecnologie del momento, e ponendosi quale referente ultimo l'individuo e la società nell'era dei consumi di massa. Tra le loro opere, particolarmente interessanti ai fini della progettazione per lo spazio sono le riflessioni sulle tecnologie modulari e sulle strutture mobili, anche gonfiabili.
interno per il Capsule Homes Project, 1964
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assemblaggio di moduli, Capsule Homes Project
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ISPIRAZIONE
David Greene, disegni di studio per Living Pod, 1966
Peter Cook, Plug-in-city, tavole, 1964
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Warren Chalk, schema per assemblaggio, 1964
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ISPIRAZIONE Richard Buckminster Fuller Precursore per eccellenza, architetto per vocazione, Richard Buckminster Fuller (18951983) costituisce una delle figure più prolifiche e importanti per il mondo della cultura progettuale contemporanea. Celebre per le cupole geodetiche, la Dymaxion car, e le tensostrutture, Fuller ha insegnato a generazioni di progettisti il valore del pensiero sistemico, della sostenibilità, del risparmio di energie e di materiali. È stato il primo a chiedersi quanto si potesse ottimizzare il peso di un edificio, a dimostrare l'irragionevolezza dello sfruttamento del petrolio rispetto alle fonti rinnovabili – anche in termini puramente economici, a proporre la pre-fabbricazione come strategia edile di largo impiego, e a ragionare sull'efficienza dei mezzi di trasporto in termini di maneggevolezza e di consumo. Per questa visione pionieristica, e per la sua concezione del pianeta Terra come una “Spaceship Earth", nella quale è d'obbligo “fare di più con meno", si può considerare Fuller quale uno dei capostipiti delle filosofie progettuali proprie del settore spazio.
"Bucky" ritratto con la Dymaxion Car e la Fly's Eye Dome, foto di Roger White Stoller, 1980
098
202
ISPIRAZIONE
modulo per bagno prefabbricato, tavola, 1981
203
padiglione USA all'Expo 1967, Montreal
204
trasporto di una cupola mediante elicottero, 1954
205
Dymaxion Deployment Unit, interno, 1940
206
citazione da "Operating manual for Spaceship Earth", rivista anni '70
207
099
ISPIRAZIONE Future Systems Fondato a Londra nel 1982, lo studio Future Systems di Jan Kaplický e Amanda Levete, attivo sino al 2008, si è occupato di architettura e design, rivelandosi fin dagli esordi uno dei nomi più innovativi sulla scena internazionale. Il suo lavoro si è basato su una costante ricerca tecnologica, ispirata al mondo dell'aerospazio e alla natura, di cui è debitore tanto nelle forme avveniristiche quanto nelle soluzioni funzionali.
House for a helicopter pilot, concept, 1979
Case study structure, edificio mobile, 1979
100
208
New National Library, Praga, 2007 (in costruzione)
209
schema di un modulo cilindrico (con D. Nixon), 1989
210
211
ISPIRAZIONE Ant Farm Fondato nel 1968 a San Francisco da Chip Lord e Doug Michels, Ant Farm è stato un gruppo di avanguardia nei campi dell'architettura, della grafica, e delle performance artistiche. Guidati da uno spirito di contestazione innanzitutto culturale, gli Ant Farm hanno espresso il loro spirito eversivo e di rinnovamento nei confronti dell'abitare contemporaneo, in particolare, con un prolungato e incisivo lavoro di studio e divulgazione della tecnologia gonfiabile, ritenuta per flessibilitĂ e carica innovativa la tecnologia costruttiva del futuro, e sfociato nell'â&#x20AC;&#x153;Inflatocookbook" del 1973 (un autentico manuale per edifici gonfiabili fai-da-te), e con la visionaria House of the Century, dell'anno precedente, vero e proprio laboratorio di sperimentazione architettonica in ferro-cemento, in larga parte debitore, per suggestioni e metodologie di progetto, del mondo dei mezzi e delle strutture abitative per lo spazio.
studio per modulo abitativo pressurizzato, 1970
212
console video portatile (mini-van), 1971
213
House of the Century, assonometria e sezione, 1972
214
House of the Century, interno, 1972
215
101
ISPIRAZIONE
Ambienti A seguire, una selezione di immagini di lavori che per scelte tecnologiche e impostazioni estetiche o funzionali hanno fornito uno spunto alla progettazione di strutture e sistemi del modulo Design Beyond Earth.
102
Matti Suuronen, Futuro House, zona giorno, 1969
216
Matti Suuronen, Futuro House, planimetria, 1968
217
Antti Lovag, Palais Bulle, interno, 1978
218
dmvA, edificio mobile, interno, 2009
219
Luigi Colani, Experiment 70, cucina compatta, 1970
220
Inflate Products Ltd., modulo Airclad, 2009
221
ISPIRAZIONE
Jean Maneval, unitĂ abitativa in plastica, 1965
222
Jean Maneval, Six Shell Bubble House, 1964-1968
223
Jean Maneval, unitĂ abitativa modulare a mono-scocche in plastica, planimetria e istruzioni di montaggio, 1965
224
Kengo Kuma, Inflatable Teahouse, Francoforte, 2007
225
Kengo Kuma, Inflatable Teahouse, interno, 2007
226
LOT/EK, TV Tank, allestimento, 1999
227
Roger Tallon, abitazione a cupola, concept, 2005
228
103
ISPIRAZIONE
Prodotti Fra prodotti di uso comune e progetti di ricerca e di avanguardia, i riferimenti e le influenze dal mondo del design sono stati vari ed eterogenei. Essenziale si è rivelato lo studio della tecnologia gonfiabile e delle sue potenzialità, delle varie tipologie di pareti modulari presenti in commercio, e dei progetti fondati sull'integrazione di alta tecnologia e natura. Al di là degli specifici contenuti, una particolare attenzione è stata rivolta alle soluzioni che nei singoli ambiti si sono dimostrate al contempo più prestanti e semplici.
104
Nick Crosbie, Inflate, seduta gonfiabile
229
Nick Crosbie, Inflate, portabottiglie gonfiabile
Dyson, Air Multiplier, ventola blade-less, 2009
231
H. Honold, M. Anaka, F. Clivio, Roericht, piatti modulari 232
A. Levete, elemento per parete modulare, 2007
233
UHCOA, seminario DigiFAB, parete gonfabile, 2009
230
234
ISPIRAZIONE
Mathieu Lehanneur, David Edwards, Andrea, 2009
235
Andrea, schema di funzionamento, 2009
236
Mike Thompson, Latro, lampada ad alghe, 2010
237
Mike Thompson, Latro, immissione di CO2
238
105
ISPIRAZIONE EcoSphere Un celebre esempio di prodotto particolarmente avanzato e fascinoso, debitore degli studi e delle tecnologie spaziali, e al contempo contraddistinto da un'estetica minimale e da una perfetta integrazione nell'ambiente domestico, è il progetto EcoSphere, che consiste in una collezione di bocce di varia misura, di forma sferica od ovoidale, contenenti un ecosistema completo e a ciclo chiuso, composto da un'unica vasca d'acqua, nella quale convivono alghe, gamberi rossi, e micro-organismi attivi, capaci, nella loro simbiosi, di sostenere un ciclo di vita completo e indipendente a lungo termine, anche per anni. Veri e propri acquari chiusi, i moduli EcoSphere si fondano su ricerche del Jet Propulsion Laboratory della NASA, e dimostrano la meraviglia della vita e l'importanza dell'acqua in centinaia di migliaia di case in tutto il mondo, richiedendo per essere mantenuti vivi soltanto luce solare. Oltre che estetica e decorativa, la finalità di EcoSphere è innanzitutto didattica: esponendo il miracolo della vita, e l'importanza del delicato equilibrio sul quale si fonda, il progetto non soltanto infonde piacevoli sensazioni di benessere e contatto con la natura, ma proprio in virtù di questo prezioso insegnamento, educa anche alla sua conoscenza ed al suo rispetto. L'estrema semplicità del concetto e della sua realizzazione, contrastano apertamente con quanto presente fra gli stessi macchinari prodotti dai ricercatori NASA, che più che l'idea di una preziosa natura, comunicano un ostile tecnicismo, nascondendo il valore ad essi insito, e privandosi così dei benefici in termini di confort e qualità della vita che potrebbero invece apportare.
capsule EcoSphere di varia misura
106
239
ISPIRAZIONE
Fantascienza 2001 : Odissea nello Spazio Pietra miliare della cinematografia moderna, 2001 : Odissea nello spazio (1968) sublima le suggestioni culturali ed estetiche della fantascienza nel periodo d'oro della space age, presentandoci una scenografia tra le più suggestive della storia del cinema, dominata da un design fascinoso e futuristico, in piena sintonia con i riferimenti e le previsioni dell'epoca, e destinato a segnare l'immaginario di tutte le generazioni a seguire.
corridoio a sezione ottagonale
240
ambienti e pedana circolare a gravità controllata
241
107
ISPIRAZIONE
Strategie La strategia operativa necessaria ad affrontare un progetto così proteso verso il futuro e verso un ambiente così distante dall'esperienza dell'ordinario si deve necessariamente formare a partire da contesti più vicini ed esperibili, dai quali trarre i necessari insegnamenti sulle migliori strategie ed i migliori mezzi da applicare al nuovo ambiente ed alle sue problematiche. In questo senso, un considerevole bagaglio di esperienze è quello che proviene dagli studi e dalle realizzazioni inerenti agli habitat terrestri cosiddetti estremi, quali le cime dell'Himalaya, le profondità oceaniche, o le lande disabitate dell'Antartide, che possono a tutti gli effetti essere considerate, per difficoltà di adattamento, il luogo più affine all'esperienza dello spazio. Proprio il continente bianco, che per millenni è stato di fatto un territorio di nessuno, è diventato nell'ultimo secolo – grazie dapprima alla schiera di intrepidi esploratori iniziata nel 1911 con la celeberrima spedizione di Roald Amundsen, e grazie in seguito al coraggio e alla competenza di innumerevoli uomini di avventura e di scienza – la meta di una continua serie di viaggi e scoperte, culminata con la costruzione di vere e proprie basi stabili, ad opera delle singole nazioni o di comitati di ricerca di natura non governativa. Il processo di esplorazione e conquista dell'ambiente antartico ha apportato conoscenze utili alla vita quotidiana, ed è andato a costituire un impagabile parallelo all'esplorazione dello spazio, fornendogli stimoli e tecnologie, e ridefinendo la stessa idea di ambiente "estremo", in virtù delle soluzioni progettuali e tecniche di volta in volta disponibili.
base a impatto zero Princess Elisabeth (Belgio), Antartide, 2009
108
242
ISPIRAZIONE Esperimenti in vasche d'acqua La più semplice – ed economica – fra le strategie di simulazione delle condizioni di vita e di lavoro nello spazio è senza dubbio l'immersione in acqua. Capace di fornire un immediato responso sulla qualità della chiusura stagna delle strutture, e sui livelli di preparazione atletica e di destrezza richiesti agli astronauti, essa consente di testare le attrezzature e di allenare il personale, e permette al contempo di tracciare utili analogie e di individuare possibili spunti progettuali nel settore del disegno e della costruzione di navi e sottomarini, e tra le soluzioni che la stessa natura ha elaborato per adattare le specie viventi alle particolarità e ai problemi dell'ambiente acquatico.
Gagarin Cosmonaut Training Center, laboratorio Hydro-Space, allenamento per simulazione di attività extra-veicolari
243
laboratorio Hydro-Space, candidato indossa una tuta Orlan DMA e viene immerso nella vasca Hydrolab
244
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PROGETTO
Progetto
111
PROGETTO Impostazione L’interno del modulo è concepito per consentire la massima flessibilità di configurazione, a fronte di un ingombro minimo, che permetta a equipaggio e passeggeri di muoversi in modo libero e sicuro. Il sistema di supporto ad armadi e attrezzature segue la progressione radiale del pavimento mediano, basandosi quindi su 16 colonne, disposte a raggiera lungo il perimetro, a ridosso della parete. Ciascuna colonna prevede una struttura di base pieghevole, interamente realizzata in composito, con giunti a forbice, fissata in posizione già al momento del lancio, ed aperta in modo completamente automatico una volta montato e gonfiato il tutto. L’apertura dei telai avviene grazie ad apposite guaine, in tessuto tecnico ignifugo (nomex), già presenti al momento del lancio, e che alla messa in opera del modulo si gonfiano simultaneamente, stabilizzandoli e fungendo da fissaggio per le attrezzature contenute. L’elasticità della guaina, spessa alcuni centimetri, consente il contenimento delle vibrazioni, evitando di trasmetterle alla struttura principale, e prevenendo così, allo stesso tempo, le principali fonti di disagio acustico. Ogni colonna ospita quattro alloggiamenti cubici, da 80 x 80 x 80 cm. Esclusi gli spessori della guaina e delle pareti dei moduli contenitori, ciascun alloggiamento consta quindi di un volume utile di circa 68 x 68 x 60 cm (sulla faccia posteriore, l’intercapedine è maggiorata per consentire i cablaggi). Lo spazio rimanente fra le singole colonne (ca. 30 cm) viene sfruttato mediante contenitori morbidi, gonfiabili o in tessuto, predisposti per laptop, vassoi per l’alimentazione, accessori per l’esercizio fisico. I singoli contenitori sono a loro volta fissati ad apposite maniglie, che collegano fra di loro le colonne, irrobustendo la struttura, e permettendo agli occupanti di appendervisi, per agevolare i movimenti. Fra i contenitori rigidi, il sistema prevede: • contenitore generico • contenitore refrigerato • modulo per coltivazioni sperimentali • modulo per coltivazioni sperimentali in simulazione di gravità (centrifuga) • modulo per coltivazioni esperimentali e purificazione dell’aria (centrifuga) • modulo per coltivazioni acquatiche (CEBAS) Ciascun modulo è a sua volta costituito da una parte preassemblata, ed una da aggiungere in seguito, per renderlo operativo. I moduli possono essere completamente aperti, oppure chiusi con reti elastiche, avvolgibili, o porte ermetiche in vetro organico. Le porte rigide, a seconda della tipologia necessaria, si possono aprire su uno, su due, o su tutti e quattro i lati, così da garantire la massima libertà operativa.
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PROGETTO Ambiente Alla base del progetto Design Beyond Earth, vi è la volontà di riportare l'uomo e le sue necessità al centro della progettazione per il settore aerospaziale, sviluppando sistemi ed ambienti concepiti e strutturati a partire dalle sue necessità fisiche e dai suoi riferimenti emotivi e psicologici, il cui mancato rispetto abbiamo visto essere di frequente la principale causa di distrazioni, frustrazione, e del mancato conseguimento degli obiettivi produttivi o sperimentali preposti. Non è pensabile che tale condizione permanga, agli albori dell'era del turismo spaziale, poiché ne determinerebbe un grave limite, e diminuirebbe la fiducia del pubblico nella sicurezza dei viaggi, e di conseguenza il loro stesso appeal. Per il raggiungimento di un migliore rapporto fra tecnica ed utente, lungi dal potersi radicalmente risolvere con operazioni di mero e superficiale restyling, ciò che occorre è una nuova e solida strategia progettuale, fondata sull'uomo, in senso ergonomico, culturale, sistemico. Primaria fra le linee guida di tale strategia, è indubbiamente la creazione di un habitat che sia adeguato all'essere umano in tutte le sue necessità fisiologiche e di confort, a partire dall'aria respirata, sino alla soppressione degli stress acustici e vibrazionali, alla tonalità ed intensità della luce, all'equilibrio cromatico e di texture, importante specie in vista di lunghe permanenze.
L. Kroll, TransHab, National Geographic, 2010
245
Johnson Space Center, studio di un interno, anni '80
246
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PROGETTO Benessere Essenziale in DBE è l'attenzione per il benessere degli occupanti, siano essi ricercatori, astronauti professionisti, o comuni visitatori. La qualità dell'esperienza non deve dipendere da un bagaglio di conoscenze pregresse, né limitarsi a proteggere gli occupanti dalle zone e componentistiche non accessibili. Per garantire il massimo senso di confort, si è voluta enfatizzare la trasparenza dei moduli, e la chiara comunicazione delle loro funzioni, con un codice grafico chiaro e coerente. Ciascun modulo dispone di un'etichetta nell'angolo superiore sinistro, che ne identifica la funzione. Tale spazio va mantenuto nelle sue misure e proporzioni anche nel caso di future unità che necessitino di display più elaborati e interattivi, così da rendere intuitivo e unificato l'approccio alle attrezzature.
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fattori progettuali che influenzano la psiche
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principali problematiche psicologiche nello spazio
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studio della Boeing per coltivazioni in centrifuga
249
studio della Boeing per coltivazioni a zero-G
250
PROGETTO Oltre all'aspetto visuale, determinante ma indubbiamente non esaustivo, si è deciso di porre particolare attenzione ai parametri ambientali, garantendo la presenza di un sistema di purificazione e umidificazione dell'aria capace di muovere i giusti flussi, e basato sulla circolazione convettiva dell'aria nell'intercapedine tra le apparecchiature e la parete gonfiabile, così come già era previsto nel modulo TransHab. Il livello di rumore percepito è stato infine abbattuto grazie alla costruzione delle strutture di supporto ad elementi gonfiati, capaci di assorbire gran parte dele vibrazioni. Tutto ciò, in un contesto nel quale la percezione di benessere sarà già ampiamente veicolata dalla presenza vegetale, che, come sappiamo, aiuta l'organismo nella respirazione, nella cattura degli ioni positivi in eccessi, nonché a livello psicologico.
Tecnologie L'ecosistema tecnologico necessario allo sviluppo del progetto si ricollega ai più recenti avanzamenti in termini di materiali (compositi e tessuti impermeabili, ignifughi, atossici), studi geometrici (piegature, riduzione degli spessori e dei volumi), orticoltura (aeroponica), e si intende quale piattaforma aperta al ricambio ed al miglioramento progressivo, in virtù della semplicità costruttiva e di montaggio, caratteristiche del modulo. La tecnologia non viene da noi intesa come un punto di arrivo ed una forma di sofisticazione, bensì come un progresso nella direzione delle performance e dell'usabilità delle attrezzature, da parte di un'utenza sempre più allargata, multiforme, ed esigente.
fibre di carbonio
251
tute ignifughe in tessuto nomex
252
ESA, Columbus, rotore a centrifuga
253
piegatura "stent"
254
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PROGETTO
render illustrativo: sezione
255
La cupola sferica Direttamente collegata al modulo cilindrico, e posta quindi all'estremità della stazione, la camera sferica, di oltre quattro metri di diametro, anch'essa costruita con l'ausilio di una robusta parete gonfiabile, si propone quale spazio multifunzionale, dedicato a: • libera sperimentazione delle condizioni di assenza di peso • momenti di gioco e di relax, sia individuali che collettivi • brevi pause nel lavoro e momenti di riunione • attività sportive • trattamenti di benessere • monitoraggio della salute • applicazione di cure mediche Dotata di una finestra circolare, all'occorrenza schermabile, dalla quale ammirare la volta celeste ed il pianeta blu, e costellata di pratiche e sicure maniglie, pensate per agevolare i movimenti, la sfera si contraddistingue per: • estrema configurabilità: alle stesse maniglie usate come appiglio si possono andare a fissare, senza obblighi di orientamento o posizione, arredi e contenitori in tessuto di varia tipologia, leggeri, resistenti, pratici e veloci da montare e disallestire; vi si può inoltre assicurare varie attrezzature, ivi comprese quelle per gli esercizi ginnici • ambiente sonoro e luminoso personalizzabili: un sistema di microaltoparlanti ed una serie di lampade rgb regolabili in tinta ed intensità, disseminati entrambi in prossimità
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PROGETTO delle maniglie, modificano il carattere della stanza, in modo configurabile a piacere o secondo specifici programmi, contribuendo così al benessere degli occupanti • gestione autonoma del microclima: la circolazione dell'aria all'interno della sfera si avvale di apposite unità di ventilazione di tipo fanless, locali e dedicate, estremamente compatte, e altrettanto sicure, in quanto sprovviste di parti in movimento esposte • basso livello di pressione acustica / pressoché completa assenza di vibrazioni: l'elasticità della struttura gonfiabile, unita al posizionamento periferico, ne attenua la propagazione, garantendo un'isola di silenzio e confort; al contempo, un sistema addizionale di riduzione attiva del rumore entra in gioco quando richiesto, per portare la pressione sonora a valori impercettibili, a tutto vantaggio della qualità della vita Utile ad astronauti professionisti e ricercatori nell'alleviare lo stress da permanenza, principale causa di pericoli e insuccessi, consentendo loro di continuare a godersi la vista sulle stelle e l'assenza di gravità come al primo giorno di missione, e al contempo di tenere in esercizio la loro mente ed il loro fisico, essa si rivelerà forse ancor più interessante nell'affrontare l'eccitazione e la curiosità delle persone più comuni ed inesperte, per le quali avrà la triplice funzione di area di svago e divertimento, zona di isolamento e relax, e punto di controllo dello stato di salute.
simulazione: interno della cupola
256
117
PROGETTO
Modello A compimento della fase progettuale, è stato realizzato un modello in scala 1 : 30, avente l'obiettivo di rappresentare le proporzioni e le volumetrie interne del modulo, e di facilitare la comprensione delle sue modalità d'uso, anche in relazione con l'utenza. Per meglio veicolare la percezione dell'ambiente, si è scelto di allestirne uno spaccato, sezionandolo a metà mediante un piano verticale, ed allestendo i due semipiani con le intelaiature di sostegno ed i moduli ad oggi previsti. Ciò per comunicare i grandi spazi interni, e la profonda riconfigurabilità degli allestimenti. Costruito ed assemblato presso la ditta PFactor di Monastier (Treviso), il modello è stato realizzato con tecnica mista: • intelaiature e contenitori sono stati ottenuti per prototipazione rapida di nylon PA·2200, così come il pavimento centrale, gli elementi di giunzione alla stazione spaziale e di passaggio alla capsula sferica, e le coperture a chiusura di quest'ultima, alle due estremità • la sezione della parete gonfiabile inferiore, e della cupola soprastante, sono state invece ottenute per fresatura a controllo numerico di poliuretano rigido • il basamento, ed il supporto al pavimento centrale, sono stati infine ottenuti per taglio laser di polimetilmetacrilato trasparente, di spessore 4 mm
rendering: simulazione del pavimento centrale
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257
rendering: modello assemblato
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PROGETTO
rapid prototyping: telaietto di sostegno
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rapid prototyping: moduli contenitori
260
modello: componenti in fase di assemblaggio
261
modello: assemblato
262
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120
CONCLUSIONI
Conclusioni
121
CONCLUSIONI
Conclusioni Ciò che il confronto con le opportunità e le problematiche dello spazio rappresenta per il progettista è per molti versi affine a ciò che ha implicato l'esperienza del volo spaziale nella vita e nella mente di chiunque abbia avuto la fortuna e la capacità di andarlo a sperimentare: il distacco dalle convinzioni e dalle certezze su cui si fonda la quotidianità terrestre, l'obbligo di un confronto diretto e di soluzioni concrete alle problematiche ambientali, la consapevolezza di quanto fragile sia l'uomo nella vastità del cosmo, ci portano innanzitutto a un notevolissimo scarto concettuale, e al ripensamento delle posizioni e dei ruoli della stessa umanità nella natura e nella storia. Per quanto di frequente frammentarie, episodiche, e disgregate – per via dell'instabilità dei contesti politici ed economici, e del rapido ricambio delle piattaforme tecnologiche, a fronte degli importanti tempi necessari a studi, sviluppo, e realizzazione di mezzi e infrastrutture – le attività di ricerca nel campo dell'architettura e del disegno industriale per la progettazione spaziale, hanno già a più riprese manifestato di sapersi porre ai vertici della ricerca sull'abitare umano, e di collocarsi tra le aree di studio e di progetto più avanzate e promettenti per il suo stesso futuro.
NASA SP-413, strategia di colonizzazione interplanetaria
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263
CONCLUSIONI Ciò sta sempre più spingendo ad un'aggregazione dei suoi protagonisti, rintracciabile nelle varie associazioni non-profit sulla falsa riga di progetti quali spacearchitect. org, collettivo che accorpa i maggiori esperti e le principali voci di tale mondo. Quest'aggregazione dimostra già oggi di essere particolarmente avanzata ed utile, ma evidenzia al contempo la necessità di un atteggiamento favorevole e propositivo da parte di tutti il contesto circostante. Che l'esplorazione dello spazio rappresenti un passaggio storico e cruciale per l'umanità e la sua cultura è evidente e assodato non soltanto nel comune immaginario, bensì anche – e soprattutto – nel mondo scientifico, dove sono in molti a condividere l'opinione dell'insigne fisico britannico Stephen Hawking, secondo il quale la capacità di espandersi o meno ad altri pianeti e galassie rappresenterà per la specie umana il banco di prova ultimo della sua sopravvivenza a lungo termine. Il quadro di interessi e possibilità non si esaurisce tuttavia nella prospettiva di un futuro distante ancora decenni, ma trova e ha già trovato applicazione nello specifico delle problematiche più quotidiane della vita sulla Terra. Materiali e tecnologie venuti dallo spazio hanno già invaso la nostra vita, e sono pronti a rivoluzionarla ancora. Nozioni e scoperte emerse nello studio di contesti spaziali, ci hanno permesso di comprendere al meglio la natura di molteplici realtà nei campi della fisica, della biologia, della medicina, sino a coinvolgere le scienze umane, e a riaprire questioni che sulla Terra sembravano risolte, da un punto di vista nuovo, di ampiezza smisurata.
D.A. Gardner, J.P. Allen, cartello "for sale", foto, 1984
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il fisico Stephen Hawking in assenza di peso, 2007
evoluzione del mercato turistico, STS, 2009
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componenti necessarie al sistema orbitale, STS, 2009 267
265
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CONCLUSIONI Proprio nella medicina e nelle scienze naturali riteniamo che si trovino i campi di studio più interessanti e prossimi, e proprio sulla base di questa osservazione siamo andati a sviluppare il progetto Design Beyond Earth, avente tra i suoi obiettivi fondanti quello di fornire appunto una piattaforma stabile, versatile, e innovativa, allo studio delle attuali e future tecnologie mediche e biologiche, capace di rispecchiarsi, oltre che in un habitat di estremo interesse e fascino, in un immediato transfer di competenze e strategie, utile ad affrontare i problemi che oggi affliggono la Terra, e che nello spazio è non soltanto auspicabile affrontare, bensì è necessario risolvere, per consentire a volte la stessa sopravvivenza. Potrà l'inquinamento atmosferico delle grandi metropoli essere definitivamente debellato? Riusciremo a fermare il surriscaldamento globale? Troveremo mai un sostituto ecologico alla benzina? Potremo mai vivere nelle profondità oceaniche? E in Antartide? E sulla luna? Potremo rallentare i processi di invecchiamento cellulare? Cureremo l'osteoporosi? Saremo in grado di prevenire le malattie degenerative causate dall'eccesso di esposizione a radiazioni dannose? Riusciremo a far resistere le nostre colture agli agenti infestanti senza ricorrere a tossine? Le risposte a queste e a molte altre domande affini, risiedono con ogni probabilità a poche centinaia di chilometri sopra alle nostre teste, e sono oggi più vicine che mai, grazie al nuovo assetto politico e alla nuova economia dello spazio, rese possibili dalla sua privatizzazione, e dall'apertura di una nuova economia e nuovi mercati, costruiti sulla base di autentici business del viaggio spaziale a scopo di diporto.
struttura espandibile a memoria di forma, spin-off
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LLNL, lente fresnel pieghevole
269
CONCLUSIONI A ciò corrisponde una ritrovata affinità tra spazio e dimensione progettuale, e in special maniera, tra spazio e design. Questo potrà contribuire infatti, su molteplici livelli, al processo evolutivo di miglioramento dell’abitare e del vivere, focalizzando le sue attenzioni in particolar modo sull’interazione tra le attività umane e le tecnologie di supporto, con l’obiettivo di individuare i sistemi e gli strumenti in grado di amplificare le umane capacità, facilitandone l’efficienza operativa e prestazionale, ed aumentando, al contempo, il confort e il benessere degli equipaggi, scientifici o turistici che siano. Il valore di tali iniziative non sarà poi soltanto monetario, dal momento che le sue riprove scientifiche costituiranno la base per i futuri programmi di colonizzazione e terraforming, e i suoi esiti progettuali andranno ad alimentare un nuovo approccio alla progettazione aerospaziale, più maturo e completo, poiché cardinalmente fondato sulla persona umana, con le sue necessità fisiche, psicologiche, culturali, nonché più rapido nelle tempistiche, e più industrialmente ottimizzato, e di conseguenza meno costoso. Scopo di Design Beyond Earth è innanzitutto quello di apportare un contributo forte in tale contesto, nella molteplicità dei suoi obiettivi, e con la flessibilità necessaria affinché siano visibili, all'orizzonte, possibilità di realizzazioni anche concrete. L'approccio a tale ambizioso obiettivo è intrinsecamente multiforme e pluridisciplare, aperto alla ricerca, all'innovazione, e fondato innanzitutto sul design, che riteniamo essere, ad oggi, la maggior fonte di spunti e atteggiamenti migliorativi per la progettazione aerospaziale, nonché il campo che, più di ogni altro, ne debba essere attualmente affascinato e attratto. Il progetto di tesi quipresente si chiude con tale riflessione, la stessa con cui si era andato aprendo, e in virtù delle conferme che nel suo svolgersi questa ha incontrato. Ci auguriamo che rappresenti non un punto di arrivo, bensì un punto di partenza, per una nuova concezione e pratica dello spazio, del design, dell'uomo.
fantascienza, panorama lunare ricoperto dal verde
270
Syd Mead, ipotetico habitat spaziale, coltivazioni
271
125
126
TAVOLE
Tavole
127
TAVOLE
128
TAVOLE
Viste d'insieme
129
TAVOLE
Vista d'insieme / sezione scala 1:75, misure in cm Ø 75.5
Ø 465
335
207
320
659
320
1427
80.5
107.5
189.5
371
Ø 390
Ø 208.5
858
130
TAVOLE
Vista d'insieme / planimetria
80
27
102 .
5
scala 1:75, misure in cm
120 535 765 858
131
TAVOLE
Sezione / aree funzionali scala 1:75
RELAX SPORT SVAGO TERAPIE
FILTRI
I/O
FILTRI
PIANTE TERRESTRI
CONTENITORI / DISPENSE
RIGENERAZIONE DELL'ARIA PIANTE ACQUATICHE IMPIANTI H2O
132
I/O
H2O
TAVOLE
Sezione / fonti di luce scala 1:75
133
TAVOLE
Sezione / flussi d'aria scala 1:75
134
TAVOLE
Moduli
135
TAVOLE
Modulo / contenitore (chiuso) scala 1:20, misure in cm
70
79
68
68.5
79
81
Ă&#x2DC;4
87.5
136
TAVOLE
Modulo / contenitore apribile ai 4 lati scala 1:20, misure in cm
70
68
68.5
79
68.5
79
81
Ă&#x2DC;4
87.5
137
TAVOLE
Modulo / centrifuga per il ricambio d'aria scala 1:20, misure in cm
68.5
70
68
79
Ø64
79
81
Ø4
87.5
138
TAVOLE
Modulo / centrifuga per la coltivazione scala 1:20, misure in cm
70
68.5
79
68
Ă&#x2DC;64
79
81
Ă&#x2DC;4
87.5
139
TAVOLE
Modulo / coltivazione a zero-G scala 1:20, misure in cm
12 79
69.5
70
79
68.5
81
Ø4
Ø10 50 87.5
140
TAVOLE
Modulo / ecosistemi acquatici (CEBAS) scala 1:20, misure in cm
70
23
68
79
68.5
79
81
Ã&#x2DC;4
87.5
141
TAVOLE
Moduli / disposizione interna sviluppo lineare, scala 1:100
01
11
01
01
10
01
01
03
08
08
04
06
06
06
05
03
08
08
04
06
06
06
05
02
02
02
02
02
02
02
02
07
12
07
14
14
14
07
07
05
07
07
09
09
09
04
07
05
07
07
09
09
09
04
07
02
10
11
02
02
13
15
15
06
12
11
02
02
10
02
01
06
08
08
03
03
16
06
06
06
08
08
03
03
16
06
06
06
08
14
14
13
16
01
13
07
07
07
14
14
16
14
13
07
07
07
09
09
09
01
01
07
07
07
09
09
09
01
01
02
10
11
02
02
02
01
01
< ISS
cupola >
01
Legenda 01 02 03 04 05 06 07 08
142
contenitori privati contenitori attrezzature contenitori refrigerati / dispensa sterilizzatore incubatrice coltivazioni a zero-G centrifuga ricambio d'aria centrifuga cultivar
09 10 11 12 13 14 15 16
modulo CEBAS impianti / ACS impianti / AR impianti / THC impianti / FDS impianti / WRM impianti / centralina impianti / altri
TAVOLE
Cupola
143
TAVOLE
Cupola / luce scala 1:50
81°
144
TAVOLE
Cupola / ventilazione scala 1:50
145
TAVOLE
Cupola / attivitĂ e relax scala 1:50
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UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA FACOLTA’ DI DESIGN E ARTI
DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI DI LAUREA (da inserire come ultima pagina della tesi di laurea)
Dario Martini 267526 Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...……………. clasDIP – corso di laurea specialistica in disegno industriale del prodotto laureando/a in ………………………………………………... estiva (luglio) 2009–2010 sessione ………………………… dell’a.a. …………….…………. DICHIARA
che la tesi di laurea dal titolo: …………………………………………………………………………………………. Design Beyond Earth ………………………………………………………………………………………….
è consultabile da subito potrà essere consultata a partire dal giorno ………………….. non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta)
data …………………..
firma ………………………
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“La Terra é la culla dell'Umanità. Ma non si può vivere in una culla per sempre” K. E. Tsiolkovskij