Instagram e il fenomeno del Selfie

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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea in DAMS - discipline delle arti, della musica e dello spettacolo Curriculum - arte

INSTAGRAM E IL FENOMENO DEL SELFIE

Tesi di laurea in Psicologia dell’Arte

Relatore:

Presentata da:

Prof. STEFANO FERRARI

MARIUXI AGUILERA

Correlatore: Prof. ssa CHIARA TARTARINI

Sessione III Anno accademico 2012 - 2013


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You press the button, we do the rest. George Eastman

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Indice 1

Sommario

Parte I Introduzione ................................................................................................................. 9 1 Definizione di social network ....................................................................... 13 1.1 Utilizzo sul computer e sui dispositivi mobili ........................................................... 13 1.2 Le “apps” .................................................................................................................................... 14 1.3 Social e “apps” per dispositivi mobili ............................................................................ 15

2 Introduzione a Instagram: cos’è e come funziona .................................. 17 2.1 Il profilo: foto e bio ............................................................................................................... 21 2.2 I filtri ........................................................................................................................................... 22 2.3 Tag e hashtag ........................................................................................................................... 28 2.4 L’opzione video ....................................................................................................................... 30 2.5 Le comunity di Instagram .................................................................................................. 31 2.6 Le applicazioni correlate .................................................................................................... 32

3 Panoramica attuale: condividere, raccontarsi, essere. ........................ 33 3.1 Il fenomeno Instagram Selfie ............................................................................................ 34 3.2 Popolarità degli utenti in base ai “mi piace” .............................................................. 36 3.3 I “commenti” ............................................................................................................................ 36

Parte II 4 Psicologia del ritratto nelle Selfies. ............................................................. 37 4.1 Il Self (ie) frammentato ....................................................................................................... 42 4.2 “Il sé è il messaggio e il selfie è il medium” ................................................................. 51 4.3 Trend globale o una sintomatologia? ............................................................................ 52

Conclusioni ................................................................................................................. 60 Bibliografia e sitografia ......................................................................................... 63

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Parte I Introduzione La diffusione e l’utilizzo delle nuove tecnologie hanno modificato in breve tempo non solo le nostre abitudini ma il modo d’intendere i processi di comunicazione. Tuttavia, di fronte ai molteplici vantaggi apportati dal loro utilizzo, nel tempo si sono manifestati fenomeni particolari poiché i nuovi media hanno accesso alla nostra psiche e fanno da ponte con il mondo esterno. Il nostro sistema psichico interagisce quotidianamente con computer, tablet, smartphone, lettori digitali e altri apparecchi elettronici. L’abituale uso della rete, delle varie applicazioni (le apps) e soprattutto l’utilizzo dei vari social network, spesso ci portano a individuare una sbagliata percezione del Sé. Noi siamo continuamente impegnati nel coltivare i rapporti sociali che frammentano la nostra limitata attenzione, concedendo segmenti della nostra coscienza a ogni cosa o persona che richieda il nostro tempo e il nostro interesse. Queste nuove tipologie di relazioni ci muovono in diverse direzioni, invitandoci a interpretare una molteplicità di ruoli o identità al punto di far dissolvere il concetto stesso di Sé autentico e reale, fatto di caratteristiche riconoscibili. Il Sé completamente snaturato può dare spazio a una rappresentazione sbagliata di se stesso. In altri casi la molteplicità d’interpretazioni permette di presentare quella personalità che in particolare si desidera comunicare: “Io sono me stesso”. Netlog, Myspace, hi5, Linkedin, Facebook, Twitter, Tumblr, Google+, Flickr e Instagram, sono solo alcuni dei tanti social network che si sono 9


susseguiti nel tempo. La lista è in continua crescita. Essi hanno invaso le nostre vite in modo del tutto impercepibile diventando parte integrante di essa. Ci permettono di restare in contatto con amici vicini e lontani, di mantenerci costantemente aggiornati, di raccontarci e di confrontarci. Alcune ricerche hanno dimostrato come i social network siano in grado di soddisfare alcuni bisogni umani: dal bisogno associativo, al bisogno di stima (venire scelti dagli altri come “amici”, ricevere loro “mi piace” e commenti) fino al bisogno di autorealizzazione. Questo dato di fatto genera la necessità di prendere in considerazione che i social network funzionino da specchio, e che come tali riflettano la nostra immagine in una duplice valenza, che da una parte offre un’immagine di sé e dall’altra rinvia l’impegno a pensare, cercare o ritrovare la propria identità. Il presente lavoro intende comparare gli aspetti psicologici impliciti negli utenti di Instagram: un social network attualmente tra i più utilizzati, che permette di scattare fotografie e condividerle pubblicamente. Tale applicazione, di facile utilizzo, “comunica” attraverso le immagini scattate dal telefonino ed elaborate con filtri, dando la possibilità all’utente di creare un profilo composto da centinaia di piccole foto che raccontano le loro vite, giorno dopo giorno. Partendo da un punto di vista psicologico, il presente lavoro si focalizzerà sul fenomeno che, tra i “photo-dipendenti” di Instagram, viene denominato Selfie. La ricerca analizzerà le Selfies non solo come un segno di vanità o egocentrismo ma come un potente strumento di comunicazione. A prescindere dalle diverse ragioni che spingono un utente a “pubblicarsi”, si potrebbe considerare il fenomeno delle Selfies come una rappresentazione di noi stessi che consapevolmente inviamo a una comunità globale per mostrarci. 10


La tesi consisterà in due parti: nella prima saranno trattati i concetti di base, nei quali saranno spiegati che cosa sono i social e le apps e il loro utilizzo da parte degli utenti. In particolare sarà analizzato il funzionamento di Instagram. La seconda sarà dedicata alle implicazioni psicologiche che sono alla base di questa tecnologia persuasiva nella sua doppia valenza: app + social. Dopo aver fornito una definizione di ciò che s’intende per Selfie, saranno analizzate le sue varie sfumature: il Sé come “messaggio” e il Selfie come “medium”.

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Capitolo I 1

Definizione di social network

Il termine inglese “social network” è tradotto in italiano come “rete sociale” e indica un insieme di persone che sono collegate tra di loro da qualsiasi tipo di relazione o legame sociale per condividere informazioni. Oggi a seguito dello sviluppo globale di internet il termine “social network” indica i siti web che rendono possibile una “rete sociale virtuale”. Questi ultimi sono nati nei primi anni del Duemila, e si sono sviluppati in due grandi gruppi: uno di tipo professionale e l’altro basato su relazioni di amicizia. In questo spazio virtuale, all’interno di una pagina web, con una semplice registrazione si può creare un profilo personale in cui ci si presenta con una mini biografia di se stessi e tramite il nome del profilo (vero o falso) si diventa visibili agli altri (in alcuni social network, la persona che crea un profilo personale può decidere d’impostare limitazione di accessibilità e visibilità). 1.1 Utilizzo sul computer e sui dispositivi mobili Qualsiasi browser a disposizione in internet (Google Chrome, Firefox, Opera, Safari, ecc.) permette di utilizzare i siti web dei social network sul proprio computer. Nei dispositivi mobili, in particolare su tablet e smartphone, oltre a poter utilizzare i siti di social network attraverso la rete di connessione internet, è prevista la possibilità di installare applicazioni che sono state sviluppate appositamente per l’uso dei social network. Ogni sito web di social network mette a disposizione l’applicazione da scaricare e installare gratuitamente in base al sistema operativo del dispositivo. Queste applicazioni sono ampliamente diffuse e più comunemente conosciute come “app”. 13


Ciascun dispositivo è dotato di fotocamera integrata e permette non solo l’uso del tradizionale “guarda, inquadra e scatta” (rimanendo di solito nell’archivio del dispositivo) ma anche la modifica e la condivisione della foto in modo istantaneo: scatto (modifico) e condivido con gli altri. Le immagini possono essere pubblicate sui diversi social network, ad esempio una foto scattata dallo smartphone può essere condivisa e visibile contemporaneamente su Facebook, Twitter, Flickr, Instagram e altri social. 1.2 Le “apps” App è l’abbreviazione del termine inglese application software. Tradotto in italiano “software applicativo”. Con il neologismo app s’intende una variante delle applicazioni informatiche dedicate ai dispositivi di tipo mobile, quali smartphone e tablet. Una app per dispositivi mobili si differenzia dalle tradizionali applicazioni sia per il supporto con cui viene usata sia per la concezione che racchiude in sé. Si tratta a tutti gli effetti di un software che per struttura informatica è molto simile a una generica applicazione, ma è caratterizzata da una semplificazione ed eliminazione del superfluo, al fine di ottenere leggerezza, essenzialità e velocità.1 Con le apps possiamo avere una constante accessibilità ai social network. In qualsiasi momento una notifica o un avviso proveniente da un’applicazione per social ci permette di restare in contatto e comunicare con chiunque dovunque si trovi.

1

Wikipedia.org, http://it.wikipedia.org/wiki/App, sito consultato il 10/01/2014. 14


1.3 Social e “apps” per dispositivi mobili Come accennato all’inizio del capitolo, i social network di solito sviluppano l’applicazione da utilizzare nei dispositivi mobili che possono essere: native app, web app o hybrid app. Le native app sono applicazioni che vivono sul dispositivo e sono accessibili attraverso le icone che le rappresentano. Esse possono utilizzare la fotocamera, il GPS, la bussola, l’elenco dei contatti, il sistema di notifica del dispositivo e possono funzionare offline. Le app, web sono applicazioni molto simili a un sito web rispetto che a un’applicazione in quanto sono gestite da un browser. Gli utenti per utilizzare l’applicazione devono accedere a una qualsiasi pagina web, inserire l’URL e avere la possibilità di installare l’applicazione. Le applicazioni ibride sono per metà native e per l’altra metà web. Come native, vivono in un app store e sfruttano numerose funzioni della periferica disponibile, come web app si basano sul codice HTML, nel quale viene eseguito il rendering in un browser che è incorporato all’interno dell’applicazione.2 Nel caso dei più popolari social network, queste sono le applicazioni sviluppate: Facebook (ibrida), Linkedin (inizialmente ha avuto un approccio ibrido HTML5 per poi passare alle apps native per i dispositivi mobili), Twitter (native sin dal l’inizio) e Instagram (necessariamente nativa perché altrimenti non avrebbe potuto funzionare).

2

Nngroup.com, http://www.nngroup.com/articles/mobile-native-apps/, sito consultato il

20/01/2014. 15


Il nostro caso di studio, Instagram, nasce come un’applicazione a uso esclusivo sui dispositivi mobili. Il 28 giugno 2012 Instagram lancia la propria pagina web, dando la possibilità , da quel momento in poi di vedere e commentare le foto pubblicate nei profili (pubblici) dei suoi utenti. Tuttavia dalla pagina web non sono accessibili altre funzioni del programma.3

3

Dati consultati il 26/02/2014. 16


Capitolo II

2

Introduzione a Instagram: cos’è e come funziona

Instagram is a fun and quirky way to share your life with friends through a series of pictures. Snap a photo with your mobile phone, then choose a filter to transform the image into a memory to keep around forever. We're building Instagram to allow you to experience moments in your friends' lives through pictures as they happen. We imagine a world more connected through photos.4 Questa è la risposta che troviamo, sul sito web di Instagram.com, alla domanda: What is Instagram?. Instagram, lo scrivono gli stessi programmatori, si presenta come “un modo divertente e stravagante per condividere la tua vita con gli amici attraverso una serie d’immagini”. Il suo utilizzo è semplice: “Scatta una foto con il tuo cellulare, poi scegli un filtro e trasforma la tua immagine in una memoria da tenere per sempre”. Instagram è costruito “per consentire di vivere momenti della vita con i propri amici attraverso le immagini in tempo reale” e, come immaginano i creatori, “un mondo più connesso attraverso le foto”.5 I creatori di Instagram, Kevin Systrom (CEO co-founder) e Mike Krieger (co-founder), misero a disposizione la prima versione, il 6 di ottobre 2010 sull’App Store6, ottenendo in breve tempo una popolarità tale che dopo tre

4

Instagram.com, “What is Instagram?”, http://instagram.com/about/faq/#, sito consultato il

20/11/2013. 5 6

Ibidem. Apple.com, https://itunes.apple.com/en/app/instagram/id389801252?mt=8, sito consultato il

20/11/2013. 17


mesi dal lancio, in dicembre, il servizio registrò all’incirca un milione di utenti. Il 26 settembre 2011, in meno di un anno essa aumentò fino a dieci milioni di utenti. Oggi la “Instagram Community” conta più di 150 milioni di utenti attivi.7 L’applicazione è utilizzabile su dispositivi mobili, smartphone e tablet, ed è disponibile gratuitamente sull’App Store, Google Play, e Windows Phone Store, compatibile con i sistemi operativi di iOS 5.0 (e successive versioni), Android 2.2 (e successive versioni) e Windows Phone 8 (versione Instagram Beta). Fino all’aprile 2012 l’applicazione era disponibile solo per iPhone, iPad e iPod Touch, in seguito è stato inserito il supporto per Android dispositivi con fotocamera (dispositivi supportati)8 e, in seguito, per Blackberry 10 e Nokia- Symbian Devices come applicazione di terze parti. Il 21 novembre del 2013 Instagram ha ufficialmente lanciato la sua applicazione per il sistema operativo mobile di Microsoft (dispositivi con Windows Phone 8, in versione Beta).9

7 8

Instagram.com, http://instagram.com/press/, sito consultato il 20/11/2013. Google.com,

https://support.google.com/googleplay/answer/1727131,

sito

consultato

il

10/01/2014. 9

Instagram.com, http://blog.instagram.com/post/67574689360/instagramforwindowsphone, sito

consultato il 20/11/2013. 18


Figura 2.1: Screenshot della home page del sito web instagram.com versione italiana. Per noi che usiamo abitualmente i siti di social network Instagram si pone sia come un’applicazione mobile, sia come un social network fotografico, che fornisce la possibilità di scattare fotografie e registrare brevi filmati per condividerli istantaneamente anche su altri social network e blog. A differenza degli altri formati usati abitualmente per la fotografia digitale come 16:9 o 4:3, l’applicazione consente di scattare foto solamente di proporzioni 1:1 (quadrate). Utilizzare Instagram è semplice. Dopo aver installato l’applicazione sullo smartphone si avvia il programma e si crea un account inserendo: un indirizzo mail, un nome utente, una password e una propria immagine (si può inserire un’immagine da associare al profilo anche dopo la 19


registrazione). In seguito è sufficiente fare un click sul tasto centrale nel display della fotocamera per scattare una foto o scegliere l’icona video (simbolo della cinepresa) e con l’aggiunta di uno dei tanti filtri a disposizione si possono ottenere degli scatti particolari.

Figura 2.2: iPhone Screenshots Un’altra funzionalità è l’inquadratura dell’obiettivo. Le opzioni sono due: inquadrare ciò che si ha di fronte oppure verso se stessi per fare l’autoscatto fotografico della propria immagine. La condivisione, come si è accennato, può essere personalizzata in pubblica o privata (per privata s’intende l’uso della nuova funzione inserita nell’applicazione: il tasto “diretto”). Il 12 dicembre 2013, Instagram introduce Direct 10 : una nuova icona (posizionata in alto a destra) che permette di inviare foto o video a persone specifiche (in modo diretto) e viceversa vedere quello che i nostri seguaci, “followers”, ci hanno inviato. 10

Instagram.com, http://blog.instagram.com/post/69789416311/instagram-direct, consultato il

15/01/2014. 20


Figura 2.3: iPhone Screenshots di Instagram Direct

2.1 Il profilo: foto e bio Su Instagram, così come in tutti i social media, è possibile (ma non sempre necessario) presentarsi nei 150 caratteri messi a disposizione per parlare un po’ di sé. Gli altri utenti vogliono sapere chi si cela dietro le foto, chi è l’autore degli scatti fotografici pubblicati nell’home page. Per aver un account completo bisogna inserire una foto profilo in modo da essere facilmente reperibili dagli amici o da nuovi followers. Per concludere si può decidere se mettere il profilo pubblico o privato, ma nel secondo caso non sarà possibile vedere le foto senza autorizzazione, riducendo la possibilità di essere conosciuti.11

11

Comunicazionedigitale.wordpress.com, http://comunicazionedigitale.wordpress.com/2013

/07/25/instagram-cose-e-come-funziona/, sito consultato il 22/01/2013. 21


Figura 2.4: Screenshot di un utente Instagram

2.2 I filtri Una delle prime cose che sicuramente meraviglia l’utente è il risultato che si ottiene dopo aver applicato un filtro a una foto. Un semplice soggetto può di fatto diventare uno scatto creativo. Instragram offre la possibilità di sperimentare e, in un certo senso, di esprimere la parte creativa di ciascun utente. Non vi è dubbio che la possibilità di modificare le nostre foto e migliorarle con semplici gesti stimola la nostra voglia di fotografare ciò che ci sta attorno, quello che vediamo e anche noi stessi, attraverso gli autoscatti. Tecnicamente cosa è un filtro? Un filtro nella fotografia digitale è un insieme di diverse modifiche che si può applicare a un’immagine, come ad 22


esempio: regolare il colore, il tono, il contrasto, applicare delle texture e delle maschere. Generalmente un filtro è fatto di: “Una o più regolazioni di colore generali: modifiche ai colori dell’immagine attraverso

regolazioni

standard

come

bilanciamento

del

bianco,

tonalità/saturazione, luminosità contrasto. Una o più regolazioni di colore manuali: regolazioni applicate solo a una parte dell’immagine, ad esempio se si vuole rendere più luminosa solo la parte centrale dell’immagine. Delle texture: essenzialmente immagini che, messe sopra l’immagine e rese un po’ trasparente danno un aspetto differente all’immagine”.12

I filtri in Instagram vanno applicati nella fase successiva allo scatto. È possibile applicare questi filtri sia ad una foto scattata direttamente con l’applicazione, sia ad altre foto archiviate nella cartella immagini del proprio dispositivo (è sufficiente importare la foto interessata cliccando sulla piccola immagine in basso a sinistra). Certamente non è necessario l’utilizzo dei filtri nelle foto scattate. Queste possono essere pubblicate e condivise dopo lo scatto anche senza alcuna modifica. I filtri di Instagram possiedono molte regolazioni che si possono usare manualmente in alcune zone della foto. Questo permette di poter modificare le foto in base all’inquadratura del soggetto. Ad esempio se vogliamo mettere in risalto un volto, possiamo scegliere di sfuocare tutto ciò che gli è attorno, ottenendo un effetto di messa a fuoco del solo volto.

12

Tasc.it, http://www.tasc.it/2012/11/06/la-scienza-di-instagram-e-dei-filtri/, sito consultato il

22/01/2013. 23


I filtri di Instagram sono divenuti talmente popolari che è possibile trovare in rete consigli su come poterli riprodurre sul proprio computer utilizzando alcuni programmi come SnapSeed, CameraBag 2 o Analog. Inoltre anche attraverso l’utilizzo di alcuni plugins da aggiungere a Photoshop e Lightroom è possibile replicare i filtri di Instagram alle proprie foto.13 Changneng Chen 14 (Software Engineer) ha realizzato una breve ricerca sull’utilizzo dei filtri di Instagram. L’analisi di Chen può essere sintetizzata in quattro fasi: 1. Eseguire una trasformazione, indipendentemente dal colore RGB dell'immagine, pixel per pixel originale per incrementare contrasto o fare getto di colore.

13

Italianeography.com, http://italianeography.com/come-emulare-i-filtri-instagram-e-hipstamatic-

su-mac-e-pc/, sito consultato il 22/01/2013. 14

Changneng Chen, http://www.linkedin.com/in/changneng, sito consultato il 22/01/2013. 24


Questa procedura di decodificazione può essere semplificata utilizzando una sola volta l’immagine grigia se si vuole fare in modo approssimativo.

Con il trattamento di cui sopra, la trasformazione di colore può essere descritta in un diagramma funzionale xy come sotto. Questo passaggio rende l'effetto di base per il filtro.

25


2. Sovrapporre un cerchio back-gruppo png immagine.

In questa fase si crea un effetto vignetta che viene utilizzato solo in alcuni dei filtri Instagram. 3. Sovrapporre un’immagine di sfondo png come grano decorativo.

Questo passaggio viene utilizzato solo in pochi filtri e sembra essere molto simile a l'aggiunta di rumore casuale a un’immagine. 26


4. Aggiungere un bordo o una cornice.

I filtri del Instagram non sono così complessi come sembrano – sostiene Chen – e si può facilmente creare o riprodurre uno dei filtri di Instagram a una immagine.15 Attualmente (versione iOS3.4.1) sono presenti 20 differenti tipi di filtri su Instagram. Questi sono: “1977 - Dà una certa dominante rosea. Amaro - Leggero contrasto, con focalizzazione sui toni pallidi. Brannan - Toni bassi, focalizzato sui grigi ed i verdi. Earlybird - Stinto e sfocato, concentrato sui toni gialli e beige. Hefe - Colore classico con dominanti oro e giallo. Hudson - Vignettato, con leggeri toni bluastri. Inkwell - Filtro bianco e nero ad alto contrasto. Kelvin - Fotografia rètrosupersatura, con bordo sfilacciato. Lo-fi - Lievemente sfocato, con saturazione dei gialli e dei verdi.

15

Quora.com, http://www.quora.com/Instagram/How-does-Instagram-develop-their-filters, sito

consultato il 22/01/2013. 27


Mayfair - Fornisce un caldo tono rosato ed una leggera vignettatura. È l'ultimfiltro fornito dalla più recente versione. Nashville - Tinta blu-magenta, con bordo. È uno dei filtri Instagram più usati. Normal - nessuna modifica alla fotografia. Rise - Dà una luce leggera e calda. Creato dalla fotografa Instagram Sierra - Filtro caldo, che fornisce un tono vibrante e luminoso. Sutro - Effetto seppiato, con enfasi su rossi e gialli. Toaster - Sovraesposizione, con un po' di sfocatura. Valencia - Contrasto elevato, lievemente grigio e bruno. Walden - Colore slavato, con una leggera dominante azzurra. Willow - Bianco e nero con un effetto di fusione. X-Pro II - Effetto caldo e saturo, con enfasi sui toni gialli” .

16

Sì se desidera aumentare il numero di effetti e possibile combinare i filtri con l'effetto LUX (aggiunge contrasto e saturazione), applicare una sfuocatura intorno al centro (rotonda o quadrata) oppure inserire una cornice, ogni filtro ne possiede una specifica.17 2.3 Tag e hashtag Con il termine tag s’intende una parola “chiave” o un termine associato a un’informazione (un’immagine, una mappa geografica, un post, un video clip ...), che descrive l’oggetto rendendo possibile la classificazione e la successiva ricerca di informazioni basata su parole chiave. I tag sono generalmente scelti in base a criteri informali e personalmente dagli autori/creatori dell'oggetto dell'indicizzazione. Tuttavia i tag possono anche essere usati in modo improprio, ovvero fornire indicazioni riguardo all’opinione che qualcuno ha di un’opera e quindi essere correlati al consumatore del contenuto e non al contenuto in sé.18

16

Wikipedia.org, http://it.wikipedia.org/wiki/Instagram, sito consultato il 22/01/2013.

17

Ibidem.

18

Wikipedia.org, http://it.wikipedia.org/wiki/Tag_(metadato), sito consultato il 23/01/2013. 28


Gli “hashtag” sono un tipo di “tag” utilizzato in alcuni social network per creare delle etichette. Sono utilizzati principalmente come strumenti per permettere agli utenti del web di trovare più facilmente un messaggio collegato a un argomento e partecipare alla discussione, ma anche per incoraggiare a partecipare alla discussione su un argomento indicandolo come interessante. I messaggi sui servizi come Twitter, Instagram, Google+, possono essere etichettati con l’uso di uno o più hashtag. Ad esempio: "#stilografica è la mia #penna preferita" oppure "ottimo #concertorockroma questa sera con i #rollingstone".

In

questo

modo

una

persona

può

cercare

il

termine "#stilografica" semplicemente cliccando sull’hashtag e la parola etichettata apparirà nei risultati di ricerca. Gli hashtag possono essere utilizzati anche per inserire post su pagine internet (es. foto di Instagram con hashtag “#milanofiera”).19 Instagram ha introdotto sia gli “hashtag” sia i “tag” nelle foto. Con gli hashtag è possibile prendere la propria foto e categorizzarla per argomento per renderla più facilmente reperibile ad esempio all’interno di una community. Con i “tag” si da la possibilità agli utenti di “taggare” i propri amici (o le persone che li seguono) nelle foto. Questo significa che si può etichettare l’immagine con i nomi degli amici fotografati.

19

Wikipedia.org, http://it.wikipedia.org/wiki/Hashtag, consultato il 23/01/2013. 29


Figura 2.5: Screenshots di hastag e tag

2.4 L’opzione video Instagram ha introdotto l’opzione video nel giugno 2013, tale applicazione permette agli utenti di girare e condividere brevi filmati della durata tra i 3 e i 15 secondi. Anche in questi filmati si possono applicare dei filtri: tredici diversi costruiti appositamente per il video. Questa funzione mantiene la stessa semplicità d’uso della parte fotografica: “quando si va a prendere una foto su Instagram, è possibile ora vedere l'icona della cinepresa. Toccarlo per entrare in modalità video, dove si può prendere fino a quindici secondi di video attraverso la fotocamera Instagram”.20

20

Instagram.com, http://blog.instagram.com/post/53448889009/video-on-instagram, sito

consultato il 24/01/2013. 30


Figura 2.6: iPhoneScreenshots di Instagram video

2.5 Le comunity di Instagram La popolarità di Instagram ha generato intorno a quest’applicazione una diversità di appassionati di fotografia, social media, pubblicitari, ecc, creando delle “community”. Le community organizzano regolarmente contest e grandi raduni nelle città principali di tutto il mondo, Italia compresa. La prima comunità virtuale creata e la più importante a livello mondiale è quella degli Instagramers, creata dallo spagnolo Philippe Gonzales. Una delle community di riferimento per il nostro Paese è Instagramers Italia. Gli utenti di Instagram sono chiamati #instagramers o #IGers dalle iniziali IG di InstaGram.

31


Eseguendo una ricerca su Instagram è possibile trovare la propria comunità locale e partecipare a eventi organizzati spontaneamente dagli utenti. Se si abita a Milano si può cercare all’interno dell’applicazione l’hashtag #igersmilano, se a Roma #igersroma e così per tutte le altre città.21 2.6 Le applicazioni correlate Instagram non è l’unica applicazione che permette di scattare foto e di condividerle, ci sono altre applicazioni come Instaplace e InstaWeather che permettono

di

scattare

foto

e

hanno

le

stesse

caratteristiche

dell’applicazione Instagram. Oltre a queste, possiamo trovare anche la versione web come Webstagram, un sito internet molto simile alla versione web di Instagram, apparso in rete prima della pagina web dell’originale. In rete possiamo trovare altre applicazioni che offrono qualche servizio in più come Postagram, che consente di creare cartoline; Printstagram per creare poster, mini stampe o libri in miniatura; StickyGram per creare magneti per il frigo e, infine, Canvas Pop che trasforma le foto scattate con Instagram in foto stampate in tela canvas, ovvero, quadri decorativi da appendere al muro.22

21

Comunicazionedigitale.wordpress.com, http://comunicazionedigitale.wordpress.com/2013

/07/25/instagram-cose-e-come-funziona/, sito consultato il 22/01/2013. 22

Ibidem. 32


Capitolo III

3

Panoramica attuale: condividere, raccontarsi, essere.

Inizialmente quando sono nate le reti sociali, si parlava di usare i siti di social network. Oggi l’utilizzo si è evoluto e “usare” e “stare” sui social network non ha più linee di confine. Noi possiamo costruire, modificare e (apparentemente) controllare le nostre identità nei vari social. Possiamo essere tutto (o quasi) quello che vogliamo essere e perfino cambiare ogni giorno. Abbiamo ininterrottamente un pubblico e questo pubblico sembra che sia curioso di “notizie” sempre nuove su di noi. Possiamo usare e stare sui social network per condividere la quotidianità, per dire cosa abbiamo mangiato, dove e con chi siamo andati in vacanza, quali scarpe abbiamo comprato, le frasi dell’ultimo libro letto. Quest’atteggiamento porta a un bisogno compulsivo di comunicazione che non sempre corrisponde a una condivisione con “amici”, bensì più volte coincide con una condivisione “pubblica”. Nel preciso momento in cui dobbiamo scegliere tale opzione siamo pervasi da una carica di sentimenti che ci porta a esprimere il nostro vissuto quotidiano con tutti gli utenti. I social network offrono tanti diversi modi per soddisfare questo desiderio di condivisione, informazione e comunicazione con gli altri. Ad esempio, se vogliamo esprimerci con poche parole possiamo usare Twitter; per presentare la nostra carriera professionale, usare Linkedin; per mostrare l’album di fotografie di un viaggio usare Flickr. Questi sono solo alcuni esempi che non tengono conto del social network più popolare, che permette di fare ciascuna di queste cose elencate: Facebook. In questo panorama affollato di reti sociali Instagram si presenta con una naturalità tale da entrare subito a fare parte di questo gruppo di applicazioni che 33


costituiscono un’estensione della nostra “presenza del sé nel mondo digitale”.23 Con Instagram possiamo usare le immagini non solo per raccontare, ma per trasmettere pensieri carichi di emozioni. Noi viviamo ogni giorno momenti con diversi livelli di carica emotiva. Questi, in base al livello emotivo (forte o debole), provocano l’impulso di condividere l’evento accaduto. La condivisione sociale delle immagini che hanno plasmato l’evento vissuto, ci permette di rivivere quell’emozione attraverso la presenza dei nostri amici (seguaci) che si manifesta nei commenti o con l’utilizzo dei “mi piace”. 3.1 Il fenomeno Instagram Selfie Selfie è il termine inglese per indicare in italiano l’autoritratto. L’autoritratto fotografico non è una novità, in quanto è stato utilizzato sin dalla nascita della fotografia. Oggi i nuovi dispositivi tecnologici a nostra disposizione (in particolar modo smartphone e tablet) ci permettono di realizzare in qualsiasi momento scatti fotografici non solo di ciò che vediamo ma, grazie all’ottica direzionale di cui sono attrezzati, di fare inquadrature da ambo i lati. Diventa così molto più immediato realizzare autoscatti fotografici. Le diverse applicazioni che operano con queste due funzioni (fotocamera e social network) hanno contribuito alla diffusione di questa pratica fotografica.

23

Alberto Marinelli, Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, Milano, Guerini, 2004,

p.225. Sottolinea la separazione della corporeità: da un lato il controllo della presenza del sé nel mondo digitale e dall’altro l’affidamento della costruzione della propria identità a un sistema intangibile. 34


L’Oxford Dictionaries ha scelto nel 2013 la parola Selfie come parola dell’anno e stata inserita ufficialmente nel vocabolario inglese come: “una fotografia che una persona ha fatto di se stessa, normalmente con uno smartphone o una webcam, e poi ha pubblicato su uno dei social media”24. Le Selfies sono nate come strumento di comunicazione da parte di personaggi famosi. Un mezzo per tenere informati i propri fans, in quanto, l’immagine di un personaggio pubblico acquisisce una sorta di potere dal momento in cui si mostra in un ambiente privato che rende pubblico tramite la condivisione sui social. Diversamente da una selfie di una celebrities che è “potente” perché rappresenta un momento (apparentemente) personale, la selfie di una persona non famosa si possono trasformare in una possibilità per mostrare un lato diverso più interessante o più bello della propria persona. Le espressioni più comunemente usate vanno da quelle classiche, con il sorriso, a quelle accattivanti scattate per divertire e sedurre. Instagram è l’applicazione preferita per fare le proprie selfies. L’aumento costante degli autoscatti fotografici pubblicati in rete e, principalmente condivisi nei siti di social network, ha provocato un interesse riguardo al Selfie Syndrome25 considerato come un disordine della personalità e associato al narcisismo, che si svilupperebbe nelle persone preoccupate della propria immagine nel mondo digitale. Tuttavia bisognerebbe tenere presente la differenza tra l’autoritratto e la “pulsione autobiografica”: la prima intesa come una riproduzione della propria 24

Oxforddictionaries.com, http://www.oxforddictionaries.com/definition/english/selfie?q=selfies,

sito consultato il 01/02/2014. “A photograph that one has taken of oneself, typically one taken with a smartphone or webcam and uploaded to a social media website: occasional selfies are acceptable, but posting a new picture of your self everyday isn’t necessary”. 25

Bestcomputerscienceschools.net, http://www.bestcomputerscienceschools.net/selfies/, sito

consultato il 31/01/2014. 35


immagine e la seconda che, anche se parte della stessa origine, rappresenta il bisogno assoluto di lasciare una traccia della propria esistenza.26 3.2 Popolarità degli utenti in base ai “mi piace” Gli utenti di Instagram hanno la possibilità di vedere come le proprie fotografie vengono apprezzate dalla intera comunità globale. Tramite il tasto a forma di cuore si può dare un voto positivo il cosiddetto “mi piace”, già utilizzato da altri social network e per questo motivo facilmente intuibile. Le foto che ricevono molti “mi piace” scaturiscono il desiderio di “conoscere” l’autore delle immagine pubblicate, creando di conseguenza anche una sorta di popolarità all’interno della comunity perché verrà seguito da tanti followers. 3.3 I “commenti” Anche i commenti, che sono inseriti dagli altri utenti, servono come valutazione o giudizio delle foto condivise. Un commento negativo può provocare un dibattito sulla foto scattata o viceversa uno scambio d’informazione dello scatto realizzato. Molti utenti utilizzano questo spazio dedicato ai commenti per riportare, oltre a quello che già la foto potrebbe raccontare, informazione di tipo giornalistico. Quest’utilizzo in Instagram ha permesso infatti a molti giornalisti di utilizzare l’applicazione come un medium per trasmettere i loro reportage.

26

Stefano Ferrari, Lo specchio dell’Io. Autoritratto e psicologia, Roma-Bari, Laterza, 2008, p.18. 36


PARTE II

Capitolo IV

4

Psicologia del ritratto nelle Selfies.

Quando

parliamo

di

ritratto,

pensiamo

immediatamente

a

una

rappresentazione visiva che l’uomo fa di se stesso. Il termine viene utilizzato in questo senso come funzione identitaria. Ciò accade perché la predisposizione alla raffigurazione è insita nell’uomo e forma parte della sua struttura psichica e cognitiva. Lo conferma il fatto che sin da piccoli cerchiamo di rappresentare in forma visiva, attraverso il disegno, i nostri processi mentali.27 Rappresentare se stessi implica una percezione del proprio volto che va oltre la semplice conoscenza dei tratti somatici, e che include anche quegli aspetti interiori che sono visibili quando nel volto sono presenti smorfie, gioia, malinconia, paure ecc. Tuttavia non sempre l’immagine mentale che si ha di sé corrisponde all’immagine che il ritratto rappresenta. Il rapporto dell’uomo con la propria immagine è un processo nel quale rientra il “problema dell’identificazione con il proprio ritratto”.28 L’esperienza del ritratto, oltre alla funzione pratica che può avere nell’uso identificativo di un individuo, è un processo che vede nella persona che si fa ritrarre due importanti motivazioni: da una parte il “bisogno di lasciare 27

Stefano Ferrari, La psicologia del ritratto nell’arte e nella letteratura, Roma-Bari, Laterza,

1998, p. 6 28

S. Ferrari, “Lo specchio dell’Io. Autoritratto e psicologia”, cit., pp. 50 e 51. Nel complicato

rapporto dell’uomo con la propria immagine, possiamo indicare tre momenti: prima, durante e dopo. “Prima”, in questo momento la persona sente la necessità di ritrarsi o farsi ritrarre, quindi in questa fase ha già un’idea, un modello a cui il ritratto dovrà corrispondere. “Durante”, la persona vorrà adeguare l’immagine mentale che ha creato prima. “Dopo”, ovvero il rapporto con il ritratto finito, dove l’elemento “sorpresa” può portare ha una negazione o accettazione del ritratto. 37


una traccia, una testimonianza di sé”29; dall’altra il rifiuto alla morte, perché nel ritratto si continua a vivere attraverso gli occhi di chi ci osserva. Il ritratto non è solo la rappresentazione di un volto o un busto di una persona. In esso sono meccanismi di proiezione che possono servire come sistema identificativo nel ritratto di una persona, nella misura in cui la persona ritratta s’identifica: un oggetto o un insieme di oggetti, una situazione, un luogo, un’animale, ma anche un dettaglio corporeo. Lo stesso principio è applicabile anche per l’autoritratto, laddove la necessità di lasciare una testimonianza di sé può essere espressa attraverso diversi modi e può avere valenze psicologiche diverse. L’autore di un autoritratto può decidere di rappresentarsi attraverso la propria immagine o un simbolo quest’ultimo può appartenere, o meno, al suo privato in modo conscio o inconscio. Ciò significa che un autoritratto non potrà essere sempre una copia uguale delle sembianze dell’autore, ma al contrario, in molti casi diviene una dichiarazione pubblica della sua rivendicazione identitaria. Il selfie, come accennato in precedenza, è un autoritratto fotografico e non rispetta questo principio perché l’autore deve comparire obbligatoriamente nell’immagine. A differenza di un ritratto, i meccanismi utilizzati per realizzare l’autoscatto (utilizzando lo smartphone) provocano una serie di effetti a causa delle inquadrature ravvicinate, come la deformazione del viso e l’allungamento del braccio (con cui si scatta la foto) di solito visibile negli scatti.

29

S. Ferrari, “La psicologia del ritratto nell’arte e nella letteratura”, cit., p. 106 38


L’autore di un selfie non potrà conferire la sua riproduzione grafica se non a se stesso, producendo una sequenza infinita degli stessi volti, alla ricerca di una rappresentazione di se stesso che corrisponda al modello mentale creato nel suo inconscio. Nel meccanismo dei social l’accettazione dell’immagine di sé avviene secondo una duplice approvazione. In un primo momento l’autore, dopo vari tentativi, si riconosce in un’immagine che gli piace e si pubblica; in un secondo momento, questo riconoscimento viene confermato da amici e, nello specifico caso di Instagram, anche da followers. Prima di definire questa pratica come un sintomo patologico d’implicazione narcisistica, occorre tenere in considerazione il mezzo utilizzato per praticarlo. La tecnologia, dalla nascita della fotografia sino alle sue più recenti applicazioni sui social media ha permesso che molte attività (un tempo riservate solo a pochi eletti appartenenti a categorie sociali ben definite) siano oggi accessibili a tutti. Ciò ha portato a quello che potremmo definire una democratizzazione della pratica dell’autoritratto. La storia dell’arte racconta come alcuni pittori e fotografi fossero considerati narcisisti, anche se non si sono trovati documenti che parlano di tali patologie collegate alla personalità di questi artisti. Più facilmente rispetto a un decennio fa, possedere una macchina fotografica all’interno di un cellulare può portare all’impulso di fotografarsi. Più che un problema di narcisismo potrebbe considerassi una questione di disponibilità tecnologica dovuta sia all’insieme di tecnologie oggi sempre più raffinate e a portata di mano tramite i dispositivi mobili, sia a una lunga la lista di social network. A differenza dell’autoritratto, il selfie non è soltanto finalizzato verso se stessi, dal momento che lo consideriamo come una pratica sociale, esso è, 39


di fatto, rivolto gli altri. L’utilizzo in questo caso non è più privato, ma diviene pubblico. Il motivo principale di un autoscatto, prodotto per mezzo di uno smartphone e pubblicato su social come Instagram, è quello di essere condiviso. I selfie “vivono” in rete e sono fatti per essere trasmessi in modo globale. Instagram, come il resto dei social media, rappresenta un mezzo potente che, messo a disposizione di ogni persona, permette una auto promozione (come nel caso della politica e dello spettacolo) di cui si può essere consapevoli e monitorare il risultato. In Instagram l’autore di un selfie, attraverso il proprio profilo, ha senza dubbio il controllo totale della diffusione della propria immagine.

40


Da un’osservazione fatta attraverso la consultazione di molti profili aperti e l’utilizzo del hastag#selfies, emerge come l’estetica negli scatti di molti selfies abbia tratti in comune. Essi riguardano principalmente le espressioni facciali.

Figura 4.1: Screenshot di un utente con profilo aperto

41


4.1 Il Self (ie) frammentato Nelle scienze umane e sociali la nozione d’identità è associata al concetto di rappresentazione di sé all’interno di un contesto sociale. Erving Goffman illustra questo concetto utilizzando un modello drammaturgico: l’individuo si forma (si costruisce) in un ambiente sociale dove ci sono attori che recitano una scena.30 Questa interpretazione della realtà non deve essere considerata da un punto di vista superficiale (la recitazione teatrale). La drammaturgia di Goffman è incentrata su una prospettiva costruzionista dove i singoli individui che formano parte di una società costruiscono sé stessi (una immagine di sé) durante la loro messa in scena mentre improvvisano o recitano le parti di una partitura.31 Queste rappresentazioni/costruzioni, giacché accadono in contesti sociali specifici, acquisiscono un tale valore da dar luogo a forme di identità locali. L’identità non è qualcosa di organico, tangibile o immutabile che dura nel tempo. Essa si evolve continuamente in forma continua o discontinua nelle diverse situazioni della quotidianità. Quindi il self non è collegato alla persona, ma nasce da un determinato contesto sociale. Ciò significa che per conoscere

l’individuo

bisogna

iniziare

a

ricercare

dall’esterno

(dell’individuo) verso l’interno. Tuttavia il self è importante per dare significato a tutte le attività quotidiane in una società, in modo da avere una base su cui poter organizzarle. La realtà è che siamo obbligati a mostrare un self (come se ci mettessimo una maschera) irreale, qualcosa che non abbiamo, poiché la società in cui 30

Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, trad. it. Bologna, Il Mulino, 2009,

pp. 29 – 42. 31

Ibidem. 42


viviamo – come sostiene Goffman – ci costringe a farlo: “la cultura ci impone quale tipo di entità dobbiamo credere per avere qualcosa da mostrare in questo mondo”. 32 Potremmo pensare che forse dietro tutte queste “maschere” indossate dall’individuo ce ne sia in realtà una sola che rappresenta l’unica vera identità in grado di gestire le altre. Eppure come spiega Goffman, dietro ciascuna di esse non c’è nulla, soltanto la complessa differenziazione che crea la società quando fornisce i diversi ruoli che a sua volta rendono possibile tutte queste molteplicità del self. In questo discorso possiamo collegare quello della ricerca della propria identità (in modo conscio o inconscio) e, considerando che l’identità si modifica in base ai contesti sociali, anche il caso delle “identità on-line”. In quest’ultimo contesto le trasformazioni hanno un livello maggiore di intenzionalità rispetto a quelle che si potrebbero presentare in modo del tutto naturale nella realtà. L’individuo può assumere una precisa identità in rete, essendone più consapevole degli effetti e delle conseguenze nella vita reale, permettendole di poter ricercare (o sperimentare) la propria identità. Il tema dell’identità viene esposto da Gabriella Pravettoni in modo non molto dissimile da quello di Goffman. Nel suo testo dal titolo Web Psicology, note sull’identità on-line, 33 la Pravettoni considera l’esistenza di un’unica identità primaria nell’individuo sin dalla nascita: “ogni persona è unica e materializzata in unico corpo”.34 Questa “vera” e unica identità, che vive nel mondo reale, legata a un corpo fisico è “fortemente sanzionata

32

Erving Goffman, Frame Analysis, Harper and Row, New York, 1974, pp. 573 – 74.

33

Gabriella Pravettoni, Web Psychology; prefazione di Luca Console, Milano, Guerini, 2002.

34

Ivi, p. 53. 43


dalla struttura sociale”35. Tale riconoscimento soddisferebbe i bisogni che hanno le persone di sicurezza e stabilità. Se nella vita “off-line” si presentassero diverse identità in un unico corpo, l’unicità di questa identità socialmente costruita smetterebbe di esistere e causerebbe instabilità nell’insieme del corpo sociale. Quando questo accade, la persona (che manifesta questa frammentazione) viene considerata come disturbata. Nella vita “on-line” queste considerazione si rendono poco applicabili, perché l’identità multipla non solo è possibile ma è anche ampiamente utilizzata. Ciò rappresenta sicuramente l’unico modo possibile per presentarsi nel mondo digitale. Se paragoniamo per un instante il lavoro mentale degli scrittori o sceneggiatori quando scrivono le loro storie a quello che si può fare in rete quando si inizia a fantasticare, trovare del patologico di certo sarebbe veramente difficile. Nessuno ha mai considerato il metodo espressivo di chi scrive i propri racconti come uno che soffre d’identità multipla. Oggi, nell’epoca delle apps (c’è un’applicazione per tutto), siamo circondati da molteplici software (e numerosi mezzi tecnologici che li supportano) che non solo rendono quanto mai semplice e praticabile la simulazione di numerose identità, ma garantiscono la protezione della nostra “vera” identità (o anche nascondono l’identità assegnata dalla società). L’identità multipla è sempre più praticata in internet, il motivo fondamentale è che questo luogo virtuale si presenta come una specie di 35

Ibidem. 44


zona franca dove aumenta la disinibizione. In rete possiamo cambiare a nostro piacimento: età, aspetto fisico, sociale, genere, ecc. Ogni volta che decidiamo di creare un profilo su qualche social network siamo di fronte a una scelta: profilo reale (vero) o profilo inventato (falso)? A prescindere da quale tipo di profilo (vero o falso) si decida di scegliere, l’identità o le diverse identità potranno emergere dal proprio individuo a causa della natura stessa della rete. Il sistema sociale assegna agli individui diversi ruoli.36 Così come nella vita reale ci moltiplichiamo in diversi ruoli (figlia, sposa, madre) spesso sovrapposti tra loro, in ugual modo in rete una persona può mostrare solo alcune parti dei molteplici ruoli da lui in personificati. Questo è possibile grazie al fatto che in rete esistono diverse comunità e, in base alle proprie caratteristiche o interesse, si può partecipare ad esse presentando solo una parte di sé. Essere in rete utilizzando le diverse identità potrebbe aiutare a gestire la molteplicità del sé. Qui l’individuo può focalizzare alcuni aspetti del proprio sé, magari quelli che non sono possibili nel mondo reale, oppure quelli che sono difficile da esprimere in determinati ambienti sociali in cui è inserito. Un aspetto potrebbe essere la ricerca del proprio orientamento sessuale come imparare ad accettare un’identità omossessuale o bisessuale. In rete – inoltre – è possibile sperimentare ed elaborare i propri dubbi aderendo alle diverse comunità o gruppi di discussione on-line. In esse si ha

36

Ivi, p. 57. Riguardo al concetto di ruolo, la Pravettoni indica che “è strettamente legato all’idea

d’identità”, e che riuscire a cambiare ruolo o interpretare altri ruoli in rete aiuterebbe ad avere una più ampia conoscenza, utilizzabile anche nella vita reale. Un modo per arricchire la propria personalità. 45


la possibilità di ottenere una visione paradossalmente più realistica di quanto non si possa avere nella vita reale. Abbiamo dunque visto come il legame tra identità e società è indispensabile per riflettere sul sé. Tuttavia ci sono altre considerazione importanti che si devono fare, come la lettura psicoanalitica del sé e dell’identità personale un tema che vede negli sforzi, nei desideri e nelle azioni degli individui, modi contrassegnati dalla scissione del sé, trovandosi divisi in una parte della mente che è razionale e riflessiva e in un’altra inconscia (raramente consapevole). La figura chiamata in causa è Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, e con lui la sua teoria di un sé decentrato e frammentato dal desiderio rimosso – e quindi come già accennato – di un sé diviso tra pensiero conscio e inconscio (desideri, fantasie e ricordi). Queste teorie psicoanalitiche del sé ribaltano il comune modo di percepire i ragionamenti umani e portano alla luce il vissuto emotivo della perdita, del desiderio e del lutto. Nella teoria freudiana il sé combatte una battaglia con se stesso, affronta la parte irrazionale. Il contesto storico dove Freud presenta le sue teorie è una Vienna del fin de XX siécle che vive immersa tra regole e principi di “autocontrollo” e “automoderazione” contribuendo nella repressione dei desideri degli individui: desideri che una volta rimossi provocavano tensioni nella vita quotidiana e nei rapporti tra i sessi. La rimozione di una parte dell’inconscio è proprio quella parte formata da un insieme di fantasie, pulsioni, impulsi che non dovevano formare parte del pensiero dell’individuo e che quindi quest’ultimo doveva dimenticare, come una

46


forma di auto protezione, poiché quando tali desideri si scontravano con le “regole” della realtà, causavano sentimenti problematici nell’individuo. Per Freud la rimozione non è mai totale e il desiderio del piacere è così forte quanto il desiderio di dimenticare. Questo conflitto è attestabile nei sogni, nei lapsus, nelle modifiche delle cose memorizzate. Tuttavia nell’inconscio, dove si ambisce sempre al piacere, convivono desideri contrastanti – come ad esempio – amare e odiare contemporaneamente la stessa persona. Il sé è un’identità divisa, scissa e ambivalente. Freud, nei suoi scritti, dà importanza al legame tra la teoria psicoanalitica e i processi sociali e culturali. Tale concezione, che riguarda in particolare lo sviluppo culturale, è stata utilizzata per l’analisi dell’organizzazione sociale in merito allo sviluppo della personalità nei individui. Nel suo libro “Totem e tabu”, 37 il concetto di civiltà viene esposto come un legame tra il progresso culturale (ordine) e la rinuncia di una parte del sé (rimozione di desideri). Questo tema viene ampiamente trattato anche nel suo saggio “il disagio della civiltà”,38 dove l’autore dimostra che a un livello elevato di organizzazione sociale ci si aspetterà un livello elevato di rimozione di desideri. L’opera freudiana è stata analizzata e accostata alla teoria sociale da Wilhelm Reich ed Herbert Marcuse. Reich nella sua ricerca per capire la complessità dei rapporti tra il sé e le società, analizza il problema che c’è alla base dell’estremismo di destra (corrente politica), la nevrosi 37

Freud Sigmund, Totem e tabù. Psicologia delle masse e analisi dell’Io, trad. it. Torino,

Boringhieri, 1969. 38

Freud Sigmund, Il disagio della civilta e altri saggi, Torino, trad. it. Boringhieri, 1971.

47


nell’individuo e l’influenza psicologica della politica sul sé. Secondo Reich il fascismo inizia soprattutto a livello mentale, in quanto sia l’oppressione politica che quella sessuale vengono eseguite da forze inconsce.39 Nel caso di Marcuse, la sua teoria teneva in considerazione che la repressione psicologica e politica era fondamentalmente collegata con il sé dell’individuo. Le convinzioni di Marcuse riguardavano al fatto che nella psicologia freudiana si potesse trovare la soluzione per liberare il caos interno dell’individuo.40 Queste teorie sociali d’illuminazioni freudiane sviluppate da Reich e Marcuse aiutarono ha divulgare le idee della psicoanalisi, contenute nella teoria di Freud, a un pubblico numeroso che tra gli anni sessanta e settanta del Novecento era interessato a rivendicare la liberazione sessuale. Oggi la situazione è cambiata. Le teorie freudiane per quanto riguarda la repressione sessuale, appaiono semplicemente fuorvianti. Viviamo in un’epoca dove la sperimentazione, sia nell’ambito personale che sessuale

39

Wilhelm Reich, Psicologia di massa del fascismo, trad. it. Torino, Einaudi, 2002. Titolo

originale dell’opera: Die Massenpsychologie des Faschismus, questo libro fu scritto nel 1933 ma censurato dai nazisti, l’autore sostiene che il fascismo, invece di essere considerato come una caratteristica specifica di alcune nazionalità, o l'imposizione da parte di una corrente politica su un popolo innocente, è piuttosto la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio, che da migliaia di anni vede repressi i suoi impulsi primari. Wilhelm Reich, psichiatra, nato in Galizia nel 1897 e morto in Pennsylvania nel 1957; fu un allievo di Freud e sostenitore delle teorie psicoanalitiche freudiane. Le ricerche di Reich lo portarono a cercare una sintesi tra psicoanalisi e marxismo. Queste ricerche posteriormente furono riprese dal filosofo Herbert Marcuse. 40

Herbert Marcuse, Eros e civiltà, trad. it. Torino, Einaudi, 2001. In questa opera, scritta nel 1955

il filosofo tedesco partendo dalle premesse freudiane e considerando l’esperienza marxista, sviluppa l’idea di una “società libera”.

48


non ha limiti, provocando di conseguenza una frammentazione del sé e una spaccatura dell’organizzazione sociale. Parlare del sé in termini di frammenti, dove è necessario un processo di reframmentazione o auto creazione, significa che dobbiamo osservare l’individuo da un punto di vista dal tutto contemporaneo, dove le condizioni sociali sono dominate dal capitalismo e lo stile di vita è improntato al consumo. La vita quotidiana è stata modificata in breve tempo dalla diffusione e l’utilizzo di nuove tecnologie che hanno cambiando le abitudini e il modo d’intendere i processi di comunicazione. Il modo in cui gli individui utilizzano le nuove tecnologie, in particolare internet, viene analizzato nel libro La vita sullo schermo. 41 L’autricce Sherry Turkle esamina il sé all’interno delle chat rom di internet e dei siti di realtà virtuale. Turkle, nel suo libro, mostra come gli individui utilizzano internet per sperimentare nuove personalità o idee di sé, inventando, esplorando, costruendo e ricostruendo le proprie identità. Secondo l’autrice le nuove tecnologie della comunicazione possono essere liberatorie per il sé. In virtù di ciò non ne esiste una rappresentazione del sé sia più vera o più vicina alla realtà rispetto a un’altra, ma è il fatto stesso di potere acquisire identità diverse a risultare essere liberatorio. Questi recenti concetti postmoderni del sé ci mostrano che da un lato la cultura globale ridisegna il sé in modo inquietante: da un lato aiuta a comprendere la ricomposizione del sé nella nostra epoca contemporanea sotto condizioni culturali dissolte, dall’altro si percepisce un desiderio di elevare le potenzialità dell’identità postmoderna con le possibilità liberatorie del sé, l’identità del sé e la soggettività. Tuttavia possiamo 41

Sherry Turkle, La vita sullo schermo, trad. it. Milano, Apogeo, 1997 49


valutare in modo differente il sé postmoderno se consideriamo la cultura contemporanea da una prospettiva del tutto diverso, ovvero in termini di ambiguità e flusso. Questa visione ci permette di riconoscere che il sé è già ricco di una pluralità d’immagini e rappresentazioni, poiché costruito attraverso i processi sociali, culturali e politici contemporanei. La cultura contemporanea, comunque non è completamente uniforme e il cambiamento sociale e le insicurezze incoraggiate del multiculturalismo, ma anche della globalizzazione provocano cambiamenti emotivi negli individui. Questo appare più evidente nelle grandi città occidentali, dove il “nuovo individualismo”,42 emerge particolarmente. Il nuovo individualismo consiste nella realizzazione delle proprie doti, talenti e potenzialità dell’individuo, ma anche nella reinvenzione del sé. Le trasformazioni sociali, che vanno dal consumismo compulsivo alla vita stressante lavorativa, hanno fatto sparire il concetto di un perdurante senso del sé per un nuovo concetto di “auto-reinvenzione istantanea”.43 È palese vedere oggi come le persone cercano di reinventarsi nell’aspetto fisico (con tutte le diverse tipologie di chirurgie, disponibili in versioni 24 ore), nella sfera personale (la casa, l’automobile, ecc.), sessuale, lavorativa e sociale. In misura maggiore rispetto al passato il desiderio di avere una gratificazione in modo cosi veloce appare di stretta normalità e internet rappresenta il modo istantaneo più adeguato. Come accennato, in rete, tramite la nostra immagine, possiamo mostrare il self(ie) che desideriamo. Reinventarsi attraverso le diverse identità che si 42

Anthony Elliott e Charles Lemert, Il nuovo individualismo. I costi emozionali della

globalizzazione, trad. it. Torino, Einaudi, 2007. 43

Ibidem. 50


possono creare in rete, facilitati dai social network, diviene un modo istantaneo (e a portata di click) attraverso il quale la nostra immagine può essere trasformata (per mezzo di una inquadratura), creata (per mezzo di un scatto), e modificata (per mezzo di un filtro) a proprio piacimento. Il self(ie) frammentato diventa un self deframmentato che passa attraverso un processo di costruzione o decostruzione all’interno della propria vita emotiva e del rapporto con il sé. 4.2 “Il sé è il messaggio e il selfie è il medium” Come accennato nei paragrafi precedenti, il selfie è un autoritratto prodotto per mezzo di un dispositivo mobile (smartphone) per poi essere condiviso nei social network. Quindi una caratteristica del selfie è quella di pubblicare un’immagine con la possibilità – senza dover scrivere una parola – di poter trasmettere o descrivere esattamente quello che la propria persona vuole comunicare. Ricordiamo che un selfie “fotografa” sempre la propria immagine e che qualche volta si può intravedere lo sfondo, ovvero ciò che ci sta attorno. Il punto centrale è la persona ritratta: il self(ie) è al centro dell’inquadratura, un modo per fare vedere cosa si fa in quel momento dello scatto, ma che inizia dalla stessa persona che racconta o desidera raccontare le emozioni che vive in quel preciso istante. Le possibilità di comunicare le proprie emozioni con un selfie sono diverse e variano da un’inquadratura con una persona amata, fino a un’inquadratura con una persona sconosciuta ma ammirata in quanto appartenente al mondo dello spettacolo. È possibile anche raccontare il proprio stato d’animo inquadrando solo il proprio volto o soltanto una parte di noi stessi.

51


Più spesso però i selfie che vengono pubblicati e condivisi sono semplicemente un continuo susseguirsi di immagini che immortalano il volto delle persone in innumerevoli pose o nei luoghi del quotidiano (principalmente nel proprio letto, nel bagno di fronte allo specchio, in macchina, ecc.). Il cosiddetto selfie considerato come autoritratto digitale diventa il mezzo per presentare la propria immagine legata a un’identità; ma non la semplice immagine di una persona, poiché l’infinità di autoscatti pubblicati diventano una continua riscrittura di un sé che viene modificato e costruito attraverso questo mezzo. Parafrasando la celebre frase di Marshall McLuhan ("il medium è il messaggio" 44 ) il vero messaggio che ogni medium trasmette è quello costituito dalla natura del medium stesso. Il fenomeno del selfie si è trasformato in così poco tempo nel mezzo più idoneo per trasmettere il messaggio che è il sé stesso: “il sé è il messaggio e il selfie è il medium”. 4.3 Trend globale o una sintomatologia? Nel terzo capitolo abbiamo visto come benché gli autoscatti digitali condivisi in rete non siano una novità, essi siano sempre in continuo aumento. Questa pratica è diventata talmente popolare da diventare un fenomeno che vive e cresce sul web. Solo in Instagram sono 81.297.575 i post pubblicati con l’hashtag #selfie e 201.776.273 i post con l’hashtag #me. 45

44

Marshall McLuhan, Gli strumenti del Comunicare, trad. it. Milano, Il saggiatore, 1995

45

Dati consultati il 27/02/2014 sull’applicazione Instagram. 52


Figura 4.2: Fotografia di un iPhone con l’applicazione Instagram Forse anche per questo motivo il termine selfie è stato scelto come parola dell’anno 2013 dall’Oxford Dictionaries e quotidiani nazionali e internazionali hanno dedicato numerosi articoli a questa pratica. Il giornale la Repubblica on-line ha inserito nella sezione “attualità” un articolo dal titolo: “Selfie: benvenuti nell'era dell'autoscatto”. I sottotitoli da sfondo (come “chi sono le celebrities più compulsive? Come scattare selfie da manuale? Sapevate che al MoMa sono diventati una forma di arte?”)46 hanno reso quest’articolo una pagina condivisa da 28 Tweet e 15 Pinterest e consigliata da 307 utenti Facebook.

46

Repubblica.it, http://d.repubblica.it/attualita/2013/11/14/news/a_selfie_ritratti_autoscatto-

1887248/?ref=HREC1-40 sito consultato il 20/02/2014. 53


Il Corriere della Sera on-line nella sezione “spettacoli” ha pubblicato un servizio dal titolo: “I 15 selfies (ri)trovati di Vivian Maier”47 in cui si evidenzia una mostra tenutasi a New York nella Howard Greenberg Gallery, 48 con protagonista una fotografa sconosciuta che “oggi è paragonata dai critici a Diane Arbus e Dorothea Lange”.49 Il New York Times on-line, U.S. Edition, nella rubrica “Arts” ha pubblicato un articolo, scritto da James Franco (attore, registra e scrittore), intitolato “The Meanings of the Selfie”50 (I significati del selfie). In quest’articolo il “selfie king” Franco riassume il significato che lui stesso attribuisce al selfie: “il selfie è il nuovo modo di guardare qualcuno negli occhi e dire: Ciao, questo sono io”.51 L’Huffington Post on-line, U.S. Edition, dedica una infografica 52 alla pratica dell’autoscatto digitale dal titolo: “A Brief History Of The Selfie”53 (Una breve storia della selfie), con dati inseriti dal 2009 al 2013 e nella quale si riserva una particolare attenzione alle persone del mondo dello spettacolo.

47

Corriere.it, http://www.corriere.it/foto-gallery/spettacoli/13_dicembre_18/i-selfies-vivian-maier-

af29d824-67b0-11e3-963a-2749949921b5.shtml#2, sito consultato il 24/02/2014. 48

Vivianmaier.com,

http://www.vivianmaier.com/exhibitions-events/,

sito

consultato

il

25/02/2014. La mostra dal titolo Vivian Maier Self-Portrait è stata presentata dal 08/11/2013 al 04/01/2014 nella Howard Greenberg Gallery, New York NY, United States. 49

Ibidem.

50

Nytimes.com, http://www.nytimes.com/2013/12/29/arts/the-meanings-of-the-selfie.html?_r=0,

sito consultato il 25/02/2014. 51

Ibidem.

52

Infografica (information + graphic) significa semplificare con immagini, testi e diagrammi una

determinata informazione o concetti. 53

Huffingtonpost.com, http://www.huffingtonpost.com/2013/10/15/selfie-history-infographic_n_

4101645.html?1381867676, sito consultato il 25/02/2014. 54


Interessante

notare

come

dal

momento

della

pubblicazione

di

quest’articolo, il 15 ottobre 2013, i post con l’hashtag #selfie erano di 34.924.648 mentre oggi gli stessi post sono aumentati arrivando ad essere – come accennato – più di 80 milioni.

Figura 4.3: Screenshots di selfies in rete ARTnews, nella versione on-line U.S. Edition, pubblica nella sezione notizie i “12 Trends Defining This Season’s Art-Museum Shows” (12 definizioni di tendenza di questa stagione Arte-Museo Spettacoli) le “Installazioni immersive: Art Selfie Time” che saranno in programma nel 2014 in luoghi specifici.54 Questi sono solo alcuni esempi della quantità di articoli che possiamo trovare pubblicati in rete (riprodotti anche in versione cartacea) che parlano del fenomeno selfie e che ci dimostrano quanto stiamo vivendo in una era in cui l’autoritratto è realizzato con smartphone e webcam. Il selfie è diventato 54

Artnews.com, http://www.artnews.com/2014/01/09/12-trends-defining-2014-art-museum-

shows/, sito consultato il 25/02/2014. 55


una pratica diffusa trasversalmente e globalmente ed eseguita da tutti, dalle persone appartenenti al mondo dello spettacolo fino all’anonimo adolescente. Le selfies raffigurano la volontà di inserire se stessi nel racconto, di dare un volto alle storie, di costruire e governare la propria immagine e, con essa, la percezione della propria personalità. Non è più soltanto un discorso che riguarda l’aspetto fisico o la scelta di mostrarsi; va oltre, in quanto più spesso è parte di una nuova attitudine del personal storytelling. Non è un caso che le selfie siano un tipo di scatto che raccoglie il maggior numero di like (“mi piace”) e commenti: il nostro cervello infatti è programmato per reagire alla vista di un volto umano, una delle interfacce più antiche di comunicazione. Questa esplosione virale del genere dell’autoritratto ha interessato l’immaginazione e la curiosità degli artisti. Una pratica che ha iniziato a espandersi – come segnalato dalla rivista ARTnew – anche nella sfera artistica. Sono, infatti, numerosi i tentativi di rielaborare questo tema, sia riallacciandosi in chiave moderna al genere storico, sia approcciando i nuovi linguaggi formulati negli ultimi anni di sviluppo tecnologico globale. Di particolare interesse è stata la mostra “National Portrait Gallery # Selfie” 55 tenutasi alla Moving Image Contemporary Art Fair di Londra (la fiera d’arte di Londra specializzata in videoarte) nel ottobre 2013. Questo progetto è uno dei primi ad esaminare criticamente questo fenomeno di espressione digitale all'interno di un contesto artistico in una galleria d’arte. L’installazione disposta su due schermi mostrava una serie di clip 55

Moving-image.info, http://www.moving-image.info/national-selfie-portrait-gallery/, sito

consultato il 25/02/2014. 56


filmati costituiti da selfies in rotazione di breve durata (molto simili al video che si può fare con Instagram), realizzati da 19 artisti internazionali.56 Il connubio fra arte e selfie è al centro dell’open call (terminatosi il 14 gennaio 2014) ideata e pubblicata dall’artista Patrick Lichty dal titolo “Selfies and the New Photography.50 Artists/50 Selfies”.57 Il progetto sarà costituito da 50 artisti internazionali che daranno una interpretazione del loro selfie. Lichty dichiara che l’autoscatto digitale “a causa della sua ubiquità nella cultura dei media […] plasma la rappresentazione del volto pubblico, come flusso multimediale”.58 Il selfie è stato protagonista anche alle Olimpiadi Invernali Sochi 2014. Il giorno

dell’inaugurazione

è

stata

presentata

un’installazione

tridimensionale interattiva che trasformava gli autoscatti dei visitatori in giganteschi profili 3D. Asif Khan, l’autore di questo progetto dal nome “Mega Faces”, spiega che l’idea di base parte dall’osservazione di come le nuove tecnologie abbiamo trasformato il nostro modo di comunicare le emozioni.59 Khan si è ispirato a selfies, emoticons, Facebook e FaceTime per esprimere i sentimenti e gli stati d’animo, utilizzando l’architettura e la scultura su una piattaforma digitale.

56

Ibidem.

57

Culturelab, http://culturelab.asc.upenn.edu/2013/10/24/call-for-workessays-selfies-and-the-new-

photography/, sito consultato il 25/02/2014. 58

Ibidem.

59

Asif-khan.com, http://www.asif-khan.com/project/sochi-winter-olympics-2014/, sito consultato

il 25/02/2014. 57


Figura 4.5: MegaFon Sochi Winter Olympics, esterno del padiglione.

Figura 4.6: MegaFon Sochi Winter Olympics, esterno del padiglione vista ad angolo. 58


Figura 4.7: MegaFon Sochi Winter Olympics, dettaglio.

59


5

Conclusioni

Ognuno di noi almeno una volta nella vita si è scattato un autoritratto. Come accennato, tale pratica era fino a qualche tempo fa considerata un’opera d’arte fatta di colori a olio o acquerelli ed erano i grandi protagonisti della storia a farsi immortalare in ritratti che avrebbero favorito la nascita di vere e proprie icone artistiche. Da qualche anno gli acquerelli e i colori a olio sono stati sostituiti da oggetti tecnologici che hanno trasformato l’autoritratto in un autoscatto digitale alla portata di tutti. L’autoscatto digitale nel giro di pochi anni ha acquisito un proprio termine specifico (selfie), diventando una pratica comune. Adolescenti e persone del mondo dello spettacolo sono attratte dal fascino di foto istantanee nelle quali si mostrano spontanei, divertiti o dove mettono in mostra una sorta di sensualità (con espressioni ammiccanti e sorrisi complici da condividere con il popolo della rete). Con l’utilizzo di Instagram e altre applicazioni per social network (che possono rendere artistica, attraverso l’utilizzo di modifiche, qualunque soggetto), sono tante le persone che praticano i selfies: da Obama a Justin Bieber, da Rihanna a Papa Francesco, dalla casalinga al culturista. È oramai un dato di fatto che il mondo virtuale abbia cambiato notevolmente le nostre abitudini quotidiane, le relazioni interpersonali e il modo stesso di comunicare. Nel caso del selfie in base alle considerazioni psicoanalitiche e sociologiche possiamo osservare come l’individuo prova, nella fugacità di un istante concessa dall’autoscatto, di catturare il proprio sé che potremmo definire come una sorta di dialogo con se stesso. La comunità digitale utilizza il selfie come ricerca di un’identità, come palliativo del proprio benessere psichico: un bisogno esibizionista di mostrare l’immagine che si ha di se stesso (o che si pensa di avere). Benché 60


in un primo momento il fenomeno del selfie possa far scaturire ilarità, occorre tuttavia interrogarsi su quanto possa incidere sulla società, su noi stessi e su quello che stiamo diventando. Le mie considerazioni sono orientate verso questo fenomeno della rete. Il nuovo concetto d’immagine che caratterizza l’uomo contemporaneo ha facilitato la nascita delle selfies L’immagine non rappresenta più una realtà a parte, quasi sacra, creata solo da artisti ma diviene un elemento tanto pervasivo del nostro quotidiano da diventare esso stesso parte della nostra quotidianità. L’“Io” è continuamente sottoposto a giudizi, commenti e opinioni provenienti da terzi. L’approvazione della propria immagine è diventata fondamentale. Dalle ricerche effettuate sul web ho potuto constatare che la parola maggiormente associata a “selfies” è “narcisismo”. Quest’associazione è stata fatta sicuramente perché l’individuo ha bisogno di affermare se stesso e un modo per farlo è mostrare un’immagine, anche intima di sé, che possa suscitare il consenso altrui. Dopo un’attenta osservazione su ciò che si può trovare in rete ho notato che è sufficiente navigare sulle pagine web di qualsiasi sito di social per vedere come siamo sommersi da immagini dove il focus principale è l’autorappresentazione. Se si potessero raccogliere insieme tutte le selfies (questo sarebbe un bel progetto, un universo iconografico delle memorie personali a livello mondiale) ci si troverebbe di fronte a una cifra incalcolabile di autoscatti di volti con smorfie, volti deformati dalla lente dell’obiettivo, volti solitari o in compagnia.

61


Il selfie, compie una funzione: racconta la storia del nostro presente e si presenta come il pi첫 vivo specchio del periodo digitale che stiamo vivendo.

62


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