PRIMA PORTA RESILIENTE_Tesi di Laurea Magistrale Architettura-Progettazione Urbana

Page 1



Questa ricerca nasce, all’interno del laboratorio di laurea Resilient city, resilient society, dalla volontà di risolvere le criticità idrauliche a cui è sottoposta l’area di Prima Porta, insediamento a nord di Roma, noto a causa delle delle alluvioni che storicamente l’hanno caratterizzata e che continuano a farlo ora che la zona è fortemente urbanizzata, creando ingenti danni a cose e persone. Sono state approfondite le modalità di intervento, per comprendere come possano fare i sistemi urbani a fronteggiare i problemi del cambiamento climatico e come possano diventare spunto per la progettazione urbana e il controllo del territorio. Da queste premesse si è pensato ad un’elaborazione integrata di aspetti urbanistici, idraulici, urbanistici e di paesaggio che potessero soddisfare le esigenze di questi luoghi, e valorizzarne le peculiarità. Due sono stati gli strumenti urbanistici che hanno permesso di mettere in pratica queste premesse: _Un PSR, un Programma di Sviluppo Rurale, al fine di regolare gli interventi territoriali del bacino della marrana di Prima Porta, come il rimboschimento di aree del parco di Veio e la regimentazione delle acque tramite opere di ingegneria naturalistica. _Un PRINT, un programma integrato di intervento al fine di regolare gli interventi strettamente urbanistici a livello urbano, come la delocalizzazione degli edifici più a rischio idrogeologico, la progettazione del nuovo insediamento dove atterrare le cubature delocalizzate, e il riassetto dell’alveo della marrana a valle.



Prima Porta si colloca nel nodo di confluenza di quattro corsi d’acqua, che confluiscono a valle nella Marrana di Prima Porta, poco prima di sfociare nel Fiume Tevere. Il bacino idrografico di riferimento si estende in una direzione orientata NS, soggetta a scirocco (vento carico di umidità) per un’area di circa 77km2, di cui l’83% è composto dal Parco di Veio, una regione collinare, caratterizzata da stretti e profondi fossi, mentre il restante, è costituito da insediamenti urbani. Il più densamente abitato è quella di Labaro-di Prima Porta, che comprende agglomerati urbani con grandi problematiche; ma anche aree naturali e archeologiche di notevole valore. Infatti l’area è caratterizzata da un importante storia sin dai tempi antichi, a partire dalla presenza della villa di Livia, residenza della moglie dell’imperatore Augusto e la sua vicinanza alle vie consolari Cassia e Flaminia . Fino al 1890 Prima Porta era un’area pubblica disabitata, caratterizzata da dei pantani che ne impedivano la vivibilità. Negli anni ‘30 del Novecento, vi si insediarono circa 200 coloni nella tenuta Cartoni. Molti degli abitanti lavoravano in loco e spesso costruivano per loro stessi piccole abitazioni. In questo periodo, infatti, sorsero le prime lottizzazioni abusive, che espansero considerevolmente la borgata, arrivata negli anni ‘60 a comprendere circa 6.000 abitanti. A questo sviluppo non pianificato, negli anni 70, seguì un tentativo di sanare il divario urbanistico attraverso un intervento di edilizia economico popolare. Questo intervento aveva l’obiettivo di portare servizi e di ricucire le aree urbane, purtroppo però andò ad incidere negativamente sulla permeabilità del suolo, senza neanche conseguire i propri obiettivi Negli ultimi decenni lo sviluppo dell’insediamento dell’area in questione è continuanto senza una pianificazione adatta ed oggi la popolazione di Labaro e Prima Porta ammonta a circa 15.000 abitanti.



La prima alluvione disastrosa di Prima Porta, dopo l’avvio della consistente espansione edilizia degli anni ’60, si è verificata tra l’1 e il 2 settembre del 1965. Le piogge furono eccezionalmente intense su tutto il bacino del Tevere, e a Prima Porta provocarono la morte di 13 persone e ingenti danni per la popolazione. Negli anni immediatamente successivi iniziarono gli interventi pubblici difensivi di risanamento idraulico: la costruzione degli argini della Marrana di Prima Porta, con la conseguente demolizione di alcuni edifici, e l’adeguamento delle sezioni più a valle dei fossi Torraccia e Pietra Pertusa, a protezione dell’abitato. La presenza di questi argini, ebbe come conseguenza l’interruzione del reticolo idrografico minore che scaricava per gravità le acque nei fossi nella marrana. Furono quindi realizzati dei fossi di guardia che, intercettando questo reticolo minore, convogliavano le acque meteoriche delle zone collinari verso i tre impianti idrovori, che tutt’oggi scaricano nella marrana. La rete fognaria fu realizzata in maniera discontinua e non organica e le condotte passano ancora tutt’oggi da sezioni più ampie ad altre più strette, convogliando sia le acque nere che quelle piovane agli stessi impianti idrovori, a valle dei depuratori locali. Nel tempo, l’ impermeabilizzazione dei suoli ha contribuito incrementando il carico delle acque meteoriche sulla rete fognaria, con la conseguenza che quest’ultima risulta oggi sottodimensionata, mentre i fossi di guardia non riescono a svolgere il proprio ruolo. Questa configurazione ha causato una serie di eventi di allagamento che hanno interessato le parti più basse e pianeggianti dell’abitato di Prima Porta, fino all’ultimo episodio del 31 gennaio 2014 che ha causato notevoli danni. Tali eventi sono stati causati non tanto dall’esondazione dei fossi, scongiurata dalle arginature, quanto dall’ insufficienza degli impianti idrovori, e dal loro malfunzionamento, che causano il rigurgito dei condotti fognari in caso di piogge intense e, soprattutto,dal mancato deflusso delle acque nei fossi, che porta lo stagnamento nelle aree più depresse.







Uno degli obiettivi che ci si è posti è quello di ridurre in modo concreto il carico idraulico gravante nel tratto terminale del bacino, quello coincidente all’apparato urbano di Prima Porta. Per raggiungere tale scopo si è resa necessaria una conoscenza dell’intero bacino idrografico di riferimento. In primo luogo si è quindi eseguita una lettura morfologica del territorio riconoscendo i processi evolutivi che ne hanno plasmato le caratteristiche, individuando i crinali che definiscono il perimetro dei bacini dei fossi e le aree di valle dove si sviluppa il reticolo idrografico e dove confluiscono le acque meteoriche. In secondo luogo si è andato a determinare il grado di permeabilità dell’intera area, tramite lo studio della carta geolitologica per riconoscere la capacità di infiltrazione del sottosuolo e della carta dell’uso del suolo per capire l’influenza sul percolamento delle acque piovane; dalla relazione di suolo e sottosuolo è stato determinato il grado di permeabilità, espresso come valore di “Numero di Curva”, una metodologia sviluppata dal Dipartimento di Agricoltura Statunitense nel 1972. Tutt’oggi tra i maggiormente usati a livello internazionale, tale parametro misura il deflusso delle acque meteoriche al netto delle perdite di infiltrazione. In quest’ottica gioca un ruolo fondamentale la vegetazione, che accresce la capacità propria del terreno di assorbire la pioggia, in più riesce a rimettere parte di essa nell’atmosfera grazie al processo di evapotraspirazione. Nell’area del bacino di Prima Porta a fronte di una vegetazione potenziale che descrive un quadro di copertura completo della vegetazione stessa si riscontra che le masse arboree si sviluppano per quasi la loro totalità esclusivamente sui rilievi più elevati e sui pendii che seguono il reticolo idrografico, presentando quindi una continuità frammentata dovuta alla presenza antropica, in termini sia di sfruttamento agricolo che di urbanizzazione.













Il minuzioso lavoro di studio ed analisi del territorio e delle sue componenti è stato anche il metodo fondante sul quale si è potuto basare anche l’ipotizzazione degli interventi proposti. A livello territoriale, quindi comprendendo tutto il bacino idrografico di Prima Porta, nello specifico un lavoro di ridigitalizzazione puntuale di tutte le curve di livello ha permesso di stabilire empiricamente l’orografia del suolo entrandovi così in diretto contatto e comprendendo quali fossero le aree più adatte ad ospitare possibili rimboschimenti e piccole aree di esondazione. Per quanto riguarda la scelta delle aree adeguate al rimboschimento, si è scelto di optare per la seguente metodologia: 1) L’ente Parco di Veio ha predisposto all’interno del suo piano di assetto del parco, una serie di aree potenzialmente soggette a possibile rimboschimento 2) A questa delimitazioni sono state sovrapposte le aree che da carta dell’uso del suolo corrispondono a Seminativo non irriguo, (211) una delle aree con fattore di assorbimento di acqua minore. 3)Le aree sono poi state maggiormente definite partendo dalle aree più contigue ai fossi e tenendo conto le fasce di rispetto dei corsi d’acqua (150m) 4)L’assetto finale è stato notevolmente influenzato dalle curve di livello, in quanto la nuova vegetazione è stata ipotizzata in maniera tale che ne seguisse in maniera più aderente possibile il corso, in modo tale da stimolare una lettura diretta del territorio. Per quanto riguarda la scelta delle aree di esondazione, sono state esaminate tutte le aree che potessero svolgere questa funziona a monte del bacino; ovvero dei piccoli pianori a quota mediamente alta che potessero diventare all’occorrenza superficie allagabile grazie a sistemi di ingegneria naturalistica come le briglie. Le briglie funzionano in modo tale da adeguarsi ai flussi delle acque, mantenendo fino ad una certa soglia la normale scorrevolezza dell’acqua, e oltrepassata la quale, il flusso si interrompa e permetta l’allargamento e quindi l’esondazione programmata e pianificata di suddette aree. Entrambi gli interventi sono stati pensati col fine di ridurre il carico idrico a monte del bacino, in modo tale da intercettarlo molto prima che i flussi arrivino a valle dove si sommano i carichi provenienti dai diversi fossi, in un unico punto a valle.





Attraverso la realizzazione delle tre rogge, e all’eliminazione del tratto di argine nord del fosso Fontana, si è reso possibile diminuire il carico di acqua meteorica incidente sulla parte urbanizzata, in depressione. Nello specifico la roggia “Villa di Livia” scarica l’impianto idrovoro di via Ferloni e quello di via di Villa di Livia La roggia “Galline Bianche” scarica il fosso di guardia e, di conseguenza l’ impianto idrovoro di via Frassineto. Invece la terza roggia “Macherio” assolve solo al compito di sgravare l’area di via Melegnano portando il carico d’acqua direttamente nel Fosso della Giustiniana. Anche l’eliminazione del tratto di argine nord del fosso Fontana ha reso possibile portare il carico d’acqua proveniente dal crinale di via di Valle Muricana direttamente nel Fosso, impedendo lo stagnamento nell’area di via della Giustiniana.

















Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.