Turntable

LA HOUSE COMPIE 20 ANNI

THREE KINGS OF HOUSE

FRANKIE KNUCKLES

FRANCK ROGER

“HOME INVASION”

DAFT PUNK IN MOSTRA A BOLOGNA

9 7719746

48000

00000

FRANKIE KNUCKLES 40 ANNI IN UNA NOTTE

SPECIAL TRACKLIST

ISSN 1974-6482

5 Luglio 2013 n. 0 € 5,00 - Poste Italiane SPA – Sped. Abb. Post. - DL 353/04 CONV. L. 46/2004 art. 1 C.1 DCB Milano

DO YOU REMEMBER HOUSE?

2

SOMMARIO N.0

Sabato 24 maggio 2014

STAR

4

Daft Punk in mostra a Bologna

4

STORY

5

Do you remember House?

La House compie 20 anni

culture

8

FRANCK ROGER “Home Invasion”

5

10 THREE KINGS OF HOUSE

Frankie Knuckles 40 anni in una notte

TRACK

12

Special tracklist Frankie Knuckles

8 10

3

STAR

DAFT PUNK

IN MOSTRA A BOLOGNA Om a g g i o al duo di Pa ri gi punta di dia ma nte della nuov a musica ho u s e Nuova musica house ad un anno esatto dall’uscita del loro ultimo album “Random Access Memories”, ONO arte contemporanea presenta Daft Punk: a French Touch, mostra fotografica che ripercorre a Bologna gli ultimi anni del duo di Parigi. L’esposizione (15 maggio – 14 giugno 2014) è curata da ONO arte e Dario Destefanis e si compone di 15 scatti. Dopo essersi incontrati nel 1992, Thomas Bangalter e Guy Manuel De Homem-Christo aka Daft Punk, ci metteranno qualche anno prima di essere riconosciuti come punte di diamante della nuova musica house francese, nota anche come “French Touch”. Di questa nutritissima compagine di artisti fanno parte anche gli Air, Cassius, Digitalism, Ratatat o Justice – solo per citarne alcuni – ma chi meglio di tutti ha saputo creare e alimentare la propria immagine mediatica – e non – sono stati proprio i Daft Punk. “Ci fu un incidente nel nostro studio. Stavamo lavorando con il sampler e questo esattamente alle 9.09 del 9 settembre 1999, esplose. Quando riprendemmo conoscenza, ci accorgemmo che eravamo diventati dei robot”. Così Bangalter descrive la loro trasformazione che da quel 1999 si è fatta totale, tanto da non sapere, se non per qualche foto rubata, quale sembianza si nasconda sotto ai loro caschi luccicanti, ormai marchio di fabbrica del duo parigino.

Il loro nome, che deriva da una recensione apparsa sulla rivista britannica “Melody Maker”, che li aveva definiti “un gruppetto di avanzi della società” (“a bunch of daft punk”) quando ancora militavano nei Darlin’, a partire dal 1997 diventa familiare non solo agli appassionati del settore, ma anche ad un pubblico più ampio. Il loro singolo più famoso, Around the World, inscindibile nella memoria collettiva dal magistrale videoclip realizzato da Michel Gondry, ne ha sicuramente sancito la notorietà a livello globale, tanto da essere ancora nella TOP 100 delle canzoni dance più ballate di tutto il mondo. Oltre alla musica, che rimane il fulcro e il nodo cruciale del loro lavoro, i Daft Punk non si sono mai tirati indietro di fronte a collaborazioni più svariate, tanto da utilizzare l’album Discovery (2001) come colonna sonora al film d’animazione Interstella 5555, oppure, a dimostrazione della deformità congenita di matrice elettronica, hanno prodotto e recitato nel film Daft Punk’s Electroma, presentato al Festival di Cannes del 2006. E, proprio a partire dalla loro presenza scenica e dalla scelta di non mostrarsi mai senza l’immancabile “divisa”, i Daft Punk si impongono come il soggetto perfetto per i maggiori fotografi di moda e non, e le immagini in mostra ce ne danno un condensato. Dalle foto più posate e iconiche riprese da Claude Gassian e Jay Brooks si passa a quelle da palco, in cui la parte performativa sembra sempre essere l’ele-

4

mento caratterizzante dell’esibizione. In questo senso, un fotografo d’eccezione come Alex Astegiano, fondatore ed ex Marlene Kuntz, ne ha restituito l’immagine più plateale: uno spettacolo di fasci di luci, giochi geometrici e colori acidi fanno da sfondo a una performance totale.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

DO YOU

In the beginning there was Jack, and Jack had a groove, and from this groove came the groove of all grooves.

And while one day viciously throwing down in his box, Jack boldly declared ‘let there be House’, an House music was bron. “I am, you see, I am the Creator, and this is my House, and in ma house there is only House music.

But I am not so selfish, Because once you’ve entered my house, it then Becomesour house and our House music”(Chuck Robertts, “My House”)

5

STORY

REMEMBER HO La House compie 20 anni, percorsi, incertezze, euforie, introspezioni. Ma sopratutto i produttori che la stanno portando nel futuro, da SOLID GROOVE a RADIO SLAVE ON&ON Do you remember House? Il titolo di un classico Balze di un un paio di anni fa, ma anche una domanda che qualsisi appassionato di house si è posto mentre il genere cresceva, sembrava smarrire identità, poi ritrovarla, abbozzava crisi, si tuffava in grandi rinascite, ma non smetteva mai di essere, quella pulsazione sonora perfetta che venti anni fa abbagliava i primi adepti. La house, entrata nella maggiore età, compie 20 anni. Chi dice che tutto a inizio ufficialmente nel 1985 quando a Chicago Rocky Sherman lancia la DJ International e Larry Sherman la Trax, chi sostiene invece che bisogna risalire al 1983 per avere il primo grande prototipo house, On&On, prodotto da Jesse Saunders e uscito su Jes Say Records. Essendo queste due date e questi due dati altrettanto reali e fondanti, facendo una media matematica, l’house ha, ora 20 anni. Si è iniziato a parlare di crisi dell’house, dopo cinque anni in cui Chicago aveva posto le fondamenta dell’impero e Todd Terry aveva tolto l’innocenza al genere, introducendo una cinica tecnica del campionamento, alzando la velocità dei pezzi e usando ritmiche più dure. L’house nasce per definizione come momento di rottura. E’ il trionfo del post modernismo, l’arte che esce dell’arte e trova respiro nell’istante, il segno che prevale sul significato, il basso che incontra l’alto in un caleidoscopio di colori. Quello che conta è solo l’immagine, che si potrebbe scambiare per trionfo dell’effimero ed è uno snodo mistico. E l’house scandisce il cambio di stagione. Permette che la techno trovi compiutezza formale, se si considera che nei primi ‘80 ogni fine settimana a Chicago da Detroit Derrick May e Kevin Saunderson, fissi all’Hotel Bismark, dove metteva i dischi Lil Louis, o al Muzik Box di Ron Hardy. L’house, in una delle sue incarnazioni più minacciose, L’acid-house, infiamma tutta la summer of love londinese-ibizenca del 1988. Interscambi sonori, cambiano le dinamiche della produzione pop, è arriva a influenzare il Rock. L’house è il sottinteso dietro ogni diramazione elettronica degli anni ‘90, dal trip-hop alla jungle: L’house non smette di germogliare negli anno ‘90, superando quei ‘91 e ‘92 più in sordina con l’esplosione del wild-pitch e la seconda generazione di Chicago, con la super nova Masters At Work che irrompe su New York creando per la scena garage un post che di quella stessa scena sarà momento fondante, con gli sguardi dark ancora newyorchesi di Junior Vasquez è Danny Tenaglia, con degli alieni come i Deep Disk, Iraniani caduti su Washington DC, con il boom della scena inglese, il flipperama dei Basement Jaxx, e poi di quella francese, i Daft Punk che tolgono al genere l’innocenza economica ma lo mandano anche in paradiso. E fino alla fine dei 90. Con un’ispirazione sempre alle stelle.

WHAT HAPPENED ?

La grande rivoluzione spersonalizzante di Internet, che allontana l’uomo da sé. In pochi anni cambia il mondo. Cosa è successo? la musica house continua a pulsare e a fiorire: non si può parlare di crisi del genere, piccoli ma significativi rimodellamenti al posto di eclatanti scarti formali, ma un portamento di grande salute per i suoi venti anni. La speranza che la house abbia il suo punk, confrontandone anche il suo percorso anagrafico con il rock, è ingenua e

6

mal centrata: l’house nasce, muore e risorge nello stesso momento che si manifesta, è punk e il contrario per definizione, è una sorta di pulsazione definitiva che incorpora automatismo delle macchine, l’estatico tormento dei grandi mistici minimali, un ruffiano senso pop, inderogabile conservatorismo e inevitabilmente spregiudicatezza avanguardistica, funzionalità e storia. La sua tavolozza di colori è infinita: sull’illusorietà dell’immutabilità ritmica la possibilità essere qualsiasi cosa, contenitore pronto a svuotare di senso ogni musica preesistente. Da quando è apparsa l’house si è rivestita di soul, disco, jazz, blues, funk, pop, techno, hip-hop, rock, punk, metal, r’n’b, elettronica, con la stessa acrobatica distanza di una modella che si cambia di abito, mai abbandonando la sua specificità aliena di non corpo, sempre pronta a mettere in scena di quei colori sonori la massima proiezione, ma anche a dimostrarne il cinico svilimento mercenario. L’house è insieme gesto concettuale e spasimo sensoriale. Dietro la mutazione scenografica, una severità strutturale splendente che sembra inscalfibile, remota concetti stessi di rivoluzione, perse in quella mortalità del suono, che è più di un’indicazione finenovecento. Parlare dell’house come rock , per i numerosi paralleli che si possono tracciare, è corretto quindi fino a un certo punto. La House, macchina capace di autogenerarsi indipendentemente dall’uomo monolite pronto da adorare, osso sonico intagliato nell’elettronica, primordiale e futuristico. Solo una cassa è un piatto in levare un loop quelli dell’essenzialità storica e sonica di House Music, con una voce che ripete “House Music”. Come risvegliatosi da un coma, scopre l’11 settembre, e attorno le macerie old-skool. E’ un impero fatto di club storici, mentalità pioneristiche e sottogeneri a crollare sotto gli occhi di chi è lì dal primo giorno. Si entra in un terreno spinato nel mettere a confronto chi all’inizio cercava di fare hit con l’ “Ultimo arrivato che diventerà la nuova big thing”. Gli ultimi arrivati figli della cultura del downloading e imputati dal crollo dell’industria discografica, quasi sempre ignorano il loro passato e non hanno un retroterra che gli permette di arrivare a un progetto creativo solito. Se i giovani da una hit e via sono meteore occasionali, e anche quelli sempre più rari, i produttori che stanno accompagnando l’house nel futuro non hanno meno di 30 anni. Spesso 40 anni. Praticamente i nuovi giovani, sono definiti dai sociologi. Gente che ha visto crescere quell’impero e che l’ha visto crollare e che riesce a imprimere nella musica house il senso della vertigine, il nuovo segno dei tempi. Non dimenticando il passato, ma aderendo totalmente al presente. Cosa è successo? A essere in crisi è l’industria discografica e creativamente tutta la musica non vive il suo momento più felice. L’industria della dance ha subito un duro colpo nella mancanza di nuovi artisti crossover commerciali e di nuovi sottogeneri, e nella quasi totale latitanza di uno sguardo post-adolescenziale, ma proprio grazie a questo, al crollo della superficie, la centralità è tornata sul suono e su quell’underground pianto da Blake Baxter. La centralità è tornata sull’house. Chiunque la faccia, in qualsiasi modo la faccia, di qualsiasi posto. E’ l’industria stessa la prima a capirlo: mentre la gente parla di crisi, il giro di denaro mosso dai club e dal mercato 12 pollici continua a essere alto.

OUSE MUSIC?

7

culture

FRANCK “HOME INVASION” E IL VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA HOUSE MUSIC

R O G E R 8

Franck Roger sta alla house music come un vinile al suo piatto: un legame indissolubile e un suono autentico che negli anni è rimasto fedele a quello di New York, Chicago e Detroit. Un’ispirazione e una devozione che si traducono anche nell’utilizzo di strumenti analogici tanto durante i suoi live che nella realizzazione dei suoi dischi e che hanno fatto di Franck un rappresentate della cultura house lontano dagli approcci modaioli e da facili hype. “Home Invasion” è quindi il suo nuovo progetto nato con l’intento di sintetizzare le idee fondanti l’house music e di ottenere un suono in cui la precisione scientifica e calcolata dei beat cede il posto ad un approccio più organico: ogni strumento suonato vive e contribuisce all’armonia come un attore sulla scena rende il palco vivo e dinamico. E Franck Roger è il regista. Pronti per la Home Invasion?

C’è stato un momento in cui hai pensato: “voglio fare il dj”? Chi ti ha inspirato?

Non ho mai avuto questa sensazione o la pretesa di essere un DJ con le maiuscole, volevo solo suonare in camera mia, a casa, e goderne io per primo. Poi, negli anni ’90, ho iniziato a farlo in alcuni locali… poi sapete cosa è successo. Allora andavo a vedere DJ Deep al Rex Club di Parigi per i suoi leggendari party, e Laurent Garnier in qualche altra serata parigina. Questo mi ha ispirato molto Sei un esperto e amante del vinile. Cosa rappresenta per te?

Allora il vinile era l’unico supporto per ascoltare musica indipendente come la house, per me quindi rappresenta tutto. È qualcosa di reale che possiedi, tieni nelle mani e metti nella tua collezione. Poi ha quell’odore così speciale e così via può essere difficile trovarne uno se tutte le copie sono sold out, è qualcosa di unico. Non volatile come un file MP3 che puoi condividere facilmente.

Stai per uscire con “Home Invasion 02”, un disco che si concentra sulla musica prodotta con attrezzature analogiche. Che rapporto hai con l’analogico? È come avere tanti attori proprio di fronte a me, io sono il direttore artistico e ognuno di loro ha il proprio ruolo – “ok, oggi ragazzi suoneremo e parteciperemo tutti insieme”. Strumenti americani, giapponesi, differenti brand e suoni che offrono migliaia e migliaia di possibilità.

“House Invasion” è un concetto basato sugli ideali fondamentali della house music. Ce ne vuoi parlare?

Come ho detto, sono cresciuto con il vero suono della house music, l’unico da NYC, Chicago e Detroit, quella è stata ed è ancora la mia ispirazione. Per me quindi realizzare questo progetto è come tornare alle mie origini, con un tocco moderno, naturalmente, e la mia visione di quello che vorrei trovare nei negozi di dischi oggi. Lontano da questa etichetta di deep house che le label danno, e che non mi piace molto.

Cosa ne pensi della scena house oggi? Possiamo ancora chiamarla house music?

Non per me, house music ha un significato diverso per me ed è la mia opinione. C’è un sacco di buona musica oggi, un sacco, è anche un sacco di musica di merda. L’unica cosa che so è che hai bisogno di sapere dove vuoi andare, musicalmente parlando, perché in questa Amazzonia di musica elettronica rischi davvero di perderti.

Quando nel 2004 inizi l’avventura della Real Tone con Lionel Marciano, quale era il tuo obiettivo?

E oggi?

Eravamo giovani e nulla ci poteva trattenere, motivati dalla passione rilasciavamo quasi ogni pezzo che creavo. Poi abbiamo iniziato ad aprirci a molti altri artisti. La nostra riflessione sulla nostra etichetta oggi è forse quella di affrontare le cose più lentamente, guardare indietro a quello che abbiamo fatto e concentrarci su cosa possiamo dare alla gente per mantenere l’etichetta creativa e in evoluzione.

Quanta parte del tuo lavoro è teoria, e quanto è pratica?

Lavorano insieme, suppongo. Non penso mai a queste due parole, io accendo i miei strumenti e faccio un viaggio più lontano che posso – che è l’aspetto più importante per me oggi. Il risultato è la musica che ne viene fuori, instant house.

Pensare troppo a volte uccide la creatività e i risultati.

Cosa significa essere un musicista oggi?

Non pretendo di essere un musicista, anche se ho imparato molto da loro e dai loro consigli in passato. Avere un buon orecchio perché molta della roba che ascolto oggi non è in tono o è molto dissonante e non la chiamerei musica.

9

culture

Frankie Knuckles THREE KINGS OF HOUSE: 40 ANNI IN UNA NOTTE

E

’ inutile negarlo, l’ultima decade è stata davvero dura per i fans dell’house.Almeno per ciò che concerne il suo paragrafo più antico e pregiato, quello di stampo prettamente americano. La mancanza di nuove idee, il veleggiamento di alcuni artisti chiave ad altri lidi musicali e la costante lunaticità del pubblico (in questo soprattutto gli americani hanno fatto scuola) sono tutti fattori validissimi per motivare come mai oggi il fenomeno house, dopo essere stato per almeno due decadi ai vertici della scena mondiale, è da tempo fuori da gran parte delle dinamiche del business che ruota intorno alla musica elettronica.

Ma. Eh sì, perché in questo caso un ma ci sta e pure di diritto. Nell’ultimo periodo stiamo notando un sempre più interessante ritorno a certe sonorità.

Molti artisti della scena che fu stanno ritornando sulla cresta dell’onda e tanti appartenenti alla nu-generation di talenti sembrano voler a tutti i costi attingere da quel tipo di background musicale che per molto tempo sembrava essere a prendere polvere nel dimenticatoio. E pure nelle disgrazie certe volte si riesce a trovare una spinta: pensate solo a quante persone hanno scoperto un monumento della musica e del djing come Frankie Knuckles solo grazie al risalto dato alla sua morte. E quanti artisti lo stanno celebrando in queste settimane durante i loro set. Molti hanno storto il naso di fronte ad una sostanziale banalizzazione di un artista così fondamentale da passare quasi per “intoccabile”, ma in fondo non è fantastico avere la bacheca dei principali social network invasa di buona musica invece che dal nuovo singolo del fenomeno EDM di turno, dalle notizie fake sugli zingari o dal fingering di Jay Z? Tutto questo per dirvi che il 30 Aprile scorso, sull’onda dell’entusiasmo, siamo finiti (insieme a qualche migliaio di persone) alla festa organizzata dal celebre Urban Klub di Treviso, una delle poche realtà italiane rimaste inequivocabilmente legate alla scena house e soulful, che per festeggiare il giorno dei lavoratori ha messo insieme qualcosa che NEL MONDO è andato in scena solo otto

10

volte: stiamo parlando del triplo b2b fra David Morales, Tony Humphries e Little Louie Vega, riuniti sotto il nome (di certo un po’ esoso) di Three Kings of House. Un evento che racchiudeva all’interno di tre menti e sei mani quasi quattro decadi di storia. E, senza timore di smentita, possiamo dire di averle attraversate tutte nel corso delle molte ore di set offerteci per l’occasione dall’ensemble made in USA. Classici della disco, della prima house, passando per la tribal, le percussioni latine, la soulful e la deep, fino ad arrivare anche a sonorità più recenti, talvolta anche dure e quasi paradossalmente assimilabili a vagiti di matrice techno. Un caleidoscopio di cultura musicale, qualcosa che solo pochi artisti riescono a creare mantenendo un filone logico, senza il rischio di far apparire il proprio set come un’insensata lavatrice di sonorità a caso. E raramente si è vista una pista così magnetizzata, partecipe al punto tale da non far caso al fatto di trovare uno a fianco all’altro signori di 50 anni e ragazzini di 18 (e tutte le generazioni intermedie, con uno sbilanciamento marcato sulla trentina).

Generazioni e classi sociali che si sono unite sotto un solo ideale, quello della musica, che (insieme allo sport e forse alla politica) è da sempre il massimo fattore di empatia fra persone che normalmente probabilmente nemmeno incrocerebbero gli sguardi nella vita di tutti i giorni.

Non sono mancati i momenti da lucciconi: su tutti il memoriale per il già nominato Frankie Knuckles, acclamato con striscioni e magliette sparsi per tutta la pista da ballo. Minuti di grande commozione dove abbiamo visto tante persone (soprattutto di mezz’età) davvero sconsolate, come se un pezzo della loro giovinezza fosse scomparso col gigante di Chicago. Questo dovrebbe dare il senso di cos’è stato per chi l’ha vissuto il movimento house e del perchè è sacrosanto che ci siano persone ancora pronte a lottare per la sua sopravvivenza. Quindi grazie ad Urban Klub ed ai Three Kings Of House per una notte che in molti faranno fatica a dimenticare. Grandi e piccini.

11

TRACK

Special tracklist By SINGLES

1987 You can’t hide from yourself, Dj International 1987 Let the music, Danica 1987 It’s a Cold World, Traxx 1987 Only the strong survive, Traxx 1988 Bad boy (with Jamie Principle), Dj World 1989 Tears (Frankie Knuckles presents Satoshi Tomiie) - FFRR 1989 Your love (seconda ver.) / Baby Wants To Ride (seconda ver.), Radical 1990 Move your body (‘90 Remix) (Frankie Knuckles presents Marshall Jefferson), Trax 1991 It’s hard sometimes, Virgin 1991 The whistle song, Virgin 1991 Rain falls, Virgin 1992 Workout, Virgin 1995 Too many fish, Virgin 1995 Whadda u want (for me), Virgin 1996 Love can change it, Virgin 1999 Tears, Essential/FFRR 2001 Keep on movin’, DeFinity 2009 The ones you love (feat. The Shapeshifters), 2009 Your Love

REMIXES

1986 Ride the rhythm - Marshall Jefferson, Trax 1987 Hypnotic tango - My Mine, Danica 1988 A love supreme - Will Downing, Island 1988 I want a dog - Pet Shop Boys, Parlophone 1989 Voodoo ray - A Guy Called Gerald, Warlock 1989 Ain’t nobody - Chaka Khan, WEA 1989 Love together - L.A. Mix, Breakout 1989 One Man - Chanelle, Cooltempo 1989 The real thing - ABC, Mercury 1989 Whatcha gonna do with my lovin Inner City, Virgin 1990 A matter of fact - Innocence, Cooltempo 1990 Tomorrow - Tongue N Cheek, Syncopate 1990 Where love lives - Alison Limerick, Arista 1991 All true man - Alexander O’Neal, Syncopate 1991 It should have been me Adeva, Cooltempo 1991 Talking with myself - Electribe 101, Mercury 1991 The pressure Pt. 1 - Sounds Of Blackness, Perspective 1991 Through - Victoria Wilson James, Epic 1992 Anything - Sydney Youngblood, Cooltempo 1992 Hangin’ on a string - Loose Ends, 10 Records

12

y Frankie Knuckles 1992 In the closet - Michael Jackson, Epic 1992 Moving in the right direction - The Pasadenas, Columbia 1992 One more day - The Neville Brothers, A & M Records 1992 The best things in life are free - Luther Vandross Janet Jackson, Perspective 1992 Time will tell - Nu Shooz, Atlantic 1992 Until you come back to me - Adeva, Cooltempo 1993 Because of love - Janet Jackson, Virgin 1993 I Never felt like this before - Mica Paris, 4th & Broadway 1993 There’s no living without you - Will Downing, Mercury 1993 This i swear - Richard Darbyshire, Dome 1994 Everyday thang - Melanie Williams, Columbia 1994 Hungah - Karyn White, Warner Bros 1994 Ten percent / My love is free - Double Exposure, Unidisc 1995 Baby - Rozalla, Epic 1995 Bring me love - Andrea Mendez, Azuli 1995 Can I Touch You... There? - Michael Bolton, Columbia 1995 Keep the fire burnin’ - Dan Hartman & Loleatta Holloway, Columbia 1995 Power of love - Luther Vandross, Epic 1995 You are not alone / Rock With You - Michael Jackson, Epic 1996 Hit me off - New Edition, MCA 1996 Never miss the water - Chaka Khan, Reprise 1996 Stomp - Quincy Jones, Qwest 1996 The boy from Ipanema - Crystal Waters, Antilles 1996 Un-break my heart - Toni Braxton, LaFace 1997 Closer than close - Rosie Gaines, Bigbang e HiBias 1997 Everything, Mary J. Blige, MCA 1997 Freedom - Robert Miles, DeConstruction 1997 Got ‘til it’s gone - Janet Jackson, Virgin 1997 I don’t want to - Toni Braxton, LaFace 1997 Just for you - M People, BMG 1997 Never gonna give you up - Lisa Stansfield, Arista 1998 Shout to the top - Fire Island, V2 2000 Inspired - Satoshi Tomiie, Sony 2008 Blind-Hercules & love affair

13

DIRETTORE Marta Tosatto CAPOREDATTORE Simone Musitano ART DIRECTOR Davide Musitano REDAZIONE Silvana Mastromatteo Cristian Musitano

DIREZIONE, REDAZIONE E SEGRETERIA Via della Croce, 74 00100 Roma T +39.06.3456783 F +39.06.3456777 DISTIBRUZIONE Impianti e stampa: Elcograf Spa - Verona Via Ettore Bugatti 15 Milano T +39.02.89.5921

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI ROMA Corso di INFORMATICA PER LA GRAFICA

Prof. Marco Vagnini Stud. Davide Musitano

15