MILANO Copertina - sul set di Teorema - Pasolini
CINEMA MILANO
DAVIDE TRAINA
1950 2000
TECNOLOGIE E LINGUAGGI DI COMUNICAZIONE VISIVA MARCO MARIA RAVELLI RAMPOLDI
LA MILANO FREDDA DEGLI ANNI ʼ50 Nel dopoguerra, il primo film importante che raffigura Milano è un opera di Michelangelo Antonioni: Cronaca di un amore (1950). Il regista ci mostra la città in quegli anni. Una città fredda, una città invernale che diventerà uno stereotipo della rappresentazione del capoluogo lombardo. La prima immagine che ci mostra Antonioni è quella del Duomo e della sua piazza. Oltre a raffigurare i grandi simboli di questa città (la Scala, zona di corso Venezia, piazza San Babila), il regista si sposta anche in nella periferia milanese. Lì si incontreranno i due amanti, in tetre Fig. 1 Cronache di un amore stanze vicino alla ferrovia. Antonioni ci propone il centro della città come fulcro morale del film, e non caratterizza dal punto di vista sociale la periferia. Tutto ciò per affrontare un tema importante in quegli anni: la crisi morale di una borghesia sempre più legata la denaro e ai passatempi mondani. Frase emblematica è sicuramente quella che esclama il mediatore per lʼacquisto dellʼauto da parte del coniuge della protagonista: “Foscolo? Uno senza una lira”. Il tema fondamentale di un ceto borghese senza scrupoli e il contrasto tra periferia e centro, viene mostrato in unʼaltra opera fondamentale che è Miracolo a Milano (1951). De Sica descrive una città fredda e nevosa che accompagnerà tutto il lungometraggio, suggerendo un atteggiamento di chiusura della città verso i poveri che la abitano. Ancor più che in Antonioni, è la periferia a fare da teatro alla vicenda. Ma non è solo una periferia attorno al centro della città. Eʼ in realtà una periferia della periferia, una terra di nessuno vicino alla ferrovia da cui si intravedono le ultime case di Milano. Fig. 2 Miracolo a Milano Il centro così diventa una parte completamente isolata, dove ci si va solo per farsi prendere in giro dal ricco Mobbi, o dove si aspetta di volar via alla ricerca di un mondo dove buon giorno vuol dire veramente buon giorno nella memorabile scena finale, dove Milano entrerà nellʼimmaginario collettivo del cinema.
BOOM ECONOMICO E LA MIGRAZIONE Negli anni 60ʼ la cinematografia su Milano riprende gli stessi temi del decennio precedente, dallʼimmigrazione al lavoro, dal miracolo economico alla crisi della borghesia, approfondendoli e caratterizzandoli con toni più cupi. Luchino Visconti con Rocco e i suoi fratelli (1960), analizza gli effetti dei flussi immigratori mostrando le contraddizioni e i pericoli. Un film duro, che nei titoli di testa ci mostra una Stazione Centrale ingresso di una città-gabbia. Milano ,in questo film, diventa la totale protagonista: lʼatmosfera invernale, la neve, lʼalba gelida. La periferia di Antonioni e De Sica viene notevolmente caricata da Visconti con significati socialmente più profondi e indelebili. Da uno scantinato di Lambrate inizierà la scalata sociale della famiglia che porterà la madre ad essere chiamata “signora” e ad abitare in un appartamento piccolo borghese con tanto di campanello e ascensore. Il regista affianca a una conclusione del Fig. 3 film drammatica, il processo di integrazione di uno dei fratelli (Ciro).
Rocco e i suoi fratelli
Parallelamente alla fase migratoria, inizierà a Milano il fenomeno del boom economico degli anni 60ʼ. Uno dei primi film a trattare questo argomento è stato un film di Carlo Lizzani, La vita agra (1964), tratto da un libro di Luciano Bianciardi. Nel film ci viene subito mostrata la stazione Centrale e il Duomo quale icone di Milano, ma lʼopera si concentra maggiormente nella periferia, da Brera a Giambellino. Fig. 4 La vita agra Milano è un luogo dove “non muore di fame nessuno”, dove il lavoro integra e dove il tempo trascorre insensibilmente. Come nel caso del protagonista che si scorda lʼobiettivo del suo trasferimento a Milano: fare scoppiare una bomba allʼinterno del grattacielo Galfa di Melchiorre Bega in via Fara. Milano è una città che sta mutando e in Una storia milanese (1962) di Eriprando Visconti, viene ripresa lʼultima fase di interramento della Martesana, tragico epilogo di uno stravolgimento dellʼimmagine ma anche dellʼidentità stessa della città. La storia viene girata dʼinverno, in luoghi centrali come corso Matteotti e piazza San Babila, luoghi rappresentati senzʼanima simili alla ricca gioventù che li abita.
Fig. 5 Una storia milanese
Il boom economico a Milano, con le sue dinamiche economiche e sociali, dunque, muta profondamente la città e i suoi abitanti in ogni ceto. Abbattendosi anche sulla borghesia, la cui crisi ci viene presentata ancora da Michelangelo Antonioni ne La notte (1960), stavolta attraverso i problemi matrimoniali tra un famoso scrittore e sua moglie. Proprio per questi mutamenti il film non si apre con la rappresentazione classica del Duomo, ma bensì con un immagine di contrasto tra il vecchio (un edificio inizio 900) e il nuovo (grattacielo Pirelli). Una splendida scena da inserire tra quelle cult, con il particolare della veduta aerea delle tettoie della Stazione Centrale a cui seguiranno immagini di vie ed edifici anonimi, di palazzi di cemento, vetro, acciaio. La crisi della borghesie e della coppia paragonata con la crisi dellʼantico e lʼarrivo del contemporaneo. Fig. 6 La notte
Sono gli anni delle prime bande giovanili, e Pasolini si reca a Milano per studiare il fenomeno e scriverne una sceneggiatura. Alla fine lʼopera non si concretizzò e da una parte degli scritti di Pasolini uscì una versione che si trasformò in un film Milano nera (1964). La trama pasoliniana racconta una notte brava intrinseca di violenza, cinismo e protesta, quasi ad anticipare Arancia Meccanica di Kubrick, ma in una Milano tetra e periferica.
Fig. 7 Milano nera
Pasolini dopo questa esperienza costruirà un film importante a Milano: Teorema (1968). Questo film anticipa un tema importante degli anni 70ʼ e cioè la fabbrica. La città ci appare nella consueta luce autunnale, illuminata da qualche raggio di sole e in una doppia veste: centrale e periferica. La seconda con le via deserte, le auto sopra il prato di una piazza, i tram. Pasolini ci regala però una scena memorabile del cinema a Milano: la Stazione Centrale si trasforma in un luogo di spoliazione di Massimo Girotti. Unʼimmagine forte e simbolica, che vede il protagonista liberarsi dei suoi vestiti e attraversare la Stazione Centrale fino ad arrivare in Fig. 8 Pier Paolo Pasolini un improvviso deserto. Una scena che si imprime indelebilmente sul mondo del cinema come il volo su piazza Duomo di De Sica, la veduta del Pirellone di Antonioni, lʼarrivo di Rocco e i suoi fratelli nella città-gabbia.
ANNI DI PIOMBO E INDUSTRIALIZZAZIONE ANNI 70ʼ La Milano anni 70ʼ si tuffa nel terziario, nella postmodernità. Un periodo in cui forse non si registrano dei veri capolavori, ma durante il quale si sviluppa un artigianato cinematografico che filtr ail modo di vivere di Milano strutturandolo in generi quali: poliziesco, politico, di denuncia e commedia. In questo periodo di industrializzazione oltre a La classe operaia va in paradiso (1972), troviamo unʼaltro importante rappresentazione di Milano elaborata da Mario Monicelli: Romanzo popolare (1974). La città ci appare più come una realtà metropolitana che come luogo monumentale. Il lungometraggio si sviluppa nel hinterland settentrionale e rappresenta più la periferia che la fabbrica. Mario Monicelli non ci vuole raccontare Milano, ma bensì le questioni fondamentali esplose nella realtà milanese che si sono estese in tuttʼItalia negli anni 70ʼ. Il maestro attraverso lʼarte della commedia e del melodramma ci racconta uno spezzone italiano attraverso i dialetti, il gergo calcistico e il modo di Fig. 9 Romanzo Popolare vivere.
Oltre allo sviluppo del terziario, gli anni 70ʼ sono caratterizzati da film politici che rispecchiano i duri anni delle lotte sociali. Con Sbatti il mostro in prima pagina (1972) Marco Bellocchio rilegge in filigrana il dramma di piazza Fontana, mai trattato in modo specifico in opere cinematografiche. Il lungometraggio segue la campagna di stampa orchestrata politicamente da un redattore capo (Gian Maria Volonté) contro un giovane della sinistra extraparlamentare accusato ingiustamente di un omicidio. Il film inizia con la documentazione di repertorio relativo agli scontri provocati da un comizio fascista in piazza Castello. Sempre sotto la chiave politica troveremo film come Un eroe borghese (1995) di Michele Placido e Maledetti vi amerò (1980) di Marco Tullio Giordana. Dalla chiave politica si innescheranno i meccanismi delinquenziali e il cinema milanese entra nel genere poliziesco. Banditi a Milano (1968) dichiara un netto distacco rispetto alla delinquenza tradizionale. In questo genere di film ad identificare la città sono il binomio centro-periferia e gli inseguimenti che attraverso la città con morti e feriti da tutte le parti.
Fig. 10 Banditi a Milano
Il periodo della violenza criminale a Milano, comunque, non è illustrato solo con le sue atmosfere, ma anche per mezzo delle vicende di alcuni protagonisti che sono diventati soggetti di film. Renato Vallanzasca viene raccontato con Vallanzasca - Gli angeli del male (2009) di Michele Placido. Non è solo un racconto criminale ma descrive un clima e un atmosfera che produce attorno a sè il “bel Renè”.
Fig.11 Vallanzasca - Gli angeli del male
Milano criminale e violenza politica sono rappresentate anche da Carlo Lizzani con San Babila ore 20: un delitto inutile (1976). La piazza del titolo è il presidio esclusivo di un manipolo di giovani di estrema destra, seguiti durante le loro giornate fino allʼepilogo: un gratuito assassinio politico che determina il loro arresto. La periferia, identificata con Sesto San Giovanni, è invece luogo di veloci scorrerie per colpire i rossi comunisti. mentre le zone neutre come il Sempione sono il palcoscenico di esibizioni.
Come il genere poliziesco, anche la commedia assume i connotati cupi della seconda metà degli anni 70ʼ con Il...Belpaese (1977) di Luciano Salce, protagonista un primitivo fantozzi (con più carattere) di Paolo Villaggio. Egli interpreta un milanese che torna a casa dopo anni di lavoro sulla piattaforma petrolifera, tenta di aprire un negozio in una città segnata dalla violenza malavitosa e terroristica, dal caos e soprattutto dalla paura diffusa.
Fig.12 Luciano Salce
LA CITTAʼ DEL DISIMPEGNO Allʼinizio degli anni 80ʼ, come forma di rigetto rispetto ad un periodo troppo politico, serio e violento, nasce e si afferma il “riflusso”. Disimpegno, consumismo, esteriorità e al contempo ripiegamento sul privato. Milano si ritrova ancora una volta ad assumere un ruolo archetipico nel Paese rispetto a tutte una serie di trasformazioni di natura socioeconomica e di costume. Il film, che si può definire come il capo- Fig.13 Sotto il vestito niente stipite del filone disimpegnato, è Sotto il vestito niente (1985) dei fratelli Vanzina. In questo film la Stazione Centrale non è più la gabbia di Visconti ma un set di una sfilata di alta moda e troviamo continuamente luoghi di alta borghesia come corso Venezia, via Montenapoleone e piazza Duca dʼAosta.
Fig.14 Asso
Unʼaltro capofila che porterà alla commedia alla milanese, è il film Asso (1981) di Castellano & Pipolo, dove Adriano Celentano interpreta un abilissimo giocatore dʼazzardo. Milano rimane ancora descritta con i connotati dei Vanzina, mostrandoci inquadrature della Galleria, di Villa Bonaparte Belgioioso, di Porta Romana e dellʼippodromo di San Siro. Il lungometraggio diventa una favola utopica, in cui Celentano si propone ai margini della legalità ma non della moralità e in cui la droga e la prostituzione vigenti in quegli anni vengono esorcizzati.
ANNI 90ʼ: MILANO IN CRISI DI IDENTITAʼ La metropoli de-industrializzata e sempre più immateriale cade in una vera e profonda crisi morale provocata dallʼindividualismo della “Milano da bere” e da una Tangentopoli ignorata dal cinema. La crisi investe la capitale dellʼeconomia e la precarietà assume forte rilievo. La città in crisi dʼidentità viene abbandonata idealmente da una parte dei suoi stessi abitanti, diventando un posto per lavorare e non per vivere. Passiamo da Facciamo Paradiso (1995) di Mario Monicelli, a Maledetto il giorno che tʼho incontrato (1992) di Carlo Verdone, da La bionda (1993) di Sergio Rubini a Hotel paura (1996) di Renato De Maria.
Un film che riassume bene secondo me il clima anni 90ʼ, che si sta proiettando nel nuovo millennio, è Generazione 1000 euro (2009) di Massimo Venier. Milano diventa la città delle tre “S”: snob, sofisticata e selettiva. Milano è osservata con una panoramica dallʼalto; una città vista di scorcio e non particolarmente indagata. Panoramica esemplificativa è il monologo iniziale del protagonista che ci descriva la dura e vera realtà milanese: Fig. 15 Generazione mille euro
“Guadagno mille euro al mese per fare un lavoro che non mi piace in un azienda in cui non piaccio io. E tutti non fanno altro che ripetermi quanto sono fortunato. Non so se mi rinnoveranno il contratto. Non so dove sarò tra sei mesi. Non so quale sarà il mio futuro. Non so niente di niente. Lʼunico lusso che mi concedo è non solo non credere nei sogni ma non credere neppure nella realtà. Eʼ semplice e ti rende possibile sopravvivere, quello che mi succede non mi riguarda...tutto qua”.