Circolazione monetale nella Calabria Bizantina

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Daniele Castrizio

Circolazione monetaria nella Calabria Tirrenica bizantina

Premessa Fin dalla comparsa della moneta, l’attuale Calabria non ha mai costituito un’area di circolazione monetale unica. La sua parte settentrionale è sempre stata perfettamente integrata nel sistema economico della Campania meridionale, Lucania e Puglia odierne, mentre il sud della regione ha interagito di norma con la Sicilia orientale, costituendo un’area monetaria separata1. Il confine tra queste due aree non è sempre stato fisso, spostandosi verso settentrione o mezzogiorno secondo le dinamiche storiche, soprattutto in relazione con la forza di penetrazione militare ed economica di Siracusa. Per molti periodi storici il confine tra le due aree, quella dell’Italia meridionale e quella della Sicilia orientale, si trova sull’istmo lametino-scilletico, con il territorio di Crotone permeabile ad entrambi i tipi di circolazione monetale2. Altrettanto netta si è dimostrata, dal punto di vista della quantità e qualità di circolante, la divisione tra le località poste sulla costa tirrenica della Calabria meridionale (la cui vicinanza allo Stretto ha moltiplicato le presenze e le zecche di provenienza del numerario) e quelle sulla costa ionica (con una circolazione monetale meno permeabile al materiale proveniente da regioni lontane).

L’epoca tardoantica La storia della circolazione nella Calabria meridionale tirrenica di monete battute da zecche romano-orientali è contemporanea alla divisione del1 Cfr. M. CACCAMO CALTABIANO, Per una storia della circolazione della moneta reggina

in Sicilia, “Cronache di Archeologia e di Storia dell’Arte” IX, 1970, pp. 35-59. 2 Cfr. D. CASTRIZIO, Reggio ellenistica, Roma – Reggio Calabria 1995, pp. 125-137, riguardo al periodo ellenistico; B. CARROCCIO - D. CASTRIZIO, Ripostiglio di denari tornesi della Grecia angioina da Paracopìo di Bova (RC), “Archeologia Medievale” XXII, 1995, pp. 589610, per quanto attiene al periodo medievale.


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l’unico Imperium Romanorum in due partes semi-indipendenti avvenuta sotto il regno dei due figli di Teodosio, Arcadio ed Onorio. L’appartenenza del basso Tirreno calabrese all’area della circolazione “bizantina3” è attestata da vari rinvenimenti sporadici di esemplari battuti da officine orientali, segnalati in località costiere della Bovesia (geograficamente sul Mar Ionio, ma gravitante intorno a Reggio ed allo Stretto) e dalla stessa Reggio4. Le monete divisionali énee ritrovate in questa regione, del resto, si segnalano per la varietà delle zecche di provenienza, con prevalenza di materiale romano-orientale. La situazione – ancora non perfettamente delineabile a causa della cronica esiguità dei materiali numismatici calabresi editi – sembra attestare, in ogni modo, un permanere di traffici tra l’oriente e l’occidente lungo la vecchia rotta commerciale che da Alessandria portava a Reggio, e quindi a Roma5. I principali dati in proposito sono offerti dalla Collezione del Museo Civico di Reggio Calabria6, formata con i materiali raccolti nella stessa città e nelle più immediate vicinanze. Le coniazioni riferibili agli Imperatori da Aureliano a Valentiniano II mostrano 9 monete riconducibili a zecche occidentali (Treviri, Lugdunum, Arelate, Mediolanum e Ticino), 41 a Roma, 51 a zecche balcaniche (Aquileia, Siscia, Tessalonica, Eraclea e Costantinopoli) e 29 da zecche orientali (Cizico, Nicomedia, Antiochia e Alessandria). Come si può notare dal grafico, le zecche orientali e balcaniche sono presenti con il 61% del numerario globale, mentre un buon 32% spetta alla zecca di Roma. Non altrettanto rilevanti si mostrano le zecche occidentali, con solo il 7% del totale concernente loro coniazioni. Un ulteriore dato significativo è che l’ultima moneta occidentale presente nella Collezione reggina è stata battuta a nome di Crispo, regnante Costantino il Grande, dalla zecca di Ticinum. 3 Usiamo ancora per comodità l’errato termine “bizantino”, usato per convenzione nell’ambito della numismatica dell’Impero Romano d’Oriente, da Anastasio I alla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani. 4 I pochi dati disponibili relativamente a questo periodo storico si devono a M.A. MASTELLONI, Il ripostiglio di Bova Marina loc. S. Pasquale: brevi note sui rinvenimenti monetali nell’area dello Stretto, “MEFRM” 103-2, 1991 , pp. 643-665. 5 Cfr. CASTRIZIO, Reggio, cit., p. 79. Per le attestazioni del porto di Reggio nelle fonti bizantine vedi V. VON FALKENHAUSEN, Reggio bizantina e normanna, in Calabria bizantina. Testi monianze d’arte e strutture di territori, Soveria Mannelli 1991, pp. 249-254. 6 Cfr. MASTELLONI, Il ripostiglio, cit., pp. 644-647.


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Una ulteriore conferma di questa tendenza si può riscontrare nelle monete provenienti dallo scavo tardoantico di Pellaro (RC) 7: dei sei esemplari con identificazione di zecca degli anni di Costanzo II, due sono stati battuti dalla zecca di Antiochia, uno da quella di Aquileia, uno da Siscia e due da Costantinopoli. Un ulteriore esemplare di epoca posteriore, datato agli anni di Graziano, Valentiniano II e Teodosio I, è della zecca di Siscia. La situazione di prevalenza di zecche orientali è molto maggiore per quanto riguarda i pochi esemplari aurei pubblicati, quali quelli del tesoretto di Cannitello di Villa S. Giovanni (RC), ricostruito dalla Mastelloni8: delle circa 120 monete originarie, la studiosa ha rintracciato la descrizione di sette esemplari, di cui quattro sicuramente di zecca costantinopolitana e tre che oscillano tra Roma e Costantinopoli. In ogni caso, nelle collezioni private locali, tutte le monete auree appaiono essere battute a Costantinopoli. Oltre alle scarne informazioni numismatiche ed alle prime conferme p r ovenienti dall’archeologia9, una riprova importante dello status particolare g o d uto dal Bruzio meridionale, nella sua funzione di ponte tra le varie sponde del Mediterraneo, viene anche da una novella del Codex Theodosianus10 promulgata dagli imperatori Arcadio ed Onorio, indirizzata al Praefectus Praetorio Orien tis Cesario11 nell’anno 396. Notiamo come, nonostante la legge sia stata inviata al Prefetto al Pretorio per l’Oriente, la sua propositio avvenne a Reggio, che f aceva invece parte della Prefettura d’Italia, e che quindi, dal punto di vista s t r e ttamente legale, era fuori della giurisdizione del Prefetto orientale. Senza voler forzare la fonte, estrapolata com’è da ogni contesto, sembra quasi di potere r iconoscere uno status particolare per Rhegion, quasi cerniera tra le due partes.

La dominazione dei Goti Dopo la caduta dell’ultimo Imperatore Romano d’Occidente, Romolo Augustolo, gli anni del dominio gotico in Calabria – anche dal punto di vista 7 Cfr. E. ANDRONICO, Il sito archeologico di Pellaro (fraz. Di Reggio Calabria), “MEFRM”

103-2, 1991, pp. 731-736. 8 Cfr. MASTELLONI, I rinvenimenti, cit., pp. 661-662. 9 Exempli gratia, citiamo gli scavi della “Sinagoga” di Bova, c/da S. Pasquale, che hanno restituito moltissime anfore di tipo orientale, provenienti dalla Siria e dalla Palestina: cfr. M. RUBINICH, Osservazioni sul materiale ceramico di Bova Marina, “MEFRM” 103-2, 1991, pp. 631-642. 10 Cfr. S. M AZZARINO, Stilicone, Milano 19902, p. 67. C. Th. XV 1, 35: I M P P. ARCAD(IVS) ET HONOR(IVS) AD CAESARIO P(RAEFECTO) P(RAETORIO): Quicquid de Palatiis aut praetoriis iudicum aut horreis aut stabulis et receptaculis animalium ruina labsum fuerit, id rectorum facultatis reparari praecipimus, qui a primo consulatu divi genitoris nostri usque praesens tempus gesserunt iudiciariam potestatem. P(RO)POSITA REGIO ARCAD(IO) IIII ET HONOR(IO) III AA CONSS. 11 Sulla Prefettura di Cesario, vedi MAZZARINO, Stilicone, cit., pp. 254-255.


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numismatico – ci sono molto meno noti. Quel poco che intuiamo, comunque, ci lascia intravedere che nulla di sostanziale sia intervenuto a modificare, dal punto di vista economico, gli equilibri e le rotte commerciali fissate da molti secoli12. Dal punto di vista delle monete in uso, tesoretti appartenenti alla medesima area di circolazione, quale quello del Monte Rosa di Lipari 13 e di Messina (inv. n° 5874) 14, mostrano come la massa del circolante in uso tra la fine del V e la metà del VI sec. d.C. sia stata emessa tra il III ed il IV secolo, con imperatori fino a Valentiniano III. Pochi si mostrano gli apporti di numerario battuto dai nuovi re d’Italia, mentre emerge un qualche afflusso di moneta africana battuta a Cartagine. Pur trattandosi ancora di pochi dati, essi appaiono comunque importanti: nel ripostiglio del Museo Regionale di Messina sono presenti due monete protovandale e due esemplari di bronzo di zecca cartaginese, uno a nome di Trasamundo, l’altro, forse, a nome di Hilderico; materiali simili, sia pure non quantificabili, sono contenuti nel ripostiglio di Monte rosa di Lipari, nel quale si troverebbe, stando ai disegni forniti dall’Orsi, una moneta in bronzo di Odoacre15.

La guerra bizantino-gotica Il vero ingresso della regione nell’ambito della circolazione romea avvenne, come è naturale, in seguito alla guerra gotico-bizantina degli anni 535-55516. Reggio, porta d’ingresso dell’Italia, dopo la rapida avanzata di Belisario in Sicilia, fu ceduta alle forze imperiali senza colpo ferire da Eurimos/Evermund, genero del re dei Goti, Teodato17. Dopo la resa della principale piazzaforte e la defezione dell’esercito preposto a difenderla, tutto il Bruzio si consegnò spontaneamente a Belisario18. La guerra, spostatasi nel resto d’Italia, tornò ad investire l’attuale Calabria nel 542, quando piccole colonne mobili di Goti s’infiltrarono nel siste12

Cfr. C. TURANO, Il Bruzio nel VI secolo attraverso le «Variae» di Cassiodoro, “Rivista Storica Calabrese” N.S. IV nn. 3-4, 1983, pp. 565-588. 13 Cfr. P. ORSI, Ripostiglio monetale del Basso Impero e dei primi tempi bizantini rinvenu to a Lipari, “RIN” 23, 1910, p. 353. 14 Il ripostiglio è dato come in corso di studio nel 1991 da parte della MASTELLONI, I rin venimenti, cit., pp. 660-661, insieme a quello di Monte Rosa di Lipari. 15 Cfr. ORSI, Ripostiglio, cit., p. 5, n. 2. 16 Sulle vicende calabresi della guerra goto-romea rimandiamo a C. TURANO, Reggio du rante la guerra gotico-bizantina, “Historica” XLVII n. 4, 1994, pp. 168-176, con ampia bibliografia precedente. 17 Ibidem, pp. 168-169. 18 Sulla funzione di piazzaforte esercitata da Reggio nei secoli, vedi CASTRIZIO, Reggio, cit., p. 63-65.


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ma difensivo romeo riuscendo a scardinarlo, complice anche la partenza di Belisario, ritenuto da Giustiniano più utile sul fronte persiano19. La reazione romea non si fece attendere: il richiamo di Belisario in Italia si accompagnò alla mobilitazione di altre truppe fresche da impiegare sul fronte occidentale. Di questi rinforzi faceva parte anche il generale Giovanni, che, appena sbarcato a Brindisi nel 546, sottomise tutto il meridione italiano, compreso il Bruzio20. Lo scontro decisivo in questa fase della campagna – diretta a rendere inoffensivo il generale goto Recimundo, che comandava un esercito di Goti, Romei disertori e Mauritani posto a difesa dello Stretto di Scilla21 – si ebbe in una località imprecisata tra Reggio e Vibo. Giovanni ottenne una schiacciante vittoria, che gli permise di riprendere il controllo del Bruzio. La vittoria, però, non fu che di breve durata, talché già nel 547 l’esercito del generale Giovanni, sconfitto in una serie di scontri minori in Campania, fu stretto d’assedio a Rossano e disfatto: Belisario, vista inutile ogni resistenza, tornò a Costantinopoli22. Il re dei Goti, Totila, intraprese allora la riconquista della Sicilia, allestendo nei vari porti del Bruzio la flotta necessaria al trasbordo dell’esercito, ma prima di passare nell’isola tentò di riconquistare anche Reggio – che era rimasta in mano romea fin dal 536 – non potendo lasciarsi alle spalle una piazzaforte strategica nemica. I comandanti della guarnigione reggina, Thurimut ed Imerios, riuscirono in un primo momento non solo a difendere la città, ma anche a tentare audaci sortite ai danni dei Goti. Totila, vista l’impossibilità di conquistare di forza Reggio – che era stata di nuovo guarnita di mura per ordine di Belisario23, onde riprendere il suo ruolo storico di chiave militare della regione – lasciò alcune truppe per affamarne il presidio e la popolazione. La tattica ebbe successo, talché la città fu costretta a venire a patti e si arrese ai Goti nel 55024. Le ostilità conobbero un’ulteriore impennata nello stesso anno, grazie all’arrivo da Costantinopoli in Sicilia del generale armeno Artabanos, che intraprese tosto la riconquista dell’isola e dell’Italia meridionale, mentre dalla Dalmazia giungeva il nuovo comandante supremo, Narsete, con nuovi rin19 Cfr. TURANO, Reggio, cit., p. 170. 20 Ibidem, p. 171. 21 Ibidem. 22 Ibidem. 23 Secondo gli studi più accreditati,

la vecchia cinta muraria di Rhegion ellenistica era stata lasciata cadere in rovina durante la dominazione romana, al più tardi all’alba del principato di Augusto. Le nuove mura romee si impiantarono sopra quelle greche almeno nel tratto a mare della città, e probabilmente anche in un tratto orientale presso l’area del Castello, realizzato in epoca sveva da Federico II. 24 Cfr. TURANO, Reggio, cit., p. 172.


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forzi romei. La morte di Totila e, subito dopo, quella del suo successore Teia, aprirono la strada al successo degli Imperiali, ma la vittoria romea ebbe nell’Italia l’amaro epilogo di due bande di saccheggiatori alemanni e franchi, fatti giungere dagli stessi Goti. La prima colonna, al comando di Leutari, fu sconfitta a Fano da un esercito comandato da Artabanos; la seconda, guidata da Buccellino, percorse il Bruzio fino a Reggio, depredando, per poi tornare in Campania ed essere disfatta da Narsete sulle rive del Volturno25. Con quest’episodio, e la caduta del presidio gotico di Conza, terminava la lunga guerra romeo-gota, che per venti anni aveva insanguinato ed impoverito l’Italia, terra di conquista. Dal punto di vista della circolazione monetaria, la guerra è testimoniata dalle tante monete possedute dai soldati romei che combattevano in Italia che si rinvengono nella regione. Devono, perciò, essere giunti in Calabria in questo periodo gli esemplari battuti al tempo di imperatori che regnarono prima dell’inizio delle ostilità, ma che erano normalmente in corso al tempo di Giustiniano I (imperabat 527-565). Tra questi, ricordiamo le quattro monete battute sotto il regno di Anastasio (imperabat 491-518) e le sei di Giustino I (imperabat 518-527) attestate nella Collezione del Museo Civico di Reggio Calabria26. Più numerosi, com’è naturale, sono poi gli esemplari appartenenti cronologicamente al regno di Giustiniano, con il follis éneo da Gallico, i tre del Museo Civico di RC ed il decanummo di Costantina in Numidia della Collezione Gangemi del Piccolo Museo di S. Paolo di Reggio27. Da Lipari, per lo stesso periodo, vanno segnalati il solidus aureo di Costantinopoli28 ed il follis di Salona (?)29. Le vicende legate alla piazzaforte di Reggio, per molti anni rimasta in mano romea, spiegano anche la maggiore quantità di moneta trovata nell’ambito della sua attuale provincia rispetto al vuoto monetale da segnalare per quelle di Cosenza, Catanzaro e Vibo, almeno stando ai dati del Guzzetta, più volte citati. Come nel resto dell’Impero, l’ordinamento monetale vigente in Calabria (chiamata nelle fonti romee anche Brettanìa, la terra dei Bretti) che si evince da questi dati è basato sul solidus aureo, con i suoi divisionali semissis 25 Ibidem, p. 173. 26 Quasi tutte le informazioni

sulle monete bizantine rinvenute in Calabria sono tratte da G. GUZZETTA, Per la Calabria bizantina: primo censimento dei dati numismatici, in Calabria Bizantina (Istituzioni civili e topografia storica), Reggio Calabria 1986, tavv. 1, 2, 3. 27 Gli esemplari inediti della Collezione Gangemi nel “Piccolo Museo S. Paolo” di Reggio, formatasi in seguito a spontanee donazioni dei fedeli della parrocchia a Mons. Gangemi nel suo apostolato ininterrotto dal 1936 al 1996, sono pubblicati in appendice al presente lavoro. 28 Cfr. V. GIUSTOLISI, Nuove testimonianze di Lipari bizantina (Parte I), in AA.VV., Alla ricerca di Lipari Bizantina( a cura di V. GIUSTOLISI), p. 66. 29 Ibidem, p. 68.


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(metà) e tremissis (terzo), mentre il bronzo si fonda sul follis da 40 nummi, il mezzo follis da 20, il decanummo da 10 ed il pentanummo da 5. Si viene a delineare, in sostanza, una facies ben determinata di circolazione, che abbraccia gli anni della guerra gotica e quelli successivi fino alla morte di Giustiniano I: la Calabria e la Sicilia vengono immesse, manu mili tari, nell’area di circolazione monetale romea, caratterizzata da oro, coniato nella zecca di Costantinopoli, e da nominali in bronzo – che servivano a sostenere un’economia regionale basata sull’uso capillare della moneta – battuti da varie zecche dell’Impero. Costantinopoli, Cartagine ed Antiochia, soprattutto, ma anche Nicomedia, Cizico ed altre officine minori sono, quindi, le zecche di emissione dei nominali énei rinvenuti normalmente in Sicilia orientale ed in Calabria meridionale. Per le necessità della popolazione e delle truppe – che avevano bisogno della abbondante presenza di divisionali e di spiccioli per potere spendere la paga in oro – il governo, appena la situazione militare lo permise, aprì alcune zecche nella stessa Italia, a Roma ed a Ravenna, oltre che in Sicilia. Sono, così, presenti nella circolazione dello Stretto un buon numero di decanummi bronzei di queste nuove zecche, che coprirono il fabbisogno di divisionali, che si venne a creare per la difficoltà di importarne in quantità sufficiente da Costantinopoli30. Altra notazione rimarchevole è che la Calabria meridionale tirrenica e la Sicilia orientale rimasero sostanzialmente estranee all’uso di moneta argentea, ancorate com’erano ad un sistema bimetallico oro-bronzo tipicamente orientale, mentre Roma, Ravenna e Cartagine – che pure rifornivano di moneta quelle regioni – continuavano ad usare regolarmente nominali in argento.

Giustino II e Tiberio II Le linee politiche ed amministrative tracciate da Giustiniano, relative al riordino della situazione monetaria in Italia, furono portate a compimento dagli immediati successori, Giustino II (imperabat 565-578) e Tiberio II (i m perabat 578-582): i grossi nominali continuarono a provenire da zecche orientali, mentre i divisionali erano battuti da quelle italiane. Nella Calabria tirrenica tale situazione è testimoniata dalle due monete del Museo Civico di RC 30 Per i dati dello Stretto, si veda D. CASTRIZIO, Monete Bizantine, in Roma e Bisanzio, Normanni e Spagnoli. Monete a Messina nella Collezione B. Baldanza (a cura di M. CACCAMO CALTABIANO), Messina 1994, pp. 29-51. Per le monete bizantine siciliane vedi anche G. GUZZETTA, Appunti di circolazione monetaria nella Sicilia orientale bizantina, in La Sicilia rupestre nel contesto delle civiltà mediterranee, Galatina 1986, pp. 121 -133; D. CASTRIZIO, Circolazione monetaria bizantina nella Sicilia orientale, “Sicilia Archeologica” LXXVI-LXXVII, 1991, pp. 67-76, con i dati provenienti dalla ricca Collezione Alessi dell’omonimo Museo di Enna; IDEM, Monete bizantine nel Museo di Messina, “Archivio Storico Messinese”, LII, 1988, pp. 115-159.


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battute sotto Giustino II, oltre che dal decanummo da Pentimele e dalle due monete del Museo Civico di RC del regno di Tiberio II. I rinvenimenti dall’area dello Stretto sono in linea con quelli calabresi: nella Collezione Baldanza è presente un mezzo follis di Costantinopoli, un follis di Cizico, due follis ed un mezzo follis di Antiochia, un decanummo di Cartagine ed un pentanummo di Ravenna, tutti battuti sotto Giustino II, insieme a 5 decanummi di zecca siciliana ignota; a Lipari sono presenti 5 pentanummi di Ravenna ed un decanummo della zecca siciliana ignota. Per il regno di Tiberio II è da registrare solo un decanummo di Ravenna nel Museo di Messina. In generale, comunque, si deve registrare una tendenza alla diminuzione del numero di esemplari, forse motivata dall’enorme massa di circolante emesso ai tempi di Giustiniano I per sostenere le spese della riconquista. Rispetto al resto della Sicilia, l’area dello Stretto si segnala, poi, per la presenza di un numero maggiore di divisionali battuti nell’isola stessa, che non riuscirono a risalire lungo la penisola italiana, rimanendo invece legati alla circolazione locale31.

Da Maurizio Tiberio a Eraclio Una ulteriore fase economica si aprì con il regno di Maurizio Tiberio (imperabat 582-602), perdurando poi per quelli di Foca (imperabat 602-610) e di Eraclio (imperabat 610-641). Questo periodo si caratterizza per il perfezionamento del sistema imposto già da Giustiniano I, che tendeva a razionalizzare l’afflusso delle monete auree necessarie per il pagamento di truppe e funzionari imperiali, nonché dei divisionali énei indispensabili per i vilia commercia. Si può notare, allora, come i solidi aurei presenti nella Calabria meridionale e nella Sicilia orientale siano battuti a Roma o a Ravenna; i folleis ed i mezzi folleis provengano ancora da zecche orientali; i decanummi e pentanummi, invece, siano regolarmente coniati nella zecca imperiale di nuova costituzione a Catania. La principale causa di questa innovazione – che pure rientrava nel tentativo governativo di rendere il più possibile autosufficienti le varie aree economiche dell’Impero – si deve forse ricercare nella conquista longobarda di gran parte dell’Italia, compresa una larga porzione di Calabria32, che rendeva difficoltoso far giungere moneta spicciola nell’estremo sud della penisola ed in Sicilia. 31 Cfr. D. Castrizio, Baldanza... cit., pp. 35-36. 32 Paolo Diacono, Hist. Lang, I 32, attesta l’arrivo di re Autari sullo Stretto, raccontando

l’aneddoto carico di significati simbolici del Longobardo che tocca con la punta della lancia la colonna che segna l’approdo dalla Sicilia, e che era sempre stata il simbolo dello Stretto, dicendo: Usque hic erunt Langobardorum fines. Notiamo, però, come Reggio si trovi più a sud di questo sito, sia pure di pochi chilometri, e quindi la fonte non accenni ad una sua conquista longobarda.


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La situazione restò tale fino alla chiusura delle zecche orientali, dovuta ai gravissimi problemi militari in seno all’Impero causati dalla guerra contro i Persiani. In questa circostanza, la penuria di nominali énei che ne conseguì obbligò il governo centrale ad autorizzare l’apertura di una zecca “militare” a Siracusa, sede del comandante militare di Sicilia, il Doux. Questa zecca, sulla spinta dell’urgenza e della gravità della situazione, operò delle frettolose riconiazioni, usando come undertypes vecchi folleis ancora in circolazione33. Il fenomeno deve avere interessato una gran massa di circolante, talché tra gli esemplari di epoca eraclea rimastici, la maggioranza si presenta appunto riconiata I ritrovamenti calabresi editi di questo periodo consistono in una moneta di Foca nel Mus. Civ. RC; 2 solidi ed un follis da Terreti, oltre a 13 monete dal Mus. Civ. RC del regno di Eraclio. Interessantissimo appare – ai fini della ricostruzione delle rotte marittime del periodo – il dodecanummo di Alessandria battuto sotto l’imperatore Eraclio presente nel Museo S. Paolo di Reggio. Va rilevato, infatti, che il sistema monetario vigente nella capitale dell’Egitto romeo era basato su pesi locali e, quindi, non s’integrava perfettamente con quello in uso nel resto dell’Impero. Nonostante ciò, un numero sempre crescente di esemplari di zecca alessandrina da Reggio, da Messina34 e da Enna35 ci testimonia in maniera inequivocabile la permanenza di traffici commerciali tra l’area dello Stretto ed Alessandria. Nell’area dello Stretto vanno segnalati ulteriori dati: nella Coll. Baldanza un mezzo follis di Costantinopoli, tre follis ed un decanummo di Antiochia, tre decanummi di Catania per il regno Maurizio Tiberio, un follis di Costantinopoli ed un decanummo di Catania per Foca, 9 folleis di Costantinopoli, tre di Nicomedia, uno di Cizico, due dodecanummi di Alessandria, tre decanummi di Catania e tre folleis contromarcati di Siracusa per Eraclio; nel Museo di Messina un follis di Cartagine, uno di Nicomedia, un decanummo di Catania ed uno di Siracusa per Maurizio Tiberio, un mezzo follis di Cartagine per Foca, un solido aureo di Ravenna, due folleis e due mezzi folleis di Costantinopoli, un mezzo follis di Cartagine, un follis contromarcato di Siracusa per Eraclio; a Lipari due decanummi di Catania per Maurizio Tiberio, un decanummo di Roma per Foca, un mezzo follis di Roma e un follis contromarcato di Siracusa per Eraclio.

33 Che di riconiazione e non contromarcatura si sia trattato lo dimostra la volontà di obliterare il precedente tipo, anche se per la necessità di fare presto si dovettero usare punzoni di dimensioni ridotte applicati sopra monete appena riscaldate e non fuse. Cfr. CASTRIZIO, Circolazione, cit., p. 73. 34 Cfr. CASTRIZIO, Baldanza, cit., p. 39. Gli ultimi dodecanummi alessandrini sono però del regno di Costante II: ibidem, p. 41. 35 Ibidem, p. 72: un dodecanummo dell’epoca di Tiberio II.


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Da Costante II a Basilio I Il tentativo di spostare la capitale dell’Impero da Costantinopoli a Siracusa, operato nel 663 da Costante II (imperabat 641-668), aprì una nuova fase nell’ambito della circolazione monetale della Calabria. Se, infatti, il trasferimento della sede dell’Imperatore fu destinato ad infrangersi coll’assassinio di Costante II nel bagno siracusano di Dafne, l’attenzione da lui rivolta ai problemi della frontiera italiana – riguardo alla crescente pressione operata dai Longobardi e dagli Arabi36 – comportò un rinnovamento ed adeguamento delle strutture difensive ed amministrative delle regioni dell’Italia meridionale. Tra queste misure era compresa anche la creazione di una zecca nella nuova capitale, che fosse in grado di battere in tutti i metalli. Per questa causa, dal regno di Costante II – che ci appare, numismaticamente, come una fase di passaggio – fino alla presa della capitale del thema di Sicilia da parte degli Arabi nell’878, quasi tutte le monete presenti in Calabria e Sicilia sono di zecca siracusana. Questa situazione risulta pienamente confermata sulla base dei rinvenimenti monetali editi: il nomisma aureo ed i 6 folleis da Locri e Gerace, il follis da Pentimele, le 4 monete da Terreti e gli 8 esemplari più un exagramma in argento (unica moneta argentea attestata per Reggio) dal Mus. Civ. RC battuti sotto Costante II; i due folleis da Pentimele, il nomisma da Terreti e le 8 monete dal Mus. Civ. RC coniate sotto Costantino IV (imperabat 668-685); il nomi sma ed il follis da Terreti e la moneta dal Museo Civ. RC del regno di Giustiniano II (imperabat 685-695); i 2 nomismata da Melicucco e Polistena, il follis da Terreti e le 2 monete dal Mus.Civ. RC di Tiberio III (imperabat 698-705); il follis da Pentimele, il n o m i s m a ed il follis da Reggio, i tre f o l l e i s da Terreti, il follis della casa della Cultura di Palmi37 e le ben 34 monete dal Mus. Civ. RC del regno di Costantino V (imperabat 741-775); le due monete del Mus. Civ. RC di Niceforo I (imperabat 802-811); il follis da Pentimele, i 2 da Terreti, il follis della Casa della Cultura di Palmi38 e le 45 monete del Mus. Civ. RC di Leone V (imperabat 813-820); i 5 folleis da Terreti e le 26 monete dal Mus. Civ. RC del tempo di Michele II (imperabat 820-829); il nomisma da Laureana, il tremisse da Oppido, il follis da Reggio, quello del Museo di S. Paolo, i 9 folleis da Terreti, le 57 monete del Mus. Civ. RC di Teofilo (imperabat 829842); il follis da Reggio, il nomisma ed i 4 folleis da Terreti e le 24 monete del Mus. Civ. di RC di Michele III (imperabat 842-867); le monete non quantificate da Reggio e le 23 del Mus. Civ. RC di Basilio I (imperabat 867-886). 36 Notiamo come gli Arabi nel 652 effettuarono la prima spedizione di saccheggio nella Sicilia, senza trovare praticamente resistenza. 37 Morrisson 32/AE/Sy/07. 38 Morrisson 30/AE/Sy/08.


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A fronte di questi rinvenimenti editi dalla Provincia di Reggio – che rappresentano solo una piccola parte del materiale numismatico rinvenuto in si tu – stanno, come già rimarcato, le magre attestazioni del resto della Calabria. Per la costa tirrenica della provincia di Cosenza vanno segnalati i nomismata, di numero imprecisato, da Pian della Tirena di Michele III (imperabat 842867); il miliarense d’argento39 di Basilio I. Per quella di Catanzaro è attestato soltanto il rinvenimento di un nomisma del regno di Leone V da Cantorato. L’area dello Stretto, invece, mostra dati pienamente in sintonia con quelli della costa tirrenica reggina: nella Coll. Baldanza due folleis ed un mezzo follis di Costantinopoli, un dodecanummo di Alessandria, un follis ed un mezzo follis di Cartagine, cinque folleis, un mezzo follis ed un decanummo di Siracusa, un mezzo follis di Ravenna, due follis di imitazione siro-palestinesi ed un follis di Emesa sull’Oronte dell’epoca di Costante II, un follis di Cartagine, quattro folleis ed un decanummo di Siracusa, un follis di Ravenna per Costantino IV, tre folleis di Siracusa per Giustiniano II, un follis di Siracusa per Leone III, sedici folleis di Siracusa per Costantino V, tre folleis di Siracusa per Niceforo I, un follis di Siracusa per Michele I, quattro folleis di Siracusa per Leone V, tre folleis di Siracusa per Michele II, quattro folleis di Siracusa per Teofilo, un follis di Siracusa Per Michele III ed un follis di Siracusa per Basilio I; nel Medagliere del Museo di Messina due mezzi folleis di Cartagine ed un follis di Siracusa per Costante II, tre folleis di Siracusa per Costantino IV, un follis di Siracusa per Giustiniano II, quattordici folleis di Siracusa per Costantino V, tre folleis di Siracusa per Niceforo I, due folleis di Siracusa per Leone V, quattro folleis di Siracusa per Michele II, sei folleis di Siracusa per Teofilo, quattro folleis di Siracusa per Michele III ed un follis di Siracusa per Basilio I; a Lipari due folleis di Siracusa ed un mezzo follis di Cartagine per Costante II, un follis di Siracusa per Costantino IV, tre folleis di Siracusa per Costantino V, un follis di Siracusa per Michele I e due folleis di Siracusa per Leone V.

Basilio I e Leone VI La presa di Siracusa aveva comportato la necessità di spostare il praito rion dalla vecchia capitale tematica a quella nuova, Reggio, ancorché in teoria provvisoria40. Anche se lo stratego di Sicilia, per fare fronte alle necessità 39 Notiamo come, percentualmente, sia molto rilevante che su tre segnalazioni dalla provincia di Cosenza, una sia di moneta in argento, indice dell’alterità della circolazione monetale cosentina rispetto a quella del Reggino. 40 Mentre le fonti ufficiali continuano a mantenere la vecchia dizione di stratego di Sicilia, anche se nell’isola l’Impero non possedeva più che alcune piazzeforti, l’istituzione di un


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militari dell’intero thema, era costretto naturalmente a spostarsi di continuo, non v’è dubbio che gli uffici centrali, zecca compresa, fossero stati dislocati a Reggio, ora vera frontiera occidentale dell’Impero Romano contro il Dar al Islam. Questa nuova situazione, e la confusione che dovette regnare nel thema durante i primi mesi dopo la presa di Siracusa, ci è testimoniata da una serie monetale in bronzo, che abbiamo attribuito alla zecca di Reggio. La prima serie presenta al recto un busto frontale di Basilio I, con barba, indossante stemma (corona imperiale) e loros (sciarpa consolare), nella mano destra una croce patente, e leggenda BA SILIO’A[ ]; sul verso sono visibili i busti dei figli dell’Imperatore, Leone (futuro Leone VI) e Alessandro (futuro Alessandro I), con stemma e clamide, un astro tra le loro teste, e leggenda LEONCEALE (Leone e Alessandro) 41. La zecca di Reggio, come si evince dai dati del ripostiglio di Via Giulia e del tesoretto di Calanna, dovette rimanere aperta almeno fino al 901, anno in cui la città si arrese agli Arabi. Durante il governo di Leone VI fu emessa a Reggio un’altra serie di folleis, con al recto i busti di Leone VI, a sinistra, e suo fratello Alessandro, a destra, in trono (di cui si vede solo la spalliera), coronati di stemma e vestiti con divitision e loros; al centro tengono con le mani destre un labaro con cristogramma (la mano di Leone VI è posta più in alto in segno di supremazia), mentre al verso appare una leggenda su quattro linee: +LEON/SALEXAN/CROSbASIL/ROMEON (Leone e Alessandro imperatori dei Romani)42. Folleis di Basilio I della zecca di Reggio sono presenti nella Coll. Baldanza, con un esemplare, nella Coll. Capialbi di Vibo, con un esemplare, e, soprattutto, nel Medagliere del Museo di Reggio: un esemplare proviene dagli scavi archeologici della Soprintendenza della Calabria, effettuati nella fortezza bizantina di Calanna, pochi chilometri a nord di Reggio di Calabria; una seconda moneta è stata rinvenuta durante ricerche effettuate a Reggio Calabria; un’ultima moneta appartiene al tesoretto di Calanna. La serie di Leone VI è rappresentata solo da esemplari nel Museo di Reggio, con la presenza di ben 95 folleis.

thema di Calabria deve essere avvenuta nel X secolo. Su questi avvenimenti vedi VON FALKENHAUSEN, La dominazione, cit., pp. 28-31; Eadem, art. cit., pp. 254-266. 41 Cfr. D. CASTRIZIO, La zecca bizantina di Reggio dopo la conquista araba di Siracusa, in Atti del XII Internationaler Numismatischer Kongreß, Berlin 1997, II, Berlin 2000, pp. 859861. 42 Cfr. D. CASTRIZIO, I ripostigli di Via Giulia (RC) e del kastron di Calanna e la zecca bi zantina di Reggio sotto Basilio I e Leone VI, “RN” 2000, pp. 209-219.


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Da Leone VI alla conquista normanna Dopo la presa di Siracusa, come abbiamo già notato, la Sicilia poteva dirsi completamente perduta. La Calabria meridionale, di conseguenza, si veniva a trovare esposta, proprio perché città confinaria, ai tentativi di conquista islamici. Si aprì, così, uno dei periodi più difficili della storia della regione, che fu chiamata – insieme al sistema di fortezze dell’interno perfezionato in quest’epoca43 – a dover difendere l’accesso dell’Italia44. Dal punto di vista numismatico, il nuovo ruolo militare venne ad essere supportato da ingenti quantitativi di moneta coniata a Costantinopoli, da dove proveniva sia l’oro sia il bronzo. L’impatto nella circolazione monetale calabrese deve essere stato immediato, talché anche i tesoretti di quest’epoca contengono quasi unicamente moneta costantinopolitana. Questa situazione, infine, era destinata a permanere fino all’arrivo dei Normanni, che imposero un’altra cesura nell’ambito della circolazione locale, coniando essi stessi in oro, argento e bronzo. Nella provincia cosentina questo periodo è testimoniato solo da un follis di Romano I (imperabat 820-844) da Celimarro. Diverso e ben più articolato è il quadro dei rinvenimenti nel Reggino: per l’età di Leone VI (imperabat 886-912) sono attestati un numero imprecisato di folleis da Cittanova, 1 da Pentimele, 1 da Terreti, 5 nel Museo S. Paolo e ben 114 dal Mus. Civ. RC; per Costantino VII (imperabat 913-959) 1 follis da S. Niceto, 1 da Pentimele, 2 da Terreti, 2 nel Museo S. Paolo e 10 dal Mus. Civ. RC; per gli anni di governo effettivo di Romano I (imperabat 920-944) sono da ricordare 1 follis da Pentimele, 2 da Terreti, 2 nel Museo S. Paolo e 34 nel Mus. Civ. RC; a ppartiene a Basilio II (imperabat 976-1025) solo il nomisma del Mus. Civ. RC. Nell’area dello Stretto registriamo nella Coll. Baldanza cinque folleis di Costantinopoli per Leone VI, quattro folleis di Costantinopoli per Costantino VII; nel Museo Regionale di Messina sette folleis di Costantinopoli per Leone VI, otto folleis di Costantinopoli per Costantino VII.

La conquista normanna Sul versante numismatico, la conquista normanna della Calabria è testimoniata da un numero impressionante di folleis anonimi in bronzo. Una volta di più, le poche monete edite non rendono l’idea dell’elevato numero di esem43Sul

sistema delle “Motte”, vedi A.M. D E LORENZO, Le quattro Motte estinte presso Reggio di Calabria, Siena 1891 e F. MARTORANO, La fortezza bizantina di S. Niceto, in Calabria bizantina. Testimonianze d’arte e strutture di territori, Soveria Mannelli 1991, pp. 312-394. 44 Sull’importanza storica della resistenza del thema di Calabria, che impedì lo stanziamento di teste di ponte permanenti nella regione, vedi VON FALKENHAUSEN, La dominazione, cit., pp. 42-43.


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plari rinvenuti nella Regione. Rilevante è, poi, a nostro avviso, la presenza di tali monete nella Calabria Citra e sull’Istmo lametino-scilletico, dove appaiono essere cronologicamente le prime dopo un vuoto numismatico principiato nella prima età imperiale. Rispetto a questo fenomeno, finora mai notato, la spiegazione più soddisfacente sembra essere quella dell’entrata della regione catanzarese e cosentina in un’area di circolazione monetaria per merito dei Normanni45. Si viene così a tracciare una situazione in cui esemplari romei furono utilizzati dai conquistatori nei primi decenni della loro dominazione in Calabria, fino a che, con le riforme monetarie di Ruggero II, si poté mettere ordine nella monetazione, e far diventare fuori corso le monete romee. Dai dati editi, quest’ipotesi di circolazione è confermata nella provincia di Cosenza solo da un follis anonimo da Castiglione di Paludi, anche se, personalmente, abbiamo riscontrato la presenza di molti folleis anonimi nel Medagliere del Museo Civico di Cosenza e tra i collezionisti del Cosentino. Nella provincia di Catanzaro si segnalano, invece: dalla Roccelletta di Squillace due folleis, entrambi anonimi; un follis anonimo da Copanello; un altro follis anonimo da Dinami. Numerosi, viceversa, i rinvenimenti di folleis anonimi dalla provincia di Reggio: 1 da Monasterace, 1 da Locri o Gerace, 2 da Gallico, 2 da Terreti, 3 nel Museo S. Paolo e 28 dal Mus. Civ. RC di classe A; 1 da Terreti e 3 nel Mus. Civ. RC di Classe B; 1 da Monasterace, 5 da Locri o Gerace, 2 da S. Niceta, 1 da Brancaleone, 1 da Capo Spartivento, 4 da Gallico, uno da Pentimele, 3 da Reggio, 2 da Terreti e 36 nel Mus. Civ. RC; uno da Gallico di Classe G. Nella Coll. Baldanza due folleis anonimi di Classe B di Costantinopoli, un follis di Costantinopoli per Costantino X; nel Museo di Messina due fol leis anonimi di Classe A, otto folleis anonimi di Classe C (più uno probabile), un follis anonimo di Classe F ed uno probabilmente di Classe K; a Lipari è presente solo un follis anonimo di Classe C. Interessantissimi si presentano anche i ripostigli di Terreti (2 folleis anonimi Cl. A, 1 Cl. B e 2 Cl. C) e di Motta S. Giovanni (11 folleis anonimi Cl. C, 3 Cl. D e 2 Cl. E), nonché i folleis anonimi, ancora inediti, rinvenuti nel sito di S. Eusebio presso S. Giorgio Morgeto. Tutti questi ritrovamenti appaiono, infatti, legati tra loro per essere avvenuti presso i principali kastellia a guardia della regione, ed il loro occultamento deve essere connesso con l’arrivo dei Normanni. Queste monete, nel silenzio delle fonti a proposito della sorte dei kastellia presso Reggio, testimoniano la resistenza da parte delle fortezze dell’interno (come S. Cirillo di Terreti, S. Giovanni e S. Eusebio) di fronte ai predatori normanni. 45 Sull’espansione commerciale della Calabria settentrionale sotto i Normanni, vedi D. CASTRIZIO, Il rapporto tra seta e tarì nella Calabria bizantina, normanna e sveva, “RIN” XCVI, 1994, pp. 221- 228


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APPENDICE I

Monete bizantine e medievali nella collezione Gangemi della Fondazione “Piccolo Museo di S. Paolo” di Reggio46

GIUSTINIANO I (imperabat 527-565) ZECCA AFRICANA INCERTA (COSTANTINA IN NUMIDIA?) Decanummo 1.

535-565 D/ Busto di Giustiniano volto a d., con diadema, corazza e paludamentum. C.p. [...]PAV R/ Nel campo grande I, a d. e a s. una croce, in esergo CON. AE gr. 4,48 Morrisson 4/Ct/AE/71

ERACLIO (imperabat 610-641) ZECCA DI ALESSANDRIA Dodecanummo 2.

610-617 D/ Busti di Eraclio, a s., ed Eraclio Costantino, a d., con stemma, corazza e palu damentum. R/ Nel campo croce patente su gradini. Ai lati I/B. In esergo ALEX. AE gr. 5,53 Morrisson 10/Al/AE/04

COSTANTINO IV (imperabat 668-685) ZECCA DI SIRACUSA Follis 3.

674-681 D/ Figura stante di Costantino IV di fronte, con elmo e corazza, nella mano d. lancia. R/ Nel campo grande M, in alto monogramma di Costantino IV, a s. figura stante di Eraclio, a d. figura stante di Tiberio, entrambi con stemma e clamide, nella mano d. globo crucifero. In esergo SCL. AE gr. 3,75 Morrisson 14/Sy/AE/04

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Per esigenza di completezza, preferiamo non escludere dalla pubblicazione tutte quelle monete che non sono del periodo romeo, ma che presentano un grandissimo interesse storico. Tralasciando il follaro di Ruggero II, ben documentato nella regione, è questo il caso dei denari provisini della Contea di Champagne, primi rinvenuti in Calabria, del grosso veneziano e del quattrino di Lodovico d’Angiò battuto nella zecca de L’Aquila, per cui vale la stessa considerazione.


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TEOFILO (imperabat 829-842) ZECCA DI SIRACUSA Follis 4.

830-835 (?) D/ Busto di Teofilo (con barba) di fronte, con stemma e loros, nella mano d. croce patente. QEO FILOSbAS R/ A s. busto di Michele II (con barba), a d. busto di Costantino, entrambi con stemma e clamide, tra le loro teste un astro. +MIXAHLSCONST AE gr. 3,23 Morrisson 32/Sy/AE/01

LEONE VI (imperabat 886-912) ZECCA DI COSTANTINOPOLI Follis 5.

—— D/ A s. Leone VI (con barba), a d. Alessandro, entrambi in trono, con stemma e clapotos loros, tenenti in mezzo a loro un labaro (mano di Leone VI più in alto). [+LEON] SALE XANGROS R/ +LEON/SALEXAN/GROSbASIL’/ROMEON AE gr. 7,51 Morrisson 35/Cp/AE/11 (tipo II)

6.

D/ Busto di Leone VI (con barba) di fronte, con stemma e clamide, nella mano s. akakia. +LEONbAS ILEVSROM’ R/ +LEON/ENQEObA/SILEVSR/OMEON AE gr. 8,98 Morrisson 35/Cp/AE/14 (tipo III)

7.

D/ Idem. R/ Idem. AE gr. 7,56

8.

D/ Idem. R/ Idem. AE gr. 4,91

9.

D/ Idem. R/ Idem. AE gr. 7,05

COSTANTINO VII (imperabat 913-959) ZECCA DI COSTANTINOPOLI Follis 913-919 10. D/ A. s. busto di Costantino VII, con stemma e clamide; a d. busto di Zoe, con


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stemma con pendilia e clamide. Entrambi tengono una croce posta nel centro. CONSTANT’CEZOH. R/ CONST/[A]NTINOS/CEZOHBA/SILISRO/MEON AE gr. 3,43 Morrisson 37/Cp/AE/16 920-944 11. D/ Busto barbato frontale di Romano I, con stemma e clamide, nella mano d. uno scettro (narthex ? ), nella mano s. globo crucifero. +RwmAn’ bASILEVSRwm R/ +ROMA/N’ENQEwbA/SILEVSR/MAIwN AE gr. 5,37 Morrisson 37/Cp/AE/51 12. D/ Idem R/ Idem. AE gr. 5,79 945 13. D/ Busto di Costantino VII (con corte barba) di fronte, con stemma e clapotos loros, nella mano d. akakia, nella mano s. globo crucifero. +CONST’bA/SIL’[ ] R/ +CONST/ENQEObA/SILE.VSR/OMEON AE gr. 6,51 Morrisson 37/Cp/AE/55 FOLLEIS ANONIMI DI CLASSE A1 ZECCA DI COSTANTINOPOLI Follis 971-97647 14. D/ Busto del Cristo di fronte, con nimbo crociato, stola e kolobion, benedicente, nella mano s. libro dei Vangeli. A s. IC, a d. XC. R/ IHSUS/CRISTUS/BASILEUS/BASILE’ AE gr. 13,07 Morrisson 41/Cp/AE/12 15. D/ Idem. R/ Idem. AE gr. 10,49 16. D/ Idem. R/ Idem. 47 Per tutte le proposte di datazione dei folleis anonimi rimandiamo alla tavola sinottica pubblicata da C. MORRISSON, op. cit., II, p. 586, anche se noi nel presente lavoro adotteremo quella proposta da M. THOMPSON.


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AE gr. 9,94 Morrisson 41/Cp/AE/12 FOLLEIS ANONIMI DI CLASSE C ZECCA DI COSTANTINOPOLI Follis 1034-1041 17. D/ Figura stante del Cristo di fronte, con nimbo crociato, stola e kolobion, benedicente. R/ Croce greca perlinata. In alto a s. IS, in alto a d. XS, in basso a s. NI, in basso a d. KA. AE gr. 9,51 Morrisson 41/Cp/AE/87 18. D/ Idem. R/ Idem. AE gr. 9,20 RUGGERO II (regnabat 1102-1154) ZECCA DI MESSINA (o MILETO) Follaro 1127-1130 19. D/ Ruggero seduto in trono, nella mano d. lunga croce, nel campo a s. R/II. C.p. e c.l. R/ Busto frontale di Cristo con nimbo crociato, stola e kolobion. Ai lati CE e S/SV. C.l. e c. p. AE gr. 7,38 Spahr I p. 150, 50 THIBAUT II (1125-1152) ZECCA DI PROVINS Denaro provisino —— 20. D/ Croce con alfa, omega e due bisanti nei quattro campi +THEBALTCOMES R/ Pettine con in alto Y (A o T) e due anelletti, entro c. l. CASTRIPRVVINS MI gr. 1 F. Poey d’Avant, Monnaies féodales de France, I, Paris 1858, 5970 ill. 1848 21. D/ Idem. R/ Idem. MI gr. 1,03 48 Per i denari provisini abbiamo adottato la nuova cronologia delle serie, proposta da L. TRAVAINI, Provisini di Champagne nel regno di Sicilia: problemi di datazione, “RN” 1999, pp. 211-229.


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ENRICO I (1152-80) ZECCA DI PROVINS Denaro provisino —— 22. D/ Idem. HENRICOMES R/ Idem. MI gr. 1,05 F. Poey d’Avant, Monnaies féodales de France, I, Paris 1858, 5972

PIETRO ZIANI (1205-1229) ZECCA DI VENEZIA Grosso —— 23. D/ A. s. figura stante di Pietro Ziani doge, con clamide, in atto di ricevere da San Marco, a d. con nimbo e clamide, uno stendardo. R/ Busto frontale in trono di Cristo con nimbo crociato, stola e kolobion. Ai lati IC e XC. C. p. AR gr. 1,89 CNI Venezia (parte I) tav. II n. 1. LUDOVICO D’ANGIÒ (regnabat 1382-1384) ZECCA DE L’AQUILA Quattrino —— 24. D/ Croce patente, con giglio nel terzo quarto. +LUDOVICVS REX R/ Leone gradiente a s., con la bocca aperta e la coda alzata. +DE AQVILA MI gr. 0,83 CNI XVIII tav. II, 4



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