Ricerche terni medievale 1e

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San Francesco ( chiesa )

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(video terni antica)

(monumenti antichi )

La città, posta in una pianura alluvionale tra il fiume Nera e il torrente Serra, vide il suo territorio abitato già nell'età del bronzo e del ferro, come testimoniano numerosi rinvenimenti. L'età del Bronzo medio (XVI–XIII secolo a.C.) è segnata da un'attività pastorale, di tipo transumante, contraddistinta da insediamenti in capanne e grotte. Questa attività di tipo caseario è testimoniata dai vari manufatti ceramici, ad essa connessi, rinvenuti presso Titignano, Avigliano Umbro e Narni Con gli inizi dell'età del Ferro (X secolo a.C.), il territorio accresce la propria importanza, come attestato dalla grande necropoli delle Acciaierie. In questo periodo si afferma un modello di insediamento stabile ed organizzato, supporto fondamentale per lo sviluppo della cultura ternana, una delle più importanti dell'Italia protostorica. In base alla tipologia dei corredi funerari è possibile distinguere tre fasi: Terni I, Terni II e Terni III. Alla prima fase, la più antica, appartengono le tombe ad incinerazione, formate da un pozzetto per lo più cilindrico. Le analogie culturali sono con l'area laziale, soprattutto Roma-Colli Albani e Allumiere. L'abitato corrispondente alla necropoli di questo periodo era probabilmente situato sul Colle di Pentima, lungo il margine orientale della conca ternana. La fase Terni II, databile al IX secolo a.C., è caratterizzata dalla sostituzione del rito funerario dell'incinerazione con quello dell'inumazione. Le sepolture ad inumazione sono formate da fosse rettangolari, riempite con terra e pietrame oltre il livello del suolo, alcune con circolo di pietre a delimitarne il perimetro, a volte con fondo pavimentato da ciottoli di fiume. Le evidenze culturali di questa fase ricollegano la necropoli ternana all'area umbra, sabina e picena, ma con apporti dalla fase laziale di Roma-Colli Albani II, soprattutto nella ceramica. Alla fase Terni III, databile fra l'VIII e il VI secolo a.C., appartengono le tombe di S. Pietro in Campo, poco più ad occidente della necropoli delle Acciaierie, e quelle rinvenute nell'area dell'ex poligrafico Alterocca. Le sepolture sono tutte ad inumazione, particolarmente ricche, quelle maschili, di armi in ferro, fra cui le lance a foglia, giavellotti, spade e pugnali, in quelle femminili, lebeti, bacili, attingitoi, anfore, oltre alle fibule. I più recenti scavi, in località Maratta Bassa ed in contesto urbano, hanno confermato un processo di proto urbanizzazione, decisamente precoce rispetto ad altre realtà umbre. In epoca storica, secondo le Tavole eugubine, il popolo dei Naharti (Naharkum..Numen) era considerato nemico dell'arce umbra di Gubbio, al pari degli Etruschi e degli Jabusci. È probabile che i Naharti abitassero proprio lungo il corso del Nera, la cui radice idronimica Nahar- è in comune con l'appellativo Naharkum. Alcune sommità che circondano la piana di Terni continuarono ad essere abitate, come le propaggini meridionali dei monti Martani, disseminate di piccoli insediamenti, posti fra i 700 e i 1.000 m di altezza, non tutti a scopo abitativo, di cui il più importante è il sito fortificato di S. Erasmo di Cesi, databile almeno al V secolo a.C. La notizia non provata che al di sopra di Rocca San Zenone si trovasse l'oppidum umbro di Vindena si riferisce probabilmente alla memoria di questi insediamenti di altura.


L'origine della città viene dunque fatta risalire al 672 a.C., come si evince da un'iscrizione latina di età tiberiana. Il nome Interamna Nahars ha fatto pensare che il Nera e il Serra e le loro derivazioni circondassero la città, costituendo una difesa naturale. Il nome Interamna si è poi evoluto in Teramna, Terani e, infine, Terni.[9] La conquista romana

Rovine di Carsulae. Le fonti classiche non citano quando Terni entrò a far parte delle strutture amministrative romane. Nel 290 a.C., o poco dopo, Manio Curio Dentato promosse la costruzione della Via Curia (di cui non resta traccia), collegando Terni a Rieti[10] e realizzò il taglio del costone delle Marmore, per facilitare il deflusso delle acque del Velino nel Nera;[11] è, quindi, probabile che già all'epoca Interamna fosse romanizzata. Durante la seconda guerra punica, nel 214 a.C., Interamna, insieme ad altre undici colonie latine, non si trovò nelle condizioni di fornire il suo contingente di armati per formare le due legioni urbane che i consoli di quell'anno, Quinto Fabio Massimo Verrucoso e Marco Claudio Marcello, ebbero intenzione di arruolare; quest'azione, giudicata dal Senato di Roma come tradimento, fu severamente punita qualche anno dopo con l'emanazione di una legge apposita, che nella giurisdizione delle colonie latine si chiamò ius XII coloniarum.[12] Tra l'altro, a questo periodo risalgono le mura che circondarono il perimetro dell'abitato romano. Alla fine del secondo secolo a.C. sono databili alcuni lavori di riassetto del ramo orientale della via Flaminia, che collegava (e collega) Narni a Spoleto, per riallacciarsi all'originario tracciato della consolare all'altezza di Forum Flaminii, poco a nord di Foligno. Dopo la Guerra sociale Interamna divenne municipium, non si sa se con le caratteristiche della piena cittadinanza o come civitas sine suffragio.[13] L'Impero Romano

La statua di Gaio Cornelio Tacito a Terni. Con la sistemazione amministrativa dell'Italia, Interamna fu iscritta alla tribù Clustumina e fu inclusa nella Regio VI Umbria.[14] Si colloca nel periodo fra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. la strutturazione definitiva della Terni romana. In questo periodo furono edificati tempi, il teatro, due terme e l'anfiteatro.[15]


Durante l'Impero fu teatro di alcuni avvenimenti significativi: la resa delle ultime truppe di Vitellio alle legioni di Vespasiano nel 69,[16] l'attribuzione, da parte del Senato, dell'auctoritas imperiale a L. Settimio Severo, già acclamato Imperatore dalle legioni d'Illiria, nel 193,[17] e l'uccisione, nel 253, nelle campagne vicine, dell'imperatore V. Treboniano Gallo e di suo figlio G. Vibio Volusiano, mentre si apprestavano a combattere contro le legioni dell'usurpatore M. Emilio Emiliano, acclamato Imperatore dalle truppe della Mesia.[18] Risale all'inizio del III secolo d.C. la testimonianza della Tabula Peutingeriana che il tracciato di riferimento della Via Flaminia non è più quello occidentale, da Narnia a Mevania, ma quello orientale, che passa per Terni, contrariamente all'itinerarium Gaditanum di due secoli prima, che indica il primo come percorso preferito.[19] La diffusione del Cristianesimo è attestata dall'area cimiteriale, databile al IV secolo, sorta su una necropoli pagana, alla sommità di un colle poco a sud della città, lungo la via Interamnana. Il luogo principale di culto fu costruito probabilmente all'interno delle mura cittadine, a ridosso dell'anfiteatro, nel luogo dove ora sorge la cattedrale e fu dedicato inizialmente a S. Maria Assunta.[20] Dopo la Guerra Gotica, durante la quale è probabile che anche Interamna sia stata, prima occupata dagli Ostrogoti, poi ripresa dai Bizantini,[21] la conquista più significativa fu quella longobarda, avvenuta ad opera dei Duchi di Spoleto alla fine del VI secolo e compiuta già al tempo di Autari. Terni assunse il carattere di città di frontiera, trovandosi a poca distanza da Narni bizantina, posta a guardia della via Flaminia, nel suo tratto occidentale. Sebbene il limite esatto fra le due aree nemiche sia molto difficilmente identificabile, si ritiene che esso fosse compreso fra la consolare Flaminia, nel suo percorso più antico, in mano ai Bizantini, e la via Interamnana, in mano ai Longobardi, che la utilizzarono per l'occupazione della Sabina occidentale, fino a Farfa.[22] Durante la prima fase del dominio longobardo la diocesi ternana fu soppressa da Gregorio Magno, forse più per mancanza di fedeli che per riduzione della popolazione, e fu assorbita da quella di Narni. Il passaggio ai Franchi non mutò radicalmente la situazione, poiché Terni continuò a dipendere dal Ducato di Spoleto, pur essendo sede di un comes. La diocesi, alla fine dell'VIII secolo, fu annessa a quella di Spoleto, ristabilendo così, ma a favore del Regno, un'anomalia istituzionale. Proprio per questo motivo il Papato e la diocesi narnese non smisero mai di rivendicare la sovranità su Terni, facendosi forti della Promissio Carisiaca e dei capitolari successivi, che affermavano la volontà dell'Impero di restituire Narni al Papa.[23] Il Basso Medioevo Nel 1174 le soldataglie del vescovo Cristiano di Magonza la presero e la distrussero con l'accusa di non pagare le gabelle dovute.[24] Nonostante i Diplomi imperiali dei secoli precedenti, la cessione del territorio e della diocesi ternani al potere temporale dei Papi non si realizzò, probabilmente per le resistenze dei duchi e dei vescovi di Spoleto, e soltanto la decisa opera di annessione dell'intero Ducato di Spoleto da parte di Innocenzo III, nel 1198, riuscì a fare di Terni un pezzo del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Nel 1218, Onorio III ricostituì il Capitolo Cattedrale nella chiesa di S. Maria Assunta, ma dotandola di una competenza territoriale molto esigua, esposta alle rivendicazioni di Narni, da una parte, e di Spoleto, dall'altra.[25] Quando Terni entrò a far parte del potere temporale dei Papi era già un Comune, con la magistratura dei due consoli e il Parlamento, ma con una storia di lotte per la stessa sopravvivenza. Al momento in cui gli fu restituita la diocesi, Terni ebbe anche il Podestà e il Capitano del Popolo, apparentemente in anticipo di qualche decennio rispetto ad altri comuni umbri. Nel giugno del 1241 Terni si sottomise spontaneamente a Federico II, che la individuò, forse per le sue vie di comunicazione con Roma, come base della sua presenza nell'Italia Centrale durante il conflitto che lo oppose, nel 1244, al papa Innocenzo IV e, come sede, nel 1247, della dieta che avrebbe dovuto ridisegnare l'assetto amministrativo e politico dell'Italia.[26] Ma con la morte del sovrano, Terni tornò all'obbedienza papale, anche se lo fece molto tardivamente, nel 1252. Nel 1294 il Comune si dotò di una nuova carica, i 'quattro di credenza' o difensori del Popolo e, nel 1307, dei Priori. Durante la Cattività avignonese continuò la resistenza al potere papale e, schiacciata fra due fortissimi Comuni, come Spoleto e Narni, fu costretta ad allearsi con Todi, che nominò fra il 1338 e il 1354 sette Podestà su dieci.[27] Nel 1354 si sottomise al legato Papale, il cardinale Egidio Albornoz.[28] Nel 1416 fu soggetta alla signoria di Braccio da Montone,[29] ma nel 1420 i mercenari al soldo di Martino V la ricondussero sotto il potere papale.[30] Fra il 1444 e il 1448, prima Eugenio IV e poi Niccolò V, modificarono gli statuti comunali ed introdussero a Terni, come in altre parti del Patrimonio, il Governatorato, dando così un'impronta accentratrice all'amministrazione pontificia.[31] Fra i governatori, risulta citato il conte palatino Ioannes De Sellis da Forlì[32]. .

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Risale al sec. XVI la costruzione della cappella dei Manassei di Collestatte, sul lato sinistro. Sempre sullo stesso lato fu aggiunta, nel sec. XVII, la cappella dei Filerna, dedicata a San Vincenzo, ora adibita a sagrestia. Il presbiterio rotondo e l'abside rettangolare costituiscono invece uno degli organismi architettonici più discussi ed enigmatici dell'Umbria , sia per la datazione che per la funzione, non si sa se di mausoleo, di oratorio o di battistero. La datazione di questa parte oscilla secondo alcuni studiosi fra il sec.VI e l'VIII, ma di recente è stata portata alla metà del sec .XI. Gli scavi condotti nella chiesa e nelle immediate adiacenze tra il 1909 e il 1968 mettevano in evidenza che l'edificio insisteva su di un'area precedentemente occupata da costruzioni di tipo civile e da una "domus" databili intorno al sec I d.C. La "domus", solo in parte esplorata, si evidenzia intorno ad un piccolo cortile porticato, al cui centro era scavata una vasca. Gli scavi invece effettuati ad oriente , dietro l'abside della chiesa, hanno messo in luce i resti di una grande piscina, purtroppo troppo degradata, ed ambienti di carattere termale. Si evidenzia inoltre che la chiesa utilizza la stessa pianta centrale e si iscrive attorno ad un ambiente antico conservandone l'orientamento ed utilizzando, pur a livello differente, lo stesso ingresso La Chiesa di San Salvatore è attualmente costituita da una navata rettangolare a doppia campata, ampliata da una cappella laterale (Manassei) e da un presbiterio a pianta circolare concluso da una piccola abside rettangolare. La navata a due campate, divise da un arco trasversale a pietra , secondo uno schema tipologico ricorrente nell'architettura umbra romanica, è coperta da volte a crociera e, all'esterno, presenta una decorazione a lesene ed archetti di coronamento di derivazione lombarda. La navata è collocabile tra la seconda metà e la fine del sec. XII, sia per il partito architettonico generale, sia per il portale a più rincassi, che compare frequentemente in quest'epoca in tutta una serie di edifici compresi nella fascia che va da Todi a Spoleto a Terni

Ponte Romano sul Nera


Torre Barbarasa corso Vittorio Emanuele (attuale via Roma)

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ANFITEATRO FAUSTO L’anfiteatro Fausto è l’edificio romano meglio conservato nella città di Terni. Sorge all’interno del centro abitato e lungo l’unico tratto delle mura antiche di Terni. Ha pianta ovale e fu costruito durante il regno di Tiberio, nel primo secolo d.C. Il committente fu Fausto Liberale ma, non si conosce il nome dei costruttori. Tutto l’anfiteatro è costruito in muratura: si tratta di pietra sponga delle Marmore, una roccia sedimentaria locale molto diffusa nell’edilizia; la tecnica utilizzata è quella dell’opus vittatum (ognuna delle due facce verticali del muro è formata da blocchetti di pietra disposti in filari orizzontali simili). L’anfiteatro era composto da un porticato antistante e da una struttura che sosteneva le gradinate. Le mura perimetrali erano rivestite da materiale bianco e nero e robusti archi supportavano queste mura. Numerose statue ornavano l’ultimo piano della struttura. Era possibile accedere all’anfiteatro attraverso tre ingressi,l’ingresso principale si affacciava verso il tempio di Giove, sull’attuale Piazza Duomo. Oggi l’anfiteatro ospita spettacoli ed eventi culturali.


Anfiteatro Fausto

L'anfiteatro Fausto L'anfiteatro è la principale emergenza archeologica di età romana della città; occupava in antico un'area interna alle mura ma periferica rispetto all'abitato di Interamna Nahars, in prossimità della porta (scomparsa ma da ubicarsi all'altezza di Piazza Briccialdi) attraverso la quale la Flaminia, giungendo da Narni, entrava in città. Eretto nel primi decenni del I secolo d.C. in opus reticolatum bicromo (con cubilia di pietra sponga alternati ad elementi calcarei), il monumento, in virtù non solo della mole originaria ma anche del pressoché costante riutilizzo nel corso dei secoli, è conservato per una notevole altezza che, lungo via del Vescovado, raggiunge quasi i dieci metri. La facciata, visibile all'interno dei giardini della Passeggiata, si presenta al piano terra scandita da semipilastri in blocchetti di sponga, delimitanti campate alternatamente chiuse ed aperte con archi; in base ad un disegno della fine del XV secolo conservato nella raccolta della Galleria degli Uffizi, ritenuto autografo di Francesco di Giorgio Martini e postillato da Baldassarre Peruzzi, nel quale è riprodotto un tratto del prospetto esterno dell'anfiteatro, si può ricostruire un secondo ordine con finestre architravate delle quali oggi non resta traccia. All'interno della struttura originaria sono attualmente visibili lunghi brani dell'ambulacro perimetrale coperto con volta a botte, diversi ambienti radiali che sostenevano le gradinate ed un secondo corridoio anulare. In corrispondenza dell'asse maggiore dell'ellisse si trovano i due ingressi principali costituiti da ampi archi in grandi blocchi di calcare; nella parte meridionale dell'edificio si possono inoltre individuare una serie di ingressi secondari, aprentisi ogni quattro campate, che tagliavano i due ambulacri per sboccare, molto probabilmente, nel podio che cingeva l'arena. Esaurita la sua funzione di edificio per spettacoli, con la decadenza dell'impero romano, e dopo un periodo di abbandono durante il quale le sue strutture dovettero essere oggetto di un sistematico intervento di spoliazione per il recupero di materiale da costruzione, il monumento, a partire dall'età medievale venne interessato da una consistente occupazione di tipo residenziale e religioso, ampiamente documentata da fonti documentarie e resti materiali. Sin dall'inizio del XIII secolo, quando gran parte dell'anfiteatro, allora di proprietà comunale, viene concesso in dote alla mensa vescovile, nel momento della restaurazione della diocesi ternana, è infatti attestata la presenza di unità abitative, sorte all'interno delle strutture perimetrali; in più punti sono tutt'ora riconoscibili brani della caratteristica muratura in "quadrelli" di sponga riferibili a queste case, parte delle quali fu demolita soltanto negli anni '30.


Con l'assegnazione al Vescovo comincia anche l'insediamento sui resti romani della sua residenza, che nel corso dei secoli vedrà successivi ampliamenti fino alla attuale configurazione del Vescovado che occupa gran parte della metà settentrionale dell'ellisse. Più recente è invece la costruzione, sul lato opposto, della chiesa del Carmine e del relativo oratorio: l'edificio, sorto in relazione ad una immagine della Madonna del Carmelo, dipinta sul muro esterno dell'anfiteatro nel XV secolo e tributaria di particolare venerazione da parte dei ternani, fu eretto al partire dai primi anni del '600 per essere concluso soltanto nel 1783. Questo stratificarsi di trasformazioni edilizie, oltre a garantire almeno in parte la conservazione del monumento lo ha trasformato in un vero e proprio "archivio tridimensionale" delle vicende urbane, civili e religiose di un quartiere storicamente importante come il Duomo, all'interno del quale viene a trovarsi.

Nei pressi della Cattedrale si trovano i resti dell'Anfiteatro Fausto, il monumento romano meglio conservato in città. Fu costruito nel 32 d.C. e, in antico, occupava un'area interna alle mura, ma periferica rispetto all'abitato di Interamna, in prossimità della porta (oggi scomparsa), attraverso la quale la Via Flaminia, giungendo da Narni, entrava in città. La struttura poteva contenere 10.000 spettatori. E’ nota come Anfiteatro Fausto, perché nei suoi pressi fu trovata un’iscrizione marmorea che ricorda la dedica del 32 d.C. di un monumento all’imperatore Tiberio, dettata da Fausto Titio Liberale, membro di un collegio che curava il culto imperiale. I resti, emersi per circa due terzi del perimetro, consentono una chiara lettura dell’impianto originale. Il monumento, in virtù non solo della mole originaria ma anche del pressoché costante riutilizzo nel corso dei secoli, è conservato per una notevole altezza che, lungo via del Vescovado, raggiunge quasi i dieci metri. La struttura presenta una pianta ovale e pareti esterne costruite a "opus reticulatum" a due colori, tipica tecnica di costruzione usata dai Romani. Non resta invece alcuna traccia delle gradinate della cavea e delle scale per accedere a questa e al piano superiore. Con la caduta dell’Impero, l’Anfiteatro esaurì la sua funzione circense. Dopo un lungo periodo di abbandono, nel quale la struttura fu sistematicamente depredata per recuperare materiale da costruzione, il monumento fu utilizzato per abitazioni civili e residenze religiose, specie quando – all’inizio del Duecento – gran parte dell'anfiteatro fu assegnata al Vescovo. Testimoniano questo riutilizzo dell’area dell’Anfiteatro, sia il Palazzo Vescovile, sia la Chiesa di Santa Maria del Carmine. Oggi l’Anfiteatro ospita spettacoli ed eventi culturali.


SAN FRANCESCO…

Il primo edificio risale alla seconda metà del XIII secolo, precisamente nel 1265, quando, donato diversi anni prima dal vescovo Rainerio a San Francesco l'oratorio di San Cassano, fu trasformato in convento dopo la morte del santo d'Assisi, su disegno di Filippo da campanello.

Nel 1437 fu portata a tre navate ed ebbe aggiunta la cappella di San Bernardino; fu poi rimaneggiata nel Seicento e rinnovata dopo il terremoto del 1703. Della struttura originaria resta oggi la facciata esterna in cui nella parte mediana presenta un portale gotico sormontato da un grande oculo. Di pregio artistico anche le decorazioni a ceramiche policrome del campanile ornato con bifore e quadrifore gotiche ed archetti intrecciati, opera di Angelo da Orvieto (1345) e gli affreschi della cappella Paradisi di Bartolomeo di Tommaso da Foligno, risalenti al XVI secolo. Nel 1927 la parrocchia di San Francesco è stata affidata ai salesiani. Nel corso della seconda guerra mondiale è stata pesantemente danneggiata dai bombardamenti alleati. Nel 2005 è stata proclamata santuario. Il 6 aprile 2009, in seguito alla forte scossa di terremoto verificatasi nella città di l'Aquila, la chiesa ha


subito lievi lesioni e alcune venature sulle mura circostanti. Secondo la tradizione fu lo stesso Francesco ad indicare il luogo in cui voleva essere sepolto. Si tratta della collina inferiore della città dove, abitualmente, venivano sepolti i "senza legge", i condannati dalla giustizia (forse anche per questo era chiamata Collis inferni). Quel colle, donato da Simone di Pucciarello, fu ribattezzato Collis paradisi e su di esso fu edificata la nuova basilica, al margine nord-occidentale della città murata.

Sebbene le disposizioni testamentarie di Francesco (1226) raccomandassero la costruzione di chiese secondo la primaria regola della povertà, disposizione confermata anche nello statuto redatto sotto Bonanture da Bagnoregio (1260), la basilica rappresentò un'evidente deroga al rigore tipicamente francescano. Tale impresa fu possibile per una lettura delle strutture ecclesiali come mezzo di trasmissione per il messaggio francescano, soprattutto attraverso le decorazioni figurare che dovevano creare delle vere e proprie Biblia pauperum, ovvero "Bibbie per i poveri" analfabeti, incapaci di leggere ma istruibili attraverso le immagini.

DIFFUSIONE… La chiesa, che fu uno dei capisaldi della diffusione del gotico in Italia, aveva molteplici finalità. Prima di tutto era il luogo di sepoltura del fondatore dell'ordine, che già dopo due anni dalla sua morte veniva considerato una delle figure più significative della storia del Cristianesimo: per questo si predispose una dimensione adeguata ad una meta di pellegrinaggio e devozione popolare. Un secondo ordine di interessi era più strettamente legato al papato, che vedeva ormai nei francescani, dopo la diffidenza iniziale, gli alleati per rinsaldare i legami con i ceti più umili e popolari. Per questo nella basilica si fusero esigenze legate ai flussi di pellegrini (ampiezza, corredo di rappresentazioni didascaliche) con lo schema di una cappella palatina (la basilica era infatti Cappella pontificia) secondo i più aggiornati influssi gotici, come la Sainte-Chapelle di Parigi, dove pure sono presenti due chiese sovrapposte ad aula unica.La costruzione della basilica venne avviata nel 1228 da Gregorio IX e fu consacrata il 20 maggio 1253 da papa Innocenzo IV. A cominciare da papa Innocenzo IV la basilica fu posta sotto la diretta dipendenza del papa. Non si conoscono i nomi degli architetti, indicati ipoteticamente nelle figure dello stesso frate Elia, di Lapo oJacopo Tedesco (quest'ultimo citato da Vasari), di fra Giovanni della Penna o di fra Filippo da Campello.


LA CHIESA DI SAN PIETRO DI TERNI by giulia fabrizi 1^ e de filis

La fondazione della Chiesa di San Pietro è legata alla presenza degli Agostiniani a Terni; questi furono inizialmente in un eremo in zona Rocca San Zenone; dal 1254 nella Chiesa dei Santi Siro e Bartolomeo; infine, dal 1287, furono chiamati a occuparsi delle chiese di Sant'Alò e di San Pietro del Tirio dal vescovo Tommaso, anch'egli Agostiniano (1286-1296). Con tutta probabilità San Pietro del Tirio era l'antica cattedrale ariana di Terni, dedicata al


Salvatore, al cui interno fu firmato nel 742 il trattato fra Papa Zaccaria e il re longobardo Liutprando ricordato nel Liber pontificalis. Nel 1287 l’antica chiesa non rispondeva alle esigenze degli Agostiniani, che già nell'atto di concessione della Chiesa di San Pietro del Tirio furono autorizzati a costruirne una nuova, sempre nell'ambito parrocchiale. Il vecchio edificio rimase tuttavia in piedi fino alla metà del Seicento, tanto che Angeloni lo cita nel 1646; fu abbattuto solo per costruire Palazzo Manassei. La costruzione della nuova Chiesa di San Pietro dei fabbri ebbe inizio probabilmente nell’anno 1315, sul modello di altre chiese dell'ordine, e si concluse con il campanile nel 1430. Il convento annesso, pur se completato solo alla metà del sec. XVI con la costruzione del chiostro, era allora la struttura religiosa cittadina che poteva accogliere nel migliore dei modi ospiti di riguardo: così fu nel 1449 con papa Nicolò V e la sua corte diretti a Ferrara; nel 1464 con Pio II diretto ad Ancona; nel 1510 con il monaco agostiniano Martin Lutero; ancora nel 1841, con Gregorio XVI. Nel sec. XVIII (dopo il terremoto del 1703) e in epoca post-napoleonica la chiesa fu completamente ristrutturata. Con l'unità d’Italia il convento fu annesso al demanio statale e gli Agostiniani, ad eccezione del parroco Gregorio Savappa, lasciarono Terni.


Il 12 giugno 1944, nel corso di uno dei peggiori bombardamenti alleati che colpirono Terni, una bomba sfondò il tetto e distrusse le sovrastrutture pseudobarocche della chiesa; nel corso del restauro, queste furono del tutto eliminate, riportando alla luce la struttura precedente. San Pietro fu sede della Confraternita di Santa Monica e Sant'Agostino, attiva dal XIII al XIX secolo e della Confraternita dello Spirito Santo, costituitasi nel 1400, poi trasferitasi altrove.

Nel 1935 o 1936 i Cappuccini abbandonarono la Chiesa di San Giuseppe, che fu affidata agli Agostiniani; nel dopoguerra, in San Giuseppe ebbe sede la Parrocchia di Sant'Andrea e Sant'Agata, fino al 1951, quando questa fu annessa alla Parrocchia di San Pietro; l’edificio di San Giuseppe fu in seguito sconsacrato e adibito ad altri usi. IL Nome della Parrocchia FU ufficializzat0 il 29 gennaio 1987.


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