Rusciu nosciu - Lisa Zecchin

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Rusciu nosciu Il Salento tra pizzica e reggae!



Rusciu nosciu (Il nostro rumore)


Š 2010 Zecchin Lisa


Rusciu nosciu Il Salento tra pizzica e reggae!

Lisa Zecchin Classe: V B TG I.S.I.S.S. “Carlo Anti” di Vil afranca – Verona ESAME DI STATO – A.S. 2009/2010


SOMMARIO


Premessa

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Un po’ di storia Sacra Corona Unita La pizzica La Notte della Taranta Il Dialetto come nuova lingua musicale La musica nel Salento oggi Intervista: Mr Minime Vetrina Riddim Qualche foto

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Bibliografia-Sitografia

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Il Salento. cartina il ustrata 6


Premessa Questo approfondimento racchiude in sé le tre cose che amo di più: il Salento, la pizzica e la musica reggae. Il Salento è la mia terra, la culla del mio cuore; quando una persona è lontana dalla sua terra, dalle sue radici, sente un forte affetto per ogni cosa che la riguarda, si attacca profondamente alle tradizioni, nel mio caso l’amore per la pizzica, la danza tipica salentina. L’amore per il reggae è nato dalla mia profonda amicizia con Andrea (oggi Mr Minime dei VeebraZion) che, fin da bambini mi faceva sentire le canzoni di un gruppo allora sconosciuto: i Sud Sound System, sentire queste canzoni, cantate in dialetto, che parlano delle proprie radici, della lontananza e della nostalgia per la propria terra, mi faceva sentire a casa, anche a Verona. Crescendo, Andrea, ha iniziato a cantare e ad allargare i suoi orizzonti verso il reggae giamaicano, facendomi conoscere artisti importanti quali Elephant Man, Alborosie e molti altri. In quest’ultimo anno mi sono avvicinata sempre di più alla situazione musicale salentina, accompagnata da Andrea che mi ha fatto conoscere il mondo per me nuovo degli studi di registrazione e dell’autoproduzione della musica reggae.

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Un po’ di storia Il Salento, quella penisola assolata, vicina all’Africa e ai Balcani, nota come “il tacco d’Italia”, entra nel Terzo Millennio come protagonista di una moderna “moda culturale”, al centro dell’attenzione nazionale ed internazionale. La pizzica e il tarantismo, la musica tradizionale e il reggae, ma anche il patrimonio ambientale, lo Ionio e l’Adriatico, il mare e il Barocco; e poi la Sacra Corona Unita, gli sbarchi a Otranto e la sua posizione geografica che nei secoli l’ha identificata come “terra di frontiera”, d’immigrazione, e non più d’emigrazione. Quando e come si è avviato questo processo socio-culturale? Il Salento, fino a qualche decennio fa sconosciuto ai più, è oggi considerato un protagonista dello scenario politico, sociale, economico e culturale italiano, capace di attirare giornalisti, artisti, critici, turisti e produttori cinematografici. Si è trattato di un lungo processo storico cominciato a metà degli anni Ottanta e sviluppatosi nei due decenni successivi fino ai giorni nostri.

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In precedenza il Salento era considerato una delle tanti regioni depresse del Meridione d’Italia, una landa quasi anonima, ignorata dai più se non per le migliaia di emigranti che la lasciavano per cercare fortuna nel Nord Italia o nel resto d’Europa e del Mondo. La sua economia era ancora prevalentemente agricola, la rivoluzione culturale del 68’ aveva avuto effetti molto flebili sulla cultura contadina che costituiva la struttura portante della società salentina. Negli anni Settanta, questo lembo meridionale d’Italia, non conosceva gli effetti nefasti di quella piaga sociale chiamata droga. Fino a quel momento il “Sud”, sui giornali, nei Tg e sulla bocca degli italiani, era solo Napoli, Sicilia e poco altro. Poi una concatenazione di eventi ha scosso questo quadro statico e ha permesso al Salento di farsi conoscere al mondo. Sempre più imprenditori, locali e non, hanno intrapreso una massiccia azione d’investimento nel settore del turismo, che nel giro di pochi anni sarebbe diventato il vero cavallo di battaglia del Salento, ma anche l’inizio di tutta una serie di problemi connessi ad un’azione di violenza su un territorio fino a quel momento “vergine”. Un turismo di massa divenuto croce e delizia per questo territorio e per le sue istituzioni, spesso incapaci di gestirlo.

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Accanto all’apertura nei confronti dei turisti, italiani ed europei, attirati dalle bellezze paesaggistiche ed artistiche, si sviluppa nei primi anni Novanta anche un’apertura meno consapevole e assolutamente non ricercata: quella che ha spinto su queste coste centinaia di migliaia di nuovi migranti, attirati dalla possibilità di una nuova vita, lontana da guerre e povertà, abbagliati dal mito di un occidente ricco e opulento. È il crollo del blocco comunista dell’Europa Orientale a provocare questa svolta che trasforma la Penisola Salentina nella sponda europea più facile da raggiungere dai migranti provenienti soprattutto dall’Albania. Il Salento rappresenta la nuova “Porta d’Oriente” attraverso cui migliaia di nuovi disperati accedono in un nuovo mondo, ricco di speranze spesso tradite. Lo sviluppo economico ed i nuovi business che si andavano sviluppando su un territorio ancora pulito da simili affari, non lasciava indifferente la nuova criminalità organizzata locale, che si stava affermando nel panorama delle mafie italiane col nome di Sacra Corona Unita.

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È solo a metà degli anni Ottanta che nasce una mafia autoctona, con lo scopo principale di sottrarre il territorio e tutti gli affari al comando della ‘Ndrangheta calabrese e della Camorra campana. Nel giro di pochi anni la Sacra Corona Unita assurgerà al rango poco invidiabile di “Quarta Mafia”. Il suo giro d’affari crescerà in modo esponenziale, grazie al coinvolgimento nel contrabbando e nel traffico di droga e armi provenienti dai Balcani, anche grazie ad una collaborazione criminale con organizzazioni dell’Est europeo. Questa nuova mafia pagherà dazio all’assenza di un’organizzazione stabile e radicata, tanto da finire stritolata, nel giro di un decennio, nella morsa composta dalle pressioni delle altre mafie e dall’azione delle forze dell’ordine. Questa serie di eventi contribuisce ad aprire il Salento anche dal punto di vista della cultura e delle arti, facendo conoscere a questa terra che per tanto era stata isolata dal mondo, tutti gli aspetti tipici del nascente “Villaggio globale”.

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I migranti di ritorno dal Nord Italia e dai Paesi Europei che avevano vissuto in pieno la “rivoluzione culturale” degli anni 60-70, importano nell’”antico borgo natio” parte di quella cultura internazionale che si andava sviluppando, contribuendo a rendere il Salento una regione più consapevolmente occidentale. Lo stesso dicasi per i giovani salentini che, grazie alle migliori condizioni economiche maturate, possono uscire dalla propria regione per studiare nelle grandi Università del Nord, acquisendo conoscenze da importare nel momento del ritorno a casa. Anche il patrimonio tradizionale, rimasto per decenni appannaggio delle piccole realtà territoriali in cui era effettivamente nato (i paesi della Grecìa Salentina), è stato coinvolto e trasformato in volano di questo generale processo di internazionalizzazione e contaminazione culturale, con tutti i vantaggi ma anche i rischi che ciò portava in se. Le nuove generazioni di musicisti attingono a piene mani nel vasto repertorio di canti e stornelli, autentica memoria orale del Salento e della sua secolare tradizione contadina. I temi del lavoro e della sofferenza accompagnati dai tamburelli degli “Zimba” e degli “Ucci” e gli stornelli popolari resi famosi dalla voce di Bruno Petrachi, vengono reinterpretati da giovani band attraverso sound e arrangiamenti moderni ed internazionali.

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“Anche grazie alla musica, il Salento entra nel Terzo Mil ennio da protagonista assoluto, senza mai dimenticare di rivolgere lo sguardo al proprio passato e alle proprie radici.� (Mauro Cardinale)

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Sacra Corona Unita La Sacra Corona Unita viene generalmente definita la quarta mafia, poiché esiste solo da circa un ventennio rispetto alle antiche radici delle mafie siciliane, calabresi e campane. Nel 1981 il boss camorrista Raffaele Cutolo, affidò a Pino Iannelli e Alessandro Fusco il compito di fondare in Puglia un’organizzazione, “filiale” della Nuova camorra organizzata che prese il nome di Nuova camorra pugliese (Società foggiana). Questa associazione prese piede soprattutto nel foggiano a causa della vicinanza territoriale e dei contatti pre-esistenti tra gli esponenti della malavita locale e i camorristi campani. Questa iniziativa venne vista con sospetto dai malavitosi di altre zone della Puglia. Come risposta al tentativo di Cutolo di espandersi in Puglia, si tentò di dar vita ad un’associazione malavitosa di stampo mafioso formata da esponenti locali.

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Si ritiene che la Sacra Corona Unita sia stata fondata da Giuseppe Rogoli nel carcere di Trani, la notte di Natale del 1981. Giuseppe Rogoli era affiliato alla ‘Ndrangheta (nella ‘Ndrina dei Bellocco) e chiese il permesso al capobastone Umberto Bellocco di formare una ‘Ndrangheta Pugliese. Nel 1987 Rogoli affidò a Oronzo Romano la costituzione di un’altra ‘ndrina nel sud barese, sempre con il consenso della ‘Ndrangheta. L’attività di gestione degli enormi flussi di denaro derivanti dalle attività illecite fu affidata a Cosimo Screti, boss di San Pietro Vernotico che fu per questo motivo soprannominato “il cassiere” dalla Direzione Investigativa Antimafia. Il braccio destro di Rogoli fu Antonio Antonica, primo affiliato di Rogoli, nonché personaggio di spicco della malavita mesagnese. Antonica ebbe il compito anche di nominare alcuni capi zona della provincia di Brindisi. Con le prime scarcerazioni il numero degli affiliati aumentò e ognuno pretendeva la sua parte di guadagno. Antonica sentiva il peso dell’organizzazione tutto sulle sue spalle ed ebbe una diatriba con Rogoli che gli negò il permesso di trafficare droga. Antonica, preferì abbandonare Rogoli e creare un clan contrapposto; questo comportò l’inizio di una guerra lunga tre anni di conflitti e sgarri che portò alla sua uccisione. Le attività cominciarono a toccare l’ambito della droga, delle truffe comunitarie (olio, vino), delle false fatturazioni, delle estorsioni e delle armi.

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Rogoli iniziò la rifondazione della Sacra Corona Unita, partendo dalle modalità di affiliazione, con regole più rigide e severe. Nel carcere di Trani nacque la Nuova Sacra corona unita il cui statuto sarebbe stato firmato oltre che da Rogoli, da Vincenzo Stranieri di Taranto e da Mario Papalia, legato a Cosa nostra. Nel 1987 la Sacra Corona Unita era composta dalle famiglie più rappresentative del brindisino guidate da Salvatore Buccarella, Giovanni Donatiello, Giuseppe Gagliardi e Ciro Bruno, più qualche ramificazione nella provincia di Taranto. Nel corso di pochi decenni la Puglia è passata da territorio a rischio, ai fini della criminalità organizzata, “a regione di tradizionale insediamento mafioso”. Inoltre, contrariamente a quanto spesso si è ritenuto, la mafia in Puglia ha fatto presa in una terra non depressa economicamente e soprattutto negli anni ottanta, anni di grande sviluppo economico e di forte dinamismo imprenditoriale. La SCU si è strutturata secondo una gerarchia fortemente piramidale con otto livelli: picciotto e camorrista della società minore; sgarristi, santisti, evangelisti, trequartisti, medaglioni e medaglioni con catena della società maggiore. Otto medaglioni con catena compongono la “Società segretissima”, l’equivalente della cupola siciliana. La Società segretissima comanda un corpo speciale chiamato la “Squadra della morte”, composto da killer particolarmente sanguinari.

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Alla fine degli anni ottanta, la SCU era “più un progetto di organizzazione mafiosa che una realtà concreta”. Al momento le cose si stanno rapidamente modificando nel senso più negativo per la nostra società, con ripetuti omicidi ed azioni gravemente delittuose. Negli anni novanta le vendette, le esecuzioni in pieno giorno, i rapimenti, gli assassini, tutti eseguiti secondo precise ritualità, erano all’ordine del giorno, spesso i corpi venivano trovati brutalmente martoriati secondo un preciso rituale di morte e di vendetta. Gli occhi o la lingua strappati, le decapitazioni, ogni tipo di morte indicava il tipo di “peccato” di cui si era macchiata la vittima. Attualmente la cosiddetta quarta mafia, la Sacra Corona Unita, manifesta una grande capacità d’infiltrazione nelle istituzioni, operando in particolare negli appalti e nei subappalti. Sono state diverse le giunte comunali sciolte per gli inserimenti mafiosi, volte a favorire determinate ditte per l’effettuazione di lavori, come nel caso di Terlizzi, Gallipoli, Modugno, Surbo. I lavori nel settore dell’edilizia sono tutt’ora nell’occhio del ciclone, come testimoniano alcuni “pentiti” della S.C.U., fra cui Salvatore Annacondia.

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Un altro pentito, Cosimo Capodieci, ha chiarito le ragioni della denominazione della S.C.U., con precise allusioni relative all’aspetto religioso e sacrale, col termine corona che sta per rosario, a cui gli affiliati conferiscono un valore concreto affettivo prima ancora che simbolico. Il nome di questa organizzazione è formato da 3 parole: • Sacra: poiché quando si affilia un nuovo membro all’organizzazione questo viene “battezzato” o “consacrato”, come un sacramento religioso; • Corona: poiché nelle processioni si usa il rosario (o corona); • Unita: come sono uniti e forti “gli anelli di una catena”. Il nuovo affiliato entra nella SCU secondo questa modalità: si battezza prima il locale in cui deve avvenire, poi l’«armatura» (le armi poste in una bacinella), e, infine, l’affiliato. Al battesimo partecipano di solito cinque persone (chi è favorevole, chi è sfavorevole, il ministro di culto, il padrino e il battezzando). Spetta poi al padrino praticare un taglio sull’avambraccio del neofita fino a farlo sanguinare. Il neo affiliato deve recitare: «Giuro su questa punta di pugnale macchiata di sangue di essere fedele a questo corpo di società, giuro di sconoscere madre, padre, fratelli e sorelle fino alla settima generazione e di dividere centesimo per centesimo e millesimo per millesimo, con un piede nella fossa e l’altro alla catena per dare un forte abbraccio alla galera». La formula si conclude con l’esclamazione dei cinque mafiosi presenti: «Giuramento è fatto».

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Ora la S.C.U. è divisa in 47 clan autonomi nella propria zona ma tenuti a rispettare interessi comuni a tutti i circa 1.561 affiliati, operanti soprattutto a Taranto, Brindisi e Lecce. La sua struttura è orizzontale, con una certa autonomia da parte dei clan, che controllano peraltro numerose società finanziarie. Molto praticato l’ambito delle frodi alimentari, a danno della comunità europea, nel settore, per esempio, dell’olio d’oliva e dei cereali. Il fondatore e capo della S.C.U., Rogoli, dopo il suo arresto, è rimasto per diversi anni in una posizione di spicco, anche se ultimamente ha visto diminuire il suo potere. La stessa parabola sembra appartenere a Salvatore Buccarella, mentre altri come Giovanni Donatiello sono ancora in auge. Nel luglio del 2000 si è conclusa l’operazione “Centurione”, durata un paio di anni, in cui, fra l’altro, sono stati individuati traffici di droga con provenienza albanese e si è maturata la convinzione dell’autorevolezza del clan Tornese di Monteroni. Negli ultimi anni sono emersi numerosi nuovi personaggi, dai soprannomi coloriti, che hanno concentrato sul racket e sul contrabbando di sigarette negli anni novanta, e sulla droga oggi, le principali attività criminali. Secondo recenti dati forniti dall’Eurispes sembra che la Sacra corona unita guadagni 878 milioni di euro l’anno dal traffico di stupefacenti, 775 milioni dalla prostituzione, 516 milioni dal traffico di armi e 351 milioni dall’estorsione e dall’usura. Un giro d’affari di circa 2 miliardi e mezzo di euro.

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Oggi la N.S.C.U. è divisa in: • Società foggiana: un cartello criminale di stampo mafioso che ha il suo centro nella città di Foggia e che ha trovato accordi con organizzazioni criminali come la mafia siciliana, la camorra e la ndrangheta. La criminalità, organizzata in “batterie” (Sinesi-Francavilla, Trisciuoglio-Prencipe, Moretti-Pellegrino) è risultata in costante evoluzione ed ha unito tutte le espressioni emergenti del territorio riuscendo ad infiltrarsi nelle aree costiere limitrofe in cui ha progressivamente imposto i propri interessi illeciti nel terziario, in particolare nel settore delle onoranze funebri. • Camorra barese: un’organizzazione mafiosa operante a Bari e provincia, da non confondere con la camorra napoletana. In prevalenza, i clan, continuano ad essere dediti ai reati in materia di stupefacenti, contrabbando ed estorsioni. Fra i clan spiccano gli Strisciuglio e i Telegrafo del quartiere San Paolo, il clan Parisi di Japigia (scissosi nel 1990 dalla Sacra Corona Unita) con a capo il boss Savinuccio Parisi, Capriati (Bari Vecchia), Diomede (Quartiere Libertà), gli emergenti Lorusso e Di Cosola (Carbonara). A Bari episodi delittuosi vedono sempre più coinvolti incensurati o minori, destinati ad ingrossare le file dei clan con compiti anche di rilievo; gravi delitti (rapine, estorsioni, spaccio di droga, porto illegale di armi) vengono spesso commessi da minori collegati alla criminalità organizzata, desiderosi di dar prova delle loro capacità per entrarvi a far parte. Spesso il precoce inserimento nelle organizzazioni criminali è dovuto anche ai legami familiari ed alla necessità di sostituire nella gerarchia criminale i congiunti detenuti o uccisi. L’iniziazione in età minorile è confermata dal fatto che, come risulta da recenti indagini, molti giovani appena maggiorenni hanno ricoperto o ricoprono ruoli di primo piano in seno alle organizzazioni mafiose.

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• Sacra corona libera: è formata da esponenti già appartenuti alla Sacra Corona Unita. Nasce a causa di contrasti con i vertici della SCU e propone alcune differenze: l’uso di minorenni e l’abolizione dei riti d’iniziazione. • Rosa dei venti: prende vita nel carcere di Lecce nel 1990 da Giovanni De Tomasi e Vincenzo Stranieri che richiesero il permesso alla ‘Ndrangheta. • Remo Lecce Libera: dalla Sacra Corona Unita si distaccò una famiglia nominata Remo Lecce Libera che richiedeva l’indipendenza dei leccesi da qualsiasi organizzazione criminale che non fosse la ‘Ndrangheta. • Nuova famiglia salentina: è nata a Lecce nel 1986 da Pantaleo De Matteis proveniente dall’organizzazione nata nei primi anni ottanta dalla Famiglia Salentina Libera. È autonoma rispetto alle altre organizzazione e opera nell’area pugliese del Salento.

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“Le quattro regioni più direttamente investite dalle mafie – la Sicilia con Cosa Nostra, la Calabria con la ‘ndrangheta, la Campania con la camorra, la Puglia con la sacra corona unita – sono anche le quattro regioni più povere e disperate d’Italia.” (Giuseppe Pisanu)

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La pizzica La musica ed il ballo rivestono un ruolo particolare nella tradizione salentina, essendo espressione della cultura e della storia del suo popolo. Sempre più, durante le feste d’estate, si può assistere a concerti di gruppi folkloristici che recuperano questa tradizione e vedere folle di gente che si lasciano trascinare dai ritmi frenetici della pizzica, si nota un rinnovato interesse, specie tra i giovani, nella pratica di questa antica danza mimata. L’origine di questa danza si fa risalire alla fine del 1400, ma potrebbe darsi che essa discenda addirittura da antichi riti dionisiaci. Si tratta di una vera tarantella popolare della quale è possibile distinguere varie tipologie: • La “pizzica tarantata” è quella più conosciuta; è una danza tipicamente femminile con la quale si evoca il mito, vissuto drammaticamente, dell’esorcismo fatto a seguito del morso della tarantola che rende “furiose” le donne fino a farle danzare freneticamente per liberarsi dal male interiore. Anticamente l’esorcismo si svolgeva tra le mura domestiche, con l’ausilio di tamburelli, violini, armoniche a bocca e altri strumenti musicali. La paziente (tarantata) ballava per ore in preda all’epilessia causata dal veleno, fino a quando stremata, stramazzava al suolo priva di sensi, potendo così riposare temporaneamente; il tormento del veleno non era infatti finito e puntualmente si faceva sentire al sopraggiungere dell’estate successiva.

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Per decenni non si è più parlato di tarantate e riti di esorcismo; considerate come sinonimo di arretratezza e vergogna, sono state rimosse e dimenticate. Oggi il tarantismo è scomparso; resta solo un ricchissimo bagaglio culturale fatto di canti, leggende, musica e parole che sono stati riscoperti ed “esportati” nel resto d’Italia e fuori nazione. • La “pizzica de core”, è la danza tra un uomo ed una donna che mima la seduzione; i ballerini non si toccano mai ma volteggiano uno intorno all’altro guardandosi negli occhi. Rappresenta i sentimenti d’amore, erotismo e passione nel rito di corteggiamento. Alcune cronache del XIX sec. descrivono questa danza sfrenata, variante della pizzica tarantata: una donna balla al ritmo frenetico dei tamburelli e dei violini sventolando un fazzoletto rosso, il colore della passione, con il quale invita a ballare colui che il capriccio le indica. Stanca di questo compagno, ne invita un altro e un altro ancora a suo piacimento, donando il fazzoletto solo a colui che sarà stato in grado di rapirle il cuore assecondando ogni suo desiderio, ogni sua fantasia. • La “danza delle spade” o “pizzica-pizzica”, questa forma di danza deriva da un antico rito di sfida al coltello praticato dagli uomini litigiosi che si incontravano durante le fiere e i mercati. L’origine del duello è naturalmente da ricercarsi nei tipici regolamenti di conti fra uomini appartenenti alle famiglie d’onore ed in genere tra quelle categorie di persone abituate a risolvere in modo diretto le discussioni e le liti.

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Col tempo il duello, che mirava esclusivamente al ferimento e all’eliminazione dell’avversario, si è trasformato in una pura azione dimostrativa, mimata senza armi vere ma con una simulazione rappresentata dal dito indice e dal dito medio protesi: i movimenti del corpo, sinuosamente studiati per schivare o affondare i colpi, devono essere gli stessi dei duelli del passato. La base della pizzica è il tamburello leccese che viene suonato con una tecnica particolare, dando il ritmo di base, con la percussione, e un caos ordinato, con i sonagli. I corpi vibrano nella musica, nello spazio, tra la folla nella calda atmosfera estiva; si forma così la “ronda” (cerchio) e si balla in mezzo con una tecnica molto elementare che lascia spazio alla fantasia e all’emotività dei danzatori e che avvicina ad una dimensione più primitiva, arcaica attraverso il suono ossessivo ripetuto all’infinito. Tutto ciò, oggi, è divenuto un rituale per le feste etniche nelle quali migliaia di persone si incontrano con tamburelli e altri strumenti tipici acustici per suonare e ballare insieme.

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“La pizzica è il cordone che ci tiene ma non ci lega. Sentiamo il battito, un battito tribale che ci riporta a passioni profonde, vere, che bruciano. Ci piace intravedere la nostra stessa linfa negli occhi di chi ci sta di fronte, nelle sue mani, nel suo cuore.â€? (anonimo)

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La Notte della Taranta Se da un lato, il tarantismo, andava estinguendosi per effetto dei mutamenti nei costumi della societĂ , la pizzica è rimasta ben viva nella tradizione del folklore salentino. Tuttavia, per molti anni, sia la pizzica che il fenomeno del tarantismo sono stati ritenuti una forma di arretratezza culturale di cui vergognarsi. Negli anni settanta la musica e le danze della pizzica sono state riscoperte ed apprezzate in tutta la loro bellezza, e oggi hanno contribuito a consolidare un legame culturale con altri fenomeni musicali simili dell’Italia meridionale. Negli ultimi anni sono state organizzate moltissime rassegne musicali dedicate alla pizzica salentina, tra cui la Notte della taranta che richiama centinaia di migliaia di appassionati e curiosi. Oggi, nel panorama dei gruppi musicali che ripropongono la pizzica, ce ne sono alcuni che la rileggono in chiave attuale e maggiormente fruibile da un pubblico giovanile, contaminata da influssi etnici, ma sempre fedeli allo spirito forte e passionario della tradizione.

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La Notte della Taranta è un festival di musica popolare salentina, la pizzica, che si svolge in vari comuni della provincia di Lecce e della Grecìa Salentina e ha il suo clou nel mese di agosto, quando il tour per i paesi del Salento si conclude con il grande concerto finale di Melpignano, che dura fino a tarda notte alla presenza di decine di migliaia di spettatori. Il festival è un progetto nato su iniziativa dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina nel 1997, quando si decise di realizzare, all’interno dell’area ellenofona, un grande concerto in cui la locale musica si fondesse con altre tradizioni musicali. L’iniziativa si è sempre più sviluppata nel corso di questi tredici anni fino a raggiungere una dimensione tale da assumere un ruolo di rilievo in ambito nazionale e non solo. Ogni anno il festival presenta una parte itinerante nei Comuni della Grecìa Salentina (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Sternatia, Soleto, Zollino) più i comuni di Cursi, Galatina ed Alessano, durante i quali si esibiscono i più importanti gruppi del panorama tradizionale salentino e della scena internazionale. Nel 2007 una tappa del festival toccherà anche i Comuni di Andranno e Otranto.

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“La Notte della Taranta non è un’istituzione, è un movimento che pulsa, non è cervello, è cuore non è immagine, è danza non è frutto, è radice non è acqua o aria, è fuoco e terra è coinvolgimento, è trasporto è vino e sangue, pazzia e passione è scirocco e tramontana.” (Anonimo)

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Il dialetto, nuova lingua musicale Negli ultimi anni si è affermato un fenomeno particolare, mai visto prima: capita spesso, andando in giro per l’Italia, di ascoltare qualche frase che scimmiotta il dialetto salentino. Capita, per esempio, di sentirsi salutare con frasi del tipo “Comu sciamu, vagnone?”. Il dialetto inizia a circolare fuori dai confini del Tacco d’Italia, non più soltanto come la “lingua dei terroni”, di cui magari vergognarsi, bensì come un linguaggio nuovo, con una propria dignità e cultura alle spalle. Questa tendenza linguistica nasce da una precisa esigenza culturale: segnare una netta demarcazione tra la cultura dominante e la cultura propria. I tratti di originalità del salentino erano già chiari prima di questo exploit, avvenuto negli anni Novanta: esso più che un semplice dialetto, funge da vera e propria “lingua”, con una propria sintassi ed una struttura peculiare diversa dall’italiano. La lingua del Salento è impregnata di influenze riconducibili alle dominazioni che, nel corso dei secoli, si sono susseguite: messapi, greci, romani, bizantini, longobardi, normanni, albanesi, francesi, spagnoli, arabi. Nell’area centro-orientale (la Grecìa Salentina), si parla ancora oggi un dialetto ellenofono noto col nome di “griko” o “grecanico”.

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La concezione “commerciale” del salentino nasce da esigenze tutt’altro che speculative: a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, esso viene usato come la lingua madre in alcune produzioni musicali underground, il cui primo obbiettivo era esporre tematiche “locali” in lingua originale, per far sentire direttamente i sentimenti di rabbia e sofferenza di un’intera generazione. Fino a quel momento il salentino era rappresentato esclusivamente dalla musica popolare tradizionale: al di fuori di ciò, era considerato simbolo di ignoranza e ostacolo all’integrazione. Per questo molti emigranti al Nord (per lavoro o per studio) cercavano di distaccarsene o di confinarlo ad un uso domestico. Un vero movimento culturale si oppose a questo, incominciando ad utilizzare il proprio dialetto come risorsa e come segno distintivo. I precursori di questa rivoluzione culturale furono i Sud Sound System, che fin dagli esordi improntano la propria musica sulla lingua parlata nella loro terra. “È stata una necessità naturale – racconta PapaGianni – nata dalla constatazione che noi pensiamo in dialetto di conseguenza parliamo in dialetto e cantiamo in dialetto. Per noi il dialetto è vita. C’era e c’è l’orgoglio di usare una lingua da molti ritenuta rozza e fuori moda”. Questa scelta, da molti sottovalutata e malvista, ha dato quasi subito ottimi risultati, innanzitutto a livello di pubblico, che ha riconosciuto nel dialetto dei SSS la lingua ufficiale del Reggae italiano, quasi come il Patwa giamaicano è la lingua del Reggae internazionale. Si pensi all’utilizzo di modi di dire quali “sine moi a quai” o “mpunnare”, ormai usati da artisti raggamuffin del resto d’Italia. Tale passaggio è stato consentito anche da una singolare e quasi casuale assonanza tra alcuni termini di questi due dialetti cosi lontani.

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In seguito è giunto anche un ampio successo di critica, che ne riconobbe e ne consacrò la valenza sociale: nel 2003 viene assegnato il “Premio Tenco” all’album “Lontano”, quale miglior opera italiana in dialetto. Questa scelta rivoluzionaria e fortemente identitaria – tentata in passato da grandi intellettuali, primo fra tutti Pasolini con le sue liriche in friulano – ha fatto numerosi proseliti, fino a trasformarsi in un fenomeno di massa ai confini della “moda”. Come lingua musicale, il salentino diviene un linguaggio universalmente comprensibile, al di là della conoscenza reale dei vocaboli. Molti altri artisti hanno percorso questa strada, rafforzando gli intenti dei SSS ed arricchendoli di nuovi elementi. Uno degli esempi maggiori lo si trova negli Après La Classe, i quali, ai testi in italiano e in francese, affiancano una vasta produzione di pezzi cantati in salentino. Come racconta il leader del gruppo Cesko: “I Sud Sound System sono stati i veri precursori di questo fenomeno. All’inizio molta gente, sentendo espressioni come ‘Oh, Fuecu!’ li sfotteva, poi pian piano sono diventati una vera e propria scuola di pensiero, una scuola letteraria a livello musicale, ormai riconosciuta ed apprezzata a tutto campo”. Anche grazie a brani come “Lu rusciu te lu mare” e “Kalinifta”, rivisitazioni di pezzi tradizionali, le nuove generazioni ascoltano e riscoprono antichi canti, arrangiati con ritmi adatti al Terzo Millennio ma cantati in lingua originale. Ripensando a quello che accadeva ai salentini, e ai meridionali in genere, fino a qualche decennio fa, si può affermare che la musica e i giovani musicisti hanno abbattuto stereotipi e pregiudizi antichi che legavano il dialetto all’assenza di cultura.

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“Simu salentini te lu munnu cittadini, radicati alli messapi cu li greci e bizantini, uniti intra stu stile osce cu li giammaicani, dimme mo de du ede ca sta bieni! Egnu te lu Salentu e quannu mpunnu parlu dialettu e nu mbede filu no ca l’italianu nu lu sacciu ca se me mintu cu riflettu parlu lu jamaicanu strittu perche l’importante e cu sai nu pocu de tuttu.” (Sud Sound System) 39


La musica nel Salento oggi Oggi il Salento è considerato la “Giamaica d’Italia”, è infatti la patria del reggae europeo. Dagli anni ottanta fino a oggi il reggae è arrivato in Italia e nel Salento grazie ai Sud Sound System e con gli anni sempre più artisti si sono avvicinati a questo genere, creando una fusione tra le sonorità roots giamaicane e quelle della pizzica salentina, unite ai testi in dialetto. Gli artisti più conosciuti della scena salentina oggi sono ragazzi di Novoli, Trepuzzi e SanCesario che, attraverso la logica dell’autoproduzione musicale denunciano la condizione del Salento; tra le autoproduzioni più importanti c’è Filomuzik Records, con sede a SanCesario. Filomuzik Records è un progetto nato dalla collaborazione di diversi artisti italiani, che ricercando e relazionando vocalità e generi differenti tende a creare una nuova realtà musicale nel panorama italiano. Il punto di partenza è un background che attraversa sonorità black come reggae e hip-hop per evolversi in prodotti artistici sintesi dell’associazione di Filograna, giovane produttore, e una cerchia di singers che compongono progetti paralleli quali:

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• Selection Master Crew: (composta da Lu Spruscia, Lu Ciosa aka Lu Pacciu, Lu CiulloMan aka BiggiBoss aka A.C. e Lu Filograna) nata a SanCesario di Lecce, un paesino che fu tra i primi a diffondere “lu reggae coscienziusu” in tutto il Salento. Cresciuti in quest’ambiente, i Selection Master nascono nel 2002 e scelgono questo nome per sottolineare quanta importanza abbia per loro la selecta e i passaggi musicali. Il tocco magico di Filograna, unito al vocione di Ciosa e all’abilità fonica di A.C. cominciano sin da subito a diffondere autoproduzioni fatte in casa senza alcuno scopo di lucro. Questa crew, differenziandosi dal noto stile salentino, usa il dialetto ispirandosi ad un dj style puramente giamaicano e le loro selecta abbracciano tutti i sottogeneri del reggae. Rimasti legati alle dance hall nostrane di un tempo, quelle senza alcuno scopo di lucro ed ostentatamente pirata, i Selection hanno spesso ricreato serate di questo tipo sonorizzando masserie e spiagge del Salento. Da due anni Selection promuove inoltre la Reggae Assemblea, una mega dance hall che vede riuniti decine di sound italiani. Numerosissime le loro collaborazioni con artisti emergenti e non, ed una filosofia che spinge a condividere gratuitamente le loro produzioni in rete,in modo da poter esser conosciuti ed apprezzati e conosciuti nonostante l’ostilità del mercato. Grande diffusione ha trovato l’”OrigiNation Mix-tape”, un mix cd che riunisce i ritmi più interessanti della scorsa stagione, dubplates rigorosamente “free” e alcune loro tune, scaricabile gratuitamente. Nel 2007 si è ufficialmente unito alla formazione anche Spruscia, giovane cantante emergente salentino;

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• Lu Marra aka Mixash: dj singer della scena dance hall salentina dalla voce esplosiva, già ospite al Rototom Sunsplash. Comincia a farsi sentire dopo le numerose serate assieme ad importantissimi personaggi della scena reggae e hip-hop come Dj War, uno dei pionieri dei S.S.S. e Dj Gruff. Conosciuto ed apprezzato per la qualità delle sue liriche e per l’energia canora, riesce in breve tempo a conquistare il consenso delle massive grazie ad uno stile che niente ha da invidiare a quello dei singer giamaicani. Il suo primo singolo “Janna a sulu” compare nel 2002 sulla compilation “Reggae Festival”, ma fu “Doctor Darling riddim” a confermargli fama e popolarità, comparendo nella compilation di VitoVinicolo “Dance Hall Studio Volume 1”. Lu Marra partecipa a numerosissime produzioni, tra le più importanti il 7 pollici “Ganja War” prodotto da Segnale Digitale/WarSound, “Libere Liriche” una combination con Mighty Cez in cui e’ anche compositore della base, la riuscitissima combo “Look Out” insieme a MamaMarjas targata Jamekya e Soulhearthquake ed ancora “Se Radica” una tune insieme a Mighty Cez prodotta da BizzarriRecords e “Antistress” prodotta da 90Degree sempre su vinile. Lu Marra vanta varie collaborazioni anche sul campo internazionale come quella assieme a Pionear (GermaicanRecords) su “OPIUM riddim” con il pezzo “Microphone Check” con Mikelino, sul quale cantano artisti di grosso calibro come Bounty Killer, Natasja e Cpbra. Vincitore del “THE BIGGEST ONE 2009”, l’ormai conosciuto clash che si svolge ogni anno in Salento il 25 dicembre al quale partecipano artisti provenienti da tutta Italia, ora Lu Marra e’ pronto a partire nell’isola Giamaicana e collaborare con artisti di fama mondiale;

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• VeebraZion: (composta da Mr Minime aka Lu Pisellu aka Pitucchu Pacciu, Mikelino e Danielino DenDen aka Yehna), nasce ufficialmente il 04 Gennaio 2006, da un progetto di Viko Selecta e Lu Pisellu. I due salentini stringono amicizia perché compagni di scuola e, accomunati dalla passione per la Reggae Music, decidono di unirsi e mostrarsi in pubblico per la prima volta organizzando una dance-hall nel giro di un’ora all’interno dell’I.T.I.S. ”E.Fermi” di Lecce creando un enorme entusiasmo tra gli scolari. L’emozione provata era tanta da organizzare un’altra dance-hall a Trepuzzi. Decisi a continuare iniziano a lavorare ad un mix-tape chiamato “Dance Hall Vibes” che viene distribuito gratuitamente nelle dance hall. Il 04 Gennaio 2006 con l’uscita di “Dance Hall Vibes” decidono di chiamarsi VeebraZion. Cominciano così le collaborazioni con altri sound della scena italiana ed estera. VeebraZion comincia così a organizzarsi per un secondo mix-tape, collaborando con altri sound della scena salentina come Payà dei BoomdaBash Sound System, Bleizone, Lu Marra aka Mixash, Mikelino, Cocco VentreJanca, Terequeja, Radical Vybez, Papa Leu & Rankin’ Lele e Zapphos. Così nel gennaio 2007 esce “Bad Man Pull Up Mix-tape”, distribuito gratuitamente. Nel mese di ottobre i componenti della crew diventano tre con l’ingresso in scena di Mikelino, noto cantante della zona salentina e grande amico di Lu Pisellu. Tutti insieme nel mese di novembre 2007 terminano il “WattaMental” (Casa Nostra Studio). Per le innumerevoli incomprensioni Viko Selecta abbandona la crew, i componenti restano in due: Lu Pisellu & Mikelino. Insieme, dopo svariate dance-hall, producono “ShootOut mix-tape” con la collaborazione di Kalibandulu, Lu Marra aka Mixash, Radical Vybez, Fido Guido, Sistah Kinky, B.I.G, Speaker Tex, Pushin’n’Joy & Kartun, Papa Ricky,

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Mr.Defendjha, Boom Fire, Kaya Killa, Priest e Jena from VeebraZion Family. Mikelino nel frattempo produce per l’etichetta tedesca Germaicans assieme a Lu Marra aka Mixash, per Dj War e Segnale Digitale, South Yard, Treble e assieme Lu Pisellu per i siciliani della Kalojiru Records. Nel mese di Agosto 2008 entra a far parte della crew Danielino DenDen aka Yehna coprendo il ruolo di selecta-singers e grafico del sound system. Da questo periodo la VeebraZion crew fa numerose dance-hall nella penisola italiana, ad Arezzo, Termoli, Napoli, Firenze, Catania, Siracusa, Marina di Modica, Genova, Potenza, Palermo (Vucciria) e molte altre città. Nel 2010 assieme a Selection Master e Lu Marra creano l’etichetta FILOMUZIK RECORDS per realizzare version e produzioni di eccellente qualità. Dopo il grande successo dei primi singoli e del Pum Pum Riddim, oggi Filomuzik Records è alle prese con il “Vetrina Riddim”, una compilation con ben 18 singers ed MC’s alle prese con un beat “club” che lascia spazio a delle infuocate performance reggae/hip-hop. La raccolta è il risultato della collaborazione di con che Segnale Digitale, WarSound e Catchy. Come suggerisce il nome, con questo riddim il collettivo Filomuzik espone i suoi lavori, e i cantanti con il loro talento. La linea collaborativa parte dalla Sicilia, tocca la Calabria, si ferma in Salento, fa un salto in Basilicata e a Napoli, arriva a Bologna, Milano, Torino e termina a New York. Prima di attivare una propria rete di vendita digitale, Filomuzik, ha deciso di diffondere gratuitamente in rete tutti i propri lavori, affinché tutti possano capirne i propositi.

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Intervista:

Mr Minime Nome: Andrea Santovito Data di nascita: 24 gennaio 1987 Nome d’arte: Mr Minime, Lu Pisellu, Pitucchu pacchu Fa parte di: VeebraZion Sound, Filomuzik Records Giovane cantante salentino originario di Trepuzzi.

L: Ciao Andrea A: Ciao Lisa L: Iniziamo con l’intervista. Cos’è il reggae per te? A: La musica reggae nel Salento è un mix tra sonorità caraibiche provenienti

dalla Giamaica e pizzica salentina perciò può essere considerata musica popolare.

L: Come ti sei avvicinato al reggae? A: La passione per la musica reggae nasce per sfuggire dalla dura realtà della

strada piena di criminalità così io e altri due ragazzi (Yehna e Mikelino) abbiamo fondato un gruppo musicale chiamato VeebraZion Sound proponendo alla gente salentina e oltre musica di artisti giamaicani e successivamente musica con testi e

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L: Come e quando nasce l’etichetta Filomuzik Records? A: L’etichetta Filomuzik Records nasce nel gennaio 2010, è un progetto nato

dalla collaborazione di diversi artisti italiani, che ricercando e relazionando vocalità e generi differenti tende a creare una nuova realtà musicale nel panorama italiano.

L: Qual è il punto di partenza per la nascita di Filomuzik Records? A: Il punto di partenza è un background che attraversa sonorità black come

reggae e hip-hop per evolversi in prodotti artistici sintesi dell’associazione di Filograna, giovane produttore, e una cerchia di singers che compongono progetti paralleli quali Selection Master Crew, Lu Marra, e VeebraZion.

L: Come fate conoscere la vostra musica? A: Per far girare la nostra musica, oltre a concerti in giro per tutta Italia e

produzioni di cd, utilizziamo internet con i vari social network, uno fra tutti MySpace.

L: Progetti per il futuro? A: Pensiamo che la nostra musica sia una passione oltre che un lavoro quindi

abbiamo tanti progetti ma soprattutto sogni nel cassetto che speriamo di realizzare in futuro sfruttando la nostra creatività e il nostro amore per la nostra musica reggae salentina.

L: Grazie Andrea. Alla prossima! A: Prego Lisa. Ciao!

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Vetrina riddim Filomuzik Records is a new project born from the collaboration of some Italian artists, which, looking for different sounds and styles, tries to create a new musical reality. The starting point is a background that goes through black sonorities like reggae and hip-hop to evolve in works result by the union of Filograna, a young producer, and some singers from parallel project like Selection Master Crew, Lu Marra, and VeebraZion Sound. This is the cover of “Vetrina Riddim”, the new CD of Filomuzik Records, a collaboration of 18 singers and Mc’s that singing on a “Club Beat”. The results is a fiery performance reggae/hip-hop. The background is black and in the center we have the heading (Vetrina Riddim). Over it, there are the photos of the singers in black & white. At the top, in the caption, we can see the names of the labels that worked on this project. At the bottom there are the singers’ names. The stone that breaks the window tells you only one thing: free download.

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QUALCHE FOTO

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Bibliografia Gabriele Donadei, Mauro Cardinale, Gabriele Blandini,

Guido Ruotolo, La

quarta mafia, Pironti, 1994

Massari Monica, La

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Il ritmo nel tacco, Principi Attivi, 2009

Sacra Corona Unita. Potere e Segreto, Laterza, 1998


Sitografia http://ilritmoneltacco.jimdo.com/

http://guide.supereva.it/organizzazioni_criminali/sacra_corona_unita_mafia_pugliese

http://it.wikipedia.org/wiki/Sacra_corona_unita

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