Rivista SIEV n.4-5/2010

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sommario

esperienze SAVERIO MICCOLI MARTA BOTTERO SILVIO GIOVE PAOLO ROSATO SARA LEVI SACERDOTTI EMANUELA GASCA STEFANIA MAURO

LA VALUTAZIONE DEI MEGA PROGETTI URBANI PARTE PRIMA: il processo di decisione di Vincenzo BENTIVEGNA SCIENZA E VALUTAZIONE DEL PROGETTO di Enrico FATTINNANZI SOUTH BANK/LONDON Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa IL SISTEMA DELLE VALUTAZIONI PER IL PROGETTO DI UNA NUOVA DIGA LA VALUTAZIONE DELL’ATTITUDINE DELLE DIMORE STORICHE AL RIUSO ECONOMICO “SOSTENIBILE”: un approccio multiattributo non-additivo IL VISITOR MANAGEMENT COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL TERRITORIO VERSO IL DISEGNO DELLE POLITICHE DEL TURISMO

dibattito e approfondimento

GIANLUIGI DE MARE ANTONIO NESTICÒ CHIARA D’ALPAOS

informazione e documentazione GIADA DE MARCHI

IL DIRITTO DI SUPERFICIE NELLE TRASFORMAZIONI URBANE: PROFILI ESTIMATIVI IL VALORE DELL’INTERCONNESSIONE DELLE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

Attività dell’Associazione

Valori e Valutazioni

MARIA VITTORIA BRIGATO CRISTINA COSCIA ELENA FREGONARA

I GIUDIZI DI VALORE NEL PROCESSO DI IDEAZIONE DEL PROGETTO IL “PROCESSO DELPHI-MULTICRITERIA”: proposta metodologica ed esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione

SIEV

FABIANA FORTE

VALUTAZIONI INTEGRATE: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza”

rivista della

n. 4/5 - 2010

LUIGI FUSCO GIRARD MARIA CERRETA PASQUALE DE TORO

siev

Società Italiana di Estimo e Valutazione

QUALITÀ DEL PAESAGGIO E QUALITÀ DEL TURISMO: VALORI, ANALISI E STRATEGIE

Recensioni MARINA CIUNA

GIANLUIGI

DE MARE

RINNOVO URBANO E VALUTAZIONI INTEGRATE di S. Miccoli LA STIMA DEGLI INDICI DI URBANIZZAZIONE NELLA PEREQUAZIONE URBANISTICA di P. Morano

ISSN 2036-2404 Valori e Valutazioni

Semestrale anno III numero 4/5 - maggio/novembre 2010

valori e valutazioni teorie ed esperienze


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valori e valutazioni

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Società Italiana di Estimo e Valutazione

teorie ed esperienze periodico semestrale - Anno III n. 4/5 - Maggio/Novembre 2010 registrazioni

Tribunale di Roma n. 247/2008 del 23.06.2008 ISSN 2036-2404 Valori e valutazioni

direttore responsabile

Enrico Fattinnanzi

editore e proprietario

Società Italiana di Estimo e Valutazione

sede

presso Fondazione Giovanni Astengo Piazza Farnese n. 44 - 00186 Roma

redazione

presso DEI Tipografia del Genio Civile Via Nomentana n. 16 Roma

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stampa e distribuzione DEI Tipografia del Genio Civile Via Nomentana n. 16 Roma chiuso in tipografia

gennaio 2011

comitato di redazione

Marta Berni, Marta Bottero, Diego Cuzzi, Chiara D’Alpaos, Gianluigi De Mare, Fabiana Forte, Alessandra Oppio, Sebastiano Carbonara (Coordinatore)

comitato scientifico

Vincenzo Bentivegna (Università di Firenze) Rocco Curto (Politecnico di Torino) Stephen Curwell (University of Salford) Enrico Fattinnanzi (Università di Reggio Calabria) Giulio Mondini (Coordinatore, Politecnico di Torino) Bernard Muller (Leibniz Institute Fur Okologische Raumentwicklung di Dresda) Paolo Rosato (Università di Trieste) Gilles Verpraet (CNRS di Parigi)

referees

La rivista utilizza un gruppo di esperti di livello internazionale e si avvale dell’apporto dei membri del comitato direttivo della SIEV

realizzazione

Claudia Alessandro

traduzioni

Franco e Lorenzo Siciliano

abbonamento annuale

(2 numeri l’anno) 20 €

pubblicità ed ufficio abbonamenti tel. 06.4416371 - fax 06.4403307 Via Nomentana, 16 - 00161 Roma tel. 06.4416371 - fax 06.4403307 e-mail dei@build-it


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Sommario

Editoriale ...............................................

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La valutazione dei mega progetti urbani parte prima: il processo di decisione ......... di Vincenzo Bentivegna

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Scienza e valutazione del progetto ............... di Enrico Fattinnanzi

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ESPERIENZE South Bank/London Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa ................................. di Saverio Miccoli

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga.................................. di Marta Bottero

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La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile”: un approccio multiattributo non-additivo ... di Silvio Giove, Paolo Rosato

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo .. di Sara Levi Sacerdotti, Emanuela Gasca, Stefania Mauro

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza” ........................................ di Luigi Fusco Girard, Maria Cerreta, Pasquale De Toro

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Il “Processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica ed esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione di Maria Vittoria Brigato, Cristina Coscia, Elena Fregonara

I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto ......................................... di Fabiana Forte

117

Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi ....................... di Gianluigi De Mare, Antonio Nesticò

151

Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico ................. di Chiara D’Alpaos

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INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

RECENSIONI

Qualità del paesaggio e qualità del turismo: valori, analisi e strategie ............................ 179 di Giada De Marchi

Rinnovo urbano e valutazioni integrate (Miccoli S.).............................................. 180 di Marina Ciuna La stima degli indici di urbanizzazione nella perequazione urbanistica (Morano P.)........... 181 di Gianluigi De Mare

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I TEMI DELLA RIVISTA estimo dei beni immobili e dei lavori valutazioni dei piani e dei progetti urbanistici valutazioni economiche e finanziarie valutazioni in ambito ambientale DECORRENZA E RINNOVO ABBONAMENTO: L’abbonamento decorre dal primo numero raggiungibile e può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. Lo scadere dell’abbonamento è comunicato con lettera di richiesta rinnovo. PER ULTERIORI INFORMAZIONI su contenuti e modalità di abbonamento, contatti pure il ns. Servizio Clienti tramite: • tel. 0644163772 fax 064403307 • dei@build.it

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EDITORIALE Da qualche tempo, nell’area della valutazione e dell’estimo, è in corso una riflessione sul ruolo che la disciplina può svolgere nei confronti del territorio, per approfondirne la conoscenza e per migliorare l’efficienza degli interventi pianificatori e progettuali. Una riflessione anche sollecitata dalla complessità, dalle incertezze, quindi dagli interrogativi e dai problemi che si pongono su una scena spaziale nella quale i processi di trasformazione si propongono obiettivi qualitativi più ambiziosi e impegnativi e i singoli progetti assumono dimensioni economiche e sociali più ampie e coinvolgono soggetti più numerosi, spesso portatori d’interessi reciprocamente conflittuali. Si tratta di fenomeni che presuppongono un ruolo crescente e pervasivo dei processi estimativi e valutativi, un ruolo che nella pianificazione urbanistica viene ormai richiesto in modo esplicito ed anche, se pure sporadicamente e con notevoli resistenze, nella progettazione delle opere. Questa riflessione degli estimatori e valutatori sul proprio ruolo è stata anche sollecitata da un disagio diffuso che, in alcuni casi, ha generato un vero e proprio rifiuto nei confronti di richieste di collaborazione alla redazione di piani e progetti, generalmente strumentale e subordinata, con un ruolo limitato a particolari fasi o ad aspetti settoriali parziali. Esperienze positive ci mostrano che, nel momento in cui ci si propone di legittimare piani o progetti fondandoli su una previsione per quanto possibile attendibile dei loro esiti e sulla stima della quantità e qualità delle risorse necessarie, diviene inevitabile introdurre sostanziali trasformazioni nelle metodologie utilizzate dai diversi specialisti, a cominciare da quelle degli stessi urbanisti e progettisti. È necessario quindi operare trasformazioni che prevedano l’introduzione nelle metodologie redazionali della valutazione in tutte le loro fasi di sviluppo, possibilmente sino alla verifica del prodotto attuato e gestito. Sin dai primi numeri di Valori e Valutazioni, questa riflessione ha permeato molti dei contributi pubblicati. Citiamo in particolare l’articolo di Mondini con il quale abbiamo voluto aprire lo scorso numero della rivista, proprio perché vi si evidenzia e si argomenta con efficacia la funzione “di produzione di conoscenza”, che la valutazione può svolgere quando appunto sia stata organicamente inserita, direi incorporata, nella metodologia di formazione e attuazione di piani e progetti.

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A testimonianza e conferma della tensione intellettuale e della ricerca d’identità che sta animando la nostra area disciplinare, questo numero viene introdotto da un corposo saggio di Bentivegna che, sviluppando i contenuti della sua lectio magistralis (Firenze 2008), propone una riflessione sulle recenti, problematiche trasformazioni che si sono prodotte nella maniera di concepire il rapporto tra progetto e piano urbanistico. Problematiche sempre presenti ma che si sono evidenziate con particolare intensità alla fine del secolo scorso, quando i Mega Progetti Urbani (MPU), con la loro carica innovativa e implicazioni strategiche, hanno rappresentato un’esperienza diffusa in molte realtà urbane europee. Data la complessità del tema, Bentivegna ha ritenuto di articolare il suo contributo in due parti. In un primo articolo l’autore ha analizzato il complessivo processo di decisione di un MPU, considerando essenzialmente tre suoi aspetti: la progettazione, il management e la partecipazione. Sotto questo triplice profilo lo scritto indica come compito fondamentale e qualificante delle amministrazioni responsabili, la costruzione di un iter politico-procedurale dei MPU capace di valorizzarne le implicazioni positive (in termini d’innovazione e sviluppo) e ridurne i rischi (in termini di equità, correttezza democratica e istituzionale). Si tratta di adottare una procedura di tipo dialogico e partecipativo che deve tendere, per quanto possibile, a tenere insieme la dimensione strategica del progetto (tanto più importante quanto maggiore è il suo impatto sulla città e sul territorio) con la dimensione strategica del piano urbanistico, accettando perciò che questo si modifichi per adattarsi al progetto e viceversa. Un processo che quindi supera la razionalità a priori di una strumentazione urbanistica tradizionale che, per la sua intrinseca rigidità, raramente ha consentito un rapporto interattivo e circolare tra il piano-progetto, di fatto considerate come entità distinte e non comunicanti. Si tratta di un processo inevitabilmente conflittuale, nel quale l’aspetto essenziale, politicamente ed eticamente qualificante, diventa la valutazione dei costi e dei benefici che l’attuazione del progetto produce e, soprattutto, la loro distribuzione tra più attori e tra tutti i soggetti, direttamente o indirettamente, interessati o coinvolti dalla sua attuazione. Sul prossimo numero, muovendo dalle considerazioni svolte in questo primo articolo, l’autore si propone di comprendere quali siano le valutazioni efficaci per

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EDITORIALE costruire un rapporto virtuoso dei MPU con le città e il territorio e prefigurare strumenti operativi capaci di regolarne le reciproche interazioni. Altri contributi, pubblicati nelle sezioni “esperienze” e “dibattito e approfondimento”, affrontano aspetti diversi ma tutti connessi all’esplorazione delle nuove frontiere e delle potenzialità delle discipline valutative. Fattinnanzi pone in evidenza la capacità della valutazione di rendere controvertibili i processi decisionali di formazione dei piani e dei progetti, prendendo atto che questi, in ogni loro fase di sviluppo, sono operati sulla base di valutazioni soggettive. In particolare le decisioni che configurano un progetto architettonico si esprimono sempre nella selezione che, sulla base di giudizi di valore, viene operata all’interno del patrimonio tipologico e tecnologico che è disponibile in un determinato territorio, in quel particolare momento storico. Poi il progettista, in base alla sua cultura e formazione professionale, soggettivamente assimilerà, interpreterà e travaserà nel proprio progetto tali informazioni. La valutazione consente di dichiarare le ragioni di scelte, valorizzando le profonde affinità concettuali che esistono tra la generazione e la verifica delle moderne ipotesi scientifiche e quelle formulate dal progettista. L’autore indaga sulle implicazioni del ruolo pervasivo che la valutazione può svolgere nella concreta impostazione ed organizzazione del processo redazionale e nell’efficacia del lavoro svolto dall’equipe di progettazione. Su quest’ordine di argomenti si sviluppa anche il saggio di F. Forte che indaga i processi mentali e operativi sui quali si formano le decisioni attraverso le quali, nelle diverse fasi di formazione del progetto, si sostanzia la creatività dell’architetto. Il saggio si propone di ampliare l’idea di valutazione, estendendola alla stessa fase formativa del progetto, in cui si disegna quello che viene definito il generatore primario, cioè un’idea generale o un obiettivo o un’interpretazione dello spirito dei luoghi, che interviene fin dalla fase iniziale della strutturazione del problema progettuale, aiutando a generare le soluzioni e riducendo il numero delle infinite possibilità. Il contributo di F. Forte è interessante non solo perché indica una prospettiva teorica attendibile per superare la visione prevalentemente quantitativa che da sempre ha fortemente limitato le potenzialità della valutazione stessa, ma anche perchè l’analisi dei meccanismi generatori delle scelte progettuali può contribuire a rendere queste più consapevoli ed efficaci.

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Anche in altri contributi si manifesta l’esigenza di rompere gli steccati che troppo spesso hanno costretto e limitato il ruolo della valutazione. In tutti emerge la consapevolezza che gli interventi sull’assetto fisico del territorio hanno sempre implicazioni di carattere sociale ed economico, implicazioni tanto più complesse quanto maggiore è la loro dimensione fisica ed economica. Implicazioni quindi che esigono l’intervento di metodi di valutazione la cui validità si confronta appunto con la loro capacità di governare tale complessità. Il saggio di Fusco Girard, Cerreta, De Toro argomenta come la valutazione si proponga come un supporto essenziale alla costruzione delle scelte di piano e di progetto non solo per la sua capacità di esplicitare valori, di evidenziare interessi e bisogni e di individuarne gli aspetti maggiormente rilevanti, ma anche perché offre uno strumento capace d’integrare approcci, metodologie e modelli disciplinari diversi, adeguandoli alle molteplici esigenze che il processo decisionale stesso pone in ogni fase del suo sviluppo. Riteniamo di particolare rilevanza le considerazioni che gli autori svolgono a proposito dei rapporti tra valutazione e processi di partecipazione e coinvolgimento, argomentando come le valutazioni intrinsecamente partecipate consentano di affrontare con maggiore efficacia situazioni particolarmente complesse perché dominate da incertezze e conflittualità. L’esigenza di disporre di strumenti di valutazione adeguati si è accentuata nel momento in cui, in gran parte dell’Europa, l’attenzione degli urbanisti e degli architetti si è spostata dai processi d’espansione urbana, che avevano dominato la situazione europea all’epoca della ricostruzione del secondo dopoguerra, a quelli della riqualificazione e del riuso del patrimonio esistente. In questo senso, tra gli addetti ai lavori e nel più vasto pubblico, è maturata una domanda consapevole di sostenibilità e compatibilità, sia nei confronti delle qualità naturali del territorio, sia di quelle storicamente sedimentate nelle sue parti più intensamente antropizzate. A supporto di queste considerazioni sul ruolo della valutazione, nella prima sezione dedicata alle “esperienze”, continua l’illustrazione di importanti progetti e interventi urbani italiani ed europei, con particolare attenzione ai più interessanti progetti di rigenerazione di settori urbani ed a quelli in cui i processi di valutazione hanno pesato in misura rilevante.

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EDITORIALE M. Bottero presenta uno studio di fattibilità redatto per la realizzazione di una importante opera pubblica, un nuovo impianto idroelettrico localizzato Bulgaria. Lo studio mette in luce il ruolo di responsabilità svolto dei valutatori nella prefigurazione delle implicazioni connesse a tutte le fasi di sviluppo di un progetto, dalla programmazione, progettazione e realizzazione dell’opera. Sono stati sviluppati approfondimenti e analisi specifiche per supportare la decisione, non solo in merito all’attuazione o meno dell’investimento ma anche, quando si fosse deciso d’intervenire, compiendo un’attenta analisi degli impatti, individuando gli opportuni mitigatori e definendo le caratteristiche progettuali generali delle opere previste, delle tecnologie da utilizzare e l’organizzazione dello stesso processo destinato a realizzarle. In un quadro di elevata complessità (il contesto internazionale, la presenza di attori diversificati, la necessità di utilizzare diverse competenze specifiche) si sono quindi valutate congiuntamente la fattibilità tecnica, la sostenibilità finanziaria dell’investimento, la convenienza economico-sociale dell’opera, la compatibilità ambientale dell’intervento, nonché le procedure amministrative e organizzative da adottare. Il saggio di Miccoli illustra la poliennale vicenda del complesso processo di trasformazione e rigenerazione dell’area South Bank a Londra. Una complessità che si manifesta negli obiettivi, nei tempi e nei processi stessi attraverso i quali sono stati definiti e messi a punto i numerosi progetti che hanno realizzato la trasformazione. Sono stati sviluppati progetti diversi per dimensione, tempi di realizzazione e destinazione d’uso, finanziati attraverso la confluenza di molteplici fonti ma tutti confluenti in un complesso unitario grazie all’efficacia operativa di strumenti, appositamente creati, di programmazione, progettazione e gestione degli interventi. Un intervento urbano emblematico il cui successo è da ricercarsi appunto nello sviluppo di un processo fondato sul dialogo tra i soggetti interessati e sul progressivo empirico adattamento dei diversi progetti alle esigenze generali di sviluppo di Londra. Si è operato con una logica d’intervento attuata per fasi di breve e medio termine ma continuamente contestualizzata in una prospettiva di lungo periodo nella quale si è data risposta a molteplici emergenze (sociali, economiche, ecologiche ecc.) della città. Particolarmente efficace è stata l’attivazione, attraverso tutto l’arco del processo, di forme di partecipazione che

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hanno coinvolto tutti i soggetti interessati alla trasformazione e che, in particolare, hanno consentito ai residenti di esprimere le proprie esigenze, determinando la scelta di fondo, di mantenere e riqualificare il carattere sostanzialmente residenziale dell’area. A questo proposito strategicamente assai importante è stato il calibrato inserimento nell’area di funzioni le quali, oltre a migliorare la vivibilità della zona e arricchirne il livello funzionale, ne hanno potenziata la capacità attrattiva, incentivando utenti, visitatori e turisti a varcare il Tamigi e contribuendo così a creare interazioni positive tra South Bank e il centro di Londra. Nell’articolo di Sacerdotti, Gasca e Mauro s’illustra un’esperienza sviluppata nell’ambito del Piano Strategico che la Regione Piemonte ha approntato nel settore del Turismo, concepito come attività trainante per lo sviluppo del territorio sia in termini economici e sociali, che di governance, ritenendo prioritario il miglioramento dei livelli di accoglienza e di gestione dei visitatori. SiTI (Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione) e il DICAS (Dipartimento Casa Città del Politecnico di Torino) hanno compiuto un approfondito lavoro di ricerca, allo scopo di fornire all’amministrazione linee guida d’intervento da utilizzare su tutto il territorio regionale. Il saggio illustra l’approccio seguito dal gruppo di ricerca che ha preso spunto da un metodo già diffuso nei paesi anglosassoni e denominato visitor management. Questo approccio, attraverso l’analisi delle attese dei turisti, la valutazione degli impatti e la gestione delle destinazioni, offre la possibilità d’indirizzare le politiche e le prassi amministrative, in modo da conciliare contestualmente un’alta qualità di esperienza dell’ospite con gli interessi della comunità locale, la tutela dell’ambiente con il mantenimento di una redditività delle attività economiche nel loro complesso. Al fine di verificare la metodologia proposta ed elaborare linee guida valide per tutto il territorio regionale, gli autori presentano tre casi studio rappresentativi dei prodotti turistici e dei sistemi territoriali dell’area piemontese. Il saggio di Giove e Rosato illustra una metodologia a carattere multicriteriale da utilizzare per l’esame e la selezione delle alternative di riuso di beni pregiati valutando, sulla base di criteri complessi, la sostenibilità economica e la compatibilità con l’esigenza di salvaguardarne e valorizzarne i caratteri storicamente sedimentati. Prendendo atto della forte differenziazione del paniere qualitativo che caratterizza ogni singolo

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EDITORIALE bene immobiliare, quando questo, in particolare, sia dotato di un rilevante valore storico, si procede all’individuazione e selezione delle variabili qualitative più significative, stabilendone poi gli opportuni criteri di valutazione e i relativi livelli di apprezzamento. Quindi, attraverso l’adozione di un approccio a carattere multicriteriale e di procedure di programmazione lineare, è stato possibile stimare le possibilità di riutilizzazione di un bene immobile sulla base del peso che esercita ciascuna delle variabili considerate. Il saggio di Giove e Rosato ci permette di constatare ancora una volta come un particolare mercato immobiliare sia sempre costituito da un diverso intreccio di vari sottomercati, ciascuno dei quali si “differenzia” per un particolare mix di caratteristiche qualitative: non solo quelle connesse alla struttura proprietaria e d’uso degli immobili ed alla localizzazione, ma anche le particolari qualità intrinseche ed estrinseche. Ci sembra utile a questo proposito indicare alcuni suggerimenti per nuovi sviluppi della nostra disciplina. In primo luogo, nel momento stesso in cui si indaga la complessità qualitativa degli immobili e, su tale base, si elaborano modelli capaci di stimarne i relativi valori di mercato, di fatto ci si colloca all’interno di una interpretazione del mercato immobiliare di tipo oligopolistico, riferendosi in particolare ad un’ipotesi di mercato caratterizzato dalla forma del cosiddetto “oligopolio indifferenziato” (secondo la classica definizione di Sraffa, poi sviluppata da Sylos Labini). Prendere a riferimento, anche nelle operazioni di stima immobiliare, il modello di mercato oligopolistico così com’è stato suggerito dal contributo di Mollica apparso sullo scorso numero, significa avere la possibilità di attingere alla ricca messe di acquisizioni teoriche, formalizzazioni analitiche e strumenti operativi che da queste derivano. D’altra parte riteniamo che questo approccio realizzi un’oggettiva convergenza d’interessi disciplinari tra gli estimatori immobiliari e i progettisti e pianificatori. Infatti, quando questi decidono di immettere particolari caratteristiche nel progetto di costruzione o di recupero e riqualificazione di un immobile esistente, ne prefigurano non solo le qualità intrinseche ma anche quelle estrinseche (quelle cioè che ne valorizzano le peculiarità della sua ubicazione urbana), conferendo all’immobile quelle stesse caratteristiche che, una volta realizzato e immesso nel mercato, ne determineranno il valore. Dalla lettura dei contributi contenuti in questo nume-

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ro di Valori e Valutazioni emerge l’importanza che implicitamente ed esplicitamente gli autori attribuiscono ad approcci di tipo multicriteriale. Riteniamo positiva la diffusione di una metodologia che, per le sue stesse caratteristiche, meglio si presta ad affrontare i problemi connessi alla complessità ed alla connotazione dell’operazione valutativa, inevitabilmente soggettiva, specie se operata nell’ambito della redazione di progetti o di piani il cui sviluppo sia condotto adottando un’ottica di tipo integrato. In quest’ambito un contributo molto utile ci è offerto dallo scritto di Brigato, Coscia e Fregonara che, sulla base di un esame dei punti di forza e debolezza del Multicriteria Decision Analysis e del Delphi Method, ne propone una lettura trasversale e integrata, giungendo a configurare una metodologia di applicazione, in modalità congiunta, di ambedue gli strumenti definita appunto “Delphi-Multicriteria”. Lo scopo è stato quello di individuare uno strumento capace di affrontare problemi e processi complessi quali, in generale, sono appunto la formazione e l’attuazione di piani e progetti. Uno strumento poi tanto più utile quanto più è rilevante la portata strategica delle scelte in gioco e sono coinvolti soggetti diversi e portatori d’interessi conflittuali. Come ambito di riferimento teorico e sperimentale, anche in questo lavoro, è stato scelto il settore della valorizzazione delle risorse culturali, in particolare nei casi in cui si debba scegliere tra proposte alternative. Ancora una volta, un particolare accento è stato posto sulla capacità della metodologia di supportare, nei momenti decisionali cruciali, la partecipazione dei soggetti portatori d’interesse oggi normalmente limitata a un confronto gestito tra l’analista-progettista e il soggetto decisore. Il contributo di D’Alpaos sottolinea l’importanza per la disciplina di introdurre approcci valutativi innovativi e propone un modello di valutazione della flessibilità dei sistemi acquedottistici interconnessi sviluppato all’interno del framework metodologico della teoria delle opzioni reali. I sistemi acquedottistici a fonti interconnesse rappresentano un tipico esempio di investimento flessibile il cui valore non è generalmente catturato dalle tradizionali tecniche di capital budgeting. Le valutazioni effettuate utilizzando come indicatore di convenienza il Valore Attuale Netto (VAN) non sono di fatto in grado di far emergere la dimensione strategica e dinamica degli investimenti e la rilevanza delle opzioni operative insite nei progetti le qua-

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EDITORIALE li, se opportunamente esercitate, potrebbero incrementare il valore attuale di un asset. Rispetto ai tradizionali strumenti valutativi, l’approccio delle opzioni reali è in grado di catturare in maniera esplicita la flessibilità ed i suoi effetti sulla riduzione dell’incertezza e consente di fornire una stima più oggettiva del rischio derivante da fonti di incertezza sia endogene che esogene, considerando l’opportunità di investimento iniziale come una sequenza di flussi di cassa e di valori d’opzione. La sezione di saggistica si conclude con il lavoro di G. De Mare e A. Nesticò, relativo al diritto di superficie quale strumento “leggero” nelle scelte di pianificazione urbana. La scarsità di fondi pubblici esalta il ricorso a procedimenti che consentano la valorizzazione delle risorse disponibili minimizzandone i costi di

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investimento e di gestione. L’adeguata conoscenza degli aspetti normativi e delle questioni estimative di merito facilita le pubbliche amministrazioni in tale percorso virtuoso. Nella prospettiva illustrata, gli autori declinano i principi normativi di riferimento per l’istituto, integrando la sezione divulgativa con una approfondita comparazione tra la prassi nazionale e quella europea. Il tema centrale dello studio ruota attorno alle questioni disciplinari, ossia alle problematiche connesse con la stima della proprietà superficiaria. I risultati a cui lo studio perviene sono classificati e schematizzati in tabelle, permettendo così al lettore l’immediata focalizzazione dei profili critici emersi e delle soluzioni proposte rispetto all’ampia casistica riscontrata. E.F.

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B BENTIVEGNA cor:rivista21x27.qxd 01/02/11 08:23 Pagina 7

La valutazione dei mega progetti urbani, parte prima: il processo di decisione Vincenzo Bentivegna

parole chiave: mega-progetti urbani, processo decisionale, coordinamento piano/progetto, negoziazione

Abstract Questo articolo, il primo di una serie di due sul tema dei mega-progetti urbani (MPU) che verranno presentati su questa rivista, analizza il problema delle implicazioni che questo tipo di progetti comportano sulla pianificazione. In primo luogo si esamina il concetto di mega-progetto urbano e si analizzano i processi decisionali associati ai MPU e alla pianificazione e la relazione che li collega evidenziandone le principali caratteristiche distintive dal punto di vista decisionale. Assumendo la relazione tra il piano e il progetto come una forma di coordinamento, viene quindi individuata una serie di problemi che richiedono un approfondimento in funzione della natura stessa di questa relazione. È il caso delle differenze riscon-

PREMESSA I mega progetti urbani (MPU) – come ad esempio: stazioni ferroviarie, porti, grandi centri commerciali periurbani, metropolitane e tramvie, centri universitari e di ricerca, stadi di grandi dimensioni in grado di richiamare eventi sportivi e manifestazioni di scala almeno nazionale, trasformazioni di interi quartieri urbani, ecc. – sono diventati sempre più comuni e complessi e sono ritenuti determinanti per lo sviluppo di un territorio, tanto che la loro diffusa presenza è considerata una carta indispensabile per sostenere, a livello globale, la concorrenza con altri territori. In effetti, essi sono fattori importanti per la trasformazione strutturale di una città perché, quale che sia l’opinione sulla loro utilità contingente, provocano effetti nel medio e lungo periodo in grado di modificare profondamente la

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trabili tra piano e progetto nella struttura e nella prassi decisionale, dei molteplici potenziali campi di conflitto, dei rischi di opportunismo e di rischio morale, e del pericolo di incorrere in situazioni di deficit democratico. L’articolo prende inoltre in considerazione e tratta la natura dei processi negoziali tra gli attori pubblici (amministrazioni locali) e privati (promotori) coinvolti nella progettazione e nella realizzazione dei MPU e analizza le possibili modalità di accordo. Nel successivo articolo verranno approfonditi i problemi collegati relazione tra piano e progetto sia sul piano della valutazione che su quello della pianificazione con particolare attenzione alle capacità di apprendimento reciproco che ne derivano.

funzionalità, l’ambiente e la qualità della vita del territorio in cui sono collocati. Il lavoro , articolato in due parti, che presento è un tentativo di comprendere le valutazioni utili a giudicare il rapporto di questi progetti con il territorio in cui si innestano. In effetti, mentre la valutazione dei loro aspetti aziendali è spesso avanzata, la valutazione degli aspetti territoriali è rimessa al PRG e, soprattutto, ai piani attuativi, ed è riferita quasi esclusivamente al loro impatto ambientale e al costo monetario per riorganizzare il territorio interessato; mentre non considera quasi mai la coppia piano-progetto, quasi fossero entità distinte e non comunicanti, e quindi il loro necessario coordinamento. Le analisi che propongo in questo primo articolo sottolineano l’importanza del rapporto tra piano e progetto e rappresentano i presupposti per le conseguenti ipotesi valutative che però saranno sviluppa-

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te in un successivo articolo che verrà presentato sempre su questa rivista.

I CARATTERI QUALIFICANTI DEI MPU Un MPU è unico (quindi non esistono casi simili da copiare, ma solo esperienze da assimilare), complesso (perché richiede l’interazione di molti agenti), richiede investimenti iniziali molto elevati (quindi è condizionato dalle politiche del credito e delle assicurazioni, dall’andamento dei mercati internazionali, ecc.), ha bisogno di un lungo periodo di gestazione e costruzione (quindi si sviluppa in un quadro di riferimento decisionale instabile), è difficilmente reversibile, ha sempre costi di transazione molto elevati, ha un forte impatto sull’immaginario collettivo i cui effetti sono ben difficilmente valutabili, ha sempre un impatto politico che condiziona la sua realizzabilità in modo spesso determinante. Il processo di decisione associato a questi progetti è complesso non solo perché coinvolge molti attori contemporaneamente il che, come è noto, introduce gradi elevati di incertezza; ma anche perché questo processo è lungo, instabile e articolato, per cui, col passare del tempo, cambiano gli obiettivi, le strategie e, a volte, anche gli attori stessi. Nel tempo, possono cambiare anche gli elementi che qualificano gli ambienti di decisione (come i mercati sui quali si vendono o si distribuiscono i loro prodotti o i loro servizi, le componenti strutturali della domanda e dell’offerta, le condizioni politiche, ecc.). Questo processo di decisione è quindi difficilmente controllabile e i risultati attesi sono difficilmente anticipabili. Solo recentemente si è preso coscienza dell’importanza dei MPU nei processi di trasformazione delle città e si è iniziato a fare ricerche sistematiche su di essi. Queste ricerche hanno messo in luce che: • In tutto il mondo e nell’Unione Europea, i MPU sono probabilmente il modo principale con il quale il capitale sta trasformando le città, soprattutto quelle metropolitane. I MPU sono considerati il mezzo più importante per creare innovazione territoriale nel mercato globale a forte competizione tra i territori. Da molti anni, nella UE, sono considerati l’alternativa vincente al problema del cosiddetto fallimento del piano. La domanda di MPU è in continua crescita. • Spesso i MPUsono scelti e promossi a livello di governo centrale e sono sponsorizzati a livello internazionale. Sono quindi molto influenzati dalle variabili macro economiche, di conseguenza, si ritiene che la capacità di influenzarli e di controllarli da parte dei governi locali sia scarsa. Eppure, c’è una crescente consapevolezza che la loro realizzazione sia funzione delle dinamiche dell’ambiente istituzionale all’interno del quale sono iniziati, pianificati e realizzati e quindi cresce l’attenzione sui comportamenti delle autorità e comunità locali. • In un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, i MPU trovano nella finanza pubblica centrale, e decentrata, la fonte principale per il loro finanziamento, quin-

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di assorbono per lunghi periodi importanti quote di finanza pubblica, entrando in concorrenza con gli investimenti urbani diffusi. Non è da escludere che questo comportamento della finanza pubblica sia legato allo scontro, ormai generalizzato a livello globale, tra le grandi città, che richiedono larghe autonomie, e gli stati centralizzati che sono riluttanti a concederle. C’è una critica crescente sulla capacità dei MPU di raggiungere livelli di efficienza ed efficacia adeguati, e non pochi analisti ritengono che questi progetti ben difficilmente siano in grado di produrre benefici economici, sociali e ambientali adeguati al loro costo e alla quantità e qualità delle risorse territoriali e ambientali coinvolte; dal che, una conseguente perdita di credibilità tra la popolazione, malgrado il loro impatto mediatico e spettacolare. Il fatto che da questi progetti spesso ci guadagnino soprattutto le grandi corporazioni, i promotori internazionali e le istituzioni finanziarie, e non i piccoli investitori, favorisce queste critiche. È anche stato più volte sottolineato che i percorsi decisionali associati ai MPU sono scarsamente democratici e che i loro obiettivi strategici raramente sono compiutamente raggiunti (vedi il progetto europeo OMEGA). L’impatto potenziale dei MPU sul territorio si sviluppa compiutamente durante periodi di tempo consistenti, mettendo in moto sinergie di grande portata difficilmente identificabili a priori perché si intrecciano fra loro e con l’esistente, in modi e forme complesse, anche in conseguenza delle mutevoli strategie e politiche degli attori. È quindi ben difficile prevedere gli effetti di un MPU nel medio e lungo periodo o stabilirne i criteri di successo attendibili e condivisi sui quali ci sia consenso da parte della popolazione. Gli effetti dei MPU, in modi e dimensioni diverse a seconda delle caratteristiche del progetto e dell’ambiente in cui si presentano, possono interferire con i cambiamenti climatici a livelli micro e macro, possono aumentare i livelli di inquinamento, possono incidere sui costi e sui consumi energetici, possono cambiare le identità dei luoghi, possono creare problemi di sicurezza, possono modificare gli stili di vita, ecc.. Questi cambiamenti possono essere sia negativi (minacce) che positivi (opportunità) per una città e per un territorio, ma in ogni caso devono essere identificati e governati, quello che non è chiaro è come, perché, da chi e in che direzione. L’unica cosa certa è che non possono essere gestiti seguendo gli approcci gestionali tradizionali. Non sono disponibili conoscenze sufficienti sull’utilità e sugli effetti di medio-lungo periodo dei MPU perchè la conoscenza associata a questi progetti è scarsa e tutto sommato abbastanza povera, e spesso non è nemmeno credibile perchè manca di obiettività. In generale la conoscenza è insufficiente, poco diffusa e in molti casi rimane riservata. Sono invece più diffusi gli studi e le informazioni sui loro costi economici e sui loro rischi, particolarmente quelli associati alla fase di costruzione e messa in opera di un progetto. Gli studi sui rischi ambienta-

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La valutazione dei mega progetti urbani, parte prima: il processo di decisione li, ancorché diffusi, mancano spesso di strutture teoriche forti e condivise o di informazioni sufficienti, per cui non è raro che alimentino più le controversie e la paura collettiva che non l’effettiva conoscenza. • Spesso la costruzione e gestione dei MPU è accompagnata da diffusi fenomeni di paura collettiva, che trova alimento anche nel forte impatto ideologico, politico e mediatico di cui sono portatori. • L’ambiente di decisione associato ai MPU è caratterizzato da complessità, indeterminazione e incertezza: incertezza sulla conoscenza disponibile e sui valori in gioco (incertezza sostantiva), incertezza in merito alle intenzioni e alle strategie delle parti coinvolte (incertezza strategica) e incertezza in merito a dove, quando e da chi sono prese le decisioni determinanti (incertezza istituzionale). • Solo ultimamente i MPU sono diventati un importante campo di ricerca specializzata ma l’assoluta maggioranza delle ricerche è centrata sul progetto o sui suoi promotori, si interessa quasi esclusivamente degli aspetti economici o ingegneristici e prende in considerazione un singolo progetto o una specifica categoria di progetti (trasporti, acqua, ecc.), ma quasi mai i territori e le città. Un MPU è quasi sempre un progetto innovatore, nel senso che innova nel campo della tecnologia delle organizzazioni spaziali (mercati, reti, ecc.), dei modelli d’uso di alcune risorse urbane e territoriali. Di conseguenza il quadro strategico in cui collocarlo a priori è difficile semplicemente perché non esiste un enunciato chiaro e condiviso, stabile e costante che possa descriverlo e descriverne dettagliatamente le conseguenze: in effetti, è lo stesso MPU che concorre a costruire questo quadro strategico. Per esempio, è difficile specificare a priori il risultato atteso di un MPU, proprio perché innovativo, le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che fornirà sono poco chiare e definite. Altrettanto difficile è prevedere le implicazioni territoriali dei suoi effetti in ambito urbanistico, ambientale, sociale, economico e sanitario. Il suo principale problema è convivere con l’incertezza. Questa incertezza onnipresente condiziona sistematicamente lo svilupparsi del suo processo di decisionale. La mancanza di preferenze chiare e di prospettive sicure nel medio periodo creano una situazione di decisione non facile, perché dominata dal rischio: il controllo e la riduzione del rischio diventa allora l’ossessione del management (Miller e Lessard, 2000). Il primo problema che deve risolvere il management di un MPU è quindi quello della propria legittimazione (politica, tecnica, culturale, territoriale). Ma lo stesso tipo di problemi si presenta a livello di governo del territorio: accettare o respingere la proposta del MPU, o “indovinare” quale è la migliore soluzione da favorire e sostenere, capirne le implicazioni territoriali, ivi compresi i costi associati, che cosa legittimare e perché, è tutt’altro che facile e richiede capacità e competenze non trascurabili sia politiche che tecniche. La questione è che un progetto di questo tipo, proprio per la sua importanza e il suo impatto, richiede

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una forte capacità di apprendimento degli attori, un’elevata capacità di adattamento del sistema urbano e una elevata capacità di guidare questo adattamento da parte del planner. Il peso delle questioni irrisolte, perché non previste o non gestite, può fare inceppare il governo del MPU soprattutto nella sua fase iniziale, e in questo caso si può giungere a conflitti aperti con gli stake-holder.

IL GOVERNO DEL MPU L’obiettivo strategico, di creare una prospettiva ragionevolmente sicura di redditività dell’investimento nel medio periodo, è generalmente ritenuta una condizione indispensabile per assicurare il successo dell’operazione. Ma è evidente che questa prospettiva cambia profondamente a seconda dell’ambiente in cui si colloca: un conto è concepire, programmare, progettare e gestire un MPU in un ambiente statico, poco propenso ai cambiamenti, facilmente controllabile e a bassa incertezza; un altro conto è svilupparlo in un ambiente dinamico e turbolento, che richiede al progetto requisiti di adattabilità tempestiva al variare improvviso delle situazioni. Il modo in cui questi progetti sono scelti, progettati e gestiti è cambiato negli ultimi anni. Il modello tradizionale, ancora molto diffuso ma oggetto di forti critiche, è quello tipicamente manageriale, centrato sulla razionalità top-down, che si basa su previsioni forti a larga scala, su specificazioni progettuali e gestionali dettagliate, su una forte centralizzazione delle decisioni, su analisi e dimostrazioni formali. Secondo questo approccio il progetto deve essere ben pianificato dagli esperti che, valutando i pro e i contro delle varie alternative, sono in grado di raggiungere il consenso (dei promotori, degli azionisti, delle istituzioni, della società civile) sulle scelte operate in base ad un approccio ottimizzante della pianificazione e progettazione. In questa prospettiva, l’eventuale fallimento del progetto viene fatto risalire ad errori di progettazione. Anche l’approccio territoriale si adegua a questa procedura decisionale di tipo top-down, con un ruolo molto incisivo dello Stato e delle Regioni sulla definizione della localizzazione a grande scala, mentre la questione della localizzazione a scala urbana e della gestione degli effetti territoriali è rimessa agli enti locali, che li governano per lo più a livello operativo. La strumentazione urbanistica è centrata sulla variante al PRG ma soprattutto sul piano attuativo che, per sua natura, si interessa a quanto succede all’interno del suo perimetro, rimandando al PRG – strumento notoriamente molto rigido e vischioso – il governo degli effetti del MPU sulla città e sul territorio. Negli ultimi 20 anni, soprattutto a seguito dei drastici cambiamenti avvenuti nell’ambiente politico e sociale, ha preso piede un modello diverso, centrato sulla governance del progetto invece che sulla pianificazione dettagliata, più attento ai sistemi di collaborazione, in particolare tra Stato (nelle sue varie articolazioni) e promotore, fondato quindi sulla razionalità collaborativa e pragmatica, invece che sulla razionalità top-down, con la finalità di superare le avversità, di accrescere le capacità di adattamento, di controlla-

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re i costi, di convivere con l’incertezza. In questo modello l’aspetto qualificante diventa la distribuzione dei rischi tra più attori e tra più categorie di attori (Miller and Lessard). Di conseguenza cambia anche l’approccio territoriale, che porta in primo piano la gestione strategica dell’inserimento nel territorio dei MPU e il controllo dei loro effetti nel breve e medio periodo. In generale, tra tutti gli aspetti che qualificano il governo di un MPU, sono ritenuti particolarmente importanti: • Il quadro istituzionale all’interno del quale si costruisce il progetto e si sviluppa nel tempo l’iniziativa. La presenza di un sistema istituzionale coerente e ben sviluppato è senza dubbio determinante per la performance di un MPU, ovvero il sistema di norme, istituzioni e pratiche normative, regolative e cognitive che formano il quadro di riferimento normativo, politico e sociale in cui si inserisce il MPU, creano le regole del gioco. L’ancoraggio del progetto a questo sistema normativo è considerato una chiave di successo. • La partecipazione al rischio di costruzione e gestione del progetto. Nel modello basato sulla governance il controllo del rischio rappresenta l’aspetto più importante (Miller and Lessard), in quanto condizione indispensabile per permettere al progetto di uscire indenne dalle situazioni avverse, controllare l’incertezza, superare le difficoltà. Da questo punto di vista, i progetti PPP (publicprivate partnership) e il project financing sono i modi più diffusi per intrecciare gli interessi, ma sono usate anche varie forme di incentivi finanziari, sussidi, prestiti e garanzie sui prestiti, abbattimento della tassazione, ecc.. I governi (alle varie scale nazionali, regionali e locali) sono considerati dai promotori i partner cruciali per governare questi interventi, ai quali è richiesto di riorganizzare il territorio (sopportandone la maggior parte dei costi), di espropriare i terreni necessari al progetto (anche dislocando altrove gli abitanti già insediati), di garantire l’accessibilità e la sicurezza del progetto, oltre che l’adeguata rimunerazione del capitale investito, e così via. • La legittimazione sociale. Vistosi fenomeni di paura collettiva accompagnano spesso questi progetti, ritenuti creatori di rischi (ambientali, economici, tecnologici, sociali, ecc.) e percepiti come un pericolo (per la salute, la vita sociale e collettiva, ecc.). Questi progetti hanno quindi difficoltà nel costruirsi una propria legittimazione nei confronti della società civile. Acronimi nuovi come “effetto NIMBY” (not in my backyard), “LULU” (locally unwanted land use) o “BANANA” (build absolutely nothing anywhere near anyone) sono ormai di dominio comune e sono diventati simbolici nelle culture localistiche. Dal che la richiesta allo Stato, e in particolare agli enti locali, di assicurare, garantire e controllare questi fenomeni, mentre sono considerate sempre più importanti le azioni volte a migliorare il rapporto del progetto con le popolazioni interessate. In sostanza, le istituzioni devono costruire e gestire una cornice di legittimazione adatta al progetto.

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IL RAPPORTO DEL MUP CON IL TERRITORIO Per l’esistenza di questi progetti è cruciale il rapporto con la città, ma altrettanto importante, per la città, è la relazione che riesce a instaurare con il MPU: si tratta di un intreccio che condiziona in profondità le rispettive strutture e i rispettivi funzionamenti e che si estrinseca nel coordinamento reciproco. La questione di come coordinare fra di loro il MPU e la città può essere posta in termini di gerarchia (per esempio, il piano predomina sul progetto o viceversa) oppure in termini di cooperazione. Dal punto di vista della gerarchia la questione più importante è quella di stabilire se il piano predomina sul progetto o viceversa; dal punto di vista della cooperazione, la questione più importante è come si attua la cooperazione. Il problema può essere affrontato in termini di struttura d’autorità: la relazione piano-progetto può essere risolta come un struttura gerarchica completamente centralizzata (il piano domina il progetto che ha solo compiti di esecuzione), come una struttura gerarchica completamente decentrata (il MPU non prende in considerazione il piano urbanistico, che si deve adattare ad esso), oppure come una struttura gerarchica indirettamente decentrata (il piano detta le regole strategiche generali del sistema pianoprogetto, all’interno delle quali il piano e il progetto si adattano dialetticamente). Su questa base è possibile costruire un’interpretazione del rapporto tra piano e progetto utile ai nostri fini. Nel tempo, il modo con cui si è presentato questo coordinamento è cambiato. La relazione piano-progetto, una volta chiaramente lineare perché esplicitamente gerarchica (prima si fa il piano, poi si fanno i progetti che lo devono attuare; ergo, il piano è la struttura referente per il progetto, il quale trova nel piano le regole e i criteri con cui deve essere pensato, progettato e realizzato, ecc.), è diventata adesso un luogo di scontro, perché il MPU, a sua volta, si è posto come modo, alternativo al piano, per affrontare strategicamente la politica territoriale. In sostanza, da una parte c’è il piano territoriale concepito come approccio strategico generale al governo del territorio, che supera i legami politici di appartenenza per costruire una visione generale dei problemi della città sulla quale convergono posizioni economiche, sociali e politiche diverse; dall’altra, c’è l’urbanistica per progetti (strategici) che persegue una strategia concettualmente diversa, articolata su molte e diverse prospettive particolari. Questa interpretazione si colloca in una dimensione soprattutto politica. A livello locale, la differenziazione politica più rilevante tra il piano e il progetto sta nel sistema di alleanze sociali che ciascuno di essi è in grado di mobilitare. Il piano urbanistico si costituisce in base ad un’alleanza strategica politico-sociale, su visioni di ampio respiro all’interno di una prospettiva dell’economia complessiva della città e del suo territorio, è interessato agli effetti di medio-lungo periodo (occupazione, qualità della vita, salvaguardia del patrimonio collettivo, protezione dell’am-

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La valutazione dei mega progetti urbani, parte prima: il processo di decisione biente e delle risorse fisiche e territoriali, ecc.). Il MPU, invece, si costruisce stabilendo alleanze economiche-finanziarie occasionali alle quali si agganciano alleanze politiche, sviluppa strategie limitate nel tempo, nello spazio e nei contenuti, è interessato soprattutto ai risultati commerciali dell’operazione. Sostanzialmente, si confrontano due diverse concezioni del governo della città: quella dell’urbanesimo dei progetti il cui punto di forza è la sua capacità e l’interesse a ragionare per alleanze, quella dell’urbanesimo dei piani il cui punto di forza è la sua capacità di ragionare per prospettive. A questa interpretazione politica si sviluppa in parallelo un’interpretazione tecnico-organizzativa: se la questione più importante è la razionalità nel governo del territorio, il piano (strategico) domina sul progetto, in quanto portatore di una razionalità superiore; se invece si ritiene che governare l’innovazione sia l’espressione più importante del governo urbano, allora è il MPU che fa aggio sul piano ed è quest’ultimo che si deve adeguare al progetto. Alla base di queste interpretazioni c’è un approccio culturale diverso: se il compito principale del governo della città è quello di risolvere i problemi così come si presentano, allora l’attenzione deve privilegiare la ricerca della soluzione dei problemi e quindi i MPU. Se invece il governo della città ha il compito di costruire le strategie in grado di individuare i problemi prima che si formino e di stabilire le regole per risolverli, allora l’attenzione deve privilegiare il piano. La mancata scelta tra le due strategie denuncia l’incapacità della politica di svolgere la sua funzione di arbitraggio e alimenta il conflitto tra piano e progetto. Date queste interpretazioni contrapposte, può essere utile cercare una soluzione diversa, più vicina a una logica di decentramento indiretto. Il piano e il MPU sono due meccanismi che, oltre ad allocare le risorse territoriali, governano organizzazioni diverse che, se si tiene conto di ciò che effettivamente conta per l’uno e per l’altro, possono cooperare. Infatti, ciò che conta per il progetto è la propria realizzabilità, quindi è attento alle regole che il piano introduce alla sua realizzazione e al suo funzionamento, mentre per il piano ciò che conta è la propria strategia, ed è quindi attento agli effetti della realizzazione del MPU su di essa. Piano e progetto si muovono su logiche diverse non necessariamente radicalmente conflittuali. Quando un MPU si innesta in un territorio lo fa in modo non marginale e richiede intereventi di trasformazione/adeguamento del territorio che riguardano: • le trasformazioni necessarie per la realizzazione del progetto e per l’erogazione dei beni o servizi prodotti (per esempio, quelle necessarie a consentire una accessibilità adeguata, l’adeguamento del sistema idrogeologico, la gestione della sicurezza, ecc.); • le trasformazioni indotte dalla utilizzazione dei servizi o dei beni forniti dal progetto (residenze, stabilimenti, altri servizi, ecc.);

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• il controllo, la messa in sicurezza, ecc. degli effetti territoriali (ambientali, urbanistici, edilizi, ecc.). Questo progetto introduce quindi nella città e nel suo territorio una logica di cambiamento strutturale che è la sostanza del rapporto tra il progetto e il piano. Ma affrontare un problema di cambiamento strutturale significa mettere in discussione il paradigma esistente, sia del piano che del progetto: ovvero, non si possono più applicare le regole e le pratiche dell’uno o dell’altro, ma occorre sperimentare nuove regole e pratiche che tengano conto di entrambi. Ciò significa qualificare il piano in termini di progetto e viceversa, perché il piano è interessato soprattutto agli effetti del MPU (sull’ambiente, sulla società, sull’economia, ecc.), mentre il progetto è interessato ai risultati. Nei rapporti tra piano e progetto un approccio metodologico puramente deterministico non è realistico perchè tra le cause e gli effetti di una situazione complessa, come quella prospettata, ci sono molte mediazioni, e molti condizionamenti che non possono essere governati a priori. La questione “piano-progetto” diventa così la questione “piano e progetto”, e quindi diventa interessante approfondire, non tanto la questione del progetto (come si fa quando si presta particolare attenzione agli aspetti economicoaziendali), o la questione del piano (come si fa quando si presta attenzione particolarmente agli aspetti urbanistici e ambientali), quanto il problema del loro coordinamento, ovvero, come questo si presenta, come si sviluppa e come può essere migliorato.

IL PROCESSO DI COORDINAMENTO TRA MPU E LA CITTÀ Un problema fondamentale nel processo di decisione associato al coordinamento tra i promotori e le amministrazioni locali per la realizzazione del MPU è costituito dalla necessità di affrontare contemporaneamente le questioni dell’organizzazione del territorio coinvolto dal MPU e quelle invece che derivano dal coordinamento di questi attori. Questo influenza l’insieme delle decisioni che i diversi attori prendono individualmente e collettivamente, e quindi anche le relative valutazioni che risentono delle diverse strategie di medio e lungo periodo e che si sviluppano in vari modi in relazione alle condizioni giuridiche, istituzionali, politiche, economiche e sociali con le quali si devono confrontare i partner pubblici e privati coinvolti nell’operazione1. Si presenta allora un processo di decisione complesso caratterizzato, da un lato, dalla diversa natura degli attori in gioco, dall’altro, dall’adeguamento reciproco tra piano e progetto e viceversa. Un elemento caratterizzante il coordinamento è la diversa 1 Tra l’altro, la questione è segnata dalla grande importanza che tanto i promotori che le amministrazioni pubbliche locali danno a questo tipo di interventi e sui quali non raramente si giocano le fortune economiche e politiche dei molti attori politici ed economici (Flyvbjerg e Bruzulius, 2005).

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natura dei due contraenti, uno pubblico e l’altro privato, che hanno diverse non solo le premesse decisionali e il conseguente campo di decisione, ma anche l’apprezzamento che ciascuno di essi attribuisce al contenuto e agli effetti attesi dal MPU2. Il promotore persegue finalità interne al sistema delle imprese, si muove in coerenza con le proprie strategie aziendali, agisce in un contesto delimitato dai rapporti con i propri partner nell’iniziativa e dai legami di gruppo (Verpraet) e assume criteri di giudizio che fanno riferimento al mercato3. Il sistema di interessi sotteso alle sue posizioni negoziali si esprime quindi in termini economici (crescita, conquista di quote di mercato, margini finanziari, ecc.), mentre il suo giudizio sull’iniziativa è espresso all’interno della propria struttura4. I suoi obiettivi negoziali sono giudicati sulla base di questa prospettiva e ancorati alla fiducia nei confronti dei risultati attesi. L’ente locale invece dirige i suoi interessi verso la soluzione di problemi o il raggiungimento di traguardi esterni alla propria organizzazione, ai quali subordina i suoi comportamenti perché è il contesto esterno all’organizzazione pubblica che sollecita la sua azione (Meny e Thoening, 1989). È quindi interessato alle diverse domande sociali che si formeranno nella collettività in merito all’allocazione delle risorse coinvolte. I suoi obiettivi negoziali si indirizzeranno verso la soluzione dei problemi territoriali, ambientali, economici e sociali propri della città e collocati nella prospettiva del progetto. In conseguenza, l’ente locale giudicherà il negoziato in termini di opportunità politica dell’iniziativa, consenso politico, coerenza con l’urbanistica della città, efficacia nella soluzione di problemi sociali e collettivi, ecc. Questa diversa natura qualifica in modo particolare l’interesse che ciascuno dei partner porta nell’operazione. Prescindendo dalle specifiche strategie aziendali o dagli interessi contingenti dell’ente locale, il promotore è interessato ai risultati diretti ottenibili dal MPU (risultati operativi), generalmente espressi in termini di prodotti o servizi commerciabili (metri quadri di superficie utile lorda, metri cubi commerciali, posti letto, metri quadri di superficie di vendita, chilowattora distribuibili, metri cubi di gas, ecc.), mentre il suo partner istituzionale è interessato agli effetti sociali, economici, ambientali, territoriali e sanitari.

2 Un ruolo molto importante è giocato dal sistema di incentivi/disincentivi messo in campo dai due attori per spingere l’altra parte a negoziare e a contenere gli effetti del rischio morale e dell’opportunismo. 3 È però sbagliato considerare che il campo di decisione del promotore si risolva tutto all’interno della logica del mercato, nel negoziato infatti entrano molto spesso anche interessi soggettivi. Inoltre, l’ampiezza e la risonanza delle operazioni urbanistiche oggetto di MPU fanno sì che sul comportamento negoziale influiscano anche i valori sociali che l’impresa persegue e quindi le sue strategie nei confronti degli stakeholder. 4 Per esempio, Verpraet cita il riferimento ai margini di gruppo come uno dei possibili metri di giudizio impiegati dal promotore (Verpraet, 2000).

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Si è visto che la realizzazione di un MPU ha effetti importanti, sulla città intera o su parte di essa e sul suo territorio, che generano cambiamenti strutturali nel sistema urbanistico, ambientale, economico, sociale, ecc. Quali sono questi effetti attesi e come vengono interpretati influisce sul coordinamento. In generale, i MPU hanno effetti molto consistenti che si ripercuotono su tutta la città (o una sua grande parte) e sul suo territorio (come, ad esempio, la costruzione di una nuova linea tranviaria, lo spostamento di sedi universitarie importanti nella periferia urbana, la costruzione di uno stadio di dimensione nazionale, ecc); a volte possono avere effetti tali da cambiare addirittura il rapporto tra la città e la regione o lo Stato o anche oltre (come, ad esempio, la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale o di una linea ferroviaria di alta velocità)5. Impatti così importanti costringono la città e il suo territorio ad adeguarsi. Questi adeguamenti sono sempre costosi. Una elencazione esaustiva di tutti i costi che devono essere sostenuti per adeguare la città e il territorio è praticamente impossibile perché non si tratta di una questione puramente contabile. Prima di tutto, non tutti gli impatti sono individuabili e prevedibili, in secondo luogo, non si presentano tutti simultaneamente, ma spesso sono distribuiti nel tempo, alcuni poi sono istantanei mentre altri si prolungano nel tempo, ecc.. Ancora, alcuni costi sono riconosciuti come tali, altri invece non vengono presi in considerazione, si tratta generalmente di costi di medio e lungo periodo che sono scaricati sulle imprese e sulle famiglie. Le principali categorie di questi costi d’adeguamento in generale, riguardano: • costi relativi all’adeguamento del capitale sociale fisso, come viabilità, reti energetiche, comunicazioni, fognature, verde (costi opportunità del capitale fisso parzialmente utilizzato o non più utilizzato, costi di sostituzione del capitale obsoleto, costi per la realizzazione di nuovo capitale, ecc., insieme alle rispettive implicazioni finanziarie); • costi di adeguamento per i servizi pubblici e collettivi; • costi relativi alle politiche sociali per ridurre l’eventuale impatto del MPU sulla famiglia e sulla forza lavoro; • eventuale riduzione netta delle tasse locali; • costi di riqualificazione ambientale; • ecc.. Parallelamente si sviluppa l’adeguamento del progetto al piano. Un MPU che si cala in una città e in un territorio deve tener conto della loro specificità per non andare incontro ad un probabile fallimento; ciò significa sostanzialmente sottoporsi ad un adeguamento che è anch’esso costoso.

5 A ben vedere, quest’ultimo tipo di progetti non possono essere considerati progetti “urbani”, e infatti, si tende a considerarli una categoria a sé, diversa dai MPU.

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La valutazione dei mega progetti urbani, parte prima: il processo di decisione Questo rapporto adattativo richiede, da un lato, lo stretto coordinamento tra tutti gli attori (raggiungibile tramite il negoziato), dall’altro, l’uso di procedure di coordinamento flessibili e adattabili alle varie situazioni che si possono presentare. In sostanza, ciò che caratterizza questo processo complessivo di decisione è il coordinamento tra soggetti che presentano asimmetrie (informative, organizzative, istituzionali, di poteri, di conoscenze ecc.), molteplicità di comportamenti e differenti procedure decisionali. In questo senso, il coordinamento tra piano e progetto si caratterizza come una struttura decisionale innovativa, in grado di convivere e utilizzare l’incertezza. Nel governo di questo coordinamento le decisioni avvengono sempre in situazioni in cui le informazioni e le conoscenze rilevanti sono disperse e incomplete e non sono distribuite in modo uniforme tra tutti i soggetti; nessuno quindi possiede il quadro completo ed esatto delle informazioni e delle conoscenze rilevanti; il modo in cui le decisioni saranno prese non è definibile a priori, tanto che è praticamente impossibile stabilire in modo esauriente i termini stessi del problema; le decisioni sono molto interdipendenti fra di loro e per lo più irreversibili. In una situazione di questo tipo, i soggetti sono costretti ad operare in condizioni di ignoranza e non possono utilizzare le procedure abituali perché le possibili soluzioni al problema decisionale sono molte. Quindi, quando si ha a che fare con una situazione decisionale di questo tipo, gli attori coinvolti (l’amministrazione locale e i promotori ) si trovano in condizioni di incertezza procedurale e non possono ricorrere a comportamenti di routine, ma sono spinti ad innovare. Il processo decisionale in cui il MPU e il piano sono coinvolti diventa allora un processo di ricerca e di apprendimento utile agli attori per procurarsi le informazioni e le conoscenze necessarie per gestire il coordinamento. In questo quadro, la scelta, cioè l’atto finale del processo decisionale, assume un ruolo secondario, mentre il ruolo centrale è svolto dalla capacità dei soggetti di formulare e risolvere i problemi che emergono progressivamente dall’evolversi della situazione, dall’adattamento reciproco delle strategie, dall’evoluzione degli interessi, dal sistema di potere messo in campo dai diversi attori, ecc.. È quindi giocoforza abbandonare l’idea che il coordinamento tra piano e MPU possa essere centrato sulla ricerca di una soluzione razionale, bisogna spostare l’attenzione sulle modalità mediante le quali le informazioni e le conoscenze rilevanti sui rapporti di forza e sulle alleanze, sui sistemi di potere coinvolti, ecc. vengono acquisite, trattate e usate. In una situazione di questo tipo, la realizzazione del MPU è incerta perché non solo i due decisori rilevanti non sono in grado di conoscere perfettamente le conseguenze delle proprie decisioni e di prevedere come si evolverà il contesto (giuridico, amministrativo, politico, economico, sociale, ecc.) in cui si dovrà collocare il progetto (incertezza del contesto), ma non sono nemmeno in grado di prevedere

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quale sarà il comportamento dei partner (incertezza comportamentale). Quindi il comportamento razionale degli attori non è più finalizzato solamente agli obiettivi, ma risulta condizionale alle opportunità riconosciute, al comportamento degli altri attori coinvolti, al gioco che si stabilisce fra di loro (Crozier e Friedberg, 1997). Il nodo fondamentale è che, tanto i promotori che le amministrazioni, non possono realizzare il MPU se non cooperando e quindi ciascuno degli attori si trova a decidere in condizione di decentramento decisionale6( Nijkamp et al., 2002). L’organizzazione cooperativa che sta alla base dei MPU si è dimostrata uno strumento adatto a risolvere questo tipo di problemi perché assicura un canale privilegiato e poco costoso per lo scambio di informazioni tra i partner, permette la formazione di una conoscenza comune in grado di ridurre i livelli di incertezza e di conflittualità, permette la rivelazione delle preferenze e quindi attribuisce una maggiore affidabilità al progetto, permette l’adattamento del sistema delle alleanze di cui dispone ciascun partner ai bisogni del coordinamento, inoltre, creando rapporti privilegiati tra i partner, aumenta le probabilità di comportamenti coerenti al momento degli interventi effettivi. Più precisamente, nella costruzione di un MPU, al di là della ragione prioritaria che il potere di pianificare il territorio appartiene alle amministrazioni locali e alle Regioni, il ricorso alla cooperazione tra promotori e amministrazione locali assicura più elevate probabilità di realizzazione, il contenimento dei rischi (soprattutto istituzionali e sociali, ma anche economici e finanziari), ed una maggiore capacità di legittimazione sociale. Il punto di partenza del ragionamento è che la realizzabilità del MPU non è un attributo proprio del progetto, come vorrebbe il modello razionale – per cui se il MPU è ben programmato è certamente realizzabile – ma è una condizione che appartiene al sistema di decisione e quindi agli agenti. La realizzabilità è cioè un attributo che può essere ricondotto solo in modo derivato e contingente alla programmazione, perché riguarda soprattutto le attese, gli interessi e le disponibilità degli attori: uno stesso progetto può essere più o meno realizzabile a seconda degli attori che lo dovranno realizzare, del controllo che saranno in grado di esercitare sull’ambiente decisionale, del tipo di situazioni che si presenteranno al momento della realizzazione, delle circostanze in gioco (Bentivegna, 1996 b). Per cui, quando un promotore decide realizzare un MPU non può solamente costruire un progetto ben programmato7, ma deve trovare anche il modo di coinvolgere le

6 Il livello di cooperazione dipende dai gradi di libertà di cui dispongono gli attori, in particolare le amministrazioni locali coinvolte; per esempio, è diverso se la decisione di sviluppare/sostenere il MPU è spontanea o è imposta da un livello gerarchico superiore come lo Stato o la Regione 7 Sulle modalità di costruzione del MPU dal punto di vista del progetto, v. Miller e Lessard, cit.

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amministrazioni locali perché la loro collaborazione è indispensabile. I due attori sono quindi costretti a cooperare. La caratteristica della cooperazione consiste nel fatto che nessuno dei due attori può obbligare l’altro a collaborare. Infatti nessuno dei due attori è in grado di imporre coattivamente le proprie scelte perché l’altro, se non le trova convenienti e in sintonia con i propri interessi, può rifiutare l’accordo e uscire dal gioco. Insomma, ciascun partner gode di un vero e proprio diritto di veto8. Si presenta allora un problema di coordinamento tra il promotore del MPU e l’amministrazione che riguarda non solo l’allocazione e le modalità di impiego delle risorse territoriali ed edilizie (attività svolta dagli strumenti urbanistici), ma anche il comportamento degli agenti economici coinvolti nelle attività di progettazione e realizzazione per far sì che i loro piani individuali diventino reciprocamente compatibili e funzionali (Bentivegna, 1996 b). La cooperazione tra i promotori e le amministrazioni si costruisce con strumenti strategici e operativi capaci sia di organizzare lo spazio fisico che di regolare il coordinamento degli attori. Dal primo punto di vista, verranno messi in opera strumenti di pianificazione in grado di regolare l’allocazione e l’impiego delle risorse territoriali ed edilizie nel processo di produzione del MPU. Il rapporto tra amministrazioni pubbliche e promotori si svilupperà allora prevalentemente in termini di relazione tra il MPU e il piano urbanistico. Dal secondo punto di vista, invece, verranno concepiti e messi in opera strumenti ordinatori in grado di fissare le regole e stabilire i diritti e i doveri reciproci degli agenti, perché le loro attività sono complementari e perché la qualità della produzione di beni e servizi forniti dal MPU dipende dal loro coordinamento; il coordinamento tra gli attori ha quindi anche lo scopo di aumentare l’efficienza organizzativa (Brousseau, 1993). Questa cooperazione è esplicita e spesso assume la configurazione di un vero e proprio contratto (convenzione), che riguarda non solo il che fare, il come farlo e chi lo deve fare, ma si proietta nel futuro, con l’intenzione di controllare i risultati e gli effetti del MPU e la ripartizione dei relativi costi e benefici. Una struttura decisionale di questo tipo però porta con sé una serie di problemi abbastanza importanti e di non facile soluzione (Bentivegna, 1996 a): • data la dimensione strutturale degli interventi e la loro concentrazione nello spazio e nel tempo, è impossibile fissare con sicurezza gli obiettivi operativi del MPU e anticiparne i risultati e gli effetti sul sistema urbano. Di conseguenza, i problemi che il progetto dovrebbe risolvere sono necessariamente poco strutturati, e il relativo

8 Nel gioco negoziale il diritto di abbandonare la partita può essere usato in vari modi dalla minaccia, al congelamento dei negoziati in attesa di situazioni migliori, all’abbandono vero e proprio del negoziato.

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processo di decisione presenta livelli molto alti di incertezza perché gli effetti urbanistici, ambientali, economici e sociali nel medio e lungo periodo sono difficilmente prevedibili, cosicché il rischio di conseguenze negative sul sistema urbano e sociale è difficilmente anticipabile (Bentivegna, 2009); • dal coinvolgimento di pochi partner privati dotati di considerevole potere economico e finanziario può derivare una situazione nella quale i rapporti di forza sono sfavorevoli per l’amministrazione pubblica, con conseguente perdita delle capacità di iniziativa da parte di quest’ultima che rischia di non raggiungere i risultati attesi; • dal contenuto negoziale deriva che, essendo il negoziato pubblico-privato un gioco misto, in parte cooperativo (in relazione ai risultati) e in parte conflittuale (in relazione alla distribuzione dei costi e dei benefici tra l’amministrazione e il promotore), l’esito della cooperazione non è prevedibile a priori e dipende dalle modalità di svolgimento del negoziato (poteri esercitati, strategie intraprese, competenze coinvolte, capacità impegnate, ecc.) (Shelling, 1960). Di conseguenza non c’è una soluzione unica, ottima e prevedile a priori, ma sono possibili più soluzioni: il risultato, quindi, deve essere giustificato volta per volta ma, essendo gli interessi sociali coinvolti spesso conflittuali, è ben difficile trovare un consenso unanime sui risultati conseguiti. È perciò necessario ancorare il negoziato a regole, condizioni e criteri di giudizio prestabiliti ed esterni; • la presenza di informazioni asimmetriche determina il rischio di opportunismo, infatti il risultato del negoziato dipende dalla collaborazione tra partner che hanno interessi diversi e in parte conflittuali. È quindi elevato il rischio che ciascun partner cerchi di massimizzare il contributo dell’altro e di minimizzare i propri impegni. La conseguenza è tutt’altro che marginale: non c’è un criterio oggettivo per ripartire i risultati. È quindi necessario garantirsi contro il comportamento scorretto dei partner con controlli, incentivi e disincentivi specifici (Bentivegna, 1996, 2009; Nijkamp et al., 2002). Questi problemi riguardano soprattutto il rapporto tra i partner, ma esistono problemi anche nei confronti della collettività: • la struttura cooperativa formata dalle amministrazioni locali e dal promotore si comporta rispetto al resto del mondo come monopolista, nel senso che, quando i partner decidono di cooperare, non hanno concorrenti che li possano sostituire a livello sociale. Di conseguenza il negoziato non ha al proprio interno meccanismi capaci di selezionare il partner più efficiente tra più possibili partner alternativi, o di assicurare che verranno effettuate le scelte socialmente più efficienti. Occorrono quindi procedure esterne ai meccanismi negoziali che consentano di trovare il partner più efficiente, di valutare la soluzione dal punto di vista sociale, e di garantire l’equilibrio delle capacità negoziali; • a causa dell’atipicità del processo di formazione del progetto, che spesso vede l’amministrazione comunale svol-

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La valutazione dei mega progetti urbani, parte prima: il processo di decisione gere contemporaneamente i ruoli di promotore, imprenditore e controllore dell’intervento, vengono a cadere in buona parte i presupposti su cui si basano generalmente le garanzie e i controlli amministrativi e sociali nel campo della pianificazione territoriale, con il conseguente deficit di democrazia e l’aumento del rischio di corruzione (Smith et al., 2006). Inoltre, dato che l’amministrazione comunale deve effettuare un arbitraggio tra le preferenze di comunità, di cui è portatrice, e il sistema di incentivi, che deve mettere in atto per indurre gli operatori a cooperare, si presenta il rischio di monetizzazione di valori altrimenti non monetizzabili. Non a caso si riscontra la tendenza a privilegiare soprattutto lo sviluppo economico della città, l’efficienza del sistema urbano, i vantaggi per il sistema fiscale locale, a scapito degli aspetti redistributivi del piano (alloggi sociali, servizi sociali a larga diffusione, ecc.)9. L’esperienza insegna che è utile analizzare il complessivo processo di decisione associato a un MPU lungo tre assi principali: l’asse della progettazione, l’asse del management e l’asse della partecipazione (Bentivegna, 2009). Un progetto di questo tipo inizia sempre con una fase preliminare lunga e importante, che ha il compito di costruire le condizioni per la realizzazione dell’iniziativa; questa fase è caratterizzata da alti livelli di incertezza, dalla carenza di informazioni pertinenti, da processi di decisione di tipo incrementale e stop-and-go, dalla ricerca di soluzioni per tentativi, ecc. (Miller e Lessard, 2000) e che si conclude normalmente con la formulazione del progetto e con la sottoscrizione dell’accordo di cooperazione tra i vari partner (convenzione e simili). In questa fase viene costruita la strategia complessiva del MPU, al cui interno la questione principale è la costruzione di un sentiero decisionale affidabile e credibile, capace di far raggiungere con ragionevole sicurezza gli obiettivi del promotore e delle amministrazioni. Lungo l’asse della progettazione il primo compito delle amministrazioni è riuscire a tenere insieme la dimensione strategica del progetto (tanto più importante quanto maggiore è maggiore suo impatto sulla città e sul territorio) con la dimensione strategica del piano. Si tratta quindi di costruire un processo dialogico che molto spesso porta a modificare il piano urbanistico per adattarlo al progetto e viceversa. Dal modo con cui viene risolto questo nodo discende la strategia territoriale, che seleziona gli ambiti in cui concentrare le risorse e sviluppare le opportunità, la scelta degli interventi strategici che ritiene più adatti alla complessiva strategia territoriale e infine, se del caso, la selezione degli sponsor disponibili a collaborare.

9 A questi svantaggi di tipo strutturale, bisogna aggiungere le difficoltà degli amministratori pubblici e dei tecnici privati a governare e gestire efficacemente questo strumento, data l’incompetenza, la mancanza di esperienza e l’assenza di quadri normativi completi e consolidati, cosicché il processo di decisione complessivo associato a questi interventi presenta alti livelli di incertezza sui risultati e considerevoli i rischi d’errore.

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Sul versante del management è da rilevare che è in questa fase che viene plasmato il progetto e che vengono messe le basi manageriali per la sua realizzazione e gestione (Miller e Lessard, 2000). Da questo punto di vista gli aspetti principali riguardano soprattutto la complessità del progetto e la sua strutturazione istituzionale. Nell’ottica della complessità, in questa fase cominciano ad essere abbastanza chiari gli output attesi dal progetto, che restano però non ben specificati, così come non sono ancora stati completamente individuati i partner del promotore (banche, investitori istituzionali, imprese operative, ecc.). Dal punto di vista istituzionale c’è invece la necessità di individuare il percorso istituzionale più appropriato per la realizzazione del progetto. Infine, nell’ottica della partecipazione, in questa fase si stimolano gli interessi e si costruisce il consenso dei principali stakeholder (gli eletti, gli organismi dello Stato, il sistema creditizio, gli opinion-leader, ecc.). L’importanza della partecipazione è legata alla natura stessa di questi progetti. Un MPU si colloca infatti in una prospettiva pluriennale, generalmente superiore alla durata in carica di un’amministrazione, questo accresce i rischi politici del progetto che può essere respinto o profondamente modificato da un eventuale cambiamento nell’apprezzamento politico da parte della nuova amministrazione. Se però il progetto risponde agli interessi della comunità (ancoraggio sociale), il rischio è inferiore perché sarà la stessa comunità sociale a proteggerlo e a traghettarlo alla amministrazione successiva. Questa fase si conclude normalmente con l’accordo tra i promotori e le amministrazioni interessate. Successivamente si svolgono la fase operativa che riguarda la realizzazione del progetto e di tutte le attività, edilizie e non, necessarie per la sua realizzazione e la fase di gestione del progetto, che esulano entrambe dagli interessi specifici di queste note. L’accordo per la realizzazione di un MPU è sostanzialmente un contratto imperfetto che regola l’organizzazione del coordinamento tra l’ente locale e il promotore e che stabilisce come dovranno essere allocati i costi e i benefici dell’operazione tra i contraenti. Alla stipula del contratto si perviene con la negoziazione tra le parti. La fase dell’accordo è quella strategicamente più importante perché il modo con cui si conclude determina i contenuti del MPU e le ricadute attese sulla città. È anche la fase concettualmente più complessa perché l’accordo non è solo un meccanismo di decisione, ma, come tutti i contratti, è anche un meccanismo di garanzia, di stimolo e di sorveglianza reciproca (Brousseau, 1993). Il suo compito infatti è di stabilizzare l’ambiente di decisione in cui i contraenti devono operare fissando i compiti di ciascuno, stabilendo gli incentivi e i disincentivi reciproci, indicando le regole per la ripartizione dei costi e dei benefici. Deve, inoltre, razionalizzare le conseguenze dell’incertezza sui risultati, distribuendo il rischio fra le parti e permettere lo scambio di informazioni riservate per creare una specifica conoscenza comune. Il problema è che gli attori, e cioè le amministrazioni pubbliche coinvolte e i promotori, non si scambiano merci, ma

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promesse di comportamento. Quindi i loro futuri comportamenti e la reciproca compatibilità dei loro piani di azione dipendono strettamente dai meccanismi di orientamento, incentivazione e coercizione stabiliti nell’accordo. Per l’ente locale si presenta inoltre il problema che, mentre da una parte deve concludere un accordo di tipo contrattuale con un partner privato, dall’altro deve giustificare il progetto urbanistico presso la propria collettività: l’accordo e il progetto hanno quindi ambienti di riferimento, linguaggi, ecc. diversi. In conseguenza, nel MPU si sovrappongono due sentieri decisionali, quello dell’accordo e quello del progetto, che possono anche entrare in conflitto perché non è detto che al migliore accordo corrisponda il miglior progetto urbanistico10 e viceversa.

10 Sul modo con cui questi due sentieri decisionali raggiungono una sintesi, vedi Bentivegna (1994).

Le due aree decisionali richiedono schemi di ragionamento in buona parte diversi, basti pensare al modo con cui vengono giudicati l’accordo e il progetto. Nell’area dell’accordo le questioni pertinenti sono rappresentate dalla presa a carico degli interessi economici e finanziari dei partner, dalle possibili alternative all’accordo negoziale, dalla capacità di creare surplus e dalle rispettive pretese su questo nuovo valore, ecc.. L‘accordo verrà quindi giudicato in termini di efficienza economico-finanziaria, di utilità congiunta, di equivalenza (Mumpower, 1991). Nell’area del progetto le questioni pertinenti alle quali fa riferimento l’amministrazione comunale sono rappresentate dalla capacità di dare risposta alle domande sociali, dagli effetti sull’urbanistica della città, dai caratteri delle risorse impiegate e dalle necessità di salvaguardia, ecc.. Il progetto sarà quindi giudicato in termini di efficienza nell’uso delle risorse territoriali, di efficacia, di equità, di livello di protezione dei beni meritori, ecc..

Summary EVALUATION OF MEGA URBAN PROJECTS, PART I: THE DECISION MAKING PROCESS INTRODUCTION Mega Urban Projects (MUPs) – e.g. railways stations, major peri-urban trade centres, underground railways, tramways, large urban redevelopments, etc. – are more and more common and complex and they represent decisive factors in the territorial development supporting global competition. MUPs are important factors for the structural transformation of any metropolitan areas because, whatever their contingent utility may be, they induce mid and long run effects, and may deeply modify the territories functionality, environment and quality of life. This paper is the first part of an attempt to understand the relationship between the MUPs and the territory and to settle the suitable evaluation processes. This first paper is focussed on the essential relationship between plan and project and it builds up the basis of the evaluation hypotheses which will be developed in a following paper. THE MAIN FEATURES OF MUPS Each MUP is complex and unique, take-off is very expensive and needs a long front-end phase. It is rarely reversible, it always implies high transaction costs, it heavily strikes collective imagination and has important political impacts. The MUP decision making process is complex since, at the same time, it involves many different stakeholders; it is

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long lasting, articulated and unsteady, so that changes – in objectives, strategies as well as in the actors involved – can happen during the time. Therefore it is difficult to control its decision making process and its results are hardly predictable. Only in the last time MUPs became more and more important in metropolitan areas requiring systematic and specific researches. Generally MUP is an innovative project, coping with a pervasive uncertainty which systematically impacts its decision making process. The lack of clear-stated preferences and sound mid-term perspective produces a complex, riskyperceived decision making environment, as a consequence the MUP’s sponsors and management are mainly concerned in risk control and reduction. In this situation the main problem – due to MUP’s relevance and impacts – is the need of a high actors’ learning capacity, a relevant urban system adaptability and a high planners’ skill in guiding and coordinating this adaptation process. GOVERNING MUPS The MUPs’ selection, production and management process strongly changed in the last few years. Today the traditional managerial model is still largely used but it is criticised as it is based on a top-down rationality. This requires that decision-makers, according to an absolutely rational planning approach: – makes a good programme taking into account advantages and disadvantages related to each alternative; – is able to identify consensual planning and designing solutions that are acceptable by all the actors involved

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(promoters, shareholders, local administrations, public agencies and civil society). Should any failure occur, the blame will be laid on programming faults. As a consequence, the State and the Regions have to play a strong role in MUP localization and the local administration have to do the same in managing MUP’s territorial impact. In the last 20 years a governance approach in planning imposed itself. Such approach, focused on project governance, is based on a pragmatic and collaborative rationality and is aimed to: overcome adversities; increase adaptation; control costs; meet uncertainty. As risks allocation among different actors is the main aspect of this model, the territorial approach changes putting relevance down to the strategic management of MUPs territorial location as well as to the control of short and long time effects. These items are relevant in MUP governance: – the MUP institutional framework; – the public participation related to the MUP planning and management risks (national, regional and local governments are critical partners in MUP governance); – social legitimising process and collective fear phenomena are often joined to MUPs as they represent a source of different kinds of risk (environmental, economic, technological social, etc.) which can be dangerous for health, and civil and social life. MUP–TERRITORY RELATIONSHIP The relationship between MUP and metropolitan area is fundamental in both directions, a coordination between MUP and metropolitan area is needed. Through time the coordination process had changed. Once the relationship between plan and project was clearly linear due to its explicit hierarchical nature (the plan arrives first and, later the implementing projects are developed. Therefore, the plan represents the reference structure for all projects, which provides the implementation rules and criteria to be applied). Nowadays such a relationship has become conflictual because MUP, represents a strategic alternative to the existing territorial policy approach. Fundamentally, two different conceptions of metropolitan area management are facing each other: the “urbanism of the projects”, centred on the capability and interest in reasoning about “system of alliances”, and the “urbanism of the plans”, centred on the capability in reasoning about “perspectives”. They are based on two different cultural approaches: if the main objective of the metropolitan area governance is to solve actual problems, the attention must be focussed on the search of problem solutions, and therefore, on MUPs. On the contrary, if the metropolitan area governance objective is the building up of strategies aimed to identifying problems before they appear and to establish the solution rules, the attention must be focussed on the plan.

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The lack of a clear choice between these two strategies means that politics is unable to mediate and is fostering the conflict between plan and project. According to these contradicting approaches, a different solution may be useful. Plan and MUP are compatible mechanisms, because: in the project perspective feasibility is the main point, so the attention must be focussed on the implementation rules stated by the plan; in the plan perspective what matters is its strategy, this means to pay attention to the effects of MUP implementation on the plan strategy. Plan and project work within different – not necessarily conflicting – logic framework. MUP insertion on a territory is a non-marginal intervention requiring transformations in the metropolitan area and asking for a logic of structural change, that is the substance of the relationship between plan and projects. The relationship “plan-project” becomes the relationship “plan and project” related to “how” they can cooperate. COORDINATION BETWEEN MUPS AND THE METROPOLITAN AREA From the point of view of coordination – between public and private actors involved in a MUP – a basic problem is how to face, at the same time, the problems related to the territorial management and the problems related to public/private partnership. The decision making process is complex due to the different kind (public and private) of the involved actors and to the twoways adaptation process involving plan and project. According to the partners’ different nature, different interests are present/involved in the operation: the promoter is interested in the direct results produced by MUP (operational results), representing products or tradable services. On the other side, the public administration is interested in the social, economic, environmental, territorial and on health effects. As far as the MUPs’ territorial impacts are concerned it has to be noticed that they are so large and strong to affect the whole (or a great part of the) metropolitan area territory. Such heavy impacts imply an adjustment process within the metropolitan area. These adjustments are always costly. It is virtually impossible to make a comprehensive list of all costs related to the metropolitan area adjustment process. It is not a mere question of accounting because: – it is impossible to identify and foresee all the impacts; – the impacts are not simultaneous, but come in different moments; – in the coordination process, some costs are recognized as such, while others are displaced on firms and families. They are especially related to: upgrading of physical social capital and public and collective services; social policies aiming to reduce possible MUP impact on family and workforce; possible decrease in local taxes amount; environmental safeguard and re-qualification; etc..

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At the same time the MUP adjustment process must be developed according to the specificities of the metropolitan areas in order to avoid failure risks. This means to support high adjustment costs. This adjustment relationship requires a strong coordination (through negotiations) among all the actors and, at the same time, the use of flexible coordination procedures suitable to the possible specific various situations. Such a process implies a research and learning process, able to provide all the involved actors with the information and knowledge needed to manage the coordination process. As a consequence, the search of an absolutely rational solution in the coordination process between plan and MUP must be abandoned focussing the attention on “how” to gather, acquire, work out and deal with information and knowledge related to the involved systems of powers and alliances. The central question is: both promoters and public administrations can carry out a MUP only if they cooperate. The MUPs’ collaborative organization is a coordination tool ensuring greater probabilities of achievement, better risk reduction and a larger social acceptance. Cooperation between promoters and administrations is built through strategic and operational instruments able to organize the physical space and to regulate stakeholders’ coordination. From the physical space, the cooperation will be mainly developed in terms of MUPs’ relationship with the urban plan. From the latter, technical and juridical instruments will be established, able to set rules, as well as reciprocal rights and duties of the stakeholders, including costs sharing and benefits allocations related to the MUP. This cooperative decision-making framework involving dif-

ferent partners might produce many risks in the management, e.g. negative unforeseen consequences on the metropolitan and social system; a lower public administration negotiation power; actors’ opportunism and the related difficulty in a fair net results sharing; strong disputes arisen for delivering the best solution; a failure in the choice of the most suitable partners and or alternative in a social perspective; the monopolistic elements present in this cooperation may prevent the administration from choosing the best partners or making socially efficient choices. Moreover, since the local public administration might be the promoter, as well as the entrepreneur and controller of the intervention at the same time, it might create a deficit in democracy and an increase in corruption. A MUP always has long and important preliminary phase aimed to state the conditions for the project implementation, which generally ends with the project formulation and the cooperation agreement subscription by all of the involved partners. From a strategic point of view, this is the most important phase since it determines the MUP contents and the expected impacts on the metropolitan area. The local administration has to face a twofold problem: sign a contractual agreement with a private partner and justify it in front of the civil society. This means that the agreement and the project have different languages and different environments. So two overlapping decisional paths are present in a MUP; one related to the agreement and the other related to the project. These two paths can be conflicting because there is no guarantee that the best agreement corresponds to the best planning project, and vice versa. key words: mega urban project, decision making process, plan/project coordination, negotiation

* Facoltà di architettura di Firenze, Institut des Etudes Avancées Paris

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Scienza e valutazione del progetto Enrico Fattinnanzi*

parole chiave: metodo di progettazione, metodo di pianificazione, soggettività ed oggettività, controvertibilità, ruolo del valutatore

Abstract È possibile proporre uno statuto scientifico alle metodologie di progettazione e di pianificazione? Per avviare una riflessione su questo argomento l’Autore pone l’attenzione sulle importanti affinità che gli sviluppi del pensiero epistemologico contemporaneo consentono d’individuare tra la particolare operosità “creativa” di chi pianifica e progetta modifiche della realtà fisica del territorio e le concretizza inserendole nel mondo esperibile e le moderne metodologie che la ricerca scientifica contemporanea utilizza per conoscere e spiegare la realtà esistente. Da questa disanima emerge l’esistenza di un comune obiettivo di tipo conoscitivo: per il progettista ed il pianificatore la progressiva conoscenza del progetto di trasformazione ipotizzata nel mondo reale, per lo scienziato la dimostrazione di una teoria interpretativa di fenomeni naturali, cioè di una realtà a lui preesistente. Ne consegue che la validità di un’operazione di ricerca scientifica così come di quella progettuale può essere attri-

Negli ultimi anni tra gli Estimatori ed i Valutatori di Progetti è stata avviata una riflessione che, muovendo da alcune questioni a carattere teorico è giunta ad affrontare anche problemi di natura disciplinare ed operativa. Questioni che tradizionalmente, se non ignorate sono state spesso mantenute implicite nelle elaborazioni disciplinari, costituendo una remora per la stessa acquisizione di uno statuto esplicito, coerente e condiviso dell’area. Uno statuto che stimoli quel proficuo confronto e la formazione di una maggiore unitarietà che, con la costituzione della SIEV si è fortemente intensificata ed accelerata. Che stimoli anche una maggiore e più proficua interazione con le altre discipline con le quali l’Estimo e la Valutazione dei Progetti si confrontano nella vita accademica e scientifica delle facoltà di Architettura ed Ingegneria (in particolare con le discipline progettuali e pianificatorie). Cercando di superare quella situazione in cui queste discipline, pur essendo da tempo statutariamente inserite nell’ordinamento delle Facoltà, troppo spesso appaiono presenti in misura insufficiente, comunque non organicamente inserite nella complessiva attività didattica e scientifica. D’altra parte riteniamo che

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buita ai livelli di controvertibilità che viene loro conferita. Allora accettata l’ipotesi di un processo di formazione del progetto fondato sulla controvertibilità, non solo la valutazione acquista importanza ma diviene un aspetto necessario e qualificante della stessa metodologia progettuale. Lo scritto evidenzia quindi le implicazioni che questo assunto ha nei modi in cui concretamente si organizza l’iter di formazione del progetto e gli effetti che questo produce sull’intero svolgersi del processo edilizio, in particolare favorendo l’efficacia dei processi partecipativi e di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Infine si riflette su quali temi metodologici ed operativi possa concentrarsi la ricerca del valutatore e come, all’interno di questa ricerca, possa essere utilizzata e valorizzata la ricca produzione di metodiche ed esperienze che nel tempo la nostra disciplina ha accumulato.

proprio gli ulteriori approfondimenti di questa riflessione consentano di migliorare l’efficacia delle esperienze professionali di soggetti esterni al mondo accademico, contribuendo ad una maggiore autorevolezza delle discipline valutative. Riteniamo che innanzi tutto occorra riflettere su un quesito che, come vedremo, consideriamo cruciale e fondante per gli sviluppi futuri della nostra disciplina: è possibile interpretare le metodologie attualmente utilizzate nella redazione di un progetto alla luce dei grandi sviluppi contemporanei della ricerca scientifica? Precisiamo che, nell’ambito in questa riflessione, attribuiremo al termine progetto un significato estensivo, comprendendovi tutte quelle operazioni che, in qualche modo, concorrono a prefigurare le trasformazioni dell’assetto dello spazio fisico, dalla pianificazione del territorio sino alla progettazione degli insediamenti e delle opere che le strutturano. Adottiamo questa accezione estensiva nella convinzione che in tale ambito sia possibile ricercare un più efficace rapporto, concettuale ed operativo, tra il piano urbanistico ed il progetto delle opere che sono destinate ad attuarlo. Pre-

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cisiamo ancora che considereremo lo spazio fisico come un’entità fruibile e percepibile nei suoi aspetti economico-funzionali e, al tempo stesso, estetici e simbolici, aspetti che nel nostro discorso, ci sforzeremo di mantenere, per quanto possibile, connessi e interagenti. Per sviluppare questa impostazione concettuale riteniamo necessario fare tesoro di apporti provenienti da altre discipline, innanzi tutto dalle acquisizioni del pensiero epistemologico contemporaneo e, in tale ambito, con le recenti ricerche sul rapporto tra le metodologie proprie della ricerca scientifica attuale e l’operosità creativa, nella quale indubbiamente si colloca la redazione del progetto, in particolare del progetto architettonico. Infine, come vedremo, sarà necessario tenere conto dei grandi sviluppi che, negli ultimi anni hanno avuto le scienze della comunicazione e lo studio della psicologia e della fisiologia dei processi di percezione. Operazione che ci sembra indispensabile se si vuole comprendere come, in una situazione storicamente definita e in una determinato territorio, lo spazio viene percepito e fruito e, attraverso quali meccanismi, si forma e si evolve l’apprezzamento degli aspetti simbolici e funzionali dello spazio e degli oggetti fisici che lo strutturano. In definitiva come questo apprezzamento determini il valore di tutti i beni che lo strutturano e lo attrezzano, anche del loro valore di mercato.

SCIENZA E PROGETTO NELLE ESPERIENZE ATTUALI Dinanzi alle trasformazioni dello spazio fisico dell’intero pianeta e all’intensificarsi della dimensione globale dello sviluppo economico, le istituzioni responsabili hanno cercato di controllare questi fenomeni attraverso più complessi e vincolanti apparati normativi nell’urbanistica e nell’edilizia. Tutto questo ha richiesto l’introduzione nei processi formativi dei piani e dei progetti di sempre nuove e più specializzate competenze disciplinari, e la ricerca di metodologie operative più raffinate, capaci appunto di far fronte a tali complessità. È quindi anche accaduto che coloro che redigono piani e progetti si siano interrogati su come utilizzare le metodologie scientifiche e le innovazioni tecnologiche per aggiornare la propria professionalità, in modo tale da migliorare l’efficacia del proprio lavoro. L’esame delle profonde differenziazioni culturali e delle posizioni e comportamenti che caratterizzano una categoria molto variegata per titolo, formazione e esperienze, evidenzia una gamma delle risposte molto ampia ma che ci sembra utile collocare tra due “posizioni limite”. Vi sono coloro (forse i più numerosi) che attribuiscono alla ricerca scientifica una funzione che possiamo definire di natura propedeutica rispetto al processo di formazione del progetto propriamente detto. Questa funzione si vuole finalizzata alla conoscenza del contesto nel quale si opera, espressa anche in termini di vincoli e condizionamenti da rispettare, di esigenze da soddisfare e risorse da utilizzare. Questo allora viene ritenuto utile in quanto capace di fornire a monte un complesso di informazioni connotato dai

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caratteri che si ritengono tipici della oggettività scientifica. Queste informazioni acquisite saranno poi soggettivamente utilizzate dal progettista come una sorta di materia prima che, in una fase successiva (mantenendola si badi ben distinta ed autonoma) il progettista selezionerà a proprio giudizio, interpreterà e infine travaserà nelle scelte di progetto o di piano. Questa operazione sarà generalmente svolta utilizzando strumenti soggettivi ed a carattere essenzialmente intuitivo. Vi sono altri che hanno posizioni che, a prima vista, sembrano assai distanti ma che, ad un esame più attento, sono riconducibili ad una stessa matrice culturale. Consapevoli dell’importanza di uno sviluppo scientifico e tecnologico sempre più veloce nei suoi risultati e condizionante nei confronti delle strutture culturali, sociali ed economiche contemporanee, e affascinati dalle enormi potenzialità dell’informatica, hanno cercato di costruire strumenti progettuali (costruendo algoritmi generalmente assai complessi) capaci di trasferire gli obiettivi e le informazioni acquisite determinando, automaticamente, la conformazione stessa del progetto o del piano. L’inconsistenza dei risultati conseguiti dimostra che queste due posizioni, oltre che insufficienti hanno avuto un effetto fuorviante impedendo di porre il problema che riteniamo fondamentale, se cioè sia possibile individuare un contenuto scientifico intrinseco interno alle stesse metodologie attraverso le quali, nel mondo contemporaneo, si formano i piani ed i progetti. Proprio partendo dalla posizione di questo problema e riflettendo sulle acquisizioni dell’epistemologia moderna e gli sviluppi delle scienze, riteniamo da poter avanzare due ipotesi: • in primo luogo che il processo progettuale o pianificatorio sia connotato da una sua immanente qualità conoscitiva • in secondo luogo che il processo attraverso il quale viene definito il piano o il progetto, se condotto con adeguate metodologie, possa configurarsi molto simile, se non identico, a quello che attualmente caratterizza la ricerca scientifica vera e propria. Per verificare queste ipotesi riteniamo necessario dare per acquisito il superamento della contrapposizione (possiamo dire l’inconciliabilità), tra i procedimenti, le facoltà e i comportamenti che caratterizzano il mondo della scienza e quelli relativi all’operosità creativa, nella quale appunto riteniamo che debba essere collocata la redazione di un progetto e, in larga misura, anche quella di un piano.

IL PROGETTO E IL PIANO COME COSTRUZIONI TEORICHE Il momento caratterizzante e fondante di un moderno processo di ricerca scientifica non si colloca nell’analisi e nell’osservazione empirica della realtà, nel senso che non è partendo da questa osservazione che è stato possibile costruire teorie e individuare leggi generali. In realtà il processo si svolge essenzialmente in senso opposto. Proprio nelle scienze nelle quali maggiore sono stati gli sviluppi

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Scienza e valutazione del progetto teorici e più rilevanti le ricadute pratiche (come la struttura della materia, la formazione dell’universo o le ricerche nella biologia) possiamo constatare che il momento fondante del processo conoscitivo è stato quello in cui è stata formulata una teoria e su questa base sono state delineate ipotesi sulle quali sono stati impostati gli sviluppi della ricerca. Successivamente, è stato possibile condurre efficaci verifiche fondate sulle tradizionali operazioni di osservazione empirica e sviluppare i processi di tipo analitico-classificatorio, capaci di organizzare le conoscenze acquisite. Fasi indubbiamente essenziali, ma che hanno acquisito validità proprio nel momento in cui sono state poste in un rapporto dialettico continuo – di verifica e di definizione ulteriore – con le ipotesi e con le teorie, in un processo nel quale la circolarità assume un carattere sempre più stringente e qualificante. A questo proposito, con grande chiarezza, Popper, nel suo saggio Logica della scoperta scientifica, contestando le posizioni neopositiviste e induttiviste affermava gli scienziati in realtà non partono mai dai fatti per arrivare alle teorie come avevano preteso gli induttivisti; essi cercano invece di risolvere i problemi proponendo ipotesi esplicative, le quali poi andranno sottoposte alla critica logica e al vaglio dell’esperienza. Validare o falsificare un’ipotesi significa considerarne tutte le conseguenze e i rapporti che queste hanno con il pensiero scientifico consolidato e, soprattutto, considerato quale rapporto hanno con l’esperienza 1. Assunto ripreso molto efficacemente da Umberto Eco quando scrivela scienza trae il risultato dal modo reale, ma per spiegarlo elabora una legge che al momento iniziale vale solo in un universo parallelo, che lo scienziato anticipa come mondo modello 2. Allora, proprio assumendo questa posizione del problema è possibile ipotizzare l’esistenza di una significativa affinità tra i processi di indagine e conoscenza degli oggetti presenti nella realtà empirica, che cioè preesistono all’esperienza del soggetto indagatore, e quelli la cui esistenza è ipotetica, in quanto progettati per essere eventualmente inseriti nel mondo fisicamente esperibile. Allora anche nel caso della ricerca progettuale come nella ricerca sui fenomeni appartenenti alla realtà fisica, all’inizio del processo si formano ipotesi di configurazioni spaziali delle quali si ha una conoscenza confusa e disarticolata; sviluppando il processo conoscitivo i connotati gli oggetti ipotetici si precisano e si definiscono in ogni loro aspetto e significato 3. Redigere un progetto può essere considerato allora nella fattispecie di un processo attraverso il quale si perviene alla progressiva conoscenza di un oggetto o di un insieme di oggetti strutturati, ipotizzabili e possibili. Vogliamo fin d’ora richiamare una riflessione (sulla quale torneremo in seguito) sul fatto che queste implicazioni, oltre che caratterizzare la stessa formazione di un progetto, si configurano anche come un potente strumento di maggiore e più intenzionata conoscenza della realtà. A questo proposito Umberto Eco manifesta la convinzione chela dinamica dell’invenzione si configura simile, per mol-

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ti tratti, nell’arte come nella scienza: come l’artista prevede, nel corso del suo lavoro, quell’organismo possibile che aspira a costruire (ma in fondo nel lavorare, scommette sul successo della sua ipotesi formativa), così lo scienziato per delineare una buona legge deve mettere alla prova un talento estetico, un senso della forma coerente ed economica (scommettendo che l’universo sia altrettanto artista e sperando che la realtà voglia un giorno confermare la sua ipotesi). C’è un momento in cui non v’è differenza tra l’intelligenza indagatrice e quella che siamo soliti chiamare l’intuizione dell’artista 4. Da sottolineare che, sia nel processo di formazione delle ipotesi che producono una maggiore conoscenza di brani di realtà, sia di quelle che conducono alla ideazione di oggetti ipotetici, una grande importanza giuochi l’interazione continua e imprescindibile di tutte le facoltà dell’intelletto umano: l’intuizione e l’invenzione, la capacità di formulare giudizi e di operare generalizzazioni, l’osservazione empirica e l’astrazione, le attività di tipo analitico e l’organizzazione sistematica delle informazioni e dei procedimenti attraverso le quali queste stesse sono acquisite.

IL RUOLO DELLA SOGGETTIVITÀ E DELL’INTUIZIONE NEL PROCESSO CONOSCITIVO Il processo che porta alla formulazione di teorie e ipotesi non può che essere il risultato di processi intuitivi, indissolubilmente legati a giudizi di valore, che nascono e si sviluppano nel mondo etico e ideale dei soggetti che le formulano (siano essi individuali o collettivi, o che assumano forme istituzionalizzate o informali) il cui universo culturale si definisce all’interno di una situazione storicamente e territorialmente definita. Per questo la legittimazione di un processo di ricerca o di validazione di un progetto (ancor più di un piano urbanistico) non può scaturire da un’oggettività tradizionalmente intesa come la negazione del ruolo che vi svolgono i giudizi di valore soggettivi e gli aspetti intuitivi, ma deve ricercarsi proprio nella serena accettazione della loro inevitabilità, quindi nella loro esplicitazione e nella oggettiva esposizione dei soggettivi punti di vista (lo smascheramento della soggettività). D’altra parte proprio sulla base della chiara esplicitazione delle premesse soggettive e fornendo tutti gli elementi che ne consentano la falsificazione, i risultati della ricerca, scientifica o progettuale che sia, possono essere messi a disposizione di tutti i membri della comunità interessata, in particolare di quelli appartenenti a una stessa comunità scientifica o, per quanto ci riguarda, di tutti i soggetti coinvolti nel processo edilizio o di piano. Questi potranno intervenire nei confronti dell’operazione conoscitiva nel suo complesso, valutandone lo sviluppo in termini di coerenza, pertinenza e rilevanza sia nel proprio interno sia nei confronti degli obiettivi quantitativi e qualitativi delle modifiche della realtà che la redazione del piano e del progetto si propone di realizzare. Dice in proposito Popper Compito dello scienziato non è quello di considerare le proprie idee alla stregua di verità

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assolute, ma semplici ipotesi di lavoro, congetture sempre da considerare valide finché non vengono falsificate: anzi la sua metodologia di lavoro dovrà incorporare la costruzione di strumenti che favoriscano la falsificazione delle teorie, ancor più che la loro conferma. Sulla base di tali assunzioni ormai consolidate, l’operatore scientifico contemporaneo (e ci sembra di poter aggiungere il progettista e il pianificatore) deve rifiutare qualsiasi atteggiamento dogmatico e sistematicamente ricercare le conseguenze delle sue ipotesi teoriche che con maggiore probabilità possano risultare false 5. Queste assunzioni ci inducono a considerare non più accettabile la tradizionale contrapposizione tra una presunta oggettività, che sarebbe la connotazione essenziale della vera scienza, e il mondo soggettivo ed intuitivo che caratterizzerebbe invece le attività creative (in particolare le invenzioni progettuali). Rafforza invece la convinzione che nel suo lavoro il progettista affronta e tenta di risolvere un problema eminentemente conoscitivo che potrà assumere i connotati della ricerca teorica o metodologica o il carattere di ricerca empirica (che avrà come finalità essenziale la conoscenza e l’ordinamento classificatorio dei fenomeni) e, infine, di ricerca pratica o applicata tipica del progettista e del pianificatore propriamente detto. In tale ambito si dovranno mettere a confronto le caratteristiche che nel corso del processo redazionale si vanno conferendo al prodotto del proprio lavoro, con le finalità e i giudizi di valore che hanno informato la stessa decisione di redigere quel progetto o quel piano. In particolare la progettazione (soprattutto quando ci si propongono obiettivi innovativi (sia nel processo formativo che il suo prodotto) può essere legittimamente considerata come una operazione a carattere scientifico, nella quale ci si propone di indagare e di sperimentare le condizioni che consentono di far passare un oggetto dallo stato teorico o ipotetico allo stato di realtà fisica. Possiamo dunque affermare che essenzialmente in questo consista il compito di un progettista: una invenzione teorica, nella quale si propone una selezione ed un uso particolare delle risorse disponibili per modificare, sulla base di determinate finalità, in qualche sua parte l’organizzazione fisica di un territorio quale che sia a scala d’intervento 6. Oggetti nuovi o nuovamente conformati che, modificando con la loro esistenza il preesistente assetto dello spazio fisico, consentono di soddisfare precipue esigenze di natura sia pratica che simbolica. Fin dalla fase d’impostazione del progetto, analogamente a quanto avviene nelle scienze tradizionalmente intese, sulla base delle ipotesi formulate, possono essere ordinati i dati e le informazioni acquisite, individuati i problemi ritenuti più pertinenti e rilevanti, gli aspetti che si giudicano significativi e condizionanti, o quelli che vengono considerati devianti o irrilevanti; su tale base il progettista selezionerò le soluzioni tra quelle pertinenti all’ipotesi teorica formulata e concretamente realizzabili. La stessa progressiva definizione del problema progettuale o pianificatorio costituisce la premessa necessaria per valutare l’adeguatezza delle ipotesi formulate, la validità delle soluzioni avan-

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zate, l’efficacia e la correttezza della metodologia seguita per individuarle. La validità dell’operazione, conoscitiva compiuta dal progettista, come da un ricercatore scientifico inteso nell’accezione corrente, discenderà allora dalla sua capacità di esplicitare le premesse ed i giudizi di valore, i convincimenti che sono alla base delle impostazioni teoriche e delle ipotesi di progetto, nella dichiarazione delle ragioni che hanno consigliato una particolare soluzione: in definitiva in una metodologia che offra la possibilità d’una puntuale verifica dell’esito complessivo che potrà avere il progetto redatto. Una modalità di redazione che, in ogni sua fase, mutuando la nota definizione epistemologica possiamo definire appunto una metodologia di falsificazione del progetto. In altre parole: una metodologia capace di rivelare in quale misura gli eventi, che un progetto o un piano, esplicitamente o implicitamente ipotizzano, potranno effettivamente verificarsi nel processo attuativo e consentiranno la costruzione di un’opera o l’attuazione di un piano che, impiegando determinate risorse, realizzi gli obiettivi che, sotto il profilo pratico e simbolico, ci si propone di perseguire.

IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE NEL PROCESSO PROGETTUALE O PIANIFICATORIO Se assumiamo l’ipotesi di un immanente dimensione scientifica nella metodologia redazionale del piano e del progetto, appare possibile comprendere come la metodologia progettuale possa assumere possa concretamente assumere i caratteri della controvertibilità. La questione ci interessa perché facendo riferimento a tale categoria ipotizzeremo quali collocazioni e quali ruoli le discipline valutative ed estimative dovrebbero assumere nel processo di formazione di un progetto o di un piano. Diciamo subito che non sottovalutiamo l’importanza della valutazioni operate nella fase ex ante, quando si debbano indagare le opportunità di redigere un determinato progetto o piano e, soprattutto, quando se ne stabiliscano caratteristiche e obiettivi. Così come riteniamo egualmente importante operare valutazioni ex post, per verificare in quale misura gli obiettivi e le caratteristiche qualificanti previste ex ante vengano realizzandosi nella fase di attuazione e, soprattutto ad attuazione avvenuta. A questo proposito è stato giustamente osservato come l’utilità e, soprattutto, la legittimità di queste valutazioni siano subordinate al fatto che tra obiettivi, criteri e strumenti di valutazione utilizzati a monte si stata stabilita se non un’identità una sufficiente coerenza con quelli utilizzati a valle. Tuttavia, se riteniamo che la coerenza e la stessa legittimazione delle valutazione ex ante ed ex post rappresenta una condizione necessaria, certamente non possiamo considerarla sufficiente. Pensiamo infatti che sia ancora più importante che gli stessi livelli di coerenza e consequenzialità informino anche lo stesso processo redazionale. La valutazione allora potrà esprimere tutte le sue potenzialità e realizzare gli obiettivi che le sono stati assegnati, quan-

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Scienza e valutazione del progetto do venga organicamente inserita in itinere del processo progettuale e, in definitiva, quando venga incorporata nella stessa metodologia di formazione del progetto e del piano, conferendole gli auspicati caratteri di controvertibilità. Per meglio renderci conto del ruolo che le discipline valutative possono assumere nella formazione di un progetto o di un piano, riteniamo che ci si debba confrontare con alcune importanti questioni, in particolare: • il carattere sovra individuale che, abbiamo visto, sempre più caratterizza i processi relativi alle trasformazioni fisiche del territorio, anche nelle fasi di formazione dei programmi, piani e progetti; • il rapporto tra l’acquisizione delle informazioni necessarie alla costruzione del piano o del progetto e le potenzialità conoscitive che questi mostrano di avere nei confronti del contesto nel quale vengono ad essere calati.

IL CARATTERE SOVRA INDIVIDUALE DEI PROCESSI DI PIANO E DEL PROGETTO Abbiamo già notato che negli anni la redazione dei progetti e dei piani, dovendosi confrontare con sempre nuovi contenuti e finalità, divenga sempre più complessa, sollecitando una crescente articolazione della struttura dell’équipe di progettazione, inserendovi sempre nuove professionalità e specializzazioni. Nello stesso tempo è anche aumentato il numero e il peso di quegli interlocutori esterni che, direttamente o indirettamente, intervengono condizionandone ilprocesso di formazione (specie quelli che esercitano funzioni di controllo e di verifica). Esperienze positive stanno a dimostrare come l’acquisizione di un approccio scientifico al progetto contribuisca fortemente alla realizzazione di un più efficace livello di comunicazione e interazione tra tutti i soggetti coinvolti nel processo redazionale. Progettare o pianificare oggi significa essenzialmente progettare o pianificare confrontandosi con altri e la validità di un progetto o di un piano deriva proprio dalla capacità di collegare tra loro numerose competenze, operandone una sintesi intelligente e creativa 7. D’altra parte possiamo constatare come il lavoro di équipe rappresenti, nel mondo contemporaneo, una esperienza ormai largamente diffusa, che investe sempre nuove attività professionali, attività tradizionalmente svolte da singoli o da piccoli gruppi spesso a carattere essenzialmente parentale. Gli studi sulle dinamiche che caratterizzano il lavoro di gruppo dimostrano che il successo di operazioni la cui complessità può essere assimilata allo sviluppo di un progetto architettonico o di un piano urbanistico, dipenda soprattutto dalla volontà e capacità di mettere insieme e valorizzare le competenze, le risorse umane e materiali disponibili. In particolare si tratta di recepire ed utilizzare le idee di soggetti diversi e, possibilmente, di stimolarne le capacità di innovazione ed invenzione. Per questo occorre soprattutto che i progettisti evitino di farsi imbrigliare da idee (in particolare da immagini) preconcette e rigidamente definite; al contrario ci si dovrà abituare a considerare, come tratto inevitabile e qualificante della metodo-

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logia progettuale e pianificatoria, la capacità di configurare un insieme significativo di ipotesi alternative, ipotesi da sistematizzare e mettere in discussione, incorporando nella loro stessa costruzione e proposizione, trasparenti elementi di validazione e falsificazione. Vogliamo anche sottolineare come l’individuazione di alternative e la loro adeguata presentazione agli interlocutori interessati si dimostri particolarmente efficace per stimolare processi di partecipazione e coinvolgimento, i cui risultati più significativi consistono nella rimozione di idee preconcette, nella composizione di interessi contrapposti, e spesso nell’acquisizione di una più puntuale ed efficace conoscenza della realtà in cui si opera. In definitiva per la formazione d’idee progettuali più efficaci è sempre più importante che progettisti e pianificatori imparino ad ascoltare gli altri soggetti coinvolti o coinvolgibili nel processo formativo (ovviamente a cominciare da quelli che fanno parte della stessa équipe). Allora l’elaborazione sistematica di proposte alternative rappresenta lo strumento più efficace per valutare, selezionare e quindi recepire e, infine, incorporare e valorizzare nel progetto le proposte e le esigenze che esprimono molteplici soggetti ed interlocutori.

LA COLLOCAZIONE E I RUOLI DEL VALUTATORE NELL’ÉQUIPE DI PROGETTAZIONE E PIANIFICAZIONE Le considerazioni fin qui svolte ci portano ad affermare l’esigenza che il valutatore” debba essere inserito nell’équipe di progettazione fin dalla sua formazione e avvio dell’attività (cosa peraltro abbastanza acquisita nella pianificazione ma molto meno nella progettazione). Condivisa questa esigenza, occorre poi riflettere su quali ruoli specifici esso possa svolgere e come questi ruoli possano utilmente collocarsi all’interno dei processi redazionali. Innanzi tutto la competenza professionale del valutatore, intervenendo fin dall’inizio del processo progettuale, potrà fornire un primo, essenziale contributo: stimolare il coinvolgimento e ottenendo il consenso dell’intera équipe (e, in generale dei soggetti direttamente interessati), configurare una complessiva metodologia di progetto e, conseguentemente, costruire un sufficientemente dettagliato project management. Quando nell’ambito di questo sia previsto in tutte le fasi del processo redazionale l’inserimento organico degli strumenti di valutazione sarà possibile conferire al piano ed al progetto gli auspicabili caratteri di controvertibilità, e giungere ad alcuni importanti risultati: • realizzare all’interno dell’équipe un confronto positivo ed interazioni efficaci tra posizioni ideali, capacità operative, specificità professionali dei suoi membri; • conferire la massima trasparenza al processo decisionale del progetto o del piano e quindi, su questa base, realizzare processi di effettiva partecipazione e di coinvolgimento responsabile;

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• comporre i conflitti tra interessi contrapposti che, tra i soggetti interessati alla realizzazione del progetto si manifestano inevitabilmente, valorizzandone invece la capacità propositiva e stimolandone invece tutte le possibili sinergie. Seguendo il filo di questo ragionamento ci sembra di poter dire che il controllo e la valutazioni del lavoro progettuale e pianificatorio operati “in corso d’opera” non possano essere delegabili a soggetti esterni, per quanto autorevoli. Questo perché le valutazioni sono tanto più efficaci se saranno incorporate all’interno di un’équipe, quindi inserite organicamente in tutte le fasi di una metodologia operativa condivisa da i suoi membri e, per l’appunto, fondate su criteri di controvertibilità. Verosimilmente una metodologia di questo tipo non potrà essere definita una volta per tutte, ma tratteggiata nei suoi caratteri più generali: questo sarà certamente molto utile e la sola definizione dei suoi caratteri generali, per i cultori delle scienze della valutazione, costituisce campo di ricerca teorica e di sperimentazione operativa senza dubbio affascinante. Comunque una volta adottate queste impostazioni generali lo specifico project management redatto all’interno dell’èquipe dovrà invece costruirsi ed articolarsi tenendo nel massimo conto le precipue caratteristiche del contesto e le finalità che ispirano il progetto o il piano. Questo potrebbe in definitiva rappresentare il primo fondamentale prodotto dell’équipe stessa, tanto più efficace quanto più viene costruito in primo luogo, sulla base del consenso e della piena valorizzazione delle competenze di tutti i membri dell’équipe, ma anche di tutti quei soggetti che sono interessati all’esito del progetto, almeno di quelli che eserciteranno ruoli di maggiore incidenza nel processo formativo. Ovviamente la metodologia prevista nel project management dovrà prevedere adeguati margini di flessibilità che, sulla base degli esiti di procedure di controllo, verifica e messa a punto, nel corso di tutto lo sviluppo del processo redazionale, consentiranno di migliorarne gli esiti, i costi e i tempi di redazione. Ci sembra utile riassumere i caratteri metodologici di questa impostazione che riteniamo maggiormente incidano sul suo successo: • in primis ribadiamo la necessità che le procedure di valutazione siano attivate fin dalle prime fasi di avvio del processo, fin quando cominciano a definirsi le opzioni iniziali, in particolare di quelle che generano il project management; • in ognuna delle fasi più significative di formazione del piano e del progetto, il metodo dovrà prevedere la sistematica individuazione della gamma delle alternative specifiche possibili e preferibili; • una volta configurato il perimetro nel quale si collocano le alternative considerate sarà possibile individuare i soggetti singoli o collettivi, istituzionalizzati o no, che siano direttamente o indirettamente interessati alle implicazioni connesse alle scelte da operare; • infine occorre che questo complesso di scelte alternati-

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ve sia presentato ai soggetti interessati corredato dalle informazioni e, soprattutto, da un complesso di valutazioni che mettano in grado i soggetti interessati di esprimere il proprio punto di vista, rappresentare i propri interessi e, quando questo sia previsto o opportuno, operare le scelte di propria competenza.

CONOSCENZA, PIANO E PROGETTO Abbiamo indicato le molte analogie che, a nostro parere, è possibile ravvisare tra l’operatività creatrice del progettista e di quella dello scienziato. Tuttavia occorre anche considerare le caratteristiche che li distinguono. In particolare pensiamo che l’aspetto conoscitivo immanente nel progetto si esprima in due aspetti distinti ma reciprocamente connessi. Del primo già si è detto, proponendo d’interpretare il processo redazionale come un percorso che consente di pervenire alla progressiva conoscenza dell’oggetto piano o progetto. Riguardo al secondo aspetto riteniamo che sempre, qualsiasi processo d’intervento sullo spazio (dalla decisione di redigere un piano o un progetto fino alla fase di attuazione e di gestione), oltre che uno stimolo ad acquisire informazioni, costituisca esso stesso un potente strumento di conoscenza della realtà sulla quale s’interviene; una conoscenza più organizzata, approfondita e, soprattutto, maggiormente finalizzata 8. Infatti possiamo constatare che man mano che si va configurando il piano o il progetto si dispone di una chiave interpretativa potente che proprio con la prefigurazione delle possibilità e opportunità di modificare lo stato di fatto, introduce nel processo di conoscenza della realtà una propria intrinseca dimensione dinamica che realizza una più efficace capacità di penetrazione e d’interpretazione. Queste potenzialità conoscitive possono esprimersi pienamente proprio quando, con l’inserimento della valutazione, si avviano processi operativi nei quali la conoscenza della realtà territoriale e la formulazione delle scelte di piano o di progetto vengono continuamente ad intrecciarsi ed a profondamente interagire. In definitiva: se il processo di conoscenza dall’oggetto piano o progetto e quello relativo al contesto in cui operano, procedono di pari passo è possibile instaurare una sinergia che potenzia i risultati specifici di entrambi. Possiamo allora ipotizzare che proprio l’introduzione della valutazione nell’arco dell’intero processo costituisca un motore perché questa sinergia si affermi e si sviluppi. Osserviamo infine che l’adozione dei criteri prima illustrati consente di rispondere nella maniera migliore alle richieste dei programmi nazionali ed europei (specie di quelli complessi) quando impongono l’attivazione di procedure di consultazione e eventualmente di coinvolgimento e partecipazione di soggetti interessati alla formazione e all’attuazione di piani o progetti. Procedure che costuiscono una condizione necessaria per motivare e qualificare le scelte progettuali, e anche per realizzare, al di là delle richieste normative pertinenti, le effettive condizioni di fattibilità e in definitiva di successo di un piano o di un progetto.

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Scienza e valutazione del progetto IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE NEI PROCESSI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA Queste considerazioni possono essere ulteriormente approfondite considerando gli aspetti quantitativi dell’impatto sul contesto preesistente, questione divenuta ormai centrale nella realtà italiana ed europea. Ci sembra interessante notare che quando il peso delle preesistenze aumenta e soprattutto quando la componente antropica si indebolisce rispetto a quella naturale, tendono ad annullarsi quelle differenze che possono riscontrarsi tra l’operazione scientifica propriamente detta (in quanto finalizzate alla conoscenza di oggetti appartenenti alla realtà preesistente) e quella progettuale (in quanto finalizzata alla conoscenza e descrizione di una realtà ipotizzata). Occorre acquisire una maggiore consapevolezza del fatto che elaborare un progetto che si proponga di modificare in un qualche aspetto di un determinato territorio costituisce uno strumento che consente ad una comunità che lo abita di interiorizzarlo alla luce delle proprie esigenze pratiche e simboliche e conferire senso alla sua stessa conoscenza. D’altra parte gli antropologi hanno potuto constatare che anche le popolazioni definite “primitive” attribuiscono al territorio nel quale si sono insediate, un insieme di significati simbolici e pratici che rispondono al sistema di credenze e rappresentazioni simboliche, concezioni del mondo, queste ne articolano e ne strutturano la conoscenza sulla base delle proprie esigenze pratiche ed idee progettuali, esprimendo in sintesi la loro cultura. D’altra parte si è potuto costatare come quest’assimilazione culturale del territorio inizi immediatamente da parte di tutti i membri delle comunità che ne vengano a contatto e che questo processo conoscitivo e interpretativo si esprima poi nelle specifiche forme degli insediamenti che quel territorio conformano. Per quanto riguarda i Paesi di più intensa industrializzazione e più antico urbanesimo, appare ragionevole prevedere che sempre più nel futuro la costruzione d’insediamenti interamente di nuovo impianto, continui inevitabilmente a ridursi sia nella dimensione dei singoli interventi, sia nella loro dimensione complessiva. I futuri interventi in definitiva tenderanno a configurarsi essenzialmente come complementari rispetto ad estesi fenomeni di trasformazione del preesistente (recupero, riqualificazione o valorizzazione). Osservava Bernardo Secchi oltre venti anni fa, avviando la discussione anche in Italia sulla necessità del superamento della contrapposizione tra piano e progetto, in particolare tra progetto del nuovo e contesto urbano e territoriale preesistente, anticipando un pensiero che ha caratterizzato, alla fine del secolo scorso, gran parte dell’esperienza Europea dice: La città, il territorio e lo spazio nel quale vivremo i prossimi decenni è già costruito e non riusciremmo facilmente a sbarazzarcene, non solo in senso fisico, ma molto di più da un punto di vista concettuale. Esso ci appare come un campo di esperienze possibili, cui dare senso attraverso operazioni di continua modificazione….In tal senso il territorio e la città futura risulterà… soprattutto fatta di materiali esistenti cui sia stato aggiunto qualcosa di addizionale che li reinterpreti, che agendo sulle commessure, in qualche modo li reinventi 9.

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Perciò attualmente pianificare e progettare la modificazione di un tessuto urbano o la configurazione di un territoriale storicamente consolidato: non può discendere da un apparato logico oggettivo come quello costituito dal pensiero funzionalista. Questa regola va dedotta dagli stessi oggetti che si collocano nell‘ambito dell‘intervento e dalla loro relazione la regola è nel testo 10. In quest’ottica possiamo concepire il territorio nel quale si opera come un insieme di oggetti interconnessi da molteplici valenze aperte, quasi una sostanza in grado di avviare trasformazioni chimiche. Per questo progettisti e pianificatori possono immaginare soluzioni che, riscattando le stesse finalità delle proposte, dalla condizione di semplici risposte alle esigenze poste dal luogo e dalle finalità del programma, si pongono come strumenti capaci di traguardare la realtà con un’ottica differente, avviando un’attività mentale che consenta di agire ai limiti del noto e proiettarsi nell’inesplorato per ritornare ad una conoscenza maggiormente consapevole della realtà esistente.

ALCUNE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DISCIPLINARE Vogliamo chiudere questa riflessione introducendo due questioni che, se pure sottese nelle argomentazioni precedenti, ci sembra utile esplicitare ulteriormente per proporle a futuri approfondimenti. Riassumeremo la prima delle questioni formulando una domanda: perché nel mondo attuale l’introduzione di metodi di valutazione nella pianificazione e nella progettazione di opere viene ad assumere un’importanza crescente, certamente ben superiore che nel passato? Nelle società preindustriali le trasformazioni del costume e dei processi produttivi avvenivano molto lentamente, era quindi possibile che nel tempo si consolidassero processi di intervento espressione di sistemi di valori comuni e soluzioni condivise, processi che venivano verificati e quindi progressivamente convalidati dall’esperienza. Si generava allora un sistema di norme di tipo consuetudinario, al quale i progettisti e, in generale, tutti i soggetti coinvolti nei processi d’intervento sullo spazio, potevano riferirsi con certezza. La configurazione del processo edilizio nel suo complesso e dell’operazione progettuale in particolare, potevano limitarsi a recepire questo complesso di valori e di consuetudini, che venivano interiorizzati nel “sapere tecnico” dei singoli progettisti e da loro soggettivamente interpretati. La qualità di un progetto scaturiva allora dalla capacità del progettista di risolvere i problemi posti da uno specifico progetto, nell’ambito di una sostanziale osservanza di criteri dì giudizio fortemente consolidati e generalmente acquisiti. Per questo, il problema di utilizzare metodologie esplicite per stimare i costi e valutare gli aspetti qualitativi, generalmente non si poneva o si poneva in misura più ridotta. Le prestazioni dell’oggetto progettato, il suo valore funzionale ed economico, (con parziali eccezioni nella realizzazione di opere di tipologia inedita o di eccezionale rilevanza), erano date per acquisite e incorporate nelle soluzioni correnti e nei codici di pratica connessi alla loro realizzazione. In una situazione di lentissima evoluzione dei metodi costruttivi, la stima dei costi poteva

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esaurirsi nel classico computo metrico-estimativo, ci si limitava cioè a contabilizzare le quantità da realizzare e ad applicare un complesso di prezzi registrati dai prezzari. In una società sostanzialmente statica e stabilmente stratificata, per definire il livello qualitativo dell’oggetto progettato, il progettista poteva far riferimento a valori funzionali e simbolici fortemente radicati; sul piano tecnologico, ci si poteva affidare con sufficiente tranquillità ad un sistema altrettanto consolidato di regole d’arte. Nel mondo contemporaneo invece, soprattutto quando i processi di sviluppo o di crisi e ristrutturazione economica si accelerano e nella città globale contemporanea, i costumi e i consumi vengono incessantemente a confronto, emergono nuovi soggetti e inedite esigenze, si produce una costante e più veloce evoluzione nei comportamenti, nei valori e quindi nei bisogni pratici ed esigenze simboliche. In particolare è cambiato e continua a cambiare sempre più velocemente il modo di percepire lo spazio edificato e quello naturale e questo, inevitabilmente, si riverbererà nella concezione pratica e simbolica del prodotto progettato e nello stesso valore che il mercato gli attribuisce. Con ancor maggiore rapidità rispetto al passato si producono anche grandi mutamenti nelle tecnologie di produzione e nelle caratteristiche dei prodotti del settore delle costruzioni, rendendo impossibile la sedimentazione di consuetudini costruttive stabilmente acquisite. Nel mondo contemporaneo, anche un progetto di opere e il relativo processo di realizzazione non può più limitarsi a recepire quanto si ritiene stabilmente acquisito, ma la sua redazione e, soprattutto, la sua realizzazione, inevitabilmente interagisce sempre, anche se con diversa intensità, con la situazione nei suoi aspetti più contingenti e dinamici, quindi incorporando esso stesso i nuovi valori, i criteri di giudizio, procedure di valutazione e, fatto essenziale, anche una quota significativa, anche se limitata, ma storicamente determinata, dello sviluppo del sapere e del “progresso tecnico” (conferendo a questo termine tutte le implicazione ed estensioni concettuali che sono state evidenziate da Sraffa 11 e Shumpeter 12 prima e da Sylos Labini 13 dopo). È per questo che l’evoluzione nella concezione del prodotto edilizio, più il generale progresso tecnico e i processi di crisi e di ristrutturazione degli stessi modi di produzione dell’ambiente costruito, pongono oggi un’esigenza di continua revisione e aggiornamento delle conoscenze e delle metodologie che costituiscono il patrimonio del progettista e, in generale, dei soggetti che intervengono attivamente nelle trasformazione degli assetti spaziali. Pertanto se il progetto non potrà limitarsi a recepire ed organizzare al meglio, le prassi operative e le tecnologie ereditate dai passato, la valutazione della qualità della risposta alle esigenze che con l’attivazione di quel progetto si vogliono soddisfare, la stima delle quantità e la scelta delle risorse che la sua realizzazione comporta, non possono che entrare in ogni fase del processo progettuale e in esso “incorporate” come componenti qualificanti e soprattutto interagire continuamente con la sua metodologia formativa.

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Il secondo ordine di questioni si evidenzia nei tentativi di superare la contrapposizione tra pianificazione urbanistica e progettazione delle opere che la dovranno attuare, una concezione per lungo tempo accettata aprioristicamente. A questo proposito, pur partecipando con convinzione a questi tentativi, riteniamo che sia necessario porre con maggiore chiarezza alcune questioni che riteniamo essenziali: in un più stretto rapporto tra piano e progetto come garantire che gli interessi in gioco (sempre cospicui se rapportati all’entità degli interventi) possano essere soddisfatti con equità? In particolare come possano essere equamente soddisfatti gli interessi sociali ed economici delle comunità interessate e quelli dei promotori e dei cointeressati ai singoli interventi? Infine quando si valutano proposte d’intervento avanzate da singoli operatori, attraverso quali strumenti è possibile verificare l’esistenza della necessaria congruenza delle proposte considerate singolarmente e nel loro insieme, con i complessivi assetti urbani e territoriale configurati dai piani? Al primo ordine di quesiti è possibile rispondere mettendo in campo i classici strumenti di analisi degli investimenti, strumenti che si sono dimostrati sufficientemente efficaci e capaci di valutare il complesso delle implicazioni economico-finanziarie che gli interventi proposti producono, non solo per i soggetti privati ma anche per quelli pubblici. È questo un settore nel quale possiamo ritenere più cospicuo il contributo delle dottrine estimative e valutative e nei limiti di questo scritto riteniamo che sia possibile darlo per acquisito e generalmente conosciuto. Semmai riteniamo debba essere collegato con più attenzione alle questioni precedentemente sviluppate e su queste ci sembra utile spendere qualche altra considerazione. Anche perché su questi argomenti si prospetta al valutatore un affascinante campo di approfondimento teorico e di esperienze operative. In primo luogo si configura la possibilità di estendere il patrimonio di metodologie e di strumenti operativi tipici della nostra area, con l’obiettivo di configurare un sistema esigenziale capace di valutare in quale misura le caratteristiche qualitative e quantitative dei singoli progetti delle opere inserite o da inserire in un piano urbanistico contribuiscano a realizzarne gli obiettivi. Occorre quindi costruire strumenti capaci di verificare come i singoli progetti proposti, interagendo con lo strumento di pianificazione operativa e le norme attuative, garantiscano la realizzazione di opportuni livelli di soddisfazione delle esigenze specificamente richieste e appunto, sulla base di queste, verificare i livelli di fattibilità economica e normativa, in termini di risorse necessarie, tempi di attuazione e rispondenza normativa. A questo proposito ci sembra necessario richiamare l’attenzione su un’impostazione a carattere oggettuale tradizionale, caratteristica ancora dominante nelle normative urbanistiche ed edilizie italiane, norme che, invece di definire i livelli prestazionali che devono essere offerti dagli oggetti progettati, impongono quelle che si indicano come soluzioni conformi. Si tratta di prescrizioni che nell’ampia esperienza applicativa hanno dimostrato una sostanziale incapacità di realizzare qualità e che, al tempo stesso hanno

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Scienza e valutazione del progetto fortemente ostacolato la ricerca progettuale e l’innovazione in materia di tecnologia e tipologia delle opere e morfologia insediativa. Invece, com’è già accaduto in altri paesi europei, occorre adottare normative ispirate a criteri di tipo esigenziale, traducendoli poi in prescrizioni tecnicamente chiare e procedure di controllo scientificamente controvertibili. Norme che, oltre a consentire la validazione dei progetti, stabiliscano le condizioni perchè le proposte d’intervento possano essere accettate e eventualmente migliorate per quanto attiene il loro complessivo livello prestazionale. La questione fu affrontata negli studi per la formazione delle normativa tecniche dell’Emilia Romagna e della Toscana e sviluppata poi in altre Regioni. In questa occasione si ipotizzò che un valido approccio ad una normativa di tipo nuovo si potesse ricercare nella contaminazione di un approccio di natura esigenziale e gli strumenti tipici della valutazione, in particolare di quella a carattere tipo multicriteriale 14, 15. Riteniamo che questa impostazione, almeno nei sui caratteri generali, potrebbe essere utilmente ripresa e aggiornata, sviluppata ed introdotta nelle meto-

dologie progettuali e, parallelamente, incorporata negli stessi strumenti di controllo e validazione inseriti nelle normative urbanistiche ed edilizie. È appunto nell’ambito di questa impostazione che sembra possibile conferire maggiore sostanza metodologica ed operativa ad un rapporto più dialettico e interattivo tra piano e progetto. Infatti proprio evitando di imporre soluzioni fisicamente conformate e definendo invece il sistema delle esigenze in funzione nel contesto insediativo attuale e quello previsto, si potranno ridurre sostanzialmente le incongruenze ed i conflitti che di frequente contrappongono il piano urbanistico ai progetti destinati ad attuarlo. In definitiva riteniamo che con la definizione del sistema esigenziale degli insediamenti e, insieme, le procedure da utilizzare per valutare e validare i singoli progetti, si disporrebbe di un potente strumento capace di orientare, selezionare e contemperare gli orientamenti e le esigenze espresse dai soggetti variamente interessati allo sviluppo ed alla riqualificazione dei centri urbani.

Summary SCIENCE AND EVALUATION IN URBAN DESIGN In the face of the transformations affecting the physical space of the entire planet and the intensification and expansion of global dimensions in economic development, the institutions have attempted to address these phenomena by increasing the complexity in the legal and normative system dealing with urban planning and construction. On the one hand this process has led to the introduction in design/planning of increasingly specialized competences and more refined operational methodologies. On the other hand, designers and planners have sought the possibility of updating their own professional skills improving their working efficiency in the face of such complexities. An analysis of the deep cultural differences, examining positions and behaviours of a professional category representing very different sets of academic titles, training and experiences has shown that replies can be placed between two “limit positions”. Some scholars (perhaps the most numerous group) are convinced that the scientific research includes a function that we can define as preparatory of the design and planning process. This preparatory function is seen as enhancing the knowledge context within which we operate increasing efficiency with regards to respecting terms and conditions, requisites to satisfy. All this is deemed useful for generating “upstream information” that possesses traditional scientific objectivity. Designers will then use as a “materia prima”, the acquired information, which in a further phase, will be selected, interpreted and finally translated into pro-

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ject/plan choices. Such an operation is generally carried out using subjective instruments that have intuitive connotations. Other scholars having at a first glance, very different positions, under deeper scrutiny, end up revealing the same cultural matrix. They are aware of the importance of increasingly fast developments in science and technology, but are tied to their own results and are conditioned by socio-cultural and economical mechanisms. They are often fascinated by the enormous potentialities of information technology and accept the creation and use of instruments for project construction (generally using complex algorithms) which enable the automatic transfer the objectives and the acquired information in order to shape the project or the plan itself. We have recalled these two approaches because of inconsistencies in the results in terms of quality of the plan/project produced. Generally this is attributed to insufficient technical and operational instruments rather than inadequacy of the theoretical and cultural positions that inspired them. Under this viewpoint, the two positions are not only insufficient, but also misleading, because they have prevented scholars from addressing the roots of the problem and questioning themselves on the intrinsic scientific content of the contemporary methodologies through which projects and plans are assembled. If we ask ourselves these questions and we reflect on the acquisition of modern epistemology, we can identify two hypothesis: • Firstly, that the project or planning process is characterised by intrinsic scientific quality; • Secondly, that the process through which plans or

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projects are defined, if conducted with adequate methodologies, could result in very similar – if not identical – outcomes relative to current practices which inspire real scientific research. We propose these two hypotheses, because we think it necessary to overcome the sharp and still widespread contrast among procedures, faculties and behaviours that characterize both the scientific world and the world of creative activity arguably encompassing the whole project-making process and a major part of planning activity. PROJECT AND PLAN AS A THEORETICAL CONSTRUCTION As a preliminary step, we deem it useful to underscore that the increasing importance given to modern scientific research was not generated by analysis and empirical observation of reality: it was not from these observations that it became possible to build theories and to identify general laws! On the contrary, this process has often been carried out by going in the opposite direction. In fact, it is precisely in the sciences where greater theoretical development and more relevant the practical implications occurred (e.g. those leading to knowledge on the structure of matter, the formation of the universe or the research on biology), that the founding moment of the cognitive process has been the field where theories and research hypothesis have been formulated. Starting from these bases it has been possible, at a later stage, to give a sense to the research by efficiently carrying out further verifications based on the traditional operations of empiric observation. Organizing the acquisition of knowledge has fostered the development of analytical and classificatory processes. Those are essential phases, but acquire validity only when included in a dialectic relationship of further verification and definition within hypothesis and theories. This process entails an increasingly quantified and narrowing circularity. Popper – in his essay “Logics of the scientific research” – contested the neo-positivist and inductivist positions and stated that scientists, in reality, never start from facts to arrive to theories, as the inductivists have affirmed; they try to solve the problems by proposing explicative hypothesis, which will then undergo the criticism of the logics and the test of experience. To validate or nullify an hypothesis means to consider all consequences and the relations that those have with consolidated scientific thought and, above all, what relation they have with experience. This assumption has been very efficiently resumed by Umberto Eco, when he writes that science gets its results from the real world, but, in order to explain it, elaborates a law that, at the beginning, is only valid in a parallel universe, that the scientist anticipates as being the “model world”. If we take this stance on the problem, we can hypothesize a significant affinity between the processes of enquiry and empiric knowledge of the objects included in the empiric reality and those whose existence is hypothetic,

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but have been conceived and projected to be inserted in the real, physical world. Then, in project-related research, as well as in preceding research related to the physical reality, our knowledge of the object is confused and disarticulated; while developing the cognitive process, the connotations of the hypothetical object are more precisely defined in each aspect and meaning. Project building can then be considered as a process through which the progressive knowledge of an object or a set of objects is achieved. Furthering this topic, according to Umberto Eco1, the dynamics of the dynamics of invention are, on many traits, similar both in art and science: just as the artist foresees, in the course of his/her work the “possible organism” that he/she wishes to build (wagering on the success of his creative hypothesis), the scientist, in order to identify a good law, must confront him/herself with an aesthetic talent, a sense of coherent economic shape, thereby betting that the universe also behaves as an artist, and hoping that the reality, sooner or later, will confirm his/her hypothesis. It is a moment when there is no difference between the investigating intelligence and that entity we generally call “artistic intuition”. We wish to underscore that, both in the process of identifying hypothesis that leads to better knowledge on pieces of reality, and in the process, leads to the creation of hypothetical objects, a great importance is played by the continuous and unavoidable interaction of all the faculties of the human intellect: intuition and invention; the ability to formulate judgments and to operate generalizations; empirical observations, abstractions, analytical activities; and the systematic organisation of information and procedures through which they have been acquired. THE ROLE OF SUBJECTIVITY AND INTUITION IN THE COGNITIVE PROCESS The act of formulating theories and hypothesis stems from intuitive processes tightly tied to value judgements. These are born and developed in the ideal and ethical world of the stakeholders who carry out the actual formulation (be they individual or collective; and/or take institutional or informal shapes). Their cultural universe is defined within a given historical and territorial situation. For this reason, in a project (and even more in an urban plan), the legitimacy of a research or a validation process cannot derive from objectivity. This is traditionally intended as the denial of the role played by individual value judgements and by intuitive aspects. They must stem from the serene acceptance of their unavoidability and their explanation in the impartial exposition of the various standpoints (the so called “un-masking of subjectivity”). It is only by clearly explaining the subjective premises and by supplying all the elements that would allow its disproval, that the results the empiric or project–related research can be put at the disposal 1 See Eco (1985).

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Scienza e valutazione del progetto

of all the members of the community in question, particularly the members of the scientific community. We are interested that the stakeholders involved in the building and/or planning process have the possibility to intervene in the entire cognitive operation , evaluating the development in terms of coherence, pertinence, and relevance, both within quantitative and qualitative objectives tied to the modification of the reality and in the project or plan making process. On this matter, Popper states that the task of the scientist is not to consider his own ideas as an absolute truth, but, rather, as simple working hypotheses, conjectures to be considered valid until they are disproven: furthermore, his/her working methods must incorporate the construction of instruments which tend to favour the disproval of such theories more than favouring them. On the bases of such assumptions, nowadays widely accepted, the contemporary scientific operator (and, we wish to add, the project maker and the planner) must refute all dogmatic stances and systematically search for the consequences of his/her theoretical hypothesis that have a larger chance to result wrong. These assumptions can lead us to consider unacceptable the traditional opposition between a theoretical objectiveness, which would be proper in “true science”, and a world of subjectivity and intuition that characterizes creative actions (particularly project related ingenuity). This can strengthen the conviction that, in his/her work, a project maker must face and attempt to overcome a universally recognized problem. In particular, project making, especially when aiming at innovative objectives (which can relate both to educational processes and to their products), can legitimately be considered as a scientific operation. In doing so we aim at investigating and testing the conditions allowing the transition of an object from a theoretical and hypothetical stage to physical reality. We can therefore state that, essentially, the task of a project maker is a theoretical invention which proposes a selection and a particular use of available resources aiming at modifying, on the bases of specific objectives, the physical organisation of a given territory. New or freshly made objects can, by modifying with their existence the previous layout of the physical space, allow the satisfaction of both practical and symbolic requirements. The same progressive definition of the project/plan building problem constitutes an introductive condition that is necessary in order to evaluate the adequacy of the hypothesis formulated according to the validity of the solution accepted, as well as the efficiency and correctness of the applied methodology. The validity of the cognitive operation carried out by project makers, as well as by scientific researchers (conceived in modern terms) will then stem from his/her ability to implement the preconditions and the value judgements constituting the basis of the project hypothesis, by clearly defining the reasons that have led to a particu-

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lar solution. In sum, it leads to a methodology that offers the possibility of a punctual verification of the possible final results of the project itself. It is a modality of project making that, in each of its phases ( and applying the famed epistemological definition), can be identified as a methodology of project disproval. In other words, a methodology able to reveal in what measure the events, on which a plan or a project have identifiably based their hypothesis, are bound to happen in the course of the implementation process thereby allowing the physical construction – or the implementation of a plan – to achieve all practical and symbolic aspects of the objectives included in the hypothesis, using a specified amount of resources in the process. THE ROLE OF EVALUATION IN PROJECT/PLAN MAKING If we adopt the hypothesis of an immanent scientific dimension in project/plan making methodology, it should then be possible to identify the roles that evaluation disciplines could play in the process. We do not underestimate the importance of the evaluations carried out “ex ante” if we have to investigate the opportunity to make a project/plan when the characteristics and objectives are established “ex post”. However, if the coherence between the evaluations “ex ante” and “ex post” is a necessary condition, it cannot be considered as a sufficient one. More importantly, the project/plan making process must be subject to the same levels of coherence and consequentiality. The evaluation process can express all of the potentialities and achieve all of the objectives assigned only when it is inbred within the process itself and, consequently, incorporated into the same methodology integrating the participatory character. THE COLLECTIVE CHARACTER OF PROJECT/PLAN MAKING We have already pointed out that, by acquiring new contents and scope, project/plan making has become increasingly complex, so that the composition of working teams tend to include specialists having an increasing number of professions and specializations. By the same token, the process is enriched by a number of external interlocutors, whose intervention in the project/plan process has increased. For this reason, producing a project/plan nowadays implies to confront oneself with others; the quality of the outputs stems just from the ability to connect numerous competences and operate an intelligent and creative synthesis. More specifically, the problem is to adopt and use other subjects’ ideas and to stimulate their innovation and inventive abilities. For this reasons, it is necessary that the project/plan makers avoid to follow pre-conceived and tightly defined ideas (particularly images); on the contrary, we must get accustomed to considering a large number of alternative hypothesis, that have to be systematized and put under discussion as an inevitable and qualifying trait of the project/plan making methodology incorporating some transparent elements of validation or disproval.

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Following this line of thoughts, we think ourselves justified in stating that in the implementation phase, project/plan control and evaluation cannot be delegated to external subjects, no matter how authoritative they may be. Evaluation must be embedded in the choices made within a team that have adopted an operational methodology fully acknowledged by all its members and founded on discussion criteria. It is evident that a methodology of this type, cannot be defined “once for all” but should be outlined only in its general traits: its “fine tuning” constitutes, for the fans of the evaluation sciences, a fascinating field of theoretical research as well as of operational testing. On the contrary, once these general features have been adopted, the specific project management carried out by the team should be based on the specific characteristics of the context and on the objectives and aims on which the project/plan are based. This should be the team’s most important output and proves to be increasingly efficient if it is assembled with the consensus of the “external” stakeholders involved in the project/plan (at least those who have contributed more significantly to the process). THE COGNITIVE FUNCTION OF PROJECTS AND PLANS The cognitive aspect leads to a progressive knowledge of the project/plan and constitutes a powerful instrument that allows gathering knowledge of the reality on which the intervention is based. As a matter of fact, if the process of knowledge-gathering related both to the object of the

project/plan and to the operating context of the process, proceeded in a coordinated way, then it would make it possible to create a synergy that improves specific results of both aspects. We can then cast the hypothesis that introducing evaluation in the entire process, creates a stimulus for this synergy to be confirmed and increased. In many countries, we can reasonably foresee that, in the future, the construction of new human settlements will continue to shrink both in dimension of individual interventions and in their global size. Bernardo Secchi observed that town, territory and spaces, where we will live in the next decades, have already been built; we will not easily get rid of them, not only in physical terms, but on the conceptual side as well. This seems to be a field of possible alternative experiences, that can only make sense through continuous change. In this sense, the territory and the future town will be, above all, made by existing materials to which it has been added something that reinterprets them, and, by acting on their junctures, would somehow reinvent them. The modification of an urban tissue or the configuration of a historically consolidated territory cannot stem from an objective logical apparatus, such as the one constituted by functionalist thinking2. Such a rule should be deduced from the very objects that are part of the intervention, and from their interrelation: “the rule is in the text”. 2 See Secchi (1983).

key words: design and planning methologies, subjectivity vs objectivity, evaluation process

* Il Curriculum Vitae è disponibile sul n. 3 di Valori e Valutazioni.

Note bibliografiche 1 POPPER K.R., Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Tori-

no 1978. 2 ECO U., Sugli specchi e altri saggi, Bompiani, Milano 1985,

p. 179. 3 FATTINNANZI E., “La questione tipologica”, introduzione al

volume Progetti di edilizia residenziale. La riqualificazione urbana, DEI, Roma 2000, p. 10. 4 ECO U, op. cit., p. 178. 5 POPPER K.R., Logica della ricerca scientifica, Einaudi, Torino 1973. 6 FATTINNANZI E., Per una metodologia di ricerca in architettura, Icaro, 1992. 7 FATTINNANZI E., “La questione tipologica”, op. cit., p. 12. 8 MONDINI G., La valutazione come strumento di conoscenza per il progetto, Valori e valutazioni, n. 3, 2009. 9 SECCHI B., Piccoli centri, Casabella, n. 497, Dicembre 1983, p. 24. 10 BILÒ M., Tipo e forma nell’architettura, Gangemi, Roma 1989, p. 8. 11 SRAFFA P., “Le leggi della produttività in regime concorrenziale”, Nuova collana di Economisti, vol. IV.

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12 SHUMPETER J., Capitalismo, socialismo e democrazia, Comunità, 1955, capitolo VII. 13 SYLOS LABINI P., Oligopolio e progresso tecnico, Einaudi, Torino 1972 (per quanto attiene la forma differenziata pp. 3839, 87-90, 229-230; per quanto attiene l’oligopolio misto pp. 40-42, 89-90). 14 Gli atti dei lavori della commissione scientifica nominata dalla Regione formata da: N. Sinopoli (responsabile), C. Comani, M. Costantino, E. Fattinnanzi, G. Magoni, G. Trippa, R. Mascellani, I. Cicconi sono stati editi da Franco Angeli nel 1982. Tra i diversi volumi particolare rilevanza nell’economia di questo scritto sono: • Prescrizioni tecniche: criteri di progettazione, la costruzione e il collaudo degli organismi residenziali. • La qualità dell’abitare: domanda abitativa, esigenze, situazione produttiva risorse, standard. • Organismo abitativo e alloggio: indirizzi per la progettazione. 15 FATTINNANZI E., BENTIVEGNA V., L’insediamento residenziale: criteri, norme ed indirizzi per la pianificazione e la progettazione. Studi per la NTR della Regione Toscana, Alinea, Firenze 1987.

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ESPERIENZE

SOUTH BANK/LONDON

Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa Saverio Miccoli*

parole chiave: Londra - south bank, aree urbane degradate, processi di trasformazione urbana, progetti di riqualificazione urbana

Abstract Nel corso dell’ultimo secolo l’area di South Bank, a seguito di una serie d’interventi di rigenerazione, si è progressivamente trasformata da sede d’industrie e di alloggi per la classe operaia in uno dei più grandi distretti culturali europei sede di una grande concentrazione di centri culturali e per il tempo libero, con musei, cinema, teatri e sale da concerto. Il saggio ricostruisce la storia di una trasformazione urbana avviata nella prima metà del Novecento. L'iniziativa ha portato alla creazione di uno dei maggiori centri londinesi per la cultura e le arti, mediante lo sviluppo di programmi di riconversione dell’area per la realizzazione di uffici e servizi. Negli anni ’80 si andò rafforzando la tendenza a trasformare l’area a fini prevalentemente residenziali, pianificando la costruzione di nuove abitazioni al fine di stimolare il ripopolamento della zona. Nell’arco dell’ultimo ventennio, nell’area di South Bank, sono stati avviati un numero ingente d’investimenti, pubblici e privati, indirizzati all’eliminazione del degrado, alla nuova produzione edilizia e alla riconfigurazione delle valenze paesaggistico-ambientali. A questi vanno aggiunti gli impegni assunti per i nuovi poli di attrazione, per la riconversione dei complessi industriali dismessi e per la riduzione del traffico veicolare e rafforzare il collegamento tra South Bank e i centri culturali e turistici della riva nord del Tamigi e, in generale migliorarne la connessione con il resto della città. Nel corso dell’ultimo secolo, South Bank ha condiviso la

BACKGROUND L’area di South Bank, nel suo nucleo storico, è situata lungo la riva del Tamigi, di fronte alla City e a Westminster e

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questione delle grandi aree in crisi presenti in molte delle città europee. Centralità geografica e prospicienza sul Tamigi sono diventati i “determinanti” del nuovo assetto urbanistico di South Bank. La nuova identità di South Bank è fondata sulla qualità dei servizi e dell’ambiente, sull’estetica degli spazi e dei beni architettonici, sull’interazione e la valorizzazione sociale, sulla produzione ideativa, innovativa e immateriale. Lo scritto evidenzia la mancanza di un programma unitario e che l’intera trasformazione sia il risultato della realizzazione di una serie di singoli progetti, sostenuti da diverse fonti di finanziamento. Oggi l’area di South Bank è divenuta più sicura e vivibile, tanto per i residenti che per i turisti e i visitatori occasionali. Nel perseguire un radicale cambiamento d’immagine e di mentalità, South Bank si è ridefinita come luogo di forte identità, ben correlato con le zone limitrofe e in grado di generare benefici per la comunità locale in termini di occupazione, accessibilità, alloggi e servizi. Relativamente al mercato immobiliare i valori risultano dall’effetto di due sollecitazioni contrastanti: da una lato un rilevante effetto sull’incremento dei prezzi immobiliari è dovuto all’influenza di vari fattori, quali l’apertura di una nuova linea metropolitana, la riqualificazione degli spazi pubblici e la creazione dei nuovi poli di attrazione turistica, da l’altro la costruzione di alloggi economici ha esercitato, entro certi limiti, una funzione calmierante dei prezzi in ambito locale.

tra Lambeth Bridge e Blackfriars Bridge; è delimitata a sud da Lambeth Road, Hercules Road, Baylis Road e The Cut. Nel tempo, la sua influenza e suoi contorni si sono progressivamente allargati al territorio circostante (Figg. 1 e 2).

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ESPERIENZE

Figura 1 - Localizzazione di South Bank sul territorio londinese

Attualmente è nota per essere sede di una grande concentrazione di centri culturali, per il tempo libero e l’intrattenimento, con musei, cinema, teatri, sale da concerto ecc. Nel diciottesimo secolo l’area era stata utilizzata come sito industriale, in ragione della vicinanza al fiume, della presenza di moli e banchine, della disponibilità di vaste aree verdi, che caratterizzavano il sito e si adattavano ad essere progressivamente trasformate. Nel diciannovesimo secolo, la costruzione di nuove industrie, di ponti e della stazione di Waterloo portarono un aumento di popolazione – cresciuta fino a centomila abitanti – che rese l’area di South Bank congestionata e malsana. Nell’ultimo secolo, la mancanza di una strada lungo il fiume e la presenza al suo interno di molti siti degradati ne hanno stimolato la complessiva rigenerazione estesa anche alle zone limitrofe. L’area di South Bank, da sede d’industrie e di alloggi per la classe operaia, è progressivamente divenuta uno dei più grandi distretti culturali europei. Grazie al South Bank Centre, attrae milioni di visitatori l’anno e risulta tra le zone londinesi di maggiore e rapida trasformazione.

LE PRIME INIZIATIVE DI RIGENERAZIONE Sin dall’inizio del 1900 South Bank è stata oggetto di svariate iniziative di rigenerazione. La prima risale al 1915, quando si tentò di rivitalizzare quest’area centrale, ma ormai in degrado, localizzandovi la sede del London County Council. Era chiaro lo scopo di stimolare l’intervento degli investitori privati, i quali - tuttavia - iniziarono a mostrare un effettivo interesse solo alla fine della seconda guerra mondiale.

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Al termine del conflitto bellico fu varata una più convinta iniziativa di rinnovo urbano. La maggior parte delle abitazioni danneggiate dai bombardamenti furono demolite, al fine di utilizzare l’area come sede per il Festival of Britain. La manifestazione si tenne nel 1951, a cento anni dall’International Exibition e dalla realizzazione del celebre Crystal Palace. Il Festival of Britain prevedeva l’installazione di padiglioni destinati a funzioni sociali e di alcune attrezzature temporanee, quali lo Skylon e il Dome of Discovery. Nel 1953 il London County Council acquistò, al costo di 48.000 sterline ad acro, circa metà dell’area di Coin Street, la quale – successivamente - rientrò nella giurisdizione del Greater London Council. Nel 1955 South Bank fu individuata come “Comprehensive Development Area”. Essa comprendeva tutto il distretto di Waterloo, tra la stazione e il fiume, e circa un quarto delle aree residenziali a sud di Stamford Street. Negli anni ’60, a seguito del Festival of Britain, l’area di South Bank cominciò a svilupparsi come uno dei maggiori centri londinesi per la cultura e le arti (South Bank Arts Complex). In questo periodo furono costruiti alcuni importanti edifici, tra questi la Royal Festival Hall, il Royal National Theatre, la Queen Elizabeth Hall e la Purcell Room. Ancora negli anni ‘60, in ragione di un significativo incremento della domanda per uffici nelle aree di Westminster e della City e a causa della non immediata disponibilità di suoli edificabili nelle medesime zone, vari programmi di sviluppo puntarono su South Bank per convertirla da area industriale e residenziale della classe operaia ad area di espansione per la realizzazione di uffici e servizi. Nel 1969 il “Great Lon-

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Figura 2 - South Bank Wider Area - Fonte: www.sbeg.co.uk

don Development Plan” indicò South Bank come sede ideale per tali destinazioni.

IL DIFFICILE AVVIO DEGLI INTERVENTI DI SVILUPPO NELL’AREA DI COIN STREET Agli inizi degli anni ’70, intorno all’area di Coin Street s’iniziò ad avere un primo sviluppo di attrezzature e di attività commerciali, il quale – però – non produsse i risultati sperati. Ne

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furono esempio il progetto del Melia Buckley Hotel, situato lungo le rive del Tamigi, e il progetto della Heron Corporation, che prevedeva l’edificazione di un altro hotel dietro il National Theatre. Infatti, tra il 1973 e il 1974, la crisi petrolifera si ripercosse negativamente sulla dinamica del mercato immobiliare londinese, incidendo sia sul Melia Buckley Hotel, rimasto incompleto e successivamente trasformato in uffici, sia sul progetto della Heron Corporation, non più costruito. La situazione contribuì a diminui-

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ESPERIENZE re l’interesse per lo sviluppo commerciale dell’area anche a causa della sua posizione marginale rispetto ai siti privilegiati dal mercato immobiliare londinese. Costituì un’eccezione la realizzazione dello Shell Centre, della LWT Building e della IPC Tower. Sempre in questi anni, vi fu un altro tentativo per avviare lo sviluppo di South Bank, quando la Heron Corporation e la Vestey Company Commercial Properties tentarono, senza riuscirci, di edificare sul sito di Coin Street un hotel-grattacielo, di circa 140 metri, e superfici edilizie destinate ad uffici, per oltre 130.000 metri quadri. L’area di Coin Street, collocata tra Waterloo Bridge e Blackfriars Bridge ed allora di proprietà della Vestey Company e del Greater London Council, si estendeva per circa 13 acri. Un’ulteriore iniziativa – centrata sulla costruzione di uffici – fu avviata dalla Greycoats London Estates Limited. La sua ipotesi d’intervento produsse forti contrasti con i residenti nell’area di Coin Street, i quali, nel 1974, avviarono una campagna contro la realizzazione del progetto, riuscendo ad impedirne l’attuazione. Gli stessi residenti, peraltro, avevano costituito la Coin Street Action Group, con l’intenzione di promuovere un proprio progetto alternativo e che consisteva nella costruzione di 360 alloggi, di negozi e servizi, di un percorso e un parco lungo la riva del fiume. Nel 1977 il Greater London Council – autorità competente per la pianificazione della South Bank Comprehensive Development Area – approvava la realizzazione di 200 alloggi. Nel 1979 fu aperta una public inquiry1 per valutare le proposte progettuali della Coin Street Action Group e della Greycoats London Estates Limited. In questa fase la Greycoats acquisì la proprietà di alcuni suoli – per circa due milioni di sterline – e modificò l’idea iniziale proponendo un nuovo progetto, redatto da Richard Rogers, per l’intera area di Coin Street (Fig. 3). Il nuovo progetto era costituito da torri per uffici di diversa altezza, lungo la riva del Tamigi. Veniva previsto un milione di Sq Ft di uffici, 200.000 Sq Ft di alloggi, 185.000 Sq Ft di negozi, oltre a light industrial workshops, servizi per la collettività

1 La public inquiry è una revisione ufficiale di eventi o di azioni riguardanti specifiche tematiche. Promossa da un organismo governativo, accoglie testimonianze e conduce udienze in forum aperti al pubblico. Organizzazioni sociali e singoli membri della collettività hanno la possibilità sia di formulare richieste e osservazioni scritte sia di ascoltare le altre parti concorrenti. Il Planning Inspectorate – Agenzia del Department for Communities and Local Government – convoca abitualmente public inquiry su piccoli e grandi interventi di trasformazione urbana o territoriale, comprese le opere relative a infrastrutture di trasporto. Gruppi di pressione e gruppi di opposizione politica di solito richiedono la public inquiry per una molteplicità di questioni, che solo parzialmente vengono accolte dall’istituzione governativa, anche in ragione dei tempi e dei costi necessari per istituirla e realizzarla. Le conclusioni di una public inquiry vengono riportate in un rapporto scritto che viene prima consegnato all’amministrazione e poi pubblicato. Il rapporto, in genere, contiene raccomandazioni finalizzate a migliorare la gestione delle azioni o degli eventi considerati da parte della pubblica amministrazione.

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e spazi pubblici. Appare evidente come la proposta della Greycoats privilegiasse obiettivi commerciali, quantunque includesse opere destinate ai bisogni sociali. Nel giugno del 1980 la valutazione delle due ipotesi d’intervento sancì che la soluzione “ad uffici” fosse sopradimensionata e che quella “residenziale” non sfruttasse al meglio le potenzialità del sito. Pertanto, entrambe le iniziative furono rifiutate. Il gruppo di residenti nell’area di Coin Street decise di non accettare alcun compromesso, preferendo formulare una nuova proposta basata sulla costruzione di un maggior numero di alloggi. Allo stesso tempo, Greycoats e Commercial Properties, univano le loro forze per formare la Greycoats Commercial Estates Limited. Anch’essa formulò un nuovo progetto di sviluppo. Nel 1981 si ebbe una seconda public inquiry che nell’anno successivo portò all’approvazione di entrambe le proposte. Ma la Greycoats, già proprietaria di metà dell’area d’intervento e in attesa solo di ottenere i permessi per la demolizione del vecchio edificio industriale dell’Oxo Tower, immobile che insisteva sull’area di progetto, a seguito della caduta della domanda di uffici e a causa della persistente opposizione della comunità locale, decideva, nel 1984, di rinunciare alla realizzazione del progetto e di vendere al Greater London Council i 6,5 acri di sua proprietà per 2,7 milioni di sterline.

L’AZIONE DELLA COIN STREET COMMUNITY BUILDERS Nel 1981 South Bank era stata classificata come “Community Area”. E il Greater London Council, che inizialmente aveva appoggiato l’ipotesi di sviluppare South Bank come zona ad uffici, dopo il 1981 manifestò la preferenza per il progetto della comunità locale. E in tal senso andavano le indicazioni del rapporto “The Future of the South Bank Wider Area” – predisposto dallo stesso Greater London Council – le quali miravano a contenere lo sviluppo di South Bank basato sulle attività commerciali. Al contrario, si riteneva che l’area dovesse servire, principalmente, per la costruzione di alloggi e per lo sviluppo di attività produttive di sostegno agli stessi. Nel 1983 venne formato per la Coin Street il Joint Advisory Committee, costituito dai rappresentanti del Greater London Council, del Borough di Lambeth, del Borough di Southwark e dell’Association of Waterloo Groups. La Coin Street Community Builders acquistò, nel giugno 1984, l’intera area dal Greater London Council, per sole 750.000 sterline. Il prezzo dell’area era stato scontato in considerazione della proposta non speculativa della comunità locale che prevedeva la realizzazione di residenze, spazi pubblici ecc.. Va ricordato che, ancora negli anni ottanta, i siti degradati di South Bank – in particolare la Bull Ring e dintorni – venivano usati come fissa dimora dai “senza tetto”. La Coin Street Community Builders era stata fondata nel 1984 come company limited by guarantee, senza fini di lucro, per sostenere la rigenerazione economica e sociale

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Figura 3 - Piano Greycoats – Fonte: Richard Rogers Partnerships

di South Bank. La società aveva la totale proprietà dell’area di Coin Street e provvedeva anche allo sviluppo dei siti non residenziali, i quali – successivamente – sarebbero stati gestiti dalla South Bank Management Services. Principale obiettivo della Coin Street Community Builders era quello di pianificare la costruzione di 400 nuove abitazioni, per 1.300 persone, al fine di stimolare il ripopola-

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mento della zona. Infatti, la popolazione all’interno di South Bank era passata da cinquantamila abitanti, subito dopo la guerra, a circa quattromila, negli anni settanta. Le aree destinate allo sviluppo residenziale furono date in concessione alla Coin Street Secondary Housing Co-operative (CSS). Con questa operazione la Coin Street Community Builders s’inseriva tra i più grandi Development Trust d’Inghilterra.

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ESPERIENZE Tra il 1984 e il 1988 la società programmò la demolizione di vecchi edifici, il completamento della passeggiata lungo il fiume, la creazione dei Bernie Spain Gardens e del Gabriel’s Wharf Market. Inoltre, predispose la trasformazione dell’Oxo Tower Wharf in abitazioni sociali, negozi e ristoranti (Box 1) e la costruzione di 220 abitazioni per quattro “fully-mutual” Housing Co-operatives (Box 2). Nel 1985, il South Bank Art Complex, inizialmente gestito dal Greater London Council, venne rinominato South Bank Centre e messo sotto il controllo della South Bank Board Limited, che agì come corporate trustee unico della South Bank Centre Charitable Foundation. Nello stesso anno l’architetto Terry Farrell sviluppò un progetto per il South Bank Centre, su un’area di 27 acri compresa tra la County Hall e il Royal National Theatre.

Street Community Builders con la South Bank Employers’ Group, e sostenuto dal Sindaco, dalla Cross River Partnership e dalla Transport for London. Con l’obiettivo di creare aree pubbliche d’intrattenimento lungo il Tamigi, tra il 1984 e il 1988, la Coin Street Community Builders (CSCB) ha organizzato la demolizione di edifici abbandonati, il completamento della River Side Walk (tra il National Theatre e la Sea Containers House) e la realizzazione di un nuovo parco fluviale, Bernie Spain Gardens. La River Side Walk ha aperto nuove prospettive sul paesaggio urbano. Negli ultimi anni ha beneficiato di una nuova espansione e, nel 2005, di un nuovo sistema di illuminazione e di piantumazione. È anche location per l’annuale Coin Street Festival e The Mayor’s Thames Festival.

LA RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE DI SOUTH BANK

UN MIX DI FORME, RISORSE, STRUMENTI E SOGGETTI PER L’ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI

La Coin Street Community Builders è andata sviluppando la propria attività ricercando la collaborazione di altri soggetti, quali il South Bank Employers’ Group e le istituzioni locali. Il South Bank Employers’ Group (partnership not-for-profit) era stato creato nel 1991 da un piccolo gruppo di operatori economici. Si proponeva di migliorare la qualità della vita dei residenti, dei lavoratori locali e dei turisti con una serie di progetti di riqualificazione ambientale e di iniziative artistico-sociali, avendo cura di coinvolgere le diverse organizzazioni locali. Tra il ’92-‘93 aveva incaricato il gruppo Ove Arup di studiare i problemi inerenti la viabilità e il gruppo Llewelyn-Davies and Imagination di proporre un progetto strategico (Urban Design Strategy). Era il 1994 quando fu pubblicato il “South Bank Environmental Improvement Report” che descriveva South Bank come un’area destrutturata, priva di servizi e difficile da vivere, ma che poteva essere migliorata approntando un certo numero di progetti strategici finalizzati a rendere il luogo sicuro, attraente e ambientalmente sostenibile. Il “South Bank Environmental Improvement Report” fissava le principali linee d’intervento, connesse alle esigenze di conferire una nuova identità all’area, di rigenerare gli ambiti degradati, di rifunzionalizzare e ampliare il trasporto pubblico e le aree pedonali, di massimizzare le opportunità offerte dalla riverside walkway e dalle aree a verde (Box 3 e Box 4). Alcune delle proposte contenute nel Rapporto furono alla base del reperimento di fondi pubblici e privati da parte della South Bank Employers’ Group, del Lambeth Council e della Cross River Partnership. Uno dei primi progetti prevedeva la ricostruzione della spine route lungo l’Upper Ground, ovvero la strada principale per il commercio e le attività culturali, trasformata in boulevard con nuove superfici pavimentate e arredi urbani per una migliore vivibilità di South Bank. Un’altra iniziativa prevedeva l’introduzione di un nuovo servizio di trasporto per collegare tra loro South Bank, Bankside, il Covent Garden e la Torre di Londra; inaugurato nell’aprile del 2002, questo servizio era stato promosso dalla Coin

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Sulla base di una proposta elaborata dal South Bank Employers’ Group, fu stabilito che il fondo necessario alla realizzazione di una fascia di progetti fosse costituito per i 2/3 da finanziamenti pubblici e per 1/3 da finanziamenti privati. Per la quota pubblica si faceva ricorso al Single Regeneration Budget che, introdotto nei primi anni ‘90, era un programma specifico del Governo per finanziare i principali interventi di rigenerazione urbana. Nel febbraio 1995 si formò la South Bank Partnership public/private sector partnership - composta da membri della South Bank Employers’ Group e da rappresentanti del Governo centrale, dei Governi locali (parlamentari, consiglieri di Lambeth e Southwark, altre autorità locali) e degli employers del luogo (tra cui Ernst and Young, IBM, Shell e Sainsbury’s). La South Bank Partnership era nata per controllare e monitorare le iniziative di rigenerazione dell’area, per promuovere progetti atti a reperire fondi pubblici e privati, per valutare ex post i miglioramenti ambientali effettivamente derivati dall’Urban Design Strategy di LlewelynDavies and Imagination. I suoi principali obiettivi consistevano nella riqualificazione dell’ambiente e delle infrastrutture locali e nell’accrescere l’occupazione e la sicurezza della comunità. La South Bank Partnership era collegata alla Cross River Partnership, la quale riuniva alcune tra le maggiori istituzioni di Londra (London Transport, Government Office London, Port of London Authority, London Tourist Board) e i Governi locali di ambiti territoriali posti su entrambe le rive del Tamigi (Westminster, City, Lambeth, Southwark). Questo legame avrebbe favorito l’azione di rigenerazione urbana di South Bank avviata con fondi molto limitati. La Cross River Partnership, infatti, riuscì a convogliare 97 milioni di euro provenienti dal Single Regeneration Budget Round 3. È certo, però, che l’impatto economico complessivo degli interventi di rigenerazione di South Bank sia difficile da valutare a causa della mancanza di un programma unitario, situazione che ha dato luogo alla realizzazione di una

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SOUTH BANK/LONDON - Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa BOX 1. OXO TOWER WHARF La Oxo Tower era un vecchio edificio industriale del 1930, che dopo il 1970 cadde in rovina e fu in gran parte abbandonato. Nel 1990 la Coin Street Community Builders (CSCB) iniziava un importante progetto di ristrutturazione per trasformare l’edificio in un centro con abitazioni, uffici, studi di design e botteghe artigiane, negozi specializzati, ristoranti, gallerie e spazi espositivi. Il progetto di ristrutturazione di Lifschutz-Sandilands Davidson prevedeva un costo di 20 milioni di sterline ed era finanziato dalla CSCB, dalla Housing Corporation, dall’English Partnership, dalla Hambros Bank e dalla Nationwide Building Society. Sin dalla sua apertura al pubblico nel 1996 Oxo Tower Wharf ha attirato una vasta gamma di visitatori. Oxo Tower Wharf ha avuto dalla Royal Art Commission / BSkyB il riconoscimento di “Building of the Year ” per il rinnovamento urbano nel 1997.

serie di singoli progetti sostenuti con diverse fonti di finanziamento. I principali progetti (Box 5) hanno avuto un investimento pubblico e privato stimato, al 2000, in 310,6 milioni di euro. Una gran parte di tali progetti è stata finanziata parzialmente (per 97 milioni di euro) mediante il Single

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Regeneration Budget Round 3, relativo al periodo 19972000. Per la costruzione degli alloggi si è fatto ricorso ad istituti di credito e a sovvenzioni dell’Housing Corporation Grant. Gli spazi pubblici sono stati sovvenzionati con fondi provenienti dal Single Regeneration Budget, dalle

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ESPERIENZE BOX 2. IROKO HOUSING CO-OPERATIVE La Iroko Housing Co-operative rientra negli interventi di riqualificazione di Coin Street, area centrale di South Bank, sviluppatasi grazie alla partecipazione attiva della comunità locale e ad un mix funzionale di alloggi sociali, servizi, laboratori, spazi pubblici ed attività ricreative e culturali. La Iroko è una cooperativa edilizia promossa dal Coin Street Community Builders (soggetto leader della comunità di Coin Street), al fine di soddisfare i bisogni socio-abitativi dei residenti e di promuovere la sperimentazione di nuove forme dell’abitare sostenibile. L’intervento è costituito da alloggi sociali in proprietà indivisa: gli alloggi sono di proprietà dell’intera comunità (nessuno dei soci ha diritto di acquisto) e vengono assegnati in godimento a tempo indeterminato ai membri della cooperativa, che hanno la responsabilità di prendere parte attiva alla gestione del complesso residenziale e alle decisioni della comunità. Oltre all’originalità del modello gestionale, che potenzia la rete di rapporti sociali dei residenti, il progetto si caratterizza sia per la varietà tipologica che per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Il complesso è costituito da 59 unità, di cui 32 sono appartamenti, 6 maisonnettes e 21 mono/bilocali (tra cui anche uno per un disabile in carrozzella), che si sviluppano attorno ad un cortile-giardino interno. Al piano seminterrato è ubicato un parcheggio pubblico e al piano terra negozi e un parcheggio per i residenti di 21 posti macchina. Il costo totale dell’intervento è stato di £ 14,5 milioni finanziati da: – Housing Corporation (£ 5,5m); – SRB Challenge Fund (£ 0,33m); – CSS (£ 2,67m); – Coin Street Community Builders (£ 6,0m). Il complesso è stato inaugurato nel 2002.

Amministrazioni locali, dalla National Lottery e dalla capacità di autofinanziamento del progetto. Le infrastrutture di trasporto sono state finanziate con fondi pubblici.

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È da segnalare che il cambiamento verso un’immagine riqualificata di South Bank ha innescato diversi investimenti privati. Sotto questo profilo costituiscono un esempio quelli

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SOUTH BANK/LONDON - Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa BOX 3. RIVER SIDE WALK Con l’obiettivo di creare aree pubbliche d’intrattenimento lungo il Tamigi, tra il 1984 e il 1988, la Coin Street Community Builders (CSCB) ha organizzato la demolizione di edifici abbandonati, il completamento della River Side Walk (tra il National Theatre e la Sea Containers House) e la realizzazione di un nuovo parco fluviale, Bernie Spain Gardens. La River Side Walk ha aperto nuove prospettive sul paesaggio urbano. Negli ultimi anni ha beneficiato di una nuova espansione e, nel 2005, di un nuovo sistema di illuminazione e di piantumazione. È anche location per l’annuale Coin Street Festival e The Mayor’s Thames Festival.

impiegati per la trasformazione di alcuni edifici da uffici ad appartamenti di lusso (Shell Headquarters) e quelli per la riconversione della County Hall. Va anche ricordato che il mercato immobiliare ha presentato alcuni aspetti contraddittori. Da una parte i prezzi degli immobili sono risultati tra i più elevati di Londra, data la vicinanza di South Bank alla City e Westminster; dall’altra,

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la Coin Street Community Builders, promuovendo la costruzione di alloggi economici, entro certi limiti ha esercitato una funzione calmierante dei prezzi in ambito locale. Comunque, non va dimenticato che un effetto rilevante sull’incremento dei prezzi immobiliari è stato prodotto dalla concomitanza di altri fattori, quali: l’apertura della nuova linea metropolitana Jubilee Line Extension, che ha migliorato i collegamenti tra South Bank e le altre zone centrali

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ESPERIENZE BOX 4. JUBILEE GARDENS I Jubilee Gardens sono stati creati nel 1977 per celebrare il Queen’s Silver Jubilee. Nel 2000 si è concluso un primo intervento di riqualificazione, finanziato con fondi pubblici e privati. Negli ultimi dieci anni le condizioni dei giardini erano peggiorate, anche a causa di una maggiore frequentazione prodotta della costruzione della Jubilee Line e dell’Hungerford Bridge. Rappresentanti della comunità locale, imprese, autorità e il South Bank Centre hanno unito le forze per gestirne la riqualificazione. Il progetto di riqualificazione, guidato dal Jubilee Gardens Steering Group, ha l’obiettivo generale di creare un world-class park, sostenibile ed in grado di attrarre non solo i residenti ma anche i turisti. Il progetto è stato promosso da un gruppo direttivo, costituito nel 2003, a cui partecipano rappresentati della comunità e delle attività commerciali locali. Il gruppo è coordinato dal South Bank Employer’s Group. Nel 2008, alla fine di una selezione tra diversi progetti, è stata scelta la proposta di un parco biologico dello studio West 8. Tale scelta è stata sostenuta dalla comunità locale, che ha partecipato attraverso un processo di consultazione. Alla comunità locale è stata data l’opportunità d’incontrare ognuno dei gruppi di progettisti selezionati e di valutarne le proposte, sulla base di una serie di criteri. Si prevede che la presentazione del progetto definitivo avvenga entro la fine del 2010, dopo un’ulteriore fase di consultazione con tutti i soggetti interessati, compresi i residenti, i lavoratori e le imprese operanti nella zona.

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SOUTH BANK/LONDON - Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa Box 5. PrinciPali e Più recenti Progetti nell’area di South Bank • Broadwall Housing Il progetto, redatto nel 1994, consiste nella realizzazione di 27 appartamenti (coop flat). • Spine Route, South Bank Signage e Banners Progetto di trasformazione della strada principale in un boulevard per commercio e attività culturali, finanziato con 12 milioni di euro provenienti da varie fonti. • Closed Circuit Television Sistema di sicurezza degli edifici e degli spazi all’aperto, finanziato dal South Bank Employers’ Group e dal Lambeth Council con 7,9 milioni di euro.

minato nel 2000 con 1,5-3 milioni di euro provenienti da fondi privati e pubblici; un nuovo progetto è stato programmato nel 2008 e ne prevede l’elaborazione definitiva per la fine del 2010. • Riverside walk Ampliamento del percorso lungo la riva del Tamigi finanziato parzialmente dal fondo monetario SRB Challenge Fund. • Iroko Housing Co-operative Il progetto, completato nel 2000, consiste in 59 case per 350 persone. Il finanziamento proviene da varie fonti.

• Imax Cinema Auditorium da 500 posti di proprietà del British Film Institute. Completato nel 1999, è stato finanziato con 30 milioni di euro provenienti principalmente dalla National Lottery.

• Oxo Tower Wharf Riconversione del vecchio edificio industriale in 78 appartamenti per 200 persone e attività commerciali. Il progetto è stato finanziato con 30 milioni di euro provenienti da varie fonti.

• King’s College London Waterloo Campus Il progetto è stato ultimato nel 1999 con un finanziamento di 60 milioni di euro provenienti dal Governo e dai fondi dell’Higher Education sources.

• Trasformazione del Royal National Theatre Realizzazione di una Theatre Square per gli eventi all’esterno, di una nuova entrata e di nuovi servizi; il tutto con finanziamenti provenienti dall’Arts Council Lottery Fund e da fondi privati per un totale di 61 miloni di euro.

• County Hall È stato trasformato in: Acquario, Namco Station Game Centre, London Marriot Hotel, Travel Inn Capital, centro benessere e divertimento “The Club”, Football Hall of Fame. • London Eye È una ruota panoramica alta 150 metri inaugurata nel febbraio del 2000 e finanziata con 28,5 milioni di euro provenienti dai fondi privati della British Airways. • Hungerford Bridge Collega South Bank con West End. La parte pedonale del ponte è stata realizzata nel 2000 ed finanziata con 30 milioni di euro provenienti da varie fonti. • La Hothouse Il progetto, ultimato nel 2002, consiste in una serie di servizi per la collettività finanziati con 217.500 euro, di cui 72.000 provenienti da SRB Challenge Fund Round 4. • New Jubilee Gardens Il progetto consiste nella realizzazione di spazi pubblici urbani; un primo intervento è stato ter-

della città; la riqualificazione degli spazi pubblici; la creazione dei nuovi poli di attrazione turistica. La Coin Street Community Builders ha proseguito la sua azione di sviluppo realizzando attrezzature, servizi e residenze (subsidised, cost-rent and market housing). Quattro cooperative abitative – Mulberry dal 1988, Palm dal 1994, Redwood dal 1995 e Iroko dal 2001 – gestiscono 220 nuove abitazioni esito di un elevato rapporto qualità/costo. La Coin Street Community Builders, al fine di migliorare la qualità della vita e incrementare il turismo, investiva più di 250.000 sterline all’anno per la manutenzione dei parchi e dell’area pedonale lungo il fiume.

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• La Waterloo Place Piazza pedonale adiacente alla Waterloo Station con una nuova stazione di autobus e piste ciclabili. Stanziati per la prima fase 12 milioni di euro. • South Bank Centre Gli interventi più recenti riguardano un edificio multifunzionale, completato nel 2006, e la riqualificazione della Royal Festival Hall, tra il 2005 e il 2007; inoltre, nel 2006 è stato autorizzato un parcheggio di servizio al centro e, più recentemente, sono stati proposti i lavori di conservazione della Hayward e della Queen Elisabeth Hall. • Doon Street I progetti d’intervento prevedono: un edificio per uffici con piazza; la nuova sede della Rambet Dance Company ed edifici per attività e scuole di danza; un complesso con 329 alloggi, piscina e centro sportivo. Le prime concessioni sono state rilasciate nel 2009.

A febbraio 2002 la South Bank Employers’ Group si è dotata di un nuovo Urban Design Strategy, piano strategico preparato dall’architetto Lifschutz Davidson insieme ad un gruppo di consulenti.

CARATTERE, PROSPETTIVE E BILANCIO DI UN’ESPERIENZA ESEMPLARE In definitiva, nell’arco dell’ultimo ventennio, a South Bank si sono avuti, o sono stati programmati, un numero ingente di investimenti puntuali, pubblici e privati, indirizzati all’eliminazione del degrado, alla nuova produzione edi-

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ESPERIENZE lizia (residenziale, commerciale e per servizi), alla riconfigurazione delle valenze paesaggistico-ambientali. A questi vanno aggiunti gli impegni assunti per i nuovi poli di attrazione, per la riconversione dei complessi industriali dismessi, per la riduzione del traffico veicolare (Box 6 e Box 7). Ulteriori investimenti hanno riguardato la vicina area della Bankside (nuova Tate Gallery, City Hall, Millennium Bridge), al fine di renderla più accattivante per i londinesi, che prima l’attraversavano solo per raggiungere la Royal Festival Hall, il National Theatre o la stazione di Waterloo. Nell’area del “Millennium Mile” (Fig. 4), tra il Westminster Bridge e il London Bridge, e che insiste in parte sulla South Bank) Fig. 5), e in parte sulla vicina Bankside, sono state eseguite più di trenta nuove iniziative. Un ruolo prioritario lo ha avuto l’azione di rafforzamento del collegamento tra South Bank e i centri culturali della riva nord del Tamigi, con l’intento di spingere turisti e visitatori ad “attraversare” il fiume. Il progetto per le passerelle pedonali sull’Hungerford Bridge risulta emblematico in tal senso (Box 8). Nel periodo più recente sono stati intensificati i progetti per la mobilità, in ragione sia di una migliore connessione di South Bank al resto della città sia delle esigenze di trasporto poste dal prossimo evento olimpico. Hungerford Railway Bridge venne aperto nel 1845 come ponte pedonale sospeso; nel 1859 venne acquistato da una compagnia ferroviaria che sostituì il ponte sospeso con una struttura in acciaio, costituita da nove archi, inaugurata nel 1864. Nel 2000 sono state realizzate due passerelle pedonali (dette Golden Jubilee Bridges), poste ai lati del ponte ferroviario, che, collegando in maniera diretta South Bank con West End, svolgono una funzione altamente strategica per lo sviluppo dell’area. Le passerelle, di oltre 300 metri di lunghezza, sono sospese tramite cavi a piloni d’acciaio inclinati. Il progetto è stato finanziato con 30 milioni di euro provenienti dalla Millennium Commission e da Westminster City Council, Railtrack, Single Regeneration Budget Challenge Fund e London Borough di Lambeth. Oggi l’area di South Bank è divenuta più sicura e vivibile, tanto per i residenti che per i turisti e i visitatori occasionali. Nel perseguire un radicale cambiamento d’immagine e di mentalità, South Bank si è ridefinita come luogo di forte identità, ben correlato con le zone limitrofe e in grado di generare benefici per la comunità locale in termini di occupazione, alloggi e servizi, accessibilità. Dal “Business Plan 2009-2012”, curato dal South Bank Employers’ Group, può trarsi – invece – il set di obiettivi rispetto al quale, nel breve termine, verranno finalizzati progetti e programmi d’intervento, e dai quali è possibile intravedere le linee evolutive di South Bank. In sintesi, emerge che, nel quadro della finalità generale tesa ad accrescere il benessere sociale nell’area, si punta specificatamente a perseguire il miglioramento dei livelli di qualità, sicurezza ed efficienza dei luoghi; il sostegno alle iniziative per la cultu-

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ra, lo sport e l’occupazione locale; il potenziamento dei servizi pubblici e dell’immagine attrattiva del sito. Nel corso dell’ultimo secolo, South Bank ha condiviso la questione delle grandi aree in crisi presenti in molte delle città europee. Tali problematiche - come nella gran parte dei casi - vanno ricondotte alla dismissione delle preesistenti attività produttive e alle conseguenti condizioni di disoccupazione, povertà, deficit ambientale ed esclusione sociale. Prima di avviare l’opera di riqualificazione, tra South Bank e il territorio circostante s’era creato uno iato, che non si limitava a sancire lo stato di enclave urbana degradata dell’area, bensì minacciava di condizionare negativamente lo sviluppo dell’intera città di Londra, soprattutto della sua parte più vitale. Pertanto, con la rigenerazione di South Bank si è voluto dare risposta a problemi che includevano tutta la città, non una sua parte, che riguardavano molteplici aspetti interconnessi, non una sola criticità, che interessavano una pluralità di soggetti, non un singolo operatore. Si è operato con una logica d’intervento contestualizzata in una prospettiva di lungo periodo (ma attuata per fasi di breve e medio termine) e in grado di rispondere con una soluzione integrata alle molteplici e diverse emergenze (sociali, economiche, ecologiche ecc.). Centralità geografica e prospicienza sul Tamigi sono diventati i “determinanti” del nuovo assetto urbanistico di South Bank, dove - in coerenza con la visione europea prevalente - le destinazioni per attività artistico-culturali, sportive e del tempo libero hanno assunto un ruolo portante nei confronti della complessiva operazione di riqualificazione. La nuova identità di South Bank è fondata sulla qualità dei servizi e dell’ambiente, sull’estetica degli spazi e dei beni architettonici, sull’interazione e la valorizzazione sociale, sulla produzione ideativa, innovativa e immateriale. Col passare del tempo, questa concezione è andata radicandosi nell’immaginario sociale, conferendo carattere distintivo, senso evolutivo, persino riconoscibilità internazionale ad un sito che questi attributi o non li aveva mai posseduti o li aveva progressivamente perduti. Evidenti e tangibili sono anche gli effetti indotti dal processo di rigenerazione in ambito locale – investimenti, competenze professionali e attività complementari all’esistente – e translocale – “esportando” nelle zone adiacenti sia le iniziative non più collocabili sull’area per saturazione delle disponibilità, sia gli interventi di opportuna o necessaria continuità. Certamente, nel successo della riqualificazione di South Bank hanno giocato un ruolo cruciale alcune strategie operative che si configurano come punti di forza consolidati nei processi di trasformazione urbana dell’esperienza britannica. E di queste, almeno tre sono da ricordare. Una è l’attitudine delle istituzioni politico-amministrative competenti a creare opportunità e condizioni favorevoli allo sviluppo dell’area. L’impegno diretto della pubblica amministrazione si è tradotto nell’espletamento di una gestione efficiente, cioè nella messa in opera di atti programmatori, procedurali e deliberativi, utilizzati nelle varie

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SOUTH BANK/LONDON - Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa BOX 6. SOUTH BANK CENTRE Nel 1991, il South Bank Board pubblicò una proposta per lo sviluppo del South Bank Centre, che prevedeva: a) la demolizione e la ricostruzione della Hayward Gallery, della Purcell Rooms e della Queen Elizabeth Hall; b) la realizzazione di uffici e negozi. Il South Bank Board, nel 1993, rinunciò al progetto, abbandonando l’idea di demolire gli edifici storici presenti sull’area e decise, nel febbraio 1994, di indire un concorso per realizzare un nuovo schema progettuale, con il finanziamento della National Lottery, in cui si prevedeva la rimozione delle walkways, un miglior accesso all’area, una nuova piazza ed una nuova chamber music hall. Nel 1995 lo studio Richard Rogers & Partner ottenne l’incarico di ristrutturare e incrementare le attività culturali presenti sull’area allo scopo di aumentare il flusso di visitatori. Il progetto fallì nel 1998 perché non riuscì ad ottenere i fondi della National Lottery. Il suo costo era stimato in 90 milioni di euro al 1995. Nel maggio 1999 è stato redatto un masterplan dallo studio Rick Mather Architects sulla base di una public inquiry che ha coinvolto residenti, promotori e visitatori. Tra gli obiettivi del masterplan vi è il rinnovo della Royal Festival Hall, la ristrutturazione della Queen Elizabeth Hall, una nuova sala per la musica e gli eventi contemporanei e la creazione di un nuovo National Film Centre. Le azioni del masterplan sono finanziate con risorse pubbliche e private provenienti dal fondo della lotteria nazionale, dal fondo per la rigenerazione urbana, da sponsorship e donazioni. Il costo preventivato per quest’ultimi nuovi interventi del South Bank Centre è di circa 201 milioni di sterline, pari a circa 287,2 milioni di euro.

Alcuni degli interventi sono stati realizzati tra il 2004 e il 2007. Tra la Royal Festival Hall e il viadotto d’ingresso al ponte di Hungerford è stato realizzato un edificio multifunzionale per uffici, negozi e servizi (progetto di Allis e Morrison) completato nel 2006. Tra il 2005 e il 2007 è stato eseguito il progetto di riqualificazione della Royal Festival Hall, con l’inserimento di nuovi negozi al livello inferiore e il recupero degli spazi interni. Sulle aree che il masterplan del 1999 destinava a nuovi spazi per il National Film Centre, il Lambeth Council ha autorizzato nel 2006 la realizzazione di un parcheggio di servizio al South Bank Centre. Le proposte degli ultimi anni riguardano gli interventi per la conservazione della Hayward Gallery e della Queen Elizabeth Hall e la realizzazione di un nuovo collegamento esterno tra i due edifici; permane comunque il problema del reperimento dei fondi per la messa in opera degli interventi.

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ESPERIENZE BOX 7. DOON STREET L’area di Doon Street (adiacente al Royal National Theatre e a Coin Street) è rimasta in gran parte abbandonata per oltre 50 anni. Fino al 2008 vi era un parcheggio pubblico. Un partenariato tra Coin Street Community Builders, Greenwich Leisure Limited e Rambert Dance Company ha prodotto una proposta di trasformazione dell’area, che prevede: 1. un edificio ad uffici e una piazza adiacente connessa al Waterloo Bridge; 2. la nuova sede della Rambert Dance Company e tre scuole di danza; 3. un complesso di 329 appartamenti e una piscina pubblica con centro sportivo coperto. Per il centro sportivo è stato stimato un costo di 25 milioni di sterline e si prevedono £ 412.000 per la manutenzione annuale. Il centro sarà di proprietà del Coin Street Trust Centree sarà gestito dal Greenwich Leisure Limited.

Il progetto del Coin Street Community Builders nel 2007 veniva approvato dal Lambeth Council e dal Sindaco di Londra. Il Segretario di Stato annunciava il rilascio delle autorizzazioni per le proposte relative alla parte occidentale dell’area (fino a Waterloo Bridge) e il ricorso ad una public inquiry per la parte orientale. Nel 2008, conclusasi la public inquiry, il Segretario di Stato approvava il progetto; le prime concessioni (piscina pubblica e centro sportivo coperto) sono state rilasciate nel 2009.

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Figura 4 - Principali interventi sul Millenium Mile – Fonte: South Bank Employers’ Group

Figura 5 - South Bank Centre

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ESPERIENZE BOX 8. HUNGERFORD BRIDGE Hungerford Railway Bridge venne aperto nel 1845 come ponte pedonale sospeso; nel 1859 venne acquistato da una compagnia ferroviaria che sostituì il ponte sospeso con una struttura in acciaio, costituita da nove archi, inaugurata nel 1864. Nel 2000 sono state realizzate due passerelle pedonali (dette Golden Jubilee Bridges), poste ai lati del ponte ferroviario, che, collegando in maniera diretta South Bank con West End, svolgono una funzione altamente strategica per lo sviluppo dell’area. Le passerelle, di oltre 300 metri di lunghezza, sono sospese tramite cavi a piloni d’acciaio inclinati. Il progetto è stato finanziato con 30 milioni di euro provenienti dalla Millennium Commission e da Westminster City Council, Railtrack, Single Regeneration Budget Challenge Fund e London Borough di Lambeth.

fasi per varare interventi con funzione trainante e per tutelare gli interessi sociali presenti sull’area, in particolare quelli dei residenti. L’azione di coinvolgimento di altri organismi pubblici ha consentito di ampliare le potenzialità dell’intervento di sostegno grazie alle sinergie, alla dimensione, alla convergenza delle risorse contestualmente impegnate. Le aperture e le incentivazioni rivolte al settore privato ne hanno reso concreto e indispensabile il contributo, sia in termini di operatori che d’investimenti. La seconda è la capacità di correlare decisioni, visioni e attività dei vari soggetti che agiscono nell’area. Sotto questo aspetto vanno menzionati: a) i rapporti e gli accordi collaborativi tra le istituzioni pubbliche, locali e centrali, preposte all’implementazione delle politiche sociali, economiche e urbanistiche; b) l’azione di coordinamento di scelte e decisioni inerenti l’imponente sistema di operatori, costituito da comitati,

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associazioni e società di scopo – pubbliche, private o miste – con e senza fini di lucro. La terza strategia d’azione concerne la maestria e la maturità della comunità locale d’incidere nelle decisioni sullo sviluppo dell’area, denotando un atteggiamento aperto e informato verso i paradigmi della modernità e cogliendo le possibilità offerte dai processi partecipativi dal basso. In conclusione, la rigenerazione delle aree degradate è destinata ad influire notevolmente sul miglioramento della qualità della vita urbana. Viceversa, ciò che non si rigenera, degenera, coinvolgendo irreparabilmente quanto gravita su se stesso. A South Bank, a pochi decenni dall’effettivo start up della sua riqualificazione, la “parte sbagliata” del Tamigi è divenuta il cuore culturale della capitale inglese, e la vecchia condizione di miseria ha generato una nuova comunità locale che in quell’area ha ritrovato benessere, dignità e fiducia nel futuro.

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Summary SOUTH BANKS LONDON The area of South Banks is currently known to have a great concentration of cultural and leisure centres, that include museums, cinemas, theatres and concert halls. In the course of last century, following several refurbishing interventions, the area formerly hosting industries and workmen’s dwellings, has progressively been transformed, becoming one of the biggest European cultural districts. Thanks to the South Bank Centre, the area now attracts millions of visitors every year and has become one of the London areas of highest and quickest transformation. The first re-birth initiative dates back to the first half of 1900, but, already in the sixties, South Bank had become one of the most important centres for culture and arts in London, thanks to the building of important theatres and exhibition spaces. Meanwhile, several development programs aimed at converting the area to become an expansion zone for offices and services. Following a drop on demand for office space due to the persistent opposition of local communities, in the eighties, emerged the tendency to transform the area by imbedding residential objectives in it. The Coin Street Community Builders was founded to sustain the economic and social regeneration of the South Bank, with the objective of planning the building of new dwellings destined to stimulate the reconversion of the area. The “Coin Street Community Builders inc” operated by seeking the collaboration of other stakeholders, such as local institutions, and the South Bank Employers’ Group , created by a small group of economic operators with the objective of improving the life quality of the area, through a number of environmental requalification projects and artistic/social initiatives. At the end, in order to promote the initiatives of requalification of the area, the execution of projects and the collection of funds, the “South Bank Partnership was created, connected to the Cross River Partnership. It had among its members some of the most important institutions located on both shores of the Thames. Within the last twenty years, in the South Bank area, have started a large number of public and private investments, with the objective of eliminating the demarginalization, fostering constructions and rehabilitating landscape and environment. To those aspects, we must add the engagements made for the new attraction poles, for the reconversion of abandoned industrial buildings and for the reduction of vehicles’ traffic; further investments have involved the nearby area of Bankside. More then thirty initiative have been carried out in the area of the “Millennium Mile”, between Westminster and London bridges, with the aim of reinforcing

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the connections among South Bank and the tourist and cultural centres located in the north bank of the Thames. More recently, mobility projects have been enhanced, aiming at a better connection of West Bank with the rest of the town and facing transport instances stemming from the forthcoming Olympic events. It is difficult to evaluate the total impact of the South Bank regeneration interventions, also because a formal program was lacking; this has led to a series of projects funded by different financial sources. The most important interventions have got public and private financing, evaluated, in the year 2000, at 310,6 million euro. As to the real estate market, prices of buildings in that area have been among the highest in London; on the other hand, the Coin Street Community builders, by promoting the construction of economic dwellings has, within certain limits, lowered the ceiling prices at local level. Anyhow, an important effect in real estate price raising in that area has been fostered by several other factors, such as the opening of a new underground railway station on the “Jubilee Line Extension”, the requalification of public spaces and the creation of new tourist attractions poles. Within the last century, South Bank has shared the problems stemming from the crisis of large areas in several European towns. The regeneration of South Bank has given an answer to problems related to the entire town and to several inter-connected aspects, related to several entities. The intervention was carried out under a long term prospective (implemented in phases of short and medium term duration), able to give an answer to integrated solutions and several emergencies (social, economical, ecological etc.) The Geographic centrality and the closeness to the Thames have become the determining factors of the new urban order in South Bank. Its new identity is founded on quality of services, environment and space aesthetics of its architectural features, as well as on social interaction and valorisation and, finally, on creative innovative and non-material production. Evident and tangible have also been the effects of the regeneration process at local and non-local levels. In the success of the requalification of South Bank key roles have been played by some operational strategies that may be considered as being consolidated strong points of British experience in urban transformation; among those, at least three should be remembered. The first is the ability of political and administrative institutions to foster development opportunities and favourable conditions in a specific area. The second is to coordinate decisions, visions and activities of various

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ESPERIENZE stakeholders that operate in a single area. The third is the competence and the maturity of local communities to impact on the decisions related to the development of the area. Today, the area of the South Bank has become more safe and liveable for the residents, the tourists and the occasional visitors. In the process of fostering a radi-

cal change in image and mentality, South Bank has become a place with a strong identity, well connected to neighbouring areas and able to generate benefits for local communities in terms of occupation, accessibility, dwellings and services. key words: urban distressed areas, urban transformation process

* Il Curriculum Vitae è disponibile sul n. 2 di Valori e Valutazioni. Alla stesura dell’articolo hanno collaborato gli architetti Fabrizio Finucci e Rocco Murro.

Riferimenti Internet

http://www.spaziofmg.com

http://carolineld.blogspot.com http://www. sapca.org.uk http://www.charlesborthwick.com/charlesborthwick.com/Br oadwall.html http://www.coinstreet.org http://www.lifschutzdavidson.com/ http://www.opensouthbank.org http://www.publications.parliament.uk http://www.richardrogers.co.uk http://www.sbeg.co.uk http://www.southbankcentre.co.uk http://www.southbanklondon.com

http://www.westworld.dmu.ac.uk/cetd/

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Bibliografia BAETEN G., Urban regeneration on the South Bank, London, su http://www.ifresi.univ-lille1.fr. MICCOLI S. (a cura di), Progetti di valorizzazione e misure di fattibilità, aspetti della nuova governance dei territori, Aracne, Roma, 2005. South Bank Employers’ Group and Bankside Business Partnership, Millennium Mile Exhibition, Londra, 1998. South Bank Employers’ Group, Business Plan 2009–2012, Londra, 2008.

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ESPERIENZE

Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga Marta Bottero*

parole chiave: impianti idroelettrici, convenienza economico-sociale, valutazione ambientale, matrici di impatto, monitoraggio

Abstract L’allargamento del campo di attenzione nell’ambito della valutazione degli interventi sul territorio apportato dal recente D.Lgs. 152/2006 (detto anche “Testo Unico Ambientale”) pone con forza la necessità di dotarsi di metodologie e strumenti operativi specifici in grado di tenere in considerazione la molteplicità dei fattori in gioco. All’interno di tale contesto, gli approcci valutativi prioritariamente legati all’efficienza economica sono integrati da approcci più ampi basati sul concetto di sviluppo sostenibile. Tale rinnovata ottica richiede dunque che nella valutazione siano considerate un gran numero di variabili che spesso sono supportate da informazioni limitate e da analisi qualitative piuttosto che quantitative.

INTRODUZIONE La questione energetica è al centro della discussione attuale in materia di sviluppo sostenibile e delinea una grande sfida che vede impegnati diversi attori su tutti i livelli. Si tratta di ricercare nuovi modelli di sviluppo economico capaci di assicurare il soddisfacimento dei bisogni degli individui e al tempo stesso in grado di preservare l’ambiente (Bruntland, 1987). Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da grandi sconvolgimenti all’interno degli scenari energetici internazionali: dalle criticità legate ai combustibili di origine fossile alle preoccupazioni relative al mercato internazionale del gas naturale, dalle questioni legate all’emissioni di CO2 e al cambiamento climatico alle nuove fonti di approvvigionamento di energie rinnovabili. Inoltre, da più parti si sottolinea il ruolo di estrema

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Al fine di ragionare sul tema della valutazione degli impatti di progetti di intervento sul territorio, il lavoro ne propone un’applicazione reale relativa alla realizzazione di un nuovo sistema di impianti idroelettrici in Bulgaria. Pur non nascondendo i vantaggi ambientali che tale tecnologia offre per la produzione energetica, tuttavia esistono rilevanti criticità sia dal punto di vista delle interferenze dell’opera con il sistema ambientale sia dal punto di vista delle problematiche sociali create, quali ad esempio lo spostamento della popolazione. Partendo dall’esame del caso studio, il lavoro esamina i principali impatti connessi alla realizzazione dell’opera, chiarendo la metodologia valutativa utilizzata e i risultati conseguiti.

importanza rivestito dai consumi finali di energia, al fine di garantire un uso efficiente delle risorse e di assicurare l’abbattimento delle emissioni inquinanti. In un tale contesto, è chiaro come la sfida per trasformare il mercato energetico sia attuale e più che mai urgente e come emerga la necessità di strumenti in grado di supportare il processo decisionale dei governi in materia strategie relative al mix di investimenti energetici. Il lavoro presentato fa riferimento ad uno studio finalizzato alla valutazione di fattibilità di un nuovo impianto idroelettrico localizzato Bulgaria (Mondini et al., 2002). Così come emerge dal rapporto annuale curato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA, 2009), tra le fonti di approvvigionamento energetico attualmente disponibili un ruolo chiave è giocato dall’energia idroelettrica, che attualmente riveste circa il 16% della produzione mon-

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ESPERIENZE diale di energia. In particolare, al fine di supportare il decisore (in questo caso si tratta di una società italiana) all’interno del processo di programmazione e realizzazione dell’opera, sono stati sviluppati approfondimenti e analisi specifiche con l’obiettivo di verificare attentamente le diverse questioni in gioco e approdare ad una decisione fondata e motivata in merito all’attuazione o meno dell’investimento. In un quadro di elevata complessità quale quello in esame, localizzato in un contesto internazionale e alla presenza di attori diversificati, si sono rese necessarie diverse competenze specifiche al fine di esaminare la fattibilità tecnica del progetto e delle tecnologie realizzative ipotizzate, la sostenibilità finanziaria dell’investimento, la convenienza economico-sociale dell’opera, le procedure amministrative e organizzative da espletare, nonché la compatibilità ambientale dell’intervento (Bottero e Mondini, 2009). Proprio con riferimento alle verifiche ambientali, così come richiesto dal decisore, sono state sviluppate analisi e valutazioni di dettaglio in grado di produrre un set di informazioni mirate che mettono in luce il livello di criticità che l’opera produce sul sistema ambientale, considerando altresì eventuali misure per il miglioramento delle performance ambientali del progetto. Dopo la sessione introduttiva, il lavoro risulta così strutturato: il secondo paragrafo illustra il contesto valutativo di riferimento in materia di dighe e impianti idroelettrici, il terzo paragrafo affronta la tematica della valutazione di compatibilità ambientale dei progetti a livello metodologico e normativo; il quarto paragrafo illustra il caso studio considerato; nel quinto paragrafo viene descritta la metodologia valutativa e i risultati ottenuti nell’applicazione; infine nell’ultimo paragrafo sono riportate le principali conclusioni tratte dallo studio sviluppato.

IL CONTESTO VALUTATIVO DI RIFERIMENTO Il dibattito globale in materia di infrastrutture idrauliche quali le dighe è di natura complessa in quanto non è limitato alle fasi di progettazione, realizzazione e esercizio dell’opera ma riguarda una serie di fattori sociali e ambientali, nonché rilevanti scelte politiche connesse allo sviluppo dei territorio e al miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti coinvolti. Le dighe, qualsiasi sia la loro tipologia (scopi irrigui, idroelettrici, potabili, controllo dei flussi o multifunzione), alterano il corso dei fiumi e l’uso delle risorse naturali e spesso comportano una riallocazione dei benefici dall’ambito locale a nuovi gruppi di attori che operano a livello regionale, nazionale o sovranazionale. Al centro della questione ci sono pertanto questioni di equità, governance, giustizia e potere economico. Un interessante contributo al dibattito internazionale nell’ambito della costruzione di nuove dighe è offerto dal documento predisposto dalla World Commission on Dams (WCD, 2000) in cui vengono riportati i principi e le linee

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guida fondamentali a supporto del processo decisionale nell’ambito di tali progetti al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di tutela dei diritti umani, sviluppo economico dei territori e sostenibilità. In tale documento appare chiaramente la molteplicità delle questioni in gioco che possono essere riassunte come segue: – garantire un approccio omnicomprensivo in grado di integrare la dimensione ambientale, sociale e economica dell’intervento; – creare elevati livelli di trasparenza nel processo decisionale capaci di includere tutti gli attori coinvolti; – aumentare il livello di fiducia nella capacità dei governi e delle comunità di fronteggiare i bisogni futuri in materia di approvvigionamenti di acqua e energia. All’interno di tale modo di operare si rendono necessarie, nel processo di realizzazione di una nuova diga, verifiche specifiche relativamente ai seguenti campi tematici: a) performance tecniche, finanziarie e economiche dell’intervento: occorre considerare tutti i costi connessi all’opera in programma, identificando con grande attenzione la ripartizione finale dei benefici; b) impatti sugli ecosistemi: tali impatti possono essere suddivisi in: i) impatti di primo ordine, che coinvolgono interferenze di carattere fisico, chimico e geomorfologico derivanti dall’interruzione del corso d’acqua e dall’alterazione del flusso a valle dello sbarramento; ii) impatti di secondo ordine, che fanno riferimento ai cambiamenti biologici degli ecosistemi in seguito all’alterazione del corso d’acqua; iii) impatti di terzo ordine, che sono relativi alle alterazioni delle specie faunistiche (ad esempio, i pesci) conseguenti agli impatti di primo ordine (ad esempio, interruzione dei flussi migratori) e di secondo ordine (ad esempio, diminuzione della disponibilità di plankton); c) spostamento della popolazione e impatti sociali: la realizzazione di una diga può comportare ingenti impatti di carattere sociale, primo tra tutti lo spostamento della popolazione coinvolta nell’area allagata dalla realizzazione del nuovo bacino artificiale; in secondo luogo, gli impatti sociali fanno rifermento ai cambiamenti che possono riguardare la vita delle comunità che vivono e lavorano a valle dell’impianto e gli effetti sulla salute umana e sul patrimonio culturale; d) processo decisionale e conformità con le procedure: si tratta di individuare processi di pianificazione degli interventi e di scelta finale il più possibile aperti e trasparenti in maniera da minimizzare eventuali conflitti sociali che possono insorgere; inoltre occorre predisporre idonei piani di monitoraggio e procedure valutative in grado di dar conto del raggiungimento di obiettivi specifici, con particolare riferimento alle performance ambientali e sociali dell’opera. Sette sono le priorità strategiche individuate dalla Commissione per uno sviluppo equo e sostenibile dell’utilizzo delle risorse idriche a fini energetici (Fig. 1); tali priorità fanno riferimento in maniera predominante alla parteci-

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga

Equitable and sustainable development of water and energy resources

Figura 1 - Le sette priorità strategiche nell’ambito della realizzazione di una nuova diga (Fonte: elaborazione da WCD, 2000)

pazione del pubblico e ad una ripartizione attenta delle ricadute socioeconomiche dell’opera. Al fine di tradurre tali priorità strategiche in indirizzi utili al processo decisionale, è possibile individuare una serie di criteri e linee guida che integrano e rafforzano gli strumenti decisionali esistenti (Fig. 2). Concretamente, si tratterà di: 1) verificare attentamente i bisogni reali di approvvigionamenti energetici e idrici da parte delle comunità; 2) selezionare le alternative, identificando la soluzione preferita tra una serie di opzioni; 3) verificare la compatibilità (economica, ambientale e sociale) dell’opera nella fase di preparazione del progetto; 4) validare la compatibilità del progetto nella fase di realizzazione del progetto; 5) adattare l’opera a seconda delle necessità e dei cambiamenti in atto nel contesto.

LE VALUTAZIONI DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE In termini generali, la valutazione ambientale costituisce

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uno strumento di supporto alle decisioni che ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare preventivamente l’impatto ambientale di determinati progetti di trasformazione del territorio. A seconda del momento decisionale (strategico o di dettaglio), della tipologia dell’opera (programma, piano o progetto) e della scala di intervento (nazionale, regionale o locale), la valutazione si esplica attraverso specifiche procedure tecnico-amministrative finalizzate a esaminare sistematicamente la compatibilità ambientale di un’opera sulla base dell’analisi degli effetti che l’opera esercita sulle componenti ambientali e socioeconomiche interessate. Attraverso tale strumento è possibile scegliere tra diverse soluzioni progettuali quella che presenta il minore impatto ambientale e introdurre eventuali variazioni al progetto che possano mitigare o compensare gli effetti negativi (European Commission, 2001). Occorre sottolineare il carattere fortemente innovativo di tali procedure, dal momento che la realizzazione degli interventi viene subordinata alla valutazione preventiva dei loro effetti sull’ambiente. La procedura di valutazione ambientale di interventi di trasformazione del territorio è finalizzata al raggiungimento di differenti obiettivi (Fig. 3):

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DE ECISION SUPPO ORT INTRUMENT TS DECISION SUPPORT INTRUMENTS

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Figura 2 - Strumenti esistenti a supporto del processo decisionale nell’ambito della realizzazione di una nuova diga (Fonte: elaborazione da WDC, 2000)

– presentare al decisore una valutazione dei potenziali impatti ambientali connessi ad un’opera in termini di modifica della qualità ambientale del contesto territoriale di riferimento; – strutturare una metodologia analitica e valutativa in grado di assicurare misure di prevenzione e mitigazione degli eventuali impatti negativi del progetto e di valorizzare le potenzialità e i benefici connessi all’opera; – strutturare specifici momenti di discussione con gli attori coinvolti dalla realizzazione del progetto affinché tutti possano entrare in possesso delle informazioni e abbiano accesso al processo decisionale. Dal punto di vista normativo, un utile riferimento in materia di procedure di valutazione ambientale a livello internazionale è costituito dagli standard forniti dalla World Bank. In particolare, tale istituto, all’interno dell’iter per le verifiche di fattibilità degli investimenti da finanziare, sta-

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bilisce una precisa procedura per la valutazione della compatibilità ambientale denominata Environmental Assessment (Goodland e Edmundson, 1994; World Bank, 1999b). Lo strumento dell’Environmental Assessment (EA) è finalizzato ad esplicitare gli impatti associati ad un determinato intervento, in maniera da assicurare la sostenibilità dell’opera. A livello europeo, il processo di valutazione ambientale si struttura su due differenti procedure: la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), nel caso di piani e programmi, e la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), nel caso progetti. Nello specifico, la procedura di VAS è introdotta dalla Direttiva 2001/42/CEE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente e si configura come un processo sistemico atto a valutare le conseguenze sull’ambiente di politiche, piani e programmi, al fine di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti e affrontate in modo adeguato fin

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Implementation Im mplementation of EA A specifications

Environm ental Environmental Assessmentt period

Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga

Figura 3 - Procedura per la valutazione di compatibilità ambientale all’interno del processo di progettazione e realizzazione di una nuova opera (Fonte: elaborazione da World Bank, 1997)

dalle prime fasi del processo decisionale, allo stesso livello delle considerazioni di ordine economico e sociale. Tale direttiva costituisce l’esito normativo di un lungo percorso scientifico, culturale e istituzionale che ha messo in luce la necessità di introdurre all’interno delle procedure di pianificazione e di programmazione strumenti di valutazione strategica che analizzino le opzioni di sviluppo disponibili, introducendo la considerazione dei processi ambientali (Enplan, 2004). La procedura di VIA è stata introdotta dalla Direttiva 85/337/CEE, concernente la Valutazione di Impatto Ambientale di determinati progetti pubblici e privati, modificata ed integrata dalla Direttiva 97/11/CEE. L’obiettivo delle Direttiva fa riferimento al raggiungimento di elevati livelli di tutela e qualità dell’ambiente, attraverso l’analisi e la valutazione preliminare ed integrata delle possibili conseguenze sull’ambiente della realizzazione di progetti relativi ad opere ed interventi pubblici e privati. All’interno dell’ordinamento italiano, le procedure di valutazione ambientale previste dalle Direttive Europee sopra menzionate sono state recepite all’interno del D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 e s.m.i., recante “Norme in materia ambientale” (cosiddetto “Testo Unico Ambientale”). In particolare, nella parte seconda del decreto si introduce il quadro di riferimento istituzionale, procedurale e valutativo per le valutazioni ambientali in merito alle procedure

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di VIA, VAS e IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) (Colombo et al., 2008; Moriani et al., 2008).

IL SISTEMA DI IMPIANTI IDROELETTRICI GORNA ARDA CASCADE Il progetto esaminato prevede la realizzazione di un nuovo sistema di impianti idroelettrici in Bulgaria, nella zona dei Monti Rodopi posta nella parte meridionale del paese, al confine con la Grecia. Il massiccio montuoso è caratterizzato dalla presenza di profonde gole solcate da torrenti e ampie caverne. La regione è ricca di foreste, pascoli, sorgenti termali e risorse minerarie. Il principale corso d’acqua è costituito dal fiume Arda, che sorge ad un’altitudine di 1730 m presso la località di Ardino e sfocia in territorio greco nel fiume Maritsa. Con una lunghezza complessiva pari a 290 km, l’Arda costituisce il fiume più lungo della regione balcanica. La porzione bulgara del fiume è caratterizzata da un intenso utilizzo antropico per produzione di energia idroelettrica, irrigazione, pesca e attività turistiche. L’intervento in esame è relativo all’implementazione di un sistema di impianti idroelettrici già esistenti sul fiume Arda (denominato “Dolna Arda Cascade”), della potenza

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ESPERIENZE Tabella 1 - Principali parametri descrittivi del Progetto Gorna Arda Cascade (Fonte: Energoproekt, 1999) PARAMETRO

MADAM

ARDINO

SARNITSA

Altezza diga (m)

92,4

102,7

Volume invaso (m3)

141

93

92

Superficie invaso (km2)

4,6

3,1

3,15

Potenza installata (MW)

46

56,8

68

Produzione elettrica annuale (GWh)

111,1

159,9

195

Costo di investimento (milioni US$, 2000)

71,5

74,8

73,7

96,2

complessiva di 266,6 MW, costruito all’inizio degli anni sessanta presso la località di Kardjali. Il progetto in analisi (denominato “Gorna Arda Cascade”) fa riferimento ad uno studio di pre-fattibilità che prevede la realizzazione di tre nuove dighe artificiali, a monte dell’impianto esistente di Kardjali, per una potenza complessiva pari a 170,8 MW (Bottero et al., 2009). La Tabella 1 riporta le specifiche tecniche dei nuovi impianti previsti, mentre la Figura 4 illustra schematicamente il sistema di interventi nell’ambito del progetto complessivo “Arda Cascade”.

IDENTIFICAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI AMBIENTALI Checklist La prima fase del processo valutativo consiste nell’identificazione degli impatti potenzialmente significativi connessi al progetto. Come già affermato in precedenza, molteplici sono le interferenze derivanti dalla costruzione di un impianto idroelettrico sul sistema ambientale (IEA, 2000; DOED, 2001). Nel caso del progetto in esame, per l’identificazione degli impatti ambientali generati dall’opera si è fatto ricorso alla tecnica delle checklists. Le checklists consistono di un elenco selezionato di fattori ambientali e costituiscono la guida di riferimento per l’analisi ambientale. In particolare, sono state utilizzate le linee guida fornite dalla World Bank per la valutazione degli impatti ambientali di impianti idroelettrici. Tali linee guida riportano una checklist per l’analisi approfondita di tutti i potenziali impatti ambientali. Come risulta dall’analisi della Tabella 2, in termini generali è possibile affermare che la realizzazione di una diga per la creazione di un invaso artificiale altera il corso del fiume e può generare interferenze ambientali, dal momento che a monte dello sbarramento si forma un invaso e si trasforma, quindi, un ambiente di acque correnti in un ambiente di acque ferme, con un tempo di ricambio del-

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le acque più lungo e con possibili ricadute sul ciclo di vita degli ecosistemi coinvolti (Kingsford, 2000; Nilsson et al., 2005). Ulteriori impatti ambientali riguardano interferenze di carattere idrologico, creazione di frane, perdita di biodiversità, cambiamenti relativi alle specie floristiche e faunistiche sia acquatiche che terrestri, impatti visivi che la nuova opera di sbarramento comporta sul sistema paesaggistico e disturbi legati alla fase di costruzione dell’opera (rumori prodotti vibrazioni emesse dai macchinari di lavoro, emissioni in atmosfera connesse al flusso di automezzi pesanti, etc.) (Lerer e Scudder, 1999).

Networks o catene di impatto La complessità degli impatti potenzialmente significativi individuata attraverso le checklists è stata approfondita attraverso l’uso di networks o catene di impatto. Tali strumenti permettono di rappresentare in maniera sintetica le informazioni a disposizione, schematizzando attraverso un grafo l’intero processo di impatto ambientale e identificando, in maniera sequenziale, tutti gli elementi in gioco. Solitamente, a tali grafi viene data la forma di albero, per sottolineare il flusso secondo cui agiscono le catene di impatto (Colorni e Malcevschi, 1994). Nel caso in esame, si è deciso di strutturare due networks differenti a seconda che la fase progettuale indagata facesse riferimento alla costruzione o all’esercizio dell’opera. Gli elementi in gioco individuati sono relativi alle azioni dell’opera, ai fattori di impatto, agli impatti di carattere diretto e infine a quelli di carattere indiretto. Un esempio delle catene di impatto utilizzate per l’analisi della fase di costruzione dell’intervento in esame è riportato in Figura 5. Alle radici dell’albero viene collocata una particolare azione dell’opera (ad esempio, le attività di costruzione), la quale viene scomposta nei diversi fattori di impatto (ad esempio, torbidità delle acque superficiali, emissioni di gas e polveri, produzione di rumori e vibrazioni), che a loro volta generano impatti diretti (ad esempio, inquinamento delle acque, atmosferico e acustico) e impatti indiretti (ad esempio, interferenze con la salute pubblica o disturbo alle attività economiche). Come anticipato, il network mette in evidenza non solo le conseguenze dirette delle azioni di progetto sulle componenti ambientali, ma anche gli impatti indiretti esercitati a carico di altre variabili che compongono il sistema ambientale considerato. L’analisi delle problematiche ambientali generate dall’opera attraverso i networks permette di mettere in evidenza l’esistenza di catene critiche di impatto, che quindi necessitano di particolare attenzione.

Matrici di valutazione Una volta stabilito il quadro conoscitivo delle interferenze del progetto sul sistema ambientale, è possibile procedere alla valutazione della compatibilità ambientale. Obiettivo di questa fase del lavoro è giungere ad una misu-

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga Tabella 2 - Checklist fornite dalla World Bank per l’identificazione degli impatti ambientali derivanti dalla realizzazione di un impianto idroelettrico TIPOLOGIE DI IMPATTO

DESCRIZIONE

Impatti idrologici

Portata del corso d’acqua Livello falda sotterranea Rischio esondazioni Rischio esondazioni a valle Rischio esondazioni a monte Esondazioni in fase di costruzione

Impatti sulla fauna terrestre e acquatica

Impatti sul suolo

Impatti sulla qualità delle acque

Ossigeno disciolto Livelli di ossigeno disciolto nelle acque di scarico Saturazione ossigeno disciolto Stratificazione termica Effetti sulla qualità delle acque del bacino Effetti sugli usi funzionali del bacino Effetti sugli utilizzi a valle delle acque Inquinanti tossici Eutrofizzazione Accumulo nutrienti Impatti sulla salute Sedimentazione Diminuzione della capacità di accumulo Deterioramento delle attrezzature impiantistiche Erosione delle sponde e instabilità Modifiche all’alveo a valle Riduzione carico di sedimenti sospesi a valle Sovralluvionamento a monte Effetti sulla qualità delle acque Effetti sull’eutrofizzazione Effetti sulla capacità di assimilazione degli inquinanti Effetti sulla navigazione e sulle attività ricreative Effetti sulla vita acquatica Formazione di ghiaccio Sismicità indotta Caratteristiche delle attività sismiche indotte Frane Fauna terrestre Cambiamenti nell’habitat Consumo di suolo Creazione di nuovi habitat Restrizioni nella mobilità Impatti idrogeologici Rumore e disturbi fisici Sfruttamento e introduzione di specie esotiche Impatti sugli insetti Impatti su fauna ed ecosistemi acquatici Specie migratorie

segue

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ESPERIENZE

Impatti sulla fauna terrestre e acquatica

DESCRIZIONE Impatti su fauna ed ecosistemi acquatici all’interno del bacino di presa

Impatti della fase di costruzione

TIPOLOGIE DI IMPATTO

Consumo di suolo e perdita di habitat

Qualità delle acque Produttività del bacino Torbidità Pesci di acqua fredda e calda Impatti su fauna ed ecosistemi acquatici a valle

Impatti idrologici e sulla qualità delle acque Rumore e inquinamento atmosferico Salute pubblica e sicurezza Impatto visivo Qualità dell’aria e riscaldamento globale

Tabella 3 - Caratteristiche degli impatti ambientali potenziali dell’opera CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO

DESCRIZIONE

CATEGORIE - Cantiere - Esercizio

Fase interessata

Gli impatti ambientali dell’opera possono fare riferimento alla fase di costruzione dell’opera e quella di esercizio

Distribuzione temporale

Ogni impatto ambientale può essere caratterizzato in funzio- - Continuo - Discontinuo ne della sua durata nel tempo. - Concentrato

Area di influenza

Si tratta di definire per ogni impatto l’area sulla quale di manifestano i relativi effetti.

- Locale - Diffusa - Globale

Intensità

Gli impatti ambientali possono essere descritti secondo diverse intensità.

- Debole - Moderata - Forte

Reversibilità

Ogni impatto ambientale può determinare effetti reversibili, che terminano cioè una volta cessata la causa del disturbo, o irreversibili, che permangono nel tempo e variano la condizione iniziale del sistema.

- Reversibile nel breve periodo - Reversibile nel lungo periodo - Irreversibile

Probabilità di accadimento

Gli impatti possono essere descritti attraverso la probabilità che si verifichino o meno gli effetti ipotizzati.

- Bassa - Media - Alta

Possibilità di mitigazione

Gli impatti ambientali possono essere evitati o minimizzati attraverso la predisposizione di idonee misure di mitigazione.

- Mitigabile - Parzialmente mitigabile - Non mitigabile

ra quantitativa in merito alle criticità più rilevanti derivanti dalla realizzazione dell’opera, al fine di orientare le strategie progettuali e guidare lo sviluppo delle misure mitigative.

vo strutturato su più steps attraverso l’utilizzo di matrici specifiche.

La valutazione è basata su un approccio quali-quantitati-

La prima fase dell’analisi fa riferimento alla classificazio-

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Analisi qualitativa

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Figura 4 - Il sistema di impianti idroelettrici Arda Cascade (Fonte: elaborazione da Energoproekt, 1999)

Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga

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ESPERIENZE

AZIONI

FATTORI DI IMPATTO

Cambio d’uso del suolo Preparazione del cantiere Modifiche nelle risorse culturali

Torbidità acque superficiali Attività di costruzione Interferenze acque sotterranee

Emissioni di gas e polveri

IMPATTI DIRETTI

IMPATTI INDIRETTI Interferenze negative con attività socioeconomiche

Impatti sulla discarica

Perdita di vegetazione

Consumo di suolo

Cambiamento negli habitat

Perdita di habitat

Restrizioni nella mobilità

Perdita di beni culturali

Riduzione della fauna terrestre

Cambiamento condizioni idrogeologiche del fiume

Impatti visivi Interferenze con siti archeologici

Inquinamento acque (irrigazione, acque potabili, acque termali)

Diminuzione qualità acque superficiali

Cambiamenti climatici

Interferenze con ecosistemi acquatici

Inquinamento atmosferico nelle aree abitate

Riduzione numero e varietà ittiofauna Diminuzione quantità acque sotterranee

Inquinamento acustico nelle aree abitate

Trasporto di materiali Rumori e vibrazioni

Interferenze con salute pubblica e sicurezza

Inquinamento acustico nelle aree naturali

Disturbo fauna terrestre

Figura 5 - Network utilizzato per l’analisi degli impatti ambientali relativi alla fase di costruzione

ne della significatività del sistema degli impatti complessivi generati dall’intervento, sulla base di una serie di caratteristiche ritenute più importanti per la valutazione, quali la fase di riferimento (costruzione o esercizio), la distribuzione temporale, l’area di influenza, l’intensità, la reversibilità, la probabilità di accadimento e la mitigabilità (Tab. 3). La classificazione del sistema complessivo degli impatti ambientali considerati è riportata in Tabella 4. Analisi quantitativa Nella seconda fase della valutazione, le caratteristiche qualitative utilizzate per la descrizione del sistema degli

60

impatti ambientali dell’opera sono state trasferite in valori quantitativi. In primo luogo, è stata effettuata un’omogeneizzazione degli impatti individuati attraverso la definizione di un preciso schema di ponderazione. Nello specifico, a ogni impatto ambientale (denominato “danno ambientale”) è stato attribuito un punteggio, ottenuto incrociando le caratteristiche relative all’intensità e alla reversibilità secondo lo schema di ponderazione riportato nella Tabella 5. Successivamente, al fine di integrare nella valutazione anche le informazioni relative alla probabilità di accadimento, si è passati alla definizione del “rischio ambientale” (r) moltiplicando il danno ambientale (d) per la pro-

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga babilità di accadimento (p). Ai fini della valutazione in esame, il punteggio di d è fornito dalla Tabella 5 mentre il punteggio di p è misurato su una scala a punti dove 1 indica una probabilità di accadimento bassa, 2 indica una probabilità di accadimento media e 3 indica una probabilità di accadimento alta. Infine, il rischio ambientale è stato corretto in base all’applicabilità di misure mitigative; in termini operativi, al valore quantitativo del rischio precedentemente calcolato è stato applicato un coefficiente correttivo, al fine di giungere al valore del “rischio mitigato” (rm). Il coefficiente moltiplicativo varia su una scala a punti dove il valore 1 corrisponde ad un rischio mitigabile, 2 ad un rischio parzialmente mitigabile e 3 ad un rischio non mitigabile. Il risultato finale dei calcoli effettuati è riportato nella Tabella 6.

Compatibilità ambientale dell’opera Alla luce delle analisi effettuate nel paragrafo precedente attraverso le matrici, è possibile a questo punto giungere ad una valutazione complessiva in merito alla compatibilità dell’intervento in esame, al fine di evidenziare le maggiori criticità ambientali derivanti dal progetto. Con riferimento ai punteggi finali conseguiti nell’analisi per il rischio mitigato (ultima colonna della Tabella 6) e in seguito normalizzati a 100, sono state stabilite differenti classi di compatibilità ambientale. Le diverse classi sono state ricavate a partire da una scala a punti da 0 a 100, dove

0 indica il livello di compatibilità massimo e 100 il livello di compatibilità minimo (Tab. 7). L’applicazione delle classi di compatibilità ambientale così stabilite ai valori numerici ottenuti nella valutazione fornisce l’esito finale della valutazione (Fig. 6). Le criticità ambientali più rilevanti fanno riferimento ad aspetti faunistici relativi a disturbi sulla comunità rettile e ad elementi del paesaggio quali la perdita di aree protette e l’inondazione di parte della valle del fiume. In particolare, nella definizione della compatibilità del progetto una rilevante importanza assumono gli impatti visivi dell’opera sul paesaggio. Con specifico riferimento all’impianto di Ardino, una delle problematiche ambientali di maggior interesse è relativa alla presenza di un ponte storico (Diavolski Bridge) risalente al XVI secolo. Le valutazioni effettuate hanno messo in evidenza come sia proprio su questo ultimo aspetto che dovranno concentrarsi maggiormente gli approfondimenti del progetto, al fine di giungere ad una compatibilità complessiva dell’intervento. Tali approfondimenti devono riguardare un’analisi degli impatti visivi determinati dalla diga, al fine di indirizzare il progetto verso una maggiore adattabilità all’interno del paesaggio.

Piano di monitoraggio Un ruolo di estrema importanza nella realizzazione dell’opera è rivestito dal monitoraggio degli effetti ambientali. In termini generali, il monitoraggio è un’attività di raccol-

Tabella 4 - Descrizione qualitativa del sistema di impatti ambientali dell’opera COMPONENTI AMBIENTALI

IMPATTO

FASE

DISTRIBUZIONE AREA DI TEMPORALE INFLUENZA

INTENSITÀ

REVERSIBILITÀ PROBABILITÀ

MITIGABILITÀ

Cambiamento climatico

Esercizio

Continuo

Globale

Debole

Irreversibile

Bassa

Non mitigabile

Emissioni di polveri e gas

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale/ Globale

Moderata

Rev. lungo periodo

Alta

Parzialmente mitigabile

Emissioni di oli inquinanti e particelle

Cantiere

Continuo

Locale

Moderata

Rev. lungo periodo

Media

Parzialmente mitigabile

Variazioni di portata del fiume Arda

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Globale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Impatti sulle sorgenti minerali

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Eutrofizzazione

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Impatti della discarica

Cantiere

Concentrato

Locale

Forte

Rev. breve periodo

Alta

Mitigabile

Atmosfera

Acque

Acque superficiali

Acque sotterranee

Rifiuti

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ESPERIENZE COMPONENTI AMBIENTALI

Rumore

Suolo

Assetto idrogeologico

IMPATTO

FASE

DISTRIBUZIONE AREA DI TEMPORALE INFLUENZA

INTENSITÀ

REVERSIBILITÀ PROBABILITÀ

MITIGABILITÀ

Disturbi causati dall’uso di esplosivo

Cantiere

Concentrato

Locale

Moderata

Rev. breve periodo

Alta

Mitigabile

Traffico

Cantiere

Concentrato

Locale

Forte

Rev. breve periodo

Alta

Mitigabile

Occupazione suolo agricolo

Cantiere

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Esproprio di edifici residenziali e rurali

Cantiere

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Intensificazione Cantiere/ delle frane Esercizio esistenti

Continuo

Diffuso

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Effetti sull’assetto idrogeologico

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Diffuso

Forte

Irreversibile

Media

Parzialmente mitigabile

Perdita del patrimonio forestale

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Parzialmente mitigabile

Perdita della vegetazione

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Moderata

Irreversibile

Alta

Non mitigabile

Perdita di habitat per la fauna locale

Cantiere

Concentrato

Locale

Forte

Rev. lungo periodo

Alta

Non mitigabile

Distruzione della comunità di rettili

Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Non mitigabile

Diminuzione di numero e varietà della ittiofauna

Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Rev. lungo periodo

Media

Non mitigabile

Impatti sulla fauna anfibia, rettile e mammifera

Esercizio

Continuo

Locale

Debole

Irreversibile

Bassa

Non mitigabile

Impatti sull’avifauna

Esercizio

Continuo

Locale

Debole

Irreversibile

Media

Non mitigabile

Aree protette

Perdita della Cooler Cave

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Non mitigabile

Inondazione della valle dell’Arda

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Alta

Paesaggio

Non mitigabile

Beni culturali

Impatto sui siti archeologici

Cantiere/ Esercizio

Continuo

Locale

Forte

Irreversibile

Media

Non mitigabile

Flora

Fauna

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga ta e trattamento di quelle informazioni riguardanti il progetto ritenute utili per testarne sia la conformità rispetto al disegno originario, sia la rispondenza agli obiettivi di tutela ambientale prefissati. Occorre sottolineare che il monitoraggio è un’attività complessa, funzione del territorio analizzato e delle modalità costitutive del progetto, e pertanto non può essere completamente standardizzata. Per quanto riguarda il caso in esame, è stata fornita una struttura generale del monitoraggio, indicando, per ciascuna componente ambientale ritenuta significativa, le fasi di vita dell’opera interessate, i parametri da misurare la frequenza con cui effettuare le misure (Tab. 8).

Impatti economico sociali e spostamento della popolazione Oltre alle questioni prettamente ambientali, nella fattibilità generale del progetto un ruolo determinante è giocato dagli impatti di carattere economico e sociale dell’opera (Tullos, 2009). In questo senso, particolare importanza assumono le problematiche connesse alla rapida crescita di nuovi insediamenti intorno all’impianto, alle variazioni della produttività agricola delle aree e all’inondazione di alcune porzioni abitate dell’area di intervento (Cernea, 1997; Bartolome et al., 2000; Egre e Senecal, 2003). Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, è necessario mettere a punto opportuni piani di spostamento della popolazione. Anche per tali piani esistono precise indicazioni in merito ai contenuti da affrontare e alle procedure da seguire, che prevedono, tra le altre questioni, una serie di studi di carattere socioeconomico sull’area in esame, una stima delle compensazioni monetarie come risarcimento agli individui interessati e una definizione delle misure operative che si intende seguire nell’assistenza alle popolazioni da trasferire (World Bank, 1999a). Nello specifico, nell’ambito del caso studio esaminato l’analisi di tali problematiche deve mettere in luce: – il numero delle persone interessate da un eventuale spostamento; – il numero degli edifici che saranno coinvolti dall’inondamento a seguito della realizzazione dell’invaso artificiale; – i luoghi in cui le persone e le attività economiche

dovranno essere ricollocate e i tempi previsti per tali operazioni; – l’entità dei misure economiche per compensare le eventuali perdite subite. Infine, non bisogna dimenticare l’importante contributo offerto delle Analisi Costi Benefici nella determinazione della convenienza economico-sociale di un’opera. In un progetto come quello in esame, appare di fondamentale importanza una valutazione delle ricadute dell’opera sulla collettività, al fine di esaminare la ripartizione degli impatti sulla popolazione e attuare le opportune misure correttive per giungere ad un’equa ripartizione di effetti positivi e negativi (Kotchen et al., 2006).

CONCLUSIONI Il lavoro presenta lo sviluppo di un processo valutativo per la determinazione della compatibilità ambientale di un sistema di impianti idroelettrici in Bulgaria. La tematica valutativa generale ha una natura fortemente diversificata e obbliga a confrontarsi con molteplici questioni di carattere tecnico, economico, sociale e ambientale (Goldsmith e Hildyard, 1986; McCully, 2001; Scudder, 2005). Trattandosi di un contesto internazionale, privo di un quadro normativo preciso in materia ambientale, la procedura di valutazione seguita fa riferimento principalmente agli standard e alle linee guida fornite dalla World Bank per la valutazione ambientale degli interventi oggetto di finanziamento. Le metodologie valutative applicate, che richiamano principalmente checklists di impatti ambientali, networks e matrici di valutazione (Socco, 1993), hanno permesso un’analisi efficace delle problematiche ambientali dell’opera, consentendo di quantificare un livello di compatibilità ambientale del progetto. L’analisi ha messo in luce una compatibilità ambientale complessiva dell’opera, dove le criticità più rilevanti fanno riferimento ad aspetti legati al disturbo di specie faunistiche presenti nell’area e, soprattutto, all’impatto del progetto sul sistema paesaggistico. In questo senso, il lavoro ha richiamato la necessità di approfondimenti specifici finalizzati alla valutazione degli impatti visivi dell’opera sul paesaggio che dovranno prevedere: i) la descri-

Tabella 5 - Schema di ponderazione degli impatti ambientali utilizzato per la valutazione del danno ambientale

Intensità

REVERSIBILITÀ

rivista

REVERSIBILE NEL BREVE PERIODO

REVERSIBILE NEL LUNGO PERIODO

IRREVERSIBILE

Debole

1

2

3

Moderata

2

4

6

Forte

3

6

9

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ESPERIENZE Tabella 6 - Valutazione degli impatti ambientali dell’opera DANNO

PROBABILITÀ

RISCHIO

MITIGABILITÀ

RISCHIO MITIGATO

d

p

r=dxp

m

rm = r x m

Cambiamento climatico

3

1

3

3

9

Emissioni di polveri e gas

4

3

12

2

24

Emissioni di oli inquinanti e particelle

4

2

8

2

16

Variazioni di portata del fiume Arda

9

3

27

2

54

Impatti sulle sorgenti minerali

9

3

27

2

54

Eutrofizzazione

9

3

27

2

54

Rifiuti

Impatti della discarica

3

3

9

1

9

Disturbi causati dall’uso di esplosivo

2

3

6

1

6

Rumore

Traffico

3

3

9

1

9

Occupazione suolo agricolo

9

3

27

2

54

Esproprio di edifici residenziali e rurali

9

3

27

2

54

Intensificazione delle frane esistenti

9

3

27

2

54

Effetti sull’assetto idrogeologico

9

2

18

2

36

Perdita del patrimonio forestale

9

3

27

2

54

Perdita della vegetazione

6

3

18

3

54

Perdita di habitat per la fauna locale

6

3

18

3

54

Distruzione della comunità di rettili

9

3

27

3

81

Diminuzione di numero e varietà della ittiofauna

6

2

12

3

36

Impatti sulla fauna anfibia, rettile e mammifera

3

1

3

3

9

Impatti sull’avifauna

3

2

6

3

18

Aree protette

Perdita della Cooler Cave

9

3

27

3

81

Paesaggio

Inondazione della valle dell’Arda

9

3

27

3

81

Beni culturali

Impatto sui siti archeologici

9

2

18

3

54

COMPONENTI AMBIENTALI

Atmosfera

Acque

Acque superficiali

Acque sotterranee

Suolo

Assetto drogeologico

Flora

Fauna

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IMPATTO

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga Tabella 7 - Classi di compatibilità ambientale CLASSI DI COMPATIBILITÀ AMIENTALE

zione e la definizione dello spazio visivo di progetto e l’analisi delle condizioni visuali esistenti: ii) l’identificazione delle vedute – chiave per la valutazione d’impatto e la simulazione dell’inserimento del manufatto in progetto; iii) l’identificazione della fruizione dinamica degli inserimenti del paesaggio; iv) la valutazione finale degli impatti visuali sul paesaggio (Mondini, 2009). Infine, così come risulta dalle linee guida predisposte dalla World Commission on Dams (WCD, 2000), ulteriori approfondimenti dovranno dare conto con maggiore chiarezza degli impatti sociali connessi allo spostamento di popolazione e attività economiche derivanti dalla realizzazione dell’opera.

VALORE NUMERICO

Bassa

x > 70

Media

30 < x > 70

Alta

x < 30

0

20

40

60

80

100

Cambiamento climatico Emissioni di polveri e gas Emissioni di oli inquinanti e particelle Variazioni di portata del fiume Arda Impatti sulle sorgenti minerali Eutrofizzazione Impatti della discarica Disturbi causati dall’uso di esplosivo Traffico Occupazione suolo agricolo Esproprio di edifici residenziali e rurali Intensificazione delle frane esistenti Effetti sull’assetto idrogeologico Perdita del patrimonio forestale Perdita della vegetazione Perdita di habitat per la fauna locale Distruzione della comunità di rettili Diminuzione di numero e varietà della ittiofauna Impatti sulla fauna antibia, retile e mammifera Impatti sull’avifauna Perdita della Cooler Cave Inondazione della valle dell’Arda Impatti sui siti archeologici compatibilità ambientale alta compatibilità ambientale media compatibilità ambientale bassa

Figura 6 - Valutazione della compatibilità ambientale dell’intervento

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ESPERIENZE Tabella 8 - Programma di monitoraggio ambientale proposto COMPONENTI

FASE

PARAMETRI DA MISURARE

FREQUENZA

Meteorologia

Prima e durante la costruzione, in esercizio

Precipitazioni, temperatura, umidità, direzione e velocità dei venti, evaporazione.

In accordo con la legislazione bulgara sugli standard per la progettazione idraulica.

Idrologia

Prima e durante la costruzione, in esercizio

Esondazioni, perdite d’acqua dall’invaso.

In accordo con la legislazione bulgara sugli standard per la progettazione idraulica.

Costruzione

Temperatura, conducibilità, ossigeno disciolto, solidi sospesi, petrolio, mercurio, cadmio, zinco, cromo, azoto ammoniacale, piombo.

Cadenza settimanale.

Esercizio

Temperatura, pH, conducibilità, torbidità, COD (Chemical Oxigen Demand), BOD (Biological Oxigen Demand), ossigeno disciolto, solidi sospesi, petrolio, arsenico, mercurio, cadmio, rame, azoto ammoniacale, nitriti, nitrati, piombo, zinco, fluoro, fenoli, cianidi, cromo.

Cadenza settimanale (un prelievo al giorno per due giorni consecutivi).

Costruzione

Livelli di emissioni acustiche prodotte.

Cadenza bisettimanale durante le lavorazioni che prevedono l’uso di esplosivo, altrimenti settimanale. Le misurazioni devono essere fatte tre volte al giorno (mattino, pomeriggio e sera).

Esercizio

Livelli di emissioni acustiche prodotte.

Cadenza settimanale. Le misurazioni devono essere fatte tre volte al giorno (mattino, pomeriggio e sera).

Atmosfera

Costruzione ed esercizio

TSP (polveri totali sospese), ossidi di azoto, biossido di zolfo.

Per TSP: cadenza giornaliera.

Ecosistemi

Costruzione ed esercizio

Pesci, fauna terrestre, plancton, piante acquatiche, perdita o cambiamenti significativi di habitat.

Cadenza biennale.

Qualità delle acque

Rumore

Summary A FRAMEWORK FOR THE ASSESSMENT OF A NEW DAM PROJECT INTRODUCTION Energy problems are currently the topic of the discussion in the field of sustainable development and they constitute a challenging situation in which several actors are involved

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at different levels. As a consequence there is a need for new economic development models that are able to meet the present requirements without compromising the ability of future generations to meet their own needs. In this context, the challenge of transforming the energy market is topical and the necessity of new tools that are able to support the decision-making process in the field of strategies related to energy mix investments is real.

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga The work herein refers to a feasibility assessment study of a new hydropower plant in Bulgaria; in particular, with the aim of supporting the decision makers (in this case, an Italian company) in the project planning process, a series of specific investigations has been developed to verify the several issues at stake and to reach a clearly justified decision on whether invest in the project or not. In the very complex situation described above, pertaining to an international context and involving different stakeholders, many different scientific competences have been required to exam the following issues: the technical feasibility of the foreseen technologies, the financial sustainability of the investment, the social-economic convenience, the administrative and management procedures that have to be complied with and the environmental compatibility of the project. With reference to the environmental analysis, specific researches and evaluations have been developed on the request of the decision makers, with the objective of producing a set of information that would highlight the impacts that the project could produce on the environmental system, considering, at the same time, any measure that could improve the environmental performance of the project.

Assessment procedure. By means of this tool, it is possible to choose, among several alternatives, the solution that offers the lowest environmental impact and to eventually introduce changes into the project in order to mitigate or compensate the adverse effects. It is of scientific interest to stress the very innovative character of the procedure, through which the realization of the projects depends on the preventive assessment of their effects on the environmental and, more generally, territorial system. From the point of view of the international legislative framework in the field of environmental compatibility assessment procedures, mention can be made to the standards provided by the World Bank. In the context of the schemes aimed at verifying the feasibility of lending operations, the institute establishes a precise procedure for an environmental compatibility assessment. This tool examines the environmental issues and impacts associated to a project to help to ensure that it is environmentally sound and sustainable. At the European level, the Environmental Assessment process is structured according to two different procedures: Strategic Environmental Assessment (SEA) for plans and programmes and Environmental Impact Assessment (EIA) for projects.

THE ASSESSMENT CONTEXT The global debate on hydraulic infrastructures, such as large dams, is overwhelmingly complex because the issues are not confined to the design, construction and operation of the dams themselves but also embrace the range of social, environmental and political choices on which the human aspiration to develop and improve wellbeing depends. Dams, whatever their typology (irrigation dams, hydropower dams, water supply dams, flood control dams or multi-purpose dams), alter rivers and the use of natural resources and frequently entail a reallocation of benefits from local riparian users to new groups of beneficiaries at a regional or national level. At the heart of the debate on dams are issues of equity, governance, justice and economic power. According to the approach of the World Commission on Dams (WCD), different specific analyses are required to build a new dam, which are related to the following issues: i) Technical, financial and economic performances of the project; ii) Ecosystem impacts; iii) Resettlement of the population and social impacts; iv) Decision making processes, planning and compliance. Seven strategic priorities have been identified by the WCD as necessary for a equitable and sustainable development of water and energy resources; these priorities are related above all to public participation and to a careful distribution of the socio-economic effects of the projects. With particular reference to the environmental compatibility of the territorial transformation projects, a very important role is played by the so-called Environmental

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THE GORNA ARDA CASCADE HYDROPOWER PLANT The project under examination concerns the creation of a new hydropower plant system in Bulgaria, in the Rhodopes Mountain area, next to the border with Greece. The region is particularly known for its deep river gorges and large caves and it is rich in forests, mining resources and thermal sources. The main water course of the area is the Arda river, which sources at an altitude of 1730 m near the town of Ardino and enters the Maritsa river in Greece. With a total length of 290 km, the Arda river is the longest river in the Balkan region. The Bulgarian portion of the river is characterized by an intense use for the production of hydroelectric energy, irrigation, fishery and tourist activities. The considered project concerns the expansion of the already existing “Dolna Arda Cascade” hydropower plant, which has a total installed capacity of 266,6 MW and is located near the town of Kardjali. The project (named “Gorna Arda Cascade”) refers to the creation of three new storage plants, namely Madam, Ardino and Sarnitsa, with a total installed capacity of 170,8 MW. IDENTIFICATION AND ASSESSMENT OF THE ENVIRONMENTAL IMPACTS The first step in the assessment process concerns the identification of the potential impacts related to the project by means of specific checklists. The checklists consist of a selected list of environmental aspects and they

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ESPERIENZE are used as a reference guide for environmental analysis. They provide a systematic way of ensuring that the events likely to result from a project are considered and the information collected is presented in tabular format. The guidelines provided by the World Bank concerning the assessment of the environmental impacts produced by hydropower plants have been considered in particular. The complexity of the impacts identified using the checklist has been studied in depth by means of the networks or impact chains. The network analysis is based on the concept that links and interaction pathways exist between individual elements of the environment and that, where one element is specifically affected, this will also have an effect on those elements which interact with it. The network analysis identifies the pathway of an impact using a series of chains between a proposed action and the receptor of an impact. In the case under examination, two different networks have been structured, according to the construction and operation phase of the project. The elements at stake concern the actions of the project, the impact factors identified, the direct and indirect impacts. The analysis of the environmental problems generated by the project allows the critical impact chains which still need further investigations to be identified. Once the framework of the interferences of the project on the environmental system has been established, it is possible to deal with the environmental compatibility assessment. The object of this phase is to obtain a quantitative measure of the most adverse impacts generated by the project, in order to address the design phase and to develop specific mitigation measures. The assessment process is based on a qualitative-quantitative approach, which is structured on several steps made up of specific matrices. The first phase of the environmental compatibility assessment involves the classification of the overall system of the impacts produced by the project, according to some characteristics that have been considered to be of particular importance, such as the term (construction or operation), the temporal distribution, the area of influence, the magnitude, the reversibility, the probability and the possibility of mitigation. In the second part of the assessment process, the qualitative characteristics used for the description of the impacts of the projects have been translated into quantitative values. The final output of this step has been to discover the environmental compatibility level of each action and to give it a score. The results of the calculations made show that the most relevant impacts produced by the Gorna Arda Cascade project refer to the environmental components of fauna (disturbance to the reptile community) and landscape (loss of natural protected areas and flooding of the downstream part of the river). In particular, the visual impact of

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the project has been considered the most important in the definition of the compatibility of the project. The performed analysis highlights that further investigations should consider the above mentioned aspect in order to obtain a more consistent project. These investigations should be related to a detailed analysis of the visual impacts that are determined by the dam on the surrounding landscape, in order to direct the design of the project towards higher compatibility with the landscape. Moreover, a very important role in the realization of the project is played by the monitoring activities of the adverse environmental effects. As far as the Gorna Arda Cascade system is concerned, a general framework of the monitoring activities has been provided, with indications of the temporal terms involved, the parameters that have to be measured and the frequency of the surveys for each environmental component. SOCIAL-ECONOMIC IMPACTS AND RESETTLEMENT OF THE POPULATION A part from the environmental issues, a very important role in the general feasibility of large dam projects is covered by the analysis of the social and economic impacts. In this sense, the problems related to the rapid growth of new settlements in the hydropower plant area, to the changes in agriculture productivity and to the flooding of some inhabited zones caused by the reservoir area are of particular importance. With reference to the latter aspect, it is imperative to settle precise resettlement plans of the involved population. Specific guidelines are available concerning the challenges that have to be faced and the procedures that have to be followed; these issues ask for detailed investigations about the social and economic characterization of the territorial area under examination, the estimation of the compensatory measures aimed at refunding the affected communities and an exact defi-nition of the operational policies that have to be followed to assist the population and the economic activities that have to be displaced. In the case of the Gorna Arda Cascade project, the analysis of such issues has to reflect: – The number of people involved in the resettlement operations; – The number of buildings which will be lost through flooding due to the construction of the dams; – The locations where the people and their activities will be relocated; – The measures that will be established to compensate their losses. Finally, the Cost Benefit Analysis can provide a very useful support in the determination of the social and economic profitability of the investment. In a project such as that under examination, the evaluation of the effects of

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Il sistema delle valutazioni per il progetto di una nuova diga the hydropower plant on the community is of particular importance, in order to analyze the distribution of the impacts on the population and to carry out corrective measures aimed at equitably sharing the positive and negative effects. CONCLUSIONS The paper presents an assessment process which has the aim of determining the environmental compatibility of a hydropower plant system in Bulgaria. The general theme has an interdisciplinary nature and requires several issues to be considered: technical, economic, social and environmental aspects. In an international context and in the absence of a precise legislative framework, the assessment procedure refers to the standards provided by the World Bank in the feasibility evaluation of lending operations. The methodologies used to assess the project, which refer to the checklists, the network analysis and the assessment matrixes have allowed a certain level of environmental compatibility of the system to be evaluated.

The performed analysis has highlighted a final compatibility that in most cases is satisfactory, where the most critical states concern the disturbance to the fauna species living in the area and, above all, the impact of the project on the landscape. In this sense, the work has put in evidence the necessity of further investigations concerning the visual impact of the dams. These investigations will consider: i) the definition of the existing visual conditions, ii) the identification of the key-views in order to evaluate the visual impact and simulate the insertion of the project into the landscape, iii) the identification of the ways in which the project will be enjoyed in the landscape, iv) the final evaluation of the visual impacts on the landscape. Finally, according to the guidelines provided by the World Commission on Dams, further investigations will be directed towards an analysis of the social impacts of the projects, with particular reference to the resettlement of the population and the economic activities involved in the construction of the dams. key words: hydropower plants, socio-economic appraisal, environmental assessment, impact matrix, monitoring

* Marta Bottero, ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio, dottore di ricerca in Geoingegneria Ambientale, svolge attività didattica e di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria del Territorio, dell’Ambiente e delle Geotecnologie (DITAG) del Politecnico di Torino nel campo delle valutazioni di sostenibilità delle trasformazioni territoriali. e-mail: marta.bottero@polito.it

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ESPERIENZE

La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile”: un approccio multiattributo non-additivo Silvio Giove*, Paolo Rosato**

parole chiave: sostenibilità, vocazionalità, multi attribute value theory, dimore storiche

Abstract Il saggio illustra un modello di valutazione multicriterio volto ad analizzare l’attitudine di edifici storici al riuso economico “sostenibile”. Lo sviluppo del modello muove dalla constatazione, per certi versi ovvia, che il riuso costituisce una promettente strategia di conservazione dal degrado e dall’abbandono solo se è capace di creare risorse adeguate al mantenimento del patrimonio e, nel contempo, tutelare le principali caratteristiche storiche e artistiche. La possibilità di sviluppare progetti capaci di tale sintesi è legata, da un lato, alle potenzialità economiche del contesto e, dall’altro, alla “flessibilità” del

INTRODUZIONE Nel presente lavoro si introduce e si analizza il concetto di “vocazionalità” al riuso economico delle dimore storiche, degli edifici e dei complessi di interesse architettonico ed artistico. Contestualmente, viene presentato un approccio analitico per valutarne la suscettività all’uso economico, ed illustrata un’applicazione operativa alle ville venete. Le dimore antiche sono diffuse su tutto il territorio veneto e costituiscono un patrimonio di grande importanza storica sia individualmente sia come elemento caratterizzante il paesaggio tradizionale (Mazzotti, 2007). Non disgiunte da tali caratteristiche, le tipologie architettoniche, le tecnologie costruttive e la vetustà delle costruzioni rendono questo patrimonio piuttosto fragile dal punto di vista materiale e molto oneroso da manutenere (Giustiniani, 2000; Teso, 2000).

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manufatto. Il modello utilizza funzioni non-lineari che sintetizzano e riassumono vari parametri e criteri: le caratteristiche intrinseche dell’edificio, la qualità dell’ambiente, le potenzialità turistiche ed economiche del territorio circostante. La procedura di valutazione è stata costruita e calibrata a partire da giudizi di professionisti esperti nel campo del restauro, del recupero e dell’sviluppo locale. Il modello utilizza indicatori di tipo quantitativo e quantitativo e fornisce indicazioni a varie scale di dettaglio e rispetto a tre tipi di riuso (residenze, hotel, uffici).

Per questi motivi, la loro conservazione non può prescindere dal riutilizzo economico (Stellin et al., 1997). Viene quindi riconosciuta nel riuso una modalità di conservazione “attiva”, ed una concreta opportunità da sviluppare mediante interventi “sostenibili”, tanto sul piano degli impatti sul valore storico che su quello della fattibilità economica (Cofrancesco, 1996). Strumento operativo dell’analisi è un modello di valutazione multicriterio che definisce e valuta l’attitudine al riuso economico delle dimore storiche a partire da un insieme di indicatori organizzati gerarchicamente (D’Alpaos et al., 2001). Tali indicatori sono stati selezionati al fine di ricomprendere tutti gli aspetti più importanti che concorrono alla definizione della vocazionalità al riuso economico e che riguardano sia il contesto economico, geografico, logistico e paesaggistico della dimora, sia la sua tipologia distributiva e strutturale specifica. Questo implica che, nel-

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ESPERIENZE l’ambito di una sostanziale e necessaria sostenibilità degli interventi rispetto alle caratteristiche tecnico-costruttive della fabbrica storica, sia perseguita anche la possibilità di vivificarne l’uso attraverso lo sviluppo di attività economiche.

IL MODELLO PER LA VALUTAZIONE DELLA VOCAZIONALITÀ Il concetto di vocazionalità al riuso economico di una dimora storica nasce dall’esigenza di compendiare la conservazione architettonica con usi in grado sostenersi economicamente (Mossetto, 1992). Tale concetto, inoltre, contribuisce ad una lettura innovativa del sistema dei beni storici architettonici: questi, infatti, costituiscono un vero e proprio patrimonio “diffuso” che, se ben valorizzato, può contribuire allo sviluppo del turismo e della fruizione culturale del territorio, producendo, insieme, i flussi di ricchezza sufficienti alla manutenzione delle strutture antiche (Rosato e Zanatta, 2000). A tale scopo è stato costruito un modello di valutazione che considera unitamente le caratteristiche intrinseche dell’edificio, le qualità dell’ambiente e le potenzialità economiche e turistiche del territorio circostante. La Figura 1 illustra la struttura gerarchica del modello di valutazione che permette sia di definire il concetto di attitudine al riuso che di strutturare la valutazione ai casi studio specifici. La gerarchia si compone di 3 livelli principali, ciascuno dei quali è definito dal livello gerarchicamente sottostante, nonché da un gruppo di indicatori che definiscono, a livello base, lo stato di fatto della dimora relativamente alle caratteristiche rappresentate dagli attributi (Appendice 1). La selezione degli indicatori e la loro aggregazione in attributi (e criteri) è frutto di numerose fasi di dialogo e mediazione multi disciplinare: questo ha portato alla costruzione di un modello particolarmente duttile

anche se marcatamente empirico, che permette di percorrere la gerarchia sia in senso bottom-up che in senso top-down, consentendo quindi la duplice lettura del concetto di vocazionalità e della sua valutazione. A livello operativo, il peso di ciascun indicatore nella definizione del livello gerarchico immediatamente superiore è stato stimato a partire da giudizi quantitativi formulati da un panel di esperti nell’ambito del recupero, del riuso e della valorizzazione. Alla fine del processo di valutazione è stata ottenuta una funzione di aggregazione globale, costituta da tutte le funzioni di aggregazione parziali stimate per ciascun nodo della struttura gerarchica. Nel paragrafo seguente sono illustrati i dettagli del metodo implementato.

IL METODO DI AGGREGAZIONE Posto che ogni metodo di “aggregazione” di indici/criteri in una struttura gerarchica comporta una inevitabile perdita di informazione, anche se offre il pregio di una maggior sintesi, il metodo di analisi MCDA usato in questo lavoro per la valutazione della vocazionalità al riuso Sostenibile, utilizza un approccio di tipo MAVT (Multi Attribute Value Theory), basato su un’estensione dell’integrale di Choquet, ovvero il metodo multi-lineare, parametrizzato per mezzo di opportune misure non additive (Marichal, 1999; Murofushi e Sugeno, 1989). Tale approccio consente di tenere in considerazione eventuali interazioni tra i criteri. La possibile presenza di interazioni tra i criteri significa che l’effetto congiunto dei valori dei criteri non è dato semplicemente dalla somma degli effetti (come in un modello lineare), ma da più complesse relazioni quali l’effetto orness, oppure l’effetto andness, secondo la struttura di preferenza dell’Esperto (o del gruppo di Esperti). Come illustrato nel paragrafo precedente, la vocazionalità viene rappresentata per mezzo di un albero decisionale, le cui foglie terminali rap-

Attitudine al riuso economico

Qualità del contesto

Grado di sviluppo economico

Flessibilità del manufatto

Qualità ambientale

Ottimo

Flessibilità edificio principale

Qualità della vista

Paesaggio

Prossimità a città storiche

Buono

Presenza annessi

Accessibilità grandi vie comunicazione

Salubrità

Itinerari enogastronomici

Modesto

Flessibilità annessi

Itinerari artistici

Scarso

Qualità urbana

Siti naturali

Localizzazione del manufatto

Accessibilità locale

Vicinanza a manufatti simili

Figura 1 - La struttura del modello di valutazione della vocazionalità al riuso economico delle dimore storiche

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La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile” presentano gli indicatori, ed i cui nodi intermedi sono i criteri. La procedura di aggregazione consente di sintetizzare le valutazioni esogenamente espresse sullo stato degli indicatori, ciascuno dei quali viene espresso per mezzo di un giudizio esperto espresso in una scala comune da parte di un tecnico specializzato, in criteri di valutazione via via più aggregati e di giungere alla fine ad un criterio riassuntivo finale. Tale aspetto implica che è necessario tarare per ogni nodo dell’albero, dal basso verso l’alto, opportune funzioni di aggregazione (approccio bottom-up). La complessità del problema di valutazione risiede anche nel fatto che i parametri del sistema (le misure non additive, sotto specificate), vengono definite da diversi esperti, ciascuno dei quali fornisce separatamente le proprie valutazioni. A differenza della funzione di aggregazione più usata, ovvero la media pesata, in un modello più generale la valutazione non è necessariamente la somma pesata dei valori dei criteri. In particolare, la media pesata richiede il soddisfacimento del cosiddetto Assioma delle Indipendenze Preferenziali che prevede che un valore insoddisfacente di un criterio possa essere compensato da un valore alto di altri criteri, ovvero una cattiva prestazione di un indicatore può essere controbilanciata dalla buona prestazione di un altro, a discapito di situazioni maggiormente equilibrate. Ma tale compensazione può essere inadeguata, come verificato dai giudizi espressi dagli esperti in molte situazioni reali, incluso il caso di studio qui presentato, e può essere evitata ricorrendo al concetto di “misura non additiva” (Grabisch, 1997), (Despic, 2000). In tal caso un “peso” (misura) viene attribuito non solo ad ogni singolo indicatore, ma ad ogni possibile coalizione di indicatori. In generale quindi, l’utilità dovuta alla presenza contemporanea di due benefici può essere minore o maggiore della somma delle utilità prodotte dai due benefici considerati separatamente. Se tale misura è maggiore della somma, si dirà che esiste una sinergia; altrimenti si avrà una ridondanza. Nel caso di uguaglianza, si ottiene la media pesata. Una condizione di monotonia però deve però essere rispettata, in pratica, la misura della coalizione che si ottiene aggiungendo un beneficio ad un sottoinsieme di criteri, non può essere minore della misura di tale sottoinsieme (ceteris paribus, l’aggiunta di un beneficio non può far diminuire la soddisfazione complessiva). Dal punto di vista matematico, tale metodo risulta ben caratterizzato, e comprende come casi particolari molti algoritmi di aggregazione, quali la media pesata, il MAX, il MIN, l’operatore OWA (Yager, 1993) ed altri ancora. Il calcolo dell’indice aggregato mediante misure non additive si fonda su valutazioni fornite da esperti su scenari ipotetici sullo stato dei criteri da aggregare. Tali valutazioni, per ciascun nodo dell’albero decisionale, sono state ottenute per mezzo di un opportuno questionario nel quale ciascun esperto assegna un valore tra 0 e 100 ad un certo scenario nello stato dei criteri, dove 0 è il valore peggiore e 100 quello migliore. Con riferimento ad un insieme di criteri, un vertice è la combinazione di valutazioni estreme, ovvero formate da assegnazioni Peggiore/Migliore (0/100) per ciascun criterio. Per assegnare i valori della misura in modo univoco, è

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sufficiente definire il punteggio (scoring) a ciascuna combinazione di valori Peggiore/Migliore, ovvero a ciascun vertice. Non sono necessarie pertanto valutazioni di casi intermedi. Nel caso di due soli criteri, si avranno così quattro domande, corrispondenti alle quattro situazioni possibili (00, 0-100, 100-0, 100-100), anche se in realtà solo due significative, in quanto le valutazioni dei due casi 0-0 ed 100-100 sono assegnate per default. La Figura 1 presenta il questionario relativo al nodo radice. Per essere significative, le risposte devono soddisfare le condizioni di monotonia. Ad esempio, una combinazione che contiene due indicatori a livello ottimo non può ricevere una valutazione inferiore al massimo tra le valutazioni che i due indicatori avevano ricevuto nei casi in cui erano l’unico beneficio. Si osservi che il numero di domande poste è il minimo richiesto per fornire in modo univoco i valori della misura. Infatti, ogni esperto deve rispondere solo a valutazioni estreme, ovvero su scenari caratterizzati da combinazioni Migliore/Peggiore, ma non su situazioni intermedie, che richiederebbero un numero molto alto di scenari da valutare, pur garantendo una rappresentazione più robusta delle preferenze degli esperti Nel caso di 3 criteri, l’applicazione del metodo richiede 8 domande, di cui 6 significative. In generale, con n criteri si hanno 2n - 2 domande significative. Le valutazioni espresse da ciascun esperto rappresentano, quindi, il suo profilo decisionale, più o meno orientato in senso pessimista (congiuntivo) anziché ottimista (disgiuntivo). Un profilo decisionale manifesta una tendenza di tipo congiuntivo se il grado di soddisfazione per un certo criterio non può essere elevato a meno che non lo siano tutti i valori dei sotto criteri. Altrimenti, nel caso di comportamento disgiuntivo, è sufficiente una elevata prestazione in un solo sotto criterio a garantire una elevata soddisfazione complessiva. Ad esempio, se V(0,100)=0, e V(100,0)=0, si ha un’iterazione negativa (conflittualità) ovvero l’operatore AND, e l’operatore multi-lineare diventa (vedi appendice): V (x1, x2) = x1 x2 Mentre, per contro, con V(100,0)=100, V(0,100)=100, si realizza l’operatore OR:

V (x1, x2) = x1 x2 – x1 x2 Un opportuno indice di andness, compreso tra zero ed uno, e calcolato a partire dai valori del set delle misure, stima la tendenza verso l’atteggiamento disgiuntivo anziché congiuntivo (vedi appendice). A partire dalle misure dei diversi esperti coinvolti, è stata poi stimata una misura “globale” rappresentata dalla media aritmetica1 (Tabella 2). Il fatto di disporre di diverse valutazioni esperte, fa sì che occorrerebbe considerare un’opportuna misura e gestione del consenso (Kacprzyk, 1992). Allo stato attuale, si è preferito svolgere un controllo manua-

1 La media di una misura monotòna è, infatti, anch’essa una misura monotòna, come si può facilmente verificare algebricamente.

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ESPERIENZE le dei valori inseriti dagli Esperti, e nel caso in cui tali valori non presentino eccessive difformità (varianza limitata), come, di fatto, è risultato dai test sperimentali, calcolarne il valor medio, da utilizzare per il calcolo della funzione di aggregazione. Nella Tabella 3 i coefficienti della funzione di aggregazione sono stai stimati adottando la trasformazione di Möbius (Appendice 2).

IL CASO DI STUDIO Il modello di valutazione appena descritto è stato è stato applicato ad un campione di 337 dimore storiche presenti nella Regione Veneto. Il risultato è una matrice (Tabella 4) che riporta in riga l’identificativo di ciascuna dimora e in colonna gli indici rela-

Tabella 1 - Giudizio di un esperto sugli scenari composti dai diversi stati dei criteri nella definizione della vocazionalità

Tabella 2 - Giudizi medi degli esperti sugli scenari composti dai diversi stati dei criteri nella definizione della vocazionalità

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tivi all’obiettivo della vocazionalità e ai livelli intermedi della gerarchia del modello, per le tre destinazioni d’uso ipotizzate. Gli indici di vocazionalità stimati dal modello forniscono una misura della suscettività al riuso della dimora storica, sia in base alle caratteristiche dell’immobile che in base alle potenzialità d’utilizzo determinate dalla vocazione economica del contesto in cui la dimora è localizzata. Gli output del modello possono essere analizzati in vario modo: innanzitutto, un’analisi descrittiva preliminare sull’indicatore dell’obiettivo “vocazionalità” (Figura 2) fa emergere la destinazione turistico – ricettiva come quella mediamente preferibile. Questo risultato può essere motivato sia in base alle caratteristiche intrinseche dell’immobile che al suo contesto ambientale: trattandosi di edifici storici di rilievo, caratterizzati da peculiarità specifiche di tipo estetico ed artistico, la destinazione d’uso turistico – ricettiva (ospitalità, ristorazione, location per eventi, ecc.), anche se declinata nelle forme operative più diverse (dal bed and breakfast, all’agriturismo, all’hotel, ecc.) può essere ritenuta quasi la naturale evoluzione d’uso della dimora gentilizia o rurale. Peraltro, caratteristiche ambientali e paesaggistiche di pregio sono spesso strettamente correlate alla presenza di dimore storiche o di complessi storici architettonici, sia perché la scelta localizzativa originale privilegiava ovviamente contesti ambientali ameni, sia perché, più di recente, gli ambiti caratterizzati dalla presenza di dimore storiche sono stati salvaguardati attraverso strumenti urbanistici specifici che hanno indotto una certa cautela nell’uso dei suoli circostanti e delle pertinenze più prossime. La destinazione recettiva, inoltre, pare l’unica in grado di “internalizzare” le valenze storico – culturali dell’edificio, rendendole vero patrimonio da valorizzare e non vincolo da subire. Come si può osservare, esiste in realtà un certo

Tabella 3 - Vettore dei pesi stimati a partire dalle medie dei giudizi espressi dal panel di esperti per la valutazione della vocazionalità

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La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile” Tabella 4 - Estratto della matrice della vocazionalità al riuso delle Ville Venete

ID

Residence

Hotel

Uffici

Residence

Hotel

Uffici

...

Uffici

TIPOLOGIA DEL CONTESTO ECONOMICO

Hotel

QUALITÀ DEL CONTESTO

Residence

VOCAZIONALITÀ

...

1

0.4879

0.5462

0.4265

0.7430

0.7727

0.6564

0.3888

0.3166

0.1722

2

0.5583

0.6047

0.5558

0.7247

0.7372

0.6143

0.5611

0.4388

0.5333

3

0.4745

0.5339

0.4065

0.7430

0.7727

0.6564

0.3888

0.3166

0.1722

4

0.4806

0.5579

0.4646

0.4927

0.5600

0.4269

0.3888

0.3166

0.1722

effetto di “trascinamento” tra diversi indici di vocazionalità. Di solito, quindi, indici di vocazionalità elevati per una certa destinazione d’uso si accompagnano a buone performance degli altri indici, probabilmente in virtù del peso che il modello attribuisce al grado di sviluppo economico della zona. La seconda destinazione preferibile è il direzionale. In questo caso, la vocazione economica del contesto territoriale è probabilmente emersa come fattore trainante della valutazione: si può, infatti, notare come contesti fortemente urbanizzati e sviluppati dal punto di vista dei servizi e delle attività economiche industriali possano favorire il riuso delle dimore storiche nella forma della sede direzionale o dell’ufficio di rappresentanza, mentre i contesti dove trovano maggior sviluppo le attività del settore agricolo premino il riuso nella forma più classica della resi-

denza, anche se, ovviamente, nelle forme più consone all’abitare attuale. Le stime degli indici di vocazionalità consentono anche di individuare quelle situazioni di maggior rischio per la conservazione del manufatto. Infatti, se si analizzano congiuntamente le distribuzioni degli indici illustrati nella Figura 2, è possibile identificare i manufatti che “intrinsecamente” si presentano meno vocati al riuso economico, nei confronti dei quali l’intervento pubblico dovrebbe quindi concentrarsi. Ad esempio si è evidenziato che il 3,26% dei manufatti presenta un indice di vocazionalità per tutte le forme di riuso considerate inferiore al 0,5, rispetto ad una situazione ideale pari a 1. Al contrario, il 9,5% dei manufatti presenta almeno un indicatore di vocazionalità superiore a 0,7.

Figura 2 - Distribuzione degli indici di vocazionalità per destinazioni d’uso

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ESPERIENZE Tabella 5 - Le dimore storiche per indice di vocazionalità NUMERO

%

VOC (R e H e U) ≤

0,5

11

3,26

0,5

< VOC (R o H o U) ≤

0,6

158

46,88

0,6

< VOC (R o H o U) ≤

0,7

136

40,36

VOC (R o H o U) >

0,7

32

9,50

Totale

337

100,00

Il valore dell’output permette anche di operare un ranking della vocazionalità alle tre forme d’uso. Va, tuttavia, sottolineato che l’indice di vocazionalità deriva da giudizi di natura qualitativa che, sebbene espressi in forma cardinale, riguardano anche caratteristiche non sempre misurabili in forma oggettiva (qualità estetiche, pregio paesaggistico, ecc.). Se da un lato la natura qualitativa di questi giudizi giustifica la scelta metodologica dell’analisi multicriterio, dall’altro il giudizio espresso dall’output è caratterizzato da un certo grado di “sfocatezza”. Si può notare, inoltre, come le differenze tra i valori della vocazionalità relative alle diverse destinazioni d’uso siano di norma piuttosto modeste. Va detto che questo può derivare da una certa omogeneità territoriale ed economica del caso studio, perciò il modello discrimina la vocazionalità alle tre destinazioni d’uso prevalentemente in base alle variabili intrinseche della dimora storica, essendo piuttosto omogenee le caratteristiche territoriali. Ma una lettura più approfondita del problema della valutazione della vocazionalità al riuso permette di spingersi oltre la lettura del risultato in semplici termini di ranking tra alternative di utilizzo. Infatti, poiché per ogni dimora storica analizzata sono stati stimati tre indici di vocazionalità, ciascuno relativo ad una certa destinazione d’uso, si può affermare che la vocazionalità al riuso di ciascuna dimora sia descritta da una grandezza vettoriale composta di tre indicatori. Gli indici di vocazionalità variano per definizione tra 0 e 1. Se l’output del modello producesse tre indici di vocazionalità pari a 0, la vocazionalità al riuso della dimora sarebbe espressa da un vettore di zero; in questo caso, l’unica decisione operativa da prendersi sarebbe l’abbandono: la dimora presa in esame non sarebbe vocata ad alcuna forma di riuso economico e quindi la sua tutela dovrebbe essere finanziata interamente dalla pubblica amministrazione. Parallelamente, se il vettore di vocazionalità della dimora fosse composto di tre indici, ciascuno pari ad 1,00, ci si troverebbe in una situazione di completa indifferenza nella scelta della destinazione d’uso, in quanto la dimora sarebbe vocata in pari grado a tutte le alternative di riuso. Nella situazione intermedia, ovvero nel caso di un vettore composto di tre indici diversi ciascuno compreso tra 0 e 1, è possibile che esista un’alternativa di riuso economico alla quale la dimora storica è vocata in misura non indifferente rispetto alle altre due forme di riuso.

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Inoltre, di fatto, la realtà analizzata è costituita da edifici usualmente articolati e complessi, ed a volte non è possibile individuare con certezza una sola destinazione d’uso preferibile. Il modello di valutazione della vocazionalità può essere in questi casi applicato anche per selezionare forme di riuso “miste”, caratterizzate da più destinazioni d’uso, dislocate nelle varie zone che lo costituiscono. In questo caso, è possibile pensare alla valorizzazione dell’edificio in termini di sinergie tra usi diversi, che si alimentino e sostengano a vicenda. La complessità del problema decisionale riguardo alla destinazione d’uso appropriata è correlato al grado di sfocatezza del giudizio riassunto dal vettore della vocazionalità. Per poter rendere il modello operativo è emersa quindi la necessità di tarare un sistema di interpretazione del vettore delle vocazionalità in grado di selezionare, relativamente a gradi diversi nella sfocatezza del giudizio, la forma preferibile di riuso. La procedura si compone di tre fasi. Nella prima fase è stato calcolato, per ciascuna dimora, lo scarto tra la vocazionalità alla destinazione che ha ottenuto il punteggio più elevato e le altre due destinazioni. Se l’esistenza di una componente del vettore della vocazionalità maggiore delle altre due consente, infatti, di asserire che esiste una forma di riuso economico ammissibile, è necessario sapere di quanto questa componente si distanzia dalle altre, ovvero con quale “forza” questa alternativa di utilizzo emerge rispetto alle altre disponibili. Tale “forza” ( ) può essere espressa mediante la differenza percentuale tra la componente più elevata del vettore vocazionalità ed il massimo fra le altre due, secondo la seguente formula:

Nella seconda fase, è stata fissata una soglia minima in che, rappresenta il criterio di discriminazione fra l’alternativa dominante del ranking e le alternative subalterne. Una volta fissata la soglia, è possibile trasformare il vettore della vocazionalità in forma dicotomica (0/1). L’indice di vocazionalità assume valore 1 se la vocazione dominante si distanzia dalle altre di una misura pari ad almeno il valore percentuale fissato dalla soglia, 0 altrimenti. È stato così possibile stimare il vettore di scelta della destinazione d’uso. Applicando questa procedura di selezione delle alternative d’uso al caso di studio è stato possibile conteggiare, in forma assoluta e percentuale, il numero di dimore storiche per le quali è possibile esprimere un giudizio preciso rispetto alla possibilità di riuso economico, secondo diverse soglie di sfocatezza nel giudizio stesso. La Tabella 6 riassume i risultati dell’applicazione per varie soglie nella differenza dalle destinazioni subalterne rispetto alla destinazione dominante del ranking.

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La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile” Tabella 6 - Vocazionalità al riuso sostenibile delle dimore storiche per destinazione d’uso e per soglia minima di differenziazione Di,jm

DIMORE STORICHE VOCATE AL RIUSO ECONOMICO (%) Residence

Hotel

Uffici

25

0.00

0.30

0.00

20

0.00

2.97

0.00

15

0.00

16.91

0.00

10

0.00

41.54

0.00

5

0.00

73.29

0.00

Come si può osservare, allentando il livello della soglia, ovvero accettando un grado di sfocatezza del giudizio via via più elevato, aumenta la percentuale dei casi per i quali è possibile stabilire a quale tipologia di riuso economico sia conveniente destinare la dimora.

CONCLUSIONI Lo scopo di questo lavoro è stato quello di mettere a punto una procedura multicriterio per la valutazione dell’attitudine al riuso economico di dimore storiche. La procedura sviluppata modella il contributo di tutti i fattori influenti sulla suscettività al riuso dell’immobile storico, siano essi di natura intrinseca, tipologica, oppure di natura geografica, localizzativa ed economica. Il modello, organizzato in forma gerarchica, consente di definire la vocazionalità quale obiettivo composto e motivato da criteri, attributi ed indicatori di rango subalterno. La struttura del modello e gli indicatori possono essere quindi visti come uno strumento di analisi critica dei manufatti storici al fine di coniugare sviluppo e fruizione culturale al fine di ottenere flussi finanziari sufficienti alla manu-

tenzione delle strutture e delle componenti artistiche ed estetiche. Al di là dei contenuti specifici, infatti, il modello presentato costituisce un primo passo nel tentativo di oggettivare i ragionamenti valutativi finalizzati al recupero degli edifici storici a nuova destinazione d’uso. Inoltre, gli indici numerici prodotti dall’implementazione del modello sul caso di studio presentano ampie potenzialità di interpretazione, dal momento che possono essere letti sia in forma disgiunta (come indicatore di vocazionalità ad una delle tre alternative di riuso ipotizzate dal modello), come pure in forma aggregata (come indicatore della scelta prioritaria di destinazione, e di esclusione delle destinazioni subalterne). Entrando nel merito degli output prodotti, i risultati del modello sembrano ben fondati: sebbene in parte basati su criteri e attributi di tipo qualitativo, il modello fornisce anche un indicatore del grado di sfocatezza del giudizio espresso che offre un’indicazione sulla robustezza delle indicazioni fornite sulle varie destinazioni considerate. In merito ai risultati ottenuti, va notato che la destinazione recettiva appare la più adatta alla dimora storica, non solo perché riesce a valorizzare in termini di risorsa il carattere storico culturale di questi edifici, ma anche perché le dimensioni e la tipologia dei complessi storici analizzati rendono difficile l’adattamento dalla dimora alla moderna abitazione e sembrano penalizzate dall’utilizzo direzionale. Coerentemente con questa prima osservazione, qualunque sia la soglia di sfocatezza che si decida di utilizzare nella lettura degli output, la destinazione recettiva emerge sempre con una certa rilevanza, mentre viene a volte esclusa la destinazione residenziale. Tali valutazioni si possono rivelare molto utili anche per orientare l’allocazione delle risorse pubbliche disponibili per sostenere la conservazione del patrimonio storico. Infatti, per migliorare tale allocazione è opportuno che gli aiuti siano destinati a quei manufatti che per pregio intrinseco e localizzazione hanno minori possibilità di ospitare attività economiche remunerative.

Summary THE VALUATION OF HISTORICAL BUILDING’S ATTITUDE TO SUSTAINABLE ECONOMIC REUSE: A “MULTI ATTRIBUTE NON ADDITIVE” APPROACH

vation and a real opportunity to develop “sustainable” interventions both in terms of impacts on the historical value and economic feasibility.

The ancient houses of the Veneto Region are a particular heritage of great artistic and historical importance, both for their specific value and as component of the urban and rural landscape. Unfortunately, aging make these buildings very fragile and expensive to be maintained. For these reasons it is rather difficult to preserve them without an economic use. Economic reuse may be an “active” approach to preser-

To this purpose a multi-criteria evaluation model has been developed, which assesses the attitude of historic houses to economic reuse based on a set of hierarchically structured indicators.

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The indicators include all the aspects connected to the economic reuse vocation: economic, geographic, logistical, environmental and the specific architectural and structural aspects.

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ESPERIENZE The model uses a MAVT (Multi Attribute Value Theory) approach, based on an extension of Choquet integral: the multi-linear method, parameterized through appropriate not additive measures. The procedure models possible interactions among criteria. Interaction means that the combined effect of criteria is not given by the sum of the single effects (as in a linear model), but by more complex relationships, such as the “orness” and “andness” effects, according to the decision-maker’s preference structure. The multi-criteria model, developed with the help of nine experts, was applied to a sample of 337 historic houses. The “attitude” indices estimated by the model provide a valuation of the vocation of historic residences to the economic reuse, based on the characteristics of property and the context in which the building is located. The outputs of the model provide various indications. First, a preliminary analysis suggests that “hotel” use is normally the preferable one. This depends from the intrinsic characteristics of the properties and from the environmental context: considering historic buildings of great aesthetic and artistic value, the tourist’s use (hotel, restaurant, events location, etc..) can be considered the natural evolution of the use of the aristocratic rural residence. Nevertheless, merit environmental and landscape features are often closely related to the presence of historic houses, given that both the original location choice had favoured pleasant environmental contexts, and why, more recently, areas characterized by the presence of historic houses are being preserved through specific planning instruments that have limited the transformation of surrounding land and buildings.

The analysis shows that “hotel” seems the use that can “internalize” the cultural - historical values of the buildings, making them “economic opportunities” and not penalizing constraints. The second preferred use is offices. In this case, the economic structure of the territorial context emerges as the main driver of the assessment: in fact, it is possible to note how highly urbanized and developed contexts (in terms of services and industrial businesses) can encourage the reuse of historic houses as high quality office. The contexts where agricultural activities are more developed, however, encourage reuse towards residence. The indices also identify the situations of “high risk” for the conservation of the building and compute a “ranking of the vocation” for the three considered uses (hotels, residences, offices). Making the model to become operational, it has been necessary to calibrate an interpretation system of the vocation indices vector, able to select or to exclude the economic reuse, in relation to different fuzziness degrees. Concluding, the multi-criteria valuating model can help to support the allocation of public resources available for the preservation of historical heritage. In fact, to improve the public expenses efficiency, these resources should be used to preserve those buildings with intrinsic and location characteristics that compromise the profitability of the economic reuse. key words: historical buildings, economic reuse, multiple criteria analysis

* SILVIO GIOVE, Dipartimento di Matematica Applicata, Università di Venezia, Dorsoduro 3825/E, 30123, Venezia (Italia) sgiove@unive.it ** Il Curriculum Vitae è disponibile sul n. 2 di Valori e Valutazioni. Gli autori ringraziano l’architetto Mila Dalla Valle e la dottoressa Valentina Zanatta per il prezioso contributo all’elaborazione dei dati. Si ringraziano, inoltre, per la collaborazione alla costruzione del modello di valutazione i professori Clemente Di Thiene e Gianluca Frediani e gli architetti: Roberta Galli, Gabriele Ghiglioni, Alberto Guzzon, Raffaella Lioce, Danila Longo, Silvia Marini, Emilio Natarelli e Marco Storelli.

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ESPERIENZE APPENDICE A CRITERIO

ATTITUDINE AL RIUSO ECONOMICO

SUB-CRITERIO

SUB-CRITERIO

DESCRIZIONE

QUALITÀ DEL CONTESTO

Qualità dell’ambiente in cui si localizza il manufatto storico: in particolare si fa riferimento alla gradevolezza del contesto naturale ed alla qualità dell’edificato più prossimo.

SVILUPPO ECONOMICO

Livello di sviluppo delle principali attività economiche: agricolo,produttivo,terziario e turistico.

FLESSIBILITÀ DEL COMPLESSO EDILIZIO

Possibilità di mutare la funzione prevista dal progetto di riuso per il complesso edilizio senza opere sostanziali.

LOCALIZZAZIONE DEL COMPLESSO EDILIZIO

Posizione del complesso storico, in riferimento alla vista dal manufatto ed alla visibilità dello stesso ed alla accessibilità.

ATTRIBUTO

DESCRIZIONE

Qualità ambientale

Valuta la gradevolezza e vivibilità dell’ambiente naturale di riferimento.

Qualità urbana

Valuta la qualità edilizia e costruttiva degli immobili circostanti il complesso storico.

ATTRIBUTO

DESCRIZIONE

Terziario

Presenza rilevante presso il contesto territoriale in cui è localizzato il complesso architettonico di attività economiche ed imprese nel settore dei servizi.

Produttivo

Presenza rilevante presso il contesto territoriale in cui è localizzato il complesso architettonico di attività economiche ed imprese nel settore produttivo e manifatturiero.

Agricolo

Presenza rilevante presso il contesto territoriale in cui è localizzato il complesso architettonico di attività economiche ed imprese nel settore agricolo.

QUALITÀ DEL CONTESTO SUB-CRITERIO

SVILUPPO ECONOMICO

Turistico

FLESSIBILITÀ DEL COMPLESSO EDILIZIO

SUB-CRITERIO

LOCALIZZAZIONE DEL MANUFATTO

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Presenza rilevante presso il contesto territoriale in cui è localizzato il complesso architettonico di attività economiche ed imprese nel settore turistico.

Flessibilità del Corpo Centrale / Padronale

Valuta la capacità del corpo centrale dell’edificio di ospitare l’attività economica relativamente alla sua capacità di adattarsi ai minimi interventi di tipo strutturale, distributivo e tecnologico necessari per il riuso a fini economici dell’edificio.

Presenza di Aree ed Edifici Accessori

Valuta la potenzialità dell’edificio all’inserimento di attività economiche relativamente alla possibilità di fruire di strutture e aree accessorie all’edificio principale.

Flessibilità degli Edifici Accessori

Valuta la capacità degli edifici accessori ospitare l’attività economica relativamente alla sua capacità di adattarsi ai minimi interventi di tipo strutturale, distributivo e tecnologico necessari per il riuso a fini economici dell’edificio, e in particolare alla possibilità di ospitare le attività funzionali maggiormente impattanti in termini tecnologici e funzionali.

ATTRIBUTO

DESCRIZIONE

Qualità della vista

Valuta la qualità della vista e del panorama fruibile dal complesso architettonico e la visibilità dello stesso dal territorio circostante.

Accessibilità da grandi infrastrutture

Valuta la possibilità di raggiungere il complesso storico attraverso infrastrutture di grande traffico, assumendo che la facile.

Accessibilità locale

Valuta le potenzialità della rete stradale e dei servizi di trasporto del contesto territoriale prossimo al complesso architettonico.

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La valutazione dell’attitudine delle dimore storiche al riuso economico “sostenibile” APPENDICE B Le misure non additive Si considerino n criteri, e sia . Una misura non additiva è una funzione d’insieme (set function) , che soddisfa le seguenti proprietà, : Si osserva che un valore della misura è associato a ciascun sottoinsieme di criteri. La prima richiede che la misura dell’insieme vuoto sia nulla (nel caso in cui nessun criterio è soddisfatto), e quella dell’insieme universo sia pari ad uno, valore massimo che può essere assunto se tutti i criteri sono contemporaneamente soddisfatti. La seconda condizione implica una proprietà di monotonìa: una coalizione contenuta in una seconda, non può essere associata una misura inferiore di quella associata alla coalizione più vasta. Tale proprietà è sicuramente desiderabile nella maggior parte delle applicazioni (ceteris paribus, aumentare un beneficio non può ridurre la soddisfazione complessiva), anche se misure non monotòne che possono rappresentare effetti di inibizione sono stati proposti nella letteratura (Cardin e Giove, 2008)]. Una misura si dice additiva se non si ha nessuna interazione tra criteri, ovvero se . Una misura additiva rappresenta la media pesata. Una misura è sub-additiva se rappresenta una interazione conflittuale (ridondanza), ovvero se . In tal caso, il peso dell’insieme formato dall’unione di due sottoinsiemi di criteri, è minore della somma delle pesi dei due sottoinsiemi. Invece, nel caso di misure super-additive accade l’esatto contrario, ovvero un effetto di sinergia. Questo accade se: Data una misura non additiva , un opportuno algoritmo di aggregazione, l’integrale discreto di Choquet, consente di calcolare il valore aggregato di un insieme di criteri, i cui valori siano , calcolando la media dei contributi marginali che si ottengono eliminando un criterio alla volta, come segue:

Il simbolo rappresenta la seguente permutazione , mentre , con la convenzione . Si può inoltre dimostrare che la precedente è equivalente alla:

sperto, nel definire la propria misura non additiva, deve assegnare valori non negativi, un numero decisamente improponibile non appena il numero dei criteri sia maggiore di 5, 6. In alternativa, ed al prezzo di una potenziale perdita di informazione, è possibile definire misure caratterizzate da interazioni solo tra n-ple di criteri di cardinalità (Grabish, 1997). In particolare, se si parla di modelli del secondo ordine, che richiedono solo valori al posto di . In tal caso si accetta l’ipotesi di assenza di interazioni per coalizioni di numerosità maggiore di , non sempre accettabile. Osserviamo infine che d ogni misura non additiva , si può biunivocamente assegnare l’insieme di valori mediante la cosiddetta trasformazione di Möbius (Grabisch, 2003; Marichal, 1999):

la cui trasformazione inversa è la seguente:

I coefficienti tà:

devono soddisfare le seguenti proprie-

l’integrale di Choquet si può scrivere come segue (Marichal, 1998):

Inoltre, se si ha un effetto sinergico per la coalizione , mentre se si ha, al contrario, un effetto conflittuale. Se non si hanno interazioni tra i criteri appartenenti al sottoinsieme . Osserviamo che nella precedente formula, il minimo (MIN) tra i valori dei criteri della coalizione viene moltiplicato per il valore della misura di tale coalizione. L’operatore MIN è un caso particolate di norma triangolare (t-norma) un operatore caratterizzato da monotonìa e da altre proprietà di razionalità (Klement, 2000). Come suggerito nella letteratura, è pertanto possibile sostituire tale operatore (MIN) con un’altra t-norma (Fujimoto, 1997), ad esempio l’operatore prodotto, che a differenza del MIN risulta differenziabile e parzialmente compensativo. Si ottiene allora la seguente rappresentazione dell’operatore multi-lineare: n

n

n

V(x1,x 2 ,..,x n ) = " a i x i + " Tale formula calcola la media pesata se la misura è additiva, ma ne rappresenta alternativamente una vasta generalizzazione, includendo come caso particolare l’operatore OWA e molti altri operatori di aggregazione. Posto che un valore è assegnato a ciascuna coalizione degli criteri, e tutte le possibili coalizioni sono , ciascun E-

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n

"a

i1 =1 i 2 = i1 +1

i=1 n

+ .....+ "

i1 =1 i 2 = i1 +1

n

" "a

xx x +

i1 i 2 i 3 1 2 3

i1 =1 i 2 = i1 +1 i 3 = i 2 +1

n

"

n

i1 i 2 x1x 2 + " n

....

"a

i1 i 2 ... i n i n = i n #1 +1

x1x 2 ....x n

che differisce dall’integrale di Choquet solo per la sostituzione, nello spazio duale, dell’operatore min con il pro-

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ESPERIENZE dotto tra i valori dei criteri, e risulta maggiormente smoothed rispetto all’integrale di Choquet, pur non soddisfa alcune proprietà teoriche (Grabisch et al., 2001), in particolare vìola la proprietà di omogeneità lineare. È poi da notare che l’operatore multi-lineare assume la seguente connotazione di funzione pseudo-booleana nello spazio della misura non additiva (Marichal, 1998):

Osserviamo poi che se tutti i valori della misura sono nulli (tranne la misura dell’insieme universo che vale 1 per default) si ottiene l’operatore di aggregazione “congiunzione logica” AND, il cui significato è il seguente: si ha soddisfazione solo se TUTTI i criteri sono soddisfatti (assenza di compensazione). Il contrario si ha nel caso in cui tutte le misure valgano 1 (tranne le misura dell’insieme vuoto); in tal caso, è sufficiente UN SOLO criterio soddisfatto per

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garantire piena soddisfazione, ovvero si realizza l’operatore di “disgiunzione logica” OR. Tale due situazioni rappresentano i due estremi possibili che caratterizzano un profilo decisionale rappresentabile per mezzo di misure non additive (e non sono rappresentabili per mezzo della media pesata). Tanto più la misura si avvicina alla prima condizione, tanto più l’Esperto è caratterizzato da un comportamento di tipo ANDNESS (“pessimista”), al contrario, si dirà di tipo ORNESS (“ottimista”). Un opportuno indice, indice di ORNESS, caratterizza la misura sotto questo profilo, assieme al suo complementare (indice di ANDNESS), e può essere calcolato come segue:

essendo

. È poi:

Nel caso di sue soli criteri, si ha con 3:

, mentre , e così via.

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo Sara Levi Sacerdotti*, Emanuela Gasca**, Stefania Mauro***

parole chiave: governance, turismo, visitor management, linee guida, Piemonte

Abstract Torino, nel 1998, si candidò e vinse l’opportunità di ospitare i XX Giochi Olimpici Invernali, e il successo che le Olimpiadi ebbero richiese di consolidare la filiera turistica sul territorio piemontese. Il Piano Strategico Regionale per il Turismo del 20081, uno tra i pochi esempi di pianificazione e programmazione strategica legata al turismo nello scenario nazionale concepì il turismo come settore trainante per lo sviluppo del territorio sia in termini economico-sociali, che di governance tra gli attori coinvolti è stata formalizzata con il Piano Strategico Regionale per il Turismo del 2008. Ritenendolo prioritario per l’organizzazione turistica, il miglioramento dell’accoglienza e della gestione dei visitatori è stato oggetto di un lavoro di ricerca approfondito realizzato da SiTI, Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione, e DICAS, Dipartimento Casa Città del Politecnico di Torino, che si è prefisso lo scopo di fornire indicazioni utili e linee guida operative d’intervento all’amministrazione regionale per conseguire gli obiettivi di sviluppo prefissati. Il saggio illustra l’approccio metodologico che ha preso spunto da un metodo già molto utilizzato nei paesi anglosassoni e deno-

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minato visitor management. Questo approccio, attraverso l’analisi delle aspettative dei turisti, la valutazione degli impatti, la gestione delle destinazioni, indirizza le politiche ed i processi di amministrazione in modo da permettere un’alta qualità di esperienza dell’ospite, tutelare l’ambiente e mantenere un’adeguata redditività. Si connota quindi come un approccio d’analisi e valutazione di tipo integrato per la definizione di strategie capaci di migliorare la soddisfazione del visitatore contestualmente a quella della comunità locale che ospita il sito di interesse turistico e, al tempo stesso, realizzare il coinvolgimento degli stakeholder. Al fine di elaborare linee guida generali per tutto il territorio regionale, il gruppo di lavoro, di concerto con la Committenza, ha selezionato tre casi studio rappresentativi dei prodotti turistici e dei sistemi territoriali dell’area piemontese che si configurano come case study di partenza sui quali applicare operativamente l’approccop del visitor management. Lago d’Orta: territorio comprendente 24 Comuni e due Province (Novara e Verbano Cusio Ossola), è considerato come sistema territoriale tendenzialmente omogeneo ed

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ESPERIENZE è riconducibile al prodotto turistico lacuale. In questo primo caso il visitor management viene applicato per la razionalizzazione dei flussi turistici e dunque per la valorizzazione di altre porzioni di territorio oltre al lago e il conseguente spostamento di turisti. Lago d’Orta: territorio comprendente 24 Comuni e due Province (Novara e Verbano Cusio Ossola), è considerato come sistema territoriale tendenzialmente omogeneo ed è riconducibile al prodotto turistico lacuale

DIVERSIFICAZIONE DELLE ECONOMIE REGIONALI: LA REGIONE PIEMONTE E IL TURISMO L’industria turistica1 rappresenta ad oggi per molte economie regionali un nuovo modello di sviluppo in grado di sostenere, direttamente ed indirettamente, quei territori che hanno conosciuto negli ultimi decenni momenti di congiuntura economica negativa. La terziarizzazione si è mostrata una buona occasione per le regioni di intraprendere un percorso di uscita dalla crisi economica soprattutto laddove l’economia locale si basava su modelli di monocultura industriale. La Regione Piemonte è una delle protagoniste di questa dinamica. Territorio di antica tradizione industriale, è stata oggetto di un processo di ristrutturazione a partire dagli anni ottanta2 e di inversione di tendenza dagli anni novanta grazie a un a politica mirata da parte dei decisori che hanno ritenuto di focalizzare le proprie risorse su cultura e turismo credendo nella possibilità di un cambiamento di immagine. Torino, nel 1998, si candida e vince l’opportunità di ospitare i XX Giochi Olimpici Invernali. Tale evento, “grande evento”, segna la storia della Regione imponendo alle amministrazioni e ai politici (di tutti i livelli e colori) di lavorare per l’obiettivo comune di utilizzare le Olimpiadi come trampolino di lancio per ridisegnare le sorti del proprio territorio. In effetti così è stato. La riorganizzazione del territorio a fini turistici, l’ampliamento della capacità ricettiva, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali esistenti, le politiche di comunicazione volte a cambiare l’immagine3, la mobilitazione non solo delle risor-

1 L’industria turistica consiste nell’integrazione, che si risolve in un viaggio organizzato, di servizi utili a permettere l’esperienza turistica: il trasporto da un luogo ad un altro, il soggiorno, la ristorazione, ecc. Storicamente si attribuisce la nascita dell’industria turistica così come modernamente intesa a Thomas Cook che nel 1841, per la prima volta nella storia, organizzò un viaggio di massa. 2 Si veda a questo proposito Vitali G. (2002), Il taccuino dell’economia piemontese, Regione Piemonte, Torino. 3 Si veda a questo proposito Martina A. (2006), Comunicare la città. Il caso di Torino Olimpica, Bruno Mondadori, Torino.

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La Valle di Susa: area che coinvolge due Valli (Bassa Valle di Susa e Alta Valle di Susa), si presenta come sistema territoriale eterogeneo ed è riconducibile al prodotto turistico montano. Reggia di Venaria: “bene faro” del sistema museale locale e internazionale, si configura come “unicum” (sistema composto dalla Reggia, dai Giardini e dal centro storico di Venaria Reale) ed è riconducibile al prodotto turistico culturale.

se più evidenti ma anche di hidden resources (Picchierri e Dondona, 2009) e il rafforzamento dell’orgoglio collettivo della comunità locale hanno sortito l’effetto sperato. Torino e il Piemonte, a differenza di altre sedi che nel passato hanno ospitato le Olimpiadi, hanno incrementato decisamente i propri flussi turistici. Dal 2000 il Piemonte ha registrato tassi di crescita costanti anno su anno passando da 2 milioni 532mila arrivi nel 2000 ai 3 milioni e 476mila del 2008. Un incremento pari al 37,3% (Bergonzo, 2009). Il successo delle Olimpiadi ha richiesto di consolidare la filiera turistica sul territorio piemontese attraverso una riorganizzazione complessiva e coordinata delle sue risorse per poter diventare una destinazione competitiva e di successo. La visione del turismo come settore trainante per lo sviluppo del territorio sia in termini economici-sociali, che di governance tra gli attori coinvolti è stata formalizzata con il Piano Strategico Regionale per il Turismo del 20084, uno tra i pochi esempi di pianificazione e programmazione strategica legata al turismo nello scenario nazionale. Come cita il Piano stesso «la Giunta Regionale ha assunto l’obiettivo generale di incrementare in misura significativa l’incidenza del comparto turistico nel PIL regionale; di conseguenza ha dato mandato alle strutture tecniche e amministrative di predisporre tutte quelle iniziative che – favorendo l’incremento dei flussi, l’abbattimento dei costi, l’aumento dell’attrattività e l’accentuazione dei fattori di accessibilità – permettono di raggiungere questo risultato». Tra le misure ritenute prioritarie per l’organizzazione turistica regionale quella relativa al miglioramento dell’accoglienza e della gestione dei visitatori è stata oggetto di un lavoro di ricerca approfondito realizzato da SiTI, Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’Innovazione, e DICAS, Dipartimento Casa Città del Politecnico di Torino, i quali al termine delle analisi hanno fornito indicazioni utili e linee guida operative d’intervento all’amministrazione regionale per conseguire gli obiettivi di sviluppo prefissati. 4 Il PSRT è stato predisposto dalla Giunta regionale del Piemonte in attuazione della Deliberazione n. 4-1831 del 19 dicembre 2005 e trasmesso con D.G.R. n. 47-8657 del 21 aprile 2008, ai fini della successiva approvazione, al Consiglio regionale accompagnato dal “Rapporto ambientale”.

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo Il gruppo di ricercatori coinvolti nel progetto ha definito un approccio metodologico per valutare i sistemi turistici, attraverso ricerche bibliografiche e analisi della letteratura nel campo della gestione e della valutazione dei sistemi turistici, che ha preso spunto da un metodo già molto utilizzato nei paesi anglosassoni e denominato visitor management. Nel paragrafo successivo se ne illustrano più dettagliatamente le origini e la metodologia messa a punto per la Regione Piemonte.

VISITOR MANAGEMENT: UN MODELLO DI VALUTAZIONE Il visitor management è stato definito da Hall e McArthur (1996) come «la gestione dei visitatori tale da massimizzare la qualità dell’esperienza del turista contribuendo contemporaneamente a soddisfare gli obiettivi di gestione dell’amministrazione locale» ed è stato utilizzato negli ultimi cinquanta anni da diverse agenzie e organizzazioni, a differenti livelli di applicazione e scale territoriali. Storicamente il visitor management è nato per ridurre gli impatti negativi legati all’eccessivo flusso di turisti all’interno di aree protette. Infatti negli anni cinquanta, a causa della considerevole crescita del numero dei visitatori all’interno dei Parchi Nazionali degli Stati Uniti, si ebbe la necessità di prevedere una gestione e una riduzione degli impatti fisici del turismo e di quelli relativi all’interazione tra le diverse tipologie di visitatori. A partire dagli anni sessanta iniziarono le prime applicazioni in Europa e in particolare nel Regno Unito che, anche in questo caso, miravano a limitare gli impatti del turismo di massa sul paesaggio. Di recente questa teoria è diventata uno strumento valutativo (per la comprensione del fenomeno turistico) e gestionale (per la razionalizzazione dei flussi sia in aree contenute sia in territori più ampi), anche se principalmente ha trovato la sua applicazione ideale, quale processo consolidato e formalizzato, in paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda che, dotati di numerose aree protette, necessitano di una gestione dei grandi flussi turistici più organizzata. In passato dunque la gestione dei flussi turistici veniva concepita come strumento per limitare gli impatti fisici, per mezzo di tecniche quali la misurazione degli impatti, il monitoraggio di indicatori ambientali o ad esempio con la definizione di soglie massime di uso da non superare. L’approccio tradizionale tendeva a considerare il turista come il fattore esterno che determina l’impatto e dunque “colpevole fino a prova contraria”, escludendo pertanto dal metodo la dimensione che riguarda l’esperienza del visitatore, sulla quale invece negli ultimi anni si è concentrata molto l’attenzione in quanto riconosciuta sempre più strategica nella definizione delle tecniche gestionali (Mason, 2002). L’esperienza del turista, ovvero l’esperienza di consumo, secondo Arnould (2004) può essere suddivisa in fasi cronologicamente successive che si sviluppano in quattro momenti: (I) anticipated consumption, (II) purchase experience, (III) consumption experience e (IV) remembered consumption and nostalgia. Le prime due fasi sono fondamentali in quanto rappresentano il momento in cui si percepisce il bisogno di viaggiare

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e si organizza il viaggio. Raggiunta la destinazione si ha la parte centrale dell’esperienza ovvero la fruizione vera e propria della vacanza ed infine il ritorno a casa seguito dalla fase del ricordo, quella nella quale si valuta l’esperienza nel suo complesso e se ne esprime un giudizio positivo o negativo. L’introduzione di questa dimensione ha posto le basi per sviluppare una nuova impostazione che supera l’approccio hard, di gestione fisico-economica e di regolamentazione più pura, arrivando ad un approccio di tipo soft5 che si serve invece di strumenti quali l’educazione ambientale, l’informazione e la cultura dell’accoglienza. Considerare il ruolo del turista e la sua esperienza di viaggio, dalla decisione della meta al ritorno a casa, permette di avere una prospettiva più completa del problema nella quale il visitatore può essere inserito all’interno di un contesto che include sia la gestione della comunità locale che quella dell’ambiente visitato. L’educazione e l’informazione creano le condizioni per aumentare la consapevolezza del turista generando un processo virtuoso che permette il miglioramento della qualità dell’esperienza ed al tempo stesso una riduzione degli impatti. Il visitatore prova un’esperienza influenzata da più aspetti (naturali, economici, culturali, ecc.), la cui qualità è determinata dal livello di risposta alle sue aspettative. Il visitor management, attraverso l’analisi delle aspettative dei turisti, la valutazione degli impatti, la gestione delle destinazioni, indirizza le politiche ed i processi di amministrazione in modo da permettere un’alta qualità di esperienza dell’ospite, tutelare l’ambiente e mantenere un’adeguata redditività proprio come definito da Hall e da McArthur. Si connota quindi come un approccio d’analisi e valutazione di tipo integrato e gli obiettivi attesi sono relativi alla definizione di strategie atte: • al raggiungimento della soddisfazione del visitatore contestualmente a quella della comunità locale che ospita il sito di interesse turistico; • al coinvolgimento degli stakeholder, al fine di indirizzare le politiche ed i processi di amministrazione verso un’elevata qualità dell’esperienza dell’ospite, una tutela dell’ambiente e il mantenimento di una redditività per la comunità locale. Inoltre l’integrazione, così come definita dalla World Tourism Organization (WTO, 2004) coinvolge, rispetto ai momenti dell’esperienza di viaggio, tre differenti livelli di azione: • la domanda; • la destinazione; • il sito6. I tre livelli d’azione presentano la medesima importanza strategica. Nella realtà non è sempre necessario, per rag5 La suddivisione tra approccio hard e soft è stata introdotta da Ling Kuo nel 2002. 6 La domanda si riferisce alle fasi I e II dell’esperienza di visita, rispettivamente anticipated consumption e purchase experience; la destinazione e il sito si riferiscono alla fase III: consumption experience.

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ESPERIENZE giungere gli obiettivi di gestione dei flussi, agire su tutti i livelli ma con una preliminare verifica dei bisogni in termini di soluzione dei problemi si è in grado di decidere se agire solo su alcuni. In altre parole, successivamente ad una fase di definizione degli obiettivi principali e di pianificazione, si scelgono e approfondiscono le azioni o i livelli di azione, secondo la classificazione sopra esposta, gestiti sulla base delle risorse disponibili e secondo le priorità e le modalità che si reputano adeguate alla soluzione dei singoli problemi che il contesto turistico esprime. Siti, destinazioni e domande turistiche sono entità correlate di un sistema complesso. La domanda si indirizza verso una specifica destinazione, intesa su una scala territoriale sufficientemente ampia che può generare i flussi turistici indirizzati verso i singoli siti. In questo contesto appare importante sottolineare la differenza sostanziale tra siti e destinazioni. Un elemento di prima differenziazione appare rappresentato dalle dimensioni territoriali: le destinazioni sono ambiti territoriali di tipo regionale, sub-regionale o comunque di area vasta, mentre i siti sono singole entità, anche di notevoli dimensioni spaziali. All’interno di una destinazione coesistono certamente più siti di interesse turistico, differenti tra loro e connotati da una specifica ed intrinseca capacità di attrarre domanda turistica. Le precisazioni appena svolte ci aiutano a comprendere i tre livelli di azione previsti all’interno della teoria del visitor management • il livello di azione che punta sulla gestione della domanda può essere definito come l’attivazione di una serie di strumenti che possono influenzare in maniera più o meno determinante la scelta di singoli individui o di gruppi organizzati di visitare un determinato luogo in un determinato momento; • la gestione della destinazione e il livello di azione che ne deriva è inteso come l’insieme di tutte le attività che l’autorità pubblica, e tutti gli altri attori locali, possono strutturare al fine di garantire forme sostenibili e responsabili di fruizione turistica dei luoghi fisici e della comunità ospitante; • per ultimo, il livello di azione che si riferisce alla gestione del sito contiene tutte quelle attività che il decisore pubblico e gli altri attori locali possono sviluppare in modo da produrre circoli virtuosi in termini di comportamento dei flussi turistici all’interno del sito visitato.

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Il WTO inoltre afferma, nel definire una metodologia operativa di visitor management, che i problemi legati ai flussi turistici necessitano per la loro risoluzione di politiche in cui il decisore pubblico si deve confrontare con tutti i soggetti coinvolti. Le strategie che gli attori coinvolti, in maniera sinergica, possono attivare ai differenti livelli determinano azioni che in qualche modo, almeno sul piano teorico, rispondono alla logica di integrazione di tre delle componenti principali del sistema turistico: Accessibilità, Accoglienza, Informazione. L’Accessibilità dipende dalle infrastrutture e dai servizi d’accesso alla destinazione turistica o al sito turistico e dalle loro prestazioni e fruibilità. Può essere definita come «il livello a cui i sistemi degli usi del suolo e dei trasporti consentono a (gruppi di) individui di raggiungere attività o destinazioni con un mezzo (una combinazione di mezzi) di trasporto» (Geurs e Van Wee, 2004). Essa è distinta in accessibilità esterna ed interna. Il primo caso si riferisce alla facilità di raggiungere una destinazione dal resto del mondo: essa, quindi, dipende principalmente dalla presenza di infrastrutture legate ai trasporti, come la presenza di aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade, ecc. Per il secondo caso ci si riferisce alla facilità di raggiungere le attrazioni e i prodotti secondari una volta che ci si trova all’interno della località meta di turismo. Dipende dunque dal sistema dei trasporti anzitutto pubblici, ma anche privati, che regola la mobilità interna alla destinazione (Russo e Van der Borg, 2002). L’Accoglienza è intesa come la dotazione di strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere (hard), ma include anche la cultura dell’accoglienza e la formazione degli operatori (soft). Entrambe i fattori determinano, agendo in concomitanza, la qualità e l’efficienza del sistema dell’accoglienza. Dal punto di vista culturale ciò che fa funzionare lo sviluppo è la capacità di accoglienza della comunità locale, degli operatori turistici e dei professionisti del settore verso il turista ma anche verso i suoi stessi abitanti: «un territorio è turisticamente attraente se lo è anche per chi vi abita» (IRES, 2006). Da qui la necessità di una vera e propria “educazione” al turismo, attraverso azioni che sviluppino nella popolazione un atteggiamento aperto e positivo nei confronti dell’ospite. Ad esempio alcuni strumenti notoriamente adottati per raggiungere degli alti livelli di qualità delle strutture ricettive, sia in termini culturali che strutturali, sono i programmi di certificazione di qualità per le strutture alberghiere ed extra-alberghiere che perseguono lo scopo di accrescere l’attrattiva turistica creando un’immagine di strutture ricettive attente alla qualità dell’accoglienza, alla tutela dell’ospite e all’ambiente. L’Informazione a livello turistico ha lo scopo di indirizzare i turisti verso le destinazioni, modificare il loro comportamento e orientarne gli spostamenti lungo le direttrici di visita specifiche individuate. Le strategie si muovono attraverso le tre scale d’azione precedentemente individuate. A livello della domanda si parla dunque di informazioni fornite nella scelta della destinazione attraverso guide turistiche, siti web, piattaforme sul web 2.0, rispetto alla destinazione e al

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo sito si parla dunque di centri e punti informativi, segnaletica stradale dedicata al turismo lungo le direttrici principali, ma anche attraverso leggii, capannini informativi, bacheche nei pressi di siti specifici di interesse turistico. Le tre tematiche, ai fini delle analisi, sono proposte con una distinzione concettuale e di azione assunta per convenzione, ma nella realtà si rivelano strettamente connesse. Agire su una di esse può comportare pertanto delle ricadute su una delle altre. Ad esempio le attività di supporto, che determinano la qualità dell’accoglienza, quali le infrastrutture di accesso, il sistema dei trasporti e del parcheggio, nonché i punti informativi, la connettività telematica, ecc. (che fanno capo alle categorie di Accessibilità ed Informazione) rischiano di diventare il fattore discriminante rispetto al successo di un’iniziativa di miglioramento dei servizi di accoglienza. Il gruppo di ricerca prendendo spunto dallo schema del WTO e dagli elementi descritti precedentemente ha definito un diagramma metodologico utile alla valutazione integrata del sistema turistico di una destinazione (Figura 1). I tre temi del visitor management sono trattati in modo settoriale con analisi dedicate e in modo trasversale con ana-

lisi non direttamente legate ai temi stessi ma che contribuiscono a completare lo stato di conoscenza del sistema turistico di una destinazione. Ad esempio è il caso delle componenti di domanda e offerta del mercato turistico: • «la domanda turistica si configura come un processo decisionale a due stadi in cui un soggetto sceglie, innanzitutto, se destinare una quota di tale reddito e di tempo libero a tale consumo rispetto ad altri competitivi» (Costa e Manente, 2000). La domanda turistica dunque si riferisce al comportamento di scelta del turista ed è analizzata in modo statistico attraverso dati fisici: numerosità, caratteristiche socio-demografiche, caratteristiche oggettive del viaggio (tipologia, destinazione, durata, mezzo di trasporto, alloggio, ecc.), caratteristiche di tipo soggettivo (motivazioni, determinanti, soddisfazione, ecc.) e attraverso dati economici tra quali ad esempio la spesa dei turisti (Vaccaro, 2007); • l’offerta turistica è costituita dai beni e servizi fruiti dai turisti ed in particolare da: risorse primarie, ovvero le attrazioni che rappresentano motivo di viaggio, e risorse secondarie, costituite da tutti quei servizi necessari per rendere le risorse primarie flessibili (ricettività, traspor-

Figura 1 - Diagramma metodologico del visitor management. Fonte: SiTI, 2007

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Figura 2 - Numero di casi studio che applicano in modo integrato soluzioni di gestione legate ad accessibilità, accoglienza ed informazione. Fonte: elaborazione SiTI, 2007

ti, ristorazione, commercio, ecc.). Le risorse primarie hanno caratteristiche della unicità, non riproducibilità e non vendibilità (Russo e Van der Borg, 2002). Le fasi di progetto illustrate nella Figura 1 portano a formalizzazione come fase finale dello studio dei piani d’azione e linee guida di sviluppo relativi ai contesti territoriali turistici presi in esame la cui attuazione è monitorata nel tempo per verificarne l’efficacia e per permettere azioni correttive laddove necessario.

tenze richiede la soluzione integrata su tutti e tre gli aspetti del visitor management, mentre il 48 % richiede il pacchetto composto da soluzioni integrate su accessibilità e informazione (Figura 2). Isolando i tre aspetti legati al visitor management emerge come l’informazione (92%) e l’accessibilità (87%) siano le tematiche per cui si richiede in modo più ricorrente un intervento gestionale. In molti meno casi vengono intraprese azioni di gestione dell’accoglienza (Figura 3).

Best practices internazionali di visitor management La rassegna delle best practices ha portato alla raccolta e classificazione di trentanove casi di località turistiche dove sono state attuate misure per la gestione dei visitatori7. La classificazione è avvenuta identificando per ognuno dei casi i seguenti parametri inseriti in una scheda anagrafica: funzione turistica prevalente, problematiche principali, metodo di lavoro adottato, obiettivi/strategie di gestione, e le azioni di gestione oltre che la tipologia di soluzione adottata (di accessibilità, informazione o accoglienza) e il livello di azione intrapreso (sulla domanda, sulla destinazione o sul sito). Dal confronto sinottico tra i trentanove casi studiati si è evidenziato come la maggioranza di essi ha avuto per lo più committenza da parte di enti pubblici ed enti gestori del sistema turistico considerato. Solo il 31% delle commit7 Dei quali ventotto situati in Europa (quattro in Italia), gli altri in paesi extra-europei (undici). Rilevante la presenza di siti appartenenti alla lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO (diciotto casi).

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Figura 3 - Tipologie di soluzioni adottate nei casi studio analizzati. Fonte: elaborazione SiTI, 2007

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo TECNOLOGIE PER UN “TURISMO 2.0” Il rapporto tra tecnologia e turismo sta diventando sempre più stretto. Il web e le nuove tecnologie rappresentano veicoli di promozione ed organizzazione del territorio. Con il web 2.0 il turismo diventa eTourism grazie al web marketing, ai social networks, alla possibilità di visitare virtualmente le destinazioni, di prenotare on-line, di aumentare la conoscenza e scambiare opinioni nelle community; con le nuove tecnologie il mondo accademico ed istituzionale è in grado di monitorare e comprendere maggiormente l’evoluzione del fenomeno turistico. È possibile effettuare una distinzione delle tecnologie abbinate al turismo esistenti sulla base della loro funzione di utilità: • tecnologie per lo svolgimento dell’esperienza turistica, utilizzate quindi dai turisti stessi; • tecnologie utili alla definizione strategica e alla pianificazione turistica, utilizzate quindi da ricercatori, istituzioni pubbliche e DMOs (Destination Management Organizations); • tecnologie di supporto agli operatori turistici per facilitare l’organizzazione del viaggio. La prima categoria, in qualche modo funzionalmente complementare alla seconda, racchiude tutte quelle tecnologie (la maggior parte delle quali di tipo informativo) che hanno/possono avere un ruolo determinante nel migliorare o comunque influenzare l’esperienza di fruizione turistica di un territorio. Ad esempio carte turistiche, audio-video guide per pianificare il viaggio, gli itinerari e le singole visite, servizi di mobile tourism, ecc. Possono essere incluse nella seconda categoria tutte quelle tecnologie, più o meno innovative, che permettono/facilitano nelle fasi di pianificazione turistica di sviluppare monitoraggi utili alla completa comprensione della dimensione sistemica del territorio e più in particolare delle dinamiche che si generano nella fruizione a fini turistici di destinazioni o siti (si veda a questo proposito il par. Analisi trasversali – monitoraggio dei flussi turistici con il GPS). La terza categoria rientra maggiormente nell’ambito dell’eCommerce e si riferisce alle tecnologie utili sia alla promozione del proprio prodotto/servizio, sia alla gestione dei clienti in relazione al servizio offerto ed al controllo delle performance. È il caso questo ad esempio dei servizi sul web o dei software gestionali, utilizzati da agenzie di viaggio, tour operator o strutture ricettive.

da Marcello Conigliaro - La cultura e la tecnologia antropocentrica

Ricevitore satellitare utilizzato per il monitoraggio dei flussi turistici.

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I Amsterdam card - card con chip simile ad una carta di credito ideata dall’Ufficio Turistico olandese che dà diritto all’utilizzo illimitato dei mezzi di trasporto pubblici, all’ingresso ai principali musei e altre attrazioni, e sconti presso esercizi convenzionati.

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ESPERIENZE VALUTAZIONE DEL FENOMENO TURISTICO A PIÙ LIVELLI I tre casi studio: prodotti turistici e sistemi territoriali In relazione a quanto detto in precedenza, al fine di elaborare linee guida generali per tutto il territorio regionale, sono stati scelti, di concerto con la Committenza, tre casi studio rappresentativi dei prodotti turistici e dei sistemi territoriali dell’area piemontese. Si sottolineano comunque le definizioni dei concetti precedentemente espressi che verranno ripresi nello schema che segue in relazione alle aree specifiche: • sistema territoriale: definisce l’area in esame come insieme di imprese e di relazioni che queste imprese intrattengono con soggetti locali senza focalizzarsi esclusivamente sui servizi e sul governo del territorio (Cagliano et al., 2001); • prodotto turistico: rappresenta una combinazione di aspetti diversi (caratteristiche dei luoghi visitati, mezzi di trasporto, tipologia di strutture ricettive, attività specifiche presso la destinazione, ecc.) che ruotano intorno ad un polo turistico di interesse e che si identificano con un’attività specifica come la visita di siti culturali o lo svolgimento di attività sportive (UNWTO, 2008). Tali concetti vengono così messi in relazione a specifici territori che, identificati con la Regione Piemonte, si configurano come case study di partenza sui quali applicare operativamente con l’approccio del visitor management. Nel-

lo specifico si riportano in seguito le principali caratteristiche delle aree in esame: • Lago d’Orta: territorio comprendente 24 Comuni e due Province (Novara e Verbano Cusio Ossola), è considerato come sistema territoriale tendenzialmente omogeneo ed è riconducibile al prodotto turistico lacuale. In questo primo caso il visitor management viene applicato per la razionalizzazione dei flussi turistici e dunque per la valorizzazione di altre porzioni di territorio oltre al lago e per il conseguente spostamento di turisti. • Valle di Susa: area che coinvolge due Valli (Bassa Valle di Susa e Alta Valle di Susa), si presenta come sistema territoriale eterogeneo ed è riconducibile al prodotto turistico montano. Il visitor management in questo caso si prefigge di migliorare la gestione dei visitatori legati ai due prodotti principali, montagna invernale e montagna estiva (destagionalizzando i flussi legati alle montagne olimpiche) e contestualmente favorire lo spostamento dei flussi verso la bassa valle. • Reggia di Venaria: “bene faro” del sistema museale locale e internazionale, si configura come “unicum” (sistema composto dalla Reggia, dai Giardini e dal centro storico di Venaria Reale) ed è riconducibile al prodotto turistico culturale. In questo terzo caso la teoria del visitor management verrebbe così applicata su una realtà all’inizio del suo ciclo di vita e dunque con la possibilità di approfondirne i suoi aspetti in divenire. Lo schema che segue riassume le precedenti considerazioni in termini di ambito di analisi e di tipologia di prodotto turistico.

Figura 4 - Visitor management – casi studio. Fonte: SiTI, 2008

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo Come emerge dallo schema precedente, ogni area scelta è rappresentativa di un prodotto turistico e di un sistema territoriale.

I tre casi studio: un modello di governance Contestualmente alla scelta dei casi studio, fondamentali sono state le azioni di governance che hanno permesso di coinvolgere un ventaglio variegato di soggetti, siano essi i diretti fruitori delle destinazioni, siano i policy-makers rappresentativi degli enti territoriali. In questo senso, così come definiti dalla letteratura (Costa e Manente, 2000), si possono identificare in senso generale i soggetti che ruotano intorno al sistema turistico: a) il visitatore che mira a soddisfare precisi bisogni, la natura dei quali determina la destinazione scelta; b) le imprese che operano in termini professionali per soddisfare le esigenze del turista mediante la produzione di beni e servizi ad esso destinati; c) il sistema politico-amministrativo che governa le località di destinazione turistica e che può, con le proprie decisioni, influire sullo sviluppo e sull’organizzazione dell’offerta e della domanda; d) la comunità ospitante, ossia l’insieme delle persone residenti nelle località oggetto dei flussi turistici e che entra in contatto con i visitatori. Per ciò che riguarda le aree in esame sono così stati coinvolti, in un processo bottom-up, i soggetti che, in un modo o nell’altro, ruotano intorno alla destinazione turistica. Nel particolare: a) i visitatori, interrogati sulla loro esperienza turistica con interviste ad hoc strutturate in base alle tematiche di accessibilità, accoglienza ed informazione, oltre che con quesiti specifici per delineare il profilo socio-economico; b) le imprese turistiche che hanno avuto un ruolo chiave per le sperimentazioni in campo (es: monitoraggio dei flussi turistici con GPS per il caso del Lago d’Orta); c) il sistema politico-amministrativo coinvolto in tavoli di lavoro dedicati a seconda delle tematiche analizzate che sono state sviluppate con tecniche specifiche a seconda degli obiettivi previsti (metodologie di inclusione sociale con Project Cycle Management); d) la comunità ospitante che, classificata a seconda della tipologia di servizi offerti, ha svolto un ruolo fondamentale per la valutazione della cultura dell’accoglienza da parte dei siti stessi (caso studio di Venaria Reale).

METODOLOGIE E STRUMENTI DI ANALISI

lizzate analisi ad hoc in relazione agli obiettivi progettuali. Nello specifico si sottolinea: • scelta di referenti specifici per ogni caso studio con l’aiuto dei quali sono state svolte le indagini in situ; • strutturazione di analisi dedicate che, pur riferendosi sempre ad accessibilità, accoglienza ed informazione, sono state sviluppate in modo differente per ogni caso studio; • utilizzo strumenti e tecnologie differenti a seconda delle esigenze del territorio. Contestualmente a queste considerazioni è stata costruita una matrice che mette in relazione i casi studio alle tematiche del tourism management. Rispetto alle analisi effettuate si riportano in seguito quelle più innovative (celle contornate nella Figura 5) sia dal punto di vista metodologico, sia degli strumenti/tecnologie utilizzati. Ognuna sarà riferita al macrotema di riferimento.

Analisi traversali - Analisi della domanda di un bene all’inizio del ciclo di vita Contestualmente al caso studio La Reggia di Venaria, relativamente al boom turistico a seguito dell’apertura della struttura (apertura Giardini: giugno 2007; apertura Reggia: ottobre 2007), si sono analizzati in prima battuta, come inquadramento sulla domanda turistica di questo attrattore, i flussi turistici del complesso rappresentati dal numero di ingressi presso la Reggia, i Giardini e le altre strutture adibite a mostre temporanee. Per queste ultime il dato non è presente per tutti i mesi in quanto è strettamente legato ai periodi di apertura relativi. Al fine di identificare il profilo del visitatore, come tematica trasversale alle analisi di accoglienza, accessibilità ed informazione, sono state inoltre effettuate due campagne questionari per un totale di circa 800 interviste nei mesi invernali (dicembre 2007, gennaio 2008) ed estivi (maggio, giugno, luglio 2008). Di seguito si riportano le informazioni circa il target di utenti analizzato (il campione delle rilevazioni è casuale). L’indagine si è dimostrata innovativa perché, oltre ad utilizzare un software di raccolta dati open source8, ha potuto: • identificare il profilo dei visitatori del complesso in termini socio-demografici di un bene all’inizio del ciclo di vita (Gasca e Levi Sacerdotti, 2009); • analizzare la motivazione e il processo di accesso al complesso al fine di comprendere il motivo principale e le determinanti nella scelta della visita; • identificare la dimensione di visita e i luoghi del complesso maggiormente attrattivi; • ottenere informazioni sul livello di soddisfazione della visita.

La matrice: casi studio, tematiche e analisi Rispettivamente ai tre casi studio precedentemente riportati e alle tre tematiche del visitor management sono state rea-

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8 Lime Survey, software di raccolta, memorizzazione e gestione dei dati suggerito dall’ISTAT.

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ESPERIENZE

Figura 5 - Casi studio, tematiche e analisi. Fonte: SiTI, 2010

Di seguito i principali risultati ottenuti. Il visitatore:

Figura 6 - Profilo dei visitatori (fonte e elaborazione dati: SiTI, 2008)

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo Analisi traversali - Monitoraggio dei flussi turistici con il GPS Al fine di comprendere i comportamenti spazio-temporali reali dei turisti all’interno del territorio oggetto d’indagine sono stati monitorati i flussi attraverso l’utilizzo di strumenti GPS (GPS data logger) e metodologie di allineamento sequenziale (mutuati dalla bio-informatica) per l’aggregazione in cluster di comportamento dei dati ottenuti. Attraverso l’analisi di un questionario somministrato contestualmente ai turisti monitorati è stato possibile legare gli spostamenti a comportamenti con specifiche caratteristiche (o profili) ottenuti con la segmentazione dei dati rilevati (Pollichino e Stupino, 2009) La predisposizione di tale studio ha seguito alcune fasi preparatorie riguardanti la definizione dell’ambito territoriale di indagine e l’individuazione degli attori locali coinvolti (studio degli attrattori, dei trasporti e della viabilità, ecc.), la preparazione del campione, la creazione delle mappe usando strumenti GIS (pre-processing), la somministrazione e la rilevazione dei dati, la rielaborazione dei dati (post-processing), l’elaborazione primaria dei risultati e la creazione di mappe tematiche. Gli aspetti evidenziati attraverso la produzione delle mappe tematiche sono: • presenze di visita dell’intero campione e dei profili di visita; • definizione dei poli notevoli di visita e sintesi dei percorsi generati dalle singole strutture ricettive; • presenze di visita in funzione delle fasce orarie; • focus di presenze di visita su base territoriale; • tracciati di visita con sovrapposizione degli attrattori turistici. Ad esempio, la figura successiva illustra, attraverso una model-

lazione tridimensionale, degli istogrammi indicativi delle “presenze”, ovvero il numero di turisti per il tempo trascorso da ciascuno sull’unità di spazio, nel territorio del Cusio.

Analisi trasversali - Percorso di partecipazione La partecipazione è fondamentale per permettere da un lato di trarre informazioni e mettere in luce problematiche di sistema e dall’altra di coinvolgere attivamente il territorio nella costruzione di un progetto condiviso. L’applicazione di metodi partecipativi nel caso studio del Lago d’Orta è stata finalizzata a fornire delle informazioni più approfondite circa le tematiche dell’offerta e della domanda turistica, dell’accessibilità, dell’informazione e dell’accoglienza presso i soggetti del territorio direttamente interessati a queste tematiche. Si è scelto di utilizzare una tecnica partecipativa mista che unisce gli strumenti del focus group, del brainstorming e del PCM. Il percorso partecipativo messo a punto è stato realizzato attraverso una riunione plenaria preliminare di avvicinamento e tre focus group successivi. Questo primo incontro con gli operatori turistici, le associazioni culturali e le amministrazioni locali era volto ad identificare le problematiche del sistema turistico locale attraverso il brainstorming. I problemi emersi sono stati successivamente organizzati e sistematizzati con un Albero dei Problemi che ha individuato le relazioni di causa-effetto tra gli argomenti messi in luce. In un secondo momento i problemi sono stati tramutati in obiettivi costruendo l’Albero degli Obiettivi e sulla base di questo si sono individuati degli Ambiti di intervento omogenei per tematica. Gli attori locali hanno poi dichiarato quali per loro fossero gli Ambiti di intervento ritenuti prioritari fornendo al tempo stesso alcuni suggerimenti circa le soluzioni da adottare.

Figura 7 - Presenze di visita nell’area del Cusio. Fonte: SiTI, 2008

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Figura 8 - Esempio di albero degli obiettivi e identificazione degli ambiti di intervento. Fonte: SiTI, 2008

Accoglienza Per quanto riguarda questa tematica all’interno del caso studio La Reggia di Venaria, oltre ad un’analisi delle strutture ricettive presenti nell’ambito di indagine, si è proceduto proponendo un’analisi della cultura dell’accoglienza che riguarda strettamente il rapporto tra la residenza sabauda, i turisti e i commercianti del centro storico. Oltre al personale interno del museo, infatti, come operatori di front-line possono essere considerati anche gli operatori delle vie limitrofe al bene che concorrono per comunicare al meglio ai fruitori l’immagine della destinazione. L’indagine svolta ha così coinvolto tutti gli operatori delle due vie turistiche principali, Via Mensa e Viale Buridani (concordate con il Comune di Venaria Reale), avanzando interviste di profondità attraverso un questionario che è poi stato elaborato e georiferito. L’analisi si è così articolata nelle seguenti fasi di lavoro (Gasca, 2009): • fase preparatoria: analisi dei documenti legislativi di riferimento; identificazione dell’area di indagine (con Regione Piemonte e Comune di Venaria Reale); • fase operativa: identificazione delle tematiche di interesse e strutturazione del questionario di analisi; somministrazione del questionario presso gli esercizi commerciali di interesse; • fase di analisi dei dati e di proposta di policies: analisi dei dati; rappresentazione cartografica dei dati con carte tematiche. Rispetto alle fasi operative sopra citate, si riporta in seguito un esempio di elaborazione dei dati realizzata grazie

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all’utilizzo dei sistemi informativi territoriali che in questo caso sono stati strumento fondamentale non solo per la rappresentazione cartografica ma anche per la raccolta e la gestione dei dati. La tavola proposta in seguito, relativa ai servizi e ai valori aggiuntivi presenti nell’esercizio commerciale, è un esempio delle rappresentazioni tematiche realizzate con i GIS. Attraverso questo approfondimento si sono studiati i servizi offerti da parte degli operatori circa le tre tematiche del visitor management.

Figura 9 - Servizi e valori aggiuntivi presenti negli esercizi commerciali. Fonte: SiTI, 2010

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo Informazione - webmetrica Come emerge dalla matrice in Figura 5, la tematica dell’informazione è stata declinata in due modi differenti a seconda che si affronti il tema del site management (la ricerca della meta da casa da parte del turista attraverso internet) o del destination management (movimento del turista da casa alla destinazione). In questo senso, per ciò che concerne la ricerca sui siti internet inerenti a Venaria, è stata svolta un’analisi di posizionamento (nell’autunno del 2008 e nei primi mesi del 2009) per verificare la visibilità della Reggia sul web ad un anno dall’apertura al pubblico del complesso. Da un lato sono stati indagati i siti di social network, con un approfondimento specifico su Face Book per verificare la presenza di Venaria in questi canali di comunicazione di massa. Inoltre si è ritenuto significativo verificare sul web la presenza di materiale fotografico e video inerente alla Reggia nei principali siti di video sharing e negli archivi fotografici digitali. Questa analisi costituisce il primo passo per un’analisi sulla percezione della Reggia da parte dei fruitori di internet. A tal fine si è strutturata una scheda di analisi (Figura 10) delle pagine web che, incrociando accoglienza, accessibilità e informazione, assegna un punteggio disaggregato ad ogni attributo della pagina internet permettendo di ottenere

un punteggio complessivo che riassume posizionamento e contenuti del website.

Informazione - analisi cartellonistica turistica Il rilevamento è stato programmato dopo aver studiato ed analizzato alcune esperienze significative a livello nazionale ed in particolare quelle del Comune e della Provincia di Torino in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006. Tali esperienze sono state intraprese al fine di adempiere agli obblighi di adeguamento e aggiornamento del Piano Urbano del Traffico della Città di Torino. Il “Catasto della Segnaletica” rappresenta a tutti gli effetti uno strumento di analisi (generalmente preliminare agli studi/interventi in materia di circolazione e segnaletica). L’utilizzo di questo strumento, infatti, è finalizzato comunemente alla conoscenza di quanto installato sul territorio, ma anche alla sua gestione e alla programmazione degli interventi. Nella pratica il censimento per la realizzazione del catasto consiste in un rilievo diretto, cartello per cartello, di tutte le informazioni che si ritengono indispensabili relative ai cartelli stradali in opera. I dati raccolti vengono gestiti quindi in maniera informatica e conservati all’interno di un database georeferito. Per studiare la cartellonistica dell’area del Lago d’Orta sono state dunque programmate cinque attività (Mauro, 2009): 1) rilievo diretto della cartellonistica9; 2) progettazione della tabella dati per l’organizzazione dei dati acquisiti; 3) estrazione dei frame corrispondenti ai cartelli di interesse e georeferenziazione dei dati acquisiti; 4) elaborazione dei dati ed estrapolazione in rappresentazioni grafiche; 5) analisi critica delle mappe tematiche prodotte.

LE LINEE GUIDA Le linee guida elaborate, per ogni caso studio al termine del lavoro di analisi, riprendono le funzioni generatrici del valore riportate all’interno del Piano Strategico Regionale per il Turismo con particolare riferimento alle tematiche specifiche del visitor management: accessibilità, accoglienza e informazione. Le proposte operative alle quali si è giunti, attraverso analisi condotte con metodologie dedicate, si identificano, da un lato in operazioni a medio-lungo termine per raggiungere determinati obiettivi (strategie) e dall’altro in attività puntuali volte a rendere operativo l’obiettivo prefissato (azioni).

Figura 10 - Scheda tipo per analisi dei siti internet. Fonte: SiTI, 2008

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9 Per il rilievo diretto è stato utilizzato il sistema GEO-WAPS, strumento prototipale sviluppato dal Politecnico di Torino e ITHACA - Information Technology for Humanitarian Assistance, Cooperation and Action.

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ESPERIENZE Si è scelto di renderle inoltre “consultabili” secondo cinque differenti livelli di lettura: • livello di lettura 1 - descrizione schematica delle linee guida, delle strategie e delle rispettive azioni in riferimento alle problematiche e ai risultati evidenziati con le metodologie applicate sul campo; • livello di lettura 2 - descrizione estesa delle azioni applicabili sul territorio con riferimento alla strategia a cui si riferiscono; • livello di lettura 3 - azioni operative e relativi output, con riferimento alla temporalità d’azione, di competenza degli Enti identificati come promotori delle azioni proposte sul territorio; • livello di lettura 4 - coerenza con strumenti di pianificazione di recente redazione. Molte delle linee proposte ritrovano, infatti, corrispondenza in alcuni documenti istituzionali (e non) di recente elaborazione; • livello di lettura 5 - letteratura di riferimento. Le linee guida, per ogni caso studio, sono state strutturate in sette volumi consultabili sia a livello cartaceo che sottoforma di CD multimediale. Figura 11 - Tavola della cartellonistica relativa al toponimo “Lago d’Orta”. Fonte: SiTI, 2008

Le linee guida sono al momento al vaglio dei decision makers e dei tecnici, nonché degli attori territoriali.

Le linee guida sono così state suddivise in quattro parti, ognuna relativa ad una tematica specifica: Trasversalità, Accoglienza, Informazione, Accessibilità. Nel particolare per ogni tematica si sono analizzati: lo stato di fatto (comprensivo della metodologia di analisi utilizzata e dei risultati/problematiche emerse), le proposte di intervento suddivise in linee guida (relativamente ai dati emersi attraverso le metodologie applicate), strategie ed azioni ed infine gli strumenti finanziari intercettabili per la realizzazione delle azioni.

CONCLUSIONI In relazione a quanto detto, emerge il carattere innovativo del progetto di visitor management che, come primo caso in Italia, si è configurato anche come opportunità di sviluppare metodologie, strumenti e tecnologie diverse applicate al turismo. In questo senso si possono esplicitare alcune key words legate al progetto e al processo di ricerca che ne è conseguito:

Figura 12 - I sette volumi, output finale del progetto. Fonte: SiTI, 2009

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo • governance: lo stretto rapporto e il confronto con gli operatori istituzionali e gli utenti finali diventa elemento cardine per lo studio e la proposta di nuove policies territoriali; • verifica: il confronto con la committenza e con i referenti dei casi studio, anche dopo il termine formale del progetto, ha permesso la validazione del metodo e la programmazione delle azioni proposte all’interno dei processi territoriali locali. Ad oggi, infatti, si stanno istituendo tavoli di lavoro dedicati che utilizzano come substratum conoscitivo e strategico l’attività svolta all’interno del progetto di visitor management; • valutazione: in questo processo di studio e di governance tra i soggetti dell’area viene intesa in un’ottica molto operativa di stretto rapporto tra territorio ed end users; • network: la realizzazione dello studio ha permesso di poter-

si confrontare con chi, secondo forme diverse, si occupa di ricerca in ambito di tourism management. Questo confronto si è dimostrato fondamentale, sia dal punto di vista della condivisione, sia per ciò che concerne la partecipazione a network internazionali in questo ambito; • strumenti: le finalità progettuali hanno dato l’opportunità di applicare metodologie e tecnologie specifiche anche in ambiti diversi rispetto al loro usuale utilizzo. Secondo quanto detto, la metodologia del visitor management diventa così strumento di analisi del territorio ma anche modello replicabile e ripetibile in altre situazioni e relativamente ad altri prodotti turistici. L’insieme delle metodologie qui sperimentate, infatti, si configura come strumento per uno studio propositivo degli ambiti di indagine verso una “valorizzazione del sistema” che coinvolge le diverse componenti del territorio.

Summary THE VISITOR MANAGEMENT AS A TOOL FOR THE MONITORING AND THE EVALUATION OF THE TERRITORY TOWARDS TOURISM POLICIES PLAN DIVERSIFICATION OF THE REGIONAL ECONOMIES: THE PIEDMONT REGION AND THE TOURISM The tourism sector nowadays represents for many regional economies a new model for the development of the territory . The Piedmont Region is one of the protagonists of this kind of dynamics also thanks to the opportunity of hosting the Olympic Games in 2006. The legacy of tourism as a potential leading sector for the region was formalized with the Regional Strategic Plan for Tourism in 2008. Among the measures identified as priorities for the regional tourism organization, the one related to the improvement of the visitor hospitality and management was the subject of a research assessment carried out by SiTI - Higher Institute on Territorial Systems for Innovation - and DICAS, Department Casa Città of Polytechnic of Turin, which, at the end of the analysis, provided useful information and operational guidelines. In the group of researchers different skills have been involved, which is an added value for the project; the project has developed a methodological approach starting from the study of the tourist systems. VISITOR MANAGEMENT: AN EVALUATION MODEL The visitor management has been defined by Hall and McArthur (1996) as “a way to maximize the quality of the tourist experience while contributing to meet the management objectives of the local government” . Recently this theory has become an evaluation for the analysis of the phenomenon of the large tourist flows.

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The visitor management, through the analysis of tourists’ expectations, the impacts evaluation and the venues management, directs the administration policies and processes in order to enable a high quality in the visitor experience, to protect the environment and to maintain an adequate profitability, as defined by Hall and McArthur. It is then characterized as an analysis and evaluation approach of integrated type and the desired goals are related to the definition of the strategies aiming at: • achieving the visitor satisfaction simultaneously with that of the local community that hosts the site of tourist interest; • the stakeholders’ involvement, in order to direct the administration policies and processes towards a high quality guest experience, a protection of the environment and the conservation of a profitability for the local community. Moreover, the integration, as defined by the World Tourism Organization (WTO, 2004) involves, with respect to the different moments of the travel experience, three different levels of action: • on demand; • on destination; • on site. In defining a visitor management operational methodology, the WTO also affirms that the problems connected with the tourist flows need, for their resolution, policies where the public decision maker has to face all the stakeholders involved. The strategies that the involved actors, in a synergic way, can activate at the different levels determine actions that somehow, at least in theory, answer to the logic of integration of three principal components of the tourist system: Accessibility, Hospitality, Information.

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ESPERIENZE With Accessibility we intend both external and internal. Hospitality is understood as the provision of hotels and other accommodation facilities (hard), but it also includes the culture of hospitality and the training of the operators (soft). The Information at a tourist level aims at directing tourists to the destinations, at changing their behavior and at guiding their displacements along the specific lines of visit found. They are closely linked and acting on one of them may lead to repercussions on the others. The three themes of the visitor management are treated in a sector way, with dedicated analysis, and in a transversal way, with analysis not directly related to the topics themselves but that contribute to complete the state of knowledge of the tourism system of a destination. Such is the case of supply and demand components of the tourism market: the tourist demand, the tourist supply. The project phases lead to formalize, as the final step of the study, action plans and guidelines for tourism development related to the considered tourist territorial contexts, whose implementation is monitored over time to verify their effectiveness and to allow corrective actions where necessary. EVALUATION OF TOURISM AT VARIOUS LEVELS The three case studies: tourist products and territorial systems The three cases we report below highlight the salient features of the concerned areas: • Orta Lake: territory comprising 24 municipalities and two provinces (Novara and Verbano Cusio Ossola), it is considered as a basically homogeneous territorial system and it can be considered as a lake tourist product. In this first case, the visitor management is applied in order to rationalize the tourists flows and therefore for the valorization of other portions of territory over the lake and the consequent displacement of tourists. • Susa Valley: area involving two valleys (Lower Susa Valley and Higher Susa Valley), it is a heterogeneous territorial system and it is a mountain tourist product. The visitor management project in this case is designed to improve the visitors management related to the two main products, winter mountain and summer mountain (seasonally adjusting the flows related to the Olympic Mountains), and simultaneously to facilitate the moving of the flows towards the lower valley. • Venaria Royal Palace: emblematic heritage of local and international museums systems, it is configured as an “unicum“ (system composed of the Palace, the Gardens and the historic center of Venaria Reale) and it is an example of cultural tourist product. In this third case, the theory of visitor management would then be applied to a reality at the beginning of its life cycle and thus with the opportunity to deepen its aspects in the future.

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METHODOLOGICAL ANALYSIS The matrix: case studies, topics and analysis With respect to the three case studies previously reported and to the three themes of the visitor management, ad hoc analysis have been done in relation with the project objectives. Specifically, we point out: • choice of referents for each case study with the help of which the investigations were carried out in situ; • structuring of dedicated analysis which, while referring always to accessibility, hospitality and information, have been developed differently for each case study; • use of different tools and technologies according to the needs in the area. Contextually to these considerations a matrix has been created, that relates the case studies with the subjects of the tourism management. With respect to the analysis done, we report here the most innovative ones both from the methodological point of view and from the tools/technologies used. Transversal analysis - Analysis of the demand for a good at the beginning of its life cycle The case study of the Venaria Reale is related to the tourism boom consequent to the opening of the structure. In order to identify the visitor profile, as a transversal subject of the analysis of hospitality, information and accessibility, two campaigns with questionnaires have been carried out for a total of 800 interviews. Transversal Analysis - Monitoring of the tourists flows by GPS In order to understand the real space-temporal behavior of tourists within the territory studied, the flows were monitored through the use of GPS tools (GPS data logger). Through the analysis of a questionnaire given to the monitored tourists it was possible to link the displacements and the behaviors with specific characteristics (or profiles) obtained with the segmentation of the collected data (Pollichino and Stupino, 2009) The creation of this study followed some preparatory steps related to the definition of the investigation area and the identification of local actors involved (study of attractors, transport and roads, etc.), the sample preparation, the creation of maps using GIS tools (pre-processing), the dissemination and collection of data, the data processing (post-processing), the primary development of results and the creation of thematic maps. The highlighted aspects through the production of thematic maps are: • visiting presence of the entire sample and of the visitors profiles; • definition of major visit poles and synthesis of the paths generated by the individual accommodation; • presence of visitors depending on the time;

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Il visitor management come strumento di monitoraggio e valutazione del territorio verso il disegno delle politiche del turismo

• focus of visit presences on a territorial basis; • visit paths with overlapping patterns of tourism attractors. Transversal analysis - Participation path We have chosen to use a mixed participatory technique that combines focus group, brainstorming and Project Cycle Management tools. The problems identified were subsequently organized and systematized with a Problem Tree that identified the cause-effect relationships between the highlighted topics. Afterwards, these issues have been turned into goals creating the Objectives Tree on the basis of which homogeneous areas of action have been identified according to the subjects. Local actors have also declared which were for them the intervention areas considered of priority, giving at the same time some suggestions on the solutions to be adopted. Hospitality For what it concerns hospitality within the Venaria Reale case study, in addition to the analysis of the existing accommodation facilities in the investigation field, we proceeded by proposing an analysis of the hospitality culture which is strictly related to the relationship between the Venaria Reale, tourists and traders of the city center. Information - Web metrica We are analyzing the site management theme (search for the destination by tourists from home through Internet) and the destination management theme (tourists travelling from home to the destination). In this sense, for what it concerns the research on websites related to Venaria, we have done an analysis of the “positioning” (in autumn 2008 and at the beginning of 2009) to check the visibility of the Palace on the web after one year opening of the complex to the public. On one side, the social networking sites were investigated, with a focus specifically on Facebook, to verify the presence of Venaria in these channels of mass communication. Information – Analysis of tourist signage We used the census for the realization of a cadastre consisting of a direct survey - cartel by cartel – of all the information considered necessary about the road signs on site. The collected data are then managed and stored into a geo referenced database. To study the signs of the Orta Lake five activities were therefore programmed (Mauro, 2009): 1) direct survey of the signs (for the direct survey we used the GEO-WAPS system, prototype tool developed by the Politecnico di Torino and ITHACA - Information Technology for Humanitarian Assistance, Cooperation and Action);

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2) design of the data table for the organization of the acquired data; 3) extraction of the frames corresponding to the signs of interest and geo-reference of the acquired data; 4) data processing and extrapolation into graphical representation; 5) critical analysis of the produced thematic maps. GUIDELINES The guidelines are developed, for each case study, within the Regional Strategic Plan for Tourism with particular reference to the specific subjects of the visitor management, accessibility, hospitality and information. The operational proposals reached, through analysis conducted through dedicated methods, are identified on the one side in operations in the medium-long term to achieve specific objectives (strategies) and on the other side in specific activities aimed at making operational the fixed target (actions). The guidelines have been divided into four parts, each of them related to a specific topic: Transversality, Hospitality, Information, Accessibility. CONCLUSIONS The present Visitor management project is the first case of this kind in Italy. It has been configured as an opportunity to develop methodologies, tools and other technologies applied to tourism policies. In this sense we can explain some key words related to the project: • Governance: close relationship and comparison with the institutional operators and the end users becomes a key element for the method and the proposal of new territorial policies; • Evaluation: local actors, policy makers and the work team have discussed and validated together the methods employed performing a sort of cross-check between the “demand and the supply”. This process of study and governance between the actors in the area has taken in a very operational perspective of the close relationship between territory and end users; • Network: Networking is fundamental, both in terms of sharing, and with regards to the participation in international networks on this field; • Tools: the project gives the opportunity to apply specific methodologies and technologies borrowed from other disciplines in different fields from their usual use. According to what we have said, the visitor management methodology becomes a tool for the analysis and evaluation of the territory. Moreover, it provides a repeatable and replicable model for other situations and in relation to different tourism products. All the methods tested here, in fact, constitute an instrument for a proactive study of the investigation field towards a “system

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ESPERIENZE valorization” that involves the various components of the territory. The main characteristic of the Visitor Management theory

is to be a method always in progress, flexible and replicable. key words: governance, evaluation, network, tools

* Esperta in analisi e valutazione delle politiche pubbliche, project manager dell’Area Innovazione e Sviluppo di SiTI. ** Architetto, Dottoranda in Estimo e Valutazioni e collaboratrice ai progetti di ricerca di SiTI. *** Dottore in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, collaboratrice ai progetti di ricerca di SiTI.

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza” Luigi Fusco Girard*, Maria Cerreta**, Pasquale De Toro***

parole chiave: valutazioni integrate, scienza post-normale, valori complessi, sistemi di supporto alla decisione, PUC S. Marco dei Cavoti, funivia Sorrento - S.Agata

Abstract I processi decisionali che configurano le attività di pianificazione e/o progettazione richiedono idonei strumenti per l’identificazione delle priorità, soprattutto nel perseguimento di obiettivi in conflitto. In tali attività sono insiti caratteri di complessità e di incertezza, che rendono necessaria la valutazione, quale strumento di costruzione delle scelte, di esplicitazione dei valori, degli interessi e dei bisogni, nonché di esplorazione degli elementi rilevanti. In questa prospettiva, la valutazione si delinea come “strumento” capace di integrare approcci, metodologie e modelli, adeguandoli alle molteplici esigenze che il processo decisionale stesso rivela. In particolare, a fronte dell’alto grado d’incertezza, considerata strutturale a molti problemi decisionali, soprattutto quando le decisioni implicano un alto livello di conflitto sociale, le soluzioni non possono ottenersi soltanto sulla base di dati scientifici esatti, ma devono essere condivise dalla comunità. Nei casi in cui l’incertezza, la complessità ed i valori in gioco, di cui sono portatori i diversi gruppi sociali, sono numerosi, differen-

INTRODUZIONE Nell’ambito dei processi decisionali per la pianificazione e la progettazione, la valutazione assume sempre più rilievo ponendosi come strumento di costruzione delle scelte, di esplicitazione dei valori, interessi e bisogni, e di esplorazione degli elementi rilevanti che possono influenzare la decisione. Essa si configura come “strumento implicito” in grado di integrare approcci, metodologie e modelli, capaci di adeguarsi alle diversificate esigenze che il processo decisionale rivela. Nell’ambito della pianificazione strategica e della valutazione strategica, non sempre si è in grado di assicurare un appropriato riconoscimento ed una conseguente integrazione dei molteplici valori compresenti, e risulta particolarmente complesso anche identificare tutti gli effetti multidimensionali delle opzioni proposte. Si pone l’esigenza, pertanto, di individuare “nuovi approc-

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ti e conflittuali risulta fondamentale la costruzione condivisa e trasparente di proposte alternative. Le “valutazioni integrate”, da ritenersi “valutazioni intrinsecamente partecipate”, costituiscono uno strumento essenziale di supporto al processo decisionale. Nei tre casi di studio esaminati le “valutazioni integrate”, oltre che verificare la validità tecnico-operativa delle possibili alternative, hanno permesso di migliorare i processi di negoziazione, contribuendo ad una soddisfacente risoluzione dei conflitti, incrementando la trasparenza del percorso valutativo e elaborando la decisione capace di riflettere le diverse esigenze ed aspettative compresenti. Attuando adeguati percorsi valutativi è stato possibile aiutare le comunità locali a diventare maggiormente consapevoli, non soltanto delle proprie opinioni e preferenze, ma anche di quelle degli altri soggetti interlocutori. La valutazione ha rappresentato lo strumento di dialogo e di interazione tra i saperi, in grado di supportare i processi di apprendimento, la gestione della conoscenza e la costruzione di scelte condivise.

ci”, in grado di fornire una struttura di analisi e di valutazione idonea ad integrare gli obiettivi ed i valori multidimensionali nell’ambito dei processi decisionali. È necessario sviluppare approcci valutativi che non siano focalizzati esclusivamente sull’analisi delle conseguenze ambientali, sociali ed economiche delle diverse opzioni, ma che considerino la natura delle questioni in gioco, identificando le priorità ed i valori che influenzano le fasi del processo di elaborazione della decisione. L’interdipendenza tra valori, livelli, ruoli e metodi può essere considerata quale chiave di lettura sia interpretativa che valutativa, capace di esprimere un approccio sia riflessivo che cognitivo. Emerge l’importanza di avvalersi di approcci normativi e strumentali, ma anche “esplorativi”, aperti alla pluralità ed al dialogo tra i differenti saperi coinvolti (Fusco Girard et al., 2007). Tali approcci e modelli sono costitutivi delle architetture dei “sistemi di supporto alla decisione” propri di processi decisionali complessi, orientati

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO ad una pianificazione concepita in termini integrati, che possono supportare sia l’individuazione, il monitoraggio e la gestione delle diverse risorse, che l’interazione tra i decision-maker, i decision-taker e gli stakeholder. Il contributo intende esplicitare, mediante alcuni casi di studio significativi, come la valutazione possa rappresentare lo strumento di dialogo e di interazione tra i saperi, in grado di supportare i processi di apprendimento, la gestione della conoscenza e la costruzione di scelte condivise, avvalendosi di tecniche e strumenti appropriati come i Knowledge Management Systems, la Soft Systems Methodology, il Geographic Information System ed il WebGis, il Public Participation GIS, la Multicriteria Decision Analysis, i Multicrieria Decision Support Systems, i Public Participation Decision Support Systems. Di fronte a scelte complesse, urgenti e con un elevato grado di incertezza (Funtowicz e Ravetz, 1991), è importante allargare il campo dei decision-maker e coinvolgere nuovi attori sociali che, insieme con gli esperti, vengano a formare una “comunità estesa” con cui elaborare possibili soluzioni innovative e creative. In tale prospettiva, la valutazione può costituire uno strumento utile di supporto al processo decisionale, in grado di mettere a sistema le valutazioni tecniche con quelle politiche, avendo come riferimento sistemi di valori articolati e complessi, inseriti in realtà conflittuali e mutevoli, dove occorre operare in coerenza con i principi della sostenibilità.

VALORI E VALUTAZIONI Nell’affrontare il binomio sviluppo/ambiente, si è soliti fare riferimento al modello di sviluppo sostenibile che, in un’accezione più ricca, può essere declinato come “sviluppo umano sostenibile” (Fusco Girard et al., 2003), da cui discendono approcci valutativi e di pianificazione strategica fortemente integrati, orientati alla valorizzazione ed alla promozione di relazioni, correlazioni, ed interrelazioni tra risorse e valori. Lo sviluppo umano sostenibile si basa sul triangolo sostenibilità, resilienza, creatività, trova il suo fondamento nella dimensione culturale ed il suo presupposto nei valori. Ma quali valori? È ben noto che oggi i valori dominanti siano quelli hard, propri dell’economia, che determinano una straordinaria semplificazione nelle scelte, facendo sì che siano trascurati i valori intangibili, immateriali, non monetizzabili, soft. La cultura corrente, che riflette il trionfo della cultura economica, separa il sistema ecologico da quello sociale. Essi sono, invece, strettamente interrelati ed interdipendenti: le dinamiche dell’uno comportano delle profonde ripercussioni sulle dinamiche dell’altro e viceversa. Lo sviluppo umano sostenibile è fondato sulla centralità dei valori relazionali: delle relazioni all’interno di uno stesso soggetto, tra i diversi soggetti, tra i soggetti e gli ecosistemi. La densità di relazioni stimola la capacità coordinativa, costruisce comportamenti sistemici, migliora la resilienza di una comunità, la sua capacità di mantenere la propria identità nel cambiamento.

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Riconoscere la centralità delle relazioni per promuovere lo sviluppo umano sostenibile richiede una idonea valutazione delle relazioni stesse. Le relazioni producono valore d’uso che, a sua volta, può determinare altri valori di non uso e intrinseci. Il valore di queste relazioni è deducibile per “differenza” tra il valore connesso alla presenza di relazioni e quello legato all’assenza di relazioni, alla base del criterio del valore complementare. Si può evidenziare come nel settore produttivo, le relazioni che determinano cooperazione siano fonte di minori costi e tempi, e di migliori risultati: cioè siano fonte di “valore aggiunto”. Questa nozione può essere estesa ad uno spazio multidimensionale, nel quale leggere i rapporti di interdipendenza. Nel campo sociale, ad esempio, le relazioni che stimolano la cooperazione determinano una migliore qualità della vita, il senso di essere parte di una comunità, una percezione di felicità, privata e pubblica. Il procedimento valutativo è comunque comune. Esso consiste nel comparare il valore di situazioni analoghe, ma differenti per aspetti specifici. Nell’ambito dei processi decisionali orientati alla progettazione ed alla pianificazione costruire decisioni e gestire scelte difficili, che tengano conto della complessità delle responsabilità, degli interessi e delle operazioni implica avvalersi di processi di continuo apprendimento che derivano dalle relazioni che intercorrono e che si creano. La valutazione si pone come strumento utile per esplicitare valori, interessi, bisogni, ma anche per esplorare domini e saperi. In una accezione integrata, implica: 1) integrare obiettivi e valori multidimensionali; 2) integrare approcci, metodologie e modelli; 3) integrare componenti riflessive e cognitive, normative e strumentali. Nell’ambito della progettazione e della pianificazione, la valutazione consente di costruire una visione di futuro, di lungo periodo, intesa come: 1) processo di apprendimento dinamico; 2) sistema di gestione della conoscenza; 3) strumento per la costruzione di scelte condivise. In particolare, le valutazioni integrate possono essere uno strumento per raggiungere un rapporto di equilibrio tra conservazione e trasformazione, nel rispetto dei valori e delle risorse esistenti. Questo implica tener conto dei diversi livelli di analisi e delle differenti dimensioni della valutazione, includendo un’attenzione specifica per i problemi emergenti, le esigenze locali, i bisogni e gli interessi degli stakeholder, la tutela e la valorizzazione delle risorse scarse. Un approccio valutativo integrato consente di superare i limiti spaziali e gerarchici, considerando le diverse componenti compresenti (storiche, culturali, ambientali, economiche, sociali, antropologiche, ecc.), esplicitando i pesi e riconoscendo le priorità, ed individuando opportune azioni strategiche, in grado di tener conto della partecipazione sociale, della interdisciplinarietà e della integrazione.

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza”

Figura 1 - Le componenti delle valutazioni integrate

VALUTAZIONI INTEGRATE: PRESUPPOSTI TEORICI Le scelte a carattere sociale o politico sono spesso caratterizzate da “incertezza, valori in conflitto, poste in gioco alte e decisioni urgenti” (Funtowicz e Ravetz, 1993). Per queste ragioni Funtowicz e Ravetz hanno sviluppato una nuova struttura epistemologica chiamata “scienza post-normale”, dove è possibile considerare due aspetti cruciali della scienza: l’incertezza ed il conflitto di valore. Riconoscere l’importanza delle differenze implica un modo diverso di affrontare i sistemi complessi, rappresentato proprio dalla “scienza post-normale”. La complessità può essere considerata come la giustificazione teorica della scienza post-normale, ed affrontare la complessità nelle logiche della scienza post-normale significa tener conto della possibilità dell’autorganizzazione, delle dinamiche non lineari, dei comportamenti discontinui propri dei sistemi complessi e dei processi decisionali partecipati, avendo una struttura referenziale che consenta di affrontare anche le questioni legate alla sostenibilità. Di fronte a scelte difficili, in cui è necessario ed urgente agire, nonostante l’alto grado di incertezza, è necessario allargare il campo dei decision-maker e coinvolgere nuovi attori sociali che, insieme con gli esperti, vengano a formare una “comunità estesa”, in cui elaborare soluzioni che scaturiscano dal “dibattito e dal dialogo” (Funtowicz e Ravetz, 1994).

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In tale comunità coloro i quali sono chiamati a partecipare ai processi decisionali svolgono un ruolo “alla pari” con quello degli esperti, con cui devono contribuire ad offrire quelle soluzioni per le quali si decida di “rischiare”, poiché perseguono obiettivi condivisi dall’intera comunità. In particolare, di fronte a problemi complessi, per i quali si riconosce la presenza di un certo grado di “ignoranza” nel comprenderne le cause e gli effetti, il coinvolgimento dei cittadini può risultare di fondamentale importanza. Pertanto, l’approccio proposto dalla scienza post-normale appare quanto mai necessario, in quanto la posta in gioco legata alle scelte obbliga a trovare delle soluzioni che non siano affidate al solo “sapere esperto”, ma che trovino una legittimazione anche nel “sapere comune”. La scienza post-normale, conscia dei limiti della scienza classica, apre il dibattito sulle scelte collettive all’intera comunità: coloro che tradizionalmente sono considerati degli “outsider” diventano degli “insider” ai processi decisionali. Si viene ad istituire una sorta di “arena della conoscenza” in cui le componenti cognitive e di tipo socio-culturale sono considerate inseparabili (Ravetz e Sardar, 1997). La scienza post-normale prende atto che l’“incertezza” e l’“ignoranza” devono essere gestite in modo tale da perseguire il “bene comune”, e questo processo richiede una nuova metodologia di approccio che comprende il coinvolgimento di tutti coloro che sono interessati dalle scelte e che non appartengono soltanto alla categoria degli esperti (Funtowicz e Ravetz, 1994).

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Figura 2 - Le relazioni tra i differenti saperi (fonte: Funtowicz e Ravetz, 1994)

Infatti, l’incertezza è considerata strutturale a molti problemi decisionali, e le soluzioni non possono ottenersi sulla base di dati scientifici esatti, ma piuttosto devono basarsi su decisioni di ordine politico, condivise dalla comunità. Questo è particolarmente significativo con riferimento a quei problemi decisionali caratterizzati da un alto grado di conflitto sociale, la cui risoluzione non può basarsi su dimostrazioni scientifiche, ma piuttosto sulla comunicazione e sul dialogo tra le parti in causa. Si può, quindi, affermare che la risoluzione dei problemi complessi dipende dall’abilità nel riuscire a considerarli da diversi punti di vista, in modo da gestire l’incertezza: in questi casi la scienza applicata ed il sapere professionale sono inadeguati, e risulta quindi necessario superare il gap tra gli esperti e la comunità. La scienza post-normale consente di colmare il vuoto facendo ricorso ad un nuovo tipo di pratica che nasce dal dialogo, applicando i metodi tradizionali insieme con il coinvolgimento diretto degli attori (Funtowicz e Ravetz, 1993; Funtowicz e Ravetz, 1994). In questo modo la valutazione viene concepita come un “processo di apprendimento” (Funtowicz et al., 1998), di tipo dinamico, flessibile ed adattivo, in grado di evolversi in base ai possibili cambiamenti. Fondamentale risulta il ruolo della valutazione delle diverse proposte che potrebbero emergere: in tale prospettiva si può evidenziare che le “valutazioni integrate”, ritenute intrinsecamente delle “valutazioni partecipate”, costituiscano uno strumento essenziale di supporto al processo decisionale, soprattutto nei casi in cui l’incertezza, la complessità ed i valori in gioco, di cui sono portatori i diversi gruppi sociali, sono numerosi, diversi e conflittuali (van der Sluijs, 2002). Le valutazioni integrate non si limitano a considerare gli input costituiti esclusivamente da dati che esprimono gli

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impatti delle diverse soluzioni prospettate, ma sono “aperte” ad una vasta partecipazione pubblica, in maniera da offrire ulteriori informazioni per la valutazione stessa e, inoltre, possono contribuire ad una maggiore accettabilità del processo decisionale e dei risultati offerti (Castells e Munda, 1999; Golub, 1997). La partecipazione diviene, quindi, essenziale non solo per esaminare e valutare gli effetti delle scelte sul piano sociale, etico, politico, economico, ambientale, ecc., ma anche per legittimare e rendere accettabili le scelte da parte della comunità stessa. Le valutazioni così concepite sono strumenti di tipo multidisciplinare, in quanto integrano le conoscenze provenienti da settori differenti, tenuto conto della necessità di considerare la complessità del contesto in cui si opera e delle conseguenze di ogni opzione alternativa sul piano economico, sociale ed ambientale. In questo senso si parla anche di “valutazioni multicriterio sociali”, cioè di approcci valutativi caratterizzati da (Munda, 2004): inter/multi disciplinarità, in quanto integrano una pluralità di punti di vista scientifici; partecipazione, poiché tentano di acquisire parte della conoscenza dal coinvolgimento della gente; trasparenza, allo scopo di rendere chiari gli assunti etici adottati e la condivisione delle responsabilità; coerenza, per assicurare che i risultati siano una reale conseguenza degli assunti adottati. Si tratta di un processo di valutazione di natura ciclica, che consente di adattare gli elementi della valutazione in base ai continui feed-back, ottenuti dalle varie fasi e dalle consultazioni tra gli attori coinvolti (Nijkamp et al., 1990). Attraverso l’applicazione di approcci differenziati è possibile superare i “limiti” delle valutazioni multicriterio basate esclusivamente sulle priorità e sulle preferenze espresse dai decision-maker, ovvero dagli “esperti”, che conoscono gli aspetti tecnici di un dato problema, considerando anche quanto la comunità sia in grado di esprimere. Le valutazioni integrate possono essere ritenute degli utili strumenti per rendere applicativa la scienza post-normale ai “sistemi incerti”, rappresentando una risposta adeguata a questo tipo di richieste, rivelandosi efficaci per affrontare problemi che si caratterizzano per la compresenza di molteplici interessi, a volte in conflitto, e che possono diventare il presupposto da cui ripartire per costruire un processo di dialogo tra la comunità nella comunità. Le valutazioni integrate costituiscono uno strumento flessibile per poter confrontare i valori, per migliorare la qualità del processo decisionale e riuscire ad includere il modo di vedere dei diversi partecipanti, facendo sì che i “criteri di qualità” abbiano come presupposto dei principi etici, resi espliciti e divenuti parte del dialogo. In questo senso, diventa importante avvalersi di strumenti che supportino l’approccio a criteri multipli ed aiutino ad affrontare i problemi decisionali caratterizzati da condizioni di incertezza, conflitto e complessità. Questo tipo di approccio estende il processo valutativo che, in questo modo, diventa trans-disciplinare (nel rispetto delle questioni affrontate) e partecipativo (nel rispetto delle comunità) (Funtowicz et al., 1998; De Marchi, 1999).

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza” ESPERIENZE A CONFRONTO Nell’intento di comprendere come l’interazione tra saperi possa contribuire a strutturare e migliorare i processi valutativi integrati, si analizzano tre esperienze in cui il dialogo tra sapere comune e sapere esperto è stato determinante nella definizione del percorso valutativo e nella costruzione delle decisioni. In ciascuna delle esperienze illustrate, l’interazione tra saperi è stata strutturata avvalendosi di metodi e tecniche differenti, scelti considerando le caratteristiche specifiche del contesto decisionale e la tipologia del piano o progetto in esame.

Figura 3 - Le esperienze analizzate attraverso l’interazione tra saperi

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Benevento L’elaborazione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS)1 del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Benevento è stata l’occasione per sperimentare soprattutto le opportunità offerte dal confronto e dall’interazione tra sapere tecnico e sapere scientifico. La provincia di Benevento è compresa tra le province di Campobasso a nord, di Foggia ad est, di Avellino a sud-est

1 La Valutazione Ambientale Strategica è stata elaborata da SANNIO EUROPA SCpA – Area Pianificazione e Programmazione Territoriale, con il coordinamento dell’arch. Giuseppe Iadarola, la consulenza scientifica degli archh. Maria Cerreta e Pasquale De Toro, la consulenza tecnica degli archh. Enzo Dei Giudici e Vincenzo De Rienzo per il Sistema insediativo, del naturalista Francesco Napolitano per la Flora e vegetazione, del naturalista Paolo Varuzza per la Fauna, della dott.ssa Francesca Giuliano per l’Analisi beni culturali, e la collaborazione di: arch. Samantha Calandrelli, geom. Donato Brillante, geom. Vittorio A. D’Onofrio, geom Serena Marsullo, geom. Leonardo Lucarelli, ing. Mario Orlando.

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ed a sud, di Napoli a sud-ovest, di Caserta ad ovest e si compone di 78 comuni. In coerenza con quanto previsto dal D.Lgs. n. 4/2008 e tenendo conto dei contenuti e del livello di dettaglio del Piano in esame, nella strutturazione del Rapporto Ambientale sono stati forniti gli elementi significativi a supporto dell’attività di pianificazione, in grado di accompagnare la costruzione delle scelte di governo del territorio. La valutazione ambientale è stata strutturata come “processo interattivo”, effettuato durante l’intero percorso di elaborazione del Piano, permettendo di: 1) acquisire lo stato e le tendenze evolutive dei sistemi naturali ed antropici, restituendo un quadro conoscitivo complessivo delle loro interazioni a supporto del processo decisionale (analisi del contesto); 2) assumere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, territoriale e sociale, di qualificazione paesaggistica e di protezione ambientale stabiliti dalla normativa e dalla pianificazione sovraordinata, nonché gli obiettivi e le scelte strategiche fondamentali che l’Amministrazione provinciale intende perseguire con il Piano (definizione degli obiettivi); 3) valutare gli effetti sia delle politiche di salvaguardia sia degli interventi significativi di trasformazione del territorio previsti dal Piano, tenendo anche conto delle possibili alternative (individuazione degli effetti del Piano); 4) individuare le misure atte ad impedire gli eventuali effetti negativi ovvero quelle idonee a mitigare, ridurre o compensare gli impatti delle scelte di Piano ritenute comunque preferibili, sulla base di una metodologia di valutazione ex ante (mitigazione degli effetti); 5) definire i fattori di pressione e gli indicatori necessari ai fini della valutazione quantitativa e della predisposizione di un sistema di monitoraggio degli effetti del Piano, con riferimento agli obiettivi stabiliti ed ai risultati prestazionali attesi (monitoraggio degli effetti); 6) illustrare le valutazioni in ordine alla sostenibilità ambientale e territoriale dei contenuti dello strumento di pianificazione, delle misure e delle azioni funzionali al raggiungimento delle condizioni di sostenibilità indicate, tra cui la contestuale realizzazione di interventi di mitigazione e compensazione (valutazione di sostenibilità). Nella prima fase è stata elaborata l’analisi del contesto, costituita dalla sistematizzazione delle informazioni di tipo ambientale e territoriale, utili per l’individuazione e l’evidenziazione delle principali criticità/opportunità a cui dare risposta con gli obiettivi di Piano. In essa sono stati descritti i diversi aspetti ambientali del territorio oggetto del Piano, articolati in tematiche. Nella seconda fase è stata strutturata la valutazione qualitativa a partire dalle problematiche individuate attraverso l’analisi del contesto e gli obiettivi principali del Piano, evidenziando le questioni rilevanti a cui il Piano dovrebbe essere in grado di dare una risposta. In particolare, la valutazione qualitativa ha definito gli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale, nonché gli obiettivi generali e specifici

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO degli strumenti di pianificazione e delle azioni proposte per il loro raggiungimento. La valutazione qualitativa ha permesso di verificare le interazioni e le coerenze tra obiettivi di Piano ed obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale, per confrontare le ipotesi alternative, per fornire considerazioni e suggerimenti utili ad eliminare e/o mitigare le interazioni e gli effetti negativi sull’uomo e sull’ambiente. Nella terza fase è stata elaborata una valutazione quantitativa che, attraverso l’uso di opportuni indicatori, ha fornito gli elementi necessari a valutare gli effetti del Piano. Ai fini della valutazione quantitativa, è stato necessario seguire un percorso metodologico teso a: • individuare, partendo dalle azioni di Piano, i sistemi ambientali (aria, corpi idrici, ecc.) e territoriali (sistema urbano, sistema tecnologico, ecc.) sui quali hanno effetto i fattori di pressione connessi alle azioni; • definire, nell’ambito dei sistemi individuati, la valutazione delle azioni di Piano; • identificare, per ciascun sistema, un insieme di indicatori, da utilizzare per la definizione del piano di monitoraggio, idonei a descrivere quantitativamente gli effetti delle azioni di Piano sui sistemi interessati. L’ultima fase è costituita dalle indicazioni per il monitoraggio del Piano che, nella Direttiva Europea 2001/42/CE, è considerato un elemento di importanza rilevante. Il monitoraggio è, infatti, uno strumento utile per passare dalla valutazione ex-ante del Piano all’introduzione di un sistema che ne consenta la verifica in itinere ed ex-post, avendo come finalità principale quella di valutare in corso d’opera l’efficacia degli obiettivi e proporre eventuali azioni correttive in base alle dinamiche di evoluzione del territorio. Nell’ambito del processo di VAS, un’attenzione particolare è stata riservata alla consultazione e partecipazione dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico. La Direttiva 2001/42/CE prevede che, nel corso della VAS, debbano essere attivate specifiche forme di consultazione delle “autorità” e del “pubblico” (art. 6, comma 5). In particolare, le autorità devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale e sul loro livello di dettaglio (art. 5, comma 4); si precisa anche che devono essere consultate quelle autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possano essere interessate agli effetti sull’ambiente dovuti all’applicazione dei piani e dei programmi (art. 6, comma 3). Il D.Lgs. n. 4/2008 definisce tali autorità da consultare come “soggetti competenti in materia ambientale”, costituiti da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici che, per le loro specifiche competenze o responsabilità in campo ambientale, possano essere interessati agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione di piani, programmi e progetti (art. 5, comma 1). Inoltre, il Piano Territoriale Regionale (PTR) della Campania prevede che, nell’ambito della procedura di redazione o di attuazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), le Province consultino i territori convocando, per ogni Sistema Territoriale di Sviluppo

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(STS), un’apposita “Conferenza territoriale per lo sviluppo sostenibile”. Nel caso della VAS per il PTCP di Benevento, sono state convocate specifiche Conferenze territoriali per lo sviluppo sostenibile, alle quali sono stati invitati sia i soggetti competenti in materia ambientale, che i Comuni della Provincia di Benevento, e le associazioni e le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali, secondo quanto previsto anche dall’art. 20 della Legge Regionale 16/2004 sul governo del territorio. La fase di consultazione ha considerato quale presupposto indispensabile i principi dello sviluppo sostenibile con particolare attenzione allo “sviluppo territoriale sostenibile”, riconoscendo come essenziale il ruolo del territorio nel definire un rapporto di equilibrio tra sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica. Infatti, comprendere i valori e le risorse che caratterizzano un territorio implica poter esplicitare le potenzialità che contraddistinguono la sostenibilità territoriale; al contempo, significa individuare gli approcci e gli strumenti propri di un processo di sostenibilità politica concepiti secondo le logiche della good governance. Nell’ambito delle Conferenze territoriali per lo sviluppo sostenibile si è cercato di costruire un quadro conoscitivo in grado di tener conto dei contributi dei diversi stakeholder coinvolti, di consentire il dialogo e l’interazione tra i saperi, ma anche di comprendere in quale direzione dovrebbe essere orientato lo sviluppo futuro della Provincia di Benevento, considerando non solo una possibile “previsione” legata alle specifiche aspettative, ma anche l’individuazione di strategie significative e delle relative azioni indispensabili per individuare le modalità di intervento sul territorio. Le Conferenze sono state organizzate mediante incontri periodici, articolati nell’intento di esplorare sia questioni di carattere generale che temi specifici, in cui fosse possibile il dialogo tra sapere esperto e sapere comune. Pertanto, la struttura degli incontri ha permesso di affrontare, dapprima, tematiche ampie e complesse che, gradualmente, sono state approfondite ed analizzate nel dettaglio. Esse sono state concepite come un organismo consultivo, impegnato nell’elaborazione di strategie di sostenibilità, in grado di conciliare i bisogni ed i desiderata delle comunità locali, da tradurre in termini operativi nell’ambito del PTCP. Le risoluzioni delle Conferenze hanno avuto valore di raccomandazioni per l’Amministrazione provinciale e per i tecnici impegnati nella redazione del Piano.

Il Piano urbanistico comunale di San Marco dei Cavoti La L.R. Campania n. 16/2004, riguardante le Norme sul governo del territorio, ha introdotto il Piano Urbanistico Comunale (PUC), in luogo del tradizionale Piano Regolatore Generale, che deve essere accompagnato dalla “valutazione ambientale” di cui alla Direttiva 42/2001/CE ed al

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza” D.Lgs. n. 4/2008. Come già evidenziato, tale valutazione deve scaturire da un Rapporto ambientale, in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi dell’attuazione del Piano sull’ambiente e le alternative, alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale di riferimento del Piano. In particolare, la fase di partecipazione viene enfatizzata dal fatto che la L.R. prevede esplicitamente che la proposta di PUC debba essere predisposta dall’Amministrazione comunale previa consultazione delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali. In questo senso, la pianificazione “internalizza” la valutazione, completandosi e migliorandosi, mentre la valutazione, per diventare uno strumento di efficace aiuto all’elaborazione del piano, necessita della messa a punto di opportune metodologie valutative e partecipative da applicare nell’elaborazione del PUC. Un esempio significativo dell’applicazione di approcci metodologici in grado di coniugare valutazione e partecipazione è costituito dal processo di VAS strutturato per il PUC2 di San Marco dei Cavoti, un centro rurale di 3.800 abitanti in provincia di Benevento. Attraverso la sperimentazione in corso della VAS del PUC di San Marco dei Cavoti è stata predisposta una metodologia di approccio utile per riconoscere i valori in gioco, creare maggiore coesione sui temi della salvaguardia ambientale e della conservazione del patrimonio culturale, individuare modelli innovativi di intervento legati anche all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, stimolando una fruibilità del territorio nel rispetto dei valori e delle risorse esistenti. In particolare, il percorso metodologico condotto è schematizzabile in un processo ciclico, che parte dall’acquisizione di conoscenza e si sviluppa attraverso l’analisi del contesto, la valutazione degli impatti e la programmazione delle azioni. Tale strutturazione è stata correlata all’utilizzo di metodi e strumenti idonei a supportare le differenti fasi ed attività, come: • metodi e strumenti per la raccolta di conoscenza esperta e locale, con cui si è cercato di sollecitare l’esplicitazione del “sapere comune” ed, allo stesso tempo, di tradurre il “sapere esperto” in forme comunicabili e compatibili con il contesto di riferimento; si tratta di strumenti dedicati a sviluppare l’interazione ed il dialogo tra

2 Il gruppo di lavoro è composto da: arch. Pellegrino Soriano, ing. Fabio Catalano, arch. Americo Travaglione per la progettazione urbanistica ed il coordinamento; dott. Donato Tornesello per la geomorfologia; dott. Pellegrino Cocca per l’agronomia; arch. Annarita Graziato per l’analisi planovolumetrica; arch. Maria Cerreta, arch. Pasquale De Toro, arch. Saverio Parrella, arch. Francesco Varone per la Valutazione Ambientale Strategica; Geosystems s.r.l. (ing. Carmine Basco, ing. Gaetano De Nigris, ing. Massimiliano Bencardino, dott. Gennaro Florio) per il Sistema Informativo Territoriale, il WebGIS ed il Sistema di Supporto alle Decisioni per la VAS; arch. Franco Lancio per la comunicazione. Si ringrazia, inoltre, per la collaborazione MARSec e Sannioeuropa della Provincia di Benevento. L’indirizzo Internet per consultare la VAS di San Marco dei Cavoti è www.geosystemsweb.com.

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gli esperti, i tecnici, le comunità e gli stakeholder coinvolti nella costruzione delle scelte; • metodi e strumenti per l’analisi di scenario, diretti alla formalizzazione della conoscenza in differenti visioni strategiche condivise, che esaltano la dimensione futura delle scelte di piano, ed applicati per esplorare le possibili alternative di trasformazione del territorio condivise dalla comunità locale; • metodi e strumenti propri dei Sistemi di Supporto alla Decisione (SSD), utilizzati per strutturare il quadro conoscitivo complessivo e per elaborare i dati e le analisi necessari per comparare le opzioni alternative ed esplicitare i possibili impatti. La costruzione di un opportuno Sistema Informativo Geografico (GIS), a cui è stato aggiunto un “tool” di valutazione multicriterio, ha permesso di rendere maggiormente efficace il SSD, migliorando il quadro informativo e permettendo di verificare gli effetti delle alternative. L’individuazione delle possibili alternative di Piano è stata elaborata nel corso della fase di consultazione, mediante un forum di partecipazione attivo sul territorio, distinto in “forum on site” e “forum on line”. Accanto ad un forum concepito quale occasione di incontro e di confronto tra i diversi stakeholder e la comunità locale, è stato previsto un forum attivo sul web, in grado di far partecipare virtualmente alle riunioni, di esprimere il proprio punto di vista e di essere aggiornati sulle evoluzioni dei lavori in corso. All’interno della struttura del forum sono state applicate delle tecniche proprie dei Problem Structuring Methods (PSM), una famiglia di metodi che fornisce un utile supporto per definire le informazioni all’interno di un sistema di supporto alle decisioni, capace di affrontare una varietà di problemi e situazioni non strutturati, in coerenza con una concezione comunicativa della pianificazione (Rosenhead, 1996; Rosenhead e Mingers, 2001). Mediante i PSM è possibile rappresentare graficamente la complessità delle questioni in esame, esplorare lo spazio delle soluzioni, comparare alternative, affrontare l’incertezza in termini di “possibilità” e di “scenari”, piuttosto che di probabilità e di previsione. Essi si basano sulla modellizzazione delle relazioni di causa-effetto, e la semplicità tecnica che li contraddistingue consente di utilizzarli nei “facilitated groups” e nei workshop. I risultati ottenuti da questa prima fase del processo di consultazione e partecipazione hanno contribuito a costruire un quadro conoscitivo ricco ed articolato, che ha influenzato il lavoro dei progettisti del Piano, ampliando il campo delle possibili azioni ed identificando le visioni e le strategie ritenute in grado di rispondere alle esigenze concrete della comunità di San Marco dei Cavoti. Particolare rilevanza ha assunto l’applicazione di tecniche e metodi valutativi selezionati in funzione delle esigenze emerse durante il processo decisionale: per la fase di partecipazione è stato realizzato un Web-GIS, in grado di affiancare il tradizionale coinvolgimento degli attori in focusgroup; mentre, per la fase di costruzione della conoscen-

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO za e di analisi delle caratteristiche territoriali ed ambientali è stato realizzato un GIS, che ha consentito di strutturare i dati relativi al sistema geologico, all’uso del suolo, al sistema territoriale nel suo complesso. In seguito, per la valutazione delle alternative di Piano, il GIS è stato integrato con il metodo multicriterio Analytic Hierarchy Process (AHP) (Saaty, 1992), allo scopo di prevedere gli impatti del piano sulle diverse componenti ambientali in termini spaziali. È stata, pertanto, elaborata una valutazione intesa come “processo di apprendimento dinamico”, concepita in termini flessibili, inclusivi e partecipativi, in grado di far emergere i conflitti e gli interessi evidenti e latenti, e di valorizzare le potenzialità. Inoltre, la costruzione di un sistema di indicatori di sostenibilità ambientale e territoriale, in grado di tener conto sia dello status quo (valori attuali), che degli scenari alternativi di un possibile sviluppo del territorio (valori previsti) ha permesso di “scomporre” la complessità ambientale (evitando, al contempo, il rischio di riduzionismo) in un numero ridotto di elementi fondamentali, in grado di fornire informazioni strategiche utili per comprendere e schematizzare la complessità del sistema, nonché per valutare gli effetti delle possibili trasformazioni. Utilizzando il processo tipico della VAS, interpretato secondo un più ricco percorso di valutazione proprio della Valutazione Spaziale Integrata (ValSI) (Fusco Girard et al., 2005), si è inteso includere gli aspetti territoriali ed ambientali nel processo di definizione delle strategie e delle scelte di piano, riconoscendo il ruolo rilevante da essi esercitato nell’ambito del processo decisionale e nella selezione delle alternative. Mediante la strutturazione gerarchica dei criteri di valutazione è stato agevole coinvolgere i diversi esperti del gruppo di lavoro ed attivare tra essi opportuni momenti di dialogo e confronto. La valutazione è divenuta parte integrante delle scelte di piano ed ha permesso di rendere esplicite le potenzialità e le criticità delle possibili alternative di trasformazione, quale strumento privilegiato di supporto al processo decisionale, utile per condurre una verifica preventiva della sostenibilità ambientale, per individuare le azioni possibili, nonché i limiti e le condizioni dello sviluppo e della valorizzazione del territorio, all’interno della pianificazione urbanistica e territoriale.

La funivia Sorrento-S. Agata

gere lo studio di fattibilità dell’opera3. Al nuovo collegamento è stata riconosciuta una duplice funzione: quella tradizionale di infrastruttura di trasporto destinata a migliorare le condizioni della mobilità in un’area di particolare interesse turistico, e quella di impianto inteso come una sorta di catalizzatore di modalità differenti di utilizzo del territorio, che abbiano come obiettivo la promozione dei “valori sociali complessi” (Fusco Girard e Nijkamp, 1997) propri del paesaggio della Costiera sorrentina. La definizione delle caratteristiche della funivia è stata orientata all’obiettivo di conciliare sviluppo e ambiente, tutelando l’integrità del paesaggio, riconoscendo un ruolo fondamentale al patrimonio naturale e culturale esistente, e proponendo una modalità di fruizione del territorio tesa ad esaltarne le molteplici qualità intrinseche. Accanto alla necessità di migliorare la qualità dell’accessibilità mediante l’offerta di un’opportunità di mobilità su mezzo pubblico a carattere sostitutivo di quella su mezzo privato, si è inteso dare anche una risposta all’esigenza di realizzare un’attrezzatura destinata a valorizzare il paesaggio, a renderlo maggiormente fruibile e ad esaltarne le componenti estetiche e percettive. Si è strutturata, pertanto, una metodologia che tiene conto degli approcci che si propongono di costruire un rapporto di dialogo e di interazione tra il “sapere comune” ed il “sapere esperto”. In particolare, la costruzione del quadro conoscitivo è stata articolata a partire dall’osservazione del contesto territoriale di riferimento, con attenzione alle preferenze degli attori sociali ed al loro rapporto di interazione con la realtà in esame. È stata strutturata una campagna di ascolto fatta di “interviste in profondità” rivolte ad alcuni testimoni privilegiati selezionati tra le categorie presenti nella realtà economica, sociale e culturale della Costiera sorrentina, significative sia per il ruolo svolto che per l’impegno quotidiano, interessate allo sviluppo della comunità ed al miglioramento della qualità della vita. L’approccio dell’“analisi istituzionale” (Funtowicz et al., 1998) ha consentito di definire una “mappa” dei principali attori e di utilizzare l’osservazione partecipata per comprendere le dinamiche interne proprie dei comportamenti della comunità rispetto alle questioni significative del processo di trasformazione attivato dalla realizzazione della funivia. Attraverso l’analisi istituzionale è stato possibile individuare le diverse risorse disponibili (umane, sociali, ambientali, economiche, ecc.), identificare le percezioni sociali ed economiche dei differenti gruppi sociali, nonché comprendere come le alternative di pro-

Nell’intento di migliorare i collegamenti tra Sorrento e la frazione di S. Agata del comune di Massa Lubrense, ai confini con il comune di Sorrento, luogo di villeggiatura molto apprezzato e frequentato durante tutto l’anno si è, ormai da decenni, avanzata la proposta di costruire un collegamento pubblico, individuato anche dal Piano Urbanistico Territoriale della Penisola sorrentino-amalfitana del 1987. La Provincia di Napoli, in attuazione a tale scelta, ha affidato al Dipartimento di Ingegneria dei Trasporti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II l’incarico di redi-

3 Il gruppo di lavoro è stato così costituito: prof. Marino de Luca (coordinamento e trasporti); ing. Chiara de Luca (trasporti); prof. Tommaso Esposito, ing. Gianluca Dell’Acqua, ing. Domenico Abate (infrastrutture); prof. Roberto de Riso (geologia); arch. Alberto Simeone (stazioni ed impianti funiviari); ing. Maurizio Cirella (strutture); ing. Aurelio Izzo (urbanistica); ing. Giuseppe De Angelis (ambiente); prof. Luigi Fusco Girard, arch. Maria Cerreta, arch. Pasquale De Toro (valutazioni integrate); arch. Franco Lancio (comunicazione).

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza” getto dovrebbero essere finalizzate agli interessi emersi come rilevanti. L’analisi è stata orientata a comprendere le implicazioni che la costruzione della funivia potrebbe determinare in relazione ai diversi gruppi sociali ed economici identificati e che incidono sulla realtà dei due comuni interessati e sul territorio della Penisola nel suo complesso. A ciascuno degli attori è stata somministrata un’intervista in profondità, successivamente decodificata mediante un approccio proprio della Soft Systems Methodology (SSM) (Rosenhead e Mingers, 2001). La SSM si pone come obiettivo di identificare quanto di rilevante emerge dall’esplorazione profonda di un problema o di una questione, strutturando i risultati in base alle relazioni sistemiche che sussistono tra i concetti. L’approccio adottato si avvale della Root Definitions (RDs), ovvero della “definizione delle radici”, che può essere sviluppato attraverso differenti tecniche. Particolarmente utile è la cosiddetta CATWOE (Customers, Actors, Transformation process, World view, Owners, Environmental constraints) (Rosenhead and Mingers, 2001), che, contestualizzata ed opportunamente rielaborata, ha permesso di far emergere da ciascuna intervista le questioni significative, identificando le componenti del processo di trasformazione utili per la definizione di uno “scenario condiviso”. L’individuazione delle preferenze espresse da parte dei gruppi sociali ha consentito di delineare le caratteristiche dello “scenario futuro” attraverso l’applicazione della metodologia Strategic Options Development and Analysis (SODA) (Eden e Simpson, 1989), utile per affrontare problemi complessi, caratterizzati da dati soft, qualitativi e non strutturati mediante l’elaborazione di “mappe cognitive” a partire da protocolli verbali. Dalla identificazione dei legami che caratterizzano la mappa cognitiva strategica, è stato possibile analizzare il modello cognitivo complessivo e selezionare le questioni e le soluzioni ritenute prioritarie, nonché le componenti chiave dello scenario percepito dalla comunità. I risultati emersi dalle analisi delle mappe cognitive definiscono le componenti dello “scenario futuro”, espressione delle molteplici esigenze riscontrate ed in grado di conciliare aspettative e bisogni delle comunità dei due comuni. Allo scopo di costruire la soluzione preferibile di collegamento funiviario, sono stati studiati 13 tracciati alternativi, che congiungono quattro possibili stazioni di valle e cinque possibili stazione di monte. Per giungere ad una valutazione globale delle diverse soluzioni di tracciato proposte, è stata strutturata un’opportuna matrice articolata individuando dieci criteri ed i relativi sottocriteri, che esaminano il sistema di trasporto nella sua complessità, evidenziando le caratteristiche tecniche dell’infrastruttura, l’attenzione alla localizzazione delle stazioni ed alla loro tipologia, il ruolo del contesto naturale ed antropizzato con specifico riferimento al paesaggio, nonché l’incidenza dei costi e le opportunità di redditività finanziaria. Il grado di rispondenza delle diverse alternative ai criteri ed ai sottocriteri è stato valutato su scala cardinale, ordinale e binaria. Le alternative sono state, quindi, confrontate applicando il meto-

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do multicriterio Regime (Hinloopen e Nijkamp, 1990; Nijkamp et al., 1990) ed utilizzando il software DEFINITE 2.0 (DEcision on a FINITE set of alternatives) (Janssen et al., 2001). Per l’applicazione del DEFINITE, sono stati assegnati dei pesi ordinali ai criteri di valutazione del primo livello gerarchico. L’assegnazione dei pesi è stata desunta dall’analisi delle preferenze espresse nel corso delle interviste in profondità ai testimoni privilegiati. L’importanza relativa attribuita ai criteri è stata esplicitata attraverso la suddivisione degli stessi in sei gruppi. Sono stati, quindi, condotti tre tipi di valutazione: 1) la prima non ha tenuto conto dei pesi dei diversi criteri; 2) la seconda ha considerato i pesi attributi ai criteri e di conseguenza ai sottocriteri, in base ai sei gruppi di importanza relativa identificati; 3) la terza è stata condotta mediante un’“analisi di sensitività”, individuando soltanto due gruppi di importanza relativa. I risultati delle “analisi di sensitività” hanno evidenziato che non si hanno significative modificazioni nella struttura delle graduatorie, soprattutto per quanto riguarda le prime posizioni, sottolineando la “robustezza” dei risultati. L’ordine di preferibilità delle alternative ottenuto con l’applicazione del metodo Regime risponde al meglio ai criteri di valutazione adottati e, quindi, agli obiettivi che li sottendono. Un’ulteriore conferma della robustezza della graduatoria finale si è ottenuta mediante l’analisi delle possibili convergenze delle posizioni dei diversi attori sociali. A questo scopo è stata valutata l’esistenza di “coalizioni” sociali favorevoli o contrarie alle diverse alternative, esplicitando il grado di consenso di cui godrebbe l’alternativa preferibile tra le comunità interessate. In proposito, è stato applicato il metodo NAIADE (Novel Approach to Imprecise Assessment and Decision Environments) (Munda, 1995), che consente di individuare l’atteggiamento dei diversi gruppi di attori nei confronti delle diverse alternative, di verificare la possibilità concreta che si stabiliscano rapporti di coalizione e, quindi, di individuare un ordine di preferibilità delle alternative derivante dalla rilevanza delle coalizioni raggiunte. A sua volta, il livello di consenso permette anche di riflettere sulla capacità del tracciato di rispondere in modo soddisfacente alle richieste dei gruppi sociali, tenendo conto dei differenti punti di vista e delle diverse aspettative. A tale scopo si è fatto riferimento a quanto emerso dalle interviste agli attori e dall’applicazione dell’approccio Strategic Options Development and Analysis (SODA) e, mediante l’applicazione del software NAIADE sono stati calcolati gli indicatori di conflitto tra i diversi gruppi sociali, ottenendo il “dendogramma delle coalizioni”, che mostra le posizioni dei gruppi sociali nei confronti delle 13 proposte di tracciato. È evidente come gli attori maggiormente rilevanti nell’ambito del processo decisionale siano concordi nell’esprimere la loro preferibilità, tenendo conto dei requisiti che rendono i tracciati rispondenti alle esigenze di realizzare un sistema di trasporto che svolga il ruolo di catalizzatore di uno sviluppo concepito in termini innovativi. Il metodo NAIADE consente anche di costruire il cosiddetto “diagramma di veto”, che esplicita l’alternativa su cui tutti i gruppi sociali sono disposti a coalizzarsi e da cui si evince che la possibilità a

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO coalizzarsi non avviene su alternative generiche ma con riferimento ad una sola alternativa, riconosciuta come la “soluzione di compromesso sociale”. Nel caso in esame, il diagramma di veto ha fornito un ordinamento delle 13 alternative in rapporto ai giudizi espressi dai diversi gruppi sociali, in cui “sapere esperto” e “sapere comune” hanno raggiunto un accordo.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE L’insieme delle valutazioni effettuate nei tre casi di studio esaminati ha consentito di esplorare il campo degli strumenti propri delle “valutazioni integrate”, contribuendo al riconoscimento della loro validità operativa da un punto di vista tecnico ed, allo stesso tempo, consentendo di migliorare la comprensione del processo di negoziazione che porta alla risoluzione dei conflitti, incrementando la trasparenza del percorso valutativo e permettendo di costruire la decisione capace di riflettere le diverse esigenze ed aspettative compresenti. Mediante percorsi valutativi così strutturati è possibile aiutare le comunità locali a diventare più consapevoli, non solo delle proprie opinioni e preferenze, ma anche di quelle degli altri soggetti interlocutori, contribuendo a costruire soluzioni partecipate e condivise. Pertanto, allo scopo di superare le visioni parziali degli studi settoriali, i percorsi valutativi concepiti in modo integrato e tesi alla costruzione del consenso, riconoscono come essenziale il grado di trasparenza del processo deci-

sionale, ma anche la necessità di interessare e coinvolgere la comunità nella identificazione dei valori e delle priorità, nonché nella formulazione delle possibili soluzioni alternative. La valutazione assume sempre più rilievo nell’ambito del processo decisionale, ponendosi come strumento di costruzione delle scelte, di esplicitazione dei valori, degli interessi e dei bisogni, nonché di esplorazione degli elementi rilevanti. Essa si configura come “strumento” in grado di integrare approcci, metodologie e modelli, adeguandoli alle molteplici esigenze che il processo decisionale stesso rivela. Il riconoscimento dei valori e delle metodologie di valutazione è strettamente connesso all’attività di pianificazione e/o progettazione, che richiede idonei strumenti per l’identificazione delle priorità, soprattutto nel perseguimento di obiettivi confliggenti. Si può, quindi, ritenere che i “tasselli costitutivi” propri di una valutazione integrata siano riconoscibili nell’interazione tra le diverse forme di capitale (umano, sociale, ambientale, economico, istituzionale, ecc.), di saperi (scientifici, tecnici, comuni) e di conoscenza, nonché nella elaborazione di una visione condivisa che rifletta il riconoscimento dell’esistenza di valori complessi e della opportunità di costruire nuovi valori, tangibili ed intangibili. In questa prospettiva, la valutazione consente di esplicitare l’identità territoriale/specificità di un contesto, di promuovere l’interazione e l’apprendimento collettivo e di porsi quale “strumento creativo”, capace di gestire la conoscenza dal basso nei processi di trasformazione territoriale.

Summary INTEGRATED EVALUATIONS: FROM “LEARNING PROCESS” TO “KNOWLEDGE MANAGEMENT” INTRODUCTION Among the decision-making processes for planning and design, evaluation is more and more important as tool to make choices, to recognize values, interests and needs, and to explore relevant aspects that can influence decisions. It is an “implicit tool” to integrate approaches, methods and models, able to support the different needs of the decision-making process. It is therefore important to identify “new approaches” able to give an analytic and evaluative structure to integrate purposes and multidimensional values within the decision-making processes. It is necessary to develop evaluation frameworks not focusing only on the environmental, social and economic effects of different options, but also considering the nature of the stakes, identifying priorities and values that can influence the decision-making process in every step. It is essential to use normative and instrumental

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approaches, but also “explorative” ones, open to plurality and dialogue among the different expertise involved (Fusco Girard et al., 2007). These approaches and models are part of the architecture of “decision support systems” of complex decision-making processes, oriented to an integrated planning, that can support both the selection, the monitoring and the management of different resources, and the interaction among decisionmakers, decision-takers and stakeholders. The paper intends to make clear, through some selected case-studies, how the evaluation can be a tool to dialogue and interact among different expertise, able to support learning processes, the management of knowledge and the creation of shared choices, by means of the proper techniques and tools. In this view, evaluation can be useful to support the decision-making processes, able to put together technical and political assessments, referring to complex values that are part of conflicting and changing realities, where it is necessary to work consistently with the principles of sustainability.

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza”

VALUES AND EVALUATIONS When facing the binomial name “development/environment”, we usually refer to the model of sustainable development that, in a wider interpretation, can be seen as “human sustainable development” (Fusco Girard et al., 2003). Human sustainable development is based on the triangle sustainability, resilience and creativity, and has its foundation in the cultural dimension and its origins in values. But which values? It is well known that nowadays the “hard” values are dominating, the ones of the economy, that cause extraordinary simple choices, so that the “soft” values, the intangible, immaterial and non-monetary ones, are forgotten. The human sustainable development is founded on the relational values: the relationships within the same subject, among different subjects, between subjects and ecosystems. The density of relationships can stimulate the coordination, can create systemic behaviors, can improve the resilience of a community and its capability to keep its own identity in changing. In order to recognize the central role of relationships for promoting human sustainable development it is necessary an appropriate evaluation of relationships themselves. The relationships create an use value that, on its turn, can create other non-use and intrinsic values. In this view, among decision-making processes to design and plan, to build decisions and to manage problematic choices that take into account complexity and responsibility, interests and operations, imply using a continuous learning process that comes from the existing and creating relationships. Evaluation is an useful tool to make clear values, interests and needs, but also to explore domains and knowledge. In particular, the “integrated evaluations” can be a tool to reach the balance between conservation and transformation, respecting values and existing resources. This means to consider the different levels of analysis and the many dimensions of evaluation, including a specific care for the emerging problems, local needs, interests of the stakeholders, and the protection and the enhancement of scarce resources. An integrated evaluation approach can make us go beyond space and hierarchical limits, considering the different components (historical, cultural, environmental, economical, social, anthropological, etc.), making clear the weights and recognizing priorities, and finding the proper strategies, able to consider social participation, interdisciplinarity and integration. INTEGRATED EVALUATIONS: THEORETICAL BASIS Social or political choices are often characterized by “uncertainty, conflicting values, high stakes and urgent decisions” (Funtowicz and Ravetz, 1993). It was for the above reasons that Funtowicz and Ravetz developed a new epistemological structure called “post-normal

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science”, considering two crucial aspects of science: uncertainty and value conflict. To recognize the importance of difference implies a different way to address complex systems, that is represented by “post-normal science”. Complexity can be seen as the theoretical justification of post-normal science, and to face the logical complexities within it means to take into account the self-organization chances, non linear dynamics, non-continuous behaviors of complex systems and participated decision-making processes, referring to a structure that can also deal with sustainability issues. When facing difficult choices, where it is necessary and important to act, despite the high level of uncertainty, it is necessary to broaden the field of decision-makers and to involve new social actors who, together with experts, can create an “extended community”, that can elaborate solutions coming from “debate and dialogue” (Funtowicz and Ravetz, 1994). The approach of post-normal science is very necessary because the stakes related to choices force us to find solutions not only coming from the “expert knowledge”, but that can also be legitimated by “common knowledge”. Uncertainty is part of many decision problems and the solutions cannot be only based on exact scientific data, but on public decisions, shared by community. This is particularly significant referring to decision problems with a high level of social conflict whose resolution cannot be based on scientific demonstrations, but on communication and dialogue among parts. We can say that solving complex problems depends on the capability to consider them under different points of view and to manage uncertainty: in these cases, practical science and professional know-how are inadequate and it is necessary to fill the gap between experts and community. Evaluating the different proposals is fundamental: in this view it stands out that “integrated evaluations”, considered as “participated evaluations”, are a key tool to support the decision-making process, especially when uncertainty, complexity and values of different social groups are many, different and conflicting (van der Sluijs, 2002). Integrated evaluations not only consider the inputs made of data expressing the impacts of different solutions, but are also “open” to a wide public participation, so that they can offer more information for the evaluation itself and, in addition, can make the decision-making processes and the results more acceptable (Golub, 1997; Castells and Munda, 1999). Participation becomes essential not only to examine and evaluate choices on a social, ethic, political, economic, environmental, etc., level, but also to legitimate choices and make them acceptable for the community itself. In this view, it is important to use tools supporting multicriteria approaches and helping to solve uncertain, conflicting and complex decision problems. This approach

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO extends the evaluation process that so becomes multi-disciplinary (respecting the issues addressed) and participative (respecting communities) (Funtowicz et al., 1998; De Marchi, 1999). COMPARING EXPERIENCES To understand how the interaction of knowledge can help structuring and improving the integrated evaluation processes, we analyze three experiences where the dialogue between common and expert knowledge was decisive in defining the evaluation path and building decisions. In each experience the interaction was structured through different methods and techniques, chosen considering the decision context and the type of plan and design. The “Spatial Plan of Provincial Coordination” of Benevento The elaboration of Strategic Environmental Assessment (SEA) of the “Spatial Plan of Provincial Coordination” of Benevento (Italian PTCP) was the chance to experiment the opportunities arising from the comparison and the interaction between technical and scientific knowledge. The SEA was seen as an “interactive process” throughout the planning. The first step was the analysis of the context, through the processing of environmental and territorial data, useful to find out the main opportunities/threats to address. The second step was the qualitative evaluation starting from the problems identified through the analysis of context and the main Plan goals, stressing the relevant issues to answer to through the Plan. The third step was the quantitative evaluation that, through selected indicators, gave the necessary hints to value the effects of Plan. The last step was the monitoring of the Plan. Monitoring is an useful tool to pass from the “ex-ante” evaluation to the “on going” and “ex-post” checking, aiming to evaluate through the application of Plan the effectiveness of goals and to propose adjustments based on the context dynamics. Thought the SEA, there was a particular care for auditing and involving authorities and people and so there were organized specific “Territorial Meetings for Sustainable Development”, whose participants were environmental experts, political institutions, social, cultural, environmental, economical-professional and trade-unions associations. Through the audit phase it was considered crucial the care for the sustainable development principles, especially the “territorial sustainable development”, recognizing the central role of territory in defining the balance between environmental, social and economical sustainability. Indeed, to understand values and resources of a territory means to make clear its potential for territorial sustainability; at the same time, it means to identify

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approaches and tools of a political sustainability, according to the “good governance” principles. During the Meetings, we tried to build a knowledge frame able to take into account the contributions of the different stakeholders, to promote the dialogue and the interaction of knowledge, but also to understand how the possible future development of the Benevento Province should be, not only considering the specific expectations, but also singling out significant strategies and actions that better operate on the territory. The Meetings were periodical, in order to explore both general and specific issues and to create a dialogue between expert and common knowledge. So, during the Meetings, at first we addressed broad and complex issues that were gradually analyzed in every detail. The Meetings were seen as an audit organization, that creates sustainability strategies, able to put together the needs and the desires of local communities to transform them into actions within the Plan. The Master Plan of San Marco dei Cavoti A clear example of the methodological approaches able to put together evaluation and participation is the Strategic Environmental Assessment (SEA) of the Master Plan of San Marco dei Cavoti, a rural village of about 3.800 inhabitants (province of Benevento). It was structured an approach useful to recognize the values to consider, to create a wider agreement on the environment and the cultural heritage protection, to find out new interventions also using renewable energy resources, stimulating the use of territory and respecting existing values and resources. In particular, the methodological path used is a cyclic process that starts from knowledge and develops through the context analysis, the impact evaluation and the actions programming. Possible alternatives to the Plan were created through the auditing steps by means of a participation forum divided into “on site forum” and “on line forum”. In fact, along with a forum seen as a meeting and a comparison chance among the different stakeholders and local community, there was also a web forum in order to virtually participate to the meetings, to express one’s points of view and to survey the evolution of the work in progress. Within the forum were used the techniques of the Problem Structuring Methods (PSM), a group of methods giving an useful support to define the information within a decision-support system, able to address a wide range of problems and non structured situations, consistent with a communication idea of planning (Rosenhead, 1996; Rosenhead and Mingers, 2001). Thanks to PSM it is possible to graphically represent the issues, explore the solutions, compare alternatives, face uncertainty in terms of “possibility” and “scenarios”, rather than probability and prevision. The result of this first step of consulting and participa-

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Valutazioni integrate: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza”

tion helped building a knowledge frame that is very rich and had an influence on the work of the planners, enlarging the field of possible actions and identifying visions and strategies to answer the real needs of the community of San Marco dei Cavoti. The use of techniques and evaluations selected according to the needs expressed during the decision-making process was very important: for the participation step a Web-GIS was made able to help the traditional involvement of the actors in focus groups; while, for the knowledge building and analysis of environmental and territorial characteristics step a GIS was made to structure the geological, land use and territory system data. Then, in order to evaluate the Plan alternatives, the GIS was integrated with the multicriteria method Analytic Hierarchy Process (AHP) (Saaty, 1992), with the purpose of foreseeing the impact of the Plan on the different environmental components in spatial terms. Using the SEA process according to the richer evaluation of Integrated Spatial Assessment (ISA) (Fusco Girard et al., 2005), the territorial and environmental aspects were integrated within the definition of strategies and planning choices, recognizing their relevant role within the decision-making process and alternatives selection. The cableway of Sorrento-Sant’Agata To improve the connections between Sorrento and the hamlet of Sant’Agata in the territory of Massa Lubrense, close to Sorrento, a well known and appreciated holiday spot all year long, there is an old proposal to create a public transportation, as seen in the Spatial Plan of Sorrento-Amalfi Peninsula of 1987. The Province of Naples started a feasibility study of the project. The new connection must have two functions: the traditional one of transportation to improve the mobility in a particular touristic area and the catalyst of different land uses aiming to promote “complex social values” (Fusco Girard and Nijkamp, 1997) of the Sorrento Coast landscapes. The method created considers the approaches that can build a dialogue and an interaction between “common knowledge” and “expert knowledge”. In particular, the information frame started from the observation of the territory, giving a special care to the preferences of social actors and their interaction with the context. An auditing campaign was structured into “in depth interviews” with some privileged actors selected in the economic, social, and cultural reality of Sorrento Coast according to their role and social commitment, interested to community development and everyday life improvement. The “institutional analysis” (Funtowicz et al., 1998) enabled to define a “map” of main actors and to use participated observation to understand the inner dynamics of community behavior as respect to significant issues of transformation process created by the cableway. The preferences of different social groups helped to define

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the “future scenario” through the Strategic Options Development and Analysis (SODA) (Eden and Simpson, 1989), useful to face complex problems with qualitative, soft data and not structured ones, through “cognitive maps” elaborated from verbal protocols. Starting from the identification of the links in the strategic cognitive map it was possible to analyze the complex cognitive model and select priority issues and solutions, along with the key components of the scenario as seen by the community. The results of the analysis of the maps define the components of “future scenario”, expression of the needs and able to put together expectations and needs of the communities involved. To create the best cableway connection, 13 alternatives have been studied, connecting four possible stations in the valley and five ones on the hill. To globally evaluate the different proposals, a specific matrix was created with ten criteria and their sub-criteria. The alternatives were compared using the Regime multicriteria method (Hinloopen and Nijkamp, 1990; Nijkamp et al., 1990) and the DEFINITE 2.0 software (Decision on a FINITE set of alternatives) (Janssen et al., 2001). The weight of the criteria came from the analysis of the preferences stated in the interviews to the actors. Another proof of the solidity of the final ranking was obtained through the analysis of possible convergences of different social actors. The possibility of social “coalitions” in favor or against the different alternatives was evaluated, making explicit the degree of consensus on the preferable alternative among the communities involved. The NAIADE method (Novel Approach to Imprecise Assessment and Decision Environments) (Munda, 1995) was used to see the attitude of different actors towards the alternatives, to check the real possibility to create coalitions and so to establish a ranking of the alternatives from the level of coalitions generated. CONCLUSIONS The set of evaluations in the three case-studies let us explore the tools of the “integrated evaluations” recognizing their technical effectiveness and, at the same time, improving the transparency of evaluation process, in order to build the decision able to reflect the different needs and expectations. Through such evaluation processes it is possible to help communities become more aware not only of their own opinions and preferences, but also of other subjects’ ones, helping to find participated and shared solutions. In fact, the evaluation is more and more important in the decision-making process as a “tool” to build choices, to explicit values and needs, and to explore relevant issues. It is the tool to integrate approaches, methods and models shaping them on the needs expressed by the decisionmaking process itself. The recognition of values and evaluation methods is strictly related to planning and/or design, requesting adequate tools to identify the priorities, especially when there are conflicting goals to aim to.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO We can say that the “building pieces” of an integrated evaluation are to be found in the interaction among the different kinds of capital (human, social, environmental, economical, institutional, etc.), of knowledge (scientific, technical, lay) and the creation of a shared view reflecting the recognition of complex values and the chance to create new ones, both tangible and intangible. In this

view, the evaluation makes clear the territorial identity/specificity of a context, the promotion of interactive and collective learning and it can be seen as “creative tool” able to deal with the bottom-up knowledge in the territory transformations processes. key words: integrated evaluations, post-normal science, complex values, decision support systems

* Luigi Fusco Girard, architetto, professore ordinario di Estimo presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove è docente a Corsi di Laurea di I° e II° livello. Coordinatore del Dottorato di ricerca in “Metodi di valutazione per la conservazione integrata del patrimonio architettonico urbano ed ambientale” e Presidente della Scuola di Dottorato della Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II. Direttore del Laboratorio internazionale di ricerca su “Cities, Creativity, Sustainability”. ** Maria Cerreta, architetto, dottore di ricerca in “Metodi di valutazione per la conservazione integrata del patrimonio architettonico, urbano ed ambientale”. Ricercatore in Estimo presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove è docente a Corsi di Laurea di I° e II° livello. Si occupa di metodi e strumenti per valutazioni integrate in processi decisionali complessi per la progettazione e la pianificazione. *** Pasquale De Toro, architetto, dottore di ricerca in “Metodi di valutazione per la conservazione integrata del patrimonio architettonico, urbano ed ambientale”. Ricercatore in Estimo presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove è docente a Corsi di Laurea di I° e II° livello. Si occupa di metodi e strumenti per il supporto alle decisioni in campo architettonico, urbanistico ed ambientale. email: girard@unina.it - cerreta@unina.it - detoro@unina.it

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto Fabiana Forte*

parole chiave: processo progettuale, giudizi di valore, valutazione

Abstract L’ideazione del progetto di architettura non è solo un processo artistico/creativo, ma è anche un processo di conoscenza e di decisione che, a differenza di altre arti, non può mai derivare da una decisione completamente autonoma. L’architetto infatti, indipendentemente dal suo talento creativo, deve sapere ‘pensare’, attraverso un percorso razionale, circa la natura del luogo e le risorse disponibili; deve saper ‘intuire’ come questi elementi possano ispirargli la forma e saper formulare ‘giudizi di valore’ per poter arrivare a stabilire priorità tra soluzioni in grado di rispondere a molteplici ed a volte conflittuali fattori. In questa ottica, cosa sottintende la realizzazione di una

INTRODUZIONE Nella lezione tenuta lo scorso anno da Vincenzo Bentivegna presso l’Aula Magna della Facoltà di Architettura di Firenze sono stati tracciati tre temi relativi al ruolo della valutazione particolarmente attuali e ineludibili. Uno di questi ha ad oggetto “la valutazione nella fase della costruzione del problema progettuale” cui ha fatto riferimento anche Enrico Fattinnanzi nel suo intervento al Convegno SIEV di Napoli del giugno 20091 e sul quale si intende ritornare nel presente articolo, attraverso una serie di riflessioni sollecitate già da tempo dai grandi progetti di architettura che sempre più vanno a caratterizzare i paesaggi urbani (Forte, 2007). In tale prospettiva è innanzitutto opportuno ribadire che la

1 FATTINNANZI E., Scienza, piano e progetto, contributo al convegno SIEV Valutazione e progetto del paesaggio, 23 giugno 2009, Napoli.

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nuova emergenza architettonica in uno specifico contesto culturale ed ambientale? Come si struttura il processo di valutazione nell’iter attraverso il quale si conforma il suo progetto? Partendo dalla tesi che il valore generato dalla bellezza di alcune nuove emergenze architettoniche è di tipo multidimensionale e che il suo valore ‘intrinseco’ deriva dal modo di concepire il progetto, non come un oggetto da porre nel contesto, ma come il risultato dello sforzo di interpretare lo ‘spirito del luogo’, nel presente contributo si sviluppa una riflessione circa il ruolo della valutazione nella fase di costruzione del problema progettuale e sull’importanza dell’esplicitazione dei giudizi di valore, ovvero dei criteri, adottati in questa fase.

progettazione di un’opera architettonica non è solo un processo artistico/creativo, ma è anche un processo di “conoscenza’ (Mondini, 2009) e di “decisione” che, a differenza di altre arti, non può mai derivare da scelte completamente autonome. L’architetto, infatti, indipendentemente dal suo talento creativo, deve ricevere istruzioni dalla committenza in merito alla funzione dell’opera; deve osservare, analizzare e “sentire” il luogo in cui andrà a localizzarsi l’opera; deve saper valutare quali sono le risorse finanziarie disponibili per la sua realizzazione e decidere come utilizzarle al meglio. Per cui l’architetto deve saper pensare, attraverso un percorso razionale, circa la natura del luogo e le risorse disponibili; deve saper intuire come questi elementi possano ispirargli la forma e saper valutare costruendo priorità, per poter arrivare a concepire idee che siano quanto più ampiamente condivise (Broadbent, 1975). In un contesto di crescente competitività urbana, anche in Italia alcune città, a partire dalla metà degli anni ‘90, hanno avviato politiche di trasformazione urbana caratterizzate dalla

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO realizzazione di opere che, oltre ad assicurare risposte efficaci a problemi di funzionamento della città, si caratterizzano per il loro spiccato “valore architettonico”, intervenendo nello scenario urbano a volte, a tal punto, da cambiare l’immaginario collettivo rispetto a quello specifico luogo. Cosa c’è allora dietro la realizzazione di una nuova emergenza architettonica in uno specifico paesaggio urbano? Cosa è che rende l’emergenza architettonica “catalizzatore” di persone, risorse, attività? In che modo si struttura il processo di valutazione nell’ideazione del suo progetto? Se è vero che il valore generato dalla “bellezza” di alcune nuove emergenze architettoniche è di tipo multidimensionale e che, in particolare il suo valore “intrinseco” fa riferimento al modo di concepire il progetto, non come oggetto da porre nel contesto ma come sforzo di interpretare “lo spirito dei luoghi” (Forte, Fusco Girard, 2009) ecco allora che l’approfondimento della valutazione nella fase di costruzione del problema progettuale può condurre ad identificare quelle opere che, più di altre, sono capaci di creare ed esprimere valori.

IL PROCESSO DI IDEAZIONE DEL PROGETTO La fase della costruzione dell’idea progettuale costituisce uno specifico processo di problem solving in cui il problema progettuale da risolvere può essere affrontato secondo approcci diversi che, pur non escludendosi a vicenda, sono stati essenzialmente ricondotti da Bamford (2002) ad un approccio di tipo “analitico/sintetico”, in cui la soluzione del problema deriva dall’elaborazione di tutte le informazioni che si hanno a disposizione e l’altro, di tipo “deduttivo”, in cui si parte da un’idea, un’intuizione, che poi viene sviluppata per successive verifiche e aggiustamenti. Questo ultimo approccio, derivante dal modello di ricerca scientifica introdotto da Karl Popper, considera il processo ideativo del progetto come un processo iterativo di “prova ed errore” attraverso una metodologia “che offra la possibilità di un’ampia verifica [falsificazione] dell’esito complessivo del progetto”(Fattinanzi et al. 2000). Tale modello è stato verificato empiricamente da Jane Darke (1978) che, attraverso una serie di interviste condotte ad un certo numero di architetti, arriva ad identificare nel processo progettuale tre fasi: • GENERATORE PRIMARIO • CONGETTURA • ANALISI in cui il “generatore primario” è un concetto o un obiettivo che, intervenendo fin dalla fase iniziale della strutturazione del problema (coincidente con il processo di prestrutturazione così come definito da Hillier et al., 1972), aiuta a generare una soluzione, riducendo il numero delle infinite possibili soluzioni. In altri termini, il progettista non parte da una lista definita ed esplicita di tutti i vincoli ed i fattori da considerare, ma cerca piuttosto uno spunto, un’immagine o un con-

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cetto astratto per ridurre la varietà delle possibili soluzioni, rispetto ad un problema non ancora perfettamente definito (o “mal definito”). Per far ciò egli parte da un’ obiettivo particolare o da un piccolo gruppo di obiettivi, generalmente autoimposti, sulla base di giudizi soggettivi piuttosto che derivanti da un processo logico. Questi obiettivi soggettivi, detti “generatori primari”, danno origine alla soluzione proposta o “congettura”. Una volta che l’idea iniziale è stata generata, questa può essere quindi testata in riferimento ai diversi requisiti del progetto e, se necessario, modificata, così come i livelli di performance nei confronti di un determinato requisito possono essere valutati e decisi iterativamente in considerazione dell’effetto sull’idea iniziale. Naturalmente questo processo è spesso a spirale, ciclico o iterativo. Più recentemente Zambelli (2007) situando l’architettura nell’ambito del problem solving, ed in particolare nell’ambito dei problemi “mal definiti”, ovvero quei problemi che non hanno una chiara formulazione né procedure che garantiscono una soluzione corretta, sostiene che l’architetto è portato ad usare tecniche di invenzione, ovvero a procedere secondo un approccio “euristico”. In altri termini egli, sondando lo spazio del problema progettuale, lo circoscrive preventivamente, lo riduce, facendo emergere un’idea dominante sulla base del suo bagaglio personale di conoscenza, del suo personale sistema di valori, dei suoi giudizi soggettivi. Tale approccio viene fatto corrispondere da Arielli (2003) al “generatore primario”, a quella idea semplice che emerge già nella fase iniziale della progettazione, che piuttosto che essere il prodotto dell’analisi del problema, precede l’analisi stessa. Indipendentemente dall’approccio utilizzato, il processo progettuale può configurarsi, dunque, come una vera e propria attività di “ricerca scientifica”, attraverso il quale il progettista individua ed esplora il problema proponendo soluzioni volte a soddisfare priorità che egli stesso ha stabilito attraverso la formulazione (esplicita o no) di “giudizi di valore” (Lera G., 1981). Nel processo redazionale del progetto è pertanto possibile riconoscere una forma di valutazione in itinere che gioca un ruolo altrettanto fondamentale (sebbene più difficilmente oggettivabile) delle procedure ex-ante ed ex post (Fattinnanzi, 2009).

I GIUDIZI DI VALORE NELLA COSTRUZIONE DEL PROBLEMA PROGETTUALE In riferimento a quanto detto nel paragrafo precedente, volendo schematizzare le fasi evolutive del processo progettuale è possibile ipotizzare che si parte da un’idea semplice: uno spunto, un’immagine o un concetto che permette di generare un ventaglio molto ristretto di soluzioni possibili, le “alternative”, che poi vengono valutate in riferimento ad una serie di “criteri”, secondo un meccanismo iterativo (cfr. Figura 1). Pertanto il progettista, sondando lo spazio del problema progettuale, lo circoscrive facendo emergere un’idea domi-

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I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto

Figura 1 - La valutazione nel processo progettuale (reinterpretazione dell’autore; fonte: “In Search of Cognitive Equilibrium”, Zeleny, 1994)

nante sulla base del suo personale sistema di valori, dei suoi giudizi soggettivi. Ed è proprio nel processo di ideazione del progetto che i giudizi di valore “costituiscono una delle componenti più creative in quanto rappresentano il meccanismo attraverso il quale viene continuamente valutata la relazione tra le forme immaginate intuitivamente e i dati appresi intellettualmente” (Collins, 1971). È possibile quindi definire i criteri progettuali come una misura del valore utilizzato dal progettista per “concettualizzare, testare e valutare” la proposta progettuale. In quanto tali essi assolvono la fondamentale funzione di integrare l’idea progettuale con la soluzione, il concetto con la forma. I criteri, in particolare, contribuiscono a dar forma al progetto in maniera tale da riflettere il sistema delle conoscenze relative agli attributi ed alle funzioni del progetto e la loro selezione costituisce una fase particolarmente critica nel processo progettuale. L’esame dei criteri adottati durante il processo progettuale consente pertanto di approfondire la conoscenza dello sviluppo dell’idea, costituendo essi stessi un elemento di cerniera tra processo progettuale ed opera realizzata. In quanto tali, essi forniscono una strada “valutabile” per comprendere meglio il processo progettuale (Portillo, Dohr, 1994). Sebbene alcuni autori hanno messo in discussione la consapevole esplicitazione dei giudizi di valore nel corso del processo progettuale, così come altri hanno invece enfatizzato il ruolo della formulazione di giudizi di valore e della valutazione, fino ad identificare uno specifico paradigma nel processo progettuale basato su “congettura e valutazione”, non c’è dubbio che nella esplicitazione del processo progettuale occorre fare riferimento alla formulazione di giudizi di valore intesi come elementi necessari alla ricerca della soluzione del problema e inevitabilmente connessi ad un processo di valutazione che attraversa tutto il processo di formazione dell’idea progettuale stessa (cfr. Figura 2).

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Figura 2 - Il processo di redazione progettuale ed il ruolo dei criteri

Per quanto questo approccio possa essere frutto di processi intuitivi e soggettivi che fanno riferimento al bagaglio di conoscenza e di esperienza del progettista, al suo sistema di valori, non c’è dubbio che “è solo sulla base della chiara esplicitazione delle premesse soggettive che i risultati della ricerca possono essere messi a disposizione di tutti i membri della comunità scientifica e culturale interessata” (Fattinnanzi, 2000). In tale prospettiva, in riferimento a specifiche opere realizzate o in via di realizzazione, si sta cercando di estrapolare una lista dei possibili criteri utilizzati nel processo di validazione dell’idea progettuale. In alcuni casi emerge che il “luogo” è un criterio particolarmente avvertito come elemento ispiratore di un concetto, di un principio, in grado di generare la forma architettonica, progressivamente testata in riferimento alla scala, alla luce, alla funzionalità, al budget, etc. attraverso tutta la strumentazione oggi disponibile (modelli, randering, plastici, etc.). Tale criterio consente di individuare quelle nuove emergenze architettoniche che, più di altre, sono in grado di esprimere il valore della bellezza, inteso non solo come valore estetico ma anche come elemento capace di produrre valori economici, etici, culturali (Fusco Girard e Nijkamp 2004).

Il “luogo” come criterio progettuale Un particolare aspetto del valore complesso della bellezza di alcune nuove emergenze architettoniche è rappresentato dal “valore intrinseco”, ovvero quello specifico valore che fa riferimento ad un modo di concepire il progetto architettonico, non “a priori”, ovvero come un oggetto da porre in un luogo (come spesso sta avvenendo in alcune città), ma come tentativo di interpretare “lo spirito del luogo” attraverso un’opera capace di diventare memoria collettiva per una comunità.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO In un’economia globalizzata il luogo, in cui i valori tangibili ed intangibili sono strettamente interconnessi, diviene sempre più un elemento di identità, autenticità ed unicità; lo spirito del luogo è ciò che permane nella sempre più accelerata dinamica urbana (Fusco Girard, 2008). Tanto più il luogo, lo specifico mosaico paesistico-culturale in cui va a collocarsi l’opera, diviene il “generatore primario”, l’idea ispiratrice dell’opera architettonica, tanto più essa sarà capace di svolgere il suo ruolo primario, ovvero di “alterare (trasformare) un equilibrio esistente e di proporlo come nuovo equilibrio. Attraverso l’intervento progettuale si realizza un cambiamento che interessa e coinvolge il contesto primitivo. Penso che l’effetto creativo (quindi innovativo) che si attua con un’opera di architettura, sia molto più importante e profondo nei riflessi e nelle conseguenze spaziali dell’intorno, e quindi del contesto, che non nell’innovazione formale o tipologica che il nuovo manufatto propone. Sostengo cioè che se esiste un innovamento, se esiste creatività, questi sono da ricercare più nelle relazioni spaziali, nei nuovi equilibri che si attuano tra l’uomo e il proprio ambiente, che non nell’oggetto architettonico in se” (Botta, 2003a). In generale, l’inventiva, la capacità ideativa o creativa, caratteristica immanente di qualunque processo progettuale, per quanto misteriosa e soggettiva possa essere, non può mai eludere il contesto, il luogo per il quale l’opera è destinata: il senso del luogo, la sua storia, la sua “anima” sono materiali progettuali sempre più indispensabili in quanto narrazione dell’identità del luogo stesso con cui il progetto deve trovare assonanza e interazione. Del resto, lo stesso Poincarè, definiva la creatività come “la produzione di nuove combinazioni utili attraverso un processo che prevede l’unione di elementi preesistenti” (Bartocci, 1997) e, in riferimento specifico all’architettura, Giorgio Grassi sottolineava che un progetto è sempre e comunque una trasformazione di ciò che esiste prima (luogo) e la relazione tra i due non può essere elusa (Grassi, 1992). Ed è proprio in questo nuovo rapporto tra natura (luogo) ed artificio (opera architettonica), passato e presente, memoria e futuro, che può esplicitarsi il valore intrinseco di un’opera architettonica. La sua identificazione diviene tanto più opportuna se si considerano alcune nuove emergenze architettoniche che oggi vanno ad inserirsi in specifici mosaici paesistico-culturali e che, seppure portano la firma di grandi architetti, evidenziano un approccio fin troppo autoreferenziale ed a volte irriverente nei riguardi della storia del luogo e della comunità che lo vive e lo fruisce. Vi sono invece altre opere che meglio integrano se stesse nel contesto per il quale sono state commissionate ed il cui valore intrinseco si esplicita nella capacità dell’architetto di interpretare lo spirito del luogo. Una di queste, in via di realizzazione e particolarmente emblematica in tal senso è il progetto del Centro di Creazione Contemporanea di Cordoba (Spagna) redatto dagli architetti spagnoli Njeto e Sobejano (Forte, Fusco Girard, 2009). L’opera va a localizzarsi in un’area urbana strategica

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per la rigenerazione della città, una zona di bordo fisicamente delimitata dal fiume e che divide il centro storico dall’area di recente espansione. Essa esprime una sapiente combinazione tra le istanze del progetto contemporaneo (come l’utilizzo dell’ICT nella facciata multimediale, etc.) e la cultura ispanico-islamica del luogo (Njeto e Sobejano, 2007). Come affermano gli stessi autori: “ in un percorso progettuale devi sapere bene fin dall’inizio che cosa vuoi dal progetto e come vuoi adempiere al programma e lungo il percorso devi verificare se la tua idea è corretta, verificandola tecnicamente, con le apposite strumentazioni. A Cordoba la Moschea è uno degli edifici più belli ed importanti al mondo; vi sono alcuni elementi in essa che esprimono valori su cui abbiamo riflettuto a lungo e che sono stati il motivo ispiratore del progetto: ripetizione, permutazione, uno stesso piccolo segno si ripete, modificandosi dinamicamente e creando uno spazio di forte suggestione. A partire dalla combinazione di tutti questi elementi geometrici abbiamo iniziato a lavorare con una figura semplice, l’esagono, trasformandolo con una semplice equazione, applicando prima una rotazione, poi una divisione, per arrivare quindi alla forma finale, che contiene una serie di esagoni. Quindi abbiamo tenuto conto delle funzioni richiesta dal programma: avevamo bisogno di tre differenti spazi; abbiamo quindi suddiviso l’esagono in spazi di diverse dimensioni e attraverso rotazione, angolatura e simmetria li abbiamo modificati, componendoli insieme per arrivare a comporre lo spazio”. In Italia il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto - MART - progettato da Mario Botta nella città di Rovereto, costituisce un’esperienza particolarmente significativa in quanto non solo è progettata da una grande firma ma si pone come intervento di ricucitura, ovvero dialoga con il tessuto, riuscendo, nella sua missione culturale, ad assumere il ruolo di vero e proprio catalizzatore (Forte, 2007b). È opportuno ribadire che non sempre l’utilizzo di una grande firma dell’architettura garantisce di per se stessa il successo di un intervento: in una logica di marketing è vero che un prodotto vende meglio se è valorizzato da una firma, ma può anche succedere che il grande architetto, impegnato su più progetti in diverse città del mondo, non approfondisca più di tanto il contesto fisico e culturale in cui va ad inserirsi l’opera. Nel caso del MART, invece, per l’architetto si è trattato di un “percorso progettuale che si è snodato lungo un arco temporale di oltre tredici anni,…un viaggio attraverso slanci e timori che si sono succeduti con il mutare continuo di sindaci, amministrazioni e istituzioni. L’itinerario per la costruzione di una struttura pubblica diviene inevitabilmente un percorso trasversale all’interno della storia sociale della comunità che lo promuove” (Botta, 2003 ). Relativamente all’intervento architettonico, si tratta di un edificio che va ad inserirsi su un’area retrostante i due palazzi settecenteschi che sorgono lungo l’antico corso Bettini: l’intervento trasforma lo spazio esistente fra i due

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I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto

Figura 3 - Il progetto del Centro di Creazione Contemporanea di Cordoba (Spagna)

antichi palazzi in una viale di accesso ad una piazza circolare coperta da una cupola vetrata, cuore e baricentro del museo che si organizza tutt’intorno. Si tratta di una bellezza nascosta, quasi segreta in cui l’impatto è piuttosto forte, la sensazione è quella di essere al centro di una scena insieme ad un circolo di personaggi “silenti e ieratici” creati da Mimmo Paladino. Come sostiene lo stesso autore: “il Mart è un progetto felice; ci sono progetti che una volta realizzati peggiorano col passare degli anni; ce ne sono altri, come il Mart, che migliorano ma non per un valore intrinseco ma perché assumono dei significati che all’inizio non avevano. Quindi l’architettura viene data anche attraverso l’interpretazione che se ne dà, che la cultura del tempo dà. L’architettura ha bisogno di essere inter-

pretata, ha bisogno di essere amata. Se un’architettura non trova quel feeling che vede la gente, la società fruirla in maniera appropriata, diventa via via sempre più banale, fino a essere dimenticata. Quindi la lettura da parte della società del fatto architettonico, è parte del fatto architettonico stesso”.

VERSO UNA “INFORMATIZZAZIONE” DEI GIUDIZI DI VALORE Oggi alla base della progettazione di un edificio vi sono esigenze sempre più complesse (sostenibilità, manutenibilità, confort, economicità, esigenze sociali e culturali,

Figura 4 - Il MART di Rovereto

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO etc.) che inevitabilmente richiedono un lavoro d’equipe che obbliga l’architetto ad interagire con i diversi saperi specialistici insieme a cui elaborare tutte le possibili ipotesi alternative rispetto al “generatore primario’, da sottoporre a “validazione e falsificazione”. In tale prospettiva si è assistito ad una straordinaria evoluzione dei modelli di aiuto alla decisione che consentono di valutare l’idea progettuale lungo tutto il suo percorso di definizione ed in riferimento a molteplici criteri, attraverso la formulazione di giudizi di valore opportunamente ponderati e informatizzati.

Attraverso l’uso di un questionario viene attribuito un punteggio ai diversi attributi relativi a ciascun criterio su una scala da 1 a 5. La visualizzazione grafica del modello è rappresentata nella Figura 6. Anche in Italia la necessità di realizzare progetti sempre più complessi, in tempi ridotti e con costi inferiori ai budget prefissati, ha portato alla definizione e all’utilizzo di strumenti informatici/informativi per il mantenimento della redditività e dell’efficienza in tutte le fasi del progetto. In particolare il sistema SIVA/SISCo (Sistemi Integrati di Valutazione dell’Architettura) messo a punto per l’edilizia residenziale ed introdotto nel 1995, oggi regolarmente brevettato (Fig. 7), riunisce ed organizza in una metodologia unitaria una serie di procedure e strumenti di valutazione della qualità e dei costi strettamente interagenti con tutte le scelte che caratterizzano, in tutte le sue fasi, il processo di redazione di un progetto (Fattinnanzi, 2008).

Basti considerare, ad esempio, il modello di valutazione messo a punto dallo studio ARUP (cfr. Fig. 5) quale strumento per valutare la sostenibilità complessiva dei progetti. Il metodo SPeAR® (Sustainable Project Assessment Routine) utilizza diversi indicatori di sostenibilità per identificare e valutare la performance del progetto rispetto a quattro criteri principali (economia, società, ambiente, risorse naturali).

DEDUZIONI

Lo stesso D.Q.I. (Design Quality Indicator) messo a punto in Gran Bretagna nel 2003 dal C.I.C. (Construction Industry Council) e dal CABE (Commission for Architecture and the Built Environment) è uno strumento di valutazione della qualità del progetto che fa riferimento ai tre criteri della qualità dell’edificio, della funzionalità e dell’impatto (inteso come capacità dell’edificio dio creare senso del luogo e di incidere positivamente sulla comunità locale e sull’ambiente).

Intendendo per “generatore primario” il momento ideativo che c’è dietro la realizzazione di un’opera architettonica, attraverso l’esplorazione del processo progettuale percorso dall’autore è possibile poter arrivare ad identificare, ed in qualche modo ad esprimere, il valore intrinseco dell’opera. Tale valore, riguardando il modo di concepire il progetto, rappresenta il valore più intimamente connesso alla “creatività” dell’architetto, ai suoi processi

Figura 5 - Graficizzazione del modello di valutazione SPeAR

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I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto

Figura 6 - Graficizzazione del modello di valutazione DQI

intuitivi e soggettivi, indissolubilmente legati a “giudizi di valore”. Se è ormai generalmente riconosciuto che il processo progettuale può configurarsi come una vera e propria attività di ricerca scientifica, collocabile nella sfera del problem solving, “la validazione di un progetto architettonico non può scaturire da un oggettività tradizionalmente intesa come la negazione del ruolo che vi svolgono i giudizi di valore e gli aspetti intuitivi e soggettivi, ma deve ricercarsi proprio nella serena accettazione della loro inevitabilità, quindi nella loro esplicitazione” (Fattinnanzi, 2009).

Ed è proprio nell’ottica di questa esplicitazione che la valutazione assume un ruolo particolare, “maieutico’, in quanto non deve aiutare a scegliere tra soluzioni diverse, ma deve aiutare a dare forma al progetto, a dare senso all’ipotesi iniziale (Bentivegna, 2009). Un possibile percorso di ricerca in questa direzione è volto alla conoscenza ed all’esame dei giudizi di valore e, quindi, dei criteri adottati nella fase di costruzione del problema progettuale, considerando la loro fondamentale funzione di mettere in relazione le forme immaginate intuitivamente (sapere tacito) con i dati appresi intellettualmente (sapere esplicito).

Figura 7 - Graficizzazione del modello di valutazione SIVA/SISCo

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Summary VALUE JUDGEMENTS IN THE DESIGN PROCESS The article develops some reflections on “evaluation during the construction phase of the design problem”, a theme proposed by Vincenzo Bentivegna in a lecture he gave last year in the Aula Magna of School of Architecture, University of Florence, taken up again by Enrico Fattinanzi during the SIEV Conference in Naples and, for the author, stimulated by research on the new architectural assets that are increasingly characterizing the urban landscape (Forte, 2007). If it is true that the “complex value of beauty” of some new architectural assets is multidimensional and its intrinsic value refers to a way of conceiving the project, not as an object to be put in a place (as is frequently happening in some cities) but as the result of an effort to interpret “the spirit of place” (Forte, Fusco Girard, 2009), then the deepening of evaluation during the construction phase of the design problem may lead us to identify those architectural assets which, more than others, are able to create and express values in this sense. The construction phase of the design problem of a new architectural asset is not only an ar tistic/creative process, but also a specific problem solving process in which the design problem can be resolved by means of several approaches, referred to an “analysis/synthesis” approach and a “deductive” approach (conjecture/ analysis). In this latter approach empirically verified by Jane Dark (1978) by means of the primary generator model, the design process is a three-step process: Primary generator – Conjecture – Analysis. The primar y generator is an expression of what is valued. It is a concept or objective that helps to “generate” a solution and it is a component of the designer’s cognitive structure. Conjecture is defined as the conceptualization of a possible solution to a design task and it is “generated” on the basis of knowledge, as well as subjective judgments, personal values and belief systems. Once a conjecture is produced, it can be tested against project requirements and modified as necessary. Independently of the approach taken, the design process can be outlined as a scientific research activity, through which the designer identifies and explores the problem, proposing solutions intended to satisfy the priorities that have been decided on, by means of the formulation (explicit or not) of “value judgments”. Therefore, “judgment constitutes one of the integral creative components, in that it is the mechanism by which the relationships between intuitively imagined forms and intellectually apprehended data is continually assessed” (Collins, 1971).

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It is then possible to define a design criterion as a measure of value used by the architect to conceptualize, test and evaluate the project purpose in the design process. Criteria play a fundamental role in integrating idea with solution and concept with form: they operate at each development juncture of thinking, making and evaluation (Portillo, Dohr, 1994) and require more in-depth analysis and examination than there is to date. With this perspective and with reference to some specific new architectural assets, the research in course aims to extrapolate a list of the possible criteria utilized in the assessment of the design idea, since there is no doubt that “only on the basis of a clear development of the subjective premises may the research results be available to all the members of the cultural and scientific community interested” (Fattinanzi, 2000). In some cases, as shown in the article, it emerges that the “place” is par ticularly hear tfelt as the inspiration element of a concept, of a principle – the primary generator – able to generate the architectural form, which is then tested with reference to the scale, the light, the functionality, the budget, etc. by means of all the technological tools available today (models, rendering, etc.). In a globalised economy, the place distinguishes itself as an element of identity, authenticity and uniqueness. The “spirit of place” is what sur vives over time notwithstanding the continuous change of urban assets; it is the element of continuance in the increasingly accelerated dynamics of the city (Fusco Girard, 2008). That criterion allows us to single out some new architectural assets that, more than others, are able to express the complex value of beauty, understood not only as an aesthetic value, but also as an element capable of producing economic, ethical and cultural values. Today at the basis of the building project there are more and more complex requirements/demands (sustainability, maintenance, comfort, budget, social and cultural requirements, etc.) that inevitably call for a group work that obliges the architect to interact with the several specialist knowledge in order to elaborate all possible alternative hypotheses towards the “primary generator”, to submit to “validation and falsification”. In recent years we have witnessed an extraordinary evolution in decision- making models that allow to evaluate the idea during its entire process of definition, on the basis of a multiplicity of criteria deriving from the formulation of value judgments, appropriately weighted and computerized, as in the models cited in the article. key words: design process, problem solving, evaluation

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I giudizi di valore nel processo di ideazione del progetto * Il Curriculum Vitae è disponibile sul n. 2 di Valori e Valutazioni.

Bibliografia ARIELLI E., Pensiero e Progettazione. La psicologia cognitiva applicata al design e all’architettura, Mondadori Milano, 2003. BARTOCCI C., JULES HENRI POINCARÈ, Scienza e metodo, Einaudi, 1997. BAMFORD G., From analysis/synthesis to conjecture/analysis: a review of Karl Popper’s influence on design methodology in architecture, in Design Studies, Elsevier Science, 2002. BOTTA M., Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Skira, Milano, 2003. BOTTA M., Quasi un diario, frammenti intorno all’architettura, Le Lettere, Firenze, 2003. BROADBENT, G., Design in Architecture, New York, John Wiley & Sons, 1975. COLLINS P., Architectural judgment, Faber &Faber, London, 1971. DARKE J., The Primary Generator and the Design Process, in Design Studies, vol. 1, n. 1, 1979. FATTINANZI E., Il brevetto SIVA/SISCo in Laborest, Pagine di Estimo e Valutazione di Piani, Programmi e Progetti, n. 1, Laruffa Editore, Reggio Calabria, 2008. FATTINANZI E., ROSATI P., MANFREDA S., Prodotti di edilizia residenziale. La riqualificazione urbana, DEI, Roma, 2000. GRASSI G., La ricostruzione del luogo, in Lotus, n. 74, novembre 1992. FATTINANZI E., Scienza, Piano e Progetto, contributo al convegno SIEV Valutazione e Progetto di Paesaggio, Napoli, giugno 2009. FORTE F., I grandi progetti di architettura urbana e le ricadute sul mercato immobiliare, in: Stellin G., Curto R., Estimo e

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valutazione. Metodologie e casi di studio, DEI, Roma, 2007a. FORTE F., La bellezza come valore del paesaggio urbano: i grandi progetti di architettura” in Agribusiness Paesaggio & Ambiente, vol. XI, n. 2, Forum, Udine, 2007b. FORTE F., FUSCO GIRARD L., Creativity and new architectural assets: the complex value of beauty, in Int. J. Sustainable Development, vol. 12, Nos. 2/3/4, 2009. FUSCO GIRARD L., NIJKAMP P., Energia, bellezza, partecipazione: la sfida della sostenibilità. Valutazioni integrate tra conservazione e sviluppo, Franco Angeli, Milano, 2004. FUSCO GIRARD, L., Cultural tourism: from cultural tourism to cultural communication and participation, in International Journal of Science Technology and Management, vol. 10, n. 1, 2008. HILLER W., MUSGROVE J, O’SULLIVAN P., Knowledge and design, in Mitchell W., Environmental design research and practice, EDRA, USA, 1972. LERA S.G., Empirical and theoretical studies of design judgment: a review, in Design Studies, vol. 2, issue 1, 1981. MONDINI G., La valutazione come processo di produzione di conoscenza per il progetto, nella rivista SIEV, Valori e valutazioni, teorie ed esperienze, n. 3, anno II, DEI, Roma, 2009. NIETO Y SOBEJANO, C4 Centro de Creación Contemporánea de Córdoba, El Croquis de arquitectura y diseño, n. 136-137, Márquez & Levene, Madrid, 2007. PORTILLO M., DOHR J.H., Bridging process and structure through criteria, in Design Studies, vol. 15, issue 4, 1994. ZAMBELLI M., Tecniche in architettura. Gli anni del decostruttivismo, Marsilio, 2007. ZELENY M., In Search of Cognitive Equilibrium: Beauty, Quality and Harmony, in Journal of Multi-Criteria Decision Analysis, vol. 3, 1994.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Il “processo DelphiMulticriteria”: proposta metodologica ed esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione Maria Vittoria Brigato*, Cristina Coscia**, Elena Fregonara***

parole chiave: processo delphi-multicriteria, processi di decisione partecipata, delphi method, AHP, valorizzazione

Abstract In questo scritto si illustrano una proposta metodologica ed un esempio di applicazione in modalità congiunta di Delphi Method e Analythic Hierarchy Process, strumenti di supporto alla decisione – maturati, rispettivamente, in seno all’approccio per scenari e alla Multicriteria Decision Analysis – adatti a trattare problemi e processi in cui complessità e portata strategica delle scelte in gioco sono importanti. Si propone una visione trasversale – “il processo Delphi-Multicriteria” - finalizzata a superare alcune fragilità degli approcci per scenari e

multicriteriali, pur consolidati e validati dall’esperienza empirica e dalla letteratura. Particolare accento è posto sul nodo della partecipazione dei soggetti portatori di interesse nei momenti decisionali cruciali, normalmente demandati al momento tecnico, gestito dall’analistadecisore. Come ambito di riferimento per i ragionamenti teorici e per la sperimentazione di un caso concreto si assume il problema della scelta fra proposte di intervento nel settore della valorizzazione delle risorse culturali.

INTRODUZIONE 1

Delphi Method

Il terreno di confine fra le applicazioni del Delphi Method e della Multicriteria Evaluation nell’ambito della valutazione dei progetti immobiliari e degli interventi per la valorizzazione delle risorse culturali appare scarsamente dissodato. Al contrario, se considerate separatamente, le due tecniche, rispettivamente ascrivibili agli approcci dell’analisi per scenari e dell’analisi multicriteriale, sono oramai ampiamente consolidate e supportate da una vasta letteratura, che ne illustra gli aspetti teorici e operativi, nonché applicazioni in svariati settori. Tuttavia, emergono – e restano parzialmente irrisolti – aspetti di fragilità spesso denunciati a livello teorico con ricadute sul piano delle applicazioni pratiche.

I Delphi Method sta avendo un rilancio in molteplici comunità scientifiche (Linstone e Turoff, 2002; Mitroff II e Turoff, 2002; Mullen, 2000; Rondé, 2003; Schmid, 1997; ecc.) grazie ad alcuni correttivi procedurali, applicati sperimentalmente sia al momento dell’individuazione delle componenti-chiave su cui impostare i questionari e individuare gli obiettivi strategici delle politiche da indagare, sia nella fase più prettamente tecnica della rilevazione e analisi statistica delle valutazioni soggettive, nonché del grado di desiderabilità ad essi associato (e della relativa fattibilità). La tecnica, collocata dagli analisti nel novero delle analisi/processi/previsioni degli scenari (spesso delle previsioni o processi della domanda per scenari), nel tempo ha acquisito maggiore robustezza nella formalizzazione statistico-matematica dei pesi, delle scale e dei giudizi soggettivi, di fatto offrendo più spazio alle analisi delle valutazioni di tipo quantitativo. A tale proposito, una tassonomia o una classificazione con-

1 Questo scritto è il risultato del lavoro congiunto delle Autrici. Tuttavia, i paragrafi ‘Introduzione’, ‘Fragilità dell’approccio per scenari e della Multicriteria Evaluation’ e ‘Proposta metodologica: il “processo Delphi-Multicriteria”‘ sono stati curati da Cristina Coscia ed Elena Fregonara, il sottoparagrafo ‘I nodi deboli dell’AHP’ da Elena Fregonara, il sottoparagrafo ‘I nodi deboli del Delphi Method’ da Cristina Coscia e il paragrafo ‘Il caso applicativo’ da Maria Vittoria Brigato. Le conclusioni sono state stilate congiuntamente dalle Autrici.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO divise sulle tecniche quali-quantitative degli scenari risultano operazioni spesso arbitrarie, poiché non c’è una visione univoca sui parametri su cui costruirle. Per contro, risulta tuttora valida, quale riferimento principale in ambito italiano, la dissertazione contenuta in De Luca (2002), che sulla base della natura della previsione relazionata agli scenari distingue tra metodi qualitativi (tra cui il Delphi Method) e metodi quantitativi (autoproiettivi o univariati e casuali). Una ripresa di tale sinossi si rintraccia nel più recente contributo di Armstrong (2006) – cui si rimanda2 – che assume quali parametri classificatori gli assunti fondativi per operare previsioni di scenario. Un quadro sintetico dello stato dell’arte è fornito anche dalla rassegna critica illustrata da Gupta e Clarke (1996)3, che hanno operato una ricognizione ad ampio raggio su manuali di ricerca, CD-rom operativi e applicativi commerciali con ricadute di trasferimento di conoscenza per l’arco temporale 1975-1994. In particolare, nella pubblicistica di settore (campi della ricerca sociale, delle tecniche previsive e del management della ricerca) si riscontrano numerose sperimentazioni nel campo medico (Kobayashi et al., 2007; Rasmussen et al., 2005; Systchenko, Mangon, 2008) e dell’educazione/formazione (Cohen e Levinthal, 1989; Kramer et al., 2007), a seguire in quello del marketing e delle politiche economiche e della finanza, così come della produzione e organizzazione industriale (Antonelli, 1997); in numero più contenuto, invece, le applicazioni nel campo della pianificazione ambientale e delle ingegnerie e, in ultimo, nel mercato immobiliare. Di recente, a partire dagli anni Novanta, si sono registrate aperture e “contaminazioni” che pongono l’accento su aspetti sia formali sia procedurali (Grupp e Linstone, 1999; Rowe e Wright, 1999). In particolare, i contributi del filone delle scienze sociali hanno consentito di consolidare alcuni passaggi matematico-formali di validazione dei giudizi espressi dagli esperti, rafforzando i consensi nella comunità scientifica. La vasta e numerosa gamma di impieghi spazia dalla pianificazione alla policy analysis al longrange forecasting, sia in ambito privato sia in ambito pubblico. In tal senso è da cogliere la current validit del Delphi Method nelle scienze sociali – per citare Landeta (2006) – che individua un panel più ampio di esperti, sulla base di un’expertise di più ampia accezione (non solo di background). Infatti, in particolare nelle più recenti sperimentazioni, gli analisti hanno affinato tanto il momento tecnico della rilevazione e analisi statistica delle valutazioni soggettive, quanto la fase di selezione e composizione del team di esperti, sulla base di criteri non solamente legati al ruolo che essi giocano in tale comunità virtuale (esperti “puri”, osservatori, decisori). 2 J. S. Armstrong, Findings from evidence-based forecasting: Methods for reducing forecast error, in International Journal of Forecasting n. 22, 2006. Ci si riferisce in particolare ai paragrafi 6, 7 e 8, pp. 595-597. 3 Si rimanda nella specifico alla Tabella 1, ibidem, p. 189.

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A partire dai nuovi paradigmi enunciati nel campo delle tecnologie informatiche e multimediali (Dosi, 1982), si riscontra anche per le tecniche previsive di scenario e in particolare per il Delphi Method un ripensamento in senso processuale e di “traiettorie di risultato”. Infatti, il connubio tra sperimentazioni all’avanguardia di strumenti di innovazione tecnologica - dalle modalità interattive fino alla messa a punto di piattaforme digitali per la facilitazione della negoziazione e del rilevamento delle opinioni ha guidato un filone di analisi e di applicazioni a partire dal modello di Turoff (1970), noto tra gli studiosi come modello policy-developing Delphi (o participatory Delphi): esso, nella sua variante partecipativa, ha aperto la strada a configurazioni lungo la scia delle comunicazioni digitali, in una sorta di e-Delphi model. Ante litteram rispetto alla diffusione delle tecnologie di comunicazioni hanno preso avvio, già a partire dai primi anni Settanta, le riflessioni avanzate da Heclo e Wildavsky (1974) e Wildavsky (1979), in cui ci si poneva l’interrogativo del raffinamento del metodo se a partire dalle tecnologie o se dal processo di consultazione delle virtual o policy communities. Le sperimentazioni più avanzate si spingono nella direzione di istruire “un processo Delphi” come un vero e proprio issue network, in cui la selezione dei partecipanti è validata e costruita preliminarmente secondo criteri che enfatizzano i ruoli e l’expertise delle diverse categorie di attori, al fine di comporre un team in cui vige la massima oggettività perseguibile (non come gruppo elitario che giudica “dall’alto” e che è portatore di interessi di parte, pur se esperti) e in cui vengono minimizzati gli spazi di arbitrarietà da parte dell’analista/valutatore.

Multicriteria Evaluation Le tecniche di analisi e valutazione multicriteriale si declinano in una numerosità di modelli di natura quali-quantitativa messi a punto, a supporto dei processi decisionali, nell’ambito disciplinare della teoria delle decisioni, nel filone della ricerca operativa (Nijkamp, 1980; Roy, 1985). Fra i vari elementi scientifici rafforzanti che ne costituiscono fondamento si possono annoverare: il sistema di misurazione delle variabili anche qualitative; la coerenza di talune tecniche fondate, fra gli altri, sul principio del confronto con il postulato della comparazione riconosciuto alla base dell’estimo (Curto, 1994); secondo un profilo economico, la teoria del comportamento di scelta dei consumatori e la critica alla teoria dell’utilità (Georgescu-Roegen, 1994). Nate e sviluppate all’interno delle scienze regionali, risultano consolidate da una forte esperienza empirica settoriale che spazia dall’economia, alla matematica, alla psicologia, tanto da renderne complicata una classificazione esaustiva ed univoca, anche se, ciononostante, sono da menzionare le sinossi tracciate Malczewski (1999) e Figueira, Greco e Ehrgott (2005). Si rintraccia il loro impiego in numerosissimi campi: nella selezione dei progetti e nell’applicazione di tecniche di Project Financing; nella pianificazione delle risorse pub-

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione bliche, energetiche, mediche (Wasil jr. e Golden, 1991; Willet e Sharda, 1991; Stewart jr. e Horowitz, 1991); nell’analisi dei conflitti e nella pianificazione strategica; nella risoluzione di problemi estimativi in qualità di procedura di stima pluriparametrica (Curto, 2005); nel Risk Management (van Gelder et al., 2004; Reichelt e Peldschus, 2005). Assumendo, è noto, l’obiettivo di superare il semplice perseguimento dell’efficienza economica introducendo obiettivi eterogenei e di natura non solamente mercantile, le tecniche di analisi e valutazione a criteri multipli risultano sperimentate particolarmente nell’ambito delle valutazioni empiriche dei progetti pubblici, inclusi gli interventi sulle risorse culturali, ambientali e sul patrimonio edificato di valore storico-architettonico. Ancora, come strumento per la gestione dei conflitti in politiche ambientali e nei problemi gestionali. Recenti aperture nella ricerca multicriteriale fondano sull’opportunità di trattare congiuntamente questioni di ordine economico con tematiche proprie delle scienze decisionali e delle scelte sociali. Insieme ad altri ambiti molto noti come la Public Choice Theory o il Collaborative Decision Making, esplorano procedure impiegate per lo scopo comune di rivelare le preferenze del decisore (Munda, 2008). Sempre nella direzione del rafforzamento della componente partecipativa all’interno dei processi di decisione sociale si muovono, poi, recenti sviluppi di strumenti avanzati di gestione dell’informazione e sistemi di negoziazione informatizzati. Fra questi, si può menzionare il sistema operativo e gestionale di supporto alla decisione di gruppo, ove l’analisi multicriteriale, basata su Internet, si combina con il Delphi Method. È in seno a questo approccio che si parla di “processo Delphi-Multicritera” – eletto a fondamento del presente scritto – a sottolineare il carattere appunto processuale e temporale che il raggiungimento della soluzione di consenso implica. È da sottolineare il fatto che il processo Delphi-Multicriteria si sia sviluppato contestualmente ad altre sperimentazioni congiunte: tutti approcci che partono dal presupposto di irrobustire alcuni passaggi matematico-formali, ma dando risalto all’aspetto partecipativo e consultivo delle tecniche.

Delphi-Multicriteria Cogliendo questi ultimi spunti di ricerca proviamo a ragionare sulle fragilità dei due approcci – analisi per scenari e Multicriteria Analysis/Evaluation – considerati separatamente e, contestualmente, sulle potenzialità del loro utilizzo congiunto. In particolare nel prossimo paragrafo “Fragilità dell’approccio per scenari e della Multicriteria Evaluation” si sviluppa un ragionamento, ripreso puntualmente nei punti “I nodi deboli dell’AHP” e “I nodi deboli del Delphi Method”, intorno ai limiti degli approcci per scenari e multicriteriali con riferimento al caso particolare delle tecniche Delphi e AHP. Nel paragrafo “Proposta metodologica:

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il processo Delphi-Multicriteria”, a partire da una sintesi comparativa supportata da una tabella schematica, si articola una proposta metodologica che assume come centrale il processo congiunto. Segue un esempio applicativo del “processo Delphi-Multicriteria”, che fa emergere le potenzialità e il superamento di alcune fragilità degli approcci per scenari e multicriteriali: i due metodi congiunti supportano nella scelta strategica tra proposte di intervento di valorizzazione, finalizzate a innescare nuovi valori e a verificare aspetti di fattibilità e di sostenibilità in un contesto territoriale di archeologia industriale –“La Strada della Lana” – che si snoda per circa cinquanta chilometri lungo quella porzione di territorio che collega Biella e Borgosesia. A chiusura del ragionamento si delineano linee di indirizzo e aperture per ulteriori integrazioni e sviluppi nel campo della valorizzazione dei Beni Culturali.

FRAGILITÀ DELL’APPROCCIO PER SCENARI E DELLA MULTICRITERIA EVALUATION Come è già stato più volte denunciato in letteratura, anelli deboli si riscontrano in entrambi gli approcci, così come nello specifico delle tecniche Delphi e AHP. I passaggi critici sono soprattutto riscontrabili in alcuni aspetti legati alla natura processuale e di consultazione dei metodi in questa sede indagati. Da una parte, infatti, il quadro dei gruppi sociali portatori di interessi, coinvolti in livelli di decisione spesso frammentati, è fortemente eterogeneo. Anche per questa ragione è difficile selezionare i progetti in modo da massimizzare, contemporaneamente, il perseguimento di tutti gli obiettivi posti. Il nodo è, in altri termini, l’individuazione di una combinazione tale che la stessa non possa essere migliorata senza che ciò provochi un peggioramento nel grado di conseguimento degli altri obiettivi: tale soluzione, nota come soluzione “non dominata” o “di migliore compromesso” rende minima, per ciascun obiettivo, la distanza fra valore massimo e valore effettivamente perseguito. Nei processi di decisione pubblica e di supporto alla programmazione degli interventi – in particolare nel settore della valorizzazione dei Beni Culturali – ciò si traduce nel problema della individuazione, fra alternative di progetto, della soluzione in grado di catalizzare i maggiori consensi da parte dei soggetti pubblici o privati – finanziatori-promotori da un lato, consumatori-destinatari dei beni/servizi, dall’altro – senza disattendere alle istanze di eticità ed equità che spesso tali scenari comportano, con ricadute positive anche solo in termini di intangibilità. L’accettabilità o grado di preferibilità delle soluzioni può essere dettato dalla desiderabilità etica o politica di scenari volti al benessere della collettività. Per questo, il nodo della scelta della “soluzione di miglior compromesso” deve essere posto, a nostro avviso, fra le questioni centrali nel dibattito sul ruolo della valutazione a supporto del decision-making. Al fine di segnalare puntualmente tali fragilità e far emer-

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO gere spazi di ripensamento e messa a punto di alcuni aspetti metodologici, ai punti che seguono sono stati affrontati i passaggi critici dei due approcci.

I nodi deboli dell’AHP Se assumiamo l’obiettivo di non delegare la decisione al solo momento tecnico, ma di allargare il tavolo decisionale a tutti i soggetti coinvolti, coerentemente con la tendenza in atto in tutte le democrazie contemporanee (Bobbio, 2000), siamo chiamati a ripensare al concetto “punto di ottimo” e alla realtà monocriteriale entro cui lo stesso si sviluppa. La policentralità decisionale è, piuttosto, tipica della realtà multicriteriale, ove il risultato può essere inteso solo in termini di “soddisfacente compromesso” fra i diversi obiettivi rilevanti. Il passaggio da una visione monocriteriale ad una multicriteriale al contempo arricchisce ma complica il processo di raggiungimento del consenso, dal momento che il moltiplicarsi dei tagli visuali implica il frammentarsi dei livelli di decisione. I gruppi sociali portatori di interesse coinvolti, infatti, sono fortemente eterogenei: anche per questa ragione è difficile selezionare le alternative di intervento in modo da massimizzare, contemporaneamente, il perseguimento di tutti gli obiettivi posti. Come è noto, nodo cruciale nella filosofia multicriteriale è l’individuazione di una combinazione tale che la stessa non possa essere migliorata senza che ciò provochi un peggioramento nel grado di conseguimento degli altri obiettivi. Questa combinazione è riconosciuta nella pubblicistica di settore come soluzione “non dominata” o “di migliore compromesso”: quella che rende minima, per ciascun obiettivo, la distanza fra valore massimo e valore effettivamente perseguito4. Nella pratica, processi di decisione pubblica e di supporto alla programmazione degli interventi implicano il problema della individuazione, fra alternative di progetto, della soluzione in grado di catalizzare i maggiori consensi da parte dei soggetti pubblici (finanziatori-promotori) o privati (consumatori-destinatari dei beni/servizi). Autori pongono in evidenza come le applicazioni della Scienza post-normale (Funtowicz e Ravetz, 1991) siano in grado di trattare simultaneamente la complessità, di tenere conto di soggetti diversi con interessi conflittuali nelle scelte politiche, di considerare linguaggi differenti associati alle varie posizioni delle parti, in una dimensione processuale partecipativa, trasparente e democratica. Alcuni studi assumono il duplice sguardo dell’economia pubbli-

4 Secondo il “criterio di Pareto”, dal momento che il decisore pubblico deve decidere tenendo conto delle stesse scale di valore della collettività, la gerarchizzazione delle alternative deve avvenire eliminando le alternative dominate: una alternativa risulta dominata da un’altra quando la stessa non è migliore (o uguale, o peggiore) rispetto a tutti i criteri e peggiore per almeno uno. Per l’enunciato del principio si rimanda al testo classico di Vilfredo Pareto, Manuale di economia politica con una introduzione alla scienza sociale, Società Editrice Libraria, Milano 1906.

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ca, da un lato e delle scienze decisionali, dall’altro, tentando di considerare in forma esplicita la presenza di vincoli politici, la compresenza di gruppi portatori di interessi diversi e di eventuali “effetti collusivi nelle scelte sociali”. Su queste premesse si sviluppano i metodi fondati sull’uso di procedure per l’analisi dei conflitti integrate con gli approcci multicriteriali. Operativamente, affrontano e risolvono il nodo della standardizzazione delle diverse valutazioni nei confronti fra alternative e criteri pervenendo: • alla “soluzione (o alle soluzioni) di compromesso tecnico”, ovvero alla graduatoria delle alternative a partire dall’insieme dei criteri di valutazione; • a indicazioni sulla distanza fra le posizioni dei vari gruppi di interesse, ovvero sulla possibilità di convergenza degli interessi o a formazioni di coalizione; • alla graduatoria delle alternative secondo le preferenze o gli impatti degli attori, ovvero alla “soluzione di compromesso sociale”. Nutrita è la quantità di modelli che, a partire da queste premesse/finalità, sono stati sviluppati nell’ambito della Teoria delle Decisioni; due sono i filoni consolidati: le analisi multi obiettivi (AMO) e le analisi multi attributo (AMA). L’approccio AMO, efficacemente rappresentato dai modelli di “programmazione interattiva multiobiettivo”, presuppone decisioni nel continuo (quindi in presenza di soluzioni infinite). Formalmente, mediante, per esempio, l’analisi Goal Programming ed il ricorso all’algoritmo della programmazione lineare modificato, la soluzione ottimale è individuata mediante la minimizzazione degli scarti fra una serie di funzioni obiettivo confrontati con obiettivi espressi in forma rigida. Nella pratica, l’approccio prevede la messa a punto di metodi fondati su interazioni sistematiche analista-decisore, a partire da una preventiva modellizzazione matematica delle questioni oggetto di analisi (con supporto informatico nei casi di decisione più complessi). L’interazione analista-decisore consente di implementare il modello con successive proposte alternative, ciascuna corredata da nuove informazioni, raggiungendo, passo dopo passo, la soluzione più soddisfacente. Come dichiarato in alcuni studi, però, nonostante l’approccio Goal Programming sia ampiamente consolidato fra le procedure decisionali multicriteri, esso rivela forti debolezze dal momento che obiettivi e priorità debbono essere indicati a priori dal decisore (Khorramshahgol e Steiner, 1988). In studi critici è dunque già esplicitamente consigliato il ricorso al Delphi Method quale “procedura sistematica per l’ottenimento del consenso da un gruppo di partecipanti” da condurre prima della definizione degli obiettivi, delle proprietà fra gli obiettivi e il livello di importanza per ciascun obiettivo. L’approccio AMA, con analoghe premesse ma con diverse soluzioni tecniche, ha contribuito al filone delle metodologie multicriteri discrete, le quali ammettono un numero finito di soluzioni perseguibili, anche in contesti caratterizzati da incertezza. Particolarmente sviluppato nelle pratiche di valutazione dei progetti, consente di pervenire alla miglio-

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione re alternativa tra quelle considerate e di produrre un ordinamento delle preferenze. Esso si fonda sull’analisi di una pluralità di effetti/impatti prevedibili (criteri) posta una pluralità di priorità (scale di valori, obiettivi politici o sociali), al fine di giungere all’ordinamento delle preferenze fra le alternative. I risultati si presentano in forma disaggregata in quanto derivano dalla scomposizione del problema in diversi sub-criteri, poi omogeneizzati mediante l’assegnazione di punteggi per permetterne la valutazione comparata. Fondamentale, data la presenza di criteri misurati con diverse scale di misura, è il ricorso a misure di ponderazione. È utile ribadire che entrambi gli approcci (e tutti i modelli in essi inclusi) condividono il significato di “valutazione” maturato nel contesto culturale in cui trovano impulso le tecniche multicriteriali: ovvero, processo di valutazione simultaneo di un set di alternative; di carattere ciclico; strettamente dipendente dai problemi trattati, dal tempo, dal contesto organizzativo, dalle conoscenze a disposizione; che può essere retroattivo; strutturato secondo un percorso logico che parte dalla definizione del problema, delle alternative, dei criteri per passare all’analisi delle alternative, alla determinazione dei punteggi, per giungere infine alla sintesi delle conclusioni. Operativamente, il processo di valutazione così descritto si snocciola nei diversi step in cui si sviluppa una procedura multicriteriale in generale (risolvendo poi in modalità specifica a seconda del modello adottato): determinazione della matrice delle valutazioni (o impatti); eliminazione di alternative dominate in senso paretiano (eventualmente presenti); normalizzazione della matrice delle valutazioni; attribuzione dei pesi ai criteri; determinazione della matrice finale delle valutazioni normalizzata e pesata; ordinamento delle alternative (attraverso la somma pesata, il caso peggiore, il caso peggiore pesato, l’indice di concordanza/discordanza, ecc.); eventuale analisi di sensibilità. Nonostante la spiccata razionalità del processo e la flessibilità consentita dal suo carattere iterativo, è tuttavia evidente la presenza di elementi di fragilità in alcuni passaggi nodali. Nelle letture critiche tali debolezze sono spesso denunciate in termini di “eccessiva soggettività”, attribuita in parte alla natura aleatoria dei metodi multicriteri, creati per il trattamento delle componenti qualitative. Più in particolare, speciale attenzione è riposta nelle fasi di: 1) costruzione della gerarchia; 2) definizione dell’obiettivo/sistema di obiettivi; 3) attribuzione dei pesi ai criteri; 4) ordinamento delle alternative. È intorno a questi nodi che maturano le proposte di utilizzo di tecniche incrociate con lo scopo comune di irrobustire i modelli classici. Estrapolando dalla pubblicistica, emergono elementi utili al nostro ragionamento: 1) nella “fase di costruzione della gerarchia” è stato rafforzato il momento del confronto pluralistico con il ricorso ad approcci (supportati da specifici software) particolarmente avanzati; fra questi il Negotiation Support System, sviluppato nell’ambito dell’Intelligenza artificiale e in particolare nel filone dei modelli multi-agente (Morge e Beaune, 2004). Il Sistema, operativo e gestionale, di Supporto alla Negoziazione è in grado di rendere più

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semplice lo scambio di informazioni fra gli utenti e di ridurre le distorsioni e l’incertezza che possono presentarsi nei processi di telecooperazione asincronica; si può citare per esempio il GDSS-Delphi Method5. Esso può aiutare ad esplicitare le sorgenti di conflitto6, stabilendo una logica integrativa fra metodi tradizionali (negoziazione e mediazione) e un modello razionale di analisi orientato verso le dimensioni multi-attore, multi-valore e multi-interesse. Operativamente, l’approccio è una combinazione fra Delphi Method e Multicriteria Analysis, concepito nei termini di “processo Delphi-Multicriteria” per sottolinearne, si diceva in apertura, la valenza processuale e diacronica. L’idea di utilizzare un modello multicriteriale in una logica di gruppo trova fondamento nel fatto che tanto più elevato è il numero di persone coinvolte nel gruppo, tanto più efficace è l’apporto di idee complessivo. Consideriamo per esempio l’Analythic Hierarchy Process (Saaty, 1980), una delle tre principali tecniche di scelta sviluppate, insieme alla “Teoria delle funzioni di valore e delle funzioni di utilità” (Keeney e Raiffa, 1976) e all’”Analisi di Concordanza/discordanza (Van Delft e Nijkamp, 1977; Roy, 1985). Nel concreto, l’”agente” fornisce assistenza all’utente in tre passaggi dell’AHP: la definizione della struttura del problema, il confronto a coppie fra gli elementi e la sintesi delle preferenze; 2) la “fase di definizione dell’obiettivo/sistema di obiettivi” – momento politico per eccellenza - è strettamente collegata alle componenti della collettività coinvolta direttamente o indirettamente con il progetto. Nella letteratura prodotta nell’ambito delle discipline dell’economia applicata all’ingegneria, si rintraccia il Delphi Method quale strumento utile al raggiungimento di una posizione uniforme; 3) la “fase di attribuzione dei pesi agli attributi/criteri” è stata risolta con diverse soluzioni tecniche: – soluzione secondo il Metodo Delphi. A partire (cfr. paragrafo seguente “I nodi deboli del Delphi Method”), dalla selezione di un campione di esperti scelti (tecnici, professionisti, funzionari, rappresentanti della società, ecc.), dalla predisposizione, compilazione e restituzione di questionari, dall’analisi delle risposte ricevute (verifica completezza e scarsa varia-

5 Una presentazione della base concettuale e metodologica dello strumento GDSS-DMI, che combina il Delphi Method con l’analisi multicriteria basata su Internet, può essere rintracciato in: M. Wotto, J.P. Waaub, Process of Limited Societal Participation in the Strategic Environmental Assessment of Transportation Planning Scenarios in Montreal in a GDSS Context: Methodological Proposal, in AJEAM-RAGEE Vol. 5. April, 2003, pp. 92-101. 6 Come gli stessi Autori affermano a proposito del GDSS-DelphiMulticriteria-Internet, «It is characterized by practical and very significant advances of the group decision process. These advances make it possible to reproduce, consistently and as perceived by actors involved in an assessment, the identification and assessment of the effects of the foreseeable options of an action, plan, program or policy (APPP)». In ibidem, p. 93.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO bilità dei dati, ecc.) si perviene – in caso di presenza di consenso comune – all’attribuzione dei pesi; – soluzione secondo la tecnica di Saaty. Si assume la scala fondamentale con valori da 1 a 9 (valore minimo indica uguale importanza, valore massimo indica estrema importanza, valori intermedi indicano casi di parità o livelli intermedi fra gli estremi). In tal caso, l’attribuzione dei pesi è un atto implicito all’assegnazione dei punteggi assegnati in base alla scala fondamentale, poi reso esplicito mediante il calcolo del vettore peso (metodo dell’autovalore); – soluzione secondo la Paired Comparison Technique. Semplificazione della tecnica precedente, si fonda sul ricorso a tre giudizi (0, 0.5 e 1, ove 0 indica importanza minore di un elemento rispetto ad un altro; 1 in caso contrario; 0.5 in caso di parità tra i due elementi). La procedura, che implica l’introduzione di un criterio fittizio, presenta vantaggi legati alla propria dinamicità e semplicità di utilizzo, in particolare quando si opera in presenza di molteplici elementi, di più livelli gerarchici, di numerose alternative. La semplicità è dettata dall’assenza di una gerarchia di importanza fra i valori da attribuire, dalla limitata possibilità di errore; dall’assenza del passaggio di verifica della consistenza dei risultati ottenuti; – soluzione mediante l’applicazione del modello “AHP statistico”. Recenti studi propongono un modello in cui pesi ed indicatori dei criteri (attributi) sono determinati combinando il Delphi Method con l’AHP, ricorrendo ad un metodo statistico finalizzato ad eliminare le influenze originate dalle differenze nelle unità di misura degli indicatori (Li Ruzhong, 2007). Partendo dall’approccio alla decisione di gruppo per la scelta di pesi ed indicatori nei termini descritti dalla combinazione Delphi-AHP (Forman e Peniwati, 1998), l’applicazione dell’AHP-statistics Model, ricorrendo alla formalizzazione messa a punto nella Standardized Transformation Technique (Tian et al., 2001) intende superare i limiti di soluzioni già sperimentate per ovviare al medesimo problema; 4) la “fase di ordinamento delle alternative” può essere operata in diversi modi e costituisce, di fatto, prerogativa delle differenti procedure: secondo il caso peggiore (logica “maxmin”7); secondo il caso peggiore pesato, metodo analogo al precedente ma con peso associato ad ogni alternativa; secondo la somma pesata, che tende, attraverso la costruzione di matrici delle utilità ponderate, ad esprimere l’utilità derivante da una alternativa specifica. In questo caso l’alternativa preferibile è quella in

7 L’intento è produrre un ordinamento finale delle alternative con la finalità di minimizzare il rischio di premiare alternative con bassi livelli di utilità, anche in corrispondenza di un solo attributo. Il progetto preferibile risulta essere quello caratterizzato dal più elevato tra i valori minimi selezionati, preordinati in termini di impatto su un generico aspetto. Il metodo non prevede l’attribuzione di pesi.

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grado di massimizzare l’utilità complessiva del decisore, definita dalla sommatoria delle utilità ponderate dell’alternativa stessa. Si presuppone che tutti gli aspetti siano considerati con i relativi pesi.

I nodi deboli del Delphi Method Partendo dall’assunto – efficacemente espresso nel noto scritto di Linstone e Turoff (1975) – che «Delphi may be characterized as a method for structuring a group communication process so that the process is effective in allowing a group of individuals, as a whole, to deal with a complex problem »8, gli studi e le analisi condotte ricorrendo al Delphi Method si sono caratterizzate, agli esordi, dal porre l’attenzione su questioni squisitamente di problem solving: viene posto come centrale il processo di delineazione di macroscenari su possibili traiettorie socio-economiche originate da azioni o politiche. Sovente l’analisi è condotta in un quadro di riferimento in cui le politiche in esame non sono mai state adottate nell’ambito di sistemi economici, però, spesso strutturati da programmi e politiche espliciti, o comunque noti. Tali scenari vengono costruiti o ri-costruiti dal Delphi Method ricorrendo alla rilevazione e all’analisi di giudizi soggettivi espressi da gruppi di esperti o attori decisionali in forma anonima, non nella modalità del focus group. In tal senso, in letteratura sono posti i principi del Delphi Method inteso nella filiera della tecniche della «structured communication», che si incardina, come gli stessi Autori spiegano, su «some feedback of individual contributions of information and knowledge; some assessment of the group judgment or view; some opportunity for individuals to revise views; and some degree of anonymity for the individual responses»9. Come affermano McLeod e Childs (2007), la molteplicità di applicazioni – a partire dagli anni Cinquanta – ha confermato l’estrema validità del metodo nei casi in cui il problema o la politica in esame non presentano un quadro analitico di conoscenza, oppure quando gli esperti rivestono un ruolo importante in settori differenti e non sono in diretto contatto, o, ancora, quando il numero di esperti è numeroso, o, infine, quando i dilemmi etico-sociali dominano quelli economici e tecnici. Per contro, la tecnica, nelle sue differenti varianti applicative, ha visto nel corso del tempo avvicendarsi momenti di irrobustimento, anche grazie alla sperimentazione di varianti e all’apporto congiunto di altre tecniche: da una parte, una maggiore attenzione degli analisti agli aspetti matematicoformali – non solo descrittivo-qualitativi – della valutazione della convergenza delle posizioni; dall’altra, la necessità di modalità di controllo della struttura del processo di comunicazione, in particolare se condotta in rete e applicata al settore delle politiche pubbliche. 8 Linstone H. A, Turoff M., The Delphi Method: Techniques and Applications, Addison-Wesley Publishing Co., Reading Mass 1975. 9 Ibidem.

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione Nel primo caso, l’aspetto che si rivela di doppia valenza – elemento di forza e fragilità – è insito nella sua natura di metodo avanzato di tipo simulativo e qualitativo, che di recente si sta confrontando con alcuni passaggi tecnici dei metodi causali e di quelli proiettivi o univariati (De Luca, 2002; Armstrong, 2006) nel perseguimento del consenso: l’efficacia dell’esito finale e l’efficienza del processo sono innescate e governate sovente dal grado di esperienza, competenza e conoscenza degli items da parte dell’analista stesso, cui sono affidati – quasi completamente – sia l’individuazione dei componenti del panel, sia la predisposizione della lista e della graduatoria degli obiettivi da perseguire, sia le proposte metaprogettuali da sottoporre a giudizio, sia, infine, i contenuti informativo-divulgativi del dossier Delphi sul caso-studio. La fase istruttoria del processo Delphi con gli esperti del panel prende avvio da tali premesse. Come dibattuto in numerosi scritti (ad esempio, Graham et al., 2003) su tali aspetti – soggettività e prevalenza della natura qualitativa dei giudizi esperti – le sperimentazioni sono indirizzate nel senso dell’integrazione con strumenti che supportino il Delphi Method: ad esempio nell’individuazione delle soluzioni alternative caratterizzate da livelli di desiderabilità sufficientemente rappresentative per i soggetti coinvolti e nella segnalazione degli obiettivi strategici e ineludibili da perseguire secondo scale gerarchiche di priorità. In merito al secondo aspetto, la logica della consultazione democratica inibisce il “dominio di potere” e la rende avulsa dalle ricadute negative dovute all’effetto dell’“influenza del leader” e della hierarchy of expertise – tipici dei forum, dei tavoli di negoziazione e di tutte quelle modalità che non avvengono in forma anonima; essa, inoltre, ha ispirato nel ridefinire il Delphi Method avvalendosi delle tecnologie informatiche e multimediali. L’anonimato degli esperti – ritenuto sovente un fattore di forza (Zinn e Zalokowski, 199910) – trova maggiore risonanza nello sviluppo delle applicazioni del metodo esclusivamente in rete (Brochner, 1990): dunque, da metodo soggettivo tradizionale a modello avanzato di democrazia elettronica, finalizzato al conseguimento della convergenza sulla soluzione di miglior compromesso secondo un processo democratico. Sempre secondo Graham, Regher e Wright, agli indubbi vantaggi legati alla non obbligatorietà di incontrarsi fisicamente, con un contenimento dei costi di indagine non indifferente, così come all’assenza di contrasti personali in seno al panel, anche reiterando o ampliando il numero di esperti, rimangono fragili alcuni passaggi formali. Tra gli aspetti che riducono l’efficacia del metodo si possono annoverare i seguenti, al centro di critiche e dibattiti negli anni Settanta: la partecipazione al processo è limitata ad un gruppo preselezionato di esperti; l’alto grado di auto-motivazione di 10 «(…) the anonymous nature of the exercise ensures that a single influential participant will not have a disproportionate impact on the outcome of the group as can occur with other group processes (…)». J. Zinn , A. Zalokowski., The use of the Delphi panel for consensus development on indicators of laboratory performance, in Clinical Laboratory Management Review n. 13, 1999, pp. 386-408).

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alcuni esperti, in particolare in merito alle questioni etiche, può influire in modo determinante nei giudizi; gli intervistati possono manifestare un livello di affaticamento (se non noia), vista la natura iterativa delle interviste; la convergenza finale può essere conseguita tramite un appiattimento dei giudizi esperti, motivata dalla incongruenza e incompletezza del quadro di conoscenza, disattendendo, dunque, la finalità di facilitare i decisori nel processo di scelta; il ruolo di “maieuta” dell’analista nel condurre le interviste rischia di essere quello dominante rispetto ai componenti del panel durante l’intero processo. In tal senso, Autori puntualizzano su alcuni aspetti nodali in merito alla compilazione e interpretazione degli esiti finali di ogni round di interviste e dei dati elaborati. Operativamente si assiste: • da una parte, alla messa a punto statistico-quantitativa delle tecniche di feedback (graduatorie, indicatori statistici, sintesi pesate dei giudizi esperti redatte da ricercatori indipendenti); • dall’altra, alla esplicitazione degli output da parte degli esperti secondo differenti step e modalità: stilando graduatorie delle soluzioni da esaminare sulla base della convergenza dei giudizi degli esperti, a prescindere dalla positività o meno del giudizio, ma anche classificando le proposte per “merito”, ovvero tenendo conto, per ciascuna alternativa, della media delle medie degli obiettivi sottoposti a giudizio. Gli esiti finali sono l’autocorrezione e l’avvicinamento delle posizioni individuali (“l’itération avec retroaction contrôlée”, Dalkey e Helmer, 1974) tra un round e l’altro, grazie anche alla comunicazione al panel delle controvalutazioni e autovalutazione delle competenze espresse dagli esperti, pesate e trattate statisticamente dall’analista. In particolare, dalla pubblicistica emergono come passaggi tecnici più dibattuti, strumentali al nostro ragionamento:. 1) l’identificazione e la selezione delle questioni chiave del set the agenda (Millar et al., 2007), su cui prefigurare una vera e propria “progettazione del processo” e “istruttoria del consenso”; 2) la scelta e selezione degli esperti; 3) l’irrobustimento dei passaggi matematici in chiave previsiva (Armstrong, 2006). Da una parte, il filone dei modelli che sperimentano correttivi alla fase della ricerca del consenso (Zinn e Zalokowski, 1999; Landeta, 2006) mette in luce che una composizione del panel di esperti che tenga conto del “social medium”, ovvero anche del “buon senso comune” nelle questioni con forte valenza etico-sociale possa connotare con maggiore equità il processo decisionale. Emergono le fragilità insite in quella fase del processo decisionale che è l’issue framing, la strutturazione del problema (Tversky e Kahneman, 1986): studiosi pongono infatti l’accento sul legame tra strutturazione delle questioni e partecipazione e democrazia in rete, lungo la linea di ricerca del participatory Delphi model indicata negli anni Settanta già da Heclo e Wildavsky.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO La complessità dei temi e delle idee-chiave che il Delphi Method deve affrontare e formulare è non solo legata a decisioni di fattibilità tecnica ed economica, ma spesso alla accettabilità di soluzioni in termini di desiderabilità etica o politica: gli esperti sono portatori di visioni e di approcci quanto mai variegati. In un simile contesto, condurre a buon fine un processo decisionale informato - basato su un esaustivo, concreto e libero scambio di opinioni -non solo implica costi elevati in termini di tempo, ma è spesso poco fattibile. Non stupisce che Autori segnalino che il metodo si riveli particolarmente adatto nel settore sanitario, dove il raggiungimento del consenso avviene su indicatori che validano performance di laboratorio, secondo il processo classico del metodo d’indagine scientifico. D’altra parte, il processo Delphi è stato spesso criticato per il fatto tecnico – spesso strategico – precedentemente menzionato, che è responsabilità dell’analista definire i confini delle tematiche (items e key factors) da sottoporre al giudizio degli esperti: essendo il processo e la struttura degli argomenti di fatto parzialmente controllati dal valutatore. Tra i numerosi contributi della pubblicistica, Nedeva e altri (1996) entrano pienamente nel dibattito sulle modalità strutturate per nominare il team di esperti: lo scritto, infatti, pone centralità alle modalità di individuazione di linee-guida e di iter consolidati a supporto della selezione dei componenti del panel di esperti secondo un processo strutturato. Martino (2002), a sua volta, si sofferma sull’avanzamento metodologico in seno al Delphi Method, sviluppato da Dransfeld e altri (2000), grazie ad un approccio probabilistico, basato sugli intervalli di fiducia bayesiani, nel combinare le risposte alla struttura dei questionari, alle caratteristiche e al background, così come all’organizzazione in cui sono inseriti. Emergono quattro fattori: esperienza nel settore di riferimento, posizione dell’esperto nella sua azienda o ente, posizione dell’azienda nel settore in esame, autovalutazione di ogni intervistato per ogni domanda. Infine, un innovativo impiego della tecnica è illustrato da Millar e altri (2007), che indicano un’interessante apertura nel campo delle Life Sciences (cfr. anche Rondé, 2003) e della Bioetica, in cui la versione “Ethical Delphi” rinnova e potenzia il supporto di tale tecnica nel rilevare le componenti/fattori intangibili di alcune politiche volte al benessere della collettività. La dimensione etica ha forzato le sperimentazioni verso una ridefinizione del modello classico Delphi in una versione definita “family of Delphi-related processes”, grazie alla quale è stato messo a punto un ethical framework che supporta i decisori nello specifico settore delle biotecnologie, coniugando la trasparenza della consultazione democratica con la possibilità di aperture critiche lungo il processo. Le questioni sinora menzionate sembrano trovare anche riscontri convincenti nelle esperienze maturate con l’utilizzo di tecniche incrociate, sempre allo scopo di irrobustire il modello più tradizionale. Estrapolando dalla pubblicistica, oltre alle sperimentazioni in seno alla realtà multicriteriale, come segnalato al para-

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grafo precedente “I nodi deboli dell’AHP”, emergono interessanti i seguenti impieghi congiunti, finalizzati ad affrontare le suddette criticità del Delphi nella sua versione classica: a) Delphi Method nella versione Cross-Impact (Scapolo e Miles, 2006). Gli Autori analizzano il passaggio formale dell’elicitazione del livello di conoscenza degli esperti nei casi di problem solving, ricorrendo alla versione crossimpact per una connotazione previsiva ai momenti tecnici più fragili, sottoponendo agli esperti anche ipotesi sulle probabilità degli eventi più significativi; b) Delphi Method e Fuzzy (Chang et al., 1995). Tali sperimentazioni evidenziano come in una versione Fuzzy Delphi, finalizzata a delineare scenari per fuzzy activity time11 il trattamento probabilistico di alcune variabili legate alla project network analysis, riducano il rischio di incertezza e di insufficienza delle informazioni in merito alle fasi temporali di processi e politiche. Le tecniche tradizionali per la project network, quali il CPM (Critical Path Method) e il PERT (Project Evaluation and Review Technique), mantenendo l’approccio per scenari, definiscono una combinazione di attività (o azioni o strategie) che possono essere eseguite prima che l’intero ciclo si sia compiuto; c) Delphi Method e Cluster Analysis (Tapio, 200212) e Factor Analysis (Blind et al., 2001). Il modello si configura come “disaggregative policy Delphi”, che rafforza la formalizzazione matematica dello stesso: nei differenti round le risposte degli esperti in merito al perché e al come prefigurano e giudicano un set di scenari sono trattate analiticamente attraverso tre variabili-chiave quantitative, successivamente classificate secondo il metodo della cluster analysis. La disaggregazione per gruppi diviene momento essenziale nella ricerca di scenari interpretativi della realtà da indagare, restituendo al decisore un approccio più sistematico e una struttura più analitica del processo. Tali indirizzi di ricerca sono senz’altro condivisibili ed è da tali avanzamenti che hanno preso spunto le riflessioni che seguono.

PROPOSTA METODOLOGICA: IL “PROCESSO DELPHI-MULTICRITERIA” Come emerge dalla letteratura, dunque, approcci per scenari e multicriteriali hanno entrambi affrontato le questio-

11 I. S. Chang, Y. Tsujimura, M. Gen, T. Tozawa, An efficient approach for large scale project planning based on fuzzy Delphi Method, in Fuzzy Sets and Systems n. 76, 1995, pp. 277-288. 12 Numerosi sono i contributi nel campo della mobilità, dei trasporti e della sostenibilità ambien-tale, ma si segnala in particolare: P. Tapio, Disaggregative policy Delphi. Using cluster analysis as a tool for systematic scenario formation, in Technological Forecasting & Social Change n. 70, 2002, pp. 83-101.

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione ni nodali indicate, maturando passaggi formali e logici autonomi, ma anche integrati. Proviamo ora a ragionare in dettaglio su alcuni aspetti metodologici. In precedenti scritti (Coscia e Fregonara, 2007) si metteva in risalto come le possibili integrazioni fra i due strumenti possano essere molteplici; riepilogando, si segnalava l’impiego: • dell’analisi multicriteri all’interno della fase istruttoria del Delphi, nei passaggi di identificazione e valutazione di merito degli obiettivi delle proposte alternative13. Con riferimento per esempio all’Analythic Hierarchy Process di R.W. Saaty, assumendo il “principio della scomposizione gerarchica”, la tecnica può agire a supporto dei passaggi di identificazione e valutazione di merito degli obiettivi dei metaprogetti alternativi, o nelle fasi conclusive di prefigurazione dell’ordinamento dei risultati (secondo il “principio di sintesi delle priorità”, sempre assunto del metodo AHP); • del metodo Delphi per strutturare la fase di attribuzione dei punteggi nei confronti a coppie fra criteri, nelle applicazioni delle analisi multicriteriali gerarchiche. Assumendo il “principio dei giudizi comparati” ancora a fondamento dell’AHP, l’opinione del panel di esperti è strumento per oggettivare la formulazione dei giudizi e aumentare il grado di consistenza interna delle matrici di impatto, prodotte dal confronto a coppie fra gli elementi di ogni livello della gerarchia, rispetto ad ogni elemento del livello superiore; • delle due metodiche in modo congiunto finalizzato alla validazione degli ordinamenti finali ottenuti dall’elaborazione dei risultati delle interviste prodotte in ambito Delphi e multicriteriale. La procedura Delphi costituisce un punto di raccordo tra gli approcci previsivi di tipo quantitativo e quelli di tipo qualitativo. L’operare in modo congiunto con i differenti metodi non può che rafforzare gli esiti dell’analisi: per esempio, in merito alla natura “soggettiva” della probabilità, attraverso il ricorso al Delphi in forma preliminare, sottoponendo agli esperti anche ipotesi sulle probabilità degli eventi più significativi; in una fase successiva il valutatore può utilizzare, sulla base delle informazioni scaturite dal Delphi, anche metodi avanzati quali quello degli scenari e la Cross-impact Analysis (CIA), nonché (come detto) la Multicriteria all’interno della fase istruttoria del Delphi, nei passaggi di identificazione e valutazione di merito degli obiettivi delle proposte alternative.

13 Il metodo Delphi è stato in letteratura spesso criticato per la mancanza di regole specifiche, per la carenza di basi teoriche professionalmente responsabili e per essere un metodo costoso anche in termini di tempo. Per rafforzare l’aspetto delle regole è stato consigliato il ricorso ad una struttura analitica con fondamento matematico, che può supportare le diverse fasi del processo Delphi.

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Si segnalavano con particolare riguardo, le recenti proposte di utilizzo integrato Delphi-Multicrtieria secondo l’approccio “sociale”, meglio noto come Social Multi Criteria Evaluation (SMCE). In sintesi, l’approccio consiste in un apparato tecnico di tipo discreto 14 per rafforzare, fra il resto, la validazione “incrociata” degli ordinamenti finali ottenuti. In alternativa al Delphi Method, l’approccio multicriteriale presuppone che obiettivi e criteri di natura quanti-qualitativa siano esplicitati. Menzioniamo infatti che, in ambito Delphi, gli indici finali di alternative e obiettivi, una volta elaborati e corretti secondo la matrice dei pesi, ovvero il vettore delle valutazioni soggettive e il vettore modificato dei voti, vengono interpretati secondo un fattore di convergenza. Quest’ultimo consiste, da un lato, nella stima del grado di convergenza delle opinioni degli esperti sulle soluzioni da analizzare e, dall’altro, sulla stima del grado di convergenza delle soluzioni, rispetto agli obiettivi posti. Non è escluso ovviamente il caso di perfetta convergenza di opinioni da parte degli esperti su una soluzione (classificata con il massimo merito) e, viceversa, giudizi positivi di merito rispetto al conseguimento di singoli obiettivi. Sempre secondo l’ottica multicriteriale sociale, si sottolineava ancora, l’intervento di soggetti esperti (ovvero i risultati di analisi Delphi) è previsto nella successiva fase di definizione della matrice degli impatti. Questa rappresenta il quadro riassuntivo degli effetti, misurati con unità di misura diverse, per ogni alternativa. La fase conclusiva di ordinamento delle alternative si ottiene poi passando attraverso il momento delicato dell’attribuzione dei pesi ai diversi criteri, in presenza diversi gruppi di soggetti cui i criteri “appartengono”. Il maggiore grado di eticità raggiunto dalla soluzione “sociale” è garantito dal fatto che l’aggregazione dei criteri per confronto a coppie delle alternative avvenga attraverso funzioni di preferenza: queste possono esprimere la probabilità che una certa opzione sia preferita ad un’altra15. Inoltre, sono garantiti il controllo e la riduzione del livello di soggettività che può intervenire, per esempio, nelle fasi di attribuzione dei pesi: attraverso l’analisi di sensibilità finale, mediante la quale si verifica la robustezza dei risultati rankings al cambiare delle variabili di ingresso (per esempio i pesi); attraverso l’integrazione delle informazioni provenienti dall’applicazione Delphi.

14 Si veda G. Munda, Social Multi-criteria Evaluation for Sustainability Public Choice, Springer-Verlag, New York 2008. 15 Menzioniamo che l’ordinamento finale dipende dal numero di criteri che risultano favorevoli ad ogni alternativa. L’aggregazione dei risultati e la definizione dell’ordinamento finale si avvalgono della costruzione della “outranking matrix”, attraverso la costruzione di tutti i ranking di alternative possibili, da cui è evinta la probabilità di ognuno di essere preferita (in funzione del numero dei criteri favorevoli e del relativo peso). Costruendo tante matrici di ranking quanti sono i gruppi sociali coinvolti è possibile procedere con il confronto a coppie dei diversi ranking calcolati.

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Necessità di istruire il processo decisionale attraverso la costruzione della base di conoscenza

Individuazione del set di alternative progettuali

Necessità di istruire il processo decisionale attraverso la costruzione della base di conoscenza

Necessità di istruire il processo decisionale attraverso la costruzione della base di conoscenza

Definizione del set di criteri

RISOLUZIONI SECONDO APPROCCI MULTICRITERIALI (Analisi gerarchica) CRITICITÀ DELL’AHP E ELEMENTI RAFFORZANTI

Omogeneizzazione delle unità di misura (passaggi formali specifici)

Scomposizione gerarchica

Scomposizione gerarchica

Scomposizione gerarchica

Eterogeneità delle scale di misura

Scarsa partecipazione dei soggetti alla fase di selezione del set dei criteri

Elementi rafforzanti: Delphi Method Modelli Multi-agente

Scarsa partecipazione dei soggetti alla fase di selezione delle alternative

Elementi rafforzanti: Delphi Method Modelli Multi-agent

Scarsa partecipazione dei soggetti alla fase di individuazione dell’obiettivo

Elemento rafforzante: Delphi Method

Non previsto esplici- Non previsto esplici- Non è garantita la tamente tamente policentralità decisionale

STEP OPERATIVI . SECONDO L’APPROCCIO MULTICRITERIALE

Definizione del problema e definizione dell’obiettivo/del sistema di obiettivi

Individuazione dei soggetti decisori

STEP DEL PROCESSO DECISIONALE

Non previsto esplici- Non previsto esplitamente citamente

Necessità di definire Predisposizione del con completezza l’is- dossier Delphi sue framing

Individuazione di una graduatoria o scala qualitativa delle priorità da parte dell’analista in fase istruttoria

La selezione degli esperti avviene sul loro grado di conoscenza e livello di esperienza

Chi delinea gli scenari può essere un decisore diretto o chi ha “delega” per essi (esperti)

Necessità di definire con completezza l’issue framing

Esplicitamente previsto

RISOLUZIONI SECONDO IL DELPHI METHOD

Esplicitamente previsto

STEP OPERATIVI SECONDO METODI DI ANALISI DEGLI SCENARI

Tabella 1 - Quadro comparativo approcci Multicriteria e Delphi Method .

segue

Elementi rafforzanti: scomposizione gerarchica dell’issue framing

Debole struttura matematico-formale

Elementi rafforzanti: interviste informali, SWOT, CIA

Forte soggettività dei contenuti del dossier

Elementi rafforzanti: SWOT, CIA e approcci multicriteriali

Sistema degli obiettivi delineato dall’analista Soggettività nella fase istruttoria

Elementi rafforzanti: anonimato degli intervistati, con assenza di “influenza del leader” Impianto processuale per la selezione del panel Modelli di policy Delphi e Delphicross analysis

Non previste lineeguida e criteri univoci per la definizione del panel

CRITICITÀ DEL DELPHI METHOD E ELEMENTI RAFFORZANTI

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

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Attribuzione dei punteggi

Analisi delle alternative

Costruzione della matrice di priorità in base ai pesi attribuiti ai criteri

Normalizzazione della matrice di valutazione

Eliminazione delle eventuali alternative dominate (in senso paretiano)

Attribuzione dei giudizi comparati attraverso il metodo dei confronti a coppie

Costruzione della Scomposizione matrice di valutazio- gerarchica ne (o di impatto, o di efficienza) Normalizzazione degli elementi della Confronto fra infor- matrice di valutaziomazioni Hard, Miste ne e Soft

Introduzione di misure di ponderazione

Stima dei vettori peso/priorità per ogni matrice di confronto a coppie, per ogni livello della gerarchia (metodo dell’autovalore)

Scarsa partecipazione dei soggetti alla fase di attribuzione dei punteggi

Omogeneizzazione degli elementi della matrice

Necessità per il decisore di disporre di un ulteriore strato di informazioni (tecniche utilizzabili: Metodo Delphi, Confronto a coppie, Paired Comparison Technique, AHP-Statistics)

Definizione delle scale di valori della collettività

del set di criteri

Attribuzione dei pesi agli attributi (costruzione degli scenari politici): operazione di gerarchizzazione finalizzata a definire l’importanza o priorità relativa di attributi/criteri

CRITICITÀ DELL’AHP E ELEMENTI RAFFORZANTI

Attribuzione dei pesi ai criteri

RISOLUZIONI SECONDO APPROCCI MULTICRITERIALI (Analisi gerarchica)

Elementi rafforzanti: sistema di misurazione delle variabili quali-quantitative Teoria dell’Utilità Delphi Method Modelli Multi-agente

STEP OPERATIVI . SECONDO L’APPROCCIO MULTICRITERIALE

Segue Definizione

STEP DEL PROCESSO DECISIONALE RISOLUZIONI SECONDO IL DELPHI METHOD

Non sempre prevista per tutti i metodi Nei metodi quali-quantitativi e quantitativi

Costruzione degli items degli scenari

Definizione di scale di pesi per i punteggi sugli obiettivi per ogni alternativa e

Costruzione degli items del set di alternative/scenari formalizzata nel dossier Delphi

Non previsto esplici- Non previsto esplitamente citamente

STEP OPERATIVI SECONDO METODI DI ANALISI DEGLI SCENARI

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segue

Non c’è univocità nella scelta delle scale dei pesi e nella standardizzazione

Elementi rafforzanti: CIA per l’individuazione degli elementi del sistema delle differenti alternative SWOT

Debolezza nell’ omogeneizzazione degli elementi/ variabili delle alternative/scenari e nell’individuazione delle scale di misura di punteggi e pesi

Non previsto esplicitamente

AHP Fuzzy Factor Analysis

CRITICITÀ DEL DELPHI METHOD E ELEMENTI RAFFORZANTI

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione


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RISOLUZIONI SECONDO APPROCCI MULTICRITERIALI (Analisi gerarchica)

Eventuale Analisi di sensibilità

Gerarchizzazione della preferibilità delle alternative attraverso indicatori numerici

Ordinamento delle alternative (somma pesata, concordanza/ discordanza, ecc.)

Costruzione della matrice finale delle valutazioni normalizzata e pesata

Approcci AMO Sintesi delle priorità (modelli di programmazione interattiva Approccio AMA multiobiettivo) e AMA (modelli multicriteri discreti)

Standardizzazione dei valori quantiqualitativi

STEP OPERATIVI . SECONDO L’APPROCCIO MULTICRITERIALE

Fonte: Elaborazione delle Autrici

Conclusioni (ordinamento delle alternative)

dei punteggi

Segue Attribuzione

STEP DEL PROCESSO DECISIONALE

Elementi rafforzanti: Delphi Method Ricerca convergenza o formazione di coalizioni Soluzione di “compromesso sociale”

Passaggio di ricerca del soddisfacente compromesso interamente demandato al momento tecnico: soluzione di “compromesso tecnico”

Elemento rafforzante: Delphi Method

Importanza assunta da ciascun criterio in funzione delle scale di valori assegnate

CRITICITÀ DELL’AHP E ELEMENTI RAFFORZANTI

Graduatoria sulla preferibilità degli scenari sulla base degli output di risposta

definizione delle scale dei pesi per gli obiettivi per ogni scenario (approcci descrittivo-qualitativi o quantitativo-probabilistici)

STEP OPERATIVI SECONDO METODI DI ANALISI DEGLI SCENARI

Passaggio di ricerca del soddisfacente compromesso

Elemento rafforzante: Introduzione di elementi qualitativi per affinare i giudizi (commenti, note, segnalazioni, ecc.) AHP

Mancanza di standardizzazione

dei giudizi qualitativi L’attribuzione dei punteggi anticipa l’analisi delle alternative

CRITICITÀ DEL DELPHI METHOD E ELEMENTI RAFFORZANTI

Elementi rafforzanti: AHP per validazione Analisi del grado di degli ordinamenti convergenza dei finali giudizi degli esperti Introduzione di sulle graduatorie componenti probadegli scenari e degli bilistiche per la preobiettivi per scenari visione di fenomeni/variabili Giudizi in rete Decisione di interrompere l’iter delle interviste prima del terzo round se convergenza significativa

Ponderazione di ogni output di intervista con il vettore di autovalutazione e valutazione del grado di expertise

dei giudizi di autovalutazione e valutazione sull’expertise

RISOLUZIONI SECONDO IL DELPHI METHOD

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione Acquisendo queste premesse, tra gli spunti di avanzamento proposti e sinteticamente menzionati nei paragrafi precedenti cattura particolare attenzione il “processo Delphimulticriteria” (cfr. paragrafo “I nodi deboli dell’AHP”), per la sua capacità di permettere il confronto fra gruppi di lavoro, processando grandi quantità di dati, confrontando opinioni differenti in relazione al tempo e assicurando la trasparenza nell’approccio partecipativo. Lasciando sullo sfondo il metodo Delphi-multicriteria nella sua forma rigorosa, ne recepiamo limiti e potenzialità. In premessa, formuliamo una riflessione su base comparativa che, per praticità, sintetizziamo nella Tabella 1, che di seguito andiamo a commentare. Il processo decisionale si configura come una sequenza di stadi consequenziali ed iterativi, articolati negli step indicati nella prima colonna. Commentando in dettaglio i contenuti delle colonne successive, ove sono posti in evidenza limiti e potenzialità di ciascun approccio (Multicriteria con la soluzione gerarchica dell’AHP; analisi per scenari con il Delphi Method), rispetto ad ogni stadio del processo, emerge quanto segue: 1) individuazione dei soggetti decisori. Questo primo step non prevede indicazioni formali esplicite da parte della modellistica multicriteriale. È demandato al confronto multidisciplinare dei decision makers e alla fase di istruttoria del processo di decisione la verifica della effettiva presenza delle parti coinvolte. È da segnalare quale elemento di criticità, presente, peraltro, anche nello stesso modello gerarchico. Lo stesso step operativo secondo l’approccio per scenari, invece, trova una sua centralità e strategicità. Il Delphi Method, in particolare, definisce con esattezza i decisori- nel caso specifico gli esperti, quali delegati dei decisori- da coinvolgere nel processo di consultazione, che avviene in forma anonima. Recenti modelli propongono un impianto processuale per la selezione del panel; 2) definizione del problema e definizione dell’obiettivo/del sistema di obiettivi. Secondo l’approccio multicriteriale, il passaggio richiede una preliminare attività di istruttoria del processo di decisione e la costruzione della base di conoscenza necessaria al suo corretto sviluppo. L’analisi gerarchica ripone nel “principio della scomposizione gerarchica” il riferimento a regole per la costruzione di una struttura analitica con fondamento matematico. Elemento di criticità è rappresentato dalla scarsa partecipazione dei soggetti nella fase di selezione e individuazione dell’obiettivo. Nelle analisi per scenari si prevede una lunga fase preliminare di costruzione del quadro di conoscenza e delle articolazioni dei problemi su cui dibattere (issue framing). Nel Delphi Method classico questa fase non è considerata come canonica nel processo, ma nelle applicazioni più avanzate diviene un momento preliminare assolutamente imprescindibile per la predisposizione del dossier Delphi, anche avvalendosi di altre tecniche di analisi e di valutazione di natura strategica (SWOT, CIA, ecc.); 3) individuazione del set di alternative progettuali. Valgo-

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no le considerazioni al punto precedente. Elemento di criticità è rappresentato dalla scarsa partecipazione dei soggetti nella fase di selezione e individuazione delle alternative. Anche nel caso dell’ approccio per scenari valgono le riflessioni del punto precedente. In esso assume una forte centralità ed è condotta secondo procedimenti estremamente differenti, a seconda della natura qualitativa o quantitativa della tecnica adottata. Nel Delphi Method in particolare, la redazione del dossier Delphi, esito delle attività preliminari e istruttorie del punto precedente, costituisce un elemento rafforzante, anche se totalmente demandato alla capacità dell’analista di strutturare e osservare il quadro di conoscenza del settore da indagare. Elementi di criticità sono rappresentati spesso dalla incompletezza dell’issue framing e dalla individuazione del sistema di obiettivi da perseguire negli scenari, da ascrivere all’analista sulla base, appunto, di un quadro di conoscenza incompleto e di incertezza di alcune dinamiche macro. Per contro, la necessità di formalizzare un dossier su cui istruire le interviste in forma anonima induce ad approfondimenti analitici significativi dei settori da indagare; 4) definizione del set di criteri. Oltre alle osservazioni sollevate ai punti precedenti, è da segnalare una maggiore complessità dovuta all’eterogeneità delle scale di misura delle variabili, che devono essere confrontate simultaneamente. I metodi gerarchici risolvono il problema del confronto con soluzioni formali ad hoc, ma viene confermata la scarsa partecipazione dei soggetti nella fase di selezione dei criteri. Lo stesso step operativo secondo l’approccio per scenari spesso non prevede indicazioni formali esplicite da parte degli analisti e intervistatori. Ciò trova riscontro anche nel Delphi Method, che affronta il passaggio tecnico critico delle scale di misura nella fase 7 dell’attribuzione di punteggi, sulla base dei quali gli esperti, in forma anonima e durante almeno due round di intervista, devono esplicitare i loro giudizi; 5) attribuzione dei pesi ai criteri. Trattandosi della fase di attribuzione dei pesi agli attributi, che permette di pervenire alla gerarchizzazione delle loro priorità relative, si profila come momento cruciale dell’intera analisi. La costruzione degli scenari politici, secondo l’approccio gerarchico, richiede l’introduzione di misure di ponderazione per la costruzione di vettori peso per ogni matrice. Il metodo AHP prevede, attraverso il calcolo dell’autovalore, l’estrapolazione del vettore priorità. La debole considerazione delle scale di valori della collettività potrebbe essere rafforzata disponendo di un ulteriore strato di informazioni. Nell’approccio per scenari e in particolare nel Delphi Method valgono le considerazioni al punto precedente; 6) analisi delle alternative. La costruzione della matrice di valutazione, oltre a prevedere il confronto fra unità di misura differenti (quantitative, qualitative, miste), deve provvedere alla individuazione ed eliminazione di eventuali alternative dominate. Nei metodi gerarchici il passo è gestito, sempre in base al principio della scompo-

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO sizione gerarchica, attraverso la normalizzazione degli elementi della matrice di valutazione. Il passaggio rivela, come momento di fragilità, la omogeneizzazione degli elementi matriciali, ma, di fatto, si esaurisce nel momento tecnico. Nell’approccio per scenari e nel Delphi Method in particolare, l’analisi è il risultato della robustezza delle indagini condotte nelle fasi 2 e 3 e il quadro delle alternative viene sottoposto agli esperti durante i round delle interviste, con la reiterazione e la ripuntualizzazione o integrazione delle informazioni da un round all’altro. A differenza dell’AHP, nel Delphi Method l’analisi è preceduta dalla scelta delle scale di misura. Rimane fragile la mancanza di omogeneizzazione degli elementi e delle variabili, dovuto anche ad una trattazione non probabilistica di alcuni items; 7) attribuzione dei punteggi. È in questo passaggio che, dovendo costruire la matrice delle priorità sulla base dei pesi attribuiti ai criteri, si rivelano difficoltà evidenti. I metodi gerarchici risolvono attraverso la formulazione dei giudizi comparati, tecnicamente operata mediante il metodo dei confronti a coppie. Scarsa è la partecipazione dei soggetti nella fase di assegnazione dei punteggi e i valori della matrice andrebbero riconsiderati alla luce dell’importanza assunta da ciascun criterio in funzione delle scale di valori assegnate dalla collettività. Lo stesso step operativo secondo l’approccio per scenari spesso è anticipato al punto 4 e non sempre previsto per tutti i metodi, a seconda della loro natura descrittivo-qualititava o quantitativo-probabilistica. Nel caso dei modelli più avanzati del Delphi Method si definiscono scale di misura per i punteggi sugli obiettivi per ogni alternativa e per i giudizi di autovalutazione e valutazione sull’expertise, ma non c’è univocità nella scelta e nella standardizzazione dei giudizi qualitativi. Ancora deboli rimangono le modalità di ponderazione per giungere alla convergenza dei giudizi degli esperti; 8) conclusioni (ovvero ordinamento delle alternative). La graduatoria finale delle alternative è evinta attraverso due generali indirizzi operativi: gli approcci AMO e AMA. La matrice di stima, normalizzata e pesata, è risolta dai metodi gerarchici (di tipo AMA) in base al principio della sintesi delle priorità, demandando interamente al momento tecnico la ricerca della soluzione. Tale soluzione, è da sottolineare, si presenta in termini di “compromesso tecnico” e non, come sarebbe auspicabile, come soluzione di “compromesso sociale”. Nel caso del Delphi Method nei modelli più avanzati le graduatorie di merito sono affinate anche con indicatori statistici o sintesi pesate dei giudizi esperti redatte da ricercatori indipendenti; in ogni caso, l’ordinamento delle soluzioni avviene sulla base della convergenza dei giudizi degli esperti – ponderati dal grado di autovalutazione della propria expertise – a prescindere dalla positività o meno del giudizio, ma anche classificando le proposte per “merito”, ovvero tenendo conto, per ciascuna alternativa, della media delle medie degli obiettivi sottoposti a giudizio.

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IL CASO APPLICATIVO Il caso su cui sperimentare l’approccio in precedenza delineato, prende avvio dal progetto “La Strada della Lana”, un itinerario di archeologia industriale analizzato e proposto dal DocBi16 e da alcuni docenti del Politecnico di Torino17; esso si snoda per circa cinquanta chilometri lungo quella porzione di territorio che collega Biella e Borgosesia. Ideato come un percorso culturale finalizzato alla messa in valore del ricco patrimonio architettonico e ambientale presente lungo il tracciato, tale itinerario si propone come opportunità di rilancio per un distretto caratterizzato da un paesaggio industriale di particolare interesse. L’applicazione parte dall’esigenza di verificare la fattibilità e la sostenibilità del progetto proposto, integrato e potenziato nei collegamenti con circuiti ed enti culturali già esistenti e con poli di attrattività da creare nella città di Biella e lungo la strada, al fine di sviluppare alcuni aspetti del sistema, che possono innescare nuovi valori sul territorio. Il ragionamento parte da una preliminare fase conoscitiva ed esplorativa sul territorio biellese e sui manufatti di archeologia industriale, vari per tipologie e stato di conservazione, che sorgono lungo tutto l’itinerario. Attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati economici e demografici, circa la cultura, le infrastrutture, i servizi e l’ambiente e dall’analisi dello stato di fatto del tracciato e degli stabilimenti industriali, anche dal punto di vista strutturale e del degrado, si evince un quadro di sintesi dell’area e del sistema di beni, al fine di poterne valutare le risorse e le potenzialità spendibili localmente e nazionalmente. Con l’applicazione di uno strumento proprio della valutazione, quale la SWOT, per una sintesi degli elementi caratterizzanti i beni e il territorio emersi durante la prima fase di analisi e per l’individuazione degli obiettivi strategici, sono elaborati quattro profili alternativi (cfr. Tabella 2). Essi corrispondono ad altrettante tematiche già esistenti e rappresentative dell’ambito biellese: beni architettonici e ambientali, enti, fondazioni e associazioni culturali pubbliche e private, che, a seconda del metaprogetto, sono connessi tra loro e con il percorso “La Strada della Lana” e gli edifici di archeologia industriale con collegamenti sia fisici sia concettuali. Per la verifica delle quattro possibili soluzioni di percorsi e poli di centralità su cui basare la messa in rete dei beni e in valore dell’itinerario di archeologia industriale si ricorre al Metodo Delphi. Nel nostro caso agli intervistati (cfr. Tabella 3) – attraverso una serie di domande iterate – è presentato un dossier in cui sono illustrati lo stato di fatto e i profili alternativi, che sono sottoposti a giudizio in base agli obiettivi strategici precedentemente individuati. Tale metodo – come ampiamente discusso in precedenza – è stato applicato in modalità congiunta e di supporto all’Analythic

16 Centro per la documentazione e tutela della cultura biellese. 17 M. Trisciuoglio, M.L. Barelli, Studio di supporto alla costituzione di un itinerario di visita alle architetture industriali e al paesaggio biellesi denominato “La Strada della Lana” (1991-2005), DIPRADI Dipartimento di Progettazione Architettonica e Disegno Industriale, Torino 2005.

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione Tabella 2 - Schema riassuntivo dei quattro profili strategici alternativi proposti. ARCHITETTONICO / ARC RETE TERRITORIALE PROPOSTA E GESTIONE

Emergenze Architettoniche (castelli, ricetti, santuari) Contributo pubblico per iniziative private

STORICO,CULTURALE E TURISTICO/S-CUL-TUR RETE TERRITORIALE PROPOSTA E GESTIONE

Cellule ecomuseali Pubblica

PUNTO DI PARTENZA

Lanificio Pria

PUNTO DI PARTENZA

Museo del Territorio

LUNGO IL PERCORSO

Cartellonistica puntuale

LUNGO IL PERCORSO

Cartellonistica tradizionale

FUNZIONI EDIFICI

FUNZIONI EDIFICI

Varie

AMBIENTALE / AMB RETE TERRITORIALE PROPOSTA E GESTIONE

Emergenze ambientali (parchi e sentieri) Mix pubblico-privato

Spazi culturali, laboratori artigianali

INDUSTRIALE / IND. RETE TERRITORIALE PROPOSTA E GESTIONE

Fondazioni private Privata

PUNTO DI PARTENZA

Parco Fluviale

PUNTO DI PARTENZA

Cittadellarte

LUNGO IL PERCORSO

Totem interattivi

LUNGO IL PERCORSO

Elementi di Craking Art

FUNZIONI EDIFICI

Centro benessere, punto ristoro, spazi espositivi

FUNZIONI EDIFICI

Spazi espositivi, archivi industriali, concept store e outlet

Fonte: Elaborazione delle Autrici

PROFILI STRATEGICI

OBIETTIVI

PANEL

Tabella 3 - Strutturazione del processo Delphi ESPERTO 1

SPECIALISTA IN SVILUPPO LOCALE

ESPERTO 2

DIRETTORE MUSEO E MUSEOLOGO

ESPERTO 3

ARCHITETTO URBANISTA COMUNALE

ESPERTO 4

RESPONSABILE DEL BILANCIO PROVINCIALE

ESPERTO 5

RESPONSABILE ATL

ESPERTO 6

RESPONSABILE MUSEO DEL TERRITORIO

ESPERTO 7

COLLABORATORE FONDAZIONE PISTOLETTO

ESPERTO 8

RAPPRESENTANTE DELL’UNIONE INDUSTRIALI BIELLESE

OBIETTIVO A

COSTI E REDDITIVITÀ

OBIETTIVO B

IMPATTI SOCIALI ED ECONOMICI

OBIETTIVO C

PROCESSUALITÀ E SINERGIE

OBIETTIVO D

COMPATIBILITÀ AMBIENTALE

OPZIONE 1 – (ARC)

PROFILO ARCHITETTONICO

OPZIONE 2 – (S-CUL-TUR)

PROFILO STORICO, CULTURALE E TURISTICO

OPZIONE 3 – (AMB)

PROFILO AMBIENTALE

OPZIONE 4 – (IND)

PROFILO INDUSTRIALE

Fonte: Elaborazione delle Autrici

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO Tabella 4 - Confronto giudizi Delphi Method e scala di Saaty

Hierarchy Process18, al fine di strutturare la fase di attribuzione dei punteggi nei confronti a coppie fra criteri della gerarchia e di ridurre il carattere soggettivo di questa fase della tecnica multicriteriale. Nel caso oggetto di sperimentazione, il decisore dell’AHP coincide con il team Delphi, da cui ha potuto trarre informazioni non solo quantitative (giudizi numerici circa gli obiettivi), ma anche qualitative (opinioni degli esperti) per elaborare la gerarchia richiesta dall’Analisi Multicriteri. In particolare, è stato condotto un metodo Delphi per il pri-

Fonte: Elaborazione delle Autrici

18 L’applicazione dell’AHP è prodotta con l’utilizzo di un software dedicato: Copyright 2009, Expert Choice 11.5, scaricato dal sito www.expertchoice.com, in versione demo.

mo livello gerarchico dell’AHP, quindi utilizzando i criteri come obiettivi. In un secondo momento, con i risultati e i pareri degli esperti del panel, il decisore/team Delphi ha potuto elaborare

DIFFERENZE DI PUNTEGGIO DELPHI METHOD Da 0 a 0,2 Da 0,2 a 0,380 Da 0,380 a 0,7 Da 0,7 a 1,9

SCALA DI SAATY AHP 1 3 5 7

Schema 1 - Gerarchia semplice Fonte: Elaborazione delle Autrici

Schema 2 - Gerarchia composta Fonte: Elaborazione delle Autrici

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione Tabella 5 - Graduatoria profili strategici METODO DELPHI

AHP SEMPLICE

AHP COMPOSTA

1

Profilo strategico AMBIENTALE

Profilo strategico AMBIENTALE

Profilo strategico AMBIENTALE

2

Profilo strategico ARCHITETTONICO

Profilo strategico ARCHITETTONICO

Profilo strategico STORICO, CULTURALE E TURISTICO

3

Profilo strategico INDUSTRIALE

Profilo strategico INDUSTRIALE.

Profilo strategico INDUSTRIALE

4

Profilo strategico STORICO, CULTURALE E TURISTICO

Profilo strategico STORICO, CULTURALE E TURISTICO

Profilo strategico ARCHITETTONICO

Fonte: Elaborazione delle Autrici

due gerarchie AHP: la prima (cfr. Schema 1) con due livelli gerarchici, definita semplice, in cui i criteri (obiettivi del Delphi Method) sono stati confrontati direttamente con le alternative attraverso un’opportuna proporzione tra gli esiti del Delphi Method e la scala di Saaty (cfr. Tabella 4), uno dei riferimenti base per l’applicazione dell’AHP; la seconda (cfr. Schema 2), definita composta, con tre livelli gerarchici in cui sono stati introdotti sottocriteri specifici per il caso oggetto di studio. Dal confronto tra le graduatorie dei profili strategici (cfr. Tabella 5) possiamo osservare che: • avendo applicato una proporzione tra i risultati del metodo Delphi e la scala di Saaty, le graduatorie del Delphi Method e dell’AHP semplice, in cui sono stati direttamente confrontati i criteri (obiettivi del Delphi Method) e le alternative, risultano identiche; in tale simulazione, quindi, è come se il panel di esperti avesse inserito direttamente i pesi per ogni confronto a coppie. Si può, quindi, affermare che l’esito è il più possibile oggettivo (essendo determinato dalla convergenza di opinione tra diversi esperti) e non dipendente dal punto di vista del decisore. L’unica diversità che si riscontra nei risultati di queste prime due applicazioni è, nel Delphi Method, l’appiattimento dei valori di ogni alternativa rispetto alle altre: per contro, una netta differenziazione è determinata dai pesi dell’AHP. Questo elemento supporta ulteriormente la tesi secondo cui il metodo Delphi può fornire un quadro di insieme, un indirizzo forte sulle strategie su cui perseguire un accordo tra esperti/decisori, e successivamente l’Analisi Multicriteri attraverso una scomposizione di un problema complesso può fornire una gerarchia di priorità precisa e netta tra gli elementi coinvolti; • inserendo un livello di sottocriteri – quindi introducendo una componente di soggettività in quanto è il decisore stesso che, in base alla sua esperienza e ai risultati sia quantitativi sia qualitativi ottenuti con il Delphi Method, determina i pesi nel confronto a coppie – si ottiene una classificazione delle alternative diversa da quelle precedenti, come si può osservare dai risultati dell’AHP com-

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posta. Questo esito è determinato dalla scomposizione del problema in sottocriteri specifici del caso studio e dei profili strategici, che tengono conto in modo razionale delle caratteristiche e peculiarità di ogni alternativa metaprogettuale. Per questo motivo, ad esempio, ponendo come macrobiettivo della gerarchia AHP la valorizzazione del sistema di beni “La Strada della Lana” è ovvio che il profilo Storico, Culturale e Turistico (che nel Delphi Method e nell’AHP semplice si trova nell’ultima posizione), nonostante le evidenti difficoltà in ambito finanziario, risulta più importante rispetto a quello Architettonico, in cui si propone un semplice restauro esteriore dei manufatti senza prevederne una fruizione pubblica.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE Da questa prima sperimentazione integrata dei due metodi di valutazione nell’ambito della valorizzazione dei beni architettonici e ambientali e dai suoi risultati positivi si possono trarre indicazioni e spunti per uno sviluppo futuro: • sarebbe interessante, soprattutto al fine di rafforzare l’oggettività dei dati da inserire nell’AHP, condurre una fase istruttoria secondo procedura Delphi per ogni livello gerarchico; • si potrebbe sperimentare anche un’applicazione del metodo Delphi per la scelta dei criteri/obiettivi direttamente da parte degli esperti, i quali, essendo coinvolti a questo punto in un processo decisamente lungo, devono essere accuratamente preparati e disponibili. In questo modo si otterrebbe una maggiore oggettività nell’applicazione dell’Analisi Multicriteri, potendo essere garantita la presenza della pluralità dei soggetti coinvolti; • risulterebbe interessante elaborare una vera e propria “proporzione standardizzata” tra i risultati del Delphi Method e la scala dell’AHP, al fine di affinare la proposta metodologica per l’applicazione integrata dei due metodi valutativi, soprattutto rispetto alla complessità dei settori in analisi.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Summary THE DELPHI-MULTICRITERIA PROCESS: A METHODOLOGICAL PROPOSAL AND APPLICATION There appears to have been hardly any investigation of the borderland between the applications of the Delphi Method and Multicriteria Evaluation in the context of evaluation of real estate projects and enhancement of cultural resources. On the other hand, if considered separately, the two techniques – relating respectively to approaches for the analysis of scenarios and multi-criteria analysis – are now well established and supported by a vast literature which illustrates their theoretical and operational aspects, as well as their application in various sectors. Nevertheless, various weaknesses emerge, and remain partly unresolved. These have been reported at theoretical level and have repercussions in terms of their practical application. There has been a revival in the Delphi Method in many scientific communities (Linstone, Turoff, 2002; Mitroff II, Turoff, 2002; Mullen, 2000; Rondé, 2003; Schmid, 1997; etc.) thanks to various procedural correctives. These have been applied experimentally at the moment of identification of the key component members onto whom to formulate the questionnaires and identify the strategic objectives of the policies to investigate, and also in the more specifically technical phase of statistical collection and analysis of subjective evaluations, as well as in the degree of desirability associated with them (and their relative feasibility). The technique, categorised by analysts as analyses/ processes/forecasts of scenarios (often as forecasts and processes of the demand for scenarios) has over time become more robust in the statistical/mathematical formulation of weights, scales and subjective judgments, offering more space for quantitative analysis of evaluations. Since the 1990s there has been an openness towards, and “contamination” from, approaches which place the emphasis upon formal as well as procedural aspects (Grupp, Linstone, 1999; Rowe, Wright, 1999). In fact, in recent experiments, analysts have refined both the technical moment of data collection and analysis of subjective evaluations, as well as the phase of selection and composition of the team of experts, on the basis of criteria linked not just to the role they play in this virtual community (“pure” experts, observers, decision-makers). The technique, with its various applicational variants, has gradually become stronger over time, thanks to experimentation with the variants and the additional contribution of other techniques: on the one hand a greater attention by the analysts to formal mathematical aspects – not just in terms of description and quality – of the evaluation of the convergence of positions; on the other

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hand, the need for control procedures over the structure of the communication process, in particular if conducted via internet and applied to the public policies sector. In the first case, this aspect which has a two-fold relevance – a factor of strength and of fragility – is inherent in its nature of being an advanced simulative and qualitative method, which has recently been compared with certain technical aspects of causal methods and projective or univaried methods (De Luca, 2002; Armstrong, 2006) in the achievement of consensus: the effectiveness of the final result and the efficiency of the process are often dependent upon, and governed by the degree of experience, skill and knowledge of the various items by the analyst who is entrusted – almost completely – to identify the members of the panel, to carry out the preparation of the list and classification of goals to be pursued, and to carry out the meta-design proposal to submit for judgement, as well as the final information to be published in the Delphi case study dossier. With regard to the second aspect, the idea of democratic consultation inhibits the “dominion of power” and distances it from the negative repercussions caused by the effect of the “influence of the leader” and of the hierarchy of expertise which is typical of forums, negotiating tables and all other methods which do not take place in an anonymous form. This approach has led to a redefinition of the Delphi Method using computer and multimedia technologies. The anonymity of the experts – often regarded as a strength (Zinn, Zalokowski, 1999) – finds greater resonance in the development of the applications of the method exclusively via internet (Brochner, 1990): therefore, from a traditional subjective method to an advanced model of electronic democracy for the purpose of reaching the best compromise through a democratic process. Among those aspects which reduce the effectiveness of the method, the following were the central focus for criticism and debate during the 1970s: participation in the process is limited to a preselected group of experts; the high degree of self-motivation by various experts, in particular in relation to ethical issues, can have a considerable effect upon decisions; interviewees can show a degree of tiredness (even boredom), given the iterative nature of the interviews; the final agreed position can be reached through a levelling out of expert opinions, as a result of a contradictory and incomplete understanding of the full context, going contrary, therefore, to the purpose of facilitating those taking part in the decisionmaking process; the “maieutic” role of the analyst in conducting interviews is in danger of becoming the dominant factor for the members of the panel during the entire process. In this respect, writers emphasise various central aspects

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione in relation to the compilation and interpretation of the final results of each round of interviews and of the data processed. In practical terms, it involves: • on the one hand, establishing statistical and quantitative feedback techniques (classifications, statistical indicators, weighted syntheses of expert views drawn up by independent researchers); • on the other hand, the experts providing their output according to different steps and methods: drafting classifications of the solutions to be examined on the basis of the convergence of expert opinions, irrespective of whether or not the view is positive, but also classifying proposals according to “merit” or taking into account, for each alternative, the average of the averages for the objectives submitted for judgment. The final results are the self-correction and gradual convergence of individual positions (l’itération avec retroaction contrôlée, Dalkey, Helmer, 1974) between one round and the next, thanks also to communication to the panel of counter-evaluations and self-evaluation of skills expressed by the experts, weighted and statistically treated by the analyst. The questions so far mentioned also seem to be supported by the experiences developed with the use of cross-checking techniques, once again in order to strengthen the more traditional model. Multicriteria analysis and evaluation techniques take the form of a large number of qualitative and quantitative models set up to support the decision making processes in terms of the theoretical approach to the decisions and the practical research (Nijkamp, 1980; Roy 1985). Among their various underlying scientific points of strength it is possible to mention: the measurement system of variables (also qualitative); the consistency of certain techniques based, among other things, on the principle of comparison with the recognised postulate at the basis of the valuation (Curto, 1994); from an economic profile, the theory of consumer choice behavior and the criticism of utility theory (Georgescu-Roegen, 1994). Assuming that the goal is to go beyond the simple pursuance of economic efficiency, introducing objectives of different kinds and not just of a commercial nature, the multicriteria techniques for analysis and evaluation are used in particular in the context of empirical evaluations of public projects, including projects involving cultural and environmental resources and monuments of historic or architectural importance. Once again, it is an instrument for the management of conflicts in environmental policies and management problems. Recent developments in multicriteria research are based on the possibility of looking at questions of economic nature as well as issues regarding decision-making processes and social policies. There have been recent developments in advanced information management instruments and computerised

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negotiation systems in order to strengthen participation in social decision-making processes. Among these is the operational and management system supporting group decision-making, where multicriteria analysis, based on internet, is combined with the Delphi Method. It is in connection with this approach that reference is made to the “Delphi-Multicriteria process” – which forms the basis of this present paper – in order to underline the procedural and temporal character that the achievement of a consensus solution implies. It should be emphasised that the Delphi-Multicriteria process has been developed at the same time as other combined experiments: all approaches start off from the requirement of strengthening certain formal and mathematical passages, but highlighting the participation and consultative aspect of the techniques. If we accept the objective of not leaving the decision to one single technical moment, but of extending the decision-making table to all those who are involved, in keeping with the current trend in all contemporary democracies (Bobbio, 2000), we must rethink the “optimum point” concept and the single-criteria context in which this takes place. Multi-centred decision-making is rather typical of the multicriteria approach, where the result can be seen only in terms of a “satisfactory compromise” between the various relevant goals. In these circumstances, methods are developed based on the use of procedures for the analysis of conflicts integrated with multicriteria approaches. Starting off from these assumptions/purposes, a considerable number of models have been developed in the context of the Decision Theory. There are two well-established trends: Multi-objective analysis (MOA) and Multi-attribute analysis (MAA). It should be emphasised that “evaluation” has the same meaning in both approaches (and all models included in them) and has been developed in the cultural context in which multicriteria techniques are operated: i.e., a process of simultaneous evaluation of a set of alternatives; of cyclical character; strictly dependent on the relevant problems, on time, on the organisational context and on available knowledge, which can be retroactive; structured according to a logical progression which starts off from the definition of the problem, the alternatives, the criteria, and passing on to analysis of the alternatives, determination of scores, finally reaching a synthesis of the conclusions. In practical terms, the evaluation process, as described in this way, is broken down into various steps in which there is a general multicriteria procedure (which then ends in a specific method according to the model developed): determination of the matrix of evaluations (or impacts); elimination of Pareto-dominated alternatives (where present); normalisation of the evaluation matrix; weighting of the criteria; determination of the final matrix of normalised and weighted evaluations; rankings of the alternatives (through the weighted sum, the worst case,

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO the weighted worst case, the ratio of agreement/disagreement, etc.); any analysis of sensitivity. Despite the marked rationality of the process and the flexibility permitted by its iterative character, it is nevertheless clear that there are elements of fragility in certain key passages. In books and articles which are critical, these weaknesses are often described in terms of “excessive subjectivity”, attributed in part to the uncertain nature of multicriteria methods which are created for dealing with qualitative components. More particularly, special attention is placed on the phases of: 1) constructing the hierarchy; 2) defining the goal/system of goals; 3) weighting the criteria; 4) ordering the alternatives. It is around these key aspects that proposals have been put forward for the use of cross-checking techniques in order to strengthen the classic models. From an examination of the current literature, certain elements emerge which are useful for our purposes: – during the “phase of constructing the hierarchy” the moment of pluralistic confrontation has been strengthened by the use of particularly advanced approaches (supported by specific software). In practical terms, the approach is a combination between the Delphi Method and Multicriteria Analysis, conceived in terms of a “Delphi-Multicriteria process” in order to emphasise the procedural and diachronic value, as indicated at the beginning; – the “phase of defining the goal/system of goals” – a policy moment par excellence – is closely connected with members of the community involved directly or indirectly with the project. In the literature produced in relation to economic aspects of engineering, the Delphi Method is considered to be a useful instrument in reaching a position of uniformity; – the “phase of weighting the attributes/criteria” has been resolved using various technical solutions: • solution according to the Delphi Method. Starting from the selection of a sample of chosen experts, the preparation, compilation and return of questionnaires, the analysis of answers received it is possible to arrive – where there is a common consensus – to the attribution of weights; • solution according to the Saaty technique. A basic scale is assumed with values ranging from 1 to 9. In such a case, the weighting is an implicit act of assigning scores on according to the basic scale, which is then rendered explicit through the calculation of the weight vector (self-value method); • solution according to the Paired Comparison Technique. This is a simplification of the previous technique, based on the use of three judgments (0, 0.5 and 1); • solution through the application of the “AHP statistical” model. Recent studies propose a model in which weights and indicators of criteria (attributes) are determined by combining the Delphi Method with

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the AHP, using a statistical method that seeks to eliminate the influences arising from the differences in the units for measuring the indicators (Li Ruzhong, 2007); – the “phase for ranking the alternatives” can be carried out in various ways and is, in fact, a prerogative of the different procedures: according to the worst case (“max-min” approach); according to the weighted worst case, a method similar to the previous one but with a weight associated to each alternative; according to the weighted sum, which tends, through the construction of matrices of weighted utility, to express the utility derived from a specific alternative. In this case the preferable alternative is that capable of maximising the overall utility of the decision-maker, defined as the sum of the weighted utility of the alternative itself. It is presumed that all aspects are considered with their relative weights. As reported in the literature, weaknesses are to be found in both approaches, as well as in the specific case of the Delphi and AHP techniques. The critical aspects are to be found, above all, in certain aspects of the procedural and consultation methods used at this point. In fact, a wide variety of social groups, each with particular interests, are involved in often very fragmented levels of decision-making. This is also a reason why it is difficult to select projects in such a way as to maximise all set goals at the same time. For this reason, the central choice of the “best compromise solution” must, in our view, be placed among the central issues in the debate on the role of evaluation in supporting decision-making. In previous papers (Coscia, Fregonara, 2007) it was emphasised how there may be many possible ways of integrating the two instruments, pointing out the use: • of multicriteria analysis during the Delphi preliminary investigation, in processes of identifying and evaluating the merits of the goals of alternative proposals. With reference, for example, to R. W. Saaty’s Analytic Hierarchy Process, following the “hierarchical decomposition principle”, the technique can provide support in identifying and evaluating the merits of goals of alternative meta-designs, or in the final stages of ordering the results (according to the “priority synthesis principle”, once again following the AHP method); • of the Delphi method for structuring the phase for attribution of points in pairwise comparisons between criteria, in applications of multicriteria hierarchical analysis. Following the “principle of comparative judgments” once again forming the basis of the AHP, the opinion of the panel of experts is an instrument for objectifying the formulation of judgments and increasing the degree of internal consistency of the impact matrices, produced from the pairwise comparison between the ele-

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Il “processo Delphi-Multicriteria”: proposta metodologica e esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione

ments of each level of the hierarchy in relation to each element of the level above; • of the two methods jointly aimed at validating the final rankings obtained by processing the interview results produced using Delphi and Multicriteria procedures. The Delphi procedure provides a link between the forecasting approaches of a quantitative and qualitative kind. Operating jointly with the different methods can only strengthen the outcome of the analysis: for example, with regard to the “subjective” nature of the probability, using Delphi in preliminary form, also presenting hypotheses to experts on the probabilities of more significant events, in a subsequent phase the evaluator can, on the basis of information emerging from Delphi, use advanced methods such as that of scenarios and Cross-impact Analysis, and also (as already suggested) Multicriteria analysis during the preliminary Delphi investigation, in the stages of identifying and evaluating the merits of alternative goals proposed. An opportunity to test out the approach described above was presented by “La Strada della Lana” (the Wool Route) project, an itinerary through industrial archaeology, studied and proposed by DocBi in conjunction with Turin Polytechnic. The route covers approximately fifty kilometres through an area of industrial landscape of particular interest between Biella and Borgosesia. Its implementation started out from the need to investigate the feasibility and sustainability of the proposed project, in conjunction with, and supported by, existing routes and cultural organisations and with points of attraction to be created in the city of Biella and along the route. The aim is to develop various aspects of the system which could bring about a new improvement to the area. Using the SWOT analysis – an instrument specifically useful for evaluation – four alternative profiles were elaborated in order to provide an outline of the elements characterising the resources and the territorial area emerging during the initial phase of the study and for identifying the strategic objectives. These correspond with four existing themes which are representative of the context in Biella. They bring together architectural and environmental resources, authorities, public and private cultu-ral foundations and associations, which, according to the meta-design, are connected with each other, with “La Strada della Lana” and the buildings forming part of its industrial archaeology, providing physical and conceptual links. The Delphi Method was used in order to investigate the four possible solutions for routes and centres on which to base the network of resources and promote the industrial archaeological itinerary. This method – as previously described – was implemented jointly and as a support to the Analytic Hierarchy Process in order to structure the phase of attribution of scores in pairwise comparisons between hierarchic criteria and to reduce the subjective character of this phase of the multicriteria technique.

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In this experiment, the AHP decision-maker confers with the Delphi team, from which he or she has been able to obtain not only quantitative information (numerical judgments about goals) but also qualitative information (expert opinions) in order to establish the hierarchy required by the Multicriteria Analysis. In particular, a Delphi method was carried out for the first hierarchic level of the AHP, therefore using the criteria as goals. Subsequently, with the results and views of the panel of experts, the decision-maker/Delphi team was able to design two AHP hierarchies: the first with two hierarchical levels, simply defined, whose criteria (Delphi Method goals) were compared directly with the alternatives through a suitable proportion between the Delphi Method results and the Saaty scale, one of the basic references for the application of the AHP; the second, defined in composite form, with three hierarchical levels in which specific sub-criteria were introduced for the case under consideration. By comparing the classifications of strategic profiles derived from the two studies we can observe that: – having applied a proportion between the results of the Delphi Method and the Saaty scale, the classifications of the Delphi Method and the simple AHP, in which the criteria (Delphi Method goals) and the alternatives were directly compared, turned out to be identical; in this simulation, therefore, it is as though the panel of experts had directly inserted the weights for each pairwise comparison. It can therefore be stated that the result is the most possible goal (being determined by the convergence of opinion between various experts) and does not depend on the point of view of the decision-maker. The only difference to be found in the results for these first two applications is that, in the Delphi Method, there is a levelling out of the values for each alternative in relation to the others: on the other hand, there is a clear differentiation between the AHP weights. This provides further support for the argument that the Delphi Method is able to provide an overall picture, and clear guidance on the strategies to be pursued in order to obtain agreement between experts/decision-makers, and that the Multicriteria Analysis, by breaking down a complex problem, can then provide a clear and precise hierarchy of priorities between the elements involved; – by inserting a level of sub-criteria – therefore introducing a component of subjectivity insofar as it is the decision-maker who determines the weights of the pairwise comparison, on the basis of her or his experience and the quantitative and qualitative results obtained with the Delphi Method – it derives a classification is obtained of alternatives which is different to the previous ones, as can be seen from the composite AHP results. This result is determined by separating the problem into sub-criteria that are specific to the case study and the strategic profiles, which take

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO rational account of the characteristics and peculiarities of every meta-design alternative. Certain indications and ideas for future development can be obtained from this initial integrated experimentation of the two evaluation methods for making best use of architectural and environmental resources, and from their positive results: – it would be interesting, above all for the purpose of strengthening the objectivity of data to be included in the AHP, to carry out a preliminary investigation following the Delphi procedure for each hierarchical level; – an application of the Delphi method could be tried out for the direct choice of criteria/goals by experts, who, being involved at this point in a decidedly long process,

must be carefully prepared and willing to take part in. In this way the greatest objectivity would be obtained in the application of the Multicriteria Analysis, with the possibility of guaranteeing the presence of a plurality of participants; – it would be interesting to formulate an actual “standardised proportion” between the results of the Delphi method and the AHP scale in order to refine the methodology proposed for the integrated application of the two evaluation methods, considering above all the complexity of the areas under examination. key words: delphi-multicriteria process, decision-making process, delphi method, AHP, development strategies in cultural heritage

* Maria Vittoria Brigato – Laureata in Architettura “Restauro e Valorizzazione” presso il Politecnico di Torino nell’Anno Accademico 2009, nel gennaio del 2010 consegue, presso il Corep di Torino, il titolo di Master di II livello in “Real Estate: pianificazione territoriale e mercato immobiliare”, di cui attualmente ricopre il ruolo di Coordinatrice. Dal periodo di stesura della tesi studia e approfondisce tematiche inerenti la valorizzazione dei Beni Culturali, ponendo particolare attenzione all’applicazione di strumenti di supporto ai processi decisionali complessi in fase strategica. ** Cristina Coscia (Torino, 12 agosto 1968), laureata in Architettura, dottore di ricerca in “Estimo e Valutazioni Economiche”, è ricercatore confermato in Estimo presso la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino- Dipartimento DICAS (Casa-Città). La sua attività di ricerca e didattica si rivolge in particolare all’analisi e osservazione dei mercati, al monitoraggio di dinamiche e valori, alla valutazione economico-finanziaria dei progetti pubblici nel campo della valorizzazione dei Beni Culturali. Attualmente fa parte del gruppo di lavoro e di ricerca della struttura dell’Osservatorio Immobiliare della Città di Torino (OICT), di cui è responsabile il prof. R. Curto (Politecnico di Torino – DICAS). Ha assunto compiti di responsabilità diretta in attività accademiche e prestato docenza in numerosi corsi nel campo della Valutazione Economica dei Progetti, nonché sviluppato progetti e sperimentato strumenti e modelli nel campo della promozione e valorizzazione dei Beni Culturali. *** Elena Fregonara (Torino, 19 luglio 1964), laureate in Architettura, dottore di ricerca in “Pianificazione Territoriale e Mercato Immobiliare”, è Professore Associato in Estimo presso la II Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino-Dipartimento DICAS (Casa-Città). La sua attività di ricerca e didattica si rivolge in particolare all’analisi e osservazione dei mercati, al monitoraggio di dinamiche e valori, alla valutazione economico-finanziaria dei progetti privati anche nel campo della valorizzazione dei Beni Culturali. Attualmente coordina, in qualità di vice-responsabile, le attività di lavoro e di ricerca della struttura dell’Osservatorio Immobiliare della Città di Torino (OICT), di cui è responsabile scientifico il prof. R. Curto (Politecnico di Torino – DICAS). Ha assunto compiti di responsabilità diretta in attività accademiche e prestato docenza in numerosi corsi nel campo della Valutazione Economica dei Progetti, nonché sviluppato progetti e sperimentato strumenti e modelli in tale settore disciplinare. Politecnico di Torino - Dipartimento Casa-città. e-mail: mbrigato@corep.it; cristina.coscia@polito.it; elena.fregonara@polito.it

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi Gianluigi De Mare*, Antonio Nesticò**,

parole chiave: stima, diritto, pianificazione

Abstract Il lavoro presentato, prendendo spunto dalla complicata situazione finanziaria in cui versano le pubbliche amministrazioni, illustra gli aspetti estimativi essenziali nella applicazione razionale del diritto di superficie. Lo strumento, che consente di “alleggerire” il profilo economi-

PREMESSA La cronica insufficienza di risorse pubbliche, i condizionamenti imposti dal patto di stabilità al bilancio degli enti amministrativi, la crisi economica globale che ha colpito il sistema delle imprese, hanno indotto uno stallo persistente nei processi di sviluppo del territorio (infrastrutture, iperstrutture, servizi, ecc.). Della auspicabile ripresa può farsi carico una partnership pubblico-privato di elevato profilo culturale e professionale, in un momento storico nel quale però scarseggiano le expertises necessarie per l’applicazione di strategie e procedimenti innovativi (project finance1, perequazione urbana, social housing2, ecc.), peraltro di difficile realizzazione poiché ancora poco strutturati nella legislazione e nella prassi. È inutile negare che ad oggi detti strumenti innovativi risultano sporadicamente utilizzati a causa della normativa in continua (e non sempre felice!)3 evoluzione, della insuffi-

1 Cfr. Pascucci G. (2010, pag. 32). 2 In Stanghellini S. (2009). 3 Si pensi alle modifiche sulle norme relative alle gare in project financing che, con la tornata unica, condizionano le partecipazioni delle imprese imponendo loro la disponibilità dei requisiti ex art. 98 del DPR 554/99 fin dalla fase iniziale della procedura di selezione.

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co nella gestione delle iniziative di trasformazione del territorio, ha una sua tradizione in Italia e all’estero. La ricerca analizza la casistica disponibile, illustrando gli strumenti disciplinari atti a risolvere le problematiche valutative che di volta in volta emergono.

ciente multidisciplinarità che in genere connota i gruppi di lavoro, degli effetti deregolamentativi dovuti alla speciosa conflittualità tra istituzioni dello Stato (enti locali vs Governo, magistratura ordinaria vs magistratura amministrativa). Nel quadro così connotato assumono rilievo gli “approcci leggeri” per lo sviluppo del territorio, laddove l’Amministrazione pubblica controlla il processo, conservando il ruolo di garante degli interessi della comunità, ma delega al privato il reperimento di risorse e di know-how. Nelle operazioni di tal genere non è raro che si preferisca operare sui diritti reali invece che sugli immobili ad essi inerenti, in quanto molto più semplici da gestire a fronte della inerzia alla delocalizzazione propria di fabbricati e terreni ovvero degli alti costi di manutenzione delle costruzioni. È il caso del diritto di superficie, ad oggi sempre più sganciato dal bene di cui è espressione giuridico-economica. Il diritto di superficie trova interesse quando occorre dirimere il conflitto che può crearsi tra proprietà e iniziativa4. Ad esempio, nella circostanza in cui l’intervento volto alla costruzione di un edificio sia intrapreso da un soggetto diverso dal proprietario del suolo. In quest’ottica, molteplici sono le opportunità di concreto ricorso all’istituto: in 4 Sulle ragioni giuridiche che giustificano l’istituto, si veda Zaccagnini M. e Palatiello A. (1984), Giacobbe G. e Nardozza M. (1998).

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO progetti pubblici o di pubblica utilità, riguardanti aree ad uso residenziale, produttivo o indirizzate alla realizzazione di servizi pubblici; in partnership tra pubblico e privato, con rimando ad investimenti sviluppati col ricorso allo strumento di finanziamento del project financing; in ambito privatistico, con specifica attinenza al mercato immobiliare urbano. In tutti i casi, la proprietà superficiaria pone problematiche estimali di non poco momento, poiché dalla valutazione del diritto del superficiario e del diritto del concedente discendono giudizi importanti al fine di predisporre gli accordi su cui fondare l’evoluzione dell’iniziativa. Nel presente lavoro, sono delineati i tratti essenziali del diritto di superficie, come contemplato dal codice civile. Vengono poi indicati i settori economici in cui è più frequente il ricorso al contratto di superficie, confrontando la situazione italiana con quella di altre nazioni. Sono infine esaminate le questioni estimative, con l’intento di pervenire ad un quadro che sintetizzi i criteri da seguire nella risoluzione dei singoli casi. IL DIRITTO DI SUPERFICIE La superficie è un diritto reale di godimento su cosa altrui disciplinato dagli articoli compresi tra il 952 e il 956 del cod. civ. L’art. 952 stabilisce che il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà; del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo. In entrambi i casi il diritto reale che ne consegue è detto di superficie. Il titolare del diritto, ovvero chi acquisisce la proprietà della costruzione, è detto superficiario; il proprietario del suolo è detto concedente. Il diritto di superficie, sovente detto anche proprietà superficiaria5, può dunque esercitarsi in due modi differenti, permettendo al suo titolare di costruire su suolo altrui, oppure di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste. Le disposizioni inerenti alla superficie si applicano anche nel caso in cui è concesso il diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui (art. 955 cod. civ.)6. La concessione del diritto può essere perpetua o a tempo determinato.

5 Tale locuzione trova ragione nella constatazione secondo cui il diritto di superficie è assai ampio, essendo i poteri del proprietario del suolo, finché dura il diritto, molto ridotti. 6 Basti pensare alla concessione del diritto di superficie relativo alla costruzione di una autorimessa sotterranea. Ma anche alla alienazione di una costruzione già realizzata, come ad esempio una cantina o un sotterraneo. Da segnalare che non è consentita l’alienazione del sottosuolo in quanto tale. Questo, come il suolo, rimane in capo al proprietario, cui compete in via residuale il diritto di sfruttare economicamente tutte le utilità insite nel sottosuolo e non oggetto di concessione in superficie. Ovviamente, eventuali pretese del proprietario in merito allo sfruttamento economico del sottosuolo

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Con l’istituto giuridico della superficie si deroga al principio di accessione, secondo cui qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo7. La deroga si basa sull’accordo tra le parti, che consente la separazione tra proprietà della costruzione e proprietà del suolo8. In applicazione, invece, del principio di accessione, se la costituzione del diritto è stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione (art. 953 cod. civ.). La costituzione del diritto di superficie può avvenire: • per contratto, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito; se a titolo oneroso, il pagamento del prezzo può avvenire in un’unica soluzione o mediante un importo periodico, ad esempio un canone annuo di concessione. Il contratto di superficie richiede la forma scritta ad substantiam (art. 1350 n. 2 cod. civ.) ed è soggetto a trascrizione (art. 2643 n. 2 cod. civ.); • per testamento. Il diritto di superficie può estinguersi: • per scadenza contrattuale, quando la durata del diritto è limitata (generalmente 60 o 90 anni)9; • per prescrizione, quando il diritto di edificare sul suolo altrui non viene esercitato per 20 anni; • per consolidazione, cioè per riunione di proprietà superficiaria e proprietà del suolo nella stessa persona; • per rinuncia del titolare. Il perimento della costruzione non produce, salvo patto contrario, l’estinzione del diritto. Ciò significa che il superficiario può ricostruire l’edificio venuto meno, conformemente a quello originario se l’atto costitutivo non dispone diversamente.

devono comunque essere coordinate con i diritti dello Stato in materia di miniere, cave e torbiere, di beni aventi interesse storico, artistico, archeologico, nonché in tema di acque qualificate come pubbliche. 7 Art. 934 del codice civile, che fa comunque salve le disposizioni degli artt. 935, 936, 937 e 938 e quanto risulta diversamente dal titolo o dalla legge (addizioni nell’usufrutto, nel possesso, nella locazione). Da rilevare che l’art. 956 stabilisce espressamente che non può essere costituita o trasferita la proprietà delle piantagioni separatamente dalla proprietà del suolo. Ciò per evitare una promiscuità fonte di possibili controversie e dannosa per l’agricoltura. 8 In generale, il diritto di proprietà può essere scomposto in distinte e autonome forme di godimento e di disposizione, incidenti separatamente sul sottosuolo, sul suolo e sul soprassuolo. 9 Secondo quanto disposto dal primo e dal secondo comma dell’art. 954 del codice civile: «L’estinzione del diritto di superficie per scadenza del termine importa l’estinzione dei diritti reali imposti dal superficiario. I diritti gravanti sul suolo si estendono alla costruzione, salvo, per le ipoteche, il disposto del primo comma dell’art. 2816. I contratti di locazione, che hanno per oggetto la costruzione, non durano se non per l’anno in corso alla scadenza del termine».

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Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi Per quanto concerne diritti e obblighi delle parti, il proprietario del suolo ha essenzialmente il dovere di tollerare ogni attività del superficiario tesa alla costruzione e al godimento del proprio diritto. Per contro, a meno di accordi differenti indicati nel titolo, finché il superficiario non avvia le sue attività, il dominus soli è legittimato a godere del fondo, può cioè coltivare i terreni o destinarli ad altro uso, sempre che compatibile con l’esercizio del diritto del superficiario. Egli non può, pertanto, intraprendere azioni – sbancamenti, escavazioni, edificazioni, ecc. – che rendano impossibile o più oneroso l’esercizio del diritto del superficiario. Dopo la realizzazione della costruzione, si riducono fortemente le possibilità di azione da parte del proprietario del suolo, il quale può sfruttare il sottosuolo solo a condizione che non sia messa in pericolo la stabilità del fabbricato e che siano rispettate le leggi speciali in materia di miniere, cave e torbiere, di beni aventi interesse storico, artistico, archeologico10. IL CONTRATTO DI SUPERFICIE NELLA PRASSI Quasi inapplicato nel mercato immobiliare urbano, in Italia il diritto di superficie trova scarsa attuazione a livello privatistico, al contrario di quanto accade in altre nazioni, segnatamente Stati Uniti d’America, Francia, Germania, territori del Commonwealth e in particolare Inghilterra, dove è contraddistinto da consolidata tradizione. La diffusione in contesto privatistico del diritto di superficie nel nostro Paese è stata prospettata da Carrer P. (1992) a partire dal «prevalente orientamento nel settore mobiliare, in merito al quale sempre più si tende alla segmentazione dei rischi in quelle attività che specificatamente presentano rischi molteplici e congiunti». Secondo l’Autore, differenti sono le finalità con cui operano i vari soggetti economici interessati agli immobili urbani. Da una parte, gli investitori immobiliari acquistano fabbricati con l’obiettivo principale di ottenere una rivalutazione dei capitali finanziari, investiti nel bene reale, maggiore della svalutazione monetaria; in tale prospettiva ha importanza essenzialmente il bene area, sul quale viene a concentrarsi tutta la plusvalenza generata dalla rendita urbana, mentre molto minore è l’interessamento per il bene costruzione, che subisce il deprezzamento per vetustà ed obsolescenza e, con la relativa gestione, comporta molteplici oneri e rischi. D’altra parte gli imprenditori edili e i fruitori dei fabbricati, per uso produttivo o abitativo, sono attratti rispettivamente dal diritto a costruire e dalla costruzione edificata. Consegue che, con la diffusione in senso privatistico del diritto di superficie, «ciascuno dei precisati soggetti, acquistando beni perfettamente corrispondenti alle proprie necessità, ha il vantaggio di assumersi esclusivamente quei rischi specifici correlati al cespite di cui viene a disporre, con l’esclusione di quelli che, con acquisizione del fabbricato tra-

10 Per una esposizione dettagliata sui rapporti tra concedente e superficiario, si rimanda a Gallo P. e Natucci A. (2002).

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dizionale, sarebbe stato costretto, comunque, ad assumere, rischi riguardanti quella parte del bene cui non è interessato». In Italia sono poi scarsi gli impieghi in accordi tra pubblico e privato, ambito in cui l’istituto potrebbe divenire spesso riferimento giuridico per definire rapporti e garanzie soddisfacenti per entrambi i soggetti. Ciò trova conferma nel buon esito di progetti d’investimento sviluppati facendo ricorso alla finanza di progetto11 e ad uno schema giuridico articolato intorno alla concessione di una proprietà superficiaria. Difatti, al di fuori dei più sperimentati campi di attuazione connessi alle opere pubbliche gestibili tramite concessione e in regime di tariffazione, si registrano interventi di project financing felicemente riusciti nel settore dell’edilizia urbana e, in special modo, nel recupero di edifici storici pubblici, laddove il ritorno dei capitali privati è garantito assegnando le strutture agli investitori in diritto di superficie per un certo numero di anni12. È invece largamente diffusa in Italia l’applicazione dell’istituto per interventi pubblici, o di pubblica utilità, concernenti aree ad uso residenziale e produttivo, nonché suoli destinati alla realizzazione di servizi pubblici. Si tratta, come fa notare Carrer P. (1992, op. cit., pagg. 8 e 9), «di concessioni di diritto di superficie tutte interessate a particolari convenzioni che statuiscono, aprioristicamente, o meglio, fuori da un libero mercato, le modalità per la determinazione del corrispettivo della concessione, nonché la durata della concessione medesima ed altro ancora». Esempi si trovano nella costruzione su suolo pubblico di edicole, chioschi, cabine telefoniche ed elettroniche, stabilimenti balneari13, stazioni di distribuzione del carburante, nonché frequentemente nell’edilizia economica e popolare. In proposito, pare opportuno fare cenno ad oltre un milione e mezzo di alloggi popolari costruiti in diritto di superficie secondo quanto stabilito dalla legge 167 del 1962 e norme successive14. Tale riferimento è peraltro di attualità 11 Il project financing può definirsi come uno strumento di finanziamento di investimenti secondo il quale soggetto pubblico e operatore privato stabiliscono i reciproci impegni sulla base di uno schema giuridico-amministrativo e finanziario che rende possibile il recupero delle somme impiegate attraverso i ricavi che l’opera produrrà nel corso della sua vita utile. Per approfondimenti, cfr. Imperatori G. (1995), Boeri T. e Cohen R. (a cura di, 1999), Gatti S. (2006). 12 Basti citare ad esempio il recupero in Corso Magenta a Milano del complesso quattrocentesco denominato “Palazzo delle Stelline”, all’epoca sede del Monastero delle Benedettine di S. Maria della Stella. E, sempre a Milano, le importanti trasformazioni urbane che hanno interessato le aree dismesse di Bicocca e Bovisa. Cfr. Recupero di edifici storici e project financing. Un incontro tra pubblico e privato (1998). Sul tema, si veda anche Nesticò A. (2004). 13 Sulla proprietà superficiaria degli stabilimenti balneari, cfr. De Cupis A. (1988). 14 Si tratta della legge 18 aprile 1962, n. 167, concernente disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare, successivamente modificata ed integrata dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (cosiddetta “legge per la casa”), e anche dalla legge 17 febbraio 1992, n. 179, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, e dalla legge 30 aprile 1999, n. 136. Secondo il disposto dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971 «le aree compre-

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO in quanto alla scadenza del diritto, già raggiunta dalle concessioni di durata quarantennale stipulate subito dopo il 1962, i proprietari delle abitazioni possono riscattare la proprietà dell’area in base alle disposizioni della finanziaria 199915, che difatti concede ai comuni la facoltà di dismettere le aree già concesse in proprietà superficiaria. La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi dell’art. 31, comma 48, della finanziaria16. La facoltà data alle amministrazioni comunali di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, pensata fondamentalmente per consentire ai comuni di acquisire entrate senza gravare sul prelievo fiscale, costituisce per i proprietari degli alloggi una opportunità da non perdere, in quanto in caso contrario il diritto di superficie si estingue e l’ente pubblico, proprietario del suolo, diventa anche proprietario della costruzione. Tale opportunità sarà esercitata a lungo nel futuro, quando andranno a scadere le concessioni a più lunga durata (60 e 99 anni). Da segnalare la prassi non più infrequente di concludere contratti di trasferimento di volumetria, in virtù dei quali il proprietario di un fondo qualificato come edificabile dal piano regolatore, può trasferire ad altri la sola edificabilità del suolo. Quantunque la fattispecie non sia ancora normata in maniera puntuale, come osservano Gallo P. e Natucci A. (2002, op. cit.), si propende per affermarne la piena legitti-

se nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167 – destinate alla costruzione di case economiche e popolari – sono espropriate dai comuni o dai loro consorzi … e concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi. … I corrispettivi della concessione in superficie ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l’acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato dalla legge 18 aprile 1962, n. 167; … ». La legge n. 865/1971 prevede inoltre che gli enti pubblici possono concedere il diritto di superficie per un tempo non superiore a 99 anni. 15 Precisamente l’art. 31 della finanziaria 1999 (legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo). 16 L’art. 31, comma 48, della finanziaria 1999 stabilisce: «Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60% di quello determinato ai sensi dell’art. 5-bis, comma 1, del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, escludendo la riduzione prevista dall’ultimo periodo dello stesso comma, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell’area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47».

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mità a condizione che: a) i contratti siano stipulati tra proprietari che rientrano nella medesima zona urbanistica; b) i proprietari stessi non si pongano in contrasto con quanto stabilito dal piano regolatore e c) non incorrano nella censura dell’amministrazione comunale. L’inquadramento dogmatico della nuova figura è comunque dibattuto, laddove taluni riconducono ad un nuovo bene dalle caratteristiche atipiche (new property); altri ad un diritto reale atipico o al diritto di superficie (Selvarolo S.G., 1989); altri ancora ad un contratto con effetti puramente obbligatori. I criteri alla base della perequazione urbanistica, ovviamente, si fondano sul principio illustrato. Diverse realtà amministrative locali hanno disciplinato il settore con normative più o meno dettagliate. Rimangono tuttavia aperte questioni non secondarie come la conflittualità degli interessi tra i soggetti coinvolti nella trasformazione urbana, la valenza talora sovralocale dell’area oggetto del processo, gli effetti sul mercato immobiliare, la poca dimestichezza della comunità al trasferimento dei diritti reali17. I GIUDIZI DI STIMA NELLA PROPRIETÀ SUPERFICIARIA I casi estimativi che attengono all’istituto della superficie possono essere di: a) stima del diritto del superficiario; b) stima del diritto del concedente. Tale distinzione è coerente con la natura del diritto di superficie, che comporta la separazione del bene economico fabbricato urbano nei due distinti cespiti costruzione (bene prodotto) e area (bene naturale), rispettivamente di proprietà del superficiario e del concedente. In entrambi i casi occorre distinguere a seconda che il diritto di superficie si esercita permettendo al suo titolare di costruire su suolo altrui, oppure consentendo di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquisire la proprietà del suolo su cui la stessa costruzione insiste. Per ciascuna situazione che si viene così a determinare deve poi considerarsi anche la duplice possibilità di concessione perpetua o a tempo determinato del diritto. Sicché, i possibili casi di valutazione sono schematizzabili come in Tabella 1. Inoltre, in Tabella 1 sono evidenziati gli elementi materiali e immateriali che sono oggetto dell’applicazione disciplinare nei vari casi pratici. IL VALORE DEL DIRITTO DEL SUPERFICIARIO E IL VALORE DEL DIRITTO DEL CONCEDENTE I criteri estimali cui ricorrere nei casi di concessione del diritto a costruire su suolo altrui, sono esaminati separatamente da quelli validi nei casi di concessione del diritto ad acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste.

17 Cfr. Morano P. (2007).

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Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi Tabella 1 - Diritto di superficie: possibili casi di stima e oggetto del gudizio estimativo CASI DI VALUTAZIONE

OGGETTO DELLA STIMA Concessione perpetua

Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di costruire su suolo altrui Stima del diritto del superficiario Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste

Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di costruire su suolo altrui Stima del diritto del concedente Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste

Nei casi di concessione del diritto a costruire su suolo altrui Se si tratta di concessione perpetua del diritto di superficie, il superficiario potrà godere e disporre pienamente e illimitatamente del fabbricato che andrà a realizzare, nonché godere dell’area su cui esso sarà edificato. Consegue che, in termini generali, il quesito riguarda la stima del più probabile valore di mercato di un’area fabbricabile e, secondo la dottrina estimativa, può essere risolto attraverso procedimento diretto (o sintetico), concretando la comparazione a mezzo dell’unico dato elementare prezzo, oppure attraverso procedimento indiretto (o analitico), qualora il metodo si esplica con il ricorso a più dati elementari – redditi, saggi, tempi, costi, ecc. – analiticamente elaborati. Com’è noto, il primo procedimento presuppone la conoscenza di prezzi recenti di aree fabbricabili aventi caratteristiche analoghe a quelle dell’area in oggetto e ricadenti in un determinato orizzonte spaziale, onde poter redigere una scala di prezzi noti e quindi stabilire, per comparazione, il più probabile valore dell’area “scegliendo il punto della scala in cui va collocato o inserito il bene da stimare”18. Il secondo ricorre al valore di trasformazione, usato non come criterio di stima ma come procedimento da cui ricavare la previsione del più probabile valore di mercato dell’area, ovviamente ammettendo la coincidenza tra gli aspetti economici del più probabile valore di trasformazione e del più probabile valore di mercato19. 18 Medici G. (1972, pag. 23). 19 Supponendo cioè il verificarsi di tutte le condizioni che definiscono il regime di mercato della concorrenza perfetta. Più precisamente si riconosce col Famularo N. (1945, pag. 173) che il più

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Concessione a tempo determinato Concessione perpetua

Potenzialità edificatoria

Volumetria edificata

Concessione a tempo determinato Concessione perpetua

Superficie fondiaria

Concessione a tempo determinato Concessione perpetua Concessione a tempo determinato

Superficie fondiaria edificata

In genere, il procedimento diretto non può applicarsi per la scarsità di prezzi di compravendita coevi all’epoca di riferimento della valutazione e che siano stati pagati per beni analoghi a quello da stimare. Quello indiretto, che ricorre al valore di trasformazione inteso come procedimento e non come autonomo criterio di stima, trova invece frequente impiego in quanto la maggioranza dei casi pratici riguarda aree periferiche, per le quali cioè può prevedersi un regime di mercato tendente alla concorrenza perfetta e può riconoscersi, anche se con approssimazione, un ordinario modo di trasformazione. Basti, in proposito, il richiamo all’urbanizzazione e successiva edificazione di aree periferiche operata dall’iniziativa pubblica a mezzo di Istituti Autonomi Case Popolari, GESCAL, enti locali, ecc., in

probabile valore di trasformazione tende a coincidere con il più probabile valore di mercato quando «si abbia modo di controllare la esistenza dei seguenti due presupposti: 1) esistenza di un effettivo regime di concorrenza nel settore economico considerato; 2) possibilità di riconoscere un ordinario modo di trasformazione. Ora nel caso delle aree edificabili, o, almeno, per le aree edificabili di maggior pregio sorgenti nel corpo o nel centro delle città, manca generalmente proprio il presupposto della concorrenza. Vale a dire per queste aree la formazione del prezzo segue una legge economica che è molto diversa da quella della concorrenza. In alcuni casi limiti, si può dire anzi che si versa in condizioni di monopolio, se non perfette, quasi perfette. Ed allora non solo non è razionale ma è addirittura illogico pretendere di identificare il prezzo di trasformazione dell’area con il più probabile prezzo di mercato».

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO particolare nell’osservanza della già citata legge n. 167/1962. Per tali iniziative può presumersi il tendenziale equilibrio tra costo e prezzo e dunque un regime di marginalità e di conseguente assenza di profitto nell’operazione economica, non essendo peraltro la ricerca del profitto lo scopo che promuove l’operazione20. In definitiva, la stima del diritto del superficiario, cui è consentito costruire su suolo altrui, si risolve nella stima del più probabile valore di mercato dell’area edificabile oggetto del diritto perpetuo di superficie. Laddove il più probabile valore di mercato dell’area edificabile Va sia ottenibile operando la differenza tra il più probabile valore di mercato del fabbricato da costruire Vf e il più probabile costo di costruzione K – ovvero di trasformazione dell’area, risultando K comprensivo di eventuali spese per opere di urbanizzazione –, vale la relazione: Vds = valore del diritto del superficiario =

Va =

Vf " (K + I) (1) qm

Nella (1), I sono gli interessi sul capitale anticipato (Va + K) per il numero m di anni intercorrenti tra il momento della stima ed il prevedibile inizio di produttività del fabbricato; 1 ––– è il coefficiente di sconto all’attualità, dacché Va è un qm valore attuale, mentre [Vf – (K + I)]sono valori e costi che si verificheranno al termine della trasformazione; q = (1 + r) è il binomio di interesse, con r saggio di sconto per l’investimento edilizio prevedibile21. Se la concessione del diritto di superficie è perpetua, si comprende subito che il concedente, ovvero il proprietario del suolo, non potrà più fruire dell’area per sempre asservita al fabbricato di proprietà del superficiario, per cui il valore del suo diritto è nullo22. 20 Un cenno merita il problema della stima del più probabile valore di mercato delle aree fabbricabili in condizioni di monopolio, per le quali il procedimento analitico non trova giustificazione teorica e, pertanto, non è mai applicabile; quello sintetico può altresì impiegarsi solo di rado per le già esposte ragioni riguardanti la mancanza di termini di confronto. La risoluzione del problema può ottenersi in funzione della convenienza economica nell’acquisto dell’area, convenienza da parte del solo compratore secondo Flavio Vaudetti, oppure quella reciproca e contemporanea di compravendita secondo Carlo Forte. In merito, si veda Vaudetti F. (1957, pagg. 57 e 58), Forte C. (1962), Forte C. (1968, pag. 174 e segg.). 21 Per l’assunta ipotesi di concorrenza perfetta, e quindi di assenza di profitto nell’operazione di trasformazione, il saggio di sconto r coincide con il saggio di capitalizzazione r’ del fabbricato da erigere &$Vf = R + ( A ' ( D #!. Cfr. Forte C. (1968, op. cit., pagg. 170-183). r' " % 22 Alla luce di quanto esposto al paragrafo 2, diritti residui che possono ancora essere esercitati dal proprietario del suolo vanno stimati in funzione delle specificità del singolo caso. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di coltivare i terreni finché il superficiario non intraprende le sue attività; oppure ad attività di sfruttamento del sottosuolo compatibili sia col diritto di superficie concesso, sia con le leggi speciali in materia di miniere, cave e torbiere, di beni aventi interesse storico, artistico, archeologico.

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Si tratta ora la stima del diritto del superficiario che può costruire su suolo altrui quando la concessione del diritto di superficie è a tempo determinato. In tale evenienza, allo scadere del termine di n anni il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa anche proprietario della costruzione. Segue che, se m è l’anno di prevedibile inizio di produttività del fabbricato, il valore del diritto del superficiario Vds può ottenersi come differenza tra l’accumulazione all’anno m dei redditi medi annui ordinari Rs, al netto delle spese, che il superficiario presumibilmente ritrarrà dal fabbricato per i successivi (n – m) anni, e il più probabile costo di costruzione K – con K che include eventuali spese per opere di urbanizzazione – incrementato degli interessi I sul capitale anticipato per m anni. La differenza così ricavata deve poi essere riferita al momento del1 la stima attraverso il coefficiente ––– – m di sconto all’attualità. q In simboli:

# (1+ r'' )n"m "1 & 1 " (K + I)( m (2) Vds = %Rs n"m $ r' '(1+ r' ') 'q La (2) è di semplice lettura attraverso la Figura 1. Da segnalare che i redditi Rs del superficiario derivanti dal fabbricato, coincidono con i redditi forniti dallo stesso fabbricato considerato in piena proprietà. I redditi Rs , una volta stimati, vanno accumulati all’anno m attraverso un saggio di sconto r’’ il quale, dovendo esprimere la rischiosità specificamente correlata al flusso reddituale che si manifesterà negli (n – m) anni futuri, assume il significato di saggio commerciale. Il saggio –r che determina la misura del coefficiente

1 1 = m q 1+ r

(

m

)

è il saggio di sconto corrispondente all’investimento edilizio che produrrà i redditi Rs e che comporterà il costo pari a K + I. È importante sottolineare il differente concetto estimale espresso dalle relazioni (1) e (2), pur formalmente analoghe23. Come detto, la (1) rende il più probabile valore di mercato di un’area edificabile attraverso l’impiego del valore di trasformazione come procedimento, nell’ipotesi di mercato tendente alla concorrenza perfetta e di riconoscibilità di un ordinario modo di trasformazione. La (2) perviene invece alla stima del diritto del superficiario attra-

23 L’analogia formale appare ancor più evidente osservando che, in termini matematici, il limite della (2) per n → ∞ fornisce: #R & 1 Vds = % s " (K + I)( m $ r’’ 'q

Tale espressione riporta ad una concessione perpetua del diritto di superficie.

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Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi

Figura 1 - Temporizzazione di redditi e costi

verso l’accumulazione dei redditi Rs, senza vincoli sulla forma di mercato di riferimento e con riguardo a investimenti di durata limitata (n anni). Di conseguenza, mentre r’’ nella (2) è un saggio di sconto commerciale, è saggio di capitalizzazione l’ r’ che nella (1) consente di stimare il valore di mercato Vf del fabbricato da erigere

$ ' R + # A " # D) & Vf = r' % ( E differiscono pure i saggi r ed –r che definiscono rispetti1 1 vamente ––– e –––; difatti, sebbene abbiano entrambi la – m qm q connotazione di saggio di sconto corrispondente all’investimento edilizio prevedibile, fanno rimando il primo ad un intervento in regime di concorrenza perfetta, il secondo ad una iniziativa di più breve durata e che può altresì caratterizzarsi diversamente a seconda della specifica forma di mercato. Nel caso di diritto di superficie concesso per n anni e che si esercita consentendo al suo titolare di costruire su suolo altrui, il valore del diritto del concedente si ottiene come differenza tra il più probabile valore di mercato dell’area edificabile Va e il valore del diritto del superficiario Vds:

# (1+ r' ' )n"m "1 & 1 " (K + I)( m (3) Vdc = Va " Vds = Va " %Rs n"m $ r' ' (1+ r' ' ) 'q Qualora Vavenga stimato col procedimento del valore di trasformazione, allora Va =

Vdc =

Vf* " (K + I) e può scriversi qm

& 1 Vf* " (K + I) # (1+ r'' )n"m "1 " %Rs " (K + I)( ) m (4) m n"m q $ r' ' (1+ r'') ' q

Verificata la tendenza del mercato alla concorrenza per-

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fetta, senza commettere grande errore è possibile assumere valida l’uguaglianza r = r’ = r’’ = –r . Risulta allora:

Vdc =

Vf* (K + I) (1+ r)n"m "1 1 (K + I) " m " Rs # + m = m q q r(1+ r)n"m qm q

=

Vf* (1+ r)n"m "1 1 " R # = s r(1+ r)n"m qm qm

# (1+ r)n"m "1& 1 (5) = %Vf* " Rs () r(1+ r)n"m ' qm $ Il discorso fin qui sviluppato trova analogie con le questioni che attengono alla stima del diritto dell’usufruttario, il quale gode della cosa di cui altri ha la proprietà, con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica24 e di farne uso da buon padre di famiglia25.

24 L’art. 981 del codice civile, al primo comma, recita: «L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica». Tale espressione è il risultato di una evoluzione normativa della quale pare interessante fare cenno. L’antico diritto romano imponeva all’usufruttuario di conservare la sostanza della cosa (in latino, salva rerum substantia), in ciò individuando la fondamentale limitazione dell’istituto del diritto di usufrutto. Nel tentativo di chiarire cosa dovesse intendersi per sostanza della cosa, col vecchio codice civile (art. 477) la limitazione divenne di conservare la sostanza della cosa tanto nella materia quanto nella forma, ovvero «si aggiunsero le parole materia e forma, come se fossero i due possibili aspetti della sostanza, come, cioè, se la sostanza di una cosa fosse legata alla materia di cui è composta e alla forma in cui appare» (Medici G., 1972, op. cit., pag. 339). Ma anche la disposizione del codice del 1865 risultò poco chiara, poiché richiedeva ancora una compiuta interpretazione dell’espressione sostanza della cosa. Seguendo un’impostazione frutto di approfondite riflessioni – prima fra tutte quella di Venezian G. (1931, pagg. 51 e 52) che giungeva ad identificare la sostanza di una cosa con la sua destinazione economica – e di felici interpretazioni giuridiche – tra le altre l’art. 1036 del codice

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO Ma ciò che assume rilevanza è quanto discende dalla pur differente natura della limitazione imposta al diritto di proprietà dall’usufrutto e dalla superficie. Difatti, mentre il nudo proprietario ha sempre diritto di disposizione sul bene gravato da usufrutto, nel caso della superficie il concedente potrà godere e disporre del fabbricato solo alla scadenza del contratto. In altre parole, il nudo proprietario può in ogni momento trasferire ad altri l’immobile, seppure gravato da usufrutto; al contrario, il concedente avrà poteri sul fabbricato solo al termine del diritto, risultando fino a quel momento il fabbricato stesso in proprietà del superficiario. Ebbene, dalla differenza posta in luce consegue che il valore Vf nella (4) e nella (5) deve essere ridotto di un’aliquota rappresentativa dei prevedibili effetti di deprezzamento per vetustà, obsolescenza tecnologica e funzionale, che agiranno nell’arco degli (n – m) anni seguenti l’inizio di produttività della costruzione. In sostanza, occorre apportare a Vf una detrazione corrispondente al costo per il logorio causato da (n – m) anni di esercizio del fabbricato, nonché gli effetti sulla potenzialità produttiva dovuti al superamento tecnologico e funzionale. Quanto esposto spiega il senso dell’asterisco (*) all’apice di Vf nella (4) e nella (5)26. L’osservazione ha riflessi anche sulla stima del diritto del concedente secondo la (3). Infatti, il giudizio sul valore di mercato Va dell’area edificabile deve tenere conto del fatto che il suolo sarà interessato dalla realizzazione di una costruzione della quale il concedente avrà il godimento e la disposizione solo all’anno n, cioè in un momento in cui si sarà già manifestato l’effetto di deprezzamento per vetustà e obsolescenza. Sicché, anche quando Va può essere valutato con procedimento sintetico, s’impone comunque una detrazione al valore in grado di esprimere l’effetto che l’istituto della superficie ingenera sui diritti reali del concedente, il quale solo alla scadenza del contratto avrà la proprietà del fabbricato oramai deprezzato. Il valore del diritto del concedente Vdc è talora assunto uguale al valore, a prezzi attuali, che il fabbricato avrà alla cessazione del diritto di superficie, cioè all’anno n27, scontato al momento della stima28. In simboli: germanico che imponeva all’usufruttuario di non modificare la destinazione precedentemente data alla cosa –, l’art. 981 del nuovo codice civile ha chiarito definitivamente l’obbligo dell’usufruttuario di rispettare la destinazione economica della cosa (ovvero il tipo di coltura, se la cosa è un fondo rustico; la destinazione funzionale, se la cosa è un appartamento, ecc.), eliminando così le ambigue dizioni delle precedenti norme. Per approfondimenti, cfr. Medici G. (1972, op. cit., pagg. 338-340). 25 All’art. 1001 del codice civile si legge: «Nel godimento della cosa l’usufruttuario deve usare la diligenza del buon padre di famiglia». 26 Se si perviene alla stima dell’area fabbricabile attraverso procedimento sintetico, nella (11) dovrà comunque considerarsi una detrazione che tenga opportunamente conto dei prevedibili effetti di deprezzamento che agiranno su Vf . 27 All’anno n il valore dell’area, oramai edificata, sarà dato dal valore di mercato del fabbricato. 28 Si vedano Amicabile S. (1995, pagg. 419-421), Michieli I. e Michieli M. (2002, pagg. 237-238).

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Vdc = Vfn

1 q*

n

(6)

dove: Vfn = valore del fabbricato alla cessazione del diritto. Come nella (4), Vfn è stimato ai prezzi correnti alla data della valutazione, portando in conto gli effetti per vetustà, obsolescenza tecnologica e funzionale. Cosicché, il valore Vfn del fabbricato non gravato da superficie coincide con il V * della (4); 1 = coefficiente di anticipazionef a sconto composto n q* discontinuo annuo. L’applicazione della (6) trova quale principale difficoltà la valutazione del saggio di sconto r*, che deve essere tale da depurare il valore Vfn = Vf* dall’accumulazione dei redditi Rs del superficiario nell’arco degli n anni di durata del diritto. In tal senso, se sussistono le condizioni che permettono di ricorrere alla relazione (5), la stima di r* richiede possa prevedersi l’incidenza percentuale su Vfn della somma finanziaria degli Rs. Se invece si guarda alla (3), occorre avere una misura del peso che il valore del diritto del superficiario Vds ha – in percento – su Va , ovvero del rapporto: # (1+ r' ' )n"m "1 & 1 " (K + I)( ) m %Rs n"m Vds $ r' ' (1+ r' ' ) ' q (7) = Va Va

La (7) esprime proprio il rendimento ritraibile dal superficiario nell’arco degli n anni di durata del diritto, rendimento commisurato al valore mercantile dell’area edificabile Va. Va da sé che Vds / Va è il rendimento annuo medio per il superficiario. n Ma appare chiaro che due sono le circostanze che concretamente possono presentarsi: a) il perito ha esperienza tale da riuscire a dimensionare, seppure con approssimazione, il rapporto (7). Ed è questa una circostanza poco probabile; b) lo stimatore si trova a dover sviluppare la (7). In tale seconda eventualità, vale implementare una delle relazioni (3), (4) o (5) piuttosto che fare ricorso alla (6). Nei casi di concessione del diritto ad acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo Di semplice interpretazione sono i casi di stima del diritto del superficiario e del diritto del concedente nell’ipotesi di concessione perpetua del diritto di superficie che si esercita consentendo al suo titolare di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste. Il valore del diritto del superficiario coincide con il più probabile valore di mercato del fabbricato:

Vds = Vf

(8)

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Il diritto di superficie nelle trasformazioni urbane: profili estimativi Secondo la teoria, Vf va stimato scegliendo il procedimento più idoneo in funzione della disponibilità di dati e delle caratteristiche giuridiche ed economiche del bene oggetto di valutazione. Per contro il concedente, proprietario del suolo, non potrà più fruire dell’area per sempre asservita al fabbricato di proprietà del superficiario, per cui il valore del suo diritto è nullo:

Vdc = 0

(9)

La (8) si modifica se la concessione del diritto di superficie è a tempo determinato anziché perpetua. In tali situazioni, il valore del diritto del superficiario Vds è dato dall’accumulazione al momento della stima dei redditi medi annui ordinari Rs , al netto delle spese, che il superficiario si prevede ritrarrà dal fabbricato per gli n anni di durata del diritto:

Vds = Rs

(1+ r' ')n "1 r'' (1+ r'' )n

(10)

Come per la (2), r’’ rappresenta un saggio di sconto commerciale, giacché funzione della specifica rischiosità dei flussi Rs per n anni.

Segue che il valore del diritto del concedente è la differenza tra il più probabile valore di mercato Vf* del fabbricato e il valore del diritto del superficiario Vds, cioè: (1+ r' ')n "1 Vdc = Vf* " Vds = Vf* " Rs (11) r'' (1+ r'' )n Anche qui il giudizio estimale su Vf* contempera l’analisi dei prevedibili effetti di deprezzamento che interverranno negli n anni per vetustà, obsolescenza tecnologica e funzionale. La Tabella 2 riassume schematicamente le conclusioni cui si è pervenuti. Da segnalare che il diritto superficiario è talora acquisito non a fronte della corresponsione anticipata in unica soluzione dell’importo Vds desumibile dalla (2) o dalla (10), e finanziariamente equivalente ad una accumulazione iniziale di annualità costanti posticipate e limitate; ma a mezzo del pagamento di un canone locativo volto a compensare la concessione del diritto e quindi la fruizione del fabbricato da costruire o costruito. Com’è ovvio, nel caso di pagamento dilazionato, le rate annue devono essere tali da avere equivalenza finanziaria tra la corrispondente accumulazione e l’importo Vds.

Tabella 2 - Espressioni formali per i diversi casi di stima del diritto del superficiario e del diritto del concedente CASI DI VALUTAZIONE

VALORE DI MERCATO DEL DIRITTO Concessione perpetua

Stima del diritto del superficiario

Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di costruire su Concessione a tempo suolo altrui determinato Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste

Concessione perpetua Concessione a tempo determinato Concessione perpetua

Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di costruire su suolo altrui Stima del diritto del concedente Il diritto di superficie si esercita consentendo al suo titolare di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza però acquistare la proprietà del suolo su cui la costruzione insiste

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Vds = Va =

Vf " (K + I) qm

# (1+ r’’)n"m "1 & 1 " (K + I)( ) m Vds = %Rs n"m $ r’’(1+ r’’) ' q

Vds = Vf Vds = Rs

(1+ r)n "1 r(1+ r)n

Vdc = 0

Vdc = Va " Vds = Concessione a tempo determinato

# (1+ r'')n"m "1 & 1 " (K + I) = Va " %Rs () m n"m $ r''(1+ r'') ' q

Concessione perpetua

Vdc = 0

Concessione a tempo determinato

Vdc = Vf " Vds = Vf " Rs

(1+ r)n "1 r(1+ r)n 159


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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO CONCLUSIONI Si è detto del diffuso ricorso al diritto di superficie in iniziative pubbliche o di pubblica utilità in Italia. Ne sono esempio l’edilizia economica e popolare, nonché la costruzione su suolo pubblico di edicole, chioschi, cabine telefoniche ed elettroniche, stabilimenti balneari, stazioni di distribuzione del carburante. Si è pure detto delle opportunità che l’istituto offre sia a livello privatistico, come testimoniano esperienze di altre nazioni specificamente applicate al mercato immobiliare urbano, sia in accordi tra pubblico e privato, laddove la proprietà superficiaria si ritiene possa consentire una ripartizione dei rischi progettuali coerente con le aspettative proprie dei soggetti coinvolti nelle attività d’investimento. Orbene, in tutti i casi che possono presentarsi nella prassi, quando il diritto di superficie si esercita permettendo al suo titolare di costruire su suolo altrui, ma anche quando se ne fa ricorso consentendo di acquistare la proprietà di una costruzione esistente senza acquisire la proprietà del suolo su cui la stessa costruzione insiste, si pongono le questioni di stima del diritto del superficiario e di stima del diritto del concedente. Tali questioni estimative, che sussistono indipendentemente dalla durata – perpetua o limitata nel tempo – della concessione del diritto, appaiono di estrema rilevanza pratica se si pensa che i risultati delle valutazioni costituiscono termini fondamentali per la definizione dei contratti.

Sotto l’aspetto teorico, lo studio condotto ha consentito la classificazione dei criteri da seguire per risolvere il problema di stima nei differenti casi. Per ciascuno di essi, è fornito il significato dei termini che caratterizzano le espressioni formali. La tabella 2 restituisce uno schema di sintesi che, attraverso le formulazioni matematiche, esprime i criteri individuati. Lo studio illustra, in definitiva, i casi concreti di stima che riguardano il diritto di superficie, rapportandoli alle espressioni computazionali necessarie per risolverli all’interno della logica disciplinare. Nella piena coscienza dei rischi che comporta la separazione, e la differente trattazione, dei diritti reali e dei valori finanziari rispetto agli immobili che li generano, come la recente crisi dei mutui ha dimostrato a proposito della finanziarizzazione del mercato immobiliare. Di grossa attualità, in tempi di totale stallo delle risorse pubbliche, l’analisi del diritto di superficie rappresenta poi uno dei punti più delicati nell’azione governativa locale. Infatti, per i bilanci degli enti comunali il riscatto del diritto di superficie da parte dei singoli proprietari degli alloggi identifica una voce di entrata cospicua, a fronte di questioni sociali di non poco momento. La corretta interpretazione estimale del problema, tanto più in presenza di un mercato immobiliare radicalmente mutato rispetto agli anni ai quali risale la concessione della superficie, implementa il quadro informativo a disposizione del decisore, facilitando l’adozione di risoluzioni partecipate.

Summary LAND LEASE IN URBAN TRANSFORMATIONS: APPRAISAL PROFILES INTRODUCTION Land lease, often also known as tenant ownership, can be exercised in two different ways, allowing the tenant to build on the land of others, or acquire ownership of an existing construction without buying the land on which the construction lies. The holder of the right or who acquires ownership of the building, is called the tenant, while the owner of the land is called the lessor. Land lease is particularly interesting when trying to settle the conflict that can arise between ownership and initiative. For example, in the case where a building is being constructed by a person who is not the owner of the land. There are many concrete possibilities within this context to appeal to the institution: in public projects or in projects for public utility, relating to residential or productive areas, or aimed at the implementation of public services; in partnerships between public and private parties, through the use of project financing; within a context of privatisation and in particular with reference to the urban housing market.

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In all cases, tenant ownership raises considerable appraisal issues, due to the evaluation of the rights of the tenant and those of the lessor leading to important decisions being made upon which the development of any initiatives will be based. In this work, given the economic sectors where the recourse to land lease contracts is becoming more and more frequent, issues relating to appraisal are discussed, with the aim of creating a framework that summarizes the criteria to be followed when trying to resolve individual cases. THE LAND LEASE CONTRACT IN PRACTICE Hardly ever applied in urban real-estate markets, land lease in Italy is poorly implemented within the private sector, in contrast to other nations, notably USA, France, Germany, nations of the Commonwealth and in particular England where it is a well consolidated tradition. The diffusion of land lease within a context of privatization in our country was proposed by Carrer P. (1992) starting from the «prevalente orientamento nel settore mobiliare, in merito al quale sempre più si tende alla segmentazione

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dei rischi in quelle attività che specificatamente presentano rischi molteplici e congiunti1». The use of agreements between public and private sectors in Italy is relatively limited, where the institution could become a judicial reference in defining the satisfactory relationships and legal guarantees for both parties. This is confirmed by the success of investment projects developed through the use of project financing and a legal framework articulated around the granting of tenant ownership. On the other hand, it is rather widespread in Italy to use the institution for public interventions, or projects for public utility, in residential and productive areas, as well as lands allocated for public services. Examples are the construction of newsstands, kiosks, telephone and electricity cabins, lidos, petrol stations on public land, as well as the construction of public housing. It therefore seems appropriate to mention the more than a million and a half houses built under land lease as set out by Law 167 of 1962 and its subsequent amendments. This is particularly relevant since upon the expiration of the right, already reached through forty years concessions concluded since 1962, the homeowners can redeem the property of the area under the provisions of the1999 financial act, which in fact grants local councils the right to assign property in areas already granted under tenant ownership. THE APPRAISAL OF TENANT OWNERSHIP Appraisals can be: a) appraisal of the right of the tenant ownership; b) appraisal of the right of the lessor. This distinction is consistent with the nature of land lease, which separates the economic asset, urban building, into two distinct assets, the building (produced asset) and the area (natural area), respectively owned by the tenant and the lessor. In both cases, it is worth highlighting that land lease allows the tenant to build on the land of others, as well as makes it possible to acquire ownership of an existing building without obtaining ownership of the land on which it is constructed. For each situation, there is also the possibility to grant the right either permanently or for a fixed period. Table 1 summarizes possible appraisals. The tangible and intangible elements that are the subject of the disciplinary applications in various practical cases are also shown in Table 1. THE VALUE OF THE RIGHT OF THE TENANT AND THE VALUE OF THE RIGHT OF THE LESSOR The appraisal criteria used in cases where granting the 1 principal orientation towards the stock market, with an increasing tendency to segment the risks in those activities that present multiple and joint risks

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right to build on the land of others are considered separately from those which apply in cases of granting the right to acquire ownership of an existing building without obtaining ownership of the land on which the construction lies. In cases of granting the right to build on the land of others If a permanent right to the land is granted, the tenant can use the building that will be built without any restrictions as well as the area upon which it is built. Consequently, in general terms, this relates to the appraisal of the most probable market value of the building plot. According to the principles of appraisal, it can be resolved through either a direct (or synthetic) approach, a comparison with the given basic price, or through an indirect (or analytical) approach, should the method make the use of more analytically processed primary data, including income, essays, time, cost, etc. In general, a direct procedure cannot be applied due to the lack of buying-selling prices at the time of the appraisal as well as paid for similar goods to the one under appraisal. An indirect approach, which uses the transformation value intended as an approach rather than as self-appraisal criteria, is frequently used due to the majority of cases dealing with peripheral areas, where it is expected that a market tends to perfect competition and can recognize, although approximately, a normal transformation mode. Where the most probable market value of the building Va can be obtained by working out the difference between the most probable market value of the building to be built Vf and the most probable construction costs K – or in other words transforming the area, resulting in K including any urbanization costs – that is the relation: see formula (1) In (1), I is interest on capital advanced (Va + K) by the number m of years between the time of the appraisal and the expected start of construction of the building; 1 ––– is the current discount factor, since Va is a present qm value, while [Vf – (K + I)] are the values and costs that occur after the transformation; q = (1 + r) is the binomial interest, r is the discount rate for the predicted building investment. If land lease is permanent, it is immediately clear that the lessor or the owner of the land can no longer use the area, which will always be bound to the building owned by the tenant. Therefore, the value of his right is zero. This deals with the appraisal of the rights of the tenant to build on land of others when a fixed term is granted. In such cases, at the end of term n years, the land lease expires and the land-owner also owns the building. It therefore follows that if m is the year of the expected start of production of the building, the value of the right of

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO the tenant Vds can be obtained as the difference between the accumulation in the year m of the average annual ordinary income Rs , net of costs, that the tenant presumably earns from the building for the next (n – m) years, and the most probable construction costs K – with K including any urbanization costs – increased I by the interest on the any advanced capital (Vds + K) for m years. The difference obtained should then be referred to the moment of appraisal through the current discount rate coefficient 1 ––– – m . In symbols: q see formula (2) (2) is easy to read through Figure 1. It is worth noting that the income Rs of the tenant earned from the building, coincides with the income obtained from the same building when considered to be completely owned. The income Rs , once estimated, is accumulated per year m through a discount rate r’’ which, having to express the risk specifically related to the income flow that is obtained in the (n – m) future years, assumes the meaning of a commercial rate. The rate –r that determines the size of the coefficient 1 1 , is the discount rate corresponding to the = m qm 1+ r

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construction investment that will produce the income Rs and will lead to a cost equal to K + I. In the case of land lease granted for n years and practiced by allowing the tenant to build on the land of another, the value of the rights of the lessor is obtained as the difference between the most probable market value of the building plot, Va, and the value of the right of the tenant Vds : see formula (3) If the value Va is estimated with the procedure of tranV * " (K + I) sformation value, then Va = f m and can be writq ten: see formula (4) Upon verifying the market trend towards perfect competition, without making any mistakes, it is possible to assume the following equality r = r’ = r’’ = r– as valid. Thus resulting: see formula (5) It is worth noting that the value Vf in (4) and (5) should be reduced to a rate representative of the estimated effects of depreciation due to age as well as technological and functional obsolescence, which will have an affect over (n – m) years following the start of productivity of the building. This explains the asterisk (*) at the apex of Vf in (4) and (5).

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Similarly, in (3), the appraisal of the market value Va of the building plot should take into account that the land will be affected by the construction of a building which the lessor will be able to use only from year n, i.e. at a time when the effect of depreciation due to age and obsolescence will be clearly visible. Thus, even when Va can be evaluated through a synthetic approach, there is still a deduction value capable of expressing the effect that the land lease creates on the rights of the lessor, who only at the end of the contract will own the building which is now depreciated. The value of the rights of the lessor Vdc is sometimes assumed to be equal to the value, at current prices, that the building will have at the expiration of the right of the tenant, i.e. n year, reduced to the present. In symbols: see formula (6) where: Vfn = value of the building upon expiration of the right. As in (4), Vfn is estimated at current prices to the appraisal date, taking into account the effects of age as well as functional and technological obsolescence. Thus, the value Vfn of the building undamaged by land lease coincides with the Vf* (4); 1 = coefficient of advanced annual discount rate. n q* The main difficulty in applying (6) is the evaluation of the discount rate r*, which should be such that to correct the valueVfn = V*f from the accumulation of the income Rs of the tenant over the period, n years of the right. In the case of granting rights to acquire an existing buil-ding without purchasing the land it is easy to interpret the appraisal of the right of the tenant and the rights of the lessor in the event of granting permanent rights to the land which are exercised by allowing the tenant to acquire ownership of an existing construction without purchasing the land on which the construction lies. The value of the rights of the tenant coincides with the most probable market value of the building: see formula (8) In contrast, the lessor, owner of the land, can no longer use the area due to it being permanently bound to the building owned by the tenant, therefore the value of his rights is zero: see formula (9) (8) is changed when the land lease is temporary rather than permanent. In these situations, the value of the right

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of the tenant Vds is given by the accumulation at the moment of the appraisal of the average annual ordinary income Rs , net of costs, that the tenant is expected to earn from the building for n years of the rights: see formula (10) As for (2), r’’ is a commercial rate, since it is a function of the specific risk flows Rs for n years. It therefore follows that the value of the rights of the lessor is the difference between the most probable mar-

ket value Vf* of the building and the value of the right of the tenant Vds, i.e.: see formula (11) Even in this case, the appraisal of Vf* matches the analysis of the possible effects of depreciation in n years due to age, as well as technological and functional obsolescence. Table 2 briefly summarizes the conclusions. key words: appraisal, land lease, urban transformations

* De Mare G. is professor of Appraisals at the Faculty of Engineering of the University of Salerno. Nesticò A. is researcher of Appraisals at the Faculty of Engineering of the University of Salerno. This work was produced in equal parts by both authors.

*Ingegnere, Associato di Estimo presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno, gdemare@unisa.it. Autore di studi e ricerche sui temi della fattibilità e della valutazione di qualità negli interventi di riqualificazione edilizia e urbana, della stima di valore per immobili ordinari e extraordinari, dell’indennità di espropriazione. Socio effettivo della SIEV. **Ingegnere, Ricercatore di Estimo presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno, anestico@unisa.it. Autore di studi e ricerche sulla valutazione economica e finanziaria dei progetti, sui processi di risk management nelle iniziative d’investimento, sugli aspetti estimativi del project financing, sulle analisi di bilancio a fini estimativi. Socio ordinario della SIEV. Il presente studio va attribuito in parti uguali ai due autori.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO

Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico Chiara D’Alpaos*

parole chiave: irreversibilità, incertezza, opzione di switch, servizio idrico

Abstract La carenza di infrastrutture efficienti, i periodi di prolungata siccità e la tendenza all’esasperazione degli standard qualitativi hanno portato recentemente ad un aumento della frequenza delle crisi idriche. In tale contesto il problema dell’affidabilità dei sistemi di acquedotto è divenuto di cruciale importanza e lo studio dei provvedimenti da adottare per abbattere il risk of failure si è intensificato notevolmente durante gli ultimi anni. Dal punto di vista finanziario, l’affidabilità di un sistema acquedottistico rappresenta la componente di rischio che l’impresa può coprire diversificando gli investimenti. L’idea alla base del presente lavoro è che il gestore del servizio idrico possa ridurre il rischio specifico investendo in sistemi di captazione flessibili a più fonti di approvvigionamento interconnesse. I sistemi interconnessi garantiscono, infatti, una grande capacità di adattamento al diverso andamento dei consumi ed offrono signifi-

INTRODUZIONE L’acqua è un bene pubblico essenziale1, in grado di generare utilità multiple e di attirare una pluralità di domande e di usi spesso in competizione tra loro. Ciononostante è sempre stata considerata implicitamente una risorsa talmente 1 L’acqua e più in generale i servizi idrici si configurano come merit good, ovvero come beni funzionali al soddisfacimento di bisogni ritenuti essenziali e in grado di generare una gamma di benefici sociali superiori a quelli percepiti dai singoli utenti.

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cativi margini di flessibilità di funzionamento. Tuttavia tali sistemi non sono realizzati frequentemente nella pratica corrente perché ritenuti troppo costosi e non economicamente vantaggiosi. In realtà l’interconnessione genera delle opzioni operative (option to switch) che, se opportunamente esercitate, possono incrementare il valore attuale dell’asset. La flessibilità ha quindi un valore, ma tale valore non viene catturato dalle tradizionali tecniche di capital budgeting. Il contributo propone un modello di valutazione della flessibilità derivante dall’interconnessione delle fonti di approvvigionamento sviluppato secondo l’approccio delle opzioni reali. Scopo del lavoro è rendere esplicita la dimensione strategica dei progetti e degli investimenti nel settore del servizio idrico, considerando l’opportunità di investimento iniziale come una sequenza di flussi di cassa e di valori di opzione.

abbondante da non suscitare una significativa competizione tra i vari usi e, conseguentemente, è stato attribuito ad essa un modesto valore economico. L’acqua, tuttavia, è oggi universalmente considerata una risorsa scarsa. La scarsità è percepita non solo nei Paesi in cui la disponibilità della risorsa stessa è modesta per le condizioni geofisiche e naturali, per la forte pressione demografica o per il progressivo deterioramento qualitativo, ma anche nei Paesi in cui la scarsità non si manifesta attraverso il mancato soddisfacimento di bisogni ritenuti essenziali, bensì attraverso l’incremento dei costi sostenuti per garantire il raggiungimento degli stan-

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO dard desiderati ed il soddisfacimento della crescente domanda di qualità e salvaguardia ambientale che caratterizza le società economicamente più sviluppate. Il problema del rifornimento e dell’erogazione dell’acqua potabile, da un lato, e della riduzione degli sprechi, dall’altro, è quindi di grande attualità. La dotazione di portate consistenti e l’esistenza di strutture in grado di fornire con continuità l’acqua alle utenze sono una condizione necessaria per evitare il verificarsi di situazioni di erogazione insufficiente o di vere e proprie emergenze2, nonché per favorire lo sviluppo socio-economico di un territorio. Questo problema è particolarmente sentito in Italia e si è aggravato ulteriormente nel corso degli ultimi anni. Già nel 2002, infatti, la “Relazione annuale al Parlamento sullo Stato dei Servizi Idrici” evidenziava la necessità di programmare una serie di investimenti consistenti nel servizio di acquedotto, al fine di rendere efficienti le strutture e le infrastrutture esistenti, ricercare nuove fonti di approvvigionamento e realizzare nuovi impianti (COVIRI, 2003). A livello nazionale si avverte oggigiorno la pressante necessità di effettuare investimenti rilevanti nell’intero settore e di promuovere contestualmente una gestione più razionale della risorsa, in grado di sfruttare le economie di scala e di scopo e di combattere gli sprechi, introducendo opportune innovazioni sotto il profilo sia tecnico che organizzativo3. La mancanza di infrastrutture efficienti ed i periodi di prolungata siccità hanno portato in tempi recenti ad un aumento della frequenza delle crisi idriche; è emblematico in tal senso il caso delle gravi emergenze che si sono verificate in Italia nell’estate del 2002 e nell’estate del 2003. Si assiste infatti ad un calo generalizzato e progressivo dei deflussi dei fiumi e delle riserve nelle falde4 e ad un contemporaneo scadimento della qualità dell’acqua imputabile all’inquinamento. A questi fenomeni si aggiunge, inoltre, una tendenza all’esasperazione degli standard qualitativi relativi ai vari usi la quale, di fatto, riduce la quantità di risorse disponibili da destinare agli usi pregiati, tra cui, in primis, l’uso civile idropotabile. In tale contesto, il problema dell’affidabilità dei sistemi di acquedotto è, da un lato, di cruciale importanza per l’esi-

2 In Italia, secondo recenti stime, i consumi medi per uso idropotabile sono pari a 249 l/giorno pro capite e sono i consumi più alti rilevati in Europa (COVIRI, 2006; 2008). L’Italia è in buona sostanza un Paese che manifesta elevati consumi a basso costo per l’utente. Va osservato, inoltre, che i volumi erogati all’utenza sono mediamente stimati intorno al 73% delle portate addotte, ciò significa che le perdite nelle reti di adduzione e di distribuzione sfiorano il 30%. Tale dato è preoccupante. 3 Tale necessità emerge prepotentemente dall’analisi dei dati messi a disposizione della Commissione Nazionale di Vigilanza sulle Risorse Idriche relativi alla dimensione del comparto dei servizi idrici integrati istituiti dalla Legge n. 36/1994, ora abrogata dal D.lgs. n. 152/2006. 4 A titolo esemplificativo, la portata media del fiume Bacchiglione - un fiume del Veneto – è diminuita del 20% negli ultimi 80 anni e la ricarica delle falde pedemontane è diminuita del 25% nell’arco degli ultimi 50 anni (Zanovello, 2003; Passadore et al., 2007; Rinaldo et al., 2007; Rinaldo et al., 2008).

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genza di migliorare costantemente la qualità del servizio fornito agli utenti (in modo tale che la domanda di consumo idropotabile sia comunque sempre soddisfatta) e, dall’altro, per l’obiettivo (ritenuto prioritario dalla normativa5) di elevare il livello degli standard qualitativi del bene erogato. Per questi motivi, nonostante la preoccupazione per le conseguenze di una possibile “fallanza”6 dei sistemi acquedottistici sia sempre stata avvertita, lo studio dei mezzi e dei provvedimenti da adottare per abbattere il rischio di non funzionamento (risk of failure) di impianti e sistemi si è intensificato notevolmente nel corso degli ultimi anni. Poiché la normativa stabilisce l’obbligatorietà della fornitura di acqua potabile da parte del titolare della concessione di servizio7, è fondamentale per il provider sviluppare e implementare modelli di gestione integrata dei rischi (tecnici e finanziari) che gli consentano di allocare il capitale secondo criteri di efficienza e di rispettare gli obblighi contrattuali nei confronti delle utenze. Il rischio relativo ad una mancata erogazione dell’acqua agli utilizzatori finali diviene quindi una variabile decisionale determinante per il gestore non solo in fase di progettazione tecnica, ma anche in sede di analisi economico-finanziaria degli investimenti. L’affidabilità di un sistema di acquedotto rappresenta, da un punto di vista finanziario, la componente di rischio (rischio specifico) che l’impresa può coprire diversificando l’investimento. Nel caso del servizio idrico, al fine di eliminare parzialmente il rischio specifico, il soggetto gestore potrebbe investire in progetti flessibili e sfruttare le opzioni operative insite negli stessi8. 5 Si rimanda a tal proposito alla Legge n. 36/1994 recepita dal D.lgs n. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni (in particolare il terzo decreto correttivo D.lgs n. 4/2008) ed alla Direttiva 2000/60/CE. 6 Per definizione l’affidabilità è la probabilità complementare della probabilità di fallanza. 7 Poiché l’acqua è un bene di prima necessità e la fornitura di acqua ad uso idropotabile è un servizio irrinunciabile, la normativa tutela i consumatori stabilendo l’obbligo per il gestore di fornire acqua alle utenze con continuità e senza interruzioni. La legge stabilisce inoltre che quest’ultimo, in caso di inadempienza, debba in qualche modo risarcire gli utenti pena la revoca, in casi gravi e particolari, della concessione. 8 In alternativa, per diversificare e ridurre il rischio specifico, il gestore potrebbe decidere di assicurarsi per una quota parte del rischio specifico di impresa e sottoscrivere una polizza per la copertura dei rischi in caso di insolvenza (mancata erogazione del servizio), il cui valore potrebbe essere calcolato in maniera del tutto analogo a quello delle default option vendute dai creditori agli azionisti di un’impresa. Trascurando i problemi di moral hazard e adverse selection, la gestione del capitale di rischio (Merton e Perold, 1993; Shimpi, 2001) presuppone, da un lato, una precisa rappresentazione dei rischi in portafoglio, finalizzata al contenimento dei costi di copertura attraverso una accurata selezione delle forme più economiche di risk transfer e, dall’altro, una stima del capitale di rischio che tenga conto sia degli effetti di portafoglio sia della valutazione della redditività “corretta” per la presenza del rischio (Erzegovesi, 2003). Il risk manager, infatti, ha a sua disposizione una serie di alternative per il controllo e la riduzione dei costi legati alle variabili aleatorie: può agire eliminando, assicurando e trasferendo i rischi e valutare, così, in chiave dinamica il trade-off tra i costi e i benefici attesi dalle coperture assicurative. Questa strategia risulta però di difficile implementazione nella realtà del servizio idrico italiano.

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Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico I sistemi di captazione a più fonti di approvvigionamento interconnesse rappresentano un tipico esempio di investimento flessibile. Tali sistemi consentono ampi margini di flessibilità di funzionamento e di esercizio e, garantendo una grande capacità di adattamento al diverso andamento dei consumi, sono in grado di soddisfare la curva della domanda con la massima probabilità9. Nonostante gli evidenti vantaggi in termini di flessibilità derivanti dall’interconnessione, non è tuttavia molto frequente individuare nella realtà sistemi acquedottistici a più fonti di approvvigionamento interconnesse. L’interconnessione è ritenuta dai progettisti e dagli esperti del settore costosa e non economicamente conveniente per le ingenti immobilizzazioni tecniche richieste10. Nel settore del servizio idrico, la valutazione degli investimenti è quasi esclusivamente effettuata utilizzando come indicatore di convenienza il Valore Attuale Netto (VAN) che non è in grado di far emergere la dimensione strategica e dinamica dei progetti di investimento. Le tradizionali tecniche di capital budgeting non consentono infatti di internalizzare, nell’analisi degli investimenti, il valore della flessibilità che caratterizza sistemi di approvvigionamento che consentano di passare dall’utilizzo di una fonte ad un’altra (switch), a fronte di improvvisi cambiamenti delle condizioni economiche o di riduzioni nella disponibilità della risorsa idrica derivanti da fattori esogeni. La rilevanza delle opzioni operative diviene pertanto cruciale in settori caratterizzati da un alto grado di volatilità e da una tecnologia flessibile che permetta interventi di switch a costi contenuti (Kulatilaka, 1993; Amram e Kulatilaka, 1999). La possibilità di cautelarsi nei confronti di andamenti sfavorevoli del mercato (ad esempio un forte rialzo del prezzo dell’energia) o di far fronte ad emergenze idriche può, in parte, mitigare la condizione di irreversibilità degli investimenti che contraddistinguono le immobilizzazioni tecniche del servizio idrico - ed in particolare quelle della parte alta della filiera produttiva - riducendo, così, le eventuali perdite per il gestore. L’approccio delle opzioni reali, incorporando nel modello di pricing l’ottima strategia operativa (optimal operating rule) e catturando in maniera esplicita la flessibilità ed i suoi effetti sulla riduzione dell’incertezza, fornisce uno strumento robusto di analisi e di gestione del rischio. La variabilità dei prezzi degli input o dell’output, così come la necessità di immettere un certo volume di risorsa in rete, diventano una discriminante essenziale dell’investimento sia in termini di tipologia dello stesso (“tecnologie rigide” vs “tecnologie flessibili”), sia in termini di capital outlay. Nel caso di investimenti flessibili, infatti, un’elevata varia-

9 Infatti, sia la disponibilità idrica sia il consumo, almeno per quanto riguarda gli incrementi stagionali, sono fenomeni naturali aleatori. 10 Il 47% delle previsioni di spesa relative ai Piani d’Ambito è destinato agli investimenti nel servizio di acquedotto ed oltre il 60% del fatturato complessivo dell’industria dei servizi idrici in Italia è rappresentato dai proventi derivanti dai comparti della produzione, adduzione e distribuzione dell’acqua (CONVIRI, 2010).

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bilità aumenta il valore del progetto e del rapporto tra il valore di mercato dell’asset ed il costo di ripristino dello stesso (Tobin’s q)11. Il contributo propone un modello di valutazione della flessibilità derivante dall’interconnessione delle fonti di approvvigionamento sviluppato all’interno del framework metodologico delle opzioni reali. Scopo del lavoro è rendere esplicita la dimensione strategica dei progetti e degli investimenti nel settore del servizio idrico, considerando l’opportunità di investimento iniziale come una sequenza di flussi di cassa e di valori di opzione. Rispetto ai tradizionali strumenti valutativi, l’approccio proposto consente di fornire una stima più oggettiva del rischio derivante da fonti di incertezza sia endogene che esogene12 ed è per molti aspetti originale. Infatti, sebbene dopo la pubblicazione degli articoli di Brennan e Schwartz (1985), McDonald e Siegel (1985, 1986), Majd e Pindyck (1987) e Paddock et al. (1988)13, si sia assistito ad un crescente sviluppo delle applicazioni della teoria delle opzioni reali a vari settori industriali e ad alcuni settori soggetti a regolamentazione (telecomunicazioni ed energia elettrica)14, non sono ancora numerosi in letteratura i contributi relativi alla valutazione degli investimenti nel settore del servizio idrico che implementino modelli di option pricing15. Il presente lavoro è quindi un tentativo di applicazione della teoria delle opzioni reali alla valutazione degli investimenti del servizio idrico integrato per dimostrare agli esperti del settore come l’incertezza e la flessibilità possano creare valore. L’approccio delle opzioni reali può, infatti, modificare significativamente le performance decisionali nel settore del servizio idropotabile caratterizzato da forti specificità, da un’incertezza strutturale legata al diverso regime idrologico delle fonti di approvvigionamento e da una significativa aleatorietà dei costi operativi e della futura domanda potenziale16. Il modello che viene di seguito illustrato e discusso fa riferimento in particolare alla flessibilità dei sistemi di acquedotto.

11 Il fattore q è in buona sostanza il rapporto tra il valore di mercato delle attività di un’impresa (che in un mercato ideale coincide con il valore attuale dei profitti futuri attesi) e il costo di ripristino del capitale investito. Tale rapporto regola la decisione di investimento. Un investimento va intrapreso se q>1. 12 Il regime idrologico delle fonti rappresenta in tale contesto un tipico esempio di fonte di incertezza endogena, mentre la dimensione di mercato identifica una tipica fonte di incertezza esogena rispetto all’impresa che gestisce ed eroga il servizio. 13Si vedano anche Dixit e Pindyck (1994) e Trigeorgis (1996). 14 Si vedano a tal proposito Teisberg (1993), Saphores et al. (2004), Teisberg (1994), Trigeorgis (1996) e Child e Triantis (1999). 15 Si veda a tal proposito D’Alpaos e Moretto (2005) e D’Alpaos, Moretto e Dosi (2006). 16 Nello specifico, il sevizio idrico va analizzato come un qualunque altro settore industriale che operi in un contesto competitivo secondo logiche di mercato, enucleando la flessibilità delle relative opportunità di investimento anche in presenza di un monopolio naturale che determina, di fatto, una regolamentazione sulla condotta del monopolista e l’assenza di un vero e proprio mercato dell’acqua.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO L’AFFIDABILITÀ DEI SISTEMI DI ACQUEDOTTO E L’INTERCONNESSIONE DELLE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO È particolarmente sentito nel settore acquedottistico ad uso civile il bisogno della “certezza del servizio”, ossia la necessità di fornire una portata prestabilita ad un numero fissato di nodi della rete con un carico piezometrico garantito, per un periodo di tempo pari alla vita “produttiva” utile del sistema medesimo. Tale problema non è sempre di facile soluzione, data l’estrema variabilità della portata richiesta sia lungo l’arco dell’anno che all’interno di una stessa giornata. Generalmente, nel gestire un sistema acquedottistico, si deve infatti far fronte sia a richieste caratterizzate da una certa ciclicità, sia a richieste del tutto casuali ed imprevedibili, quali ad esempio quelle legate alle esigenze anti-incendio17. A volte, invece, le cause di un’eventuale interruzione dell’erogazione del servizio di acquedotto e, quindi, della mancata affidabilità del sistema, possono dipendere da una carenza di disponibilità di acqua alle fonti di approvvigionamento come in occasione dell’emergenza idrica verificatasi durante l’estate 2003. In questo caso il concetto di affidabilità è strettamente legato a quello di “rischio idrologico”, in quanto l’eventuale emergenza potrebbe dipendere da stati di magra eccezionali dei corpi idrici. Tale rischio è piuttosto elevato nel periodo di massimo consumo che coincide con il periodo estivo, in cui la maggior parte delle fonti, come ad esempio le sorgenti, i fiumi e le falde freatiche, possono attraversare fasi di magra pronunciate18. Un sistema di attingimento integrato19 che annoveri fonti con diverso regime idrologico (ad esempio un lago ed un corso d’acqua con un bacino idrografico montano a regime nivo-glaciale) può essere considerato un sistema a più elevato grado di affidabilità rispetto ad un sistema di attingi-

17 Queste ultime potrebbero portare ad un cattivo funzionamento della distribuzione a seguito di un repentino e troppo accentuato abbassamento della quota piezometrica, il cui effetto potrebbe manifestarsi sotto forma di una minore pressione in rete e di un flusso ridotto all’utenza. 18 Solamente i torrenti di origine nivo-pluviale, le falde freatiche di vaste dimensioni e i laghi non sono soggetti a tale tipo di rischio per la possibilità intrinseca di accumulare notevoli quantità di risorsa, fungendo da grandi serbatoi. 19 Un sistema integrato è realizzato attraverso l’interconnessione di più filiere, le cui componenti elementari possono essere considerate fra loro complementari da un punto di vista funzionale (Zanovello, 1977). Dall’interconnessione delle diverse filiere, risulta la realizzazione di uno schema caratterizzato dalla presenza di numerose componenti “omofunzionali”. Ciascuna “filiera” è costituita da un centro di produzione, da uno o più sollevamenti posti lungo la rete di adduzione, da uno o più serbatoi avente funzioni di regolazione e di riserva, da uno o più sollevamenti realizzati lungo la linea di distribuzione ed infine da un sistema di distribuzione. Un acquedotto, inoltre, è definito politrofico se è alimentato da una serie di fonti differenti, localizzate ad una certa distanza l’una dall’altra, policentrico se serve più centri di utenza e politopico se sviluppa la produzione e la distribuzione in aree differenti (Zanovello, 1977). Si può, pertanto, affermare, che un sistema integrato è un sistema politrofico, policentrico e politopico.

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mento costituito da un certo numero di fonti indipendenti, ma caratterizzate dallo stesso regime idrologico20. Appare a tal proposito rilevante ricordare che, secondo quanto già stabilito dalla Legge n. 36/1994 (successivamente recepita nel D.lgs n. 152/2006), un sistema acquedottistico deve garantire l’economicità della gestione e consentire una razionale utilizzazione delle risorse idriche, assicurando “[…] la qualità del servizio in relazione alla domanda dell’utenza e alle esigenze di tutela ambientale”. Il legislatore, quindi, in un contesto di radicale e strutturale riorganizzazione del servizio idrico, quale fu quello legato alla promulgazione della legge di cui sopra21, ha introdotto un preciso riferimento ai concetti di efficienza nell’allocazione delle risorse e di economicità del servizio, assumendo implicitamente che un sistema può essere considerato affidabile solo quando i requisiti di economicità, efficienza ed efficacia sono soddisfatti contemporaneamente. Il problema dell’affidabilità di un sistema di acquedotto va quindi indagato non solo da un punto di vista puramente tecnico22 con riferimento alla sua efficacia (ovvero alla capacità di soddisfare le esigenze dell’utenza in termini di portata), ma soprattutto da un punto di vista economico ed in relazione sia ai costi operativi del sistema stesso, sia ai costi (diretti, indiretti, tangibili ed intangibili) sopportati dalla collettività a causa di una mancata o deficitaria erogazione del servizio. L’affidabilità, al pari del costo di costruzione, è pertanto una prerogativa rilevante di un sistema e dipende sia dalle sue caratteristiche strutturali23 sia dalle carat20 Un tipico esempio è rappresentato dal caso di una falda adiacente ad un fiume e di un torrente. 21 La Legge n. 36/1994 ha segnato un momento di svolta nel processo di riorganizzazione del settore idrico in Italia attraverso l’introduzione del concetto di servizio idrico integrato - che presuppone una completa integrazione verticale delle attività di acquedotto, fognatura e depurazione - e di una netta separazione tra le funzioni di pianificazione e di controllo, attribuite dal legislatore all’operatore pubblico (l’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale), e le funzioni di produzione e gestione intese in senso più stretto, affidate ai nuovi soggetti operanti secondo logiche imprenditoriali. In tal modo, il legislatore ha voluto configurare una gestione industriale su larga scala dell’intera filiera di produzione, distribuzione e depurazione dell’acqua potabile, con il duplice scopo di incentivare gli investimenti nello sviluppo delle infrastrutture e di creare una gestione in grado di autofinanziarsi attraverso le entrate tariffarie (Bardelli e Muraro, 2003). 22 Sebbene il concetto di affidabilità sia abbastanza intuitivo, l’affidabilità di un sistema d’acquedotto, da un punto di vista prettamente tecnico, può essere definita come “[…] la probabilità che un sistema o una parte di esso (componente) assolva correttamente alle proprie funzioni per un prefissato periodo di tempo in determinate condizioni operative[…]” (Bertola, 1996), conservando cioè nel tempo la qualità funzionale per cui è stato ideato e realizzato. 23 La diversificazione nella composizione e nell’estensione dei centri di utenza può generare effetti compensativi sulla curva globale dei consumi, desiderabili nel caso in cui si debbano attenuare le fasi critiche nell’erogazione. I sistemi “politropici” sono in grado di servire centri di utenza che presentano curve dei consumi differenti tra loro, in cui le punte di maggior consumo hanno un ritardo di fase (es. centri industriali e centri turistici balneari). Più diventano marcati i caratteri di “politropia”, più diventano significativi gli indici di qualità ed i connotati di efficienza del sistema, in particolar modo quelli relativi alla produttività e all’affidabilità.

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Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico teristiche di affidabilità delle singole parti che lo compongono. Conseguentemente, l’affidabilità andrebbe definita prendendo in considerazione oltre che aspetti qualitativi e quantitativi anche aspetti di natura economica.

LA FLESSIBILITÀ DEI SISTEMI ACQUEDOTTISTICI A PIÙ FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO INTERCONNESSE Sebbene le questioni da risolvere nella progettazione e nella realizzazione delle strutture essenziali del servizio idrico integrato presentino talune analogie (fra cui la presenza di forti economie di scala e di scopo) con le problematiche che si riscontrano nello studio di altri sistemi di distribuzione a rete (reti per il gas, l’energia elettrica e le telecomunicazioni), i sistemi a rete del servizio idrico si caratterizzano per numerosi elementi distintivi, soprattutto in relazione alla natura del bene prodotto ed ai vincoli fisici e tecnologici24 che caratterizzano le singole componenti e i singoli impianti del sistema. Nonostante i vincoli impongano limitazioni ben precise per quanto riguarda le possibilità di interconnessione delle reti e delle fonti di approvvigionamento e la realizzazione di schemi capaci di servire ambiti territoriali particolarmente estesi, esiste un’ampia gamma di soluzioni progettuali alternative, derivanti da una diversa combinazione dei singoli elementi del sistema, che consentono significativi margini di flessibilità di funzionamento e di esercizio delle infrastrutture del servizio idrico. I progressi tecnologici hanno portato, in particolare, alla progettazione di sistemi acquedottistici complessi di tipo reticolare o integrato25, in grado di garantire flessibilità al sistema di approvvigionamento e grande capacità di adattamento al diverso andamento dei consumi (D’Alpaos, 2003). Un sistema acquedottistico che si approvvigioni da una serie di fonti, aventi un diverso grado di vulnerabilità rispetto a possibili cause di inquinamento ed andamenti idrologici “complementari”26, permette di erogare un servizio efficiente con acqua di buona qualità anche in caso di crisi idriche particolarmente severe. La diversificazione delle fonti comporta, infatti, interessanti effetti di integrabilità tra le stesse, in quanto le varie tipologie di fonte differiscono per il differente regime idrologico e per l’entità delle portate che sono in grado di garantire. Tipico è il caso di un sistema di approvvigionamento che utilizzi acqua di sorgente e acque di falda: mentre il regime delle acque di falda presenta oscillazioni stagionali molto lente del livello piezometrico (e, quindi, una sostanziale costanza delle portate), quello di una sorgente risente di escursioni

24 Nelle reti del servizio idrico il convogliamento delle acque avviene prevalentemente sfruttando la gravità. 25 Un sistema integrato (in cui le caratteristiche prestazionali delle componenti multiple si integrano reciprocamente) è in grado di fornire prestazioni funzionali di elevata qualità, che si caratterizzano per la regolarità del flusso e della portata di erogazione e per la notevole flessibilità di adattamento ai picchi di consumo. 26 Ciò significa che gli idrogrammi presentano un ritardo di fase l’uno rispetto all’altro e hanno diversi andamenti nel tempo.

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di portata più ampie, sulle quali vanno a sovrapporsi gli effetti più rapidamente variabili delle precipitazioni. Le considerazioni svolte evidenziano, nel loro complesso, per il provider l’esistenza di una ampia gamma di scelte tecniche relativamente alle modalità di approvvigionamento ed alla progettazione dei sistemi acquedottistici, che possono generare rilevanti flessibilità dal punto di vista dell’esercizio e della gestione economico-finanziaria degli stessi ed aumentare così il valore degli asset. Questo tipo di flessibilità non è generalmente “catturato” dalle tradizionali tecniche di valutazione degli investimenti. Al contrario, l’approccio delle opzioni reali consente di evidenziare e internalizzare tale flessibilità nelle analisi di capital budgeting, attribuendo un valore economico all’abilità manageriale di esercitare le opzioni operative generate dall’investimento. Nei paragrafi che seguono si cercherà di mettere in evidenza come l’esistenza di un’ampia possibilità di scelte dal punto di vista tecnico si possa tradurre in una rilevante flessibilità dal punto di vista dell’esercizio e della gestione economico-finanziaria dei sistemi che caratterizzano la parte alta della filiera di produzione dell’acqua potabile.

IL VALORE DELLA FLESSIBILITÀ DI UN SISTEMA ACQUEDOTTISTICO A PIÙ FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO INTERCONNESSE Gli investimenti nel servizio idrico sono caratterizzati da ingenti esborsi di capitale e da immobilizzazioni tecniche che richiedono un lungo periodo di gestazione ed hanno una vita utile molto lunga. Appare conseguentemente interessante analizzare e valutare la flessibilità dei progetti di investimento in questo settore, attesa un’incertezza strutturale legata al diverso regime idrologico delle fonti di approvvigionamento. È evidente, infatti, l’inadeguatezza delle tecniche tradizionali di capital budgeting (Discounted Cash Flow Analysis) nel fornire una stima oggettiva del rischio derivante da fonti di incertezza endogene ed esogene e nel cogliere la dimensione dinamica degli investimenti. Molte delle flessibilità di natura tecnica che contraddistinguono le infrastrutture della parte alta del ciclo produttivo del servizio idrico integrato possono essere interpretate in chiave dinamica ed assumere un valore economico rilevante. In presenza di investimenti irreversibili, la possibilità di progettare un impianto di tipo flessibile, che consenta di passare da una modalità operativa nell’approvvigionamento, e quindi nella produzione, ad un’altra ha un valore in termini di costo opportunità. La decisione di esercitare un’opzione, quindi, va analizzata e determinata all’interno di un appropriato quadro valutativo in cui i flussi di cassa attesi ed i tassi di sconto (supposti esogeni nelle Discounted Cash Flow Analysis) rappresentano delle variabili endogene. Dalle considerazioni fin qui svolte discende che un’impostazione metodologicamente corretta delle valutazioni dei progetti nel servizio idrico non può prescindere da un accurato studio della flessibilità, fattore chiave nell’analisi della convenienza economica di investimenti irreversibili.

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO Il modello teorico Il modello proposto è una specificazione dei modelli di Cox, Ross e Rubinstein (1979), Kulatilaka (1993) e Kulatilaka e Trigeorgis (1994) e consente di stimare il valore dell’opzione di switch tra due modalità operative alternative (operating modes) nel caso di interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico. Si considerino due progetti alternativi a tecnologia “rigida” A e B i cui flussi di cassa netti dipendano da una singola variabile di stato esogena. Si supponga che l’orizzonte temporale relativo alla decisione di investimento possa essere schematizzato in n periodi (t=0,1,2,…n) e che T=n anni sia la vita di esercizio dei due progetti. Si introducano, inoltre, le seguenti ipotesi semplificative: • il mercato è senza attrito; • il processo che descrive l’andamento nel tempo dei flussi di cassa Π(m) generati da ogni singolo progetto a tecnologia rigida m è binomiale, stazionario e moltiplicativo; • il tasso di rendimento privo di rischio r è costante rispetto al tempo; • la fonte di incertezza è unica27. Essendo le opzioni di switch path dependent28 ed ipotizzando che la variabile di stato evolva secondo un processo binomiale moltiplicativo, il valore Πt del flusso di cassa generato dai singoli progetti al tempo t dipende dall’evoluzione della variabile di stato incerta e dalla modalità operativa adottata, ovvero dalla tecnologia “rigida” adottata:

pm pm Π0(m) 1-pm

Π2++(m)

Π1+(m) 1-pm Π2+-(m) pm Π1-(m)

[…]

1-pm Π2--(m) in cui: m=A,B; Πts(m)=flusso di cassa atteso del progetto relativo alla tec-(1) nologia m, generato all’anno t, nel caso in cui si verifichi lo stato del mondo s; t=0,1,2, …n; s=+,-,++,+-,—,[…]; (2) 27 Le trattazioni generalizzate delle opzioni di switch (Margrabe, 1978) hanno generalmente due fonti di incertezza correlate, ciascuna delle quali determina una diversa modalità. In questo caso(3) si assume implicitamente che le incertezze siano perfettamente correlate così da introdurre un’unica fonte di incertezza, quale ad esempio quella relativa al prezzo dell’energia (underlying asset). 28 In presenza di più modalità operative, per l’individuazione della modalità che sia ottimale in un istante futuro, è necessario tene-(4) re in considerazione non solo i prezzi ed i valori di mercato, ma anche la particolare modalità operativa nella quale si trova il sistema al momento di entrare nello stato successivo. Questo implica che per risolvere il problema si debba ricorrere ad un processo di programmazione dinamico e regressivo.

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pm=probabilità che il valore del progetto relativo alla tecnologia m aumenti di un fattore moltiplicativo um29; 1-pm=probabilità che il valore del progetto relativo alla tecnologia m diminuisca di un fattore moltiplicativo dm, ove dm=1/um. Il modello consente di valutare un progetto flessibile F che permetta di passare dalla tecnologia A alla tecnologia B a costi di switch nulli alla fine di ogni periodo t. In tal caso la flessibilità di conversione può essere determinata sommando le singole opzioni di switch S nei periodi considerati, che risultano essere delle opzioni di tipo europeo, stante le ipotesi assunte in precedenza. La possibilità, ma non l’obbligo, di passare da una tecnologia all’altra, F (A→B), rende il valore del progetto flessibile maggiore rispetto al valore dei singoli progetti a tecnologia “rigida” A e B. Il valore attuale dei flussi di cassa generati da ciascun progetto m, in assenza di flessibilità, può essere ottenuto scontando i flussi di cassa attesi, calcolati sotto la misura di probabilità pm, al tasso di rendimento atteso aggiustato per il rischio. In alternativa, è possibile stimare il valore degli asset scontando i flussi di cassa attesi, calcolati sotto la misura di probabilità neutrale rispetto al rischio, al tasso di rendimento privo di rischio (Cox e Ross, 1976; Harrison e Kreps, 1979). In tal caso, la probabilità qm neutrale rispetto al rischio è30:

qm =

(1 + r ) - dm um - dm

(1) (1)

In assenza di costi di switch, il valore della flessibilità si può dimostrare essere pari alla somma delle n opzioni euro(2) pee S esercitate rispettivamente al tempo t=0,1,2,…n: (1)

F(A→B)=S0(A→B)+S1(A→B)+S2(A→B) +……+ Sn(A→B) e quindi il valore attuale del progetto flessibile F è pari a:

=

+

(3)

(2) (2)

dove V(A) è il valore attuale del progetto a tecnologia rigi- (1) da A e F(A→B) è il valore della flessibilità di passare dalla tec- (4) nologia A alla tecnologia B. (3) In particolare, nel generico istante t il pay-off addizionale, ets(A→B), derivante dal passaggio nell’istante t e nello sta- (2) to del mondo s dalla modalità operativa A alla modalità (4) operativa B è: s

e t ( A → B) ≡ max[

s t

(B) -

s t

( A),0]

(3) (3)

(4) 29 In un processo stocastico geometrico u = eσ√t in cui σ è la volatilità e t è il periodo di tempo che intercorre tra uno stato del mondo ed il successivo. 30 Passando dal mondo reale ad un mondo neutrale rispetto al rischio la volatilità rimane la stessa per il teorema di Girsanov (Cox, Ross e Rubinstein, 1979).

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(3) (2)

(1)

(2) (7) (4) Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico (3) (3)

(2)

(6)

Pertanto, qualora l’adozione della fonte B sia vantaggiosa, sari per acquisire la tecnologia flessibile, I(F), ed i costi di si ha ad esempio: (4) impianto del progetto A, I(A), risulta essere minore del valo(3) re della flessibilità. In altre parole risulta conveniente inve(4) (4) stire nel progetto a tecnologia flessibile qualora: S0 ( A → B) = max[ 0 (B) - 0 ( A),0]

I(F) - I( A) < F( A → B) (4)

e1+(A→B)=max(Π1+(B)-Π1+(A),0)

Si può dimostrare, inoltre, che in assenza di costi di switch:

S1(A→B) e1-(A→B)=max(Π1-(B)-Π1-(A),0)

[…] e2+-(A→B)=max(Π2+-(B)-Π2+-(A),0)

S2(A→B) […]

e2--(A→B)=max(Π2--(B)-Π2--(A),0) S

ed analogamente per tutti i periodi successivi. In particolare in corrispondenza di ciascun nodo (t,j) (5) (t,j) con t=0,1,…n-1, j=0,1,…,t ove nelle coppie t rappresenta lo stadio dell’albero che descrive il processo binomiale e j indica il nodo dello stadio che identifica i movimenti “di tipo u”, il valore del sottostante è: (5) tj

j

0 (m)um dm

t- j

L’approccio può essere esteso a più periodi e a più operating “modes”, all’interno di un processo iterativo di tipo backward, che discretizzi l’equazione di Bellmann derivata nel continuo. Siano s=0,1,2,…..n i possibili stati e i=0,1,2,…..M le differenti tecnologie o i differenti “operating modes”. A partire(9) dall’ultimo periodo M e procedendo a ritroso, il valore di un progetto flessibile nello stato generico s, nell’istante t- (12) 1, è determinato a partire dai valori attesi nel caso di un(10) rialzo (s+1) e di un ribasso (s-1), calcolati nell’istante t nel (9) modo seguente: ( s t -1

V (m) = max i

s t -1

s +1

s-1

(i) + [pVt (i) + (1 - p)Vt (i)] /(1 + r ) +

(11) (10)

- I(m → i)

in cui:

(5) (5) (5) I(m→i)=0 per i=m, ossia i costi sono nulli mantenendo lo(12) stesso operating mode. Per t=T:

Stante l’assunzione di neutralità rispetto al rischio ed essendo q la probabilità neutrale rispetto al rischio, il valore dell’opzione può essere determinato in maniera ricorsiva come segue:

Stj ( A → B) =

(10) (10) (7)

V(F) = V(B) + F(B → A)

e2++(A→B)=max(Π2++(B)-Π2++(A),0)

=

(6) (7)

(9) (9)

qS t+1,j +1( A → B) + (1 - q)S t+1,j ( A → B)

s

VT (m) = max i

(6) (6)

(1 + r )

{

s T

}

(i) - I(m → i)

(12)( (12)

essendo: ΠTs (i) = valore residuo nello stato s con “operating mode” i.

(

Il procedimento può essere ripetuto in maniera iterativa, ovvero il valore dell’opzione al generico istante t, può andando a ritroso fino all’istante t=0, ottenendo anche l’opessere ottenuto attualizzando il valore atteso dell’opziotimal operating schedule. (7) ne all’istante successivo (t+1) al tasso di sconto privo di In maniera del tutto analoga può essere trattato e risolto il rischio. caso continuo31. Detti uA, dA i fattori moltiplicativi relativi alla modalità ope- (6) (6) rativa A e uB, dB i fattori moltiplicativi relativi alla modalità operativa B, posto che: Il valore della flessibilità -

=

-

(7)

-

L’applicazione di seguito proposta ha finalità puramente

(7) (7) esemplificative ed ha lo scopo di dimostrare come, in mol-

applicando n volte la formula [6] si ottiene all’istante t=0:(9) n

S0 =

t =0

n t j n- j q (1 - q)n-t max[ 0 ( A)uA dA t (1 + r )n

j

0

n- j

(B)uB dB ,0]

(10) (8)

Il progetto flessibile F risulta essere l’alternativa preferibile nel caso in cui la differenza fra i costi addizionali neces-

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te occasioni, il valore della flessibilità risulti essere maggiore del costo addizionale sopportato per acquisire una tecnologia flessibile rispetto ad una tecnologia cosiddetta rigida.

(9)

(9)

31 Si veda a tal proposito Margrabe (1978).

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(10) (12)(10)

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO Si supponga, a tal proposito, che un gestore del servizio idrico, titolare di una concessione trentennale, si trovi di fronte alla necessità di dover servire un nuovo bacino di utenza32. Il gestore, nel proprio territorio di competenza, ha la possibilità di utilizzare due diverse fonti di approvvigionamento e conseguentemente ha la facoltà di decidere tra due alternative progettuali: a) realizzare un impianto di captazione mediante campo pozzi (alternativa A); b) realizzare un impianto di captazione da fiume (alternativa B). L’impianto di captazione mediante campo pozzi (alternativa A) è costituto da tre pozzi, un impianto di sollevamento, un impianto di trattamento, un impianto di stoccaggio e un impianto elettrico per le apparecchiature installate dotato di quadro di comando con periferiche per il telecontrollo. In particolare: a) l’impianto di captazione è costituito da un pozzo tubolare terebrato mediante sistema a percussione e filtro realizzato in opera tramite tagliatubi idraulico; b) l’impianto di sollevamento consiste di due elettropompe sommerse ad asse verticale e relative saracinesche e valvole di ritenuta tipo Venturi; c) l’impianto di trattamento include una vasca di accumulo provvisorio, una vasca di rilancio e una filtrazione su carboni attivi granulari (CAG); d) lo stoccaggio (volume utile pari a 10.000 m3) ha luogo in vasche di compensazione e accumulo e necessita di un certo dosaggio di ipoclorito di sodio (NaClO) o biossido di cloro (ClO2) per la disinfezione e la clorazione. Il prelievo da falda garantisce, generalmente, l’approvvigionamento di acqua di buona qualità, che non necessita, quindi, di particolari processi di potabilizzazione per rispettare gli standard di qualità fissati dalla normativa per il consumo idropotabile. Nell’ipotesi di una produzione idrica di 300 l/s (equivalente a 9.460.800 m3/anno), i costi di costruzione a prezzi attuali sono pari a IA=3.125.000 Euro e possono essere in prima approssimazione così articolati: – impianto di captazione da pozzo (n. 3 pozzi) pari a 300.000 Euro; – impianto di sollevamento pari a 200.000 Euro; – impianto di trattamento pari a 1.200.000 Euro; – impianto di stoccaggio pari a 650.000 Euro; – impianto elettrico pari a 150.000 Euro; – lavori di difficile valutazione pari a 25.000 Euro;

32 Margrabe dimostra, inoltre, che in assenza di dividendi corrisposti, l’opzione call di tipo americano vale maggiormente se non esercitata, così, non essendo ottimale esercitarla prima della scadenza, il valore dell’opzione di conversione dei due asset ha lo stesso valore della corrispondente call di tipo europeo.

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– costo dei terreni (espropri, vincoli e servitù) pari a 600.000 Euro; L’impianto di captazione da fiume (alternativa B) è costituto da una presa superficiale, un impianto di potabilizzazione, un impianto di stoccaggio e un impianto elettrico per le apparecchiature installate dotato di quadro di comando con periferiche per telecontrollo. L’impianto di captazione è realizzato mediante presa superficiale da canale irriguo già esistente, dotata di impianto di sollevamento, impianto di trattamento di grigliatura fine e condotta di immissione in vasca di stoccaggio. Al contrario del caso di captazione da campo pozzi, l’acqua derivata mediante presa superficiale richiede un trattamento di potabilizzazione spinto. Lo stoccaggio ha luogo in vasche di accumulo e necessita di un certo dosaggio di ipoclorito di sodio (NaClO) o biossido di cloro (ClO2), come trattamento di post-disinfezione. In particolare il ciclo di potabilizzazione include: a) il processo di sedimentazione primaria e di ripresa con dosaggio di polielettrolita; b) la decantazione in bacino di chiariflocculazione; c) la filtrazione a sabbia previa copertura della carica batterica come pre-disinfezione; d) l’adsorbimento e la filtrazione su carboni attivi granulari (C.A.G.) per la rimozione dei microinquinanti e dei residui pre-disinfezione. Contrariamente al caso precedente, il prelievo da canale irriguo non garantisce, usualmente, l’approvvigionamento di acqua di buona qualità e necessita, quindi, di processi di potabilizzazione ad alta tecnologia per rispettare gli standard di qualità fissati dalla normativa per il consumo idropotabile. Nell’ipotesi di una produzione idrica di 300 l/s, i costi di costruzione a prezzi attuali di detto impianto sono pari a IB=3.250.000 Euro e possono essere così stimati: – opera di presa pari a 300.000 Euro; – grigliatura, dissabbiatura, microsetacciatura, ozonizzazione primaria, preflocculazione pari a 220.000 Euro; – filtrazione a sabbia pari a 750.000 Euro; – ozonolisi pari a 130.000 Euro; – vasca acqua grezza pari a 20.000 Euro; – filtrazione su carboni attivi granulari pari a 1.000.000 Euro; – impianto di stoccaggio acqua trattata pari a 650.000 Euro; – impianto elettrico pari a 150.000 Euro; – lavori di difficile valutazione33 pari a 30.000 Euro Il contesto economico di riferimento prevede, inoltre, le seguenti ipotesi: i) il valore attuale del generico progetto m (somma dei flussi di cassa netti attualizzati generati dal progetto) è considerato una buona proxi del valore corrente del-

33 Prestazioni di manodopera, noli, fornitura di materiali per risolvere aspetti di dettaglio difficilmente quantificabili.

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(12)

Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico (12) l’asset e può essere linearizzato rispetto al volume erogato VE: t

ii)

iii) iv) v) vi)

(m) =

m

t

VE = R m t (1 - i)VE - c m t VE

(

(13)

ove Πt (m) = cash flow netto all’istante t relativo al progetto m; mt = cash flow netto unitario all’istante t relativo al progetto m; Rmt = ricavo unitario all’istante t relativo al progetto m; i=perdite in rete34; cmt = costo operativo unitario all’istante t relativo al progetto m; i flussi di cassa netti generati dalle singole alternative progettuali dipendono da un’unica variabile esogena di natura stocastica; la vita di esercizio degli impianti è pari alla durata della concessione, ovvero T=30 anni35; il valore residuo del progetto m al termine della vita di esercizio è nullo36; il tasso di sconto privo di rischio r è una variabile deterministica nota e costante rispetto al tempo; i ricavi del generico progetto m coincidono con i ricavi tariffari e la loro struttura è di natura deterministica37;

34 Le perdite in rete sono considerate costanti. Un perdita in rete pari al 20% del volume immesso in rete, VE, è considerata fisiologica dagli esperti del settore e dai progettisti. 35 Nel modello sopra proposto si assume quindi che l’impresa affidataria della gestione realizzi l’investimento all’inizio del periodo di concessione e che quindi possa sfruttare i profitti comandati dal progetto per l’intera sua vita di esercizio. 36 La formulazione della tariffa di riferimento imputa tra le voci di costo la componente relativa all’ammortamento del capitale. Viene quindi qui introdotta l’assunzione secondo cui il valore residuo delle infrastrutture e degli impianti allo scadere della concessione è nullo. Tale assunzione risulta essere ragionevole in quanto in letteratura si suppone che la legge di deprezzamento del capitale sia di tipo iperbolico e che il tasso di deprezzamento sia sostanzialmente elevato, crescendo i costi di manutenzione in maniera più che proporzionale rispetto al tempo (Mauer e Ott, 1995). A conferma di ciò, l’art. 113 del nuovo “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” (integrazione della legge 24 novembre 2003, n° 326 e recepimento delle modifiche alla Finanziaria 2004) dispone che, alla scadenza del periodo di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni realizzate in attuazione dei piani di investimento dal gestore uscente sono assegnati al nuovo gestore, che è tenuto a corrispondere all’incumbent un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati (es. il netto contabile al momento della gara). 37 Le tariffe del servizio idrico integrato che il gestore può applicare sono determinate sulla base del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio I° agosto 1996, detto anche “Metodo Normalizzato per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento”. Tale metodo introduce un nuovo concetto di tariffa e fissa un prezzo per l’erogazione del servizio in ciascun Ambito Territoriale Ottimale sulla base del piano economico finanziario degli investimenti previsti nel Piano d’Ambito redatto dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale. Il nuovo concetto di tariffa garantisce la copertura dei costi opera-

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vii) i costi operativi hanno un andamento di tipo random ( walk38:

qm

c2++(m)

1-qm qm

c2+-(m)

1-qm

c2--(m)

c1+(m)

c0(m) 1-qm

qm

c1

[…]

-(m)

ove cts (m) = costo operativo unitario relativo all’alternativa m generato all’anno t nel caso in cui si verifichi lo stato del mondo s; s=+, -, ++, +-, -+, —,…. Di seguito sono elencati i dati tecnici ed economici relativi al progetto A: – volume erogato, VE, pari a VE=9.460.800 m3/anno; – vita di esercizio, T, pari a T=30 anni; – ricavi unitari medi39 pari a R=0,5 Euro/m3; – perdite in rete, i, pari a i=20%; – costi operativi unitari all’istante t=0 40 pari a cA0=0,15 Euro/m3; tivi del servizio idrico integrato e introduce un vincolo di crescita tariffaria secondo una metodologia price cap. Al gestore sono quindi garantiti il recupero ex post dei costi sostenuti ed una adeguata remunerazione sul capitale investito, ma in virtù del meccanismo di price cap il provider, trattandosi di un servizio di prima necessità fornito in condizione monopolio naturale regolamentato a tutela del consumatore, non può fissare tariffe che superino per un ammontare prestabilito la tariffa di riferimento stabilita dall’Autorità d’Ambito e determinata da quest’ultima sulla base dei costi modellati relativi al servizio di acquedotto, fognatura e depurazione. 38 I costi operativi, ed in particolare i costi dell’energia necessaria per il sollevamento, sono le voci che maggiormente incidono sulla funzione di costo relativa ad un impianto di captazione da pozzi. I costi per i reagenti chimici nel caso preso in esame possono essere considerati trascurabili rispetto alle spese sostenute per l’energia, il cui prezzo incerto si può ipotizzare segua un processo esogeno di tipo random walk. I costi fissi di gestione sono generalmente stimati come percentuale dei costi operativi totali (2030%) e variano molto a seconda del tipo di gestione e di impresa che gestisce il servizio stesso. 39 Il ricavo unitario medio è stato determinato a partire dall’evoluzione della tariffa media di riferimento per il servizio di fornitura dell’acqua potabile in un ATO di riferimento, l’ATO Bacchiglione. Sulla base dei dati forniti dal CONVIRI tale dato non si discosta in maniera statisticamente significativa dal valore medio dei ricavi tariffari relativi al servizio di acquedotto stimati per l’intero territorio nazionale (CONVIRI, 2009). Inoltre, essendo i ricavi unitari medi del generico progetto m coincidenti con i ricavi tariffari si ha RA=RB=R. 40 I progettisti e gli esperti del settore interpellati sono concordi nello stimare i costi operativi attuali per tale tipologia di impianto mediamente pari a 0,15 Euro/m3. La media è calcolata su una distribuzione. La varianza è stata stimata sulla base di indagini statistiche condotte su progetti analoghi realizzati nel passato, dei

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO – fattore moltiplicativo, uA, pari a uA=1,241; – tasso di sconto privo di rischio, r, pari a r=5%42. Il valore attuale netto atteso del progetto A, VAN(A), risulta essere pari a VAN(A)=11.055.800 Euro. Analoghe considerazioni possono essere svolte per l’alternativa B, di cui di seguito si riportano in maniera riassuntiva i dati tecnici ed economici: – volume erogato, VE, pari a VE=9.460.800 m3/anno; – vita di esercizio, T, pari a T=30 anni; – ricavi unitari medi pari a R=0,5 Euro/m3; – perdite in rete, i, pari a i=20%; – costi operativi unitari all’istante t=043 pari a cB0=0,17 Euro/m3; – fattore moltiplicativo, uB, pari a uB = 1,1; – tasso di sconto privo di rischio, r, pari a r = 5%. Il valore attuale netto atteso del progetto B, VAN(B), risulta pertanto essere pari a VAN(B)=5.065.100 Euro. Si consideri ora una terza alternativa progettuale F derivante dall’interconnessione delle fonti di approvvigionamento. Il progetto F è un investimento flessibile che consente di utilizzare due fonti di approvvigionamento, passando dall’una all’altra. Ipotizzando per semplicità uno switch totale44, F è un impianto di acquedotto integrato ed è la risultante dell’interconnessione dei due impianti di captazione A e B. Le due fonti di approvvigionamento da fiume e da falda risultano pertanto essere interconnesse45. Si stima, inoltre, che i costi di realizzazione dell’impianto flessibile ammontino a 4.250.000 Euro. Supponendo che i costi sostenuti per passare dalla produzione di acqua potabile tramite l’utilizzo dell’impianto A

alla produzione tramite l’esercizio dell’impianto B siano nulli (Is=0), il valore attuale atteso del progetto flessibile, VA(F), risulta essere maggiore o al più uguale al valore attuale dei progetti A e B considerati separatamente: V(F) ≥ max [V(A), V(B)] ovvero: V(F) = V(A) + F(A→B) in cui: V(A) = valore attuale atteso del progetto A V(B) = valore attuale atteso del progetto B F(A→B) = valore della flessibilità derivante dallo switch da A a B. Il valore della flessibilità (option to switch) risulta, conseguentemente, essere dato dalla somma dei valori delle n opzioni europee St (t=0,1,2,…,n), che possono essere esercitate in ogni periodo. Pertanto, la somma dei valori della flessibilità derivante dalla possibilità effettuare uno switch in ogni nodo decisionale (t=0,1,2, …,n) dall’impianto A all’impianto B per la produzione di acqua ad uso potabile risulta essere: F (A→B) = S0 (A→B) + S1 (A→B) + S2 (A→B) +… + Sn (A→B) = 1.821.800 Euro. È del tutto evidente come l’investimento in un progetto flessibile sia preferibile rispetto all’investimento nel progetto A, essendo i costi addizionali da sostenere per acquisire la flessibilità minori del valore della flessibilità. In particolare: VA (F) -I (F) = VAN (F) >VAN (A) o equivalentemente: I (F) -I (A) <F (A→B)

quali è nota la sequenza dei costi operativi durante la vita utile. Il risultato di queste elaborazioni è stato, inoltre, avvalorato da un’analisi di scenario, associando all’effettivo occorrere di ogni scenario una distribuzione di probabilità e determinando i relativi costi. 41 Il fattore moltiplicativo è stato determinato dagli esperti e suffragato da analisi statistiche condotte sulle serie storiche dei costi operativi di impianti simili e sulle serie storiche dei prezzi degli input. 42 Il tasso privo di rischio corrisponde al rendimento effettivo di un titolo di Stato italiano a reddito fisso di durata pari alla vita utile del progetto. 43 I progettisti e gli esperti del settore interpellati sono concordi nello stimare i costi operativi attuali per tale tipologia di impianto mediamente pari a 0,17 Euro/m3. La media è calcolata su una distribuzione. La varianza è stata stimata sulla base di indagini statistiche condotte su progetti analoghi realizzati nel passato, dei quali è nota la sequenza dei costi operativi durante la vita utile. Il risultato di queste elaborazioni è stato, inoltre, avvalorato da un’analisi di scenario, associando all’effettivo occorrere di ogni scenario una distribuzione di probabilità e determinando i relativi costi. 44 Potrebbe essere ipotizzato anche uno switch parziale, tale da non prevedere l’abbandono totale della produzione di uno dei due impianti a favore dell’altro. 45 Si ipotizza infatti che ogni impianto sia dotato di una condotta di adduzione di uguali dimensioni e caratteristiche.

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1.125.000 Euro < 1.821.800 Euro In modo analogo, stante l’ipotesi di costi di switch nulli (Is=0), si ha: F (B→A) = S0 (B→A) + S1 (B→A) + S2 (B→A)+…+ Sn (B→A) = 7.687.400 Euro e, conseguentemente, VAN (F) >VAN (B). Ne deriva che la decisione di investire nel progetto a due fonti di approvvigionamento interconnesse risulta essere economicamente la più vantaggiosa. L’effetto positivo della flessibilità è maggiore all’aumentare dell’orizzonte temporale all’interno del quale esercitare le opzioni di switch, poiché al trascorrere del tempo ne aumenta il pay-off46. 46 Al variare della volatilità dei prezzi degli input varia il valore della flessibilità. In accordo con la teoria delle opzioni reali, all’aumentare della volatilità relativa dei flussi di cassa netti relativi alle due fonti di approvvigionamento aumenta il valore della flessibilità. In particolare se uA=1,3 e uB=1,2 il valore della flessibilità di passare dalla modalità operativa A alla modalità operativa B risulta essere F (A→B) = 2.206.260 Euro, mentre se uA=uB=1,1 il valore della flessibilità è nullo. In altre parole in quest’ultimo caso non risulterebbe mai conveniente passare da A a B.

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Il valore dell’interconnessione delle fonti di approvvigionamento idrico L’equivalenza per cui VAN (A) +F (A→B) = VAN (B) + F (B→A) non sussisterebbe in presenza di costi di switch non nulli. In tal caso cadrebbe, infatti, il principio dell’additività dei singoli valori di opzione per la presenza di effetti di interazione tra due istanti decisionali successivi. L’assenza di costi di switch implica che l’esercizio dell’opzione influenzi il pay-off corrente, ma non abbia effetti sulle decisioni future. Al contrario, l’esistenza di costi di switch comporta che le opzioni di conversione non siano più tra loro indipendenti e modifica di volta in volta il loro prezzo di esercizio. In presenza di costi di switch, l’esercizio dell’opzione in un generico istante t, genera una serie di cosiddette nested option, del tutto analoghe ad una opzione di opzione: in tal caso va di volta in volta risolto un problema di ottimizzazione dinamica che porti alla determinazione simultanea del valore del progetto flessibile e dell’optimal operating mode strategy47. È, da ultimo, interessante rilevare che, nel caso in cui Is=0, la soluzione del problema dinamico è equivalente alla soluzione di una serie problemi indipendenti tra loro (myopic).

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Alla luce di quanto esposto, appare chiaro che il gestore del servizio idrico potrebbe essere fortemente incentivato ad investire in progetti dalla tecnologia flessibile per fare fronte, da un lato, all’incertezza relativa al regime idrologico delle fonti di approvvigionamento e, dall’altro, ad eventuali fluttuazioni significative dei costi variabili di produzione, quale potrebbe essere un improvviso aumento del costo dell’energia. Esiste pertanto per il provider un evidente trade-off tra l’implementazione di un sistema a fonti interconnesse più costoso, ma flessibile, in grado di passare da una modalità operativa all’altra a fronte di ridotti costi di switch, e la realizzazione di un sistema rigido di

47 McDonald e Siegel (1986) hanno dimostrato che in presenza di costi di switch non nulli potrebbe risultare ottimale in un’ottica di lungo periodo attendere ad investire anche qualora il valore attuale netto dell’investimento fosse positivo; in alternativa, potrebbe comunque risultare ottimale continuare a mantenere in vita un progetto attualmente non economicamente vantaggioso il cui profitto, cioè, sia negativo, al fine di sfruttare eventuali inerzie o isteresi derivanti dalle conversioni.

grandi dimensioni ad un’unica fonte di approvvigionamento. Nella pratica di gestione aziendale, l’esercizio dell’opzione di switch potrebbe anche essere re-interpretato in chiave di “Just in time(JIT)” per produzioni ripetitive ad alti volumi di produzione. Analogamente al principio del “Just in Time”, secondo il quale nell’attività di produzione industriale va utilizzato un sistema di input talmente flessibile da ridurre in maniera considerevole le scorte e i costi dello stoccaggio, un esercizio ottimale dell’opzione di switch insita in un sistema interconnesso può consentire all’impresa erogatrice del servizio di implementare un processo di utilizzo più razionale delle risorse. All’aumentare del numero di fonti di approvvigionamento interconnesse, la flessibilità di switch - in particolare nel caso di switch parziale - potrebbe di fatto eliminare la necessità di accumulare acqua in grandi serbatoi per fare fronte al diverso andamento dei consumi con le portate direttamente erogate dalle fonti stesse. La disponibilità di più fonti interconnesse contribuisce inoltre alla mitigazione degli effetti negativi legati alla aleatorietà del regime idrologico, riducendo in maniera notevole i costi irrecuperabili di investimento e contribuendo all’erogazione di acqua di buona qualità. A conclusione, si vuole sottolineare nuovamente il carattere innovativo della teoria delle opzioni reali come tecnica di capital budgeting nel settore dei servizi idrici. I rischi inerenti la gestione operativa (danni da aumento dei prezzi delle materie prime o degli input, aleatorietà delle fonti di approvvigionamento, possibile incremento della domanda) e quelli attinenti alla gestione finanziaria (volatilità dei tassi di interesse e dei tassi di rendimento) trovano copertura nella costruzione dei portafogli equivalenti e nella valutazione del rischio di mercato effettuata attraverso l’option pricing. L’approccio delle opzioni reali consente, infatti, di internalizzare nei modelli di valutazione degli investimenti il rischio totale di impresa, somma del rischio sistematico e del rischio specifico. A fronte di tutto questo è da evidenziare che le tecniche tradizionali di valutazione degli investimenti sono del tutto inadeguate a fornire una stima oggettiva del rischio derivante, come in questo caso, da cause esogene ed endogene. Il gestore del servizio dovrà, infatti, tenere in considerazione nelle proprie decisioni di investimento sia il rischio finanziario di mercato, sia il rischio tecnico, ovvero l’affidabilità re-interpretata in chiave economica.

Summary THE VALUE OF FLEXIBILITY TO INTERCONNECT WATER SUPPLY SOURCES Technological innovations lead to the construction of water utilities characterized by a high operational flexibility and high irreversible sunk costs. It is quite common today to design integrated aqueduct systems

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(namely ver tical integrated systems with several interconnections between the network infrastructures). The interconnection and integration between supply sources, in fact, enables the system to handle crisis in the provision of the ser vice caused, for example, by pollution emergencies or peaks in day

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DIBATTITO E APPROFONDIMENTO demand curves. We argue that this operational and technical flexibility has an economic value which might turn out to be economically relevant in terms of the provider’s profits if optimally exercised. The interconnection of water abstraction plants, in fact, gives, de facto, the provider the option to strategically decide the optimal switching rule between two different water sources in order to maximise its profits. According to the real option theory, we develop an

investment decision model under uncertainty which takes into account the value of the flexibility to switch and we show that interconnection between water sources, though it is costly and involves high irreversible sunk costs, may be more profitable than investing in a single-source water abstract plant. key words: irreversibility, uncertainty, option to switch, water utilities

* Dipartimento di Innovazione Meccanica e Gestionale - Università degli Studi di Padova. Il Curriculum Vitae è disponibile sul n. 3 di Valori e Valutazioni. e-mail: chiara.dalpaos@unipd.it

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ment under Uncertainty: An Application to a Power Grid Interconnection, Journal of Regulatory Economics, 25, 2, 2004, pp.169-186. SHIMPI P.A., Integrating Corporate Risk Management, Texere LLC, London, 2001. TEISBERG E.O., Capital Investment Strategies under Uncertain Regulation, RAND Journal of Economics, 24, 4, 1993, pp. 535-548. TEISBERG E.O., An option valuation analysis of investment choices by a regulated firm, Management Science, 40, 4, 1994, pp. 591-604. TRIGEORGIS L., Real Options- Managerial Flexibility and Strategy in Resource Allocation, The MIT Press, Cambridge, Massachussets, 1996. TWORT A.C., RATNAYAKA D.D., BRANDT M.J., Water Supply-Fifth Edition, Arnold Hodder Headline Group, London, 2000. ZANOVELLO A., Sistemi di attingimenti integrati, in Atti del 5° Convegno Nazionale Aziende Acquedottistiche Municipalizzate, Trieste 26-29 ottobre 1977, pp. 219-244. ZANOVELLO G., L’ingegneria illuminata: pensare in grande, progettare in piccolo, Ingegneri del Veneto, 5, 2003, pp. 14-16.

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Il convegno SIEV ad Alghero INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE

Qualità del paesaggio e qualità del turismo: valori, analisi e strategie Giada De Marchi

Il convegno SIEV “Qualità del paesaggio e qualità del turismo: valori, analisi, strategie” tenutosi lo scorso 22 e 23 aprile ad Alghero, ha portato alla luce diversi elementi di riflessione. Per gli assenti, ma anche per chi c’era, il link al video del convegno è disponibile alla pagina web http://www. lampnet.org/article/articleview/138/1/6/ . Alghero si è rivelata ideale per il convegno, discutendo di paesaggio e turismo non sono mancati i riferimenti e le intuizioni rispetto al luogo ospitante: la tranquilla cittadina di circa 42.000 abitanti invernali, infatti, cambia volto nella stagione estiva, quando l’effettiva popolazione presente raddoppia, causando evidenti problemi di congestione. Un flusso turistico così elevato e concentrato in alcuni mesi dell’anno porta problemi di natura decisionale: i particolari valori paesaggistici e culturali alla base dell’identità del luogo rischiano di essere compromessi proprio a causa dei turisti che attraggono. Si rende necessario, pertanto, riflettere sulle differenti possibili forme di turismo e diventa una questione rilevante comprendere quale sia la tipologia compatibile con il territorio ed in che modo riuscire ad attrarre turisti responsabili e rispettosi dei luoghi, sensibili ai valori da questi veicolati. Rispetto alle questioni appena trattate, e con uno sguardo alle relazioni presentate, sarebbe interessante studiare la capacità di carico turistico della riviera del corallo e capire come promuovere qui il turismo, attraverso strategie interpretative che favoriscano la valorizzazione in termini sostenibili delle risorse locali. Rispetto a questo tema, Bottero e Rosato hanno presentato un caso studio in cui si stabilisce il valore soglia di presenze turistiche per il parco del Vesuvio, oltre il quale il turismo ha ricadute negative sull’ambiente e per le comunità locali. Anche l’osservatorio sul turismo, coordinato dalla Facoltà di Architettura di Alghero, si interroga sulle relazioni di controversa convivenza tra residenti e turisti. Il convegno si è strutturato in due sessioni: la prima coordinata dal prof. Arnaldo Cecchini dedicata a politiche, strategie, specificità locali; la seconda, coordinata dal prof. Stefano Stanghellini, volta a discutere di risorse, valori e valutazioni. Nell’ambito di questa seconda sessione molti giovani ricercatori, ma soprattutto ricercatrici, hanno presentato contributi e casi studio riguardanti conoscenza e interpretazione delle risorse, metodi per applicare le strategie di valutazione di risorse e benefici. In particolare, gran parte della discussione si è focalizzata sugli strumenti per costruire, monitorare e valutare le politiche turistiche. In tale contesto la conoscenza e l’interpretazione dei fenomeni territoriali risulta utile alla for-

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mazione delle politiche correlate: le valutazioni si pongono quindi alla base di decisioni pubbliche che risultano in tal modo fondate sull’evidenza prodotta dalla ricerca scientifica. Tali decisioni sono caratterizzate da un contesto multi-attore: la decisione finale pertanto non risponde ad una precisa razionalità identificabile, ma all’insieme delle istanze espresse dai diversi attori coinvolti. Inoltre, le politiche impattano in un contesto complesso nel quale creano effetti variegati e controversi. Rispetto a questo tema, vi sono stati in particolare due interventi interessanti riguardanti l’uno la costruzione, l’altro la valutazione di politiche. L’intervento di Coscia, infatti, propone l’identificazione di differenti segmenti di consumatori dei Musei Torino-Piemonte; la tesi è che il confronto con il pubblico sia necessario per la costruzione di strategie e progetti urbani relativi ai consumi ricreativi e culturali: l’offerta pertanto deve essere modellata sulle esigenze del pubblico dei servizi culturali offerti. Perché ci sia condivisione delle scelte e senso di appartenenza alle politiche culturali cittadine, gli utenti devono essere considerati nel processo decisionale pubblico. Per la valutazione di politiche turistiche, Blecic propone un modello di simulazione ad agenti in cui ogni variazione di prezzo, localizzazione e qualità corrisponde a delle conseguenze nei comportamenti degli attori (i turisti); nodali sono quindi le reazioni ai cambiamenti, i luoghi d’incontro e l’informazione tra i turisti stessi. Un primo filone di interventi ha riguardato la conoscenza e l’interpretazione del territorio. Argiolas ha presentato un sistema informativo territoriale che permette al turista di accedere a tutte le informazioni riguardanti il territorio, normalmente disponibili in diversi siti web non collegati organicamente; si rende possibile così una tipologia di marketing territoriale assolutamente innovativa fondata sull’esplorazione virtuale. Boati invece pone l’accento sulle strategie di comunicazione per il territorio e sostiene che nell’ottica del turismo sostenibile sia necessario far emergere e valorizzare – anche attraverso operazioni di marketing territoriale – i valori e le risorse che si intendono tutelare come fondativi del territorio. Un secondo filone di ricerca riguarda metodi e strumenti per “calcolare” il valore del territorio: questo serve per capire quanto le popolazioni valutino specifiche risorse locali. In ambito di contabilità ambientale, detti valori si utilizzano nell’analisi costi-benefici perché questa risulti inclusiva dei valori paesaggistici, che sono pertanto considerati in caso di compensazioni alle popolazioni, dovute ad esempio alla localizzazione di impianti sgradevoli.

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INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE Nell’ambito del convegno, Gasca ha presentato una ricerca sul valore delle residenze sabaude attraverso il metodo del travel-cost, ipotizzando che i soggetti ottimizzino il tempo a disposizione per esperienze ricreative, anche composite, nell’area di destinazione. La sfida rimane quella di calcolare un diverso valore per siti differenti, visitati durante la stessa escursione. Parallelamente, si è discusso non solo di valutazione, ma di ri-valutazione di siti in seguito ad interventi migliorativi del territorio, quali ad esempio bonifiche, trasformazioni territoriali, riqualificazioni ambientali, localizzazione di fattori attrattivi che diventano elementi di centralità. In particolare, gli interventi hanno riguardato la presentazione di casi studio nei quali – attraverso la valutazione – si è scelto tra scenari di sviluppo alternativi per diversi territori. Cerreta propone un percorso metodologico di valutazione integrata per strutturare le scelte di trasformazione del territorio, ed in particolare di paesaggi “al margine”, coerentemente con potenzialità e rischi del contesto, rivolgendo particolare attenzione al tessuto sociale ed istituzionale locale. Ferrini presenta un caso studio cagliaritano nel quale si pongono a confronto alternative di riqualificazione urbana attraverso il metodo delle preferenze dichiarate, ponendo particolare enfasi su valore d’uso e di quasi opzione. Il calcolo di quest’ultimo ha lo scopo di comprendere l’avversione dei cittadini al rischio di azioni irreversibili nel territorio. Massiani propone l’analisi costi-benefici per il riutilizzo turistico di un sito inquinato e bonificato nell’area triestina. Qui si utilizza un approccio “normativo” per scegliere tra alternative di riuso e si utilizza la quantificazione della disponibilità a pagare del pubblico per l’uso ricreativo dell’area. Forte riflette sulle opere di architetti di grande fama internazionale di cui sempre più spesso si stanno dotando le città, come mezzo di marketing territoriale. Questi elementi sono certamente catalizzatori del turismo culturale urbano e risultano attrattivi, ma il valore architettonico è valore sociale? La discussione verte sul fatto che tali opere possano essere considerate significative o meno all’interno di una strategia di sviluppo territoriale. Certamente il riconoscimento di unità di paesaggio, così come sancisce il piano paesaggistico sardo, è alla base della loro valorizzazione e di quelle strategie interpretative che dovrebbero sviluppare un turismo sostenibile, ad esempio anche attraverso le filiere di sviluppo locale. Tutte le ricerche hanno ricevuto l’attenzione, la criticità e l’entusiasmo dei colleghi e certo la scelta della sede, la Facoltà di Architettura di Alghero, ha facilitato e alimentato la discussione e fatto emergere interessanti questioni da approfondire e di cui seguire gli sviluppi nelle future occasioni di confronto. Arrivederci al prossimo convegno!

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Recensioni

Rinnovo urbano e valutazione integrate Saverio Miccoli, a cura di DEI Tipografia del Genio Civile Marina Ciuna Nel vasto campo delle valutazioni economiche ed extraeconomiche è possibile identificare due diverse filosofie di approccio alla valutazione: la filosofia tradizionale che asseconda gli standard estimativi e contabili internazionali nella stima degli immobili e la cultura estimativa che predilige le ragioni sociali, culturali e ambientali nella valutazione dei progetti. La metodologia tradizionale basa la stima sulla rilevazione dei dati di mercato e sull’applicazione di modelli quantitativi, matematici e statistici, per determinare il valore di mercato e i valori diversi dal valore di mercato. Si applica nelle stime di asset immobiliari, di interessi e di diritti con contenuto economico e nella stima dei valori immobiliari su larga scala (mass appraisal). Nella prassi professionale internazionale accanto alla stime immobiliari contemplate nell’attività di appraising si applica nell’appraisal consulting e nel counseling. L’appraisal consulting è il processo di sviluppo di un’analisi, di una raccomandazione o di un’opinione volto a risolvere un problema, dove il giudizio di valore è una componente dell’analisi. Il counseling intende fornire al cliente un parere e una guida su diversi problemi nel vasto campo dei beni immobili; può riguardare alcuni o tutti gli aspetti del processo immobiliare: quali ad esempio il merchandising, il leasing, il management, i piani di acquisizioni/dismissioni, il finanziamento, l’analisi costi ricavi, gli studi di fattibilità e i servizi simili. Il counseling è spesso associato alla valutazione, ma mira a porsi oltre lo scopo della valutazione. Le valutazioni prospettate dagli standard valutativi si avvalgono pienamente dei principi e delle norme dettati dalla metodologia estimativa, e si basano su procedure ripetibili che permettono la definizione di processi uniformi, di analisi quantitative e di controlli di qualità. La valutazione dei progetti applica l’analisi multicriterio e multigruppo riferita a progetti creativi e a progetti caratterizzati da impatti quantificabili e da impatti non quantificabili, che promuovono segnali di valore mercantile e che possono essere valutati soltanto attraverso approcci valutativi integrati, spesso interattivi ed iterativi. Si tratta di modelli di valutazione che includono nel processo deci-

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INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE sionale un numero ampio di soggetti, al fine di superare le logiche decisionali monocriteriali o oligarchiche che non sempre rappresentano l’interesse pubblico. Sono quindi strumenti valutativi per progetti di riqualificazione/trasformazione urbana adatti a essere applicati, ad esempio, nell’ambito dell’istituto giuridico della perequazione. La valutazione può svolgere un ruolo importante nelle politiche di intervento sulle aree urbane degradate, principalmente per il rischio del costo delle decisioni sbagliate e i vantaggi dell’aumento di efficienza. Il ruolo della valutazione è visto come aiuto alle decisioni nelle situazioni di maggiore incertezza e come strumento negoziale, nella misura in cui riesce a informare gli attori in merito ai differenti punti di vista, interessi, valori considerati. In quest’ottica i processi di valutazione risultano in grado di fornire ai decisori una classificazione gerarchica, per priorità di intervento per sanare la frammentazione degli interventi in atto previsti in numerose aree urbane degradate. Le sperimentazioni hanno riguardato, per le valutazioni di piani, programmi e progetti, l’applicazione di un metodo a doppio ordine su base multi criteri, la proposta di un nuovo modello di valutazione dei progetti alla scala urbana (SBTool) e la sperimentazione di un modello valutativo qualitativo e multidimensionale (Local Sustainability Index, LoSI) per la valutazione dei progetti di riqualificazione/trasformazione urbana e territoriale in termini di sostenibilità. Per la stima su larga scala la costruzione di un modello multilevel a parametri casuali (o random parameter). E la costruzione di una serie di test per la verifica delle quotazioni immobiliari sul modello finanziario delle residual techniques e del band of investment. A questo fine è stato applicato il modello finanziario dell’incidenza dell’area, basato sui saggi del terreno e del fabbricato. Il volume è frutto dei contributi forniti da varie Unità di Ricerca (Università “La Sapienza” di Roma e “Federico II” di Napoli, Università di Catania e di Palermo, Politecnico di Milano) che hanno partecipato al Progetto di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) “Valutazione Integrata e Monitoraggio nei Processi di Sviluppo delle Grandi Aree Urbane Degradate” coordinato dal Prof. Saverio Miccoli. In questa ampia prospettiva del ruolo della valutazione il lettore può trovare risposte a domande: sul modo nel quale si possono costruire previsioni attendibili sul mercato immobiliare quando sono diffuse situazioni “stop-and-go”, dove la previsione è oltremodo aleatoria, o si presentano effetti “junk bond” dove la valutazione segue logiche del tipo “alti rischi – attese di alti guadagni – bassa trasparenza”; su quali parametri prendere in considerazione ad esempio nella scelta dei saggi di sconto; come considerare i costi di transazione, come identificarli e come misurarli; come tenere conto dell’efficienza della burocrazia o della credibilità e della prevedibilità delle azioni di governo. Il volume è organizzato e aggiornato in queste problematiche e negli strumenti di analisi grazie ai contributi forniti dai diversi autori, che pervengono a conclusioni ben precisate e supportate da studi sperimentali, svolti con le più avanzate metodologie estimative.

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Recensioni

La stima degli indici di urbanizzazione nella perequazione urbanistica Un modello finanziario per l’equilibrio di bilancio Pierluigi Morano Alinea Gianluigi De Mare Il concetto di perequazione è oggi alla base dell’acceso dibattito sulla riforma federalista della fiscalità. In particolare, è cogente la discussione attorno al principio di equilibrio tra fabbisogno finanziario e gettito fiscale normale. Trova, quindi, continuità il confronto sui procedimenti per definire misure oggettive e condivisibili delle variabili insite nel modello teorico (bisogni delle comunità, costi standard dei servizi pubblici, rientri del drenaggio fiscale, ecc.). Il paradigma fondante del processo federalista prevede l’attribuzione di responsabilità dirette, in capo agli enti locali, nella gestione del bilancio contabile generato dai territori governati. In presenza, tuttavia, di forme perequative orizzontali o verticali, atte a garantire la copertura dei disavanzi ove questi non siano imputabili alla cattiva gestione della cosa pubblica ma derivino direttamente da deficienze endemiche del sistema economico-sociale indigeno. Se si varia lo scenario di riferimento, passando dal rapporto Stato-Regioni a quello Regione-Comuni, la questione non si modifica nella struttura, pur diversificandosi nel momento attuativo. Lo stesso dicasi con riferimento al confronto tra Comune e parti del territorio di competenza. Eppure, è proprio alla scala urbana che nel panorama nazionale si raccolgono le esperienze più frequenti (di carattere speculativo e propriamente applicativo) sui meccanismi di natura perequativa, specificamente modellati per essere di supporto alle procedure di pianificazione. Il ricorso a questa forma di perequazione detta urbanistica si è dimostrato efficace al punto che, dopo averne testato le potenzialità in ambito comunale, talune modalità sperimentali di perequazione sono state avviate per iniziative di inve-

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INFORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE stimento sovralocali finalizzate alla crescita del territorio. La perequazione urbanistica si occupa di garantire pari trattamento, di fronte alle scelte pianificatorie, per i cittadini che dispongo di beni immobiliari assimilabili per lo stato di fatto e di diritto in cui versano. Allora, di fronte all’intero organismo comunale, i diversi ambiti urbani configurano specifiche realtà tipizzate da proprie esigenze, prospettive e potenzialità di sviluppo. Molti di questi connotati derivano dalle precedenti scelte di pianificazione, spesso socialmente ed economicamente asimmetriche. Anche lo schema perequativo applicato alla pianificazione richiede una lettura complessa dei parametri tecnicofinanziari coinvolti. E necessita, pertanto, di una modellistica finalizzata alla semplificazione del quadro cognitivo, utile altresì per la contemperazione simultanea dei vincoli di intervento. A tale finalità si ispira Pierluigi Morano nel testo La stima degli indici di urbanizzazione nella perequazione urbanistica, di cui è stata pubblicata da poco la seconda edizione a cura di Alinea (la prima risale al 2007). Mutuando un protocollo di matrice aziendalistica, che va sotto il nome di CVPA (Cost Volume Profit Analysis), e quindi con un sottile esercizio di isoformorfismo delle leggi, l’autore riconduce ad una matrice razionalizzante il processo di determinazione dei parametri che traducono i principi di governance in indicatori di fattibilità. Il modello agevola, poi, tramite la flessibilità che lo connota, la contrattazione tra i diversi attori della trasformazione urbana. Il testo assume evidentemente le fattezze di un manuale operativo, strutturato per consentire al lettore l’acquisizione completa dell’algoritmo illustrato, anche attraverso una ampia sezione esemplificativa. Ciò rappresenta la forza della ricerca, i cui prodromi sono da rinvenire in una doviziosa ricostruzione del cammino evolutivo percorso dall’idea urbanistica di perequazione. Infatti, tutta la prima parte dello studio rilegge la produ-

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zione scientifica e normativa in materia, riorganizzandola rispetto ai propri specifici obiettivi. Una seconda sezione illustra i fondamenta della tecnica valutativa utilizzata, appunto la CVPA, in riferimento soprattutto alle ipotesi di base da assumere per garantirne l’affidabilità dei risultati e la coerenza con i postulati di matrice estimativa. Infine, è dato spazio alla teorizzazione del modello e alla sua applicazione al caso studio prescelto. Di rilievo la centralità attribuita al principio di ordinarietà nella costruzione degli scenari di intervento e nella calibrazione delle analisi di redditività, esplicitate tanto per il pubblico che per il privato investitore. Il modello, inoltre, consente di approcciare anche i problemi di distribuzione. Infatti, modulando la contropartita finanziaria che l’investitore privato deve cedere alla comunità in cambio del profitto lucrato, si possono mutuare dalle trasformazioni urbane a più alta redditività le risorse per intervenire in quelle aree della città ove il degrado fisicosociale non genera diretta appetibilità per il mercato. Il libro, per come articolato e per la densità di argomenti trattati, si presenta quale lettura tematica di secondo livello, da fruire appieno a valle di un necessario iter preinformativo. Cosicché si ha modo di cogliere appieno la qualità e la molteplicità di input e stimoli che l’autore vi ha sintetizzato. In tale ottica il lavoro di Morano rappresenta un possibile archetipo delle modalità attraverso cui la disciplina valutativa può rivolgere il proprio contributo alle modifiche responsabili del territorio urbano. Qualità, questa, ampiamente sottolineata dai commenti che S. Stanghellini e F. Forte prospettano nei paragrafi introduttivi del libro. In chiusura una nota di carattere editoriale per la veste grafica del prodotto che si presenta lineare, come soddisfacente appare la cura dell’editing. Pochissimi i refusi rinvenuti.

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valori e valutazioni

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Società Italiana di Estimo e Valutazione

teorie ed esperienze periodico semestrale - Anno III n. 4/5 - Maggio/Novembre 2010 registrazioni

Tribunale di Roma n. 247/2008 del 23.06.2008 ISSN 2036-2404 Valori e valutazioni

direttore responsabile

Enrico Fattinnanzi

editore e proprietario

Società Italiana di Estimo e Valutazione

sede

presso Fondazione Giovanni Astengo Piazza Farnese n. 44 - 00186 Roma

redazione

presso DEI Tipografia del Genio Civile Via Nomentana n. 16 Roma

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stampa e distribuzione DEI Tipografia del Genio Civile Via Nomentana n. 16 Roma chiuso in tipografia

gennaio 2011

comitato di redazione

Marta Berni, Marta Bottero, Diego Cuzzi, Chiara D’Alpaos, Gianluigi De Mare, Fabiana Forte, Alessandra Oppio, Sebastiano Carbonara (Coordinatore)

comitato scientifico

Vincenzo Bentivegna (Università di Firenze) Rocco Curto (Politecnico di Torino) Stephen Curwell (University of Salford) Enrico Fattinnanzi (Università di Reggio Calabria) Giulio Mondini (Coordinatore, Politecnico di Torino) Bernard Muller (Leibniz Institute Fur Okologische Raumentwicklung di Dresda) Paolo Rosato (Università di Trieste) Gilles Verpraet (CNRS di Parigi)

referees

La rivista utilizza un gruppo di esperti di livello internazionale e si avvale dell’apporto dei membri del comitato direttivo della SIEV

realizzazione

Claudia Alessandro

traduzioni

Franco e Lorenzo Siciliano

abbonamento annuale

(2 numeri l’anno) 20 €

pubblicità ed ufficio abbonamenti tel. 06.4416371 - fax 06.4403307 Via Nomentana, 16 - 00161 Roma tel. 06.4416371 - fax 06.4403307 e-mail dei@build-it


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sommario

esperienze SAVERIO MICCOLI MARTA BOTTERO SILVIO GIOVE PAOLO ROSATO SARA LEVI SACERDOTTI EMANUELA GASCA STEFANIA MAURO

LA VALUTAZIONE DEI MEGA PROGETTI URBANI PARTE PRIMA: il processo di decisione di Vincenzo BENTIVEGNA SCIENZA E VALUTAZIONE DEL PROGETTO di Enrico FATTINNANZI SOUTH BANK/LONDON Fasi ed elementi delle trasformazioni di un’area complessa IL SISTEMA DELLE VALUTAZIONI PER IL PROGETTO DI UNA NUOVA DIGA LA VALUTAZIONE DELL’ATTITUDINE DELLE DIMORE STORICHE AL RIUSO ECONOMICO “SOSTENIBILE”: un approccio multiattributo non-additivo IL VISITOR MANAGEMENT COME STRUMENTO DI MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL TERRITORIO VERSO IL DISEGNO DELLE POLITICHE DEL TURISMO

dibattito e approfondimento

GIANLUIGI DE MARE ANTONIO NESTICÒ CHIARA D’ALPAOS

informazione e documentazione GIADA DE MARCHI

IL DIRITTO DI SUPERFICIE NELLE TRASFORMAZIONI URBANE: PROFILI ESTIMATIVI IL VALORE DELL’INTERCONNESSIONE DELLE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

Attività dell’Associazione

Valori e Valutazioni

MARIA VITTORIA BRIGATO CRISTINA COSCIA ELENA FREGONARA

I GIUDIZI DI VALORE NEL PROCESSO DI IDEAZIONE DEL PROGETTO IL “PROCESSO DELPHI-MULTICRITERIA”: proposta metodologica ed esempio di applicazione nell’ambito degli interventi di valorizzazione

SIEV

FABIANA FORTE

VALUTAZIONI INTEGRATE: da “processo di apprendimento” a “gestione della conoscenza”

rivista della

n. 4/5 - 2010

LUIGI FUSCO GIRARD MARIA CERRETA PASQUALE DE TORO

siev

Società Italiana di Estimo e Valutazione

QUALITÀ DEL PAESAGGIO E QUALITÀ DEL TURISMO: VALORI, ANALISI E STRATEGIE

Recensioni MARINA CIUNA

GIANLUIGI

DE MARE

RINNOVO URBANO E VALUTAZIONI INTEGRATE di S. Miccoli LA STIMA DEGLI INDICI DI URBANIZZAZIONE NELLA PEREQUAZIONE URBANISTICA di P. Morano

ISSN 2036-2404 Valori e Valutazioni

Semestrale anno III numero 4/5 - maggio/novembre 2010

valori e valutazioni teorie ed esperienze


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