Liceo artistico di Porta Romana e Sesto Fiorentino Corso di perfezionamento post-diploma in grafica e fotografia secondo anno, 2020/2021
Milton Glaser, more than ever
a cura di Martina Vitale
4 Museo del Novecento, Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze 4 giugno - 24 settembre 2021
Le opere presenti nella mostra si trovano nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art e del Cooper-Hewitt, Smithsonian Design Museum di New York; del Philadelphia Museum of Art della Library of Congress a Washington DC e molti altri musei in tutto il mondo.
Nato il 26 giugno del 1929 nel Bronx e morto proprio nel giorno del suo compleanno, ha reso omaggio, con il suo lavoro, alla cultura americana del ‘900 con lavori che resteranno nella storia dell’illustrazione grafica. autore del logo I love NY e del manifesto di Bob Dylan; è tra i più grandi graphic designer di sempre. L’infanzia e gli studi: New York e Bologna Milton Glaser nasce da genitori ebrei ungheresi. Cresciuto in un condominio considerato roccaforte comunista, dove gli anziani insegnavano la politica ai giovani in Yiddish, il designer risente molto di questo ambiente. La percezione che si costruisce di NYC è l’idea che il carattere della città sia ebraico per via dell’attitudine alla vita, al cibo, alla musica e alla ricerca intellettuale. Grafico, illustratore e disegnatore di una realtà americana della quale ha descritto i mutamenti nel corso degli anni. Glaser, oltre che legato alla città di New York, ha un grande legame con l’Italia: infatti ha studiato proprio qui, a Bologna, all’Accademia di Belle Arti grazie ad una borsa di studio nel lontano 1951. Proprio nella città italiana Milton Glaser è rimasto influenzato da Giorgio Morandi e da altri esponenti dell’arte italiana del Rinascimento, come Piero della Francesca. Tornato a casa, decise di mettersi in proprio fondando nel 1954 i Push Pin Studios.
5
Dal 1954 il Push Pin Studios, per tre decenni, costituì un vero e proprio fenomeno nel panorama della cultura visiva, diventatndo il punto di riferimento di generazioni di grafici e illustratori. Tra i lavori più celebri usciti dallo studio è possibile trovare il manifesto di Bob Dylan, il manifesto per la Olivetti Valentine ed il manifesto contro la guerra in Vietnam. Grazie a una miriade di influenze e di stili, il Push Pin Studio attirò l’attenzione di riviste e agenzie pubblicitarie, in gran parte attraverso l’influente pubblicazione promozionale “The Push Pin Almanack” (successivamente rinominato “Push Pin Monthly Graphic”).
6
Viene abbandonato il razionalismo freddo tipico dell immagini delle grandi corporation; si riesce a reintrodurre elementi del manierismo vittoriano senza cadere nella nostalgia mantenendo una contemporaneità fresca ed innovativa. Le proposte grafiche hanno un grande successo, i progettisti vanno oltre alla semplice illustrazione spingendosi verso una grafica figurativa dove il testo si integra con l’ immagine, fino a diventare immagine stessa e che fa spesso leva sull’ironia. Queste grafiche ottengo un grande successo in fatto di distribuzione e ricezione visuale che tuttavia rimane limitato non diffondendosi a livello internazionale, pur riscuotendo molto successo nel settore editoriale, in quello delle copertine dei dischi e dei manifesti.
Scopriamo lo stile di Milton Glaser, l’artista che creò il logo“I“I Love Love New NewYork” York” Lo stile di Glaser si caratterizza per l’immediatezza, l’originalità e la semplicità solo apparente: perchè la comunicazione, per essere compresa, deve essere semplice e accessibile a tutti. 1974: il designer apre la Milton Glaser Inc. che abbraccia varie branche del design: brand identity, marketing aziendale, logo design ma anche articoli di cancelleria, brochure, segnaletica, design di interni. La vita di Milton Glaser cambiò a partire dagli anni ’60, quando iniziò a narrare i profondi mutamenti della cultura americana utilizzando le illustrazioni e il disegno grafico. Ha ispirato una generazione di americani, e non solo. Il poster di Bob Dylan del 1966 vende sei milioni di copie e quell’illustrazione ha ben più del significato di presentare la copertina di un disco. Quei colori, quel poster del cantante americano, rappresenta forse il manifesto più significativo del mondo hippie dell’epoca, contrario alla guerra in Vietnam e a favore degli ideali di “Peace and Love”.
7
Push Pin Studios è uno studio di grafica ed illustrazione di New York City nato nel 1954. Milton Glaser è uno dei fondatori. Il loro lavoro combinava il fascino per la semplicità grafica e l’immediatezza dei fumetti con una comprensione sofisticata dell’arte moderna, in particolare del surrealismo e del cubismo.
10
Il logo raffigura una puntina, la scelta di essa non è casuale, infatti, essa rappresenta la personificazione dell’azienda. La puntina è un oggetto statico, fisso ci comunica quindi stabilità e sicurezza verso l’azienda.
Logo Push Pin Studios,1958
11
12
Push Pin Studios ha avuto un impatto fenomenale sulla cultura visiva dagli anni ‘50 agli anni ‘80, rappresentando un capitolo importante nella progettazione grafica del dopoguerra. The Push Pin Graphic. Centinaia di copertine e spread memorabili estratti da ciascuna degli ottantasei temi ispirati e fantasiosi confermano il ruolo fondamentale di Push Pin nel definire la curva del design e nell’influenzare la direzione dello stile visivo moderno. La grafica Push Pin è il primo resoconto completo di una pietra miliare del design che continua a influenzare i designer fino ad oggi. Questa pubblicazione, nata a scopo promozionale, trattava anche tematiche sociali e politiche e permette allo studio di presentare i propri lavori di ricerca e di sperimentare, in libertà, tecniche e stili nuovi.
Copertina The Push Pin Studios, 1955
13
14
“Basta con l’alito cattivo”, recita la scritta di questo famosissimo manifesto, intriso da un feroce sarcasmo, diretto contro l’azione militare degli Stati Uniti nel Vietnam. Viene dato un colpo mortale agli effimeri valori della società americana, ridicolizzandone i simboli. Colpisce l’ orgoglio nazionalistico dello zio Sam, rappresentato (anche grazie al verde acidulo della carnagione) come un essere tronfio, stupido e malvagio, la cui bocca spalancata è un campo di battaglia, dove incrociano aerei militari che sganciano bombe su villaggi inermi e popolazioni indifese. Colpisce la società dei consumi parodiandone i modi e il linguaggio; lo slogan del, manifesto sembra, infatti quello di una pubblicità per dentifrici. Il poster mette in discussione l’intero sistema sul quale si regge tutto il pensiero occidentale.
End Bad Breath, 1955
15
16
Psichedelico si diceva. Perché fu proprio in pieno clima di psichedelia che Glaser disegnò un’immagine diventata successivamente fonte di ispirazione: Bob Dylan. Profilo sinistro, sguardo rivolto verso il basso, bocca imbronciata e naso a becco. E poi il fulcro del suo genio, i capelli folti e disordinati, che diventano anche il simbolo della sua anima inquieta, piena di poesia e di creatività: queste sono le caratteristiche inconfondibili del volto di un mostro sacro della musica americana, quello di Bob Dylan. Il design del poster con il musicista fu ispirato non al suo profilo vero e proprio ma ad un autoritratto di Marcel Duchamp che Glaser vide per la prima volta da ragazzo.
Manifesto Bob Dylan, 1966
17
La composizione del manifesto è strutturata secondo una circonferenza che attraversa trasversalmente il foglio. Colori vivaci, freschi, segni molto leggeri di manipolazione che rendono il manifesto piacevola alla vista. Questo poster è stato stampato in due parti, una rivolta a sinistra ed una a destra. È stato progettato per produrre effetti diversi a seconda dello spazio espositivo nel quale verrà inserito.
18
Mahalia Jackson, 1967
19
Dall’uso dei colori alla composizione alle forme, tutto suggerisce la sorprendente verve ed energia dell’artista afro-americana, le cui influenze sulla musica statunitense vanno dal gospel al jazz, dal rhythm and blues alla musica pop. Le forme fanno riferimento sia all’Art Decò che a Matisse. Questo poster è stato concepito come un bonus pieghevole per Eye, una rivista che cercava di combinare gioventù, moda e pubblicità dell’establishment.
20
Lavorare a partire dalle fotografie come materiale di partenza per la ritrattistica, un problema continuo per i designer e gli illustratori. Un altro problema è catturare la somiglianza. “Non sono molto abile e cerco di compensare con altri tipi di input grafici.”
Aretha Frenklin, 1968
21
Questo è il primo alfabeto creato da Glaser, è stato chiamato Babyfat. Poichè non è un type designer, la maggior parte dei suoi alfabeti sono in realtà novità o idee grafiche espresse tipograficamente. Qui l’idea era di prendere una lettera gotica e vederla allo stesso modo da due lati. È iniziato come una forma di lettera piuttosto esoterica; finì per essere utilizzato nei supermercati per i cartelli “Saldi”.
22
Lo schizzo originale e il poster finito per un concerto di Simon & Garfunkel, i noti compositori-cantanti. Le lettere di Babyfat hanno portato alla rappresentazione illustrativa degli interpreti; di solito la sequenza è inversa.
Babyfat, 1967 Poster Simon & Garfunkel
23
L’ispirazione per il font Baby-teeth è venuta da un cartello che l’artista ha fotografato a Città del Messico (seconda foto). La “E” è stata disegnata come solo qualcuno che non conosceva l’alfabeto avrebbe potuto concepire, eppure è completamente leggibile. Il resto è stato inventato coerente con questa lettera come modello. Successivamente è stata progettata una serie di variazioni sul tema Babyteeth.
24
Baby-teeth, 1968 Cartello pubblicitario
25
Il carattere ologramma era un’idea che Glaser dice di essere stata nella sua testa per un po ‘prima che avesse la possibilità di usarlo effettivamente. C’è stata la possibilità di utilizzare il font per un poster per il Museo di Olografia.
26
Ologramma, 1970 Poster, 1977
27
28
Qui parliamo di uno dei suoi manifesti più belli. Nel manifesto con il cane ha riprodotto l’estremità destra del dipinto di Piero di Cosimo “La morte di Procri”. Il quadro, conservato alla National Gallery di Londra, rappresenta il drammatico finale della storia d’amore di Cefalo e Procri. Tra il cane e i piedi della ninfa spicca una Valentine rosso fuoco. Il soggetto è umanistico, le linee di contorno e le zone d’ombra sono ricreate tramite l’incisione; il trattamento stilistico dei colori, caratterizzato da tinte piatte e sovrasaturate, e soprattutto, la scelta del soggetto in un contesto pubblicitario ne fanno un’opera unica. “Nessun altra compagnia al mondo avrebbe provato a vendere macchine da scrivere in questo modo” affermò Milton Glaser a riguardo della collaborazione con la Olivetti.
Manifesto per la Valentine, 1968
29
Questa volta Glaser non si serve dell’illustrazione, ma utilizza piuttosto elementi grafici semplici in una composizione dinamica che allude allo sfrecciare colorato di una vespa.
30
Manifesto Cinquanta anni della Vespa, 1996
31
32
Nel 1980 il comitato della “Biennale” di Venzia affida a Milton Glaser la realizzazione di una serie di manifesti destinati ad illustrare i vari eventi che per l’occasione avrebbero avuto luogo in città. Glaser declina il simbolo per eccellenza della città, il leone di San Marco. Il manifesto quì raffigurato annuncia il programma complessivo della “Biennale”. Domina il foglio la silouette scura del leone alato, imperioso ed aggressivo, sulla quale Glaser spruzza scintille di colori. Una scelta effetuata per impreziosire l’immagine, ma anche per testimoniare, come ha confessato lo stesso artista, l’interrotta influenza esercitata sulla pittura mondiale da Jackon Pollok e dall’espressinismo astratto statunitense.
Manifesto Biennale, 1980
33
Ogni manifesto ha una propria identità, frutto del contesto in cui nasce. Per Napoli la composizione ruota attorno al Vesuvio in eruzione dipinto ad acquerello in tinte accese, che funge da A nella scritta, in un esplosione di schizzi di colori, realizzati con la tecnica del “dripping”, resa celebre da Jackson Pollock.
34
Completamente diversa è l’atmosfera del manifesto realizzato per Rimini, dove regna la placidità tipica di una assolata giornata estiva al mare. Tra campiture di colore piatte, la “M” si immerge nelle acque dell’Adriatico, mentre nell’angolo destro un pallone colorato staziona in alto. Anche nel manifesto per il Carnevale di Venezia la composizione è in gran parte occupata da un mare calmo, rappresentato con tinte piatte, ma questa volta l’atmosfera è più poetica e sognante: l’acqua è uno specchio su cui si riflette la luna piena e la tipografia, e da cui il campanile di San Marco sfreccia verso il cielo come un razzo tra le stelle filanti.
Napoli, 1986 Rimini, 1995 Venezia, 2000
35
36
Il logo è stato creato nel 1976 sul retro di un taxi. Il grafico Milton Glaser ha abbozzato il disegno su un pezzo di carta di scarto utilizzando un pastello rosso brillante. I Love NY è un design pionieristico di forza ed eccellenza, è un simbolo splendente. È uno dei primi casi in cui si utilizza un cuore al posto della parola amore e da allora quell’elemento di design è stato imitato da tutti. Accattivante, coinvolgente e glorioso. È un design senza tempo che dura da più di quaranta anni. Le lettere I e NY sono in maiuscolo e sono inserite in un carattere frizzante e serif. Il nome del font è American Typewriter. Glaser disegnò il logo quasi gratis. Con quel marchio il designer è riuscito a creare un’emozione più che un logo, un simbolo ormai entrato nell’immaginario comune, ancora oggi è utilizzato su t-shirt e gadget.
I love NY, 1976 I love NY more than you know, 2001
37
Il poster può essere paragonato ai ritratti Pop Art di Andy Warhol o alle opere concettuali di Barbara Kruger”. Unendo una potente semplicità a un messaggio ottimistico, il poster raggiunge una perfetta sintesi di immagine e testo per comunicare l’essenza della visione di Obama.
38
Il poster, raffigurante il candidato con un’espressione facciale “saggia ma non intimidatoria” resa nei colori patriottici rosso, blu e bianco, è venuto rapidamente a rappresentare la causa di Obama. Ma un poster non era abbastanza. Nonostante la sua notorietà come artista di strada, il team della campagna di Obama ha chiesto di creare versioni alternative dell’immagine originale, la più popolare delle quali portava la parola “Hope”, per legarsi allo slogan positivo del candidato.
Obama-Hope, 2008
39
42
43
44
45
46
Milton Glaser
Milton Glaser
Museo del Novecento Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze, FI www.museodelnovecento.it
Museo del Novecento Piazza Santa Maria Novella 10, 50123 Firenze, FI www.museodelnovecento.it
more than you know
more than you know
05.06.2021 - 16.00
05.06.2021 - 16.00
Ridotto 10€
Intero 12€
47