Andrea Leonessa - Autosacramental

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Andrea Leonessa




a Maria Valentina ad Antonio a sÊ stesso l’autore dedica

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Andrea Leonessa AUTOSACRAMENTAL



I AUTO INIZIATICO Per aprire la stanza Þnale l’ankh il pugnale di Melchiorre l’amuleto di Salomone lo stemma di Mercurio il disco di Ouroboros l’inizio, l’ho voluto nelle acque non trovando il segno del tartaro quand’intinta la gengiva nel sole tra i denti, s’allungava la luce a raggranellare un giorno di più sulle spiagge: emergeva la carne dalla trasparenza delle pellicole per uno sguardo che inizia dallo stomaco, proiettava la circolazione opaca del sangue verso un evento che avesse luogo per sempre


II ÔN (autoprefazione) Il sole precipita sul cranio a luglio, il segno del sangue appare laddove la luce accade la fenice rinasce dalla cenere del secondo Internet


III LONGINO SACRIFICA IL SESSO Aziona la pompa, pratica l’unzione con l’acetone, perde d’aderenza l’apparato, scenario d’arterie funzione genitale che fa credere, franare il costato sul ßuido stesso che stilla dobbiamo fare dei sacriÞci, dice versa allora l’acqua e dappertutto, sale veloce rassetta le scale, nel solaio quasi che non avesse perso sangue facciamo merenda moka crostata di mele facciamo sera, restaurando le valvole, il cuore del compianto


IV L’UOMO NATURALE Le fronde traversano lo stomaco, escono alla luce nuovamente, d’altra parte un sole dora quanto dell’uomo s’impiglia nei rami e si progetta nel cielo una carne, una confessione che drena l’arbitrio dai polsi Una lega dall’oro e dal nulla la morte danzante, tra le cellule profonda l’origine del metallo carne che luccica nell’indistinto sanguinare del buio


V LA SACCA INTESTINALE DEL DIAVOLO Accoltellato l’ossigeno, sarebbe visibile oltre l’affondo l’esteriorità del diavolo in cui passeggiamo, la facciata sfregiata dalla carne evasa dal cosmo, il vuoto sporco da questÕultima, ematica sÞlata di ferite e meditazione sul veicolo bipede che ci deporta nel senso, abitacolo delle nostre effusioni, escrementi e abbracci, pantano sintetico, d’essere e non, l’oro che evacua oltretomba nella forma dÕorinale, contempla il riÞuto siamo noi, genußessi dallÕatomo a colpire il vuoto Þno ad avere ragione dellÕaria, a rißettere sangue nel plesso solare, venendo meno alla vista del mondo tricefalo, l’essere che cova, vita su vita, massa vitale attraverso secoli che hanno unità, misura nel grasso


VI LA CARNE SOLARE Sul sole, t’indicavo i mattatoi le gelaterie, tu, incarnazione dello zenzero trentratrè anni di corpi, citando il sangue sino al pallore la Terra m’attraversava l’avambraccio e piangendo, per te che non sei carne procuravo dei corpi, senza concepirli se non per voler bene a qualcuno a te, cadavere che mi sopravvive incastonato nei polmoni trattenendo la vita, il respiro nei giorni di sole, il cuore mio sei tu, che rovesci detriti nel sangue andando a trotto su una speranza foderata di mosconi


VII MEDIA PANIC Sulla terra, la carne appare miracolosamente come un contenuto del nulla attraversa la rete, transumata per metà metallo per metà bovino una demo del riciclo d’organi e rinascite, mediazioni pellegrine nel panico del reale l’acne cosmica, eternamente distribuita sul buio e nei denti, marcia verso l’aurora quando innescata dall’essere la carne non c’era neppure l’idea poteva incarnarla l’immagine un trittico di motori incastonati tra gli incisivi a macchinare le gengive, l’ordine scorporato dal senso


VIII PARMENICIDIO Iniziatosi, lavora alla testa, alza il vento sepolto dalla polpa, spira, l’albero motore roteando, trasmette nel plasma, d’ossame le tracce e del cereale, pustole spalancate al celeste ascendente, al padre autocefalo seconda la nascita per da capo decapitarlo in un’amalgama d’immagini e sangue


IX LA MACCHINA SESSUALE Da un numero denso di chiocciole disposte sul pene, i maschi fanno un manto di proteine, un arazzo lento, molliccio che irrobustisce il raggio solare, l’inferno ma alla luce del mollusco le femmine svelano la colpa friggendo la protesi, col sale s’acconciano i capelli commosse si specchiano in vasi sanguigni a cielo aperto


X U+2318 Carne, a perdita d’occhio un dolore osservato attraversare i secoli, la volta celeste, vuotata del sangue è la terza dimensione del fuoco, la risposta scriptata a predeterminare la cognizione dell’avversario, la posizione mutata per mezzo dell’espansione del corpo, mass media nodale che aumenta un principio virale come la carne


XI STREAMING; CARNE † Sul mediterraneo, levita una sindone di polivinilcloruro che proietta la carne, il mare effuso nello sguardo, pupille oppure gocce astratte dalla visione dell’insieme, l’unione carnale dei vissuti ma tripartita, l’acqua unge la costa del segno d’obelo, del sangue la cronologia, riconduce al margine la natura spuria del dolore il meta dato dell’essere organici, sul candore dello schermo appare un sole sdentato, omphalos che albeggia nel latte aprendo alla visione della pelle del pianeta, di membra mosse, trasmesse come per impatto sullo scoglio maculato dalla carne


XII IL MARTIRIO DEI METALLI Un’ecatombe, la pressione discesa dal fuoco, si astrae lo strido dei buoi, la carne conÞccata nellÕeco essendo la voce del verbo concepisce l’idea toccata dal sangue, la ferita virtuale che soffonde l’estetica del dolore sulle textures cutanee, fra i girasoli la carne del mondo s’attorciglia nella forma ricavata dal pianto come un sentire estruso dalla terra afÞora il simulacro delle carcasse dall’incendio realistico, un addio reiÞcato nel carbonio riÞorito sul dorso degli animali sopra anche l’altare siderurgico dove mugge una fabbrica arsa dalla rappresentazione del rogo tridimensionale che dai suoi poligoni emana la vampa, l’ustione vettoriale


XIII TEATRO DELLE ORGE E DEI MISTERI Sgozzata l’angoscia, bestia tridimensionale dal pelo volpino, sgocciola l’universo come un’era di sangue di Dio, vitello acromegalico partorito dalla luce, cade l’occhio sulla terra bianca e nella carne celeste, un lampo vi cava un oriÞzio dal data mining, trae l’avvenire la vagina del ventiduesimo secolo nella via lattea, un pastore prega attorno ad uno sguardo gigantesco afÞnchŽ il cristallino lo assuma a guardare il tempo, un animale da soma carico di enti fradici di sangue


XIV L’INQUISIZIONE SUINA Non pianteremo patate, a primavera lo sguardo del maiale che ho nel cuore da sempre, m’insegue dall’interno Þno alla sera, quando ripercorriamo una spina dorsale aranciata dal sole oppure un bacino tempestato di vermi come grazie allungate sin ai polpacci, l’atlante che assume la carne di tutti i rilievi, noi nella vista del giudizio


XV DATA FLANEUR IN JUNKSPACE Un mattatoio elissoide, il corpo planetario dall’architettura barocca, di terra d’aria per voce sintetica, macchina solista che si riproduce nell’acuto del sangue, la quantizzazione dell’effetto, dalla carne macerata dalle onde il coro dei tecnici estrae l’idea dalla quale strapiomba l’organismo del mondo animato il verbo dato come mammifero un miliardo di denti e googol zampe che marciano verso lÕinformazione del Þnito


XVI LE STRADE VERSO IL REGNO Era la visione d’un dilettante del sacro il sole calato sul viso, a detonare l’essudato della periferia, Þtta di croci e pesche guaste abitate da angeli euentomati monolocali viscidi, polposi come erosi da un bene inferiore chiamano i Carabinieri alla luce, lÕinterno rovescia il guscio eruttando di plastica e di legno, lÕarredo la scala di Giacobbe, una gru che conduce a tre costole dalla campana ad occhio nudo, si fa visibile un suicidio microscopico attraversare chilometri di facce poi, tangenziale al mondo, la carne collaterale alla morte


XVII AUDIOVISIONE E PREGHIERA Alla radice dell'antenna, groviglio di legami ottici, spazi cavi e resti d'un radioamatore nella posizione oracolare: da qui si scende per sempre, l'onda ha picco nell'attualitĂ della preghiera - piango anche se penso alle cose belle - e nel cablaggio mondiale serpeggiano correnti parassite, culti ctoni faune subreali che vedranno luce, nell'ora autopoietica, pensando la carne autonoma nel giudizio, una colpa ambulante a volute nell'immondizia fruttata dall'essere, senza amore, lavoro, salute, amputato il destino la mano per pudore, dalla chiromante


XVIII STAC IENN A LU PUARADIS Piange dal naso, quando sente il munaciello intrecciargli l'intestino con un rosario di cipolle a decorazione del tubo di scarico, nell'estate del sacro macello: saio, bombole del gas ed altre macchine confessionali, scaldate nell'adesione simbolica del sole alla pelle sulle lamiere naturalizzate nell’appennino è l’automotive design che cuoce il giorno dei ciuchi, la Þgura del padre di notte, sulla linea, un’astrazione del credo a secernere sudore quale segno d’ebollizione di un sangue collettivo raffreddato nel cielo


XIX SANTA CHIARA PATRONA DI PUSHEEN L’adesione della carne al pensiero m’infesta il cranio non trovando concetto, una madre raccolta nella veglia ad interferire con il segnale abbracciando i satelliti, parabole nel rovescio della carne dove prevedere il bisogno dell’essere ente pubblico, noi quando un naso emerge dalla home lo clicchiamo come un pulsante di tenerezza se l’allineamento delle antenne ci commuove al presagio


XX IL QUADRILATERO ROMANO Cercando responso nel vomito magrebino deambula nel largo circolare del mercato evocando un retaggio di tuberi marci arginato lavorando sul sangue, insabbiato il radicato, che lecca-lecca il vaso dal dentro sanguigno, alchemico, garantendo la costanza del fenomeno mediterraneo, la vita ai margini del mare, dove sciacqua l'incarnato sbiancato per il venire meno del giorno, della brandina in seguito agli sgomberi, dei locali, delle geo graĂže panteistiche, la trascrizione dei luoghi mediante un linguaggio spaziale attraversato


XXI LA DIGESTIONE LUNARE Sorge, dall’apparato satellitare uno stomaco costellato di campi santi in decomposizione, stipati nei crateri, esseri automatizzati che scorrono sulla gengiva sul litorale quindi tra la carne e la sua verbalizzazione un concetto gonÞa lÕintestino e nell’argento, s’impressiona la polpa che avanza, pensiero vertebrato, concepito nella candela e nel centilitro, nella visione e nella perdita del sangue, l’immagine attraversa il vestibolo lunare ricavando gambe dalle icone e passeggia, lungo la gamma del buio Þno al prototipo dellÕescremento


XXII TIDUS NEL VENTRE DI SIN Nell’oceano degli elettroliti, all’ombra delle gengive, hai peccato carezzando il mondo, la nona coda che, intinta nel corallo, schioccava nel sole, hai frustrato i cento piedi che ti volevano bene, quanto a Dio che tenta un ultimo mare sputandosi nei polmoni, tracce di sabbia e baci


XXIII IN ALTRE PAROLE Sogno una luce normale, un caffè che sale da una carezza, delle due il disco solare, imbevuto del nero segno: che va bene tutto di noi, davanti alla morte nel pomeriggio come se avessimo fatto le cose per bene ma la visione mi occorre a contrastare l’oracolo luminoso che mi ristagna nel sangue e passeggia, fra cento padri, solari i pannelli, ed ancora i ripetitori le case popolari, in cui sogno di te che mi porti via dalla mia vita, con i versi non trovo modo più semplice per dirlo eppure detto così sembra non funzionare


XXIV TEATRO DEI MOSTRI MARINI PiĂš di un buio, appena sotto il cranio, cuoce il carbonio, la colonia d'eucarioti, cartilagine a separare le antenne, dalle pinne, un silenzio che evolve nel sangue speciĂžco dell'apparato marino, il nuovo araldo del regno, di alghe Ăžorite sul torso del capoturno, l'escrescenza che piega, a studiarsi nel pianto, nella notte post-occidentale, doppiata dal buio mediterraneo ad inseguimento del sole l'osso sacro all'alba, al suo iniziato votivo, elettrico, perpetuo con un teschio addobbato a festa, Enoch conteneva nel retto il concetto di rovina come un ordigno, una concrezione di carne che esplode sul nascere


XXV AUTOZOON Il destino è una madre quadrupede che balza nell’occhio, frantumando l’umore, il vetro a separare il sangue dal sole che cuoce la sera, la carne essendo la prima a rincasare nellÕediÞcio animale della previsione e non ultima, avvistata nello spazio ancora la carne, il pensiero somatizzato, precedente alla cena risale il golgota della sÞnge alla velocità di curvatura del cranio di chi, viziato dal vomito, crede alla testa della processione alla macchina votiva che sorveglia il luogo del conato


XXVI ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI Include il sole, per un sacriÞcio condiviso, la dorsale Internet, ad ottobre, quando a sostenere lo stomaco è una luce che s’infrange, dopo pranzo sulla natura plastiÞcata come nello sguardo d’un ragazzo un po’ scemo che ti domanda una mano e la sera ha tempo di fare la sua luce sopra le briciole di una crostata che ti offre mentre mescola del vino alla ferita che lo emargina temperando un pianto che gli scoppia nelle caldaie da quando non cÕè lavoro, di notte un’immagine gli sfarfalla nel sangue, bruchi felici in processione, verso le fabbriche poi si agita avendo nel cuore un animale intatto e nello stomaco, lo zodiaco che annulla la carne radunando le frequenze a cui risponde un pallore evaso dal volto, sangue tremulo che rimbalza sull’ombra a seguire la luce, l’impulso dei tessuti ad organizzarsi, farsi interfacce


XXVII AUTOCHROME Nel giorno del mercurio, la Þne del sole, la porta di Ianuarius che apre alla fronte, tua sospesa tra i cristalli, la carne tira una luce bruna, nel sangue s’immerge la stella madre mescolando l’elica alla corona discendente al futuro sofÞa come un desiderio l’epifania del vento solare come una protuberanza, emerge dalla cromosfera Þn allo spazio colore del non manifesto


XXVIII L’INTERNET DELLE COSE Mi collego ai lapilli di vomito che bruciano sulla rete e nello schermo, all'eruzione di te che metti a fuoco la vita nel suo dettaglio di cera e cristallo materiale organico nel cemento, tu marionetta con lo spirito in mano a sciacquare gli specchi, l’occhio di chi ha visualizzato la storia, dopo ventiquattro ore quando il sacro abita la rete fra il cinguettio dei passeri ed il cigolio delle analogie, la parola anche se visibile soltanto a se stessi estrinseca dagli organi la bellezza della vita


XXIX THE LIGHT TO THE FUTURE Sei la piccola morte, sdoppiata nel sangue la luce, sei tu quando anticipi l’ossigeno ed il tramonto mi pesa sul respiro come un colore, denso d’ambra che ravviva l’omega dei corpi altrove, suona un armonio slogando l’aria, la cappa scheletrica sull’essere terra, ossa, nulla; carne fotografata, allora trasdotta nella luce di Hagith esiste una lingua che acceca e sono i tuoi baci l’intermittenza dei giorni quando raccolto il sangue da una nicchia di febbre proietti nel buio oculato un seme che signiÞca l’audiovisione della luce


XXX OGGETTO NULL Gli colava del grano, nel dharma, sulla cute ancora da farsi e di lieve entità, era un’estate avanzata dal mondo, la preisterìa, non ama neanche più beve da solo e pensa la termite attraversargli la faccia strascicando chicchi di carne macellata, l’apparenza del sangue nello stato d’anticipo sull’essere, il logotipo di un allevamento messianico: una divinità derivata dal petrolio, per buona percentuale sottratta all’organico, al quietarsi dello stato quindi alla disgrazia formale della materia


XXXI IL RAGAZZO SOLARE I prati ti si accalcano, sulle gengive rovesci d’aprile, polpacci gonÞ di girini laddove sei tu, ragazzo solare a Þccare la terra nel torace tuo, stesso scheletro universo a costeggiare la carne atlantica o il paciÞco voltaggio dellÕoro


XXXII 777 (autopostfazione) La Merkavah trascina il reale nel mio immaginario squillano le turbine all’accensione del sole una corona circonda di luce, la vista dei sordi


XXXIII AUTOSACRAMENTAL DIGITAL DEVICE Lo spirito è la Þnzione, lÕego che allestisce fosforescenze il compenetrarsi delle luci nellÕinfrastruttura del pianto il pianto ecco nel baleno disperso dalla violenza prismatica che conÞcca unÕanima di poliuretano nelle tre voci, al margine di un porno la carne implicita alla manifestazione di ritorno sulla terra quando, pronunciata la parola scherza con lÕorina facendo proprio il sole nellÕortodossia lattea il diavolo esiste nel computer nellÕanimazione occidentale tramonta il rito sacramentale di battezzare i dispositivi, la carne come un mezzo, un carro allegorico Autosacramental ON



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Autoiniziatico Ôn Longino sacriÞca il sesso LÕuomo naturale La sacca intestinale del diavolo La carne solare Media panic Parmenicidio La macchina sessuale U+2318 Streaming; carne Il martirio dei metalli Il teatro delle orge e dei misteri LÕinquisizione suina Data ßaneur in junkspace Le strade verso il regno Audiovisione e preghiera Stac ienn a lu puaradis Santa Chiara patrona di Pusheen Il quadrilatero romano La digestione lunare Tidus nel ventre di Sin In altre parole Teatro dei mostri marini Autozoon Istituto Autonomo Case Popolari Autochrome LÕInternet delle cose The light to the future Oggetto null Il ragazzo solare 777 Autosacramental digital device

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Andrea Leonessa Autosacramental edizione speciale per il web a cura di [dia•foria

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