Antonio di Campli (Ortona 1970), dottore di ricerca in urbanistica, è attualmente docente a contratto del corso di Territoire et paysage presso l’École Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL) e di Progettazione Urbanistica presso il Politecnico di Torino, II facoltà di Architettura. Visiting Professor a Bogotá, Universidad De La Salle, Facultad de Ciencias del’Habitat, negli ultimi anni ha insegnato progettazione urbanistica e ambientale nelle facoltà di architettura di Ascoli Piceno (UNICAM), Pescara e Torino, I facoltà di Architettura. Fra le sue pubblicazioni, ricordiamo Interfacce costiere, (Kappa, Roma 2006) e Adriatico. La città dopo la crisi, (List, Barcellona 2010).
Osservate dal punto di vista delle pratiche del progetto urbanistico, le trasformazioni della città europea degli “anni zero” possono essere viste come una particolare forma dei modi di produzione capitalistica dello spazio urbano, proseguimento, decantazione e precisazione di strategie e temi individuati negli anni ’90, che possono essere descritti come un urbanesimo liberale segnato da una particolare attenzione alla dimensione culturale dello spazio e dalla ricerca di strategie di controllo spaziale attraverso i valori o l’identità del territorio. Questioni che rimandano ad alcuni concetti come lo “spazio-serra” di Peter Sloterdijk, lo “smog culturale” di Boris Groys e la “crisi urbana” così come affrontata da Alain Bourdin. Queste forme del progetto urbanistico leggono la città e il territorio come uno spazio di consumo sovracontrollato e corrispondono alla definizione di forme di controllo sociale e ricerca di trasparenza spaziale di tipo implicitamente panottico, in quanto ricercate attraverso operatori apparentemente neutri o anti-moderni, come il discorso culturale (identità, palinsesto, patrimonio) o attraverso strategie di induzione al godimento (la città come paesaggio). Con questo termine ci si riferisce in particolare ad alcune declinazioni del progetto urbanistico entro le quali trovano rilevanza i discorsi legati alla definizione di spazi urbani come spazi del godimento, un insieme di temi connessi a quella rivoluzione del desiderio che ebbe luogo in Europa verso la fine degli anni ’60; temi e tendenze che oggi trovano nuova legittimità entro un regime di stabilità orientato agli ideali del fitness, del wellness e dell’identità culturale. A partire dal confronto con queste condizioni, che soprattutto la ricerca sociologica e filosofica è stata meglio capace di cogliere, quello che qui si propone è l’avvio di una riflessione attorno ad alcuni termini, strategie e luoghi del progetto capaci di esprimere una posizione critica verso questi atteggiamenti progettuali e al contempo capaci di dar conto, di disvelare, le particolari condizioni conflittuali che connotano la condizione urbana contemporanea.
ISBN 978-88-7462-359-4
16,00 euro
Antonio di Campli La ricostruzione del Crystal Palace
Quodlibet Studio Città e paesaggio
Antonio di Campli La ricostruzione del Crystal Palace Per un ripensamento del progetto urbano Quodlibet Studio
«Il Crystal Palace è riuscito a mettere insieme natura e cultura in un unico concetto-indoor, attraverso l’idea che la vita sociale potesse svilupparsi solo in un interieur ampliato, in uno spazio ordinato e addomesticato, ampio a tal punto che da lì non sia mai possibile uscire. Nella serra i soggetti abitano in una sorta di eterna primavera di consenso, ma al contempo l’atmosfera controllata produce gli effetti di noia, stress e delusione». A.d.C. «Io sto dalla parte di… dalla parte del mio capriccio, perché il mio capriccio mi sia garantito, quando ce ne sarà bisogno. La sofferenza, per esempio, non è ammessa nei vaudevilles, e questo lo so bene. Nel palazzo di cristallo essa è addirittura impensabile: la sofferenza è il dubbio, è la negazione, e che palazzo di cristallo sarebbe mai se vi si potesse dubitare?». Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo