abi tare la pro ss i mi tĂ 1
laboratorio di progettazione urbanistica con sociologia urbana A prof. antonio di campli
Antonio di Campli, Torino, 27 gennaio 2011
ipotesi attorno alla domanda di prossimità oggi l’assenza nel dibattito degli anni
‘90 e 2000
il progetto moderno dell’unità di vicinato il ritorno della prossimità
la domanda di prossimitĂ oggi
le pratiche dell’abitare nello spazio urbano contemporaneo si dispiegano su due scale
estreme:
la grande scala (pratiche pendolari)
la scala della prossimitĂ
(prolungamento immediato dell’ambito domestico)
ipotesi
emerge
una
domanda
di
comfort verso un orizzonte di prossimitĂ corrispondente ad uno spazio dove si tentano di esportare alcune pratiche domestiche. lo spazio attorno alla casa come dimensione
“non il
familiare� ma verso
quale
esistono
attese.
tesi
Caratteri spaziali e sociali della Zwischenstadt: “insularizzazione della vita quotidiana”, scoraggiamento nello stabilire relazioni di prossimità e di appropriazione degli intorni.
Thomas Sieverts, Entre-ville. Une lecture de la Zwischenstadt.
l’impossibilità, nella Zwischenstadt, di uscire dalla soglia di casa e accedere facilmente a luoghi e funzioni significative entro un abitare inteso in senso allargato. Secondo Sievert esiste un diritto alla prossimità, inteso non in senso sociale ma in senso strettamente spaziale. Secondo Sievert in casa, si sta comunque bene, quello che si cerca nello spazio extra domestico non è una compensazione, quanto piuttosto un di più. E’ tuttavia possibile sostenere un rovesciamento di tale posizione: il domestico è difficile, faticoso, malamente abitato. Politiche commerciali> chiusura dei grandi centri commerciali e e colonizzazione dei centri urbani con elementi che mettono insieme attività commerciali classiche e funzioni proprie della casa: cucinare, stirare.
1993 Il territorio che cambia
italia.
1996 Paesaggi ibridi
3 ricerche
2003 USE. Uncertain States of Europe
Processi di ricolonizzazione dei centri storici di piccole città collinari, dove si cerca di approfittare delle condizioni e delle qualità dei tessuti densi, e delle loro consolidate dotazioni di servizi, per ricostruire nuove forme di un’abitare di prossimità ricercando condizioni di maggiori comfort dove queste già si danno, riutilizzando ciò che c’è, cercando di limitare quella serie di movimenti pendolari a medio raggio che connotano l’abitare reticolare della diffusione insediativa. Si tornano ad abitare piccoli tessuti storici, spesso non di particolare pregio o celebrati, importando qui alcune delle condizione dell’abitare nella dispersione, mantenendo ad esempio, alcune forme di anonimato, e combinandole con una maggior estroversione verso spazi urbani dotati di un carattere domestico.
adriatico
La
prossimità che si ricerca non
è intesa in senso sociale quanto in
senso
spaziale,
ambientale,
qualcosa oltre la casa, nello spazio
urbano attorno alla residenza, da riconfigurare, come direbbe
Sloterdijk,
come una
come un interno urbano.
Peter “bolla”,
il progetto moderno dell’unità di vicinato
Nella
modernità il tema del progetto
della prossimità è stato trattato nel contesto del controllo della crescita della città secondo strutture gerarchiche, equilibrate: “unità di vicinato”.
L’unità
di vicinato è una particolare
metrica del disegno urbano volta a definire un layout per la crescita urbana.
“mettere insieme, entro una combinazione perfetta, i vantaggi della vita urbana, dinamica e attiva, con la bellezza e i piaceri della vita di campagna�.
la cittĂ -giardino
i tre magneti
E. Howard, Garden Cities of Tomorrow (1902)
La città è immaginata al centro di un territorio di 2.428 ha di cui solo 405 ha sono destinati alla edificazione e 2.023 ha all’agricoltura. Nei 405 ha sono previsti 30.000 abitanti, con una densità media territoriale di circa 74 abitanti /ha. Nel territorio agricolo vivono 2.000 persone. In totale la popolazione di Città Giardino è di 32.000 persone. L’insediamento è modulare. Se occorre accogliere un numero superiore di persone si fonda un’altra città. Non si esclude la possibilità che, ove le Città Giardino divengano numerose, si organizzino in un sistema articolato che può prevedere una “città centrale” più grande, che può raggiungere 58.000 abitanti. Ciò non riduce la modularità della concezione che si ripropone al secondo livello (una “città centrale” ogni 6 Città Giardino tipiche di 32.000 abitanti)
la struttura è concentrica e radiale. Sei “magnifici corsi”, ognuno largo 36,5 m. attraversano radialmente la città dividendola in sei settori uguali. Al centro è collocato un “piacevole e ben irrigato giardino” di poco più di 2 ha attorno al quale “sorgeranno . . .i principali edifici pubblici, municipio, auditorium principale, teatro, biblioteca, museo, ospedale”. La successiva corona circolare, delimitata da una galleria vetrata (“Crystal Palace”) di forma anulare con funzioni espositive e commerciali, è occupata da un parco pubblico di 58 ha, che comprende vasti campi di gioco. Procedendo verso la periferia si incontrano due serie di spazi lottizzati per la costruzione di case “singole o accostate” in lotti in genere di 6m x 40m delle quali si raccomanda “grande varietà tipologica ed architettonica”. Si attraversa poi il “Grand Avenue”, 128 m lungo il quale le case sono distribuite a formare dei “crescent”, “così da accentuare anche visivamente la già splendida ampiezza dell’arteria”, che ospita in sei aree (1,6 ha ciascuna) altrettanti edifici scolastici e i loro giardini. Il grande viale costituisce in effetti una sorta di parco urbano complementare di 47 ha. Oltre il viale sono collocate altre due corone di lotti residenziali; complessivamente il numero dei lotti è di 5.500 per l’intera Città. L’anello esterno della città è destinato ad attività produttive che possono accedere alla “linea ferroviaria circolare (“circle railway”), che circoscrive la città ed è collegata mediante raccordi laterali alla linea ferroviaria principale (main railway line”) che attraversa la zona” e collega le Città Giardino tra loro e alla Città centrale.
raymond unwin, letchworth,
1904
howard, welwyn garden city,
1920
walt disney, epcot,experimental community of tomorrow, orlando, florida, 1979
L’idea di Howard fu ripresa ed esposta per la prima volta da Clarence Perry in una conferenza del 1923 e più tardi applicata nel piano di New York del 1929. Secondo Perry l’espansione delle città doveva essere realizzata attraverso un’agglomerazione du piccole unità (6000-10000 abitanti), con al centro i servizi scolastici e le attività commerciali poste ai margini e serviti da strade principali. La dimesione ridotta avrebbe incoraggiato lo spirito di comunità e identificato un ambiente protetto. L’idea era creare un insieme di spazi semipubblici entro le città industriali americane che in quell’epoca ricevevano l’afflusso di una massa di operai immigrati. Queste riflessioni furono pubblicate nel 1939 in: (New York Regional Plan 1920) Housing for the Mechanic Age. L’unità di vicinato di Perry è centrata sulla metrica del camminatore > i punti-chiave dovevano essere raggiungibili a piedi. centro dell’unità è la scuola e la chiesa, i servizi si trovano ai margini dell’unità. l’unità occupa circa 160 acri con un raggio di ¼-miglio.
N. U. modello metrico e funzionale
clarence perry. neighbourhood unit
esempio di recupero di un quartiere esistente
patrick abercrombie. greater london plan,
1943
i modelli di Howard e Perry sono entrambi molto rigidi. 1943/44. Patrick Abercrombie: Greater London Plan > New Towns di Basildon e Stevenage. Ogni unità è separata dall’altra. l’idea di Abercrombie è quella di enfatizzare la definizione e l’identità delle comunità esisitenti, di esasperare il loro grado di separazione. Ogni unità è composta di più unità di vicinato, ognuna dotata di serivizi: negozi e scuole. La città ha una struttura gerarchica articolata su due livelli: le comunità e le unità di vicinato.
principio di soprelevazione del centro
f. gibberd, cumbernauld
f. gibberd, swindon
quartieri e cittĂ -satelliti costruiti a partire dalla fine degli anni ‘60
ginevra
Ginevra, 1966. schema
Georges Addor, CitĂŠ de Meyrin, 1962
Georges Addor, Lignon, 1962
Il primo grand ensemble in Francia. Questo quartiere, inizialmente concepito come città-giardino, si trasforma, nel corso del progetto, in qualcosa di totalmente inedito in Francia come le sue 5 torri da 15 piani. Se
nel
1950
i grands ensembles francesi ambivano ad essere i laboratori delle
strutture sociali del futuro, nel
1960
incarnano una concezione tecnocratica e
anacronistica agli occhi della sociologia così come nel discorso disciplinare e professionale critico nei confronti dell’urbanistica funzionalista.
Eugène Beaudouin, Marcel Lods e Jean Prouvé, Cité de la Muette, Drancy ,1931 / 34
Anni ‘60. Prende
forma una critica
‘60 per via del suo carattere segregativo, irrigidente i rapporti sociali. al concetto di vicinato negli anni
Secondo il sociologo Chombart de Lauwe, c’è una tendenza naturale a volersi liberare del vicinato
anni
‘60. critica al concetto di vicinato
diffusione dell’automobile libertà di movimento a medio raggio sprawl insediativo
l’allontanamento dai modelli funzionalisti e dalla ricerca della
“giusta misura” dello spazio conducono verso 2 modalità di descrizione della città: reportage fotografico notazione del movimento
nuovi fenomeni, nuove linee di ricerca
tali modalitĂ di descrizione, improntate ad un imperativo di realismo, conducono i discorsi sulla cittĂ lungo due direzioni:
paesaggio
pratiche di appropriazione del territorio
Il paesaggio urbano è un concetto che naturalizza la città, il paesaggio è un dispositivo che mette a distanza le cose, e le naturalizza, è uno specchio di Claude portato in città. affermazione dei valori del radicamento, del sito la teoria e del Townscape, fondata su una percezione dinamica della città.
1961
1960
1996
Gordon Cullen, Townscape: materiali urbani, floorscape, outdoor rooms. (Scopo è rinforzare la densità urbana contro lo sprawl residenziale o prairie planning che connotava la Gran Bretagna in quegli anni). Kevin Lynch, The Image of the City: legibility, imageability Mirko Zardini, Paesaggi ibridi: neopittoresco, frammentazione. Negli stessi anni Cedric Price progettava il Fun Palace e Jane Jacobs scriveva The Death And Life of Great American Cities
paesaggio
L’attenzione si rivolge all’improvvisazione, all’invenzione, alla dichiarazione di una dissociazione tra i livelli delle relazioni sociali e una presunta ordinata gerarchica delle scale spaziali corrispondenti. Alison e Peter Smithson e alla loro attenzione per le scene del gioco nello spazio della strada. captazione, attraverso la fotografia, dei segni della socialità familiare e umana, alle forme della spontaneità.
pratiche di appropriazione del territorio
Movimenti
bianco=shopping
nero=lavoro + studio
grigio=tempo libero
J. B. Bakema, A. van Eyck, G. Candilis, A. & P. Smithson, Sh. Woods, G. De Carlo, J. Coderch, C. Pologni, J. Soltan, S. Wewerka (MIT Press, 1968)
La prossimitĂ non conta (o non conta piĂš)
il ritorno della prossimitĂ
come pensare e progettare la prossimitĂ oggi a fronte di questi
fenomeni?
inversione tra interno ed esterno in alcune pratiche dell’abitare; spazi aperti come spazi estetizzati; crisi economica ed energetica
> induzione alla densitĂ
(network sociali)
il ritorno della prossimitĂ
shortage / waste ground improvement of soft mobility reduction of movements of people and goods “0 km market” models of distribution of goods renewed offering of wholesale trade lack of residential mobility extending commuter culture urban crisis reclaimaing of the “right to proximity”
the return of proximity
Well-being: “A context- and situation-dependent state, comprising basic material for a good life, freedom and choice, health and bodily well-being, good social relations, security, peace of mind, and spiritual experience”. Fonte : Millennium Ecosystem assessement (Glossary) http://www.greenfacts.org/glossary/wxyz/well-being.htm
Confort, benessre, soddisfazione, felicità, non sono dei sinonimi ma identificano un campo di questioni descrittive, teoriche e progettuali che riguardano il nostro stare e agire nello spazio. Al minimo, l’atto del camminare e dello star fermi.
la cittĂ policentrica
porosità. Secchi-Viganò, Grand Pari de l’Agglomération Parisienne
una prima possibilità. il pittoresco. uno spazio fatto di soglie, con possiblità di scelta tra situazioni e prestazioni differenti. l’abitante percola nello spazio, uno spazio che è sempre non-familiare. (il pittoresco è una deriva della descrizione).
una seconda possibilità. il “dopo-paesaggio”.
L’abitante
“alternato”, distratto, una disattenzione ottica che corrisponde ad un cambio di costruzione, di decorazione, territoriale come mentale, un modo di vedere che, non è assimilabile a quello dell’abitante della città novecentesca densa; qui è come se lo sguardo degli abitanti si fosse scollato dalla terra, lievitasse in tutte le direzioni, sospeso, fuori-terra. In questo modo di vedere distaccato il paesaggio non è più una cosa da contemplare ma diventa rumore degli occhi e lo sguardo si fa modalità dell’ascolto. Se il termine paesaggio ha a che fare con la visione, con la cattura a distanza dello spazio, con il controllo prospettico, quello di suono riporta al centro un concetto desueto, quello di ambiente. della città dopo la crisi ha uno sguardo
Si indietreggia dal visivo, assorbiti dal campo sonoro ma l’udito, la percezione di ambiente, non è uno strumento di astrazione in quanto ignora la separazione del soggetto e dell’oggetto, ci possono essere evoluzioni negli sguardi ma non negli ascolti, nella percezione sonora che è fusionale, tattile, sinestetica. Questa
assenza descrive l’emergenza di una società postpaesaggistica, distante
dalle retoriche del progetto urbano e territoriale contemporaneo fondate sulla cultura del patrimonio, sul dispositivo-paesaggio considerato come infrastruttura identitaria, come il vero spazio pubblico delle società contemporanee.
> Questioni ambientali e di una diversa pubblicità spinoziana più che hobbesiana;
il progetto per i dispositivi della “presa di distanza”, del riparo non si tratta del progetto di spazio pubblico, non si tratta di immagine, ma di un lavoro sui dispositivi urbani, sull’offerta urbana.
Osservate dal punto di vista delle pratiche del progetto urbanistico, le trasformazioni della città europea degli “anni zero” possono essere viste come una particolare forma dei modi di produzione capitalistica dello spazio urbano, proseguimento, decantazione e precisazione di strategie e temi individuati negli anni ’90, che possono essere descritti come un urbanesimo liberale segnato da una particolare attenzione alla dimensione culturale dello spazio e dalla ricerca di strategie di controllo spaziale attraverso i valori o l’identità del territorio. Questioni che rimandano ad alcuni concetti come lo “spazio-serra” di Peter Sloterdijk, lo “smog culturale” di Boris Groys e la “crisi urbana” così come affrontata da Alain Bourdin. Queste forme del progetto urbanistico leggono la città e il territorio come uno spazio di consumo sovracontrollato e corrispondono alla definizione di forme di controllo sociale e ricerca di trasparenza spaziale di tipo implicitamente panottico, in quanto ricercate attraverso operatori apparentemente neutri o anti-moderni, come il discorso culturale (identità, palinsesto, patrimonio) o attraverso strategie di induzione al godimento (la città come paesaggio). Con questo termine ci si riferisce in particolare ad alcune declinazioni del progetto urbanistico entro le quali trovano rilevanza i discorsi legati alla definizione di spazi urbani come spazi del godimento, un insieme di temi connessi a quella rivoluzione del desiderio che ebbe luogo in Europa verso la fine degli anni ’60; temi e tendenze che oggi trovano nuova legittimità entro un regime di stabilità orientato agli ideali del fitness, del wellness e dell’identità culturale. A partire dal confronto con queste condizioni, che soprattutto la ricerca sociologica e filosofica è stata meglio capace di cogliere, quello che qui si propone è l’avvio di una riflessione attorno ad alcuni termini, strategie e luoghi del progetto capaci di esprimere una posizione critica verso questi atteggiamenti progettuali e al contempo capaci di dar conto, di disvelare, le particolari condizioni conflittuali che connotano la condizione urbana contemporanea.
Antonio di Campli La ricostruzione del Crystal Palace
ad imi ale M),
Quodlibet Studio Città e paesaggio
Antonio di Campli La ricostruzione del Crystal Palace Per un ripensamento del progetto urbano Quodlibet Studio
ISBN 978-88-7462-359-4
16,00 euro
Antonio di Campli, La ricostruzione del Crystal Palace, Quodlibet, Macerata, 2010
« n a s s p s p l’ s A
« c ti p q a è m F
indicazioni terza tavola
residenze
40000 mc 80mc/ab > 500 abitanti (lotto 2; 3; 4)
servizi 18 mq/ab 9 mq/ab verde intorno urbano
2,5 mq/ab parcheggi 4,5 mq/ab istruzione 2 mq/ab attrezzature ridisegno spazi aperti/nuovi servizi (lotto 1; 2; 4; 5 e intorno urbano)
Masterplan: impianto generale di progetto e layers dei vari elementi che compongono il modello urbano proposto (mappe e plastico) scale 1:5000; 1:2000; 1/1000
> Articolazioni del progetto. Scale 1:1000; 1:500; 1:200 terza tavola