Il progetto dello spazio turistico

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Il progetto dello spazio turistico 1

a cura di


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IL PROGETTO DELLO SPAZIO TURISTICO


IL PROGETTO DELLO SPAZIO TURISTICO a cura di


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2 Strategie

Antonio di Campli Alessandro Gabbianelli

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Sara Cipolletti Silvia Vespasiani Francesca Pignatelli

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ai nostri studenti


Questa pubblicazione restituisce i risultati di una ricerca sul progetto di nuovi spazi del turismo lungo i litorali del medio-adriatico, condotta all’interno di un Laboratorio di Progettazione Urbana che si è tenuto nell’anno accademico 20132014 presso la Scuola di Architettura e Design “Eduardo Vittoria” di Ascoli Piceno (UNICAM Università di Camerino). Il laboratorio, collocato al secondo anno della laurea triennale in architettura e costituito dal corso di Progettazione architettonica e urbana tenuto dal prof. Alessandro Gabbianelli e dal corso di Architettura degli spazi aperti tenuto dal prof. Antonio di Campli, è stato strutturato attraverso una forte integrazione tra attività didattiche, sperimentazioni progettuali e ricerche sui caratteri e problemi che oggi presentano i luoghi del turismo lungo i litorali del medio-adriatico. Il caso-studio indagato corrisponde alla porzione settentrionale della città di Senigallia: il quartiere della Cesanella. Questa maniera di intendere la didattica come ricerca e il progetto come indagine del luogo e delle pratiche che lo informano ha una tradizione nobile che può essere descritta richiamando l’idea di “scuola” così come definita da Oswald Mathias Ungers attraverso le sue ricerche sulla Città-Arcipelago condotte presso la Technische Universität di Berlino durante gli anni ’60 o le coeve esperienze della Cornell Urban Design Studio alla Cornell University di Ithaca. La parola “scuola” è ambigua e può avere un doppio significato. Da un lato questo termine può essere inteso come un luogo che definisce l’architettura come disciplina autonoma che indaga lo studio della forma e del suo significato, dall’altro, la scuola è un luogo di costruzione di consenso, autorità e potere culturale. Il concetto di “scuola” che è stato richiamato in questa ricerca è più precisamente quello di un laboratorio dove il rapporto tra insegnamento e ricerca è inteso come reciproco scambio e processo di sedimentazione. La questione posta al centro del laboratorio è stata l’invenzione di nuovi spazi e


il suo sistema di arenili, le due famiglie di progetti hanno tentato di rapportarsi all’intorno attraverso atteggiamenti che vanno dal rafforzamento del carattere introverso che manifesta oggi la Cesanella, alla sua ridefinizione come nodo di un sistema di relazioni reticolari che si manifestano alla scala urbana. Infine, la terza parte di questo libro, Racconti, presenta una serie di contributi attorno ai temi del turismo e delle pratiche del riciclo. Il saggio di Sara Cipolletti, Inventare il turismo: il progetto delle nuove pratiche e dei nuovi spazi, ragiona attorno ad alcune singolari attitudini spaziali e relazionali che connotano il fenomeno turistico, che si manifestano, ad esempio, attraverso il desiderio di interazioni emotive tra abitanti temporanei e luoghi e sulle ricadute progettuali che tali manifestazioni, implicitamente, pongono. Nel passaggio da un’idea di turismo come processo banalizzante il carattere dei luoghi ad una concezione di turismo come processo di “post-produzione”, capace di identificare nuove narrazioni, questo saggio ragiona attorno a nuove forme di concezione e “messa a terra” degli spazi turistici. Il saggio di Silvia Vespasiani, Architettura per vacanze e dinamiche di rigenerazione urbana, riflette attorno alla costruzione e fattibilità di un programma di riuso e rigenerazione degli spazi turistici. In questa riflessione, le logiche evolutive dello spazio turistico divengono oggetti di un’indagine dove gli strumenti del progetto possono reagire attraverso strategie di adattamento dei vecchi spazi turistici a nuove istanze, non solo turistiche, o adottando un carattere più sperimentale proponendo nuove forme di rigenerazione degli spazi dell’abitare. Il saggio di Francesca Pignatelli, Riciclo e scarto: presente continuo o eterno ritorno?, guarda alle pratiche del riciclo come un campo di azioni puntuali che riguardano prevalentemente il minore, l’ordinario, l’anonimo, e il cui obiettivo primario è innescare processi. Il riciclo racchiude in sé una doppia anima: da un lato, per il suo specifico rapporto con il dato contestuale e materiale, contribuisce al delinearsi di una nuova “estetica del reale”, dall’altro si afferma come operazione concettuale e immateriale che attraversa diversi campi della cultura contemporanea (dall’arte, al cinema, alla letteratura) operando con strumenti quali l’analogia, la citazione. Questo saggio esplora la doppia natura del riciclo, tra realtà e analogia, attraverso il racconto e il confronto di alcune situazioni emblematiche.


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Nelle pratiche del turismo moderno si manifesta un atteggiamento decisamente antiutopico verso il progetto dello spazio urbano in quanto forma di interazione con i luoghi, mossa da un desiderio di esperire differenze culturali e identità locali, di appropriazione visiva dei luoghi piuttosto che dalla ricerca di modelli utopici o universali. Lo sguardo del turista moderno è tradizionalmente conservativo, esso rende eterno tutto ciò che viene compreso nel suo raggio visivo. La dimensione temporale che viene evocata coincide quasi sempre con quella del passato. Questa forma di turismo funziona come una macchina capace di trasformare il divenire in permanenza, la fugacità in eternità, l’effimero in monumentalità. In tal senso, l’abolizione dell’utopia è resa evidente esattamente nel momento in cui questa viene individuata e presentata come già realizzata. La Polinesia di Paul Gaugain o la Grecia dei viaggiatori nordeuropei di fine Ottocento sono alcuni esempi di questo atteggiamento dove l’utopia non è una rottura o una tabula rasa da riconfigurare, ma corrisponde ad una dislocazione, alla ricerca di qualcosa che già esiste. La diffusione di questo modo di concepire lo spazio turistico ha prodotto, soprattutto durante il dopoguerra in Europa, la diffusione di un atteggiamento negli abitanti verso i luoghi in cui si abita per cui, quando un soggetto è stanco della vita che gli viene offerta nella sua città non si sforza più di rivoluzionarne o cambiarne i caratteri. Più semplicemente ci si sposta in un contesto differente, per un breve periodo o per sempre, alla ricerca di ciò che sembra mancare nei luoghi di origine. Si tratta di forme di mobilità in cui si colgono diverse sfumature tra turismo e migrazione, che hanno radicalmente modificato il rapporto tra abitanti e spazi urbani o territori ridefinendone rapporti e dipendenze. Nell’epoca della postmodernità questa forma di turismo coabita con un altro fenomeno che, richiamando Boris Groys1, è possibile definire come “turismo totale” o turismo post-romantico in cui ciò che si mette in movimento non sono solo



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Le riflessioni di Boris Groys sul rapporto tra forme del turismo contemporaneo e ridefinizione delle identità locali, possono essere utili per riflettere sui caratteri e problemi che connotano oggi i litorali urbanizzati dell’Adriatico occidentale, in particolare alla porzione mediana marchigiana, i loro assetti insediativi e le relative forme del turismo. Questi luoghi, corrispondenti a sequenze ordinate di filamenti urbanizzati, infrastrutture, tratti di spiagge urbane e spazi residuali, descrivono bene le logiche degli straordinari processi di modernizzazione che si sono dispiegati durante il Novecento lungo i territori del Medio-Adriatico. Qui, al contempo, in maniera più decisa che in altri contesti interni, si mostrano i segni dell’attuale crisi del modello insediativo adriatico e, più in generale, della sua immagine. Le coste dell’Adriatico occidentale sono un particolare luogo turistico presente nell’immaginario collettivo più che altro come spazio attrezzato ma privo di emergenze o qualità ambientali particolari. Un litorale segnato da una particolare “minorità” marina se confrontato ad altre, più celebrate, riviere. Qui la costruzione dell’immagine turistica ha coinciso prevalentemente con un’offerta, piuttosto strutturata e ben organizzata, di servizi e infrastrutture per un’utenza che dagli anni ’60 in poi tendeva a mostrarsi piuttosto compatta nelle preferenze, nei tempi e nelle forme di fruizione dei litorali. L’immagine del turismo adriatico è tradizionalmente basata su un’offerta di spiagge confortevoli più che di immagini pittoresche, su servizi di qualità piuttosto che sulla valorizzazione o “elevazione a maggiore” di emergenze ambientali o sceniche. Questo modello, per molti versi, ha funzionato bene almeno fino alla fine degli anni ’80, quando forme regolate del turismo moderno hanno saputo ambientarsi in luoghi pensati per comportamenti “allineati” nell’uso dei tempi e degli spazi costieri. L’entrata in crisi di questo modello, dovuta all’affermarsi di pratiche del turismo meno ripetitive, alla polverizzazione dei tempi, alla moltiplicazione delle destinazioni, ha prodotto la


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Questa ricerca è stata affrontata analizzando un contesto piuttosto circoscritto, la Cesanella, corrispondente ad una porzione di frangia di città adriatica localizzata nella parte nord di Senigallia nella provincia di Ancona. Quest’area, pur trovandosi strategicamente in una zona di interfaccia tra campagna, litorale e periferia consolidata e a ridosso di importanti infrastrutture per la mobilità, manifesta un netto carattere di residualità sia rispetto ai diversi contesti con cui è a contatto, sia rispetto alle pratiche di uso e fruizione turistica della costa. Questa parte di Senigallia può essere descritta come una sequenza di ambienti urbani definita da tre segni alla scala territoriale tra loro paralleli. I primi due, lungomare e ferrovia, individuano segmenti di città balneare novecentesca fatti di palazzine, case isolate su lotto, hotel e attrezzature per la fruizione turistica del litorale. Alle spalle di questo ambiente, lungo la strada statale Adriatica, si attestano filamenti urbani consolidati connotati dalla presenza di attività commerciali e servizi. Oltre questa fascia il tessuto urbano di Senigallia tende a sfrangiarsi, includendo porzioni di spazi residenziali, spazi in attesa, un parco urbano, frammenti di reti ambientali. Il parco urbano presenta le geometrie e i segni propri del territorio rurale costiero, di cui rappresenta un frammento inglobato nel tessuto urbano, le parti residenziali che lo circondano corrispondono a lottizzazioni residenziali dalla forma irregolare il cui materiale edilizio principale è costituito dalla palazzina. In questa zona si trova l’area di progetto presa in considerazione: il parcheggio di Villa Torlonia. Un grande lotto attualmente sottoutilizzato, corrispondente all’incirca ad un rettangolo di 200 per 100 metri. Questo spazio è definito, nel suo margine sud e lungo l’Adriatica, dagli argini del fosso di Fontenuovo, mentre la parte più interna del lotto si attesta su un parco urbano di media dimensione (Parco della Cesanella). Il fianco nord dell’area confina con il lotto occupato da un capannone. Questo lotto è utilizzato, prevalentemente durante i mesi estivi, come parcheggio


Village de vacances en carton


Récupération et éphémère sont souvent liés au concept de pauvreté, de sous développement ou de bidonville. Mais comme ces noms l’indiquent, l’architecture éphémère et de récupération ne peuvent concerner que des activités temporaires pour lesquelles il est absurde de faire des investissements comparables à ceux que suppose la résidence principale ou secondaire. C’est pour cela que les deux visages essentiels de ces architectures sont: l’élaboration de logements d’ urgence ou saisonniers, les activités de loisirs et de vacances. S’il peut paraître étonnant que les industriels qui se préoccupent de la récupération ne se soient pas davantage intéressés à ce problème, c’est que celui-ci relève d’un ensemble d’interdictions, souvent arbitraires, qui règlementent la construction. Guy Rottier Guy Rottier1 in un opuscolo prodotto nel 1986 intitolato “L’Architecture éphémere et de récuperation”2 descrive alcune sue sperimentazioni progettuali sui temi del turismo, dell’abitare temporaneo e dell’emergenza. Nel saggio si delinea una nuova urbanistica dell’effimero connotata da temi come il riciclo, la sperimentazione energetica e dalla presenza di particolari materiali urbani, come case per vacanza “a perdere” o villaggi da smantellare a fine stagione. Il progetto di Rottier del 1965 per un villaggio vacanze da bruciare dopo l’utilizzo di un’estate è stato selezionato per il Grand Prix International d’Urbanisme et Architecture del 1971. Nel 1966 immagina il recupero di autobus parigini Renault come residenze temporanee e nel 1967 un hotel fatto di autobus da cui vengono rimossi solo motori e cabine di guida. Nel 1968 progetta una casa di vacanza in cartone pensata per durare tre mesi, la cui costruzione, fatta di cartone da imballaggi di 10m per 10m e copertura in film plastico teso su pali, necessita al


La Veneguera,


Not really the same, not entirely different, landscape and architecture are quite simply similar to each other. Topography is the topic (theme, framework, place) they hold in common.1 (David Letherbarrow) Sul suolo vengono lasciate tracce e impronte, segni derivanti da un’azione o da un evento trascorso. Per Platone l’impronta (tupos) apre la questione del rapporto tra verità ed errore, fedeltà alla realtà e immaginazione, memoria e invenzione. Non è forse tra questi concetti che si muovono i flussi turistici? Alcuni architetti e studiosi, all’inizio del ventunesimo secolo, seguendo una rinnovata fascinazione e curiosità per il paesaggio hanno cominciato a teorizzare il suolo come elemento fondante un nuovo assetto territoriale. Questo interesse è dovuto a una maggiore conoscenza dell’ambiente e dell’ecologia globale, alla crescita del turismo e di conseguenza alla necessità delle Regioni di rafforzare la propria immagine, e dal forte impatto che la crescita urbana ha sulle aree rurali2. Sulla scorta di simili considerazioni la nostra trattazione si concentra sul ruolo del suolo: un “suolo attivo”, considerato come elemento primario per la riconfigurazione topografica degli spazi per il turismo, che partecipa sia come superficie che documenta, sia come materia prima del progetto di architettura, pronto a essere trasformato attraverso azioni informanti. Linda Pollak, all’inizio degli anni Duemila, conia l’espressione constructed ground3 per indicare una struttura che include l’architettura, l’architettura del paesaggio, la progettazione urbana e che coinvolge la complessità del paesaggio urbano contemporaneo. Questo framework si avvale del suolo come materiale di progetto e usa il paesaggio sia come elemento strutturante, sia come mezzo per ripensare le condizioni urbane e per produrre spazi della quotidianità. Lo scopo del suolo costruito è quello di affrontare contemporaneamente i problemi dell’architettura, del paesaggio e della città senza privilegiare una disciplina




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Le attività turistiche, fin dalla loro origine, attivano trasformazioni sociali, culturali importanti, infatti la necessità di organizzare, progettare e comunicare le pratiche, predisponendo i luoghi che le accolgono, genera considerevoli trasformazioni dei territori; si definiscono così nuovi paesaggi, spazi e attrazioni. Comprendere gli sviluppi che il turismo induce vuol dire quindi riconoscerlo come un vero e proprio processo creativo e inventivo, che ha varie accezioni e applicazioni. Tale carattere generativo oggi sembra più che mai esprimere fresca energia e nuovo valore, in un momento in cui le richieste di una maggiore autonomia del turista e l’influenza economica delle attività turistiche aprono il campo a sperimentazioni. Non esiste infatti regione che può sottrarsi alla chiamata turistica, i territori nell’esigenza di essere attrattivi e competitivi rileggono le proprie storie, aspetti precedentemente trascurati o nuove attività affioranti nelle esigenze contemporanee, per esprimere ogni potenzialità possibile. La rielaborazione dei propri caratteri in esperienze turistiche alimenta il processo creativo del turismo come azione interpretativa dei luoghi e connessione utile tra le risorse attrattive. Il progetto dell’esperienza turistica si rettifica così nella sua funzione e nei suoi orpelli educando lo sguardo a paesaggi inconsueti e a scenari più ampi. Interrogativi Turismo: invenzione o scoperta? La dimensione del viaggio comporta contraddizioni …1 L’invenzione presuppone il conseguimento di qualche cosa che prima non c’era, mentre la scoperta implica la rivelazione imprevista di quello che però già esiste. Tra invenzione e scoperta c’è una differenza sottile seppur di interesse.



Il turismo, in tutte le sue forme, può essere considerato un fenomeno spaziale oltre che sociale nella misura in cui induce trasformazioni concrete nei luoghi attraverso la costruzione di immagini e di scenari, generando forme e volumi sia in termini di “prodotti” architettonici, sia di “prodotti” urbani. Parlare di architettura per vacanze, quindi, significa riferirsi a tutti quegli episodi costruttivi che, nel bene e nel male, hanno accompagnato la diffusione delle vacanze estive; significa indagare quel rapporto reciproco tra la pratica turistica e le trasformazioni delle aree urbane che ha prodotto, nel tempo, tipi architettonici e modelli insediativi diversi. Un luogo interessato dal turismo necessariamente cambia, non rimane invariato per lungo tempo, né può tornare ad una condizione antecedente, pertanto possiamo considerare che l’evoluzione della pratica turistica offra alle discipline che si occupano di progetti per il territorio almeno due opportunità complementari: ricomporre i pezzi del lascito materiale del turismo balneare per proporre nuove convivenze alle nuove istanze (non solo turistiche); rinnovare e riformulare il proprio carattere più sperimentale per inventare nuovi motori di rigenerazione degli spazi dell’abitare. Ma è davvero praticabile un programma diffuso di riuso e di rigenerazione degli spazi costieri connessi alla pratica turistica? Eredità Ormai è palese che lo “sviluppo” ed il “progresso”, così come abbiamo inteso considerarli dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno tradito tutte le aspettative di benessere e di crescita evoluta della società. Se a ciò aggiungiamo il groviglio di problematiche legate al consumo di suolo, alla crisi economica, ai disagi e disastri



Le pratiche del riciclo definiscono un campo di azioni puntuali che riguardano prevalentemente il minore, l’ordinario, l’anonimo, e il cui obiettivo primario è di innescare processi. Il riciclo come azione puntuale deriva da uno stato di necessità, da una contingenza: dover risolvere situazioni differenziate il cui unico comune denominatore sembra essere la parola scarto, artefice del disegno di una nuova geografia che interessa in modo a-scalare edifici, città, paesaggi. Tuttavia il riciclo racchiude in sè una doppia anima: da un lato, per il suo specifico rapporto con il dato contestuale e materiale, è una pratica operativa che contribuisce al delinearsi di una nuova “estetica del reale”, dall’altro si afferma come operazione concettuale e immateriale, una prassi comune a diversi campi della cultura contemporanea, dall’arte, al cinema, alla letteratura. Presente continuo. Quando tutto accade ora Douglas Rushkoff, uno dei maggiori esperti al mondo sul rapporto tra tecnologia, società e cultura, in un libro ricco di spunti interessanti per interpretare il nostro tempo1, afferma che “il futuro che abbiamo rincorso per buona parte del ventesimo secolo è finalmente arrivato”: attraverso la tecnologia, i social network, l’accesso totale, tutto accade “qui e ora”, producendo una incredibile compressione di spazio e di tempo, in altri termini uno “shock da presente”. Tra gli effetti del presente continuo vi è il “collasso narrativo”, ovvero la fine delle grandi narrazioni del ventesimo secolo tenute insieme dalle ideologie intese come fede o promessa di un futuro migliore. Tali ideologie appaiono come soppiantate dalle decisioni real time, che prendono la forma di un “costante tentativo di gestire le più diverse crisi”.


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CREDITI I disegni alle pagg. 35-36-37-40-41-43-46-47-48-49 sono stati eseguiti da Maria Celeste di Campli. Il disegno alla pag. 54 è stato eseguito da Giada di Sante. Le fotografie dei modelli dei progetti elaborati dagli studenti sono state fatte da Genny Falleroni e Francesco Franceschini. La fotografia di copertina e le fotografie alle pagg. 14-20-23-24 sono di Alessandro Gabbianelli. Le riprese con il drone a pag. 27 sono state effettuate da Marco Fioretti, Daniele Salvucci, Michele Santinelli. https://www.facebook.com/Fly-Record-1490421724554659/?fref=ts I materiali del progetto 100 Etchings: a Journey Within, sono stati gentilmente concessi da Neri&Hu design and research office (Lyndon Neri, Rossana Hu). http://www.neriandhu.com I materiali del progetto Ahotel sono stati gentilmente concessi da KSE studio (Sofia Krimizi, Kyriakos Kyriakou). http://ksestudio.org I materiali del progetto Bedrock sono stati gentilmente concessi da BLP architects (Iro Bertaki, Christina Loukopoulou, Costis Paniyiris). http://blp.gr I materiali del progetto Tudela-Culip (CLUB MED) Restoration Project sono stati gentilmente concessi da EMF landscape architects (Martí Franch). Le fotografie sono di Martí Franch, Pau Ardèvol, Esteve Bosch. http://www.emf.cat Le fotografie in apertura dei saggi all'interno del capitolo “Racconti” sono delle rispettive autrici.


RINGRAZIAMENTI Si ringraziano tutti gli studenti del Laboratorio di Progettazione Urbana 2C della Scuola di Architettura e Design “Eduardo Vittoria” di Ascoli Piceno aa 2013/1014 che hanno condiviso con entusiasmo e pazienza questa ricerca: Lorenzo Coccia, Marco Fioretti, Michele Palazzesi, Marzia Palmieri, Nikola Pandis Panagiotis, Fabiola Pancotti, Giuseppe Paolucci, Sara Perfetti, Federica Petrarulo, Silvia Pettarelli, Ester Pichetti, Paolo Piermartiri, Jordan Piersantelli, Pietro Pignati, Martina Pompei, Caterina Procaccini, Valeria Quintabà, Matteo Quinzi, Roberta Quinzi, Luca Renzi, Caterina Ricci, Alessandro Romanucci, Marco Russi, Giuseppe Russo, Gloria Ruzzier, Giulia Sacripanti, Sofia Salvi, Daniele Salvucci, Michele Santinelli, Samuele Severini, Nazareno Stipa, Daniele Stortini, Alice Tamagnini, Gabriella Giulia Traini, Luca Trobbiani, Raffaella Vagnoni, Jessica Vagnoni, Claudia Vagnozzi, Laura Valentini, Sonia Vandelli, Daniela Vannicola, Benedetta Villi, Carlo Vittori, Mingyu Wei. Un ringraziamento particolare va a chi ha collaborato a vario titolo alla realizzazione di questo libro: Claudia Belli, Maria Celeste di Campli, Giada di Sante, Genny Falleroni, Marco Fioretti, Francesco Franceschini, Nedra Maaloul, Paola Ricco, Daniela Ruggieri, Daniele Salvucci, Letizia Saccoccio, Michele Santinelli.



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