DISSIDENTICI #2 >mostra fotografica collettiva
BRUNELLO MORO PINZAN SOUBIE
06.12 > 11.01.2015
LA CASTELLINA Pramaggiore - Loc. BELFIORE
c/o Museo Etnografico del Mulino di Belfiore
A cura di:
Grigio P 433 C al 60%
Grigio P 433 C
Rosso P 70 - 16 C
C 56 - M 43 - Y 39 - K 24
Con il patrocinio:
Comune di Pramaggiore
BRUNELLO VALENTINA CARTOLINE DI VIAGGIO Le cartoline di viaggio raccontano di città e paesi, dei loro centri storici, di presenze architettoniche, di vuoti, di strade, di luoghi importanti, di luoghi periferici. Il soggetto è lo spazio urbano, progettato o stratificato nel corso del tempo; o, meglio, la costruzione dello spazio urbano e la ricerca della sua forma. Grandi piazze, vicoli stretti, architetture antiche, edifici moderni, parchi e bisonti notturni, autostazioni tecnologiche, giostre felliniane, illuminazioni glaciali, lampioni di ghisa, alberi isolati, edifici in linea, edifici cubo, edifici impalcati da decenni, spazi accoglienti, spazi abbandonati. La cartolina di viaggio è di per sé ricordo di un momento vissuto in un determinato posto, è la rappresentazione di un’idea di un luogo. La sequenza, oltre all’intento documentario e alla comunicazione portata dalla singola immagine, ha l’intento di rappresentare per confronto, con contraddizioni e somiglianze, le forme e i materiali degli spazi. Sono i luoghi urbani, simili per cultura, che noi stessi costruiamo e che allo stesso tempo influiscono sul nostro modo di vivere e sulle nostre relazioni; sono i luoghi che possiamo quotidianamente visitare, vedere, vivere. E’ una ricerca su ciò che c’è, che già esiste e che la fotografia può registrare.
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MORO PATRIZIA “- Il filo sottile che tiene insieme due persone. - Quale filo? - Il filo di tutto quello che le tiene legate, anche quando sono lontane. Anche quando non si vedono e non si parlano. - Perché dici il filo? - Perché è una cosa molto sottile e molto resistente, no? Che puoi anche non vedere, ed è estensibile quasi senza limiti attraverso la distanza e il tempo e l’affollamento delle altre persone che occupano lo spazio e lo attraversano in ogni direzione. (...) - Come fai a sapere che il filo c’è? - Quando provi a romperlo, e ti trovi in caduta libera attraverso il senso delle cose. - E di cosa è fatto, questo filo? - Di uno scambio continuo di domande e risposte. Sguardi, anche solo immaginati. Assonanze e intuizioni e sorprese, curiosità reciproca che non si esaurisce. E similitudini, e differenze.”
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PINZAN CRISTIANO FOTOGRAFIA: E’ una
immagine ottenuta tr amite un processo di re gistrazione
p ermanente e static a delle emanazioni luminose di
nel mondo fisico
oggetti presenti , selezionate e proiettate da un sistema ottico su una superfic ie fotosensibile……..” Mi si p erdoner à se gioco con una definizione o forzo la scrittura dei termini…. ma è così che fotogr afo è Cristiano. L’infinità istantanea, che sia rubata o utile alla costruzione narrativa, è il suo assillo, sia qu ando sta dietro che qu ando si mette davanti all’obiettivo. Come la smania di chi è affamato e ricorre all’ultima riserva di energia p er aliment arsi, nell’istante prima che il fisico ce da. Ritrarre, è cogliere l’emanazione nel mondo fisico attr averso l’e spressione del fisico, specchiando nel tr amite ciò che è già specchio interiore, nel re golare l’unicità del (com)portamento. Cristiano trae, perché riconosce le re gole insite in quel gioco di riflessioni. Il corpo, l’espressione, la sicurezza o il suo contrario hanno bisogno di quella infinità del tempo affinché possano sopr avvivere al tempo nella loro emanazione. Nel ritratto non si parla ma si può ascoltarlo. Chi si prest a, si conce de al suo obiettivo come chi si rimette in mani s alvifiche. Non fosse altro che in quell’istante si è come messi a nudo nella storia che ci ha pass ati e d il futuro che c i ha attesi. Amedeo Girone
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SOUBIE LUIS Le immagini di Luis Soubie si allontanano dal riconosciuto fotografico, in quanto il ricercato vuole essere una forma evocativa, che necessariamente deve isolarsi dal presente documentato Il soggetto viene collocato in uno spazio fisico che per ragioni di prospettiva e di luce, si tramuta in uno spazio temporale, dove il vissuto è destinato ad entrare nell’ombra della luce, la quale rappresentando la vita, identifica il presente e il suo prossimo. Il punto di ripresa, pone l’osservatore nella penombra del raffigurato, in uno spazio incolto, febbrilmente distinguibile, metafora visiva di una cultura e di un vivere oramai dimenticato. In questo pensare, lo sgretolarsi del costruito pietra su pietra diventa l’inconscia perdita di valori culturali, dove il passato si sta spegnendo e la luce con il suo destinato percorso non illumina ancora un visibile futuro. E’ un profondo vedere, dove la sensibilità del percepito è modulata da forti densità e lievi cromatismi per esaltare una intensa visione, altresì malinconica e romantica. Un’ultima attenzione al formato dell’immagine, che con inconsuete proporzioni accentua lo stato di quiete del ripreso e congiuntamente ad una dimensione di stampa, obbliga l’osservatore a porsi a stretto contatto visivo e quindi a comprendere l’intimo isolamento dell’opera stessa, condizione necessaria per condividere quanto percepito dall’autore, ovvero, quel momento in cui la presenza si tramuta nella sua assenza.
Luigi De Zotti
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