P. Bartolomeo Sorge S.J. LA CHIESA DI PAPA FRANCESCO Cernusco sul Naviglio - 8 ottobre 2013 TESTI NON RIVISTI DAI RELATORI
69-2013
Don Ettore Colombo, parroco Ringrazio tutti i presenti per essere qui questa sera, così come la mia gratitudine va a Padre Bartolomeo Sorge in quello che egli ci aiuterà ad essere un momento di riflessione, di dialogo familiare su una realtà che ci sta toccando particolarmente, perché la Chiesa di Papa Francesco – di per sé – siamo noi, noi le apparteniamo e vogliamo vivere dentro di essa come spesso Papa Francesco dice di sé quando afferma che lui è figlio della Chiesa. Conosciamo tutti la preziosità del pensiero di Padre Sorge e la sua capacità di lettura delle situazioni reali che stiamo vivendo: lascio la parola a Gianni perché introduca il tema di questa sera. Gianni Cervellera Se siete qui così numerosi è senza dubbio ciò è anche dovuto alla presenza di Padre Sorge, oltre che al tema della serata. La ragione per la quale abbiamo pensato a lui, si ricollega a subito dopo l’elezione di Papa Francesco, quando Padre Sorge era stato intervistato nel merito: ci aveva colpito il suo volto di persona saggia, matura, ma con un volto da bambino. Era felicissimo, sprizzava gioia e, come diceva lui, si respirava aria di concilio. Di Padre Sorge direi tre parole: è una persona saggia, da gesuita è di solida formazione ed erede di una ricca tradizione; è creativo, nel senso che le cose che ha fatto nel corso degli anni sono molto originali; è profetico, nel senso che ha dato origine a situazioni che hanno segnato diversi anni della nostra storia. E’ stato direttore a Roma della rivista Civiltà Cattolica dopo esserne stato redattore, rimanendovi quindici anni. Poi è stato a Palermo, dove ha dato vita ad una scola di formazione socio-politica, da cui sono nate diverse formazioni politiche sparse per l’Italia, fra le quali la “Rete”. Infine a Milano, con la direzione del Centro San Fedele e della rivista “Aggiornamenti Sociali”, in una linea di impegno ecclesiale, civile e sociale al tempo stesso. Lasciamo a Padre Sorge la parola con una domanda di fondo: sono passati più di cento giorni dalla elezione di Papa Francesco da parte di cardinali che, ai più, sembravano conservatori che non si sarebbero discostati da una linea tranquilla. In questi cento giorni – ma sono molti di più – l’innamoramento verso questo papa non accenna a diminuire, anzi… la domanda che allora si pone è: che sfida vuole Papa Francesco? Che Vaticano sta trasformando e dove ci sta portando? Chiediamo a Padre Sorge di aiutarci a capire. Padre Bartolomeo Sorge S.J. Potrei incominciare col dirvi “buonasera” in stile pontificio. Sono contento di essere con voi, voglio però sottolineare una cosa che mi sta a cuore, ovvero il pericolo che noi viviamo una pagina di storia unica senza che ce ne accorgiamo, il pericolo cioè di rimanere alla superficie: i giornali raccontano, la televisione fotografa, ma cosa c’è di profondo, di nuovo? Cercheremo insieme di fare uno sforzo per capire le radici, le motivazioni, il messaggio di questa chiesa, dove va con questo papa, in modo da percorrere un cammino con qualche idea in più e con un po’ di amore più grande per la nostra chiesa. Il problema è questo: fra tre giorni, l’11 ottobre si compiono cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II° e voi sapete che Papa Benedetto XVI° ha indetto “l’anno della fede”, prima delle sue dimissioni per questo motivo. Infatti, sin dal momento della sua elezione aveva messo il dito nella piaga: bisogna che i cristiani di oggi abbiano una fede matura, la società non li aiuta più, così come non aiutano più la strutture sociali; abbiamo bisogno di uomini 1
e donne che siano cristiani adulti. E dunque Benedetto XVI° pensò ad un anno della fede che terminerà alla fine di novembre, cioè il mese prossimo. Quello che stiamo vivendo è un anno in cui ha ricominciato a soffiare il vento del concilio. Quando incominciò avevo trent’anni e ho potuto vedere e respirare quell’aria di rinnovamento, di fiducia, di ottimismo che ha pervaso tutta la chiesa e rinnovato la vita sociale nel paese. Poi è sopravvenuto un periodo di stagnazione nel quale qualcuno aveva paura ed ha sofferto molto. Il cardinale Martini diceva spesso “sogno una chiesa povera” riandando alle promesse del concilio, ma ultimamente a questa frase ne sostituiva un’altra: “ormai non sogno più, ho compiuto settantacinque anni, lascio la diocesi e mi ritiro a pregare”. In questi mesi ho pensato tanto a lui, se fosse vivo Martini sarebbe contento, perché i suoi sogni si stanno avverando. Martini fa parte di quei profeti inascoltati ma che il Signore manda per tenere viva la fiamma della speranza di una resurrezione della chiesa e noi stiamo vivendo un periodo pentecostale: questo non è un periodo come tutti gli altri e l’essere cristiani vuol dire non essere mediocri, perché bisogna riscoprire la bellezza del vangelo e Papa Francesco porta questa ondata. Ma vi ricordate come eravamo ridotti solo sei mesi fa? Faceva pietà la chiesa, c’era una chiesa stanca. Lo stesso Benedetto XVI° in Germania, parlando delle chiese occidentali, diceva di vedere chiese stanche e questo non solo perché si svuotano i templi, dove la gente non va più a pregare e a ricevere i sacramenti, non solo perché diminuiscono le vocazioni di coloro che seguono il Signore con il dono totale della vita, ma perché la gente ci rifiuta. Pensate alla piaga della pedofilia: non è possibile che sacerdoti chiamati da Dio per aiutare il popolo cristiano a trovare il Signore, siano loro a partecipare in prima persona a questi atti osceni; fosse stato qualche caso isolato, si poteva pensare a momenti di fragilità, ma quando intere chiese sono state coinvolte in questa piaga ormai a livello mondiale, c’è da pensare a come questa nostra chiesa fosse ridotta. Pensate agli scandali legati alle attività finanziarie poco pulite, lacerazioni, carrierismo, i cosiddetti corvi… Tutte cose che Benedetto XVI° aveva denunciato non potendone più e che mostrava quanto fosse profonda la fragilità della chiesa. In quei giorni avevamo un papa dimissionario, distrutto dagli avvenimenti di cui ho parlato più sopra, mostrato nella sua penosa sofferenza, in maniera indecente, dai media, quasi fosse lì lì per morire e cosa succede? Capita che a succedergli ti vien fuori “un uomo che arriva dalla fine del mondo” (la definizione è del novello papa) che in tre giorni ha ridato speranza e gioia. Ora, non è che i mali della chiesa all’improvviso siano scomparsi, ma la forza del Vangelo, la visione del bene,la figura di questo papa che con le vecchie scarpe di Buenos Aires parla meglio della povertà che non un intero trattato, che con la croce di ferro sul petto invece di una croce d’oro, fa capire bene qual è la scelta totalitaria del Vangelo. E quando ferma la jeep in Piazza San Pietro per abbracciare con affetto un handicappato in carrozzina, questo gesto ha cambiato il mondo. Le crisi della chiesa ci sono sempre state e io ricordo bene un discorso fatto con il Senatore Spadolini, un uomo anziano, di cultura solida, il quale veniva alla Civiltà Cattolica per i suoi studi e le sue ricerche in biblioteca. Un giorno mi si avvicinò ed esordì dicendo:”Senta, padre, io come studioso non riesco a capire, crollano gli imperi, finiscono le ideologie, scompaiono intere generazioni, la chiesa sembra lì lì per morire e, ogni volta, ritorna giovane”. Io gli risposi: “Ma caro presidente, vede, la chiesa non la può misurare come altre associazioni, certo può misurare la chiesa sociologicamente, può dire quanti sono i nuovi battezzati, una volta delle nuove adesioni si parlava di nazioni conquistate al vangelo; la può misurare economicamente, ovvero quanti soldi ha la chiesa, lo IOR, oppure quanto sia alto il suo patrimonio culturale e architettonico. Ma se lei presidente non aggiunge a tutti questi aspetti una X, l’equazione non torna. La X è l’origine divina della chiesa e se dimentica questo e il fatto che in essa vi sia Gesù, vivo e risorto, capo mistico del corpo e che nessuno prevarrà contro di essa, il problema è tutto lì, a dimostrazione che Dio c’è”. A mio parere il concilio è la prova dell’esistenza di Dio, perché cinquant’anni fa nessuno poteva prevedere i problemi del ventunesimo secolo: non la l’avevano capito né gli uomini di cultura, né gli uomini politici, né gli uomini di chiesa, ma il concilio, convocato dallo Spirito Santo ha messo le premesse per affrontare i 2
problemi che sarebbero esplosi nel XXI° secolo. Oggi l’arrivo improvviso del papa dall’America Latina, primo gesuita a diventarlo che deve affrontare l’aria del concilio, ci fa rivivere quella discesa dello Spirito che accende i cuori di speranza nel mezzo di una crisi epocale strutturale terribile per cui non tengono più i valori e si sfasciano le reti importanti della convivenza civile: crisi della famiglia, dell’economia, della politica. E qual è la risposta che Dio dà alla crisi del mondo e della chiesa? Se voi osservate, a rapido volo d’uccello, duemila anni, noterete che crisi di questo tipo ogni tanto ritornano, non sono però una maledizione, sono i dolori del parto. Ogni volta che la chiesa tocca il fondo, tradita nei suoi ideali, rinnegata dai suoi uomini, attaccata dai persecutori, se continua a resistere, fratelli miei, siamo all’alba di una nuova primavera cristiana. Ed è quello che sta avvenendo oggi, in questi sei mesi di pontificato che non ha scritto libri o encicliche, ma ti fa vedere il vangelo. L’enciclica ultima che è stata pubblicata, quella – come dicono – scritta a quattro mani da Ratzinger e Bergoglio, in sostanza è scritta da due mani, quelle di Ratzinger più un dito quello di Papa Bergoglio che avrà aggiunto qualcosina. Si può dire che la prima enciclica di Papa Francesco sia la sua vita, ad esempio quando sostiene “chi sono io per giudicare una persona omosessuale?”. Lui è quello che vince il male con il bene, lui non scomunica. A mio parere, la cosa più grande – nel momento in cui la chiesa con il concilio ha cambiato ed ha approfondito la sua ecclesiologia – è capire che la chiesa di Papa Francesco è nel solco della chiesa del concilio. Capirete perché lui, primo papa che non ha partecipato al concilio, (gli ultimi quattro lo avevano fatto) viene eletto dal Signore per essere suo testimone! Vorrei farvi notare brevemente le novità della chiesa del concilio che, per un po’ di tempo, ci siamo dimenticati di avere vissuto, e come Papa Francesco le stia realizzando, cercando di capire le radici per cui le cose avvengono. Il Concilio Vaticano II° non è stato un concilio come gli altri: lo chiamano XXI° concilio perché nella storia della chiesa, in duemila anni, la Chiesa Cattolica ha celebrato venti concili, ma questo è vero solo cronologicamente, è un unicum, non ne esiste un altro e questo si evince dalle parole di Giovanni XXIII° quando lo annuncia così: “Sempre la chiesa si è opposta agli errori, spesso li ha anche condannati con la massima severità, ora tuttavia la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che rinnovando la condanna”. Oggi, parafrasando questo passo della “Gaudet mater ecclesia”, (discorso di introduzione del concilio. Ndr) Papa Francesco si riallaccia a Papa Roncalli: è bellissimo questo ponte, potremmo dire, rileggendo le parole di Giovanni sulle labbra di Francesco, che sempre la chiesa ha confutato con la filosofia cristiana le filosofie moderne, sempre la chiesa ha affermato la superiorità dell’etica cristiana sull’etica laica, sempre la chiesa ha contrapposto l’ideologia cattolica alle altre ideologie politiche. Ora, tuttavia, la sposa di Cristo, nel mondo secolarizzato e globalizzato, senza negare l’importanza dell’incontro tra fede e ragione, preferisce mostrare la forza innovatrice del vangelo con la testimonianza. Fratelli miei, il vangelo è un libro da vivere, più che un libro da citare, certo noi dobbiamo anche citarlo insieme alla sua dottrina, il vangelo però è vita, è vita nuova, è missionario; se un cristiano vive il vangelo, cambia il mondo; se un operaio, un imprenditore vivono il mondo del lavoro da cristiani, anche il mondo del lavoro cambia; se un maestro e un docente vivono la scuola da cristiani, cambia il mondo della scuola, e questo perché un cristiano è un trasformatore e ciò succede in tutti i campi compresa la politica, e laddove non succede nulla è perché coloro che ne fanno parte non vivono il proprio ambiente da cristiani. Allora, come dice il concilio, bisogna ritornare al vangelo e viverlo: in altre parole, per capire il valore della povertà evangelica, la croce di ferro sul petto e le scarpe usate ai piedi, scrivono di più di un trattato teologico; per far capire la bellezza dell’amore cristiano, l’esempio del papa che, alla vista di un disabile, scende dalla macchina e va ad abbracciarlo, serve di più che imparare a memoria il catechismo: è la differenza che c’è tra il vangelo vissuto e il vangelo citato. Vivendo il vangelo Francesco non smentisce affatto l’importanza dell’insegnamento della chiesa, ma più che proporre la verità in termini filosofici e in termini teologici, preferisce testimoniarla attraverso il linguaggio della vita che tutti capiscono.
3
Vi mostro quello che ave va profetizzato il concilio e che voi ritrovate nei testimoni di questi cinquant’anni. Qualche mese fa la Diocesi di Molfetta mi ha invitato a commemorare don Tonino Bello in occasione del ventesimo anniversario della morte. Io mi ero incontrato con lui, però non è che lo conoscessi molto, ma dovendo preparare il mio intervento, ho scoperto che don Tonino ha lo stesso messaggio di Francesco, lo stesso di Martini, di Lazzati, il messaggio di uomini santi che hanno tenuto presente il concilio e la voce dello Spirito e ci fanno capire dove va la chiesa. Papa Giovanni, nel suo discorso dell’11 ottobre 1962 aveva detto che la chiesa deve fare un balzo in avanti. Oggi, dopo cinquant’anni, noi siamo in grado di vedere chi, con salti in avanti, ha fatto la chiesa. Perché la fisionomia della chiesa che sta nascendo, rinnovata, è la chiesa del concilio, la chiesa di Francesco. E per definirla, userò i seguenti aggettivi: una chiesa libera, una chiesa povera, una chiesa serva. Vedrete qui di seguito come questi aggettivi siano una chiave di lettura di Papa Francesco sulla chiesa. Cerchiamo di vedere innanzitutto quello che, nel merito, dice il concilio e quello che dice Papa Francesco. Qual è stato il primo balzo in avanti del Concilio Vaticano II°? E’ stato quello di spostare l’accento dell’ecclesiologia societaria alla ecclesiologia di comunione. Che cosa vuol dire? Quest’anno si celebrano i 1700 anni dell’Editto di Costantino: nel 313 Costantino promulgò un editto sulla libertà di culto, sottoscrisse che la religione cristiana non doveva più essere perseguitata, pertanto, da allora, i cristiani non si rifugiarono più nelle catacombe in segretezza. Certo, fu una bella cosa, ma caro Costantino, quanto ci ha rovinato tutto questo! La rovina è che, con questo editto, Costantino ha trasformato la chiesa in uno stato. Mille e cinquecento anni fa si discusse sulle cosiddette “donazioni di Costantino”, ovvero i territori dello Stato Pontificio che, come tutti gli altri stati, ha un suo territorio, una potenza tra le altre potenze con un suo esercito, i suoi ambasciatori, i suoi ministeri… inoltre, il Concilio di Trento ha poi ricalcato, contro la Riforma, la visibilità delle chiese in termini di stato assoluto. Non è questo il vangelo, non è la corona che il papa pone sul capo dell’imperatore, salvo che se poi costui non si comportava bene, il papa gliela toglieva, e l’imperatore che andava a Canossa col capo cosparso di cenere, pregando perché Sua Santità gliela restituisse. S. Bernardo aveva un suo monaco che era diventato papa, il quale scrisse una lettera al suo abate Bernardo pregandolo di suggerirgli qualche frase “da papa”. Bernardo risponde così: “Figlio mio, ricordati che tu, come papa, non sei successore di un imperatore, ma sei il successore di un pescatore”. Anche noi ce ne siamo dimenticati. Anni fa ero a Roma, in piazza San Pietro, e vedevo i cardinali, i principi della chiesa, tutti in rosso, ciascuno con una coda di sei metri, per cui, quando entravano in San Pietro dieci cardinali, insieme a loro entravano sessanta metri di coda. Uno spettacolo! Ma se ne sono i successori, dove sono i pescatori? E’ stato Paolo VI° a tagliare le code. Tutto questo ha appesantito la chiesa, anche se non sono mancati esempi contrari a queste esagerazioni esteriori. San Francesco, vissuto tanti secoli fa, ancora oggi è una voce che ravviva la chiesa di Gesù, il povero di Nazareth, il crocifisso per la salvezza del mondo che richiama all’ordine i suoi discepoli. Il concilio, risolvendo il concetto di libertà, ha posto fine per sempre a quel regime di cristianità che era nato con Costantino e che è arrivato fino ai nostri giorni con la formazione del partito cattolico che, in verità, negli anni passati, ha fatto molto bene, ma che in questi ultimi anni si è dimostrato essere obsoleto. Si usava il potere religioso a fini politici, il trono e l’altare andavano uniti, la corona dell’imperatore e la tiara del papa andavano insieme. Questo regime di cristianità è stato superato definitivamente dal Concilio Vaticano II° sia sul piano storico, sia sul piano teologico: la chiesa non è più una società perfetta, una monarchia assoluta e Papa Francesco fa di tutto per non dare minimamente questa idea. Quando Martini, nel testamento che è stato pubblicato dal Corriere della Sera un anno fa, dice che la chiesa è stata ferma duecento anni, molti hanno storto il naso, ma questo è vero e io l’ho capito quando una sera, guardando il Telegiornale Uno, ho visto la scena della condanna del cosiddetto “Corvo”, quel cameriere di Papa Ratzinger accusato di aver portato fuori dal Vaticano documenti assai delicati. Questa la lettura della condanna: “in nome di Papa Benedetto XVI° gloriosamente regnante, invocata la SS. Trinità, condanniamo a tre anni di galera…” Ho fatto un salto sulla sedia. Ma come è possibile? Invocare la Trinità, coinvolgerla in una condanna, quando Gesù è morto per salvare tutti, quando rimanda la peccatrice assolta da ogni colpa 4
perché i suoi accusatori non ci sono più e se ne sono andati? Ma questa formula di condanna è cosa di secoli fa, usata da Pio IX°, l’ultimo Papa-Re che ha dovuto firmare l’impiccagione di due patrioti e certamente in una situazione culturale del tutto particolare. Vedete dunque, come questo primo balzo in avanti fatto dal concilio, in una chiesa che non si definisce più società perfetta, ma popolo. Ricordate la sera dell’elezione di Papa Francesco quando, affacciandosi al balcone, salutò dicendo: “Io mi inchino davanti al Popolo di Dio e chiedo che il Popolo di Dio preghi per me prima che io dia la benedizione”. E’ questo il concetto che egli continuamente ripete, cioè “Popolo di Dio in cammino verso la storia”. Il secondo balzo in avanti è stato il risalto dato alla dimensione storica della radice cristiana. Quando studiavo teologia ci parlavano del “depositum fidei”, il deposito della fede e io mi ero immaginato tutto ciò come uno scrigno, dove si custodiscono solitamente i gioielli, dentro il quale c’erano le verità rivelate chiuse a chiave, che bisognava dare fedelmente da una generazione all’altra. Ma il cristianesimo è una religione incarnata, un Dio che si fa uomo, In tutto simile a noi tranne che nel peccato, che ha pianto come noi, ha avuto fame come noi, è morto come anche noi moriremo. La chiesa continua l’incarnazione di Cristo, il messaggio cristiano ha una dimensione storica, si fa nella nostra vita, nella vita del Popolo di Dio, cittadini con i cittadini, fratelli con i fratelli, è questa la grandezza del cristianesimo, quella di un Dio che ha preso la storia e l’ha ricapitolata in sé. Una brava mamma che si spende per la propria famiglia è il Regno che viene, un bravo operaio che, sul posto di lavoro, fa bene il suo mestiere, è il Regno che viene, così come un ammalato, magari terminale, non è una persona inutile, ma è parte del Regno che viene. L’incarnazione si compie nella storia concreta di ogni giorno, nella storia della nostra Italia, nelle contraddizioni, nella vita economica, civile e politica: questo ha rivoluzionato la vecchia teologia e ci ha fatto capire che il vangelo va incarnato in tutte le lingue, in tutte le culture. L’errore che per anni abbiamo fatto è quello di identificare il vangelo con la nostra cultura di provenienza; i nostri missionari arrivavano in Africa, dicendo a quei popoli: “volete conoscere Gesù?”. E quelli “sì lo vogliamo!”. “Bene, imparate il latino”. Che c’entra il latino? C’entra perché la chiesa parla in latino, la messa è in latino e dunque, per capirci qualcosa, è necessario conoscere il latino. Non avevamo capito che la lingua africana può annunciare il vangelo meglio della lingua latina, che la liturgia accompagnata dai tam-tam della foresta, può essere più bella della Cappella Sistina a quattordici voci. Ci voleva il concilio perché facesse fare alla chiesa un balzo in avanti e far capire che tutte le lingue, tutte le culture possono lodare il Signore nella pluralità culturale e che ciò non è un guaio ma una ricchezza. Il terzo balzo in avanti è stata l’autonomia delle realtà temporali. Che cosa vuol dire? Allora, la laicità è un valore cristiano: Dio è talmente grande che, nella vita del mondo, del creato, ha immesso delle finalità intermedie che sono laiche, proprie delle funzioni dei laici, uomini e donne della chiesa: è la fine della chiesa clericale, quella definita da S. Pio X° in una enciclica del 1906 in cui diceva: “quanto alla moltitudine, fedele gregge, spetta di ubbidire ai dettami dei pastori”. Ma quando mai? L’ecclesiologia di comunione rivaluta la funzione dei laici, uomini e donne: senza laici maturi, oggi non è possibile la nuova evangelizzazione. Non tocca ai preti sostituirsi ai laici, i laici non sono minorenni che vanno guidati per mano, certo la missione unica, uguale per tutti, “La dignità dei battezzati – dice la Lumen Gentium – è uguale per il papa a quella dell’ultimo laico; diverse sono le funzioni, per alcuni lo Spirito chiama a guidare la chiesa, a consacrare l’eucaristia, a rimettere i peccati; ai laici a incarnare il vangelo nella vita della famiglia, della politica, dell’economia. Le funzioni sono diverse, la missione è unica, così come avviene nel corpo umano dove la funzione dell’occhio è diversa dalla funzione del piede, entrambi però sono necessari l’uno all’altro”. La chiesa di domani è la chiesa dei laici, uomini e donne, dove il ruolo della donna – come ha insistito anche Papa Francesco – finora non è stato capito dalla chiesa ed è stato da lei penalizzato. Nella Pacem in terris, Papa Giovanni aveva detto quali erano i segni dei tempi da cui dipendeva il futuro nella società e nella chiesa. Fra i segni di quel periodo, uno è questo: la piena valorizzazione della donna nella società e nella chiesa, inoltre l’enciclica di Giovanni Paolo II° Mulieris Dignitatem è quanto di più bello e di più grande di quanto sia stato scritto sulla donna in duemila anni di cristianesimo. 5
Voi vedete come la chiesa, in questi cinquant’anni, si è molto spinta nel rapporto esterno: dialogo con il mondo, dialogo sulla pace, campagna contro la fame, mentre è rimasta indietro sulla riforma della chiesa, un po’ per paura, un po’ per altre ragioni. Adesso arriva Papa Francesco: Francesco sta realizzando l’ideale di chiesa povera che il concilio aveva tracciato. Nella Lumen Gentium, al punto otto, si dice: “come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini la salvezza e quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per creare la gloria sulla terra, ma per diffondere, anche con il suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione”. Ripensavo a questo quando l’altro giorno ho visto il papa ad Assisi: pensate, una intera giornata passata con i poveri: appena arrivato è andato a visitare la casa di accoglienza per i disabili e lì non guarda l’orologio, si ferma da tutti, uno per uno, poi corre a celebrare la messa e subito dopo va a mangiare con i poveri e i barboni e li ringrazia per averli invitati a pranzo. Ha fatto come Gesù, che non si è circondato di poveri e di quanti la pensavano come lui, certo ha mangiato anche lui con i pubblicani ma la sua predilezione per i poveri e per quelli che non contano la certifica il vangelo. Francesco fa lo stesso, calcando sulla necessità di una chiesa povera e questa non è una scelta ideologica, come aveva fatto, ad esempio, il marxismo che diceva “proletari di tutto il mondo unitevi”, cacciando via i padroni per occupare il loro posto. Lo spirito del vangelo è altro, è che se io servo il ricco, egli mi può ricompensare; ma se io servo il povero, che non mi può ricompensare, allora veramente nel mondo è apparso l’amore. E’ bellissimo il racconto che il papa ha fatto ai giornalisti quando ha spiegato perché ha scelto di chiamarsi Francesco: è successo che nella Cappella Sistina, quando ha capito che le cose si mettevano in un certo modo, e lui stava per essere eletto papa, il cardinale Hummes che gli era vicino, gli sussurrò: “ricordati dei poveri”. In quel momento ha capito che si doveva chiamare Francesco e quando ho sentito questo racconto, mi è venuto in mente che questo è esattamente il vangelo e la lettera di San Paolo ai Galati, quando al capitolo II° racconta di essere mandato a Gerusalemme da Pietro e dagli apostoli per ottenere l’autorizzazione di andare a fare il missionario tra i pagani. “Dopo aver parlato un po’ fra loro, si diedero la mano destra in segno di conferma e Paolo si rivolse poi a Giacomo, Cefa e Giovanni, colonne della chiesa, diede loro la mano destra in segno di comunione e – continua lo scritto di Paolo – ci pregavano di ricordarci dei poveri. Cosa che – prosegue Paolo – mi sono preoccupato di fare”. Il vangelo - quindi – nasce come scelta dei poveri e il primo volto della chiesa è questa scelta. Teniamolo presente, fratelli miei, nel nostro apostolato, nella nostra chiesa parrocchiale, tutto quello che va nella direzione di una povertà terrena ben venga, è una scelta volontaria il vivere modestamente del nostro lavoro, aiutando chi è in difficoltà, senza lasciarsi prendere dall’affanno, ma con molta semplicità. Ecco dunque che Francesco ci viene a richiamare quel volto della chiesa povera che il concilio aveva tracciato. Il secondo elemento è una chiesa libera, che è soprattutto (ve l’ho già detto) una chiesa di comunione, quindi nel rapporto con le altre realtà del mondo bisogna ricuperare quella forza evangelica che nasce dalla manifestazione di Dio-Amore. Il potere non è l’arma del cristiano. Lasciatemi ricordare il cardinale Martini, lo conoscevo da tanti anni e lui era un uomo libero, e un uomo libero non può tacere, non può pensare di stare lì a vedere cosa succede, come si muove la diplomazia. Non può, la diplomazia uccide la profezia e dunque, se necessario, parliamo, con umiltà, forti del “lo spirito vi renderà liberi”. Ma mi può costare la vita! Non importa, devo annunciare il vangelo. Quando hanno ucciso don Puglisi mi trovavo a Palermo, lui non aveva la scorta come qualcuno di noi, ma era un uomo libero e in un contesto altamente mafioso, predicava il vangelo e strappava i ragazzi alla mafia e al vizio. L’hanno ucciso ma non hanno ucciso i suoi ideali, “non lo si può fare” e don Puglisi, conosciuto solo nel suo quartiere, divenuto martire è un monito per tutta la chiesa. Mons. Romero, che ho conosciuto a Puebla, non era una testa calda come me l’avevano descritto, era un uomo umile come lo era pure dom Helder Camara. Quando Romero vedeva uccidere come bestie i suoi campesinos dagli squadroni della morte, col vangelo in mano gridava “non lo potete fare, è contro Dio e contro l’uomo”. L’hanno ucciso sull’altare mentre celebrava la messa. 6
Non è la vita che conta, quello che conta è la salvezza, cari fratelli, il pastore che dà la vita per le sue pecore, ma prima di tutto non scappa. Vedete allora come la chiesa del concilio è una chiesa libera dalle pastoie del potere e come è bello ascoltare il papa parlare con schiettezza, rivolgendosi ai religiosi “finiamola di vendere le tante case vuote per fare degli alberghi, diamole ai poveri, ai rifugiati, agli immigrati”. E’ questa una chiesa povera, una chiesa libera, che per amore dei privilegi non sta zitta. “Ma se io critico la cultura che oggi ci governa, non danno più soldi per le scuole e per gli oratori!”. E allora? Noi dobbiamo annunciare il vangelo, non contare gli euro! Non servono i Concordati perché non è il Concordato che ci orienta nell’evangelizzazione o i privilegi dei potenti. No, è la povertà, è la santità il fine della chiesa, è la Parola di Dio, è il Gesù dell’eucarestia. E’ questa la forza del cristiano e il concilio l’ha detto, così come queste cose le dice Papa Francesco. Un papa che non ha mai preso la macchina, quella targata SCV1 che è una mercedes ma una macchinetta forse di qualche impiegato e si sposta con quella. A Rio de Janeiro c’era un corteo di macchine e lui in mezzo, con quella utilitaria: uno spettacolo! Oppure il giorno dopo l’elezione a papa, quando si è recato a Santa Maria Maggiore, la basilica più antica, per portare fiori alla Madonna. Ve lo ricordate? Francesco aveva in mano un mazzolino di fiori, sembravano quasi fiori di campo e, con grande solennità, li ha deposti sull’altare. Imperdibile! Il primo papa che porta alla Madonna, Madre della chiesa, Regina del cielo e della terra, pochi fiori, e lo fa personalmente e con naturalezza. Mai successo, fratelli miei, non sentite che aria diversa, non sentite come il vento del concilio ha ripreso a soffiare dopo anni di stagnazione? E’ una benedizione! Io ricordo le battaglie di Paolo VI° e di Civiltà Cattolica (già nell’800 succedevano) sul potere temporale convinti – anche teologicamente – che la chiesa dentro un potere temporale finiva come chiesa. Ricordo che Papa Montini che sale al Campidoglio per ringraziare la città di Roma dell’ospitalità data ai padri conciliari e usa queste parole: “Permettete che io ringrazi il Signore che ha tolto alla chiesa il potere temporale”. Che belli i tempi del concilio! E arriviamo al terzo elemento, cioè una chiesa serva. Qui c’è tutto il problema della collegialità: il papa si firma servo dei servi, e tutte le forme di collaborazione, di partecipazione tra le diverse componenti della chiesa non sono per ragioni efficientistiche, ma per una ragione teologica. Ed ecco l’invito del papa ad uscire da questa chiesa chiusa, basta con questa chiesa ripiegata su se stessa, preoccupata dei suoi problemi interni, se la gente viene o non viene, e la dottrina dice così e sulla vita sessuale dice colà… Basta! Fuori verso le periferie del mondo, quelle geografiche e quelle esistenziali. Ascoltiamo le sue parole: “la chiesa è chiamata a uscire da se stessa; dice Gesù “io non sono venuto per farmi servire, ma per servire il mondo del dolore, dell’ingiustizia, del peccato, dell’ignoranza”. Di che servizio parla il papa, visto che di servizio nella chiesa ne facciamo tanto? Quanti volontari, soprattutto giovani si danno da fare, addirittura vi sono persone che si danno agli altri con molto sacrificio, tralasciando talvolta altri doveri. “Stiamo attenti – dice il papa – a fare questo servizio non con l’animo degli stipendiati ma con l’animo dell’amore di Cristo e del suo annuncio”. Molte volte noi annunciamo noi stessi, la nostra bravura. Allora la chiesa appare come una organizzazione che incute rispetto, paura e soggezione; questa non è la missione della chiesa, quella che accompagna la persona con i suoi dolori e le sue speranze per portarla a Cristo. Il mondo che si sta delineando nella chiesa di Papa Francesco è il mondo della chiesa del concilio, una chiesa libera, una chiesa povera, una chiesa serva. Ringraziamo allora il Signore di vivere questo momento, il Signore ci ha chiamati ad essere cittadini cristiani in un momento di svolta di crisi del mondo: non ci dobbiamo scoraggiare, l’importante è vivere il vangelo, vivere la nostra fede; dunque approfittiamo di questo dono del Signore che è la conferma di un concilio, di un papa che si riallaccia a Papa Giovanni e supera di colpo la stagnazione del post-concilio, le paure, le miserie, le nostalgie di tanti uomini di chiesa. La nostra vera forza è il Signore, lasciamo che egli ci comunichi la sua intimità, sentiamoci figli del padre e amiamo i nostri fratelli.
7
Lasciamoci con la preghiera incredibile di Gesù nell’ultima cena e ricordata da Giovanni, al capitolo 17, che dice così: “Padre, ti prego che siano una cosa sola con noi, come tu in me e io in te, anch’essi siano in noi. E il mondo creda che tu mi hai mandato”. La prima dimensione della vita cristiana è la grazia divina, l’unione con Dio, la vita sacramentale, l’eucaristia, la Parola di Dio. Gesù però continua quella preghiera con queste parole: “Padre, ti prego che essi siano una cosa sola tra di loro, perché tu in me e io in loro e il mondo creda che tu mi hai mandato e sappia che tu hai amato loro come hai amato me”. Fratelli miei, il segreto e l’anima di una chiesa povera, libera è tutto qui: la nostra unione con Dio e la nostra unione con i fratelli è il cuore del vangelo. Ringraziamo il Signore che, al di là della luce del concilio di cinquanta anni fa, in questo cinquantesimo ci fa rivivere, con il dono di Papa Francesco, la freschezza e il tempo della Pentecoste e ci faccia accostare ad una vita più fedele, più generosa per lui e più unita per noi. Questa è la chiesa di Papa Francesco, altre chiese non ne conosco. Amen.
Dibattito Domanda Sembra che ci sia una chiesa entusiasta di Papa Francesco e qualcun altro sta alla finestra. E’ possibile per il futuro, tornare indietro rispetto alle novità che questo papato sta portando, cioè quello di una chiesa più autentica? Risposta Essendo io stato a Roma venticinque anni, ho visto da vicino tre papi: Papa Francesco non è una novità assoluta. Papa Giovanni è stato il primo ad avere intuizioni straordinarie, pensate che il concilio lo voleva fare anche Pio XII°, ma era anziano e, viste le difficoltà, ha rinunciato. Papa Giovanni aveva tutti contrari all’indizione di un concilio, ma ha proseguito nella sua idea dirompente; quando ha ricevuto il genero di Kruscev in Vaticano, gli ha offerto un sigaro e alla moglie una corona del rosario. Alcuni giornali sostenevano che questo papa ci sta rovinando, perché avendo ricevuto in udienza un parente del capo del Partito Comunista Sovietico, la Democrazia Cristiana – si diceva – alle prossime elezioni perderà due milioni di voti, cosa che puntualmente avvenne quando si andò a votare. Non bisogna però dimenticare i trenta giorni di Papa Luciani: è stato il primo papa a rifiutare la tiara. Paolo VI°, a suo tempo, l’aveva venduta e il ricavato fu dato ai poveri. Papa Luciani non l’ha voluta, la qual cosa imbarazzava qualche padre, io stesso ricevetti la confidenza: Papa Luciani era piccolo di statura ed era poco visibile in mezzo a tanta gente che veniva da tutto il mondo per vederlo. Allora, passi per il rifiuto della tiara, ma si deve rassegnare a salire sulla sedia gestatoria, in maniera da essere visto. Comunque l’idea di salire su quella sedia, pesando sulle gambe e sulle braccia di otto persone lo ha sempre messo in difficoltà, gli faceva tenere una posizione tutta rannicchiata. E’ anche stato il primo papa a eliminare il “noi”, plurale maiestatico, usando la prima persona singolare, cioè “io”. Papa Luciani è stato un pastore e, se fosse vissuto più a lungo, avrebbe cambiato molte cose. Poi è arrivato Giovanni Paolo II°, l’apostolo del mondo, un gigante! Si tornerà indietro? Credo proprio di no. Domanda Nel programma evangelico di questo pontefice si possono riconoscere tutte le culture, le antropologie e la necessità di aprire il dialogo in tutte le sue forme, anche con chi non ha i medesimi testi di riferimento, vista la loro grande presenza nella nostra società e l’ecumenismo nelle chiese cristiane? 8
Risposta Mi ha impressionato quello che il papa ha detto sui fratelli Ebrei e la risposta a Scalfari, cioè che noi, come chiesa, e l’umanità in quanto tale, dobbiamo essere riconoscenti agli ebrei perché, nonostante le sofferenze della Shoà e il disagio della storia, sono rimasti fedeli al loro Dio. Anche noi cristiani siamo in attesa del messia, perché – continua il papa – Gesù ha detto: “ritornerò alla fine dei tempi”. Mi veniva in mente quello che mi hanno fatto vedere a Gerusalemme dall’alto del Monte degli Ulivi, da cui si vedevano le torri della città ed anche una porta chiusa che, si dice, si aprirà il giorno in cui il messia, arrivando, la spalancherà. Il Cardinale Martini, con i non credenti, si comportava come fa il papa che, in maniera molto informale, fissa un appuntamento per parlare con Scalfari. Per Martini, ogni persona umana, credente o non credente, ha una sua trascendenza e si chiedeva perché non ci si potesse incontrare con le altre culture e con i non credenti in quella fascia trascendente che c’è in ogni persona. Oggi si parla del “cortile dei gentili” del Cardinale Ravasi, ciò ricorda la Sinagoga, dove c’era il cortile dei sacerdoti, il cortile dei giudei e il cortile dei gentili, cioè i pagani. Martini, questi ultimi non li ha tenuti in cortile, li ha messi in cattedra ed ha pensato “la cattedra dei non credenti”, convinto che ogni persona, figlio di Dio, ha scritto nel cuore il bisogno di trascendenza e quindi perché non incontrarci anche con le altre culture, le altre religioni, in quella linea che non è fede in Gesù Cristo ma permette di camminare insieme. Questo, fratelli miei, è il vangelo “non sono venuto per i sani ma per i malati”. Domanda La teologia della Liberazione è stata una parte importante della Chiesa Latino-Americana: cosa ci può dire in merito? Risposta Io sono stato un testimone oculare perché il papa mi mandò a Puebla alla riunione dei vescovi latinoamericani (CELAM) e ho lavorato nella stessa commissione dove c’era Helder Camara (vescovo del Brasile) che doveva studiare la Dottrina Sociale della Chiesa e, in particolare la Teologia della Liberazione; quindi ho potuto vedere da vicino come in America Latina la si interpretava. C’erano varie tendenze: c’era un ramo tipicamente marxista (come spiega un testo dal titolo “la lettura materialista del vangelo”), quindi in quel momento si diceva così: bisogna cambiare, si distingueva nel marxismo l’ideologia dalla metodologia, in quanto l’ideologia il cristiano non la può accettare perché atea e materialista. Si pensava di prendere il metodo rivoluzionario marxista applicandolo ai valori del vangelo. Ci fu un dibattito a Roma nel quale intervenni anch’io sulla possibilità di distinguere la metodologia dall’ideologia. A Puebla si condannò chiaramente la Teologia della Liberazione marxista perché inaccettabile per un cristiano. Esistevano altre tendenze di Teologia della Liberazione che non erano sbagliate, tanto è vero che la Congregazione della Dottrina della Fede con Ratzinger pubblicò due documenti su questo tema: il primo condanna la Teologia marxista, l’altro di approvazione della Teologia evangelica; quindi anche Helder Camara e Oscar Romero erano su queste posizioni e posso testimoniarlo perché anch’io ero presente a quelle discussioni che abbiamo dibattuto a lungo. Tra l’altro, la Teologia della Liberazione era una teologia che parlava di liberazione non solo dal peccato ma anche delle strutture di peccato, quindi anche una liberazione politica, non sul piano della lotta politica, ma sul piano storico. Domanda In questi ultimi tempi abbiamo sentito parlare molto di valori non negoziabili: come è l’adozione di questi valori di fronte alla testimonianza di Papa Francesco che vuole parlare con tutti, anche con la madre che ha abortito, piuttosto che con altri soggetti? 9
Risposta Questo è lo stesso problema che aveva Martini, sapete qual’era il suo guaio? Che si era talmente riempito della Parola di Dio che è andato a vedere i problemi umani con gli occhi di Dio, ma talvolta gli occhi di Dio non sono gli occhi del Diritto Canonico. Se una donna, con tre figli, abbandonata dal marito, trova un uomo che si prende cura di lei e dei figli, che la rende felice, perchè questa donna che ha figli, che ama il Signore e la vita l’ha condotta a fare delle scelte difficoltose, non può accedere all’Eucarestia? Dobbiamo usare i sacramenti come strumenti di penitenza: prima ti metti a posto come dice il Diritto Canonico, oppure la comunione non la fai! Ma chi di noi è degno di farla? Siamo tutti indegni, Gesù però sta nel tabernacolo per essere la forza dei deboli e se una donna, in una situazione drammatica, piena di fede e d’amore non sa come uscirne, ma chiede di ricevere il Signore per avere forza e luce, noi subito a ricordarle il Diritto Canonico. Certo noi siamo con la chiesa e le sue norme, ma ormai sono molti i vescovi che dicono che il problema pastorale che si pone, è reale. Bisogna vedere i problemi con l’occhio di Dio e qui si arriva alla domanda sui valori non negoziabili: tutti i valori sono non negoziabili, ma cosa vogliamo negoziare con la vita? Oltretutto la vita è il fondamento di tutti i diritti; che me ne faccio del diritto della libertà di parola se mi neghi il diritto alla vita e così per altri diritti? Il problema si pone a livello politico e di legislazione, perché quando si tratta di mediare – e la politica è l’arte della mediazione – nessun principio assoluto come è la libertà deve essere mediato attraverso la politica e, in democrazia, attraverso il consenso popolare, il consenso delle coscienze. Allora il segreto del cristiano in politica non è dire che questi valori sono provvidenziali e io farò di tutto perché ciascuno li osservi, ma quando il legislatore fa delle leggi ispirate ai valori, vi si accosta con gradualità, per cui la prima cosa da fare per un cristiano in politica attiva, in Parlamento, è di non vergognarsi di essere cristiano, non votando (se questo è il suo credo) il divorzio, l’aborto o altre leggi che confliggono con la sua coscienza di credente; in secondo luogo queste convinzioni vanno testimoniate con la propria vita: la chiesa fa bene a enunciare questi valori. Quando si sta in Parlamento e ci sono leggi che servono in una società pluralistica e con culture diverse, bisogna arrivare al maggior bene possibile, piuttosto che scegliere (come ci dicevano in seminario) il minor male possibile. Oltretutto se la maggioranza dei cittadini non crede più in certi valori, anche sul piano legislativo è difficile imporli per legge. Domande 1. Come si può rimediare alla secolarizzazione della società? Nella scuola, ad esempio, ci dovrebbe essere lo studio della storia delle religioni vista la multiculturalità degli alunni e non lo studio del catechismo al quale già provvede l’oratorio e la chiesa per quanto attiene alla religione cattolica e, per coloro che cattolici non sono, gli insegnamenti ricevuti in famiglia. D’altro canto l’esigenza spirituale è di tutti. 2. Ho letto tutto quello che potevo sul cardinale Martini, sono una delle prime catechiste nel 1967 uscite dal concilio e sono convinta di quanto fosse importante per noi laici il nutrimento e la conoscenza della nostra fede, conoscenza da prolungare nel tempo attraverso l’aggiornamento continuo. 3. Lei ha detto che Paolo VI° è il papa più grande del XX° secolo, per questo la ringrazio. E’ anche il mio modesto parere. 4. Come mai sia Giovanni XXIII° e Romero non sono ancora santi? Forse perché l’uno ha tagliato la coda ai cardinali e l’altro aveva fama di essere comunista? 5. E’ di questa mattina la notizia che il papa ha convocato un Sinodo sulla famiglia per il prossimo ottobre. Cosa ci possiamo aspettare? Un altro documento che metteremo nello scaffale e non leggeremo oppure qualcosa d’altro? Risposte 10
Il concilio ha chiarito bene il concetto di secolarizzazione e di secolarismo: la secolarizzazione, intesa bene, è un valore perchè il termine significa distinzione fra due piani, il suo contrario è la confessionalizzazione. Ad esempio, noi confessionalizzavamo la politica, l’economia, l’arte, la secolarizzazione dice no a tutto questo, dice di stare attenti perché c’è una laicità fondamentale, voluta da Dio, che è esattamente il concetto che io chiamerei di professionalità. Ad esempio, come il chirurgo fa una operazione chirurgica, questa non è confessionale, ma laica, perché se toglie un’appendice, non è che ci sia un modo cattolico o protestante o ateo o musulmano per farlo, è questione di tecnica. La politica è laica, se io la confessionalizzo, cioè faccio sentire la politica a fini religiosi o uso la religione per fini politici, questo è confessionalismo. Quindi il concilio ha fatto molto bene a dire: “Cari laici, dovete dare gloria a Dio da quello che siete, cioè laici”. Ed essere laici vuol dire avere una fede matura, una vera spiritualità e, non da ultimo, la professionalità; per essere oggi apostoli non basta essere santi, un laico – per essere come Dio lo vuole – deve essere spirituale e professionalmente laico. Quando Gesù dice: “Vedano gli uomini le vostre opere buone e diano gloria al Padre che è nei cieli”, significa che il professore di matematica deve dare i numeri ma senza rovinare la matematica aggiungendo giaculatorie mentre la spiega, oppure la cuoca non può aggiungere giaculatorie al posto del sale. Questo per dire che la professionalità deve essere laica in ogni mestiere. Quindi la secolarizzazione – come dicevo prima – è la distinzione fra due piani; quello che è male è il secolarismo ovvero l’esclusione di Dio dall’orizzonte umano, ma questo non è possibile, perché la spiritualità fa parte della persona umana. Abbiamo avuto l’esempio dell’Unione Sovietica, quasi cento anni di ateismo scientifico, nel senso di strappare scientificamente Dio dalla coscienza. Sono andato a Mosca poco dopo la caduta del muro di Berlino: dovevate vedere le chiese ortodosse piene di giovani che si fermavano a lungo in preghiera davanti alle icone. Ma non venivano da cento anni di ateismo scientifico? Strappare Dio dall’uomo è cosa impossibile e questo perché siamo fatti a immagine e somiglianza sua, siamo fatti per lui. Ma io non ci credo. Che tu non ci creda è un conto, ma anche se non ci credi è così. Mi pare sia la risposta che il papa ha dato a Scalfari: “Io all’anima non ci credo, dice il giornalista e il papa, di rimando: “Anche se non ci crede, ce l’ha”. Noi siamo fatti per lui, ma la laicità la vuole Dio stesso, nelle professioni in cui siamo esperti, è chiaro che chi è cristiano opererà con animo e sentimenti che si richiamano al Signore, ma il lavoro e la politica sono laici e il padre vuole che ci siano spazi intermedi e mezzi propri che non dipendono dalla rivelazione cristiana. Se voi cercate nel vangelo come gestire un’azienda, non troverete nulla, così come non troverete come dare vita al Governo di Enrico Letta, e questo perché il vangelo enuncia sì valori e principi, ma poi c’è tutta un’arte laica che non è confessionale. Diverso è il fondamentalismo, cioè tradurre i valori religiosi in politica, cosa che, a suo tempo, abbiamo fatto anche noi quando andavamo a uccidere gli infedeli al tempo delle Crociate, per un malinteso senso di carità: visto che l’infedele, in quanto tale, incarna il male, gli si fa un favore uccidendolo e così gli impedisci di peccare. E’ una misericordia ben strana. Voi capite che la secolarizzazione, distinguendo il piano religioso e la coscienza dal piano tecnico, è molto diversa dal secolarismo che dice di poter fare a meno di Dio. C’è quella che oggi chiamano la “laicità positiva”: in una società pluralistica, se vogliamo tutti collaborare e tutti vivere insieme, non c’è altro che la laicità, il che non significa altro che camminare insieme senza imporre a nessuno la propria fede o la propria ideologia. La fede non si può imporre a nessuno, è un atto di libertà e il Signore non vuole schiavi ma vuole figli, non vuole stipendiati ma vuole amore. Per quanto riguarda il concilio e l’aggiornamento continuo, ci vogliono tempi lunghi, ma vi dirò di più: se quando sono stati pubblicati i Decreti del concilio e tutta la chiesa fosse diventata post-conciliare, io avrei paura e l’avrei anche se Lefebvre fosse stato d’accordo. E’ necessario che quando si cambia e si cresce, qualcuno non sia d’accordo, perché se tutti battono le mani, vuol dire che non è cambiato nulla; io non mi spavento per il dissenso e le paure, mi rendo conto che per cambiare tutta una impostazione di vita, di abitudini, ci vuole tempo: la differenza – in questo caso – è che qui è Dio che opera. 11
Per quanto riguarda Paolo VI°, sarà beatificato l’anno prossimo, mentre per Romero, se ancora non lo è stato, ciò è dovuto a ragioni politiche, avrebbe scontentato qualcuno: è la diplomazia che uccide la profezia. Papa Francesco comunque, ha già fatto capire che, quanto prima, la situazione si risolverà. In merito al Sinodo sulla famiglia, di prossima convocazione, sono anch’io curioso se ci saranno buon nuove, tra l’altro avendo il papa chiamato il cosiddetto G8 dei cardinali, questa, di per sé è già una forma di collaborazione che lui ha fatto capire di volere non solo per ricevere consigli: è quindi un passo verso quella collegialità di cui parlava il concilio, a cui molti guardano ancora come a qualcosa di pericoloso. Peraltro, Giovanni Paolo II° aveva scritto un’enciclica in cui diceva: “come mai il primato di Pietro, che Gesù ha istituito per dare unità, invece di essere motivo di unità diventa motivo di divisione?”. C’è qualcosa che non funziona. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” Gesù ha pensato alla figura del papa perché sia unita la chiesa poi, i cristiani si dividono per il papa. Dice inoltre Giovanni Paolo II°: “Chiedo ai teologi che mi aiutino, senza nulla intaccare, a rivedere le modalità dell’esercizio del primato pontificio”; lo stesso passaggio verrà poi ripreso da Bendetto XVI°. Io credo che si arriverà a rivedere il modo di fare il papa, senza per questo mettere in discussione la sua missione di roccia su cui si fonda la chiesa. La storia dimostra che tutte le volte che uno lascia la roccia e si butta in mare, se lo mangiano i pescecani. Amiamo dunque la nostra chiesa, questa chiesa storica, fatta di peccatori e di santi, perché non troveremo Gesù se non in questa chiesa, ne è lo sposo e non farà mai il divorzio da essa, non l’abbandonerà mai; da parte nostra dobbiamo prendere coscienza che dipende anche da noi il suo stato di salute. E come all’inizio vi ho dato la buona sera in stile papale, allo stesso modo vi do la buona notte e, se del caso, una buona cena.
12