SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERçUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLV - N° 4 ottobre 2015 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA
Dalla parte dei Poveri
89a Giornata Missionaria Mondiale
ottobre 2015
Sommario
Primo piano Giornata Missionaria Mondiale 4-5
Chiesa & missione Bimestrale dell’Ufficio Missionario Diocesano, via Trieste 13/B - Brescia Tel 030.3722350 - Fax 030.3722360 Direttore don Adriano Bianchi Direzione e redazione Via Callegari, 6 – 25121 Brescia Tel. 030.3754560 Fax 030.3751497 e-mail redazione: kiremba@cmdbrescia.it e-mail Ufficio Missionario: info@cmdbrescia.it web: www.cmdbrescia.it Kiremba su facebook: Kiremba Magazine Redazione don Carlo Tartari: doncarlo@cmdbrescia.it Andrea Burato: andrea@cmdbrescia.it Claudio Treccani: claudio@cmdbrescia.it Chiara Gabrieli: chiara@cmdbrescia.it Alessandro Piergentili: a.piergentili@libero.it don Diego Facchetti: dondiegofac@gmail.com p. Marcello Storgato: marcello@saveriani.bs.it Francesca Martinengo: fra.martinengo@gmail.com Grafica e impaginazione Andrea Burato Autorizzazione del tribunale di Brescia N. 269 del 11.07.1967 Imprimatur Curia vescovile di Brescia Stampa Tipografia Camuna Editrice Fondazione opera diocesana San Francesco di Sales, via Callegari, 6 - 25121 Brescia
Abbonamento ANNUALE 12,00 euro ORDINARIO 50,00 euro sostenitori PER LE POSTE ITALIANE CONTO CORRENTE N° 389254. INTESTATO A: DIOCESI DI BRESCIA VIA TRIESTE, 13 25121 BRESCIA CON CAUSALE: “ABBONAMENTO KIREMBA 2015” BONIFICO BANCARIO: IBAN: IT75S0350011205000000007463
IL TUO AIUTO PER LE MISSIONI BANCO DI BRESCIA AGENZIA N. 5 C/C N. 7463 - ABI 3500 CAB 11205 IBAN IT 75 S 03500 11205 0000 0000 7463 BANCA POP. ETICA VIA MUSEI, 31 - 25122 BRESCIA C/C N. 102563 - ABI 5018 CAB 11200 IBAN IT 51 K050 1811 2000 0000 0102 563INTESTATO A: UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO. kiremba ottobre 2015 2
Laudato Sì: un’enciclica da vivere
6-7
I missionari raccontano Tanzania 8-9 Brasile 10-11 Messico 12-13
Animazione missionaria Ricordando don Federico Lorini Esperienze estive: Terra santa Esperienze estive: Brasile Associazione Cesar Premi Cuore amico 2015
14-15 16-17 18 19 20-21
Orizzonti Papa Francesco in Ecuador
22-23
Formazione & spiritualità Dalla parte dei poveri Pregare Insieme
24-25 26
Blocknotes
Agenda 27 NOVITÀ PER ACCEDERE AI CONTENUTI MULTIMEDIALI, INQUADRA CON IL TU SMARTPHONEM DOTATO DI LETTORE, IL CODICE QR PRESENTE IN ALCUNE PAGINE DI KIREMBA. CON QUESTA MODALITÀ DESIDRIAMO INTEGRARE SEMPRE MEGLIO LA RIVISTA CON LA POSSIBILITÀ DI VISIONARE FILMATI, GALLERIE FOTOGRAFICHE, SITI WEB DEL MONDO MISSIONARIO ED ECCLESIALE. QUI A SINISTRA TROVATE IL CODICE QR CHE RIMANDA AL SITO DEL CMD DI BRESCIA
editoriale
La Porta don carlo tartari doncarlo@cmdbrescia.it
U
na volta, durante una veglia di preghiera per i giovani, un Vescovo chiese ai presenti raccolti in preghiera nella Chiesa Cattedrale di indicare quale fosse la parte più importante e significativa del luogo ove si trovavano. I giovani cominciarono ad indicare il Tabernacolo: luogo delle presenza reale di Cristo; qualcun altro indicò il Battistero: fonte dal quale gli uomini rinascono a vita nuova e vengono immersi nel mistero pasquale; altri ancora indicarono l’ambone: luogo dal quale viene proclamata la Parola di Dio; infine altri provarono a suggerire il grande Crocifisso alle spalle del celebrante: segno dell’amore di Gesù fino al dono totale di sé… Tutte le risposte avevano senso ed erano fondate, ma nessuna sembrava soddisfare la domanda posta dal Vescovo. Evidentemente tutti erano in attesa di conoscere quale fosse questo “luogo” così importante e decisivo. Il pastore indicò allora, tra lo stupore generale la porta della cattedrale! La porta di uscita e di ingresso: il passaggio obbligato per tutti coloro che ricevono l’Eucaristia, accolgono la Parola, rinascono a vita nuova nella grazia del Battesimo e della riconciliazione, sostano ai piedi della Croce; tutti passano per quella porta che si apre verso l’aperto del mondo, verso la vita quotidiana, verso le strade, le case, le scuole, le fabbriche, gli uffici, verso il mondo. Tutto ciò che io vivo nello “spazio del sacro” si esprime e vive nel tempo e nei luoghi della vita: la porta rende sacro ogni ambito di vita e accoglie all’interno del tempio ogni attesa, speranza, sofferenza, desiderio. Ciò che il cristiano accoglie e vive in Chiesa è chiamato ad esprimersi oltre quella soglia che lo riconduce al mondo. Viviamo un tempo difficile e complesso nel quale siamo tentati di chiudere le porte, selezionare i passaggi, difendere i confini. In Europa si progettano e si co-
struiscono più muri che ponti o porte. In questi mesi riceviamo sollecitazioni continue dalle comunità cristiane, da tanti uomini e donne di buona volontà che si chiedono: cosa facciamo? Papa Francesco illumina con le sue parole il cammino possibile, un percorso difficile, in salita, scomodo, accidentato, irto di difficoltà, è un esodo complesso e carico di incognite, ma è la via che il Vangelo offre da sempre all’umanità di ogni tempo: “La Chiesa è il popolo delle beatitudini, la casa dei poveri, degli afflitti, degli esclusi, dei perseguitati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia. A voi è chiesto di operare affinché le comunità ecclesiali sappiano accogliere con amore preferenziale i poveri, tenendo le porte della Chiesa aperte perché tutti vi possano entrare e trovare rifugio.” (Discorso ai membri dell’assemblea annuale delle PP.OO.MM; 9 Maggio 2014) Tra pochi mesi si aprirà la Porta santa del Giubileo della misericordia: un segnale in controtendenza rispetto a tanti messaggi egoistici di chiusura e divisione. I gesti solenni ed esteriori possano essere manifestazione di un autentico rinnovamento interiore personale e comunitario dove ad aprirsi saranno i cuori degli uomini e le porte delle comunità cristiane. Non è una storia nuova e inedita: ogni giorno ricevo testimonianze straordinarie e semplici da parte dei nostri missionari che giungendo in terre lontane e “straniere” hanno trovato uomini, donne, bambini capaci di accogliere e conoscere presbiteri, religiosi e laici che partendo dalla nostra chiesa bresciana hanno saputo varcare la porta di uscita verso l’aperto del mondo portando con sé la forza disarmante del Vangelo. Ascoltare e lasciarsi provocare da questo “Vangelo in uscita” ci fa bene! Ci guarisce dalla sclerocardia, dalle paure, dagli egoismi, dalle finzioni, da sguardi miopi e ottusi. La rivista Kiremba si pone in modo semplice a servizio dei nostri missionari perché la loro voce e le loro storie diventino dono, esempio e profezia. kiremba ottobre 2015
3
Primo piano
giornata missionaria mondiale
dalla parte dei poveri DON CESARE POLVARA cesarepolvara@diocesi.brescia.it
N
el ritmo frenetico della vita moderna e nelle molteplici attività e relazioni, succede poche volte che ci si dimentichi del nostro compleanno, di quello dei familiari o degli amici: diventa questo motivo di incontro, di gratitudine e di gioia. Eppure la nostra vita non la viviamo solamente in quel giorno, ma tutti i giorni “giochiamo” la nostra vita nel campo del mondo, con le nostre scelte, le nostre decisioni e i nostri comportamenti. Così è della Giornata Mondiale Missionaria: una domenica inserita nel mese di ottobre di ogni anno,caratterizzato come mese missionario, per dare sensibilità e sprone per un lavoro quotidiano in famiglia, nelle comunità, nella Chiesa a servizio del mondo. Il messaggio di Papa Francesco in questo 2015 mette in risalto in particolare il rapporto della missione con la Vita Consacrata, infatti scrive: “poiché tutta l’esistenza di Cristo ha carattere missionario, gli uomini e le donne che lo seguono più da vicino assumono pie-
4
kiremba ottobre 2015
il vescovo monari, durante un viaggio in burundi
namente questo medesimo carattere. La dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche ad ogni forma di vita consacrata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della “grammatica” della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra “vieni” e “vai”. Chi segue Cristo non può che diventare missionario, e sa che Gesù «cammina con lui, parla con lui, respira con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266). Il Papa ricorda anche il cinquantesimo anniversario del Decreto Conciliare “Ad Gentes” del Vaticano II, e invita a rileggerlo e a meditarlo come documento che suscitò un forte slancio missionario negli Istituti di vita consacrata. Sarebbe bello partire proprio da questo testo “Ad Gentes” per comprendere la dimensione missionaria della Chiesa, per poi passare alla “Lumen Gentium” che presenta il
Per la Chiesa bresciana è motivo di profonda gioia e gratitudine l’immensa schiera di missionari e missionarie che in molte parti del mondo annunciano con la vita e la parola il Vangelo di Gesù Cristo.
Papa Francesco
Dal Messaggio per la Gmm La Giornata Missionaria Mondiale 2015 avviene sullo sfondo dell’Anno della Vita Consacrata e ne riceve uno stimolo per la preghiera e la riflessione. Infatti, se ogni battezzato è chiamato a rendere testimonianza al Signore Gesù annunciando la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consacrata, perché tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame. La sequela di Gesù, che ha determinato il sorgere della vita consacrata nella Chiesa, risponde alla chiamata a prendere la croce e andare dietro a Lui, ad imitare la sua dedicazione al Padre e i suoi gesti di servizio e di amore, a perdere la vita per ritrovarla pure è frutto dello Spirito.
volto della Chiesa come popolo di Dio in cammino, e arrivare alla “Gaudium et Spes” dove si evidenzia il rapporto della Chiesa con il mondo nello stile del dialogo e della stima reciproca. Oggi, la missione è posta di fronte alla sfida di rispettare il bisogno di tutti i popoli di ripartire dalle proprie radici e di salvaguardare i valori delle rispettive culture. Si tratta di conoscere e rispettare altre tradizioni e sistemi filosofici e riconoscere ad ogni popolo e cultura il diritto di farsi aiutare dalla propria tradizione nell’intelligenza del mistero di Dio e nell’accoglienza del Vangelo di Gesù, che è luce per le culture e forza trasformante delle medesime. Mi sembra che ci possono essere tre i motivi che ad ogni ricorrenza della Giornata Missionaria mondiale ci vengono proposti: 1. Partendo dalla consapevolezza che la Chiesa è “per sua natura missionaria” (AG 2) occorre favorire una pastorale che “RIMETTA IN CAMMINO” il popolo Dio, facendo passare le comunità da una posizione di “godimento”, quasi come in campeggio, ad una “tensione di
movimento”, ritrovando il ruolo non di spettatore, ma di “PROTAGONISTA”. 2. Occorre “EDUCARE” allo “spirito di missione”, nel senso di essere attenti ai valori presenti in ogni persona, a “non soffocare mai” ma avere rispetto e stima, a “proporre” e non già imporre la verità cristiana. La missione inoltre sa scoprire le tracce di Cristo, i “semi del Verbo”, sviluppando ciò che di buono e valido è presente in ogni popolo e cultura. 3. É rimettere le comunità in “stato di missione” vivendo e stimolando la corresponsabilità di ogni battezzato,chiamato per la forza dello Spirito Santo ad uscire da sé stesso, ad aprirsi ai fratelli e a vivere nella dimensione della comunione e della partecipazione. A volte sembriamo cristiani “in panchina” o “spettatori”: questo non è uno “stato di missione”, ma uno stato di “dimissione”. Ripartiamo quindi da questa Giornata Missionaria Mondiale con la gioia e la consapevolezza della missione che Cristo ci affida. Da parte del nostro vescovo Luciano,
con il lavoro svolto dal Consiglio Pastorale Diocesano, ci saranno offerte in quest’anno le linee per un “Progetto Pastorale Missionario”, perchè ogni comunità sappia leggere meglio la sua realtà e la sua storia alla luce della dimensione missionaria. Così pure il cammino verso le Unità pastorali evidenzia fortemente l’ecclesiologia del Vaticano II, fondata sulla missione, sulla comunione e sulla corresponsabilità. Per la Chiesa bresciana è poi motivo di profonda gioia e gratitudine l’immensa schiera di missionari e missionarie che in molte parti del mondo annunciano con la vita e la parola il Vangelo di Gesù Cristo. Sia motivo per noi di tanta preghiera, di vicinanza e condivisione, di dono generoso come segno di fratellanza e di carità, come pure nell’atteggiamento di accoglienza e di solidarietà per i tanti fratelli e sorelle che bussano alle nostre porte. “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo ad ogni creatura”: oggi Cristo manda te! Buon cammino. kiremba ottobre 2015
5
Chiesa & missione intervista
laudato si’ : un’ enciclica da vivere DON GABRIELE SCALMANA salvaguardiadelcreato@diocesi.brescia.it
i colori del tramonto sul rio guamÀ , in brasile
er comprendere meglio il valore ed i contenunti dell’ultima enciclica “Laudato Si’” , abbiamo posto alcune domande a Don Gabriele Scalmana, dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale. L’ambiente è un bene comune. Come possiamo noi uomini e donne accantonare l’idea di essere i “proprietari della terra”? Questo è proprio il compito più difficile: passare da una mentalità di “dominio” ad una visione di “relazione”. L’epoca moderna, sia attraverso i sistemi di pensiero antropocentrici da Cartesio in poi, sia attraverso l’enorme sviluppo delle tecnologie, ci ha dato l’illusione della possibilità di uno sviluppo materiale infinito e di una manipolazione illimitata della natura. Papa Francesco nell’enciclica “Laudato Si’” chiama questa cultura “antropocentrismo tecnocratico”. Tutto è creatura di Dio (non solo l’umanità!) e tutto è da lui amato, nella bellezza dei rapporti naturali e spirituali che costituiscono il cosmo ordinato e variegato quale Lui vorrebbe si realizzasse, anche attraverso l’attività di questa sua
creatura, che Lui ha voluto intelligente, che è la persona umana. Quali aspetti questa di questa Enciclica susciteranno dibattito? Dal punto di vista teologico, bisogna riscoprire l’ampiezza e la dignità di una teologia della creazione che comprenda anche l’umanità e non, come avviene ora, il contrario: l’antropologia teologica che, come appendice, contiene la creazione. Dal punto di vista politico, il Papa propone il superamento della logica degli stati nazionali, per dare più potere alle istanze internazionali e mondiali. I problemi complessi (gestione dei grandi ecosistemi oceanici o forestali o fluviali, giusta ripartizione delle risorse, finanza globalizzata) devono essere affrontati in un quadro immune da ogni egoismo nazionalistico, pena il fallimento. Dal punto di vista economico occorre iniziare a pensare alle alternative. Il Papa è molto critico verso il liberismo mercantile e finanziario. Mi augurerei che soprattutto i cristiani fossero i primi a proporre un nuovo modo di fare economia: la condivisione al posto della concorrenza, il dono al posto del merca-
P
6
kiremba ottobre 2015
to, il bene comune invece dell’interesse privato. Dal punto di vista pastorale, l’enciclica è rivolta a tutti e non solo ai cattolici, ma forse un richiamo pressante al dovere della testimonianza non avrebbe guastato. Le nostre parrocchie e i nostri istituti religiosi adottano “nuovi stili di vita”? Favoriscono la finanza etica, il consumo critico, il riciclo dei rifiuti, la “cultura della cura” del proprio ambiente di vita? L’ecologia integrale: che cosa è, cosa comprende e come possiamo raggiungerla? Siccome “tutto è intimamente relazionato”, l’attuale economia di rapina, complice una politica irresponsabile e debole, provoca il disastro ambientale, il quale, a sua volta, pesa di più sui poveri che sui ricchi. Questa stessa economia, se da un lato cava risorse alla terra, dall’altro deve vendere i propri prodotti ad ogni costo per autosostentarsi e quindi promuove una mentalità mercificata che rischia di cancellare l’originalità propria delle culture indigene locali, in nome di un universale appiattimento sul modello edonistico e consumistico.
L’ecologia integrale è un grande progetto globale, ma può iniziare anche dal piccolo, quando, ad esempio, gruppi di vicini si uniscono per rendere più bello il proprio quartiere, per favorire il sorgere di servizi sociali, per esigere trasporti pubblici efficienti e comodi. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da proporre o imporre; l’enciclica propone il dialogo come metodo per elaborare insieme una progettualità concreta... Tutto il capitolo quinto dell’enciclica riguarda il dialogo, a vari livelli. Quello internazionale sulla riduzione del danno ambientale, ha visto innumerevoli conferenze, la prossima delle quali sarà a Parigi in dicembre 2015. Quello nazionale e locale avviene tra partiti o tra autorità e popolazione sull’ introduzione di buone pratiche ecologiche nella vita sociale. Quello globale coinvolge economia e politica, onde orientare l’economia al bene comune e non al mero profitto. Quello religioso interessa le religioni, le scienze, la società. I credenti, facendo tesoro della propria tradizione religiosa, siano testimoni di una eticità
fatta di convivialità, sacrificio per il bene comune, bontà. Le religioni offrono grandi motivazioni all’agire buono delle persone, sia in ambito individuale che sociale. Il metodo del dialogo è difficile, ma è l’unica strada percorribile: i credenti ne siano attivi e sinceri promotori. Che gesti concreti e che passi ci invita a percorrere il Papa? Questa enciclica, come tutte le altre, non è un prontuario di “buone pratiche”. In linea generale la lettera delinea quattro aree. Primo: la politica. Occorre tornare a fare politica, “forma eminente di carità” (n. 231); i richiami ad essa nella lettera sono numerosissimi. Una politica che parte dal proprio comune, regione, stato. Una politica che, dato il sistema democratico rappresentativo, non può che passare dai partiti. Entrare nei partiti e scegliere quello che, in coscienza, si ritiene più consono all’attuazione del bene comune, alla pratica della “fraternità universale” (n. 228) a partire dai poveri, come insegna il Vangelo. Secondo: un altro stile di vita (parte prima del capitolo sesto). Liberarci dal consumismo e accettare, umilmente e sobriamente, il limite del mondo. Acquistare prodotti etici (“responsabilità sociale dei consumatori”), utilizzare la finanza etica, produrre pochi rifiuti, utilizzare il trasporto pubblico, risparmiare energia e privilegiare quella rinnovabile, creare reti di solidarietà e scambio (gruppi di acquisto, di prossimità…). Terzo: l’impegno educativo (parte seconda del capitolo sesto). Famiglia, scuola, parrocchia, mezzi di comunicazione, società tutta dovrebbe diventare “educante”: far conoscere il mondo, imparare a rispettarlo e amarlo, aiutare a crescere in responsabilità verso il presente e il futuro, portare a cogliere il Mistero d’amore e di bellezza che avvolge l’universo e che i credenti chiamano Dio. Quarto: gioia e pace (parte quar-
ta del capitolo sesto). Una vita ascetica non è una vita triste. Semplicemente, non cerca la soddisfazione nell’accumulo delle cose, ma in altri atteggiamenti più efficaci: le relazioni, la natura, l’arte, la conoscenza, la solidarietà, la preghiera. Quanto le decisioni politiche pesano sulle questioni ecologiche? Moltissimo. Potremmo essere tutti ecologicamente virtuosissimi a livello singolo, ma, se non c’è una politica ambientale virtuosa, la società non si salva. Purtroppo l’Italia, da questo punto di vista, sta vivendo un momento triste. Infatti le scelte rispondono più a criteri mercantili che alla salvaguardia degli equilibri ambientali: le trivellazioni in Adriatico, gli stoccaggi di metano nella Pianura Padana, la moltiplicazione degli inceneritori, l’impulso alle “grandi opere” inutili e dannose. E a Brescia? Il tema ambientale è continuamente toccato. I bresciani sono troppo individualisti. Guardano al loro “particolare” interesse e non si occupano delle questioni generali, quelle del bene comune. Ieri sull’altare dell’industrializzazione e oggi su quello del consumismo, hanno immolato salute e futuro. Occupati delle loro faccende personali, non si interessano di politica e spesso protestano quando ormai è tardi. Dobbiamo tornare ad interessarci della cosa pubblica, a pensare che il bene comune è più importante del bene individuale. La qualità della vita si sta deteriorando: sono in aumento le malattie degenerative. Nella Bassa, un’agricoltura troppo intensiva e artificiale sta rovinando i suoli (nitrati, monocolture) e l’aria (allevamenti e liquami). Sarebbe quanto mai utile se, sulla scia della Laudato si’, si organizzasse una grande conferenza per l’ambiente, onde fare il punto della situazione nella nostra provincia. Chi prende l’iniziativa? kiremba ottobre 2015
7
I missionari raccontano TANZANIA
il sole a ILEMBULA brilla sempre maurizio morandini ginoilembula@gmail.com
D
on Tarcisio, rientrato in Tanzania dopo un breve periodo di riposo ci racconta come riprendono i lavoro nella sua missione: ”Le vacanze sono terminate e ormaia è tempo di godersi le temperature mitigate dei mesi autunnali. In Italia avete avuto temperature veramente alte durante i mesi scorsi. Qui le temperature sono state normali: scarse invece sono state le piogge. In questi mesi, per la prima volta si sono esaurite delle sorgenti che finora avevano sempre dato acqua. Fortunatamente sono stati approntati degli acquedotti che almeno forniscono l’acqua per uso domestico. Non si parla neppure di irrigazione. Questa è possibile solo dove ci sono dei fiumi che scorrono. Quest’anno ho visto in giro meno visitatori europei. Secondo me la diminuzione non è dovuta alla crisi ma al fatto che ormai i missionari europei presenti sul territorio sono molto pochi. Ci sono in giro europei di varie organizzazioni, ma i sacerdoti ormai sono pochissimi e attempati. Siamo davvero a un passaggio importante. Ormai le chiese di questi paesi sono nelle mani dei locali. C’è ancora qualche missionario indiano o lati-
8
kiremba ottobre 2015
maurizio morandini, al centro della fotografia, con i bambini della missione di ilembula
no americano, ma la percentuale è molto bassa. I nuovi missionari non rimangono per tempi molto lunghi: dopo pochi anni, al massimo dieci, tornano nel loro paese d’origine. Sembra che il problema di fare delle scelte a lunghissimo termine riguardi anche il mondo religioso, non solo chi si sposa. Dobbiamo recuperare la capacità di contemplare e di gustare le piccole cose per non essere divorati dal ritmo imposto dalla società del mercato. La missionarietà è sempre un valore ma il modo di viverla ha molte sfaccettature. Bisogna radicarsi nella fede onde non lasciarsi prendere dallo smarrimento. Fortunatamente vivo con comunità cristiane abbastanza vive e entusiaste. Nelle comunità ci sono fanciulli, giovani, persone di mezza età e anziani: hanno i loro alti e bassi, ma in totale hanno a cuore la fede cristiana. Hanno molta sete di bibbia e di comunità. Sono comunità in formazione e pertanto vanno seguite perché sono fragili, abbastanza facili prede di predicatori e imbonitori vari. Da quando sono rientrato dall’Italia ho ripreso i lavori nella chiesa parrocchiale. Ora sto facendo gli intonaci internamente e esternamente. A settembre verrà il mio
amico Maurizio Buffoli con altri amici di Cologne per fare l’impianto elettrico. Verso Natale verranno gli amici alpini di Giussano per montare le quattro campane arrivate dall’Italia verso il 20 di Agosto. Più tardi penseremo agli infissi e al pavimento. In tutto questo cerco di non perdere di vista la chiesa fatta di persone. L’aspetto caritatevole e sociale è sempre curato da Fausta e da Maurizio con grande dedizione. Nelle nostre opere sociali sono presenti anche 18 civilisti: giovani italiani dai 18 ai 29 anni che passano un anno facendo attività formative nelle nostre strutture. Ognuno di loro riceve circa 800 euro al mese dal governo italiano. Dalla mia esperienza ho visto che l’anno trascorso qui li fa maturare molto. Il periodo trascorso qui serve più a loro che agli africani. Anche questo è un contributo dell’Africa per l’Europa. Gli africani hanno tanto da insegnare a causa della loro filosofia e impostazione di vita. Attualmente siamo tutti bombardati dalle notizie che riguardano i migranti provenienti principalmente dai paesi del medio oriente e da certi paesi dell’Africa: è un evento che ci interroga e che dobbiamo affrontare senza animosità tenendo conto
Riflessioni
Motivi per restare
Insieme ai pensieri di Don Tarcisio Moreschi, rientrato nella sua missione dopo un breve periodo in Italia, pubblichiamo anche la testimonianza di Maurizio Morandini che con Don Tarcisio, sta condividendo l’esperienza missionaria in Tanzania.
Così si racconta Maurizio Morandini: ”Ogni mattina, quando le voci dei bambini che si apprestano ad andare a scuola mi svegliano, e il sole non è ancora sorto, ringrazio per la scelta di venire a Ilembula. Ringrazio perché so che la giornata che mi attende sarà ricca di tutto, di amore, problemi, sudore, sconfitte, piccole grandi conquiste, gioia. E, soprattutto, di tanta serenità. La serenità che mi trasmettono queste persone, la loro umiltà, la voglia di
vivere, l’innocenza e la felicità negli occhi dei bimbi. Ringrazio perché mi è stata data la possibilità di donare una parte della mia vita a servizio di gente meravigliosa, insieme alla quale cerchiamo di costruire, passo dopo passo, un futuro migliore per chi da solo non ce la può fare. Questo credo sia il principale motivo che mi tratterrà qui ancora a lungo, a Ilembula, dove il sole brilla sempre.”
anche della nostra situazione economica che non è florida. Il cristiano deve sempre sforzarsi di vedere la realtà con gli occhi e il cuore di Gesù. Purtroppo siamo abituati a uno stile di vita piuttosto elevato: dovremo rassegnarci a vivere con meno possibilità economiche. Il resto del mondo si è svegliato e non è più disposto a vivere poveramente per sostenere il nostro stile. Stiamo vivendo un grande cambiamento: la situazione non tornerà come era prima. L’unico che rimane è il Signore, lui non cambia.” Maurizio Morandini, che accompagna Don Tarciso nella sua missione, descrive così la sua esperienza: “ Mi trovo sugli altipiani nel sud-ovest della Tanzania, nella regione di Njombe, doce si trova la parrocchia di Ilembula, guidata da don Tarcisio, di Malonno, e missionario in vari Paesi dell’Africa da quasi 40 anni. Accanto a lui, dal 1994 opera Fausta Pina, maestra d’asilo in pensione proveniente da Andrista di Cevo. I due camuni in 21 anni si sono occupati, oltre che dell’evangelizzazione e della parte spirituale delle parrocchie in cui hanno prestato servizio, anche di tutta una serie di progetti a sostegno dei soggetti più deboli della popolazione: orfani, malati di Aids, disabili, anziani, studenti in difficoltà. Dalla volontà di dare risposte concrete alle molte problematiche di questa zona, con il sostegno di tanti amici italiani sono nati due villaggi per bambini orfani o con gravi deficienze famigliari, un centro per bambini disabili, un ospedale e circa 65 scuole materne. Dal settembre 2012 al gruppo mi sono unito anch’io, e da allora mi occupo, oltre che di sostegno a famiglie povere e di malati, studenti bisognosi e anziani soli, del villaggio per orfani “R. Grandi”, che ha aperto le proprie porte poco tempo dopo il mio arrivo e che ad oggi accoglie 78 minori. Sarebbe forse un po’ retorico affermare che l’Africa in qualche modo ti chiama, però credo che sia andata proprio così. Ho cominciato ad interessarmi a questo strano e affascinante
continente verso i 14-15 anni, conoscendolo attraverso le parole e i discorsi di don Fabrizio Bregoli, oggi parrocco di Collio e allora curato dell’oratorio di Bienno, in Valle Camonica. All’inizio dell’università accarezzai l’idea di partire, e per prepararmi frequentai un corso di cooperazione internazionale a Brescia. Poi, la mia vita ha preso un’altra strada, il lavoro e lo studio mi hanno assorbito quasi completamente, e il richiamo dell’Africa si è affievolito, anche se è sempre rimasto come una musica di sottofondo di piacevole compagnia. Così, molto tempo dopo, una laurea triennale in Lettere moderne e una in Scienze dell’educazione, dieci anni di lavoro come educatore con adolescenti problematici e minori, varie esperienze di volontariato in Italia e in Romania, quella musica leggera è aumentata di intensità, e la sua voce mi ha costretto a fermarmi. Per riflettere. A 30 anni si fa insindacabile e improcrastinabile il momento delle scelte definitive, si è ormai adulti e non è più il tempo per trastullarsi in sogni e utopie. Ed è per questo che ho deciso di partire. Se non l’avessi fatto, se avessi intrapreso altri cammini, avrei dovuto procrastinare, probabilmente di molto, forse per sempre, quel desiderio che sentivo fin dall’adolescenza. Poi a 30 anni sentivo di avere l’esperienza, la maturità e la formazione giuste per poter fare qualcosa di utile. Sentivo che non sarei andato allo sbaraglio. Fu così che presi contatto con don Tarcisio e Fausta e proposi loro di accogliermi per un’esperienza di almeno due anni. Due anni subito, sì, perché uno credevo non potesse bastare. Il primo anno immaginavo sarebbe servito per imparare: la lingua, la cultura, la gente. E solo poi avrei potuto, se tutto fosse andato bene, dare qualcosa anche di mio. E poi è andata come doveva andare, credo che di base avessi ragione sul fatto che ci voglia tempo prima di poter incidere, anche se probabilmente per conoscere davvero questa terra ci vorrebbe una vita intera. kiremba ottobre 2015
9
i missionari raccontano
brasile
GLOBALIZZIAMO ANCHE IL VANG ELO
suor debora damiolini deboradamiolini@yahoo.com.br
D
icono che ci troviamo in una società globalizzata. “La globalizzazione è un processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero”. Così si legge nell’enciclopedia virtuale Wikipedia. Di fatto, se guardiamo al nostro mondo di oggi, dove la parola più di moda sembra essere “crisi”, lo capiamo bene. I prezzi aumentano, e anche le tasse, e la situazione non cambia se, invece di fare i conti in euro, proviamo ad usare i reais, o i dollari, o qualsiasi altra moneta. E se i prezzi aumentano, la maggior parte delle persone si sentono sempre più lontane da una vita che permetta un minimo di sicurezza economica e, molte volte, privati delle risorse necessarie per accedere ai servizi basici e per soddisfare i bisogni primari. Società globalizzata. Pvertà globalizzata!
10
kiremba ottobre 2015
a sinistra, suor debora con un alcune consorelle ed alcune novizie
La nostra società si sviluppa attraverso un sistema capitalista in cui tutto sembra essere determinato dalle esigenze del mercato. Como suora operaia, inserita nel mondo del lavoro, vivo questa realtà tutti i giorni sulla mia pelle, condividendo la vita e il lavoro con la gente. Anch’io faccio parte di questa realtà... come tutti gli esseri umani, che, prima o poi, entrano a far parte di questo processo inesorabile e, molte volte inumano. Il mondo del lavoro, motore della società, si nutre di produttività e consumismo. E questo fa paura! Chi non riesce a farsi strada e ad inserirsi in questo contesto, rimane tagliato fuori dalla realtà, dalla società... e purtroppo, quasi sempre, anche dalla dignità. Chi sono i poveri di oggi, gli esclusi della società post-moderna? Guardandoci intorno sembra facile identificarli con coloro che, per diverse cause, non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro: i disoccupati, gli anziani, gli ammalati, i bambini sono i poveri di oggi, disprezzati, esclusi, emargi-
É evidente che la povertà “materiale” è accompagnata da un’altra: quella dei valori, una povertà ben più dura e crudele, che cerca di togliere, a chi già non possiede più niente, anche l’unica cosa che rimane: la dignità di persona umana, figlio/a di Dio. Per fede, sappiamo bene che questo non sarà mai possibile! Siamo e rimaniamo figli amati dal Padre, al di là di tutto!
Allora, se la povertà è globalizzata, globalizziamo anche il Vangelo! La ricetta contro la povertà? Vivere come fratelli...! Forse, se tutti fossimo un po’ piú solidali con il nostro prossimo, tutti saremmo anche un po’ piú felici!
nati perché non hanno capacità produttiva, “non servono” per la società, anzi, sono spesso considerati un peso da sopportare e mantenere. Basta pensare a come, nelle nostre “società occidentali”, gli anziani sono svalorizzati, o a come la maniera più veloce per risolvere “il problema” della malattia sia l’eutanasia. É evidente che la povertà “materiale” è accompagnata da un’altra: quella dei valori, una povertà ben più dura e crudele, che cerca di togliere, a chi già non possiede più niente, anche l’unica cosa che rimane: la dignità di persona umana, figlio/a di Dio. Per fede, sappiamo bene che questo non sarà mai possibile! Siamo e rimaniamo figli amati dal Padre, al di là di tutto! Gesù amava i poveri. Li ha scelti e si è avvicinato a loro, si è fatto prossimo proprio di coloro che sembravano i più lontani o emarginati, di quelli che alla società non importavano... Quelli che “non contano niente”, “che non valgono niente”: tutti modi di dire che esprimono molto bene la nostra menta-
lità materialista e “contabile”! Chi non “conta”, perché non produce in termini monetari, non “vale”, perché, di fatto, non ha valore economico! Qui, in Brasile, mi guardo intorno. Vedo tante persone che “non contano” e altrettante che non “valgono niente”. Il mondo globalizzato, di cui tanto si parla, ha il volto delle nostre strade, dei nostri vicoli, dei sentieri e delle periferie... qui trova un volto... tanti volti! Nilza è una mamma con sette figli. Era una mamma... è morta qualche settimana fa. Due figlie, le più grandi, già sposate, hanno accolto nella loro casa i fratellini, rimasti soli, dopo la morte della mamma. Il più piccolo ha due anni e non smette di piangere e di chiamare la mamma; le altre sono Rafaela, adolescente, che per non soffrire cerca affetto tra gli amici, nel bene e nel male... Camila, che non vuole vedere nessuno. Rimane tutto il giorno chiusa in camera. Il fratellino di otto anni non dice una parola: guarda tutto e tutti con i suoi occhioni scuri, come spaventato, forse sperando di svegliar-
si da un brutto sogno. Daniela invece continua a giocare, incosciente, senza capire bene quello che è successo. Carminda è una donna sola, già con più di sessant’anni. Per vivere raccoglie materiale riciclabile che rivende alle imprese per poco o niente. Cammina tutto il giorno, per strada, sotto il sole, o la pioggia, quando fa freddo o fa caldo, cercando qualcosa che molti considerano spazzatura, ma che per lei è vita. Quando trova qualche lattina di birra, o di coca-cola sorride: è il materiale che vale di più! Jackson, capofamiglia, ha perso il lavoro. Per il fatto di non essere più tanto giovane, non riesce a trovarne un altro, così come succede a tante persone anche in Europa. La moglie, per aiutare, ha cominciato a mettersi all’incrocio del quartiere, il mattino presto, e vendere caffelatte con qualche fetta di torta. Non è molto, ma già aiuta a mantenere la famiglia. Come loro Josiane, Rinaldo, Vanessa, Aline, Roberto... nomi che rimandano a un volto, nomi legati a delle storie... storie di lotta e sofferenza, storie di povertà e poca dignità... storie di vita. La cosa che più mi stupisce, in mezzo a tanta sofferenza e povertà, è che sulle labbra della gente non manca mai una parola di gratitudine, di ringraziamento a Dio, per il dono della vita, per la salute (quando c’è!), per i piccoli doni di tutti i giorni che, forse, solo chi è abituato a camminare fianco a fianco con sorella povertà, riesce ancora a percepire valorizzare. Allora, se la povertà è globalizzata, globalizziamo anche il Vangelo! La ricetta contro la povertà? Vivere come fratelli...! Forse, se tutti fossimo un po’ più solidali con il nostro prossimo, tutti saremmo anche un po’ più felici! Quindi, globalizziamo il cuore, per lasciare spazio al Vangelo! kiremba ottobre 2015
11
i missionari raccontano
messico
alzati e gridalo alla grande cittÀ don marco marelli dmarco54@yahoo.it
É
proprio vero, Città del Messico è una grande città. Quasi 24 milioni di abitanti con la sua periferia. E qui la Chiesa cerca di camminare e dare voce a una fede che molto spesso si nasconde dietro le espressioni di devozione popolari, che sono impresse nella tradizione, così che i cristiani non si sentano soli o sperduti in mezzo ai milioni di persone, ma siano fermento e fuoco vivo. Quando si pensa al Messico, in Europa, prevalgono le immagini di terra di canzoni e di festa: è solo l’aspetto più folcloristico e esteriore. Il Messico è terra ricca di tradizione, di cultura, di arte, però anche di confusione, di differenze estreme, e, in questi anni, di violenza: la politica si esprime più con la violenza che con il confronto, il contradditorio o il dialogo. Saltano subito all’occhio le enormi differenze tra ricchissimi e poverissimi, tra fede profonda e devozione solo esteriore, tra masse di persone che si muovono continuamente in cerca di un lavoro per una vita più degna; però guadagnano spesso solo lo sradicamento dal proprio “pueblito”, dove le relazioni sono anco-
12
kiremba ottobre 2015
giovani della parrocchia durante un incontro
ra frutto di conoscenza e condivisione: qui nella grande città c’è il pericolo di non essere niente, nessuno, e non essere nemmeno riconosciuto dai propri cari... Vivo a Città del Messico da tre anni come Fidei Donum, al servizio del Chiesa locale: i primi tempi sono serviti per capire come muoversi e comprendere quale cammino la Chiesa sta facendo in questa città. Non è sempre semplice rendersi disponibili a una nuova cultura che trova radici in espressioni religiose precolombiane, però si cammina, si fanno tentativi e si sognano mete. Il Vescovo Antonio, (Vescovo della IV Vicaría del Centro Storico della città) poi ha pensato bene di affidarmi l’animazione giovanile e qui si è aperto uno spazio completamente nuovo. Prima ho dovuto capire come sono i giovani qui nella “Ciudad” e vedere che volto hanno: una lettura reale e non pessimista, anche se balzano agli occhi normalmente le cose piú drammatiche e fragili. IL volto della Disuguaglianza: Ci sono giovani che soddisfano tutte le loro necessità e hanno la possibilità di sviluppare le proprie capacità; e così altri
giovani ( la maggior parte) che non hanno un minimo ingresso per vivere una vita degna e con sogni realizzabili. Quindi un Messico con giovani di prima classe e giovani che non valgono nulla. Quelli di prima classe, sono (o desiderano essere) una copia del giovane statunitense: di classe medio alta, fondalmentalmente individualisti, con la paura delle relazioni durature... Si pongono al servizio di una campagna altruista solo se è di moda. Per questi giovani, il tema mondiale della crisi, è solo un fantasma che agguanta quelli che non hanno saputo approfittare adeguatamente delle opportunità della modernità. Quelli di seconda classe, fondamentalmente sono gruppi di giovani sani; il loro spazio è la strada; giocano per la strada di sera, sono gruppi da 10 a 100 amici. Vivono con la famiglia, lavorano cuando per caso incontrano lavoretti occasionali. Sono fedeli al loro gruppo che spesso, poi, si tramuta in banda (... Ah quanto ci sarebbe bisogno di uno spazio come il nostro Oratorio... Che sogno...). Il volto della REPRESSIONE Per descrivere questa realtà, semplice-
Virgen de Guadalupe
La Patrona dei cattolici di lingua spagnola Secondo il racconto tradizionale, tra il 9 e il 12 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac a nord di Città del Messico, Maria sarebbe apparsa più volte a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo. Il nome Guadalupe sarebbe stato dettato da Maria stessa a Juan Diego: alcuni hanno ipotizzato che sia la trascrizione in spagnolo dell’espressione azteca Coatlaxopeuh, “colei che schiaccia il serpente” (cfr. Genesi 3,14-15), oltre
che il riferimento al Real Monasterio de Nuestra Señora de Guadalupe fondato da re Alfonso XI di Castiglia nel comune spagnolo di Guadalupe nel 1340. A memoria dell’apparizione, sul luogo fu subito eretta una cappella, sostituita dapprima nel 1557 da un’altra cappella più grande, e poi da un vero e proprio santuario consacrato nel 1622. Infine nel 1976 è stata inaugurata l’attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe.
Quando si pensa al Messico, in Europa, prevalgono le immagini di terra di canzoni e di festa: è solo l’aspetto più folcloristico e esteriore. Il Messico è terra ricca di tradizione, di cultura, di arte, però anche di confusione, di differenze estreme, e, in questi anni, di violenza: la politica si esprime più con la violenza che con il confronto, il contradditorio o il dialogo.
mente racconto la esperienza di “ Joaquin” protagonista di questa storia reale di “Terrorismo uniformato” Vestito di scuro, come mille altri giovani, 19 anni, vivendo in un quartiere povero e popolare. Il suo primo incontro con con le forze dell’ordine successe in pieno centro, in un pomeriggio caloroso: agenti della polizia lo fermarono accusandolo di furto e aggiunsero, senza nessuna prova, la accusa di spaccio di droga. Lo obbligarono a pugni a inginocchiarsi e cantare l’inno nazionale e, prima di andarsene, i poliziotti gli rubarono il poco denaro che aveva. Qualche giorno dopo fu vittima di una retata della polizia, che terminó con il furto a Joaquin del denaro che aveva e anche della sua bicicletta. proprio la bicicletta aveva attirato l’attenzione del comandante di pattuglia, che la pensó come un regalo per suo figlio. Joaquin: 8 volte in 8 mesi, ha incontrato la polizia in questo modo... Violati completamente i suoi diritti umani e adesso , vittima della burocrazia perchè dopo aver sporto le sue denunce, tutto si infanga in mesi di pratiche e istanze che appaiono e scompaiono. Joaquin si é fatto questa doman-
da: “é un delitto essere giovane a Città del Messico”? Il volto della MANIPOLAZIONE Bombardati dalla propaganda, molto statunitense, e imposta nel cinema e nella televisione, si impongono un’ immagine di “ Status” che non è propria. Le telenovelas insegnano ai giovani che le relazioni di coppia sono normalmente instabili e illudono con l’idea che un giorno o l’altro saranno ricchi. Hanno sí una propria cultura, fatta di mimo, di canto di danza antica, peró mancano spazi per esprimerla. E anche di fronte a tutto questo c’é una domanda giovanile che nasce dalla crisi, dall’inquietudine e necessitá di alcune risposte che orientino tutta questa ansia in uno spirito di solidarietà e di partecipazione. Se la Chiesa e la società non danno nessuna risposta, per un giovane di Città del Messico è obbligatoria la domanda: “Ha senso vivere così?” A fronte di tutto questo ci siamo chiesti, in un gruppo e in una commissione di giovani, che fare, che proporre? Ricordando anche le parole del Papa: “ Giovani create baccano nella vostra realtà” Beh abbiamo incominciato con una esperienza teatrale.
Siamo andati nel luoghi dove si incontrano i giovani e abbiamo fatto la proposta. Il gruppo che si é formato ha cominciato il cammino e siamo arrivati a rappresentare molte repliche del famosissimo “ FORZA VENITE GENTE”, qui in Messico chiamato: “ Venga Toda La Gente”. Rappresentato in Universitá, in parrocchie e in centri culturali e anche nello storico teatro FRU FRU di Cittá del Messico. “Giovani che parlano ai giovani del giovane Francesco d’Assisi”. Questo era lo slogan publicitario. La cosa bella é stata che tutto il tempo di preparazione, ha fatto assaporare a questi giovani, che si sono compromessi , il senso di essere gruppo, quasi come in un Oratorio. Alcuni affrontavano e affrontano 50 minuti di metropolitana per essere presenti alle prove e al gruppo. Adesso continuamo con scuola di chitarra, sport, canto corale, e un nuovo spettacolo che sta prendendo forma. Piccola gocccia nel mare, peró che ha dissetato di speranza alcuni giovani. Questo mare di giovani che si muove, che sospira e spera come i giovani di tutto il mondo. Quante risposte sapremo dare noi Chiesa, noi Adulti? ¡Hasta Luego! kiremba ottobre 2015
13
Animazione missionaria don federico lorini
ricordando un mister di classe don giovanni arrigotti kiremba@cmdbrescia.it
I
l 10 Marzo 1976 don Federico Lorini parte per l’Africa, destinazione Burundi. Don Lorini sceglie l’Africa dopo una lunga esperienza sacerdotale in Diocesi. Ormai quaranteseienne, ha svolto il suo ministero come vicedirettore in Seminario a Botticino, poi è stato curato a Roè Volciano e Lumezzane S. Sebastiano, infine parroco a Lumezzane Fontana. La molla che ha fatto scattare questa decisione è stato un viaggio in Burundi. Don Federico inizia questo suo servizio missionario nella consapevolezza che non sarà facile. Scoglio durissimo ed immediato sarà quello della lingua: il kirundi è veramente “terribile” ed è stato per non pochi causa di scoraggiamento. A Kiremba, dove andrà, si sono detti disposti ad aiutarlo: è un ritorno di don Federico all’esperienza di studente. Don Federico è una forza della natura. Organizza, promuove, mette d’accordo, parla, non sta fermo un momento. Soprattutto si fa una valanga di amici “neri”. In più è il responsabile del gruppo di volontari dello SVI in Burundi, lavoro che, con i tanti “caratterini” diversi, richiede doti particolari.
14
kiremba ottobre 2015
al centro della fotografia , don federico lorini
Parlando della sua esperienza in Africadon Lorini raccontava: “Dopo Kiremba, andai a Nyamurenza, dal ’79 a Murehe, proprio nel comune di Marangara dove sono accaduti gli avvenimenti tristi (un vero genocidio) nell’agosto del 1988. Da ultimo è stato assegnato a Musenyi, con don Daccò Angelo di Lodi. Musenyi è un bel centro commerciale con una rinomata scuola magistrale che ha duecentocinquanta studenti. La parrocchia conta settantamila abitanti, di cui cinquantaduemila cristiani. C’è molto da fare e, finalmente, nel nuovo clima politico, si può fare molto: ricominciare a costruire”. Cosa serve? “Ci hanno consentito di riaprire le scuole parrocchiali dove accogliamo i ragazzi poveri e gli adulti analfabeti. Abbiamo ancora 4mila alunni. C’è però un problema pratico. Le aule della scuola parrocchiale erano stato requisite e il Governo non è in grado di restituirle. Noi ci rendiamo conto di questo problema e non colpevolizziamo nessuno, ma le aule mancano un po’ dappertutto. Perciò abbiamo deciso di costruire altre aule scolastiche. La collaborazione con il Comune è molto bella e proficua. Don
L’amore non è già fatto, si fa: così è la missione. Una missione non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire. Non è un appartamento “chiavi in mano”, ma una cosa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare. La missione non è una vetta conquistata, ma una partenza dalla valle, scalate appassionanti, cadute dolorose nel freddo della notte o nel cuore del sole che scoppia.
Originario di Chiari
Diceva di sè...
Don Federico Lorini è partito per il Burundi nel 1976: nonostante l’età e qualche acciacco, è sempre stato molto dinamico con i giovani calciatori, cui fornisce magliette e consigli da “mister” di classe.
Daccò, che se ne intende, dirigerà i lavori e i preti pagheranno gli operai. Per queste opere la gente del posto fa la sua parte portando acqua e mattoni” E per i soldi? Don Federico continua raccontando che “Beh, c’è Lumezzane. Dopo quattordicianni come curato e poi come parroco, posso dire di essere molto conosciuto e a Lumezzane i soldi non occorre chiederli. È gente pratica che capisce al volo. Se sei qui, vuol dire che hai bisogno, mi dicono infilandomi una busta in tasca”. Don Federico Lorini è partito per il Burundi nel 1976: nonostante l’età e qualche acciacco, è sempre molto dinamico con i giovani calciatori, cui fornisce magliette e consigli da “mister” di classe. In Burundi don Federico è conosciuto da tutti come “Patiri Baciumi” (il decimo prete bresciano arrivato in Burundi). Don Federico in una lettera scrive: “Ho imparato la lingua francese e la lingua Kirundi con un’attenzione particolare ai loro proverbi, saggezza antichissima che ha molto a che fare con il cristianesimo. È forte la tentazione di voler imporre la nostra mentalità occidentale, il nostro modo di fare pastorale,
ma siamo ospiti in terra straniera, abbiamo bisogno di lasciarci impregnare della loro cultura, mentalità, modi di dire e di fare”. Ecco le non piccole differenze: “Per noi è il fare, per il loro il parlare, il dialogare nel rispetto della persona senza mai alzare la voce. Per noi è la fretta, la loro è la calma. Per noi è l’orario, per loro la persona: il tempo ha valore in quanto avvalora la persona. Noi siamo innovatori, loro tradizionalisti. “Signore ti rendo grazie di avermi chiamato alla missione”: questo è il grido di gratitudine che sgorga dal cuore di ciascun prete Fidei Donum bresciano che ha dato un po’ della sua vita alla missione. Le attività della parrocchia sono quelle comuni a tutte le parrocchie della Diocesi: formazione dei leader, degli animatori e dei catechisti, catechesi per l’iniziazione cristiana, visita alle succursali, sostegno alle comunità di base in formazione, celebrazione dei sacramenti e amore ai Barundi, specialmente ai più poveri, a quelli che vivono nella miseria morale e miseria materiale. Oggi il Burundi è uno dei paesi africani più poveri del mondo, dove la già precaria e primitiva economia agricola pratica-
Sono un sacerdote clarense, nato nel 1929 al Muradello. Poi ho sempre abitato in Chiari città (per distinguerla da Chiari campagna... così si diceva una volta!) in via Morcelli e in Via Cortezzano ed è qui che sono morti i miei genitori: Paolo Lorini e Maria Pensa. Ho frequentato l’asilo Mazzotti Biancinelli con le suore canossiane: le elementari in Piazza Rocca, la prima ginnasio al “ San Bernardino” e poi tutti gli altri anni di studio al Seminario Vescovile di Brescia, con l’ ordinazione sacerdotale nel 1953. Monsignor Angelo Zanetti è mio compagno di classe e di Messa ed io sono contento e orgoglioso che sia diventato il mio Prevosto! Parroco del mio sacerdozio è stato Mons. Enrico Capretti. Dal 12 marzo 1976 mi trovo in Burundi (Africa Centrale) come missionario Fidei donum, inviato dal Vescovo Luigi Morstabilini.
ta dal 95% della popolazione è stata messa a durissima prova negli ultimi decenni, per cui la miseria regna sovrana in questo angolo dell’Africa. A rendere più triste e drammatica questa situazione di povertà materiale, si aggiunge la miseria morale fatta di odio razziale, di guerra civile, di tribalismo che massacra ogni convivenza sociale in questo povero paese africano dimenticato dal mondo occidentale. L’amore non è già fatto, si fa: così è la missione. Una missione non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire. Non è un appartamento “chiavi in mano”, ma una cosa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare la missione non è una vetta conquistata, ma una partenza dalla valle, scalate appassionanti, cadute dolorose nel freddo della notte o nel cuore del sole che scoppia. Non è un solido ancoraggio nel porto della felicità, ma è un levar l’ancora, è un viaggio in pieno mare, sotto la brezza o la tempesta. Non è un sì trionfale, una partenza che si segna fra le musiche, i sorrisi e gli applausi, ma è un gioioso traguardo raggiunto solo alla fine della vita, a missione compiuta.” kiremba ottobre 2015
15
animazione missionaria
esperienze estive: terra santa
uscire incontrare donarsi mattia sala salamattia76@gmail.com
Q
uando si pensa ad un’esperienza in terra di missione si è soliti immaginare i villaggi africani o le periferie delle megalopoli sudamericane. Papa Francesco, da un po’ di tempo, ci sta facendo capire che ogni luogo è terra di missione, ogni quartiere, villaggio o nazione che ha bisogno dell’annuncio del Vangelo; ogni incontro col povero è un incontro col Cristo crocifisso che ci invita all’amore per le sue ferite e alla compassione (cum patior) intesa come manifestazione di un tipo di amore incondizionato che strutturalmente non può chiedere niente in cambio. Per me quindi niente Africa, niente America Latina ma Terra Santa. Ho passato tre settimane a Gerusalemme, presso le Suore Comboniane di Betania. Come al solito, abbiamo dato una mano con lavori manuali come il pitturare gli ambienti della Missione, sistemare la recinzione esterna e altri piccoli lavori di manutenzione. Il meglio però è stato il tempo passato con la Comunità Beduina situata nel deserto a pochi chilometri da Gerusa-
16
kiremba ottobre 2015
al centro della fotografia, mattia sala con le suore comboniane di betania
lemme. Coi bambini abbiamo giocato nel campo estivo organizzato dalle Suore Comboniane in collaborazione con altre realtà locali. Una notte l’ho trascorsa con loro nel villaggio dormendo sotto le stelle di San Lorenzo. Abbiamo conosciuto la realtà di isolamento ed emarginazione subita da questa comunità, accogliendo le parole di un capo famiglia che con serena pacatezza ci ha detto di aver ricevuto un ordine di sgombero da parte dell’esercito israeliano e che la scuola, con le mura fatte di vecchi pneumatici usati e costruita da volontari italiani, dovrà essere demolita. Ci ha raccontato l’amarezza dei continui sfratti coatti, dei continui spostamenti obbligati, del senso di vuoto che crea la consapevolezza di non poter dare un futuro ai propri figli. La mattina li abbiamo salutati certi di non poter far nulla per loro ma con un abbraccio che aveva tutta l’intenzione di dire “per quel che può valere, sono con voi”. Attaccato agli occhi ci è rimasto il ricordo del sorriso e della spensieratezza dei bambini che, nonostante la precarietà, nonostante debbano subire
le illogiche leggi dei grandi e dei prepotenti, sanno sempre ridere e giocare ed entusiasmarsi per ogni nuovo giorno e ogni nuovo incontro. Indelebile è stato l’incontro con Suor Aziza e Suor Agnese, due comboniane che, per vivere pienamente il proprio carisma, hanno deciso di spostarsi al di là del muro e di rimanere con la comunità palestinese di Betania. Aziza, eritrea di origine, ci ha raccontato del suo lavoro a Tel Aviv in cui, insieme all’Ass. ne Kuchinate, sostiene il recupero fisico e psichico delle donne migranti brutalizzate e violentate durante il tragitto nel deserto del Sinai dove vengono rapite da banditi senza coscienza e senza dignità. Una nuova Lampedusa, ancora più atroce, ancora più surreale della nostra, ma sempre tragitto attraverso cui passano i disperati del mondo. Abbiamo conosciuto Padre Rafik, sacerdote di origine libanese e parroco della minuscola comunità cattolica di lingua ebraica presente in Israele; ci ha parlato della difficilissima convivenza tra arabi e israeliani, di come le incomprensioni e il rancore siano alimentati e
Verso le periferie
Nuovi stili di Viaggio
Una terra trapassata dal dolore ma, da sempre, amata da Dio, un microcosmo fatto di contrasti in cui il bene vive e si moltiplica per mano anche delle testimonianze di vita delle missionarie e dei missionari presenti.
coltivati dai maneggioni della politica e da chi, da una situazione di caos e tensione permanente, trae enormi benefici economici a cui mai rinuncerebbe. I cristiani, pochi ma sempre in posizione di ascolto, come ponti di pace verso gli uni e gli altri. Una minoranza che spesso è minacciata e subisce le violenze di isolati soggetti intolleranti: ho visto immagini di Cristo, messe dai negozianti cattolici sulle loro porte, completamente sfigurate dai vicini musulmani. Ho visto le immagini di una chiesa a cui ebrei ortodossi hanno appiccato il fuoco solo qualche giorno prima che arrivassi. La scritta che, con spray rosso, hanno lasciato sul muro a giustificazione e monito del folle gesto era “Questa è la fine degli idolatri”. Ho trovato una società in conflitto permanente, fratturata e sofferente. Uno Stato in mobilitazione in cui la presenza militare è capillare e “invasiva”. Una Terra, per paradosso, in cui la presenza di Cristo e del suo passaggio sono tangibili, evidenti, è verità che ti allarga il cuore, che ti fa sentire avvolto da quell’amore pazzo e illogico di Gesù,
gratuito fino ad arrivare all’esperienza della Passione e della Croce. In Terra Santa ho compreso che non serve coraggio per essere cristiani, non il coraggio comunemente inteso, serve cuore, amore, pazienza, compassione, quella propensione “all’altro” richiamata continuamente da Papa Francesco, perché “non esiste l’amore a puntate, l’amore a porzioni. L’amore è totale e quando si ama, si ama fino all’estremo”. Proprio come fanno le Suore comboniane, Padre Rafik, i Rabbini per i diritti umani, tutte le persone di buona volontà che ogni giorno vivono a fianco di un Cristo crocifisso dalla povertà o dalla violenza o dalla malattia, ma anche dall’indifferenza e dai muri invalicabili, non solo di cemento, che innalziamo dentro di noi contro tutte le persone che con la loro presenza, il loro odore, con la loro mano tesa, con le loro pretese, i loro sgarbi, con i loro occhi che chiedono aiuto non ci fanno dormire o scomodano le nostre vite tranquille. Voglio condividere con voi le parole con cui Suor Agnese e Aziza mi hanno salutato: per me sono motivo di rifles-
Abbiamo un Papa rivoluzionario, nella migliore declinazione possibile del termine, ovvero un nuovo Pietro che con umiltà, passione e fermezza ci invita a capovolgere il nostro modo di vedere il mondo, ci chiede di essere cristiani annunciatori coerenti, testimoni della bellezza gioiosa della fede. Ci chiede di uscire verso quelle che ha definito come “le periferie esistenziali” che altro non sono se non tutte le situazioni di sofferenza, che incontriamo ogni giorno. Uscire, incontrare, donarsi: queste parole hanno anche formato la traccia del cammino percorso con i giovani amici di “Nuovi stili di Viaggio”, una meravigliosa proposta formativa del Centro Missionario Diocesano che ha contribuito, in modo decisivo, a prepararmi e far maturare una sana voglia di partenza.
sione sincera, a voi auguro di gustarle e trattenerle più possibile, ogni giorno: “Siamo certe che avendo constatato di persona le diverse e ingiuste realtà in cui si trovano a vivere entrambi i popoli di questa terra, ti aiuterà a relativizzare tante cose nella tua vita personale e a dare sempre più spazio agli esclusi e impoveriti della società. Pregheremo di sicuro per te secondo i desideri e le necessità che porti nel cuore e per il tuo futuro. Ma chiediamo anche a te un ricordo nelle tue preghiere per la Chiesa locale perchè sappia essere testimone dell’amore e della misericordia di Dio, e sappia aprire le sue porte a tutti indistintamente; per la pace, il dialogo e la giustizia tra questi due popoli affinchè vengano abbattute ogni tipo di barriere, di muri che separano e fomentano solo odio e sete di vendetta; per i rifugiati e gli immigrati che ormai nessuno più vuole ricevere nella propria terra, tra le proprie mura; e per noi, perchè’ sappiamo fare causa comune, così come diceva San Daniele Comboni, con chi è dimenticato e rifiutato dalla società”. Shalom. kiremba ottobre 2015
17
animazione missionaria Comunità di Villaregia
Mai senza laici Sin dagli inizi, la priorità pastorale della Comunità è quella di coinvolgere i fedeli laici in tutti gli ambiti della pastorale per costruire assieme a loro la comunità ecclesiale. Certamente il cammino della corresponsabilità ha un risvolto pratico: l’unione fa la forza, ma prima di tutto è un’esperienza di Chiesa viva in cui ognuno trova il suo posto e la sua vocazione. Oggi, il volto delle missioni e dei centri in
cui operano i missionari di Villaregia , è inscindibile da quello dei numerosissimi uomini, donne, giovani, coppie che operano attivamente in ogni ambito della pastorale: dalla catechesi alla pastorale familiare, dall’annuncio alla promozione umana, dai servizi liturgici alla preghiera. Oltre all’Italia, le comunità sono presenti in Messico, Perù, Brasile, Costa d’Avorio, Porto Rico e Mozambico.
esperienze estive: brasile
obrig ado brasil gianluca manessi frimiki@hotmail.com
C
on i suoi quasi 40 metri di altezza, il Cristo Redentore di Rio oltre ad essere il simbolo per antonomasia di questo meraviglioso paese, il Brasile, è anche l’espressione più incredibile delle capacità creative del popolo brasiliano. Tra una di queste c’é il loro modo di ringraziare Dio, ogni qualvolta sentissero il bisogno di farlo esclamano: Obrigado Senhor! (Grazie Signore!). Non mi stupisce affatto il perché la scelta del soggetto di quest’incredibile opera architettonica sia ricaduta sulla figura piú importante della religione cristiana. Con le stesse finanze avrebbero potuto edificare l’immagine carnevalesca piú grande del mondo, invece, hanno preferito pensare a Dio Nostro Signore. Grazie ai missionari della Comunità Missionaria di Villaregia, che mi hanno ospitato nella loro comunità sita nella periferia di San Paolo del Brasile, ho avuto la fortuna di toccare con mano il significato della parola Fede, che per i brasiliani si manifesta sotto forma di “ringraziamento”,nei confronti di Dio. Grazie Signore! Per quello che oggi mi dai
18
kiremba ottobre 2015
benedizione dei fedeli durante la messa nel quartiere analandia di rio
da mangiare, per la salute di cui beneficio, per la famiglia che mi hai donato, per la casa in cui posso proteggermi. Toglietevi dalla testa lo stereotipo del brasiliano povero, che dimora nelle favelas e che sopravvive al domani solamente grazie a un piatto di riso e fagioli, perché la spiritualità che possiede frantuma le fondamenta della condizione sociale incredibile (se paragonata a quella occidentale) in cui vive. Questa povertà è vera per alcune persone (troppe, se pensiamo ai 200 milioni e piú di brasiliani che abitano il paese), ma sono convinto che nella maggior parte di costoro esiste una consapevolezza di sé molto profonda. Non è la casa di proprietà, bella e confortevole, che li rende felici, non è l’ultimo modello di automobile che li distingue, non è il periodo di ferie che gli spetta ad alleggerirgli il peso del lavoro (parecchio duro da queste parti...). La fede nel Signore è il loro motore che li spinge ad andare avanti, tutto è in funzione di quello che Dio ha voluto per ognuno di loro, perciò sentono viva in loro la possibilità di rifugiarsi in Lui in qualsiasi momento, bello o brutto che sia, non Lo perdono di vista
mai e chiedono a Lui di pensare agli altri. Rimango affascinato dal netto contrasto che c’è tra il loro modo di vivere e il loro vivere in quel modo la fede. Porto a casa con me qualcosa di nuovo, di meraviglioso... Umiltà nel cuore e nello spirito, maturità. Obrigado Senhor! Per l’opportunità concessami, per avermi fatto trovare sulla strada che ho percorso le persone che volevi tu, per esserti fatto trovare in questo momento della mia vita e per avermi concesso la possibilità di guardare oltre a quello che i miei occhi vedono. Obrigado Brasil! (Grazie Brasile!)Per essere sempre stato qui dov’eri. Ora che ti ho conosciuto, ti porterò sempre con me.
Bilancio
Tra attese e certezze L’Associazione Cesar (Coordinamento Enti Solidali A Rumbek) è una Onlus fondata nel 2000 e finalizzata al coordinamento degli enti impegnati a promuovere attività di cooperazione e di sensibilizzazione a favore delle popolazioni del Sud Sudan. In questi anni Cesar ha realizzato interventi in ambito educativo, sanitario, umanitario, di accesso all’acqua, a sostegno della promozione umana e dello sviluppo.
Cesar dedica parte della sua attività alla sensibilizzazione sulla realtà del Sud Sudan, organizzando specifiche iniziative di educazione allo sviluppo (EAS). Attraverso i gemellaggi, stretti tra alcune comunità italiane e sudanesi, sono nate preziose esperienze di cooperazione. Cesar promuove lo sviluppo anche attraverso la gestione di una Bottega di commercio equo e solidale.
associazione cesar
un futuro per rumbek laura zanella zanella.la@gmail.com
I
l 16 luglio scorso una folla numerosa si è riunita nel cortile fuori dalla piccola chiesa di Rumbek (Sud Sudan) dedicata alla Sacra Famiglia. Ad accomunare i fedeli accorsi è stato il ricordo del loro Bishop – così è ancora affettuosamente chiamato – mancato quattro anni fa e sepolto nell’umile cattedrale: parliamo di mons. Cesare Mazzolari, padre comboniano di Brescia che ha camminato per 30 anni vicino al popolo sud sudanese, di cui 12 da vescovo della diocesi di Rumbek. Dal suo instancabile impegno verso una popolazione profondamente ferita da decenni di guerra civile, nel 2000 a Concesio è nata CESAR, onlus di coordinamento degli enti solidali a Rumbek. Un vero e proprio ponte tra Italia e Sud Sudan che da allora ha continuato a gettare semi di speranza nella più giovane nazione africana, tra le più povere del mondo, sfidando quotidianamente le incertezze di un Paese stretto nella morsa della violenza. In seguito alla pace siglata nel 2005, infatti, il Sud Sudan è arrivato all’indipendenza dal governo di Khartoum nel 2011, ma è rimpiombato in un nuovo conflitto a dicembre 2013. All’interno di tale con-
fedeli all’esterno della cappella di rumbek, in sud sudan
testo, Rumbek con la sua cattedrale ha rappresentato un simbolo di resistenza e speranza per l’intera comunità e diocesi locale. Dopo aver vissuto al fianco della popolazione la violenza delle guerre per l’indipendenza susseguitesi quasi ininterrottamente dal 1955 al 2005, la Chiesa locale continua anche oggi la sua preziosa missione, con oltre 100 religiosi al servizio delle 11 missioni aperte nella diocesi di Rumbek, a coprire un territorio di circa 60.000 kmq. Insieme ai due principali partner locali, ossia la diocesi di Rumbek e l’ong sud sudanese Arkangelo Ali Association, la Fondazione CESAR ha sostenuto negli anni il cammino in favore dello sviluppo sociale, culturale ed economico del Sud Sudan con particolare riferimento all’area di Rumbek, attraverso interventi mirati a promuovere: l’educazione di bambini e adulti in contrasto agli alti tassi di analfabetismo; l’assistenza socio-sanitaria per la cura di malattie (malaria, tubercolosi, lebbra) e patologie legate alla malnutrizione; la realizzazione di impianti idrici, scuole, programmi di alfabetizzazione e formazione professionale femminile.
Durante la recente visita in Italia del coordinatore diocesano di Rumbek, padre John Mathiang Machol, è emersa l’esigenza di un punto di aggregazione per lo svolgimento delle diverse attività all’interno del compound diocesano. Uno spazio ampio e riparato dal caldo e dalle piogge, che possa accogliere i gruppi numerosi di persone provenienti dalle comunità vicine per prendere parte a laboratori, lezioni, corsi, e anche alle funzioni religiose, viste le piccole dimensioni della chiesa di Rumbek. Da questa necessità si è sviluppato il progetto di dotazione di una nuova sala polifunzionale, per la cui realizzazione la Fondazione CESAR sta raccogliendo fondi. Grazie a questo intervento, l’ampio cortile sul retro della cattedrale di Rumbek (circa 1200 metri quadrati), dove a luglio in molti hanno assistito – in piedi o seduti per terra – alla Messa in memoria di mons. Mazzolari, ospiterà una tensostruttura polifunzionale e confortevole, utilizzabile per le varie attività formative, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e della graduale autodeterminazione del popolo sud sudanese. kiremba ottobre 2015
19
animazione missionaria
Ecuador
Peppo e Adriana Piovanelli Solo la carità
cuore amico La consegna del Nobel missionario, di cui quest’anno ricorre la venticinquesima edizione, si terrà a Brescia, sabato 17 ottobre alle 9.30, presso il convento di San Gaetano. I premiati di quest’anno sono: suor Anna Tommasi, missionaria nelle carceri del Malawi; fratel Domenico Bugatti, religioso attento all’evangelizzazione di adulti e bambini in Repubblica Democratica del Congo; i coniugi Peppo e Adriana Piovanelli che hanno dedicato la loro vita ai poveri del Cotopaxi in Ecuador.
Da 25 anni
É considerato il “Nobel dei Missionari” Si rinnova anche quest ’anno l’appuntamento con il Premio Cuore Amico, istituito 25 anni fa e, da tempo, definito il “Nobel dei missionari”. Il riconoscimento viene assegnato a sacerdoti e religiosi, suore e laici che si sono distinti per la preziosa opera compiuta nel Paesi poveri del mondo. Cuore Amico è un’associazione missionaria fondata nel 1980 da don Mario Pasini. Si occupa del sostegno alle attività di religiosi e laici dediti ad azioni di promozione e sviluppo nei paesi del sud del mondo. Cuore Amico non è finanziata da enti statali o privati ma è sostenuta esclusivamente dall’impegno dei laici e la sua opera è possibile nella misura in cui il contributo di tanti, singoli e famiglie, continua a giungere generoso. Ben 60.000 sono i sostenitori dell’Associazione che con la loro generosità consentono di sostenere progetti di aiuto, formazione e sviluppo oltre a quelli legati alla preparazione del clero locale.
20
kiremba ottobre 2015
Peppo e Adriana sono una coppia speciale. Coinvolti fin da giovani nelle fila dell’Operazione Mato Grosso, da circa trent’anni prestano la loro opera a San Nicolas, sperduto paese nelle Ande ecuadoriane. In questa zona rurale e poverissima i coniugi bresciani hanno creato una scuola di formazione per i ragazzi dedicata alla lavorazione del legno. È nato così l'Istituto Don Bosco, attualmente frequentato da un centinaio di giovani. Ma questa è solo una delle loro iniziative: come primo sbocco occupazionale per i ragazzi, hanno creato una falegnameria cooperativa, un “taller”. Inoltre, offrono ospitalità e un pasto caldo ai giovani studenti che abitano lontani da San Nicolas. Del resto, la porta di casa Piovanelli è aperta a tutti: ai poveri, ai malati, agli anziani, a chi è indifeso per mancanza
di cultura, salute o risorse economiche o per la combinazione delle tre insieme. Una radicale scelta evangelica, la loro, che hanno preso sul serio la Buona Novella vivendo in semplicità, umiltà, povertà, a servizio del prossimo. Parlando all’assemblea durante la scorsa veglia missionaria, proprio Peppo aveva descritto come lui e Adriana, insieme alla loro famiglia, si siano lasciati plasmare dalle vicissitudini e dalle interminabili richieste della gente povera che abita la zona in cui operano: “Più di vent’anni fa abbiamo aperto una porta che non si è mai chiusa, i poveri sono entrati e continuano ad entrare...”. Non si stratta di una scelta, ma semplicemente della disponibilità a camminare con l’unica arma possibile: la carità.
Il profondo e sentito intervento di Peppo durante la Veglia Missionaria 2014
Malawi
Repubblica del Congo
Suor Anna Tommasi Tra i carcerati
Fratel Domenico Bugatti Evangelizzare
Classe 1944, entra giovanissima (a soli 16 anni) nella comunità Falmi (Francescane Ausiliarie Laiche Missionarie dell’Immacolata). Nel 1968 Anna Tommasi parte per la Tanzania dove svolge la sua attività missionaria per una decina di anni soprattutto nell’ambito della promozione della donna. Dopo un periodo a Roma, dal 2002 si trova in Malawi, nell’Arcidiocesi di Blantyre, dove presta la sua opera in diversi ambiti: religioso, assistenziale, educativo, sociale. Fra le tante esperienze è da rimarcare l'attività di sostegno e recupero nelle carceri per adulti e minori come a Chichiri, una prigione per adulti dove sono stipati più di 2 mila detenuti, la maggior parte poveri, malati di Aids, analfabeti. A loro suor Anna porta il conforto del Vangelo, oltre a generi di prima necessità. Anna assicura inoltre la sua presenza nel carcere minorile di Bvumbwe che accoglie i ragazzi dai 15 ai 21 anni. Qui avvia un programma educativo per chi desidera frequentare la scuola e favorisce la riabilitazione dei detenuti attraverso laboratori professionali di falegnameria e sartoria.
Nato nel 1947, in età giovanile diventa missionario della Consolata, studiando da infermiere e da contabile. Nel 1972 viene mandato in Canada, nella provincia del Quebec, per occuparsi della formazione dei futuri missionari. Svolge questa attività per cinque anni. Nel 1984 fratel Domenico parte per la Repubblica Democratica del Congo dove ancora oggi svolge il suo apostolato impegnandosi, nonostante le numerose difficoltà delle guerre, nella costruzione di ospedali, scuole, cappelle, pozzi, ponti. Nel 1999 viene destinato alla comunità di Isiro, dove si occupa di giovani e bambini in difficoltà. Apre il Centro nutrizionale Gajen per bambini con gravi carenze alimentari dove quotidianamente vengono curati centinaia di bimbi. Fratel Domenico, con l’aiuto di collaboratori e volontari, inizia per ciascuno di loro un percorso di ri-alimentazione, assicurandosi che i piccoli non manchino dei nutrienti essenziali, anche dopo le dimissioni. Nella sua missione non vengono meno opere di accoglienza dei poveri e visite ai carcerati.
Attraverso questo codice potete accedere alla testimonianza di Suor Anna che racconta come vive la sua missione tra i detenuti del Malawi.
Attraverso questo codice si può accedere al sito web dell’associazione Cuore Amico Fraternità Onlus e conoscere tutti i progetti che segue.
kiremba ottobre 2015
21
Orizzonti ecuador
ci vog liono gratuitÀ e memoria Mons.lorenzo voltolini lorenzoarzobispo@gmail.com
R
isuonano ancora molto forti e propositive le parole, i gesti, gli accenti degli incontri che il Papa ha mantenuto con le grandi moltitudini durante la sua visita in Ecuador. Parole che ha quasi sussurrato al cuore di tanti altri negli incontri piú ristretti. Il Vino migliore Nella Messa celebrata in Guayaquil, la città più grande dell’Ecuador, che sorge vicino all’oceano pacifico, il Papa ha parlato soprattutto della famiglie ed alla famiglia. Nella regione della costa ecuadoriana i matrimoni celebrati in Chiesa sono solo il 20 per cento rispetto a quelli celebrati civilmente ed alle unioni di fatto. Ma, grazie alla religiosità popolare molto diffusa e fortemente radicata, nonostante le pressioni politiche, culturali ed economiche nazionali ed internazionali, l’ ideologia del gender non è ancora riuscita a prendere forza. In questa realtà così contrastante con quelli che sono i principi di sempre della Chiesa, il Papa ha saputo entrare nel cuore di molti, predicando con audacia il Vangelo della vita, la gioia del Vangelo con il grido di speranza per eccellenza: per questa famiglia, per questa società “il vino migliore deve ancora arrivare”. Gratuità e Memoria Prima della Messa celebrata nella Capitale, Quito, il Papa ha parlato con i Vesco-
22
kiremba ottobre 2015
grande accoglienza in ecuador per papa francesco
vi, in forma privata, come un pastore ai confratelli pastori. Ha ascoltato le nostre domande ed ha risposto con molta sincerità, partendo dalla propria esperienza di pastore di una grande città come Buenos Aires. Ha raccomandato ai vescovi di avvicinarsi sempre di più ai sacerdoti, a non trattarli con durezza nelle difficoltá, a manifestare comprensione per la situazione di chi sta passando momenti di crisi. Ha consigliato ai Vescovi di chiamare chi è stato segnalato come colpevole di qualche comportamento grave, dirgli: “senti, mi dicono queste cose di te... io non ti giudico... vieni da me tra una settimana e ne parliamo”. Il Papa assicura che questo modo di trattare i sacerdoti li apre al dialogo, alla sincerità, alla conversione quando qualcosa non va. “Questo modo misericordioso di fare, ha detto, a me ha funzionato sempre”. Avendo poi alcuni vescovi sottolineato che tra i saccerdoti ci sono alcuni che si vergognano delle loro umili origini, che altri sono succubi dell’affanno per le ricchezze e della necessità di sostenere economicamente le loro famiglie, il Papa, nell’incontro con i Religiosi, i Sacerdoti ed i seminaristi, ha parlato di due atteggiamenti indispensabili per essere buoni pastori, buoni religiosi: Gratuità e Memoria. “Religiosi, Religiose, Sacerdoti, Semina-
risti, ogni giorno fate questo cammino di ritorno verso la gratuità, verso la gratuità con la quale Dio vi ha eletti. Voi non avete pagato per entrare in seminario, per entrare alla vita religiosa. Non ve lo siete meritato. Se qualche religioso, sacerdote o seminarista o suora qui presente crede che lo ha meritato, che alzi la mano”... “tutto è stato gratuito... siamo oggetto della gratuità di Dio. Un consiglio di fratello: tutti i giorni, meglio se la sera, prima di dormire, uno sguardo a Gesù e ditegli: “Tutto me l’hai dato gratis”... E quindi, quando mi cambiano di destino o quando sorge una difficoltà non mi lamento perché tutto è gratis, non merito niente”. “Una seconda cosa vorrei dirvi: attenti alla salute... non cadete nell’alzheimer spirituale. Non dimenticate da dove siete stati tirati fuori... Davide, pastore, tirato fuori da dietro il gregge... Paolo dirà a Timoteo: “Non dimenticare le tue radici, non dimenticare la fede della tua nonna e di tua madre... non sentirti promosso”.. non abbiate vergogna della vostra cultura, delle vostre radici”. Queste parole sono risuonate come molto appropriate in un mondo, una società dove si millanta importanza come nell’antichità, fabbricandosi genealogie nobili e lignaggi “divini” per meritare considerazione e rispetto. Cristo nonostante il suo vero lignaggio divino è venuto per servire e non a im-
porsi all’umanità per la sua procedenza. Gratuità, solidarietà, Sussidiarietà Parlando alla “società civile”, ossia ai politici, agli impresari, ai membri di gruppi associati, il Papa ha fatto riferimento alla casa. Si sentiva in casa per via di quelle chiavi della città che il sindaco di Quito gli aveva consegnato all’entrare nella antica e bellissima Chiesa di San Francesco, per cui ha voluto parlare della política e della vita in società come ciò che succede o dovrebbe succedere in una casa. In casa (“hogar”- focolare) i membri della famiglia esercitano in forma quasi naturale la Gratuità, la Solidarietà e la Sussidiarietà. Queste parole hanno bisogno di alcune spiegazioni poter capire la risonanza che hanno avuto e potranno avere nel paese della metà del mondo. 1. In Ecuador é quasi impossibile il volontariato, perché la legge dice che il salario del lavoratore è “irrinunciabile”. Questo significa che se un lavoratore, un volontario, rinuncia alla rimunerazione per un lavoro fatto, un suo erede può reclamare il salario non ricevuto alla persona o entità che avrebbe dovuto pagarlo. Solo i catechisti ed i chierichetti sono riconosciuti come volontari, chi fa un altro lavoro, anche se fosse in una parrocchia, se non è religioso o seminarista non è opportuno lasciargli esercitare un lavoro, qualcuno poi potrebbe denunciarti ed esigere unaa
ricompensa. Forse il Papa non sapeva di questa legislazione, ma quanti abbiamo sentito la sua insistenza sulla generositá e la gratuità abbiamo pensato immediatamente al volontariato. Citando Sant’Ignazio il Papa diceva “Amiamo la società con le opere più che a parole...l’amore sempre si comunica, tende alla comunicazione, mai all’isolamento”. Il bambino inizia a difendersi fin dal seno materno, tocca ai genitori insegnargli ad accettare l’altro in famiglia. Così è nella società: la gratuità non è spontanea, deve essere insegnata, favorita. In una società pluriculturale come l’Ecuador, è necessario superare la tendenza all’isolamento, alla competizione per dar passo all’ accoglienza, all’apprezzamento dell’altro. La diversità è una ricchezza, non uno svantaggio. Unendo questa diversità pluriculturale dei popoli ancestrali con la biodiversità che vantano paesi amazzonici il Papa ha fatto riferimento alla sua recente enciclica: avete “l’opportunità di esercitare la pedagogía di una ecologia integrale. Noi abbiamo ricevuto come ereditá dai nostri genitori il mondo, dobbiamo ricordare che l’abbiamo ricevuto come in prestito dai nostri figli e dalle generazioni future alle quali dobbiamo consegnarlo restituirlo e migliorato. Questo è gratuità!”. 2. “Dalla fraternità sperimentata in famiglia nasce la solidarietà nella società.
I problemi di tutte le società del mondo oggi: la Migrazione, la concentrazione urbana, il consumismo, la crisi della famiglia, la mancanza di lavoro, le sacche di povertà producono incertezza e tensioni che minacciano la convivenza sociale.... le norme e le leggi dovrebbero favorire l’inclusione, il dialogo, piú libertà e meno repressione. La speranza di un futuro migliore, con più opportunità ai giovani di lavoro e crescita economica che non si riduca a statistiche macroeconomiche solo si può ottenere con la solidarietà”. Il Papa ricordava che diceva ai salesiani “Don Bosco vi ha creati per l’emergenza giovanile. Preparate i giovani a piccoli lavori che diano loro la dignità di guadagnarsi da vivere”. Queste parole dette dal Papa in un paese che ha abbracciato la filosofia del socialismo del XXI secolo, sono suonate come una certa critica al totalitarismo che vorrebbe cotrollare tutto e non lascia spazio alle iniziative della Chiesa e di altre entità private per proporre nuovi cammini tanto nella educazione come nelle proposte di lavoro. 3. Quanto alla sussidiarietà il Papa si è riferito direttamente all necessità del dialogo tra lo stato e le distinte forze sociali esistenti nel paese. “É necessario tutelare la libertà delle persone e dei gruppi di presentare proposte e di collaborare alla costruzione di una società piú giusta”. kiremba ottobre 2015
23
La preghiera del povero
Preghiera iniziale
Formazione & spiritualità
La preghiera, la formazione, la spiritualità sono l’anima di ogni azione autenticamente evangelica ed ecclesiale. Per questo in ogni numero cerchiamo di offrire spunti di riflessione, temi di approfondimento, proposte di preghiera personale e comunitaria.
Signore, non ho niente eppure ho tutto, perché ho Te. Non ho cibo a sufficienza, ma mi basta quello che ricevo dalla gente o che guadagno con il mio onesto lavoro. Non ho casa, ove riposare, ma mi contento del cielo sotto il quale riposo ogni tanto, memore della tua esperienza,
di un Dio che non ha neppure una pietra ove poggiare il suo capo stanco. Non ho denaro che mi possa aiutare a vivere con dignità ma accolgo, con sofferenza, l’elemosina di tanta gente. Quanto è difficile Signore essere povero oggi come allora, ma nessuno di noi ha scelto di esserlo di propria volontà.
Formazione dalla parte dei poveri claudio treccani
claudio@cmdbrescia.it
É
grave il peso della nostra responsabilità nel mantenimento di un sistema economico, politico e sociale che emargina i più deboli nelle periferie della miseria e dell’indifferenza. Occorre ripartire da qui, per testimoniare la Misericordia di Dio che non esclude nessuno.
Parola della Chiesa
24
24
Ciò che rappresenta il cuore della missione è l’impegno ad uscire da noi stessi, andare verso l’altro, in cui incontriamo Dio stesso. Le periferie sono il luogo privilegiato dell’annuncio dove il Vangelo acquista forza perché è lieta notizia per tutti. Gesù ha annunciato “beati i poveri” non in quanto indigenti, ma perché è possibile che siano maggiormente kiremba ottobre 2013 predisposti a cercare Dio senza pregiudizi e a seguirlo senza troppe resistenze del cuore.
kiremba ottobre 2015
Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. (EG nr. 2) … La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cfr Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (cfr Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si con-
vertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste (nr. 21) Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario, deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14,14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo», e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli. (Evangelii Gaudium nr 2 e 48)
Per tutte le povertà
Preghiera finale O Tu sai la sofferenza di quanti non hanno nulla nel nostro tempo affamato di guadagni e di posizioni sempre più agiate. Non Ti chiedo di rimuovere solo la mia povertà, ma la povertà di tanti popoli oppressi a causa dell’ingiustizia e della cattiva gestione delle risorse della Terra. Fa, o Dio della Provvidenza, che nessun bambino sia più povero su questa Terra, che nessun ammalato sia abbandonato a se stesso senza alcuna assistenza e sicurezza, che nessun anziano vengano lasciato nella solitudine senza il conforto di qualcuno, che nessun giovane abbia a soffrire a causa del cattivo esempio degli adulti, che in tutte le famiglie e su tutte le mense del mondo arrivi quotidianamente quel pane di ogni genere che ti chiediamo ogni giorno per noi e per tutti.
Parola di Dio Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Geru-
salemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. (Gv 4, 5-30)
Per riflettere Dalla parte dei poveri non è solamente un invito a schierarsi a favore di una categoria generale di persone, di cui magari sentiamo sempre parlare, ma senza incontrarli veramente. É invece il modo di agire di Cristo stesso, che emerge dall’ascolto del Vangelo perché Lui non si è mai messo contro qualcuno ma a fianco di tutti camminando vicino di coloro che incontrava i poveri, malati nel corpo e nello spirito. A ciascuno di essi Gesù ha offerto uno sguardo nuovo, lo sguardo della sua misericordia capace di guarire ogni vita. Anche nell’incontro con la samaritana al pozzo Gesù ci mostra come
entra in relazione con i poveri, la samaritana pregiudicata, peccatrice,… Lo stile di Gesù mette in discussione credenze e pregiudizi che comportano ostacoli verso i poveri. La povertà oggi è un fatto globale e non possiamo ridurla solo all’aspetto economico. Nell’impegno concreto verso gli ultimi siamo chiamati ad un’apertura ed ad una coscienza universale.
Per condividere Come la nostra comunità cristiana educa e incoraggia a prestare attenzione ai fratelli più poveri condividendo con loro i beni materiali e spirituali? In quali iniziative posso essere coinvolto? Con le provocazioni dell’Evangelii Gaudium è cresciuta l’attenzione nei confronti dei poveri? E l’ascolto delle loro grida e della loro vita? Chi sono oggi i poveri? Raccontiamoci delle testimonianze di vita di coloro che conosciamo direttamente. Puoi mandare le tue risposte-riflessioni al CMD: missioni@diocesi.brescia.it
kiremba maggio 2014 25
kiremba ottobre 2015
25
formazione & spiritualità
Pregare insieme Ogni mese il Papa indica due intenzioni: una di carattere generale e una più di intento missionario
Che intenzioni hai?
DON DIEGO FACCHETTI - dondiegofac@gmail.com
Dopo la pausa estiva - ormai lontana! - sono ormai riprese a pieno ritmo le diverse attività. Ripartiamo dunque (anzi: continuiamo!) con l’impegno missionario anche nella preghiera. Un buon aiuto ci viene offerto dalle intenzioni “per l’evangelizzazione” (già “intenzioni missionarie”) che il Papa propone mensilmente all’Apostolato della Preghiera. Nel mese di Ottobre - mese missionario per eccellenza e mese del Rosario - è offerta l’intenzione di pregare Perché, con spirito missionario, le comunità cristiane del continente asiatico annuncino il Vangelo a coloro che ancora lo attendono. Il Vangelo - lo sappiamo - è per tutti e tutti sono chiamati a ricevere e trasmettere il Vangelo. La vitalità di una Chiesa si misura senz’altro anche dal suo spirito e dal suo impegno missionario. Sosteniamo volentieri le comunità cristiane dell’Asia perché, con la saggezza millenaria del loro continente e con l’entusiasmo dei credenti, non si stanchino di trasmettere il Vangelo - in forme “collaudate” e nuove - sia ai vicini che ai “lontani”. Maria (che ha vissuto la sua esistenza terrena in Medio Oriente!) sostenga la Chiesa dell’Asia nel suo cammino e ottenga il grande dono della pace. Nel mese di novembre - che favorisce il ricordo dei Defunti e la meditazione sulle realtà ultime - il Papa propone di pregare Perché i pastori della Chiesa, amando profondamente il proprio gregge, possano accompagnarne il cammino e tenere viva la speranza. La carità pastorale è il “motore” che spinge tutti nella Chiesa a vivere e condividere il Vangelo, ognuno secondo la propria vocazione. In questo mese preghiamo particolarmente per il Papa e per i Vescovi (che ogni mese offrono le intenzioni di preghiera all’AdP), per i sacerdoti, ma anche per tutti coloro che condividono la “cura pastorale” della Chiesa. In fin dei conti, siamo tutti coinvolti, a partire dalla famiglia,“prima cellula”anche dell’evangelizzazione. Che il Signore ci conceda sempre “pastori secondo il suo Cuore”, che condividono il nostro cammino, ma anche - nella carità e nella verità: caritas in veritate! - ci guidino alle fonti vive dell’Amore immenso di Dio e per i fratelli. don Diego Facchetti, assistente diocesano AdP In ottobre riprendono gli incontri AdP, aperti a tutti. Per aggiornamenti, visitate il nostro sito. Basta digitare in rete: Apostolato della Preghiera - Brescia.
Intenzioni missionarie Mese di Ottobre Perché, con spirito missionario, le comunità cristiane del continente asiatico annuncino il Vangelo a coloro che ancora lo attendono. Mese di Novembre Perché i pastori della Chiesa, amando profondamente il proprio gregge, possano accompagnarne il cammino e tenere viva la speranza.
26
kiremba ottobre 2015
Blocknotes
Veglie Missionarie • Mercoledì 30 settembre ore 20.30 Monastero del Buon Pastore, Via Lama,83 - Brescia • Mercoledì 30 settembre ore 21.00 Monastero Clarisse, Via F.Martinoli,3 - Lovere • Giovedì 01 ottobre ore 20.30 Monastero S. Chiara Clarisse, Via san Pietro - Bienno • Giovedì 01 ottobre ore 20.30 Monastero della Visitazione Via Versine,9 - Salò • Sabato 17 ottobre ore 20.30 Veglia missionaria diocesana in Cattedrale con mandato ai missionari partenti Piazza Paolo VI - Brescia
Percorsi di Formazione per la missione Anche quest’anno il Cmd, in collaborazione con gli istituti Missionari e le Ong bresciane aderenti alla Focsiv, presenta tre percorsi di formazione alla Missione. Le proposte sono destinate a quanti desiderano affrontare o approfondire i temi di educazione alla mondialità, o a coloro che desiderano essere promotori dell’animazione missionaria all’interno della propria realtà. Ricordiamo poi il corso “Nuovi stili di Viaggio” , per coloro che desiderano prepararsi ad un’esperienza in missione da vivere l’estate prossima, e la possibilità di organizzare con l’équipe del Cmd, alcuni incontri di Icfr nelle parrocchie. Per maggiori informazioni rivolgersi al Cmd di Brescia, telefonando al numero 030.3722355 (Claudio) o visitare il sito www.cmdbrescia.it
Sabato 10 Ottobre - Convegno Enciclica Populorum Progressio Centro Pastorale Paolo VI - Via Gezio Calini, 30 Brescia Il convegno è aperto a tutti; in particolare i destinatari della proposta sono tutti coloro che a vario titolo si impegnano nell’ambito della cooperazione, dell’animazione missionaria, della formazione e catechesi
kiremba ottobre 2015
27