SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERÇUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVI - N° 1 FEBBRAIO 2016 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA
Quaresima: tempo di Misericordia
Febbraio 2016
SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERÇUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVI - N° 1 FEBBRAIO 2016 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA
SOMMARIO
Primo piano Progetto pastorale missionario Quaresima: tempo di Misericordia Febbraio 2016
Bimestrale dell’Ufficio Missionario Diocesano, via Trieste 13/B - Brescia Tel 030.3722350 - Fax 030.3722360 Direttore don Adriano Bianchi Direzione e redazione Via Callegari, 6 – 25121 Brescia Tel. 030.3754560 Fax 030.3751497 e-mail redazione: kiremba@cmdbrescia.it e-mail Ufficio Missionario: info@cmdbrescia.it web: www.cmdbrescia.it Kiremba su facebook: Kiremba Magazine Redazione don Carlo Tartari: doncarlo@cmdbrescia.it Andrea Burato: andrea@cmdbrescia.it Claudio Treccani: claudio@cmdbrescia.it Chiara Gabrieli: chiara@cmdbrescia.it Alessandro Piergentili: a.piergentili@libero.it don Diego Facchetti: dondiegofac@gmail.com p. Marcello Storgato: marcello@saveriani.bs.it Francesca Martinengo: fra.martinengo@gmail.com Grafica e impaginazione Andrea Burato Autorizzazione del tribunale di Brescia N. 269 del 11.07.1967 Imprimatur Curia vescovile di Brescia Stampa Tipografia Camuna Editrice Fondazione opera diocesana San Francesco di Sales, via Callegari, 6 - 25121 Brescia
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Chiesa & missione Il meglio di sé per la missione
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I missionari raccontano Ecuador - Mons. G.Piccioli Benin - Don mario Neva
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Quaresima missionaria É quaresima: misericordiamo
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Animazione missionaria Da Lovere a Chingul Le sorprese di Dio
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Orizzonti Opal - Smettiamo di chiudere gli occhi
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Formazione & spiritualità ABBONAMENTO ANNUALE 12,00 EURO ORDINARIO 50,00 EURO SOSTENITORI PER LE POSTE ITALIANE CONTO CORRENTE N° 389254. INTESTATO A: DIOCESI DI BRESCIA VIA TRIESTE, 13 25121 BRESCIA CON CAUSALE: “ABBONAMENTO KIREMBA 2015” BONIFICO BANCARIO: IBAN: IT75S0350011205000000007463
IL TUO AIUTO PER LE MISSIONI BANCO DI BRESCIA AGENZIA N. 5 C/C N. 7463 - ABI 3500 CAB 11205 IBAN IT 75 S 03500 11205 0000 0000 7463 BANCA POP. ETICA VIA MUSEI, 31 - 25122 BRESCIA C/C N. 102563 - ABI 5018 CAB 11200 IBAN IT 51 K050 1811 2000 0000 0102 563INTESTATO A: UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO. kiremba febbraio 2016 2
Una Chiesa con le porte aperte Pregare Insieme
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Blocknotes
Agenda 27
NOVITÀ PER ACCEDERE AI CONTENUTI MULTIMEDIALI, INQUADRA CON IL TU SMARTPHONEM DOTATO DI LETTORE, IL CODICE QR PRESENTE IN ALCUNE PAGINE DI KIREMBA. CON QUESTA MODALITÀ DESIDRIAMO INTEGRARE SEMPRE MEGLIO LA RIVISTA CON LA POSSIBILITÀ DI VISIONARE FILMATI, GALLERIE FOTOGRAFICHE, SITI WEB DEL MONDO MISSIONARIO ED ECCLESIALE. QUI A SINISTRA TROVATE IL CODICE QR CHE RIMANDA AL SITO DEL CMD DI BRESCIA
EDITORIALE
Laboratorio Missionario DON CARLO TARTARI DONCARLO@CMDBRESCIA.IT
I
l mondo missionario è una realtà composita, variegata e vivace, un mondo certamente complesso in forte evoluzione e trasformazione. Più incontro i missionari e ascolto le loro storie, le loro vicende più mi rendo conto che il Signore ci sta accompagnando in una attraversata difficile e affascinante: il mondo, la società, la chiesa non sono più quelle dalle quali siamo partiti. Si perpetua un esodo faticoso, ma carico di promesse: “sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). La meta è la comunione piena, l’alleanza ritrovata con il Padre; il cammino si dipana lungo il deserto della storia, il popolo non è più solo Israele, ma l’umanità intera. Si riaffacciano le antiche tentazioni: il rimpianto per le cipolle d’Egitto ovvero la nostalgia per ciò che è stato rispetto alla precarietà e incertezza del momento attuale; l’idolatria del vitello d’oro ovvero la tentazione di affidarsi a ciò che è visibile, sperimentabile, misurabile, tangibile; la mormorazione ovvero non riuscire a cogliere che il tempo che viviamo è provvidenziale e fecondo. Nel recente incontro con i responsabili e i collaboratori dei centri missionari è emersa in modo forte questa convinzione di essere ancora e sempre in cammino. Abbiamo trovato una profonda sintonia nell’individuare alcuni atteggiamenti di fondo necessari: alimentare e far crescere un autentica spiritualità missionaria, mantenere sempre uno sguardo positivo e autenticamente aperto alla speranza nella provvidenza di Dio, non lasciarsi scoraggiare dal mero criterio numerico di valutazione, favorire e incentivare ogni forma intelligente di sinergia e comunione nell’elaborazione di qualsiasi scelta progettuale, accettare la lentezza dei processi di cambiamento. Un passaggio decisivo è procedere in
modo convinto verso una rinuncia alla settorialità per essere presenti in tutti gli ambiti della pastorale. Nel futuro del Centro Missionario di Brescia si intravedono alcuni passaggi coerenti con questi atteggiamenti di fondo: diventa sempre più urgente il lavoro in rete con altri “uffici di pastorale”; le collaborazioni in particolare con Ufficio per i migranti e il dialogo interreligioso crescono di giorno in giorno amplificando sguardi e competenze, moltiplicando voci e opinioni, aprendo prospettive e iniziative nuove. Anche “Kiremba” si mette al passo con i tempi che viviamo: nei prossimi mesi ci saranno novità interessanti e collaborazioni nuove. Innanzitutto realizzeremo sinergie con le ONG bresciane appartenenti alla Focsiv che da tempo hanno iniziato un percorso comune: ci aiuteranno in particolare a cogliere le profonde trasformazioni alle quali la cooperazione internazionale è sottoposta. Inoltre proveremo a mantenere alta l’attenzione sul rapporto tra Missione e Dialogo, Missione e Migrazione, Missione e accoglienza con una sezione specifica della rivista. Chiediamo ai gruppi missionari, alle parrocchie, alle unità pastorali di essere continuamente di stimolo proponendo riflessioni, iniziative, critiche costruttive: i mezzi di comunicazione vecchi e nuovi ci consentono di alimentare un dialogo efficace e diffuso; molti sostengono che il futuro della “carta stampata” sia segnato e concluso: spero che l’aiuto a diffondere e far conoscere Kiremba possa contribuire a dare nuovo slancio alla missione di sempre. Il sito del CMD (www.cmdbrescia.it) e i profili social (Facebook e Twitter) si affiancano a Kiremba per offrire opportunità di scambio, informazione, dialogo e confronto. kiremba febbraio 2016
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Primo piano
DIOCESI
UN PROG ETTO PASTORALE MISSIONARIO DON RENATO TONONI RENATOTONONI@DIOCESI.BRESCIA.IT
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el biennio 2013-2015 il Consiglio Pastorale della Diocesi di Brescia, coinvolgendo anche i Consigli Pastorali Zonali, ha ritenuto di doversi impegnare nella elaborazione di un testo che offrisse alcune “Linee per un progetto pastorale missionario”, da proporre, tramite l’approvazione del Vescovo, a tutte le comunità cristiane della Diocesi. L’intento non è stato quello di preparare un “progetto pastorale missionario” da applicare tale e quale in ogni comunità, bensì di sollecitare tutte le comunità a costruire in loco un proprio progetto pastorale missionario, offrendo loro semplicemente una piccola strumentazione metodologica (prima parte) e un’ipotesi esemplificativa di riferimento (seconda parte). Di fronte a questo testo, che si può trovare sul sito della Diocesi e che è costato non poche fatiche, nasce spontanea una duplice domanda: perché è così importante fare una progetto pastorale e perché oggi, in modo particolare, un progetto pastorale va pensato nella prospettiva missionaria?
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kiremba febbraio 2016
UN MOMENTO DI CONDIVISIONE ALL’INTERNO DI UN GRUPPO MISSIONARIO
Perché fare un progetto pastorale? La risposta la possiamo trovare in una riflessione critica che il teologo milanese Mons. Giuseppe Colombo faceva già nel 1982: “Il giudizio corrente riconosce all’Italia, tra i paesi europei, una pratica pastorale notevolmente ricca e intensa. In linea di principio, tanta ricchezza e varietà di pratica pastorale si offre spontaneamente alla interpretazione critica e, quindi, all’elaborazione teorica. Ma ciò che resta vero in linea di principio, non trova riscontro in Italia, dove al notevole impegno ‘pratico’ non è corrisposto un impegno ‘teorico’ non solo pari, ma neppure lontanamente proporzionato”. Questa valutazione ben si addice anche alla pastorale attuale delle nostre comunità diocesane, dove, in genere, si opera molto, ma si riflette poco; dove si programmano tante iniziative pratiche, ma senza l’elaborazione di un progetto pastorale globale, che sia frutto di un pensiero critico e condiviso. In tal modo si rischia di dimenticare che la Chiesa non è chiamata a fare tante cose nel mondo, ma ad annunciare il senso e lo scopo
Un progetto pastorale non può che essere – oggi in modo particolare – un progetto pastorale missionario, un progetto cioè che, prendendo atto della situazione storico-ecclesiale, cerchi di precisare le mete del cammino di evangelizzazione negli anni a venire e indichi alcune modalità e mezzi per poterle raggiungere.
Attualità
Conversione pastorale
del suo fare, cioè Gesù Cristo, da far conoscere e incontrare da parte di tutti. Anche se qualcuno afferma che non c’è bisogno di tanti progetti pastorali, poiché la Chiesa deve lasciarsi guidare di volta in volta dalla libertà e imprevedibilità dello Spirito Santo, in realtà sono proprio il rispetto dello Spirito Santo e l’obbedienza a lui ad esigere il momento riflessivo e progettuale. Lo Spirito Santo, infatti, guida la Chiesa in situazioni sempre nuove e, di conseguenza, il rispetto dello Spirito esige di riflettere continuamente per scrutare nella storia i segni dei tempi e per cogliere nelle situazioni storiche che cosa lo Spirito intende dire e chiedere oggi alla sua Chiesa. Senza un “progetto” pensato e condiviso c’è il rischio di continuare a fare semplicemente ciò che si è sempre fatto, senza rendersi conto dei cambiamenti avvenuti, oppure di inventare e fare tante cose nuove solo per il semplice gusto della novità, senza saperne il perché. L’azione ecclesiale non può più essere lasciata in balia della pur lodevole iniziativa di singoli e di gruppi,
Nella nostra situazione storico-culturale, pur continuando l’importanza e il senso sempre attuali della missio ad gentes – anzi, “lo spirito della missio ad gentes deve diventare lo spirito della missione della Chiesa nel mondo”, afferma papa Francesco - tuttavia va ricuperata la dimensione missionaria anche della pastorale delle comunità che vivono nel nostro territorio.
Non è una cosa facile. C’è bisogno di una vera e propria “conversione”: si tratta infatti di passare da una “pastorale di conservazione” a una “pastorale di missione”. rispondere semplicemente alla richiesta di servizi religiosi, ma implica anche quella conversione pastorale che passa attraverso la formazione e l’assunzione di una vera mentalità missionaria.
o essere improntata a improvvisazione, dilettantismo, o a empirismo pratico. Questi sono comportamenti del tutto inadeguati ai fini di un agire ecclesiale corrispondente all’attuale contesto socio-culturale, che è segnato da continui e veloci cambiamenti. È molto interessante, a questo proposito, il dialogo drammatico tra Pietro, il prete operaio, e il parroco di Sagny, nel testo di G. Cesbron, I Santi vanno all’inferno (Milano, pp. 112). Il parroco: “In un mondo che si fa pagano, pongo il mio onore nel trasmettere questa parrocchia come l’ho ricevuta, ventisette anni fa”. Pietro: “È cambiata molto da allora, signor parroco”. “Come intendete?” soggiunge il parroco. E Pietro: “Per quel che ne so, la popolazione è raddoppiata e il numero delle fabbriche triplicato … E la mortalità infantile anche ... e altrettanto la criminalità”. “Ah” fece il vecchio rassicurato; “il quartiere è mutato, vedete, non la parrocchia! È una vittoria!”. In realtà, possiamo aggiungere noi, si tratta di una brutta vittoria: pretendere di mantenere inalterata la parrocchia e la sua pastorale, quando il mondo, il quartiere è cambiato è la più grande sconfitta. Ed è questo il rischio più grande di una pastorale che procede senza un progetto pensato e condiviso criticamente. Perché un progetto pastorale missionario? Se la “pastorale” è il complesso delle azioni che la comunità cristiana mette in opera per realizzare la sua missione (l’annuncio del Vangelo ad ogni creatura), ovviamente la dimensione “missionaria” è intrinseca a tutta la pastorale ecclesiale. Negli ultimi secoli però il termine “missione” è stato utilizzato in termini alquanto restrittivi, essendo passato ad indicare semplicemente l’opera dei cosiddetti “missionari”, di quei cristiani, cioè, per lo più preti e suore appartenenti alle congregazioni “missionarie”, che,
lasciando il proprio paese, andavano ad annunciare il Vangelo in terre lontane che ancora non conoscevano Gesù (chiamate appunto “terre di missione”). Questo è potuto accadere per il fatto che, dopo il rapido diffondersi della fede nel Signore Gesù nei primi secoli dell’era cristiana e lo sviluppo in epoca medioevale della cosiddetta “società cristiana”, si riteneva che l’annuncio evangelico avesse già raggiunto tutte le genti. La comunità cristiana si limitava perciò ad alimentare e conservare la fede già esistente, più che a farla nascere. Con la scoperta dei nuovi mondi (xv secolo), riprese l’attività missionaria della Chiesa, ma, di conseguenza, il termine “missione” finì appunto per identificare l’azione dei “missionari” che partivano per evangelizzare questi paesi lontani, recentemente scoperti. Oggi la situazione è cambiata: è tramontata la “società cristiana” e anche Brescia è diventata “terra di missione”, non solo perché non esiste più quella società dove tutti erano “cristiani” per mentalità, cultura, oltre che per il Battesimo, ma anche perché sono arrivate nuove persone, nuove culture, nuove religioni. In questo contesto, una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura delle nostre comunità cristiane non basta più. Anche nei nostri paesi di antica tradizione cristiana, “è necessaria – dicono i vescovi italiani - una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il Vangelo, ne sostenga la trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo …” (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, Roma 2004, 1). Questo non solo comporta di andare là dove la gente vive anziché attenderla in parrocchia, limitandosi a rispondere semplicemente alla richiesta di servizi religiosi, ma implica una vera conversione pastorale. kiremba febbraio 2016
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Chiesa & missione TESTIMONIANZE
IL MEGLIO DI SÉ PER LA MISSIONE P.DIAMANTINO GUAPO ANTUNES INFO@CONSOLATA.NET
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ella Diocesi di Inhambane in Mozambico, presso la Missione di Mambone, lo scorso Giovedì 14 Gennaio è mancato Fratel Pietro Bertone. Originario di Ossimo Inferiore, in provincia di Brescia , è nato il il 14 dicembre 1948. É entrato nell’Istituto dei Missionari della Consolata come Fratello ed ha emesso la prima Professione religiosa il 2 ottobre 1966. Destinato alla Missione del Mozambico, vi è giunto il 5 gennaio 1973. Propiro il 14 Gennaio, accidentalmente è caduto dal tetto della falegnameria, dove era salito per effettuare una riparazione; la gravità dell’impatto ha causato un trauma molto forte che gli ha causato la morte presso l’ospedale di Mambone. Lo shock di coloro che lo hanno conosciuto è stata molto forte. Oltre alla sua vita, che è già una testimonianza vivente del servizio, Fra Pietro (Pedro, come chiamavano in Mozambico) era un uomo di pace, di fede, paziente e affettuoso; un lavoratore dedito e competente; un amico con una grande
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FRATEL PIETRO IN MOZAMBICO ERA MOLTO AMATO E STIMATO
capacità di ascoltare e di stare vicino a chi ne aveva bisogno. L’Istituto dei Missionari della Consolata ha perso un grande missionario e tutti coloro che lo conoscevano, piangono la sua assenza. Fratel Pietro lavorava in Mozambico da 42 anni. Qui ha vissuto gran parte della sua vita, dando il meglio di sé al servizio della Missione. Ha vissuto ed è morto, lavorando. Ha iniziato il suo lavoro nella missione di Lichinga e Mitucue (1973-1975) e poi nella missione di Massangulo (1975-1976). Il 01 Gennaio 1977 viene destinato alla Diocesi di Ihnambane. Ha prestato la sua opera missionaria anche in: Vilanculos (1975-1982); Nova Mambone (1982-1984); Vilanculos (1984-1985); Guiùa (1985-1986); Nova Mambone (1986-1991). Il 9 settembre 1991 viene richiamato in Italia dove si impegna nella comunità di formazione degli aspiranti Fratelli missionari della Consolata ad Alpignano (TO). Rientrato in Mozambico il 18 ottobre 1992, è destinato al seminario filosofico della Consolata a Matola,
Oltre alla sua biografia, che è già una testimonianza vivente del servizio, Fra Pietro (Pedro, come lo chiamano in Mozambico), era un’esempio vivente di pace, di fede, amicizia e dilavoro. Il suo sguardo gentile, il profondo sorriso accogliente circostante e, sempre vissuto in esso e lo prese sempre lavorando e pregando. Era un uomo di lavoro molto competente, era anche un uomo di fede, d’ascolto, di pazienza e affetto.
Ha sempre lavorato assiduamente in officina,in falegnameria e nelle saline dove ha fatto crescere professionalmente decine e decine di giovani. Intensa è stata la presenza, la sua amicizia, vicinanza, l’aiuto e i buoni consigli elargiti a tutti coloro che si avvicinavano a lui.
archidiocesi di Maputo (1992-1994). Nel 1994 ritorna alla missione di Nova Mambone. Tra il 2004 e 2008 ha prestato il suo servizio nella casa centrale di Maputo come economo, procuratore e più tardi, nel seminario Propedeutico della Consolata di Nampula (20092012). Nel 2012 ritorna nuovamente alla sua missione di Nova Mambone dove vi rimane fino al giorno del suo decesso. In tutta la sua vita ha amato e mantenuto sempre viva la testimonianza di fede e di missione. è proprio a Mambone dove ha lavorato e ha vissuto i momenti più intensi, belli ma al contempo più difficili della sua vita missionaria. Ha sempre lavorato assiduamente in officina,in falegnameria e nelle saline dove ha fatto crescere professionalmente decine e decine di giovani. Intensa è stata la presenza, la sua amicizia, vicinanza, l’aiuto e i buoni consigli elargiti a tutti coloro che si avvicinavano a lui. Fratel Pietro, al fianco di P. Amadeu Marchio, ha vissuto e sofferto con la gente di Mambone facendo tutto quanto in suo potere.
Come non ricordare i difficili anni di guerra civile a Nova Mambone? Come dimenticare la solidarietà e la vicinanza dimostrata tra e con la popolazione? Ha sofferto con il suo popolo durante gli attacchi, la fame e i rapimenti del 28 novembre 1982 nella missione di Doane. Con l’arrivo della pace, nel 1992, Fratel Pietro ha aiutato nella ricostruzione della missione e nelle ripresa di tutte le attività economiche. All’inizio del 2000 è arrivata la terribile alluvione che ha sommerso Nova Mambone: la missione è divenuto così luogo di rifugio e di salvezza per centinaia di persone. É stato necessario ricominciare tutto da capo e ricostruire quanto era stato distrutto. Nel febbraio 2007, ancora una volta la natura si scatena sulla missione: il ciclone “Favio” distrugge tutto lungo il suo cammino; anche allora, fr. Pietro era qui a rimboccarsi le maniche. Frate Pietro è sepolto proprio in questa terra di Nuova Mambone che ha tanto amato e per la quale ha lavorato cosi duramente. kiremba febbraio 2016
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I missionari raccontano ECUADOR
MOSTRARE IL VOLTO DI CRISTO JUANITO.10@HOTMAIL.IT MONS. GIOVANNI BATTISTA PICCIOLI
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l Signore mi ha concesso la grazia immeritata di essere Vescovo Ausiliare della Archidiocesi di Guayaquil in Ecuador (provincia del Guayas - una città grande, che conta più di quattro milioni di abitanti per la maggioranza cattolici), dopo undici anni di lavoro pastorale vissuti, come sacerdote “Fidei donum” di Brescia, sempre in Ecuador, nella Diocesi di Portoviejo! Per poter parlare di pastorale nella nostra Archidiocesi di Santiago di Guayaquil, è necessario ed opportuno cominciare descrivendo e presentando la realtà multiculturale che ci troviamo a vivere: infatti, in questi ultimi anni, come in genere accade in tutte le grandi città, la nostra Archidiocesi ha sofferto un aumento demografico enorme, accogliendo persone di diversa provenienza, con diverse posizioni sociali, economiche, culturali e tradizioni religiose di tipo popolare afro e indigene. Questo ha influito direttamente nel nostro cammino come Chiesa locale che ha imparato, poco a poco, ad
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AL CENTRO DELLA FOTOGRAFIA, MONS. PICCILI CIRCONDATO DALLA GENTE DELLA PARROCCHIA
accompagnare la sua gente nel processo del cammino di fede. In questo contesto, ci ha aiutato e spinto con grande forza ed entusiasmo la visita del Santo Padre Francesco che, con il suo carisma ed esempio ci ha spronato ed ha insistito ad aprire le porte a tutti, ad essere una Chiesa che, purché accidentata, non escluda nessuno! La notizia che in quest’anno inizierà il Giubileo Santo della Misericordia ha risvegliato in tutti noi la necessità che il messaggio di Francesco sia realtà e si concretizzi nella nostra quotidianità: abbiamo iniziato un tempo e un periodo di analisi e di riflessione per poter riconoscere con tutta sincerità quegli aspetti ecclesiali che si sono presentati e vissuti poco e poter rafforzare quelli che già stavano in cammino. La nostra Archidiocesi, come Chiesa locale, ha e si presenta con un volto di misericordia? Questa è la domanda a cui non è facile rispondere, ma che ci obbliga a riflettere e a saper trovare i mezzi e le forme per mostrare il volto di Cristo, che è misericordia.
Abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione per settori pastorali, soprattutto quelli maggiormente bisognosi. Un esempio concreto è rappresentato dalla Pastorale carceraria poiché, a causa delle ultime norme e leggi del governo in carica, esistono numerose difficoltà per i nostri agenti di pastorale che devono poter visitare questi nostri fratelli: si è pensato che questo è uno dei settori che dobbiamo maggiormente tener presente. Anche se l’infrastruttura ha leggermente migliorato per iniziativa del governo, non possiamo dimenticarci che la mancanza di libertà è la causa principale di disumanizzazione che dobbiamo tener presente. Come possiamo avvicinarci a queste persone private della loro libertà con un messaggio che possa aiutarle a incontrarsi con se stesse e, quindi, con Dio? Abbiamo dovuto riconoscere che il lavoro fatto fino ad ora è isolato e sporadico! Diverse parrocchie e movimenti ecclesiali prestano questo servizio di apostolato, mossi più per buona volontà personale o di
Guayaquil
La perla del Pacifico Santiago de Guayaquil, nota anche solo come Guayaquil, è una città dell'Ecuador sull'Oceano Pacifico, capoluogo della Provincia del Guayas e del Cantone di Guayaquil. Con più di 3.700.000 abitanti nella sua area metropolitana, è la città più grande e popolata del paese e, grazie all'impulso dato dalle attività collegate al suo porto
La misericordia ci invita a riconoscere Dio soprattutto nella miseria della nostra umanità ed è proprio la misericordia che ci da la possibilità di umanizzare tutto ciò che ci è difficile assumere.
gruppo che per una organizzazione arcidiocesana. Poco a poco e con prudenza siamo riusciti ad aprire e a creare spazi per questo servizio incominciando a organizzare incontri di formazione per agenti di pastorale penitenziaria con l’obiettivo di unire gli sforzi, riflettere e porre a disposizione strategie d’intervento e aiutandoci nell’esercizio di accompagnamento verso questi nostri fratelli. Tutto questo con l’obiettivo di potenziare la nostra presenza in questi centri di “privaciòn de libertàd”, nome usato per definire queste carceri, con la speranza che coloro che parteciperanno a queste attività possano, secondo la loro condizione, vivere la misericordia di Dio e ricevere, passando per la porta della loro cella, i frutti del Giubileo Santo della Misericordia. Il nostro obiettivo è quello di poter offrire ad ogni fratello in carcere una Bibbia: “cada preso con su Biblia!”. Un’altra pastorale a cui la nostra Archidiocesi desidera offrire una attenzione particolare è quella che si
marittimo che l'hanno trasformata nel centro commerciale più importante dell'Ecuador. Una leggenda narra che il nome Guayaquil derivi dall’unione dei nomi dell’eroico capo indio Guayas e della sua sposa Quil, divenuti simbolo della resistenza indigena che, secondo la tradizione popolare, preferirono lottare fino alla morte piuttosto che sottomettersi ai conquistadores spagnoli.
rivolge alle persone con attrazione sessuale diversa dalla eterosessualità e anche se alcune volte sono feroci con la Chiesa e aggressivi, tuttavia, dobbiamo riconoscere che un buon numero di loro, anche se a loro modo e forma, cercano un contatto con Dio, la sua presenza e cercano di dar valore alla loro fede e alla loro vita. Molti di loro, per situazioni ed esperienze personali dure e dolorose da affrontare, si sono allontanati da tutto ciò che esige da loro un confronto e una riflessione e che li aiuti a responsabilizzarsi nella vita. Nella nostra società influisce molto un’ideologia sociale imperante, la quale al contrario, propone una forma di vita con valori che, prima o poi, distruggono lo stesso essere umano. Il rifiuto del sacro è una delle reazioni maggiormente presenti che ci troviamo ad affrontare; tuttavia la necessità di riempire questo vuoto spirituale è presente e urgente ed è necessario rispondere con una pastorale che aiuti a sperimentare la misericordia di Dio. La nostra Archidiocesi, come buona madre, sta cercando innanzitutto un contatto diretto e personale con queste persone per poter realizzare un lavoro di socializzazione e arrivare a un incontro con il quale proporre la misericordia di Dio, che accoglie e perdona, un perdono che richiede coerenza di vita, affinché nessuno possa rimanere isolato. La misericordia ci invita a riconoscere Dio soprattutto nella miseria della nostra umanità ed è proprio la misericordia che ci da la possibilità di umanizzare tutto ciò che ci è difficile assumere. Spero che il Signore ci aiuti a vivere quest’anno della misericordia come punto di partenza per una chiesa ricca di carità, che sappia trasformare i nostri cuori e la nostra vita nella gioia e nell’amore. kiremba febbraio 2016
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I MISSIONARI RACCONTANO
BENIN
SGUARDO DA UNA PERIFERIA
DON MARIO NEVA MARIO.NEVA@HOTMAIL.IT
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l giorno 23 febbraio don Carlo Tartari in rappresentanza del nostro Vescovo, dona l’intera struttura e il lavoro pastorale di Fondazione della Parrocchia, lavoro di due anni e tre mesi, al vescovo di Abomey, M. HOUNDEKON. Un atto di amore per i fratelli africani, un segno di gratuità e di speranza aperto al futuro. Ritengo opportuno, onde sfuggire all’autoglorificazione indebita su una esperienza cosi’ bella e cosi’ semplice, riflettere un attimo sul significato attuale di questo gesto; siamo nel 2016 e da qualche anno abbiamo aperto il capitolo della nuova evangelizzazione. Il dubbio che si ragioni sempre e solo partendo dall’immigrazione d’assalto, senza conoscere i paesi di origine, é confermato dal contatto diretto, parlo soprattutto e non solo dell’Africa. Questo spiega anche perchè i missionari di lungo corso, esperti sul campo e ricchi di memoria storica, negli anni ottanta-novanta non si mostrarono entusiasti dell’emigrazione, vedevano in essa soprattutto un duplice movimento negativo: la fuga in massa della popolazione più giovane dalla
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kiremba febbraio 2016
DON MARIO, AL CENTRO DELLA FOTOGRAFIA, CON ALCUNI COLLABORATORI
responsabilità dello sviluppo dei loro paesi, e la nuova sottomissione, dopo la schiavitù e il colonialismo, al modello consumistico dell‘Europa e dell’America. In ogni caso è la santità a fare la differenza, non i nostri progetti e soprattutto non i nostri compromessi. Eccoci dunque all’attualità di questi ultimi trentaquarantanni, durante i quali i popoli, parlo soprattutto dell’Africa, si sono affrancati politicamente, permanendo in uno stato di dipendenza economica e tecnologica frustrante, contrariamente all’Asia, dove il ritmo dell’economica e il dominio del denaro sembrano lasciare poco spazio all’evangelizzazione. Effetto di questi cambiamenti, l’emigrazione ripeto è solo una piccola parte del tema, ha creato soprattutto l’oscillazione su temi politici, come il debito dei paesi in via di sviluppo, lo sfruttamento delle risorse, la produzione e il commercio delle armi, e ancora la lotta all’eurocentrismo, l’invocazione di interventi più consistenti per lo sviluppo dei popoli, la protesta contro la corruzione politica, all’estero e in Italia, divisi tra il tema dello sviluppo
locale e la facile e utopistica proposta di lasciare viaggiare chiunque liberamente nel mondo intero. Ma, negli ultimi cinquantanni, ci sono state altre consistenti novità: il tenore di vita, anche in Africa si è lentamente elevato, abbastanza per capire che, se gli aiuti internazionali fossero davvero consistenti, il commercio delle armi messo al bando, e non ci fosse corruzione nella classe politica, lo sviluppo avrebbe ovunque un ritmo sostenuto. Gli africani che io incontro sono attivi, gli africani sono uomini e donne di cultura, ho trovato dappertutto esempi di vita. Si tratta dunque di una povertà che si puo’ superare. E qui parlo per esperienza. In sei mesi e a costi limitati, lavorando rigorosamene a mano, è stato creato un centro di vita, con sufficiente autonomia di acqua potabile, di corrente elettrica, con tanto di Chiesa, di orto, allevamento, docce e impianti igienici. Merito di molti bresciani. Che ci hanno creduto. Un modello sobrio di insediamento e di sviluppo che potrebbe diffondersi pacificamente su tutto il territorio
Nadotà
Cuore pulsante Spiegare Nadotà senza la divina Eucaristia è impossibile; in poco tempo un angolo della periferia all’ingresso di Bohicon è divenuto un Centro Parrocchiale e un centro di vita dove tutti fanno qualcosa. Tutte le associazioni e tutti i gruppi diocesani desiderano raggiungerci; senza dimenticare che la prima croce fu piantata da Papà Mathias, laico sposato
e guru della Diocesi, diventato anche mio maestro ed amico. Insieme con tutti quelli che a Brescia ci hanno dato fiducia, abbiamo coltivato questo fiore nella Brousse africana, un dono vergine, ancora intatto, una piccola risposta bresciana al terrore e all’egoismo che attraversano il mondo. Che Gesù, Signore dei vivi e dei morti sia annunziato dappertutto!
africano. Una seconda grande novità a livello ecclersiale è che ormai tutte le Chiese in Africa sono diventate autonome; i pastori sono africani e si puo’ srcivere ovunque una storia concomitante e successiva alla presenza dei missionari bianchi. Queste chiese autoctone e autonome diventano sempre più protagoniste con le proprie forze, impegnate nell’inculturazione della fede, nella purificazione e salvaguardia di un patrimonio culturale immenso, ma anche e soprattutto poste di fronte alla sfide della modernizzazione rapida e divoratrice. Se voi percorrete la strada costiera che dal Camerum conduce al Senegal, talvolta avete l’idea di essere in Brasile o in America se non sulla Costa del Sol. Si prevede che tra vent’anni il sessanta per cento di africani, vuol dire seicentocinquanta milioni, saranno cittadini. Bisogna dire che il livello del clero indigeno é mediamente elevato; selezionati, spesso formati in Europa, i sacerdoti, sono la porzione più intellettualmente vivace dell’Africa. Cominciando con il vescovo, poliglotta, M. HOUNDEKON. A questo riguardo scelgo di citare fra tutti l’amico M Barthelemy ADOKONOU, Beninois, vescovo, segretario della Congregazione della cultura in Vaticano, assieme al Presidente card Ravasi. Le congregazioni missionarie, maschili e femminili, hanno vissuto in anticipo un tema che attraversa soprattuto e non solo l’Africa. Da anni hanno assimilato nelle loro strutture vocazioni autoctone, fenomeno di vasta proporzione, che meriterebbe di essere approfondito. L’idea e il sogno, vedi Comboni, che siano gli africani ad evangelizzare l’Africa e magari, aggiunge qualcuno, anche l’Europa, si trova di fronte ad una empasse. Quanti sono gli africani che partono per una prima evangelizzazione in Africa e nel mondo
oggi? Senza entrare in generalizzazioni si ha spesso l’impresssione che la congregazione missionaria sia più una occasione personale che il presupposto Infine, in questo sguardo dalla periferia di una città africana, occorre parlare dei laici. Subito mi vengono alla mente gli amici, innumerevoli, che non si risparmiano per le missioni in tanti modi che sono decisivi per il mantenimento dello slancio missionario. A questi innumerevoli sostenitori si aggiungo i numerosi volontari che in questi anni hanno viaggiato per il mondo delle missioni contribuendo in diverso modo con la loro presenza e il loro lavoro. Alcune pagine sono ddirittura eroiche e hanno mantenuto vivo ovunque lo spirito del servizio. Si tratta di un fenomeno enorme e capillare che merita grande attenzione e riconoscenza. E vero ci sono anche qui problematiche che riguardano soprattuto e non solo i giovani volontari. La formazione infatti è dicisiva, non ci si muove da nessuna parte con le proprie idee, occorre una formazione e soprattutto una formazione morale rigorosa, per non finre di cercare maldestramente qualcosa per se piuttosto che per gli altri.. Nella riflessione tenuta a Nadota la Notte di Natale, M. Adkonou parlando di Francesco Borghero, considerato il primo vero missionario del Benin, sbarcato il 18 Aprile 1861 a Ouidah assieme a Francisco Fernandez, uno spagnolo, ha tra l’altro affermato: i primi missionari furono eroici, misero totalmente in gioco la loro vita; la loro forza di persuasione dipendeva da tre caratteristiche che impressionarono profondamente i nostri antenati: il celibato vissuto con coerenza, l’amore concreto per i poveri e i sofferenti, l’impegno di creare la scuola, d’istruire il popolo. E molto importante che noi dopo tanti anni teniamo fede a questo impegno esemplare dei nostri padri nella fede. kiremba febbraio 2016
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Quaresima missionaria
PER UNA QUARESIMA DI MISERICORDIA IRENE FRANZONI KIREMBA@CMDBRESCIA.IT
A
nche quest’anno il Centro Missionario, in collaborazione con il Centro Oratori, si occuperà della redazione del libretto della Quaresima. Uno strumento che potrà essere utilizzato come sussidio dalle parrocchie e dalle famiglie e sarà legato al tema della Misericordia. Così come per altri anni, il libretto permette di sviluppare occasioni di preghiera quotidiana e di stabilire un reale e sensibile rapporto imperniato sulla preghiera tra le nostre comunità cristiane e le parrocchie del mondo. I temi delle settimane saranno legati al titolo stesso e ripartiti in base a sei temi legati alla Misericordia. Prima settimana: Mi – Missione, nella quale leggeremo i brani del nuovo testamento che raccontano i primi invii missionari da parte di Gesù e degli apostoli. Seconda settimana: SE – Seguire, nella quale scopriremo come andare dietro a Gesù, accompagnati da Giovanni Battista e dalle prime chiamate dei discepoli di Gesù. 12
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IL SUSSIDIO DELLA QUARESIMA 2016
Terza settimana: RI – Ritrovare, nella quale leggeremo il capitolo 15 del Vangelo di Luca, e ci accorgeremo che Dio non si stanca mai di cercarci. Quarta settimana: COR – Coraggio, accompagnati dal brano di Genesi 18 in cui incontriamo Abramo e i suoi ospiti sconosciuti alle Querce di Mamre. Quinta settimana: DI – Diamo, nella quale ascolteremo il brano delle beatitudini, con al centro: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.” Settimana Santa: AMO, nella quale vedremo come “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo”. Ogni giornata sarà quindi aperta da un brano del Vangelo legato al tema della settimana. Il brano sarà commentato quotidianamente da un missionario della Diocesi di Brescia che, attraverso la sua testimonianza di vita, ci farà riflettere circa il significato concreto della Parola di Dio. Brasile, Ecuador, Mozambico, Bolivia, Tanzania, Libano, Benin, Argentina,
Albania, Uganda e Guinea Conakry sono questi i Paesi da cui provengono le testimonianze dei missionari che ci racconteranno profondi eventi di vita. Inoltre, il sussidio ci suggerirà un impegno quotidiano per ogni giorno di questa Quaresima, per aiutare anche i più piccoli a vivere e a comportarsi secondo i Suoi insegnamenti. Anche quest’anno verranno sostenuti inoltre sei progetti descritti in breve nell’inserto del sussidio. Nella speranza che il sussidio sia un utile strumento per accompagnare la vostra preghiera, vi auguriamo già ora un buon cammino di Quaresima. Nelle pagine che seguono, vogliamo descrivere in dettaglio i sei progetti che accompagnano la nostra Quaresima. Sei realtà diverse ci chiedono di condividere e accompagnare il loro cammino di fraternità ed evangelizzaizone e che, , ne siamo certri, potremo aiutare concretamente. Sei progetti di cui cinque lontani da noi ed uno che coinvolge anche la città di Brescia. Perchè la missione è anche dentro casa, è anche dentro di noi.
Burundi
Terimbere Kiremba - Vai avanti Kiremba deve essere in grado di fornire sempre lenzuola pulite a circa 150 malati. C’è anche un’officina che garantisce la manutenzione delle apparecchiature dell’Ospedale, oltre alla fabbricazione di armadi e scaffali, e poi le riparazioni ordinarie di rubinetti, serrature, letti, lampade, e di tutto ciò che si usura. Inoltre ci sono innovazioni portate dai tecnici volontari che in decine di anni si sono alternati a Kiremba, dove è stata installata una turbina che produce energia elettrica per l’Ospedale, e poi altre apparecchiature all’avanguardia, come la macchina che produce l’ossigeno e quella che produce la candeggina. Sono innovazioni che fanno la differenza. Quanto ai servizi più strettamente ospedalieri, abbiamo i reparti di chirurgia e traumatologia maternità e ginecologia, medicina interna e pediatria; abbiamo un ben equipaggiato laboratorio di analisi, la kinesiterapia, la radiologia, un piccolo centro trasfusionale, un reparto per i bambini malnutriti e un’oftalmologa che presta servizio un giorno alla settimana, oltre naturalmente al pronto soccorso, spesso pieno al limite della capienza. Oltre al personale medico e paramedico, all’Ospedale c’è chi si occupa della pulizia e dell’igiene, della manutenzione, e naturalmente dell’amministrazione.
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QUARESIMA
L’Ospedale di Kiremba, a differenza degli altri ospedali della regione e del paese in generale, svolge parecchie attività che vengono a completare l’assistenza medica ai pazienti (pazienti che vengono spesso da lontano o sono trasferiti qui da altri ospedali proprio per la qualità delle cure che possono ricevere a Kiremba). Kiremba è l’unico ospedale del Burundi che offre un pasto ai propri malati: già al mattino, grazie alla generosità di un volontario bresciano che vive qui da 12 anni, a tutti i malati viene data una pagnotta con una tazza di the. Tra i 150 e i 200 pani al giorno distribuiti gratuitamente. Le suore Ancelle della Carità di Brescia preparano ogni giorno un pasto per i malati a base di riso, fagioli, manioca, banane. E questo per i malati vuol dire molto, perché per la maggior parte sono indigenti, che non hanno nemmeno i mezzi per pagarsi le cure. Solo l’anno scorso sono stati curati gratuitamente più di 700 pazienti, proprio perché la nostra scelta è di privilegiare la gente più bisognosa. L’Ospedale garantisce anche a tutti i malati delle lenzuola (mentre negli altri ospedali ognuno deve arrangiarsi), e quindi abbiamo una lavanderia che
PROGETTO
OSPEDALE DI KIREMBA Una
storia che continua
L’ospedale di Kiremba non ha bisogno di presentazioni: da decenni è segno dell’impegno a favore degli ammalati, dei poveri, degli ultimi. Il generoso contributo che la diocesi di Brescia ha elargito in questi anni ha sempre sostenuto la possibilità di cura e di vita delle fasce più deboli della popolazione di Kiremba e dell’enorme bacino che usufruisce del prezioso servizio dell’ospedale intitolato a mons. Monolo. In questi mesi sono intervenuti tanti cambiamenti che rendono evidente la necessità di introdurre procedure e obiettivi nuovi. L’orizzonte ampio è segnato dalla volontà di garantire un reale e deciso percorso verso l’autonomia dell’ospedale di Kiremba. Per questo numerose realtà bresciane si sono coordinate per raggiungere insieme questo obiettivo in dialogo con la Diocesi di Ngozi: Ufficio missionario, Fondazione Poliambulanza, Fondazione Museke, Suore Ancelle, Medicus Mundi, Ascom di Verona stabilmente sono impegnate a rafforzare l’opera dell’ospedale, a incentivare la formazione del personale, a individuare percorsi efficaci di autonomia economica e gestionale. Guarda il video di presentazione del progetto "Terimbere Kiremba"
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QUARESIMA
PROGETTO
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LA CHIESA A MOROTO Segno
di collaborazione
Il Vescovo di Moroto in Uganda, Mons. Damiano Guzzetti ci dice che fra le priorità più urgenti nella sua diocesi c’è la realizzazione della nuova Cattedrale. Quella attuale è diventata troppo piccola e presenta seri problemi strutturali con crepe e piccoli crolli continui. Il tipo di terreno di Moroto richiede purtroppo un tipo particolare di struttura suggerita dagli ingegneri. Questo implica gravosi costi aggiuntivi. La gente ha già collaborato per dieci anni con offerte che sono scrupolosamente rendicontate e messe da parte per il progetto. Ovviamente sono solo la briciola in confronto ai costi effettivi ma esprimono la loro solidarietà e la loro fede semplice che li porta a privarsi anche del necessario pur di vedere un giorno la loro cattedrale finita per radunarsi a lodare il Signore. Mons. Damiano dice “Vi saremo infinitamente grati se aiuterete questa giovane Chiesa a realizzare il suo sogno. Vi ricordo nella preghiera e Vi ringrazio per tutto quello che operate per chi è nel bisogno. Guarda il video di presentazione del progetto “Una chiesa per Moroto”
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Uganda - Mons.Guzzetti
L’esempio dei piccoli
Il sole di gennaio arroventa la savana
del Karamoja, una regione che si estende per quasi 28 mila chilometri quadrati. É una regione in gran parte con una pianura semi-arida, con un clima rigido e scarse precipitazioni annuali, e una buona parte di savana. Gennaio è tempo di lunghe vacanze per gli scolari. Incontro Paolino un tardo pomeriggio sul bordo della strada con un cartone capovolto facendo bella mostra dei tanto ricercati “madazi”: panetti dolci fritti che vanno a ruba a quell’ora. Paolino è lo stesso ragazzo che il maggio dello scorso anno, alla mia prima celebrazione da Vescovo di Moroto, si avvicinò e mi mise nella mano la sua offerta per costruire la nuova cattedrale. Qualcuno tentò invano di fermarlo. Paolino è ora alle elementari col sogno di andare all’università per migliorare la povera economia dei pastori karimojong. Lui stesso ricorda le lunghe notti all’addiaccio a vegliare il bestiame e quando il papà fu ucciso dai razziatori per difendere la mandria. Sua mamma morì di malattia poco dopo.
Paolino decide di rendersi autonomo per andare a scuola. Con pochi scellini ricevuti per avere pascolato le capre di un amico compra mezzo litro di paraffina e inizia a venderla al mercato in piccoli sacchettini con un discreto guadagno. Con questo compra un po’ di farina, e con olio, e zucchero prepara i preziosi dolcetti per venderli per strada. Sorridendo mi assicura poi che le prossime vacanze continuerà a dare qualcosa per la cattedrale. Il mio appello accorato è il vostro contributo, piccolo o grande che sia, verso i cristiani di Moroto che anelano da dodici anni ad avere la loro cattedrale. In tutto questo tempo si sono raccolte le piccole offerte di questa gente che si priva sicuramente del necessario. Mancano purtroppo molti mattoni ancora per potere almeno iniziare. La chiesa è una delle principali richieste che mi vengono fatte dalla popolazione locale; hanno davvero bisogno di un luogo che diventi simbolo di preghiera e di pace per le tante lotte tra le varie tribù nomadi.
Abania - Don Roberto Ferranti
Il senso di essere Chiesa accontentarci del minimo per essere cristiani. La nostra missione quì non è molto evidente: non abbiamo scuole, non abbiamo ospedali, non costruiamo pozzi; così all’inizio vai in crisi, e pensi “Ma cosa ci sto a fare?”. Ma la missione è scegliere di stare con le persone, tralasciando la giustizia umana che le ha etichettate con qualche pregiudizio. E così ho scoperto il volto della missione: stare con chi è giudicato male! Quante volte mi capita in Italia di sentirmi dire: con tutto ciò che fanno alcuni albanesi qui, voi state là? E io rispondo si, perchè “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei non entrerete nel Regno dei cieli”. Tante volte giudichiamo un popolo come “cattivo” per quello che alcuni di loro fanno… ma quanti di noi hanno provato ad ascoltare la loro storia, le difficoltà della loro vita e vedere le condizioni della quotidianità che spesso preclude anche il minimo indispensabile? La missione nell’est mi aiuta ad amare le persone, a scoprirle per
quello che sono e non per quello che pensiamo che siano. Ecco perché in quest’anno giubilare per dare un segno della nostra presenza abbiamo scelto di poter entrare in modo stabile nel carcere della città dove abito. Insieme a voi oggi prego che siamo capaci di dare testimonianza di scelte di vita che oltrepassano il minimo indispensabile e ci rendono veri discepoli del Dio Misericordioso, quello stesso Dio che l’amico Muezzin chiama dalla Moschea vicino a casa mia e al cui salmodiare mi sveglio ogni giorno, quello stesso Dio Misericordioso che i fratelli Protestanti annunciano nella loro comunità qui nella stessa mia città. Nonostante tutto è bello stare qui perché mette alla prova la nostra pazienza nel credere, nell’aspettare che il seme porti frutto, nel vedere i primi germogli che poi magari seccano subito e bisogna ricominciare la semina…è bello stare qui perché si capisce come le persone hanno bisogno di essere accompagnate nella crescita perché nessuno le accompagna…; il lavoro che io, don Gianfranco e le Suore Dorotee viviamo è fatto di questa pazienza quotidiana e di questo essere messi alla prova ogni giorno.
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QUARESIMA
Il Vangelo ci invita a non
PROGETTO
LA GIOVANE CHIESA ALBANESE Un
impegno concreto
Dal 2002 la Diocesi di Brescia è impegnata in una presenza missionaria in Albania, nella Diocesi di Rreshen; una scelta che ci ha voluto in una nazione da cui provengono molti immigrati presenti anche a Brescia e che ci ha fatto incontrare una Chiesa ancora povera di clero locale e che stava muovendo i primi passi dopo gli anni bui della dittatura. La nostra missione si dedica essenzialmente a piccole cose nascoste che ci aiutano a creare le basi per un futuro di questa piccola e giovane Chiesa.Ci impegniamo a: • essere presenti costantemente nelle nostre piccole comunità ogni settimana per la catechesi e per piccoli momenti di incontro per ragazzi e adolescenti; • offrire la possibilità di frequentare la scuola e l’università ad alcuni giovani per poter davvero costruire il loro futuro in modo nuovo; • farci carico di situazioni limite di povertà a cui nessuno farebbe caso, acquistando medicinali e offrendo la possibilità di visite mediche e aiutando i detenuti Guarda il video di presentazione del progetto “Un futuro per la chiesa albanese”
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QUARESIMA
PROGETTO
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G LI ORFANI IN GUINEA Per
far vivere la speranza
Carissimi, attualmente il nostro progetto mira a trovare quanto necessario per far vivere gli orfanelli, pagare gli insegnanti e i vari impiegati della Maison des enfants, e permettere alla comunità gesuita nascente di sopravvivere. Gli obiettivi che ci siamo prefissati sono di: • continuare con la scuola elementare e con il centro medico già esistenti; • aprire, a partire dall’anno scolastico 2016/2017, un collegio (medie e ginnasio); • aprire, negli anni successivi e senza ritardi, un liceo; • molto probabilmente fra due o tre anni: apertura di una parrocchia; • creare un centro spirituale; • creare un istituto professionale, che permetta l’acquisizione di competenze tecniche. • sviluppare delle strutture educative in una regione che, pur destinata ad un grande incremento economico e sociale, ne è crudelmente priva; • ridare vita alla comunità cristiana, che sopravvive difficilmente in un contesto mussulmano, incoraggiando al massimo il dialogo e il rispetto. Guarda il video di presentazione del progetto "Gli orfani della Maison des enfants"
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Guinea Conakry - P.Dorino Livraghi Povertà diffusa
In questa stagione dell’anno, due sono i problemi maggiori cui deve far fronte la gente che vive nelle campagne della Guinea. Da un lato il virus Ebola, che da oltre due anni ha già mietuto migliaia di vittime (11500 morti nei tre paesi limitrofi di Guinea, Sierra Leone e Liberia) e dall’altro l’eccesso delle piogge che ha devastato molti campi di riso, cibo base delle nostre popolazioni. I dati di una recente statistica per la Guinea, forniti dall’OMS, ci rassicurano un pò. In molte regioni della Guinea non si sono più avuti casi di decessi o di gente accolta in ospedale per Ebola, da almeno tre settimane. Visto che il tempo di incubazione del virus sono tre settimane, si può concludere che in queste regioni Ebola è stata sradicata. Ma c’è ancora una regione a sud della Capitale, la Forécariah, in cui recentemente sono stati registrati quattro casi di persone portate in ospedale colpite dal virus. Tutti aspettiamo il giorno in cui si potrà dire che Ebola è definitivamente vinta, il giorno in cui si potrà riprendere a mangiare la buona carne degli animali della brousse.
Quanto alla mancanza di cibo a causa dei raccolti distrutti dalle piogge, tutti i giorni ci è dato di incontrare famiglie e bambini affamati. Cercano allora, nonostante il pericolo di Ebola, di prendere gli ‘aguti’, toponi della brousse, che poi consumano arrostiti e ben cosparsi di paprica, insieme a foglie e tuberi. Tra le cose che ci proponiamo di fare durante l’anno che si avvia, è di continuare a dare un pasto al giorno a tutti i bambini che frequentano la nostra scuola. Le condizioni economiche della Guinea sono molto precarie: quasi la metà dei guineani vive sotto la soglia di povertà. Il paese fa parte della lista dei Paesi Meno Sviluppati, stilata dalle Nazioni Unite, e l’Indice di Sviluppo Umano, pari a 0,456, è uno dei più bassi del mondo ma ha fatto registrare un discreto incremento. Per il suo sviluppo economico il paese cerca di contare sulle proprie riserve di bauxite e tenta di migliorare l’agricoltura grazie alle condizioni geografiche favorevoli, ma un ostacolo serio è rappresentato dalle infrastrutture generalmente carenti.
Lolobi - Ghana C arissimi amici di Brescia,
grazie di cuore per la disponibilità ad aiutare un mio progetto durante la Quaresima di fraternità. Il progetto riguarda un pozzo d’acqua per il Seminario di Lolobi nella Volta Region in Ghana. Al Seminario di Lolobi, oltre ai seminaristi, ci sono anche studenti in numero superiore agli 800. Hanno già un pozzo per l’acqua, ma non è sufficiente: seminaristi e studenti spesso devono andare con un secchio al fiumiciattolo che dista più di un chilometro, con tutti gli inconvenienti per la scuola. Allora si rende necessario un secondo pozzo scavato con la trivella. Il prezzo si aggira sui € 4.000,00. La spesa principale è per lo scavo meccanizzato fino a 80 metri di profondità e il relativo costo è di circa € 1.500,00. Poi c’è la pompa e il cavo elettrico per il costo di altri € 1.000,00. Sono molto contento di rendermi utile anche per questo progetto tanto importante e necessario per il bene dei seminaristi e di tanti altri studenti. La generosità dei bresciani è proverbiale. Gesù, che ha promesso di ricompensare anche un sol bicchiere d’acqua offerto nel suo nome, benedica e santifichi tutti i benefattori, insieme alle loro famiglie. Guarda il video di presentazione del progetto”Un pozzo per Lolobi”
Profughi - Italia
Per rispondere ai diversi appelli di papa Francesco che invita i cristiani a farsi prossimi degli ultimi, abbiamo pensato a questo progetto che consiste nella sperimentazione di nuove forme di accoglienza e integrazione di richiedenti la protezione internazionale e rifugiati all’interno di nuclei familiari in cui sia garantito un continuo tutoraggio e accompagnamento della persona accolta da parte delle famiglie. Il progetto mira a raggiungere una duplice finalità: da una lato creare le migliori condizioni di integrazione dei rifugiati e dall’altro coinvolgere e sensibilizzare le comunità all’accoglienza del prossimo con l’obiettivo di accompagnarlo durante un più specifico percorso di autonomia. I soggetti coinvolti sono: Caritas italiana, Caritas diocesana, la parrocchia (che individua la famiglia accogliente e condivide con essa il percorso di accoglienza) e la famiglia che accoglie ed accompagna il/i beneficiario/i nel percorso di inclusione socio lavorativa. I beneficiari sono cittadini stranieri regolarmente soggiornanti con una storia di protezione individuati dalla Caritas diocesana. Guarda il video di presentazione del progetto “Un rifugiato a casa mia”
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Animazione missionaria PERÙ
DA LOVERE A CHINGUIL DON CLAUDIO LAFFRANCHINI LAFFRANCLAUDIO@GMAIL.COM
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razie Perù perché faticando abbiamo imparato a gustare il riposo, sudando abbiamo imparato ad apprezzare un sorso d’acqua fresca, abbiamo potuto respirare il profumo della semplicità. Queste le parole di una canzone, “Gracias montaña”, che ci ha accompagnato in questa esperienza, una poesia messa in musica dedicata alla montagna e alla gioia di viverla anche nello sforzo; ci ricordano che spendersi per qualcosa di più grande di noi non è sempre facile, richiede impegno e cura ma dà un forte senso di pienezza. Noi siamo il “Gruppo Perù”, un gruppo di giovani di Lovere e dintorni; ognuno di noi ha percorso strade diverse, ma tutte si sono incontrate per andare verso un sogno…il sogno del Perù. Il cammino di Angelo ed Elisa, marito e moglie che hanno già vissuto la gioia della missione, si è incrociato con tanti altri cammini: - il cammino di Don Claudio, curato di Lovere, che per primo ha puntato verso terre lontane; - il cammino di Daniele, giovane universitario, che ha ritrovato nell’oratorio
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FOTO DI GRUPPO CON I BAMBINI DI CHINGUIL
e nel servizio un sapore nuovo per la sua vita; - il cammino di Marta, giovane maestra e capo Scout, che vuol fare della sua vita un dono agli altri; - il cammino di Elisabetta, giovane educatrice di Azione Cattolica, che ha ritrovato il sorriso nell’aiutare; - il cammino di Anna, giovane studentessa, che sta cercando la sua direzione e vuol crescere e far crescere; - il cammino di Giacomo, giovane dell’oratorio, che con semplicità sa farsi amare dai bambini. Partendo per questa missione eravamo pronti a metterci appieno a servizio degli altri, convinti che avremmo dato tanto… torniamo avendo ricevuto molto di più e avendo imparato il giusto valore delle cose. A Chinguil, il nostro “caserio” a 3600 m., sotto il sole delle Ande si zappa la chacra, una terra secca e dura, restando piegati per ore, è un lavoro pesante che la gente di questi luoghi fa ogni giorno per poter mangiare. Ci si sporcano piedi e mani per costruire gli adobes, mattoni di fango e paglia, che messi insieme diventeranno casa, scuola
o chiesa. Ci si raffreddano le mani e si rinforzano le braccia facendo il bucato alla fontana o in un catino. Ci si fa il fiato nella pampa, il grande prato che è la piazza del paese, giocando a calcio o pallavolo. Si entra in chiesa in silenzio, a mani giunte e si resta lì con devozione e rispetto; i canti e le preghiere hanno le voci forti di grandi e piccoli. Basta vivere e condividere tutto questo per pochi giorni e si ritrovano pace e serenità, si entra nel ritmo calmo che hanno queste persone, si capisce quanto loro siano ricchi dell’essenziale e si impara ad apprezzare “il tanto” che noi abbiamo. I poveri che abbiamo visitato, portando loro un po’ di viveri, una coperta, un materasso o un giubbino, sono sempre pronti a privarsi del poco che hanno per donarlo a te come se dovessero sdebitarsi… ci chiediamo ancora di cosa. Il Perù ci ha insegnato soprattutto che si può essere felici con poco e che è bello essere grati per ciò che riceviamo, risuonano ancora nelle nostre orecchie i “Gracias mamacita” e “Gracias papacito” ripetuti all’infinito. Restano impressi gli sguardi di chi
“…Entendí que las cosas que hacen feliz se obtiene nomas con fatiga; quien no quiere, no sabe, no acepta sufrir; nunca podrá entender...nunca podrà amar.” “…Ho capito che le cose vere, quelle che portano alla felicità, Si ottengono solo con fatica, E chi non sa soffrire mai potrà capire…mai potrà amare” (“Gracias montaña” Battistino Bonali)
abbiamo incontrato che mostrano ciò che di più vero c’è in ognuno. Gli occhi dei bambini brillano, sono pieni di gioia e di voglia di correre, giocare e saltare; ti scrutano curiosi e ammirati, ti attirano e ti portano nel loro mondo. Gli occhi degli anziani raccontano pezzi di vita, sono profondi e commuovono; ti osservano e esprimono sincera gratitudine verso chi fa qualcosa di buono per loro. Gli occhi di “señorita” Giulia, la missionaria che chi ha ospitato, risplendono, sono accoglienti e coinvolgenti; vedono il bisogno e guardano al di là delle difficoltà. Gli occhi del Padre Ugo riscaldano e sono pieni “di Perù”; trasmettono l’amore per questa terra e per i poveri. Gli occhi del “nostro” Angelo si emozionano ed emozionano, sono trasparenti e rapiti; mostrano la felicità del donare e la passione per la Sierra e la sua gente. I nostri occhi ora sono ricchi di storie e della bellezza che abbiamo respirato e assaporato in questi giorni. Ora se chiedete cosa è per noi il Perù vi rispondiamo in tanti modi… …se lo chiedete ad Anna vi dirà che è riuscire a rendere la gente felice facendo veramente poco, è sentirsi a casa in un
posto lontano dalla solita realtà, è sentirsi vivi e pieni di vita; …se lo chiedete ad Angelo vi dirà che è una tappa fondamentale della sua vita, una scuola dalla quale si ha sempre da imparare, una terra e dei volti che ama e ai quali cerca sempre di essere fedele; …se lo chiedete a Daniele vi dirà che è rinascita del singolo uomo nella molteplicità della gente, è felicità sincera sprigionata dal cuore di chi come noi sa mettersi all’ultimo posto senza chiedersi troppi perché; …se lo chiedete a Marta vi dirà che è gioire delle cose semplici, è emozionarsi guardando un cielo che abbraccia la terra e sembra il Paradiso, un cielo che consola e porta pace nel cuore; …se lo chiedete ad Elisabetta vi dirà che è la sorpresa del partire convinta di dover donare e tornare consapevole di aver invece ricevuto tanto. Una terra piena di semplicità...è la gioia del sentirsi ricchi anche nella più grande povertà; …se lo chiedete a Giacomo vi dirà cheè gioia immensa, felicità di donare e di faticare, di giocare e di ridere. La possibilità di capire davvero non il perchè ma per chi agiamo; …se lo chiedete a Don Claudio vi dirà che è la grandezza di sentirsi chiamare “padre”, una chiesa da conoscere e da amare, una ricchezza è una povertà che ridimensionano la vita, una buona strada condivisa con fratelli e sorelle che sono entrati nel cuore, dei cuori semplici che mi insegnano a pregare...una terra dove sicuramente tornare; …se lo chiedete ad Elisa vi dirà che è partire anche restando a casa, accompagnando le emozioni dei ragazzi nel desiderare questa esperienza, condividendo i loro sguardi gioiosi al loro rientro, portando nel cuore il ricordo dei poveri campesinos e dei volontari italiani conosciuti negli anni passati. kiremba febbraio 2016
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ANIMAZIONE MISSIONARIA
UNITÀ PASTORALI
LE SORPRESE DI DIO
DON LEONARDO FARINA DON.LEO@LIBERO.IT
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l sinodo della chiesa bresciana del dicembre 2012 ha consacrato in modo definitivo la nuova formula delle Unità Pastorali. Un nuovo modo di essere chiesa che ben si sposa con quella idea di Papa Francesco che chiama le nostre parrocchie ad essere in “uscita”. Sì, il frutto più maturo che dona l’esperienza delle Unità Pastorali sono comunità cristiane che si aprono e cercano di camminare insieme animate dalla stessa fede in Gesù. La Comunione è il segno forte che è “l’Amore di Cristo che ci spinge” (San Paolo), un Segno che conquista e converte il cuore di chi è fuori da questo cammino (Atti Apostoli 2,4247). Il “cammino Sinodale” è una delle indicazioni importanti del Convegno nazionale della chiesa italiana a Firenze; insieme laici, presbiteri, religiosi, vescovi, insieme, quale forza può scatenare il Signore! Basta ricordare che il Male è colui che tenta di dividerci! Quando viviamo coltivando il nostro orticello, staccati dal cammino della chiesa locale, della parrocchia, alla fine seminiamo zizzania! Papa Francesco, sempre a Firenze, ci ha
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UN MOMENTO DELL’ INCONTRO DELLE UNITÀ PASTORALI
invitato a guardare a Gesù, Lui l’Ecce Homo, Lui il Kerygma, partire da Lui che ci unisce, ci sostiene, ci invia. Nelle serate in preparazione al Santo Natale vissute insieme con don Carlo Tartari e Claudio Treccani del Centro missionario, siamo partiti proprio da qui: è Gesù il Messia che ci invia è Lui che noi dobbiamo testimoniare, Lui che è il fuoco dentro di noi che non possiamo contenere, è Lui il vangelo della Gioia che vogliamo annunciare a partire da “Gerusalemme, nella Giudea, nella Samaria, nella Galilea delle genti” (Atti Ap. 1,4-8). Comunità cristiane che si aiutano, che condividono i doni che ognuno possiede, è davvero Bello! E’ lo Spirito della Pentecoste che soffia e guida la chiesa, la rende capace di vincere le sfide che ogni epoca porta con sé in” modo creativo” (Papa Francesco a Firenze). Il nuovo stile che con le Unità Pastorali siamo chiamati ad assumere ha molto di creativo, a partire da questa capacità di lavorare insieme tra i Sacerdoti. Confratelli che con carismi diversi si occupano della vita della parrocchia nei
vari ambiti. Sacerdoti capaci di stimarsi, di riconoscere il meglio che c’è nell’altro, vincendo invidia e gelosia. Quanto fa bene alla comunità vedere dei Sacerdoti che si vogliono bene, si apprezzano, si mettono a servizio gli uni degli altri, con uno spirito di comunione e non di dominio gerarchico! Non ci sono Sacerdoti di serie A e di serie B, ma uomini di Dio che hanno in sé proprie ricchezze e propri limiti quanta creatività in ogni Ministro consacrato. Aiutarsi e stimarsi ci avvicina e promuove l’unità tra i ministri di Dio. La crescita dei Laici che diventano sempre più determinanti per il futuro delle comunità cristiane è un’altra opportunità. Laici preparati teologicamente e maturi nel sentire ecclesiale, capaci di servizi di qualità (corresponsabilità), in modo generoso e disinteressato, all’interno della comunità. Una sentinella che veglia sui bisogni e le situazioni di difficoltà presenti nella comunità (ammalati, famiglie in crisi…), e aiuta il Sacerdote che deve seguire le diverse parrocchie a non perdere il contatto con il tessuto umano
Il vero valore
Bene comune Le Unità Pastorali non sono un fatto
individuale, personale, ma di Chiesa. Sono espressione delle Chiese che sceglgono di operare facendo convergere tutte le risorse di gruppi di parrocchie vicine attorno alla finalità missionaria, in modo da dare vita ad una pastorale “omogenea” e cioè a decisioni e azioni pastorali, seppur contraddistinte da modalità diverse, valide e praticate da
tutte le parrocchie su quel territorio con l’unico intento di fare in modo che Cristo venga annunciato (Cfr. Fil 1,18). Va da sé che un’azione come quella indicata non nasce e non si sviluppa sulla base di “slogan”, ma esige qualche cosa di più robusto e cioè il “cambio” di mentalità, un cammino perseverante, a piccoli passi, paziente e determinato di “conversione pastorale”.
della comunità. Raccoglie indicazioni dal popolo di Dio che possono aiutare le scelte pastorali evitando la lontananza dalle esigenze concrete della gente. Quanti “Ministeri” si possono promuovere tra i laici: Diaconato permanente, ministri straordinari della Comunione, lettori, catechisti per adulti, operatori per la pastorale famigliare e battesimale … Laici capaci di vivere in comunione con tutti i parrocchiani, evitando tensioni e divisioni che tante volte fanno soffrire terribilmente la comunità cristiana e sono di scandalo a chi dal di fuori guarda a chi va in Chiesa e dovrebbe dare l’esempio! Quante opportunità offre il cammino delle Unità Pastorali! Sono davvero una Grazia trasformante le nostre comunità cristiane che passano da uno stile conservativo-tradizionalista ad una nuova stagione di apertura missionaria che offre opportunità importanti. Gli scenari che si aprono sono davvero grandi, bisogna però avere il coraggio di mettersi in gioco, di accettare la fatica che il “restaurare” un’opera segnata dal tempo porta con sé (sono un parroco terremotato e ho sperimentato quanto sia difficile sistemare un fabbricato danneggiato seriamente … sarebbe più facile buttarlo giù, ma perderemmo il valore storico). Innovare sul vecchio è una scommessa che pochi accettano perché i rischi sono alti e i frutti possono essere parzialmente accettabili. Tutti sanno apprezzare il nuovo o il vecchio, un’opera che ha in sé diversi stili non sempre è amata! Ma questa è la via che il nostro Vescovo ci invita a percorrere e noi dobbiamo crederci che è quella migliore! Questo non è ancora tutto però … c’è pure una spinta forte alla missione “Ad Gentes”. Comunione e Missione sono le parole che identificano il cristiano e la
chiesa. Un’Inquietudine, espressione di papa Francesco a Firenze, che “spinge” a incontrare coloro che sono” lontani”. Farsi prossimo è un’indicazione evangelica importante, un’attenzione costante da tener viva. Oggi è più facile da vivere visto che le “Genti” bussano ormai ai portoni delle nostre case, si son fatti loro “vicini” vista la nostra poca considerazione verso di loro. Le nostre parrocchie i nostri oratori sono sempre più vissuti da persone che hanno cultura religione, lingua diverse dalle nostre, a noi saper dialogare e incontrarli diventando riflesso di quella Luce potente che è Gesù, che solo può conquistare il cuore dell’Uomo che è fatto per Lui e non può resistergli. “Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (Paolo VI –E.N. 80) è l’auspicio che Papa Francesco ripete nella Evangelii Gaudium. La maturità della fede è dimostrata dalla spinta missionaria che il credente vive nelle situazioni di ogni giorno nelle quali incarna la verità di Cristo e lo rende vivo in mezzo ai fratelli. Una vita che annuncia le meraviglie che lo Spirito compie dove trova un uomo che crede. Il cammino dell’unità Pastorale è da collocare pienamente nella fedeltà ai principi evangelici, i frutti che possono maturare sono davvero infiniti, ancora una volta la Provvidenza ci “sorprenderà” …” quanto il Cielo sovrasta la terra tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is. 55,9) …Buon cammino percorrendo i sentieri del Signore…pace e bene kiremba febbraio 2016
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Orizzonti OPAL - BRESCIA
O M A I T T E M S E R E D U I H DI C I H C C O I L G REDAZIONE KIREMBA@CMDBRESCIA.IT
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isto il gran discutere che si è fatto in merito alle forniture di armi ai paesi direttamente coinvolti in fatti terroristici, abbiamo deciso di sentire il parere di chi da tempo segue l’Osservatorio Permanente della Armi Leggere (Opal) a Brescia. Dal 2010 al 2014 l’Italia ha aumentato considerevolmente l’export di armi verso il Medio Oriente e il Nord Africa, teatro di guerre sanguinose. Smettiamo di chiudere gli occhi Che l’Italia esporti armi nel mondo e anche in Medio Oriente non è un segreto. Ma è una di quelle notizie che si è abituati ad ignorare perché tutto avviene lontano dai riflettori delle tv e le coscienze possono riposare tranquille. Poi, ecco che nel novembre scorso un deputato sardo pubblica sul suo profilo Facebook le fotografie delle bombe (appena uscite dalla fabbrica di Domusnovas) che vengono caricate sugli aerei e sulle navi per essere trasportate in Arabia Saudita. E scoppia lo scandalo. Che prontamente il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, 22
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L’OPERA, “NOT VIOLENCE “ O “LA PISTOLA ANNODATA”, DI CARL FREDRIK REUTERSWÄRD
cerca di liquidare con una manciata di parole: «È tutto regolare, non sono armi italiane, si tratta solo di transito». Ma, allora, cerchiamo di capire cosa succede quando invece ad essere esportate sono proprio le armi italiane e quando ciò avviene in Paesi con regimi autoritari o impegnati in teatri di guerra. È realistico pensare, come qualcuno ha dichiarato di recente, che l’Italia venda direttamente le armi ai terroristi dell’Isis? O si innescano meccanismi differenti? «Non abbiamo evidenze che dall’Italia venda armi all’Isis» spiega Piergiulio Biatta, presidente di Opal Brescia. «Ma le armi, per arrivare in mano a gruppi incontrollabili o estremisti, non hanno bisogno di essere vendute direttamente. Se si esportano armi a regimi autoritari o a dittatori che poi magari vengono rovesciati, non si sa in che mani possano finire. Basti pensare all’esempio degli Stati Uniti: hanno inondato la regione mediorientale di armi e si sono ritrovati poi a combattere contro eserciti che usavano armi di provenienza americana. Sollevammo la questione quando
quando l’Italia fornì sistemi militari al regime di Bashar Al Assad, tanto da essere il maggior fornitore europeo di armamenti alla Siria; servivano per l’ammodernamento dei carri armati di fabbricazione sovietica. Ora questi carri armati a chi sono in mano? Qualcuno può rispondere? E ancora: le 11mila armi italiane vendute nel 2009 alla guardia di sicurezza di Gheddafi dove sono finite?». In proposito, è utile ricordare che il giornalista del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, entrando nell’agosto del 2011 nel bunker di Gheddafi riportava testualmente: «Nelle stanze adibite ad arsenali militari ci sono le scatole intatte e i foderi di migliaia tra pistole calibro 9 e fucili mitragliatori, tutti rigorosamente marca Beretta. A lato, letteralmente montagne di casse di munizioni italiane. Ricordano da vicino gli arsenali che avevamo trovato nella zona dei palazzi presidenziali di Saddam Hussein, dopo l’arrivo dei soldati americani, il 9 aprile del 2003». «Riguardo poi per le armi che escono dall’Italia ma che vengono definite
solo in transito, occorre comunque un’autorizzazione del Governo» prosegue Biatta. «Si pensi alle migliaia di bombe inviate dall’Italia alle forze armate dell’Arabia Saudita: le hanno impiegate per bombardare lo Yemen senza un mandato dell’Onu. L’azienda produttrice è la RWM Italia, azienda bresciana appartenente al gruppo tedesco Rheinmetall ma che opera con la piena autorizzazione del governo italiane. Vogliamo continuare nasconderci dietro l’ipocrisia, le mezze verità e le mezze risposte?». Veniamo ai dati «Se ci si concentra sul quinquennio dal 2010 al 2014, si vede che le esportazioni dall’Italia sono aumentate considerevolmente verso il Medio Oriente e il Nord Africa, cioè proprio le zone di guerra, aree che rappresentano oggi, con un 35,5%, il bacino maggiore per il nostro Paese» spiega Giorgio Beretta, analista Opal. «Nel quinquennio precedente, dal 2005 al 2009, non era così, il bacino maggiore era interno all’Unione Europea. La classifica è
guidata dai regimi di Algeria e Arabia Saudita. Se non fosse per la presenza Usa, anche gli Emirati Arabi Uniti sarebbero sul podio». L’informazione, poi, è sempre più carente. «La relazione che il governo ha inviato alle Camere nel marzo 2015 è corposa, due volumi per un ammontare di 1.281 pagine, ma manca di elementi fondamentali necessari al Parlamento per esercitare quel ruolo di controllo che gli compete. Ancora più carente, tanto da risultare non solo inutile ma addirittura fuorviante, è la sezione curata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a seguito delle modifiche legislative introdotte negli anni scorsi. Più che un documento ufficiale sembra un testo di appunti di qualche svogliato funzionario». Cosa fare Cosa è possibile fare, dunque, per sollecitare il governo a cambiare rotta? Se non altro fare sentire la propria voce e tenersi informati. Può essere utile seguire e aderire alle campagne di sensibilizzazione della Rete per
il Disarmo (www.disarmo.org/), dell’Osservatorio Permanente per le armi leggere (www.opalbrescia.org/) e di Amnesty International Italia (http:// appelli.amnesty.it/conflitto-yemen/). Cos’è l’OPAL ? L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e di Difesa (OPAL) di Brescia è un’associazione Onlus attiva dal 2004, promossa da diverse realtà dell’associazionismo bresciano e naziona-le (Collegio Missioni Africane - Missionari Comboniani, Associazione Brescia Solidale, Commissione Giustizia e Pace - Diocesi di Brescia, Ufficio Missionario Diocesano - Diocesi di Brescia, Associazione per l’Ambasciata della Democrazia Locale di Zavidovici onlus, Camera del Lavoro Territoriale di Brescia “CDLT”, Pax Christi, Centro Saveriano Animazione Missionaria – Missionari Saveriani, S.V.I. – Servizio Volontario Internazionale) e da singoli aderenti, per diffondere la cultura della pace ed offrire alla società civile informazioni di carattere scientifico circa la produzione e il commercio delle armi con approfondimenti sull’attività legislativa di settore. L’Osservatorio, membro delle Rete Italiana per il Disarmo, è un luogo indipendente di ricerca, monitoraggio, analisi e di informazione al pubblico, nazionale ed estero, sulla produzione e il commercio nazionale e internazionale delle armi. Guarda il video con l’intervista a Giorgio Beretta, analista OPAL Brescia
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Salmo 63 Preghiera iniziale
Formazione & spiritualità
La preghiera, la formazione, la spiritualità sono l’anima di ogni azione autenticamente evangelica ed ecclesiale. Per questo in ogni numero cerchiamo di offrire spunti di riflessione, temi di approfondimento, proposte di preghiera personale e comunitaria.
O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua. Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani.
Mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca. Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all'ombra delle tue ali. A te si stringe l'anima mia e la forza della tua destra mi sostiene. Il re gioirà in Dio, si glorierà chi giura per lui, perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
FORMAZIONE UNA CHIESA CON LE PORTE APERTE CLAUDIO TRECCANI CLAUDIO@CMDBRESCIA.IT
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Troppe oggi sono le paure che ci chiudono in noi stessi invece di aprirci, troppe le preoccupazioni che ingombrano la vita parrocchiale fino ad impedire di uscire incontro alle persone. Mai come oggi è necessario ritornare alle origini della nostra fede, all’essenzialità ma soprattutto alla kiremba ottobre coerenza con 2013 il Vangelo.
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entre cerchiamo di individuare situazioni concrete che abbiamo sotto i nostri occhi nella nostra quotidianità dobbiamo trovare la forza e il coraggio di uscire, di andare, di condividere non per risolvere i problemi ma per testimoniare fraternità nelle medesime situazioni. Nella stessa misura in cui siamo disposti ad accogliere l’Amore del Padre questo raggiunge i nostri cuori. Nella stessa misura in cui le persone sono disposte ad accogliere una nostra parola, un nostro gesto e talvolta anche il nostro silenzio diventiamo, con lo stile del servo inutile, strumenti di comunicazione dei Valori del Regno. Non possiamo mai mancare a questa costante ed instancabile offerta di annuncio e testimonianza indipendentemente dalla risposta che possiamo ottenere dalle persone. Dev’essere un nostro stile di vita, una normalità legata allo sguardo di Cristo che ci invia e ci sostiene. Questa è l’urgenza della missio ad gentes. Solo in secondo piano c’è anche l’emergenza della missio ad gentes quando il nostro sguardo si sofferma sulle persone. Ma la missione chiede oggi di essere testimoni perché è urgente. Mentre verifichiamo i nostri schemi di
pensiero, che vedono gli altri venire a noi, noi che li invitiamo alle nostre iniziative; pensiamo piuttosto uno stile di chiesa che esce fuori, là dove la gente vive. Parola della Chiesa Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che
Per i missionari
Preghiera finale Gesù, ci presentiamo davanti a Te, presente nel SS. Sacramento, per ringraziarti dell’amore che costantemente ci doni e per offrire i nostri cuori e le nostre preghiere affinché ci siano sempre nel mondo missionari pronti a seguirti, ad annunciarti, a celebrare e testimoniare l’amore di Dio che si rivela e si dona in Te per la salvezza di tutti gli uomini. Aiutaci Gesù affinché l’amore ricevuto gratuitamente dal Padre si trasformi in gesti concreti di amore a partire dai fratelli e sorelle più bisognosi. Un Amore che però non ha confini e che raggiunge ogni giorno le persone che incontriamo sul nostro cammino nel nostro lavoro a scuola nella nostra famiglia.
il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. (EG 20) La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. “Primerear – prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. (EG 24) Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una
moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37). (EG 49) Parola di Dio «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (Gv 10,1-10)
dello spirito. Il risultato è di perdere gli appuntamenti della storia, là dove il Vangelo arriva prima di noi, sorprendendoci. Naturalmente l’uscire è soprattutto atteggiamento del cuore, che si allarga alle dimensioni del mondo; ma è anche frutto di scelte, che non ci chiudono in casa o nelle sacrestie, a curare le cose nostre. A spingerci è il Cristo stesso, che ci precede, e si fa soglia per la quale ognuno può passare, non ostacolo o impedimento. Per condividere 1) Quali esperienze positive di “chiesa con le porte aperte” conosciamo? Quali disagi e difficoltà sperimentiamo nel viverla? 2) Quali conversioni dobbiamo attuare alla luce del Vangelo: quali modi di pensare, atteggiamenti da maturare, comportamenti da assumere? 3)Che cosa possiamo fare concretamente per annunciare i l Va n g e l o n e l l a n o s t r a a t t u a l e situazione? Stabiliamo insieme quali disposizioni assumere e quali iniziative proporre. Puoi mandare le tue risposteriflessioni al CMD: missioni@diocesi. brescia.it
Per riflettere C’è forse odore di chiuso nei nostri ambienti? La complessità del mondo attuale ci rende purtroppo impauriti, ci sembra che sia già tanto salvare il salvabile, tiriamo troppo spesso i remi in barca. Anche il fatto di essere in minoranza, di vedere i numeri che calano nelle chiese, contribuisce a chiuderci nelle nostre sicurezze invece di aprirci al soffio
kiremba maggio 2014 25
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FORMAZIONE & SPIRITUALITÀ
Che intenzioni hai?
PREGARE INSIEME Ogni mese il Papa indica due intenzioni: una di carattere generale e una più di intento missionario
DON DIEGO FACCHETTI - dondiegofac@gmail.com
I mesi di febbraio e marzo sono occupati in gran parte dalla Quaresima, che ci conduce al cuore della vita credente: il Triduo pasquale del Signore crocifisso e risorto. Tempo “forte” per un rinnovato impegno di conversione, di “ritorno” al Signore e ai fratelli e - in fondo - anche alla verità di noi stessi. Le giornate per la vita, la vita consacrata, del malato, dei missionari martiri... possono costituire altrettante occasioni di riflessione e di impegno. Tutto nella luce del grande Giubileo della Misericordia... In questo ricco panorama possono ben inserirsi le intenzioni “per l’evangelizzazione” che il Papa propone mensilmente all’Apostolato della Preghiera. Nel mese di gennaio siamo invitati a pregare perché crescano le opportunità di dialogo e di incontro tra la fede cristiana e i popoli dell’Asia. La Chiesa è per sua natura“cattolica”, universale, chiamata ad abbracciare tutti i popoli e tutte le culture. Anche nell’immenso continente asiatico (in cui si è svolta - oltretutto - in maggior parte la storia della salvezza consegnataci nella Bibbia) il Vangelo si è diffuso lungo i secoli. Sosteniamo volentieri le comunità cristiane (specialmente quelle che soffrono) perché, con la saggezza millenaria del loro continente e con l’entusiasmo dei credenti, non si stanchino di dialogare, ma anche di trasmettere il Vangelo sia ai vicini che ai “lontani”. Maria (che ha vissuto la sua esistenza terrena in Medio Oriente!) accompagni la Chiesa dell’Asia nel suo cammino e ottenga il grande dono della pace. Per il mese di marzo il Papa suggerisce di pregare perché i cristiani discriminati o perseguitati a motivo della loro fede rimangano forti e fedeli al Vangelo, grazie all’incessante preghiera di tutta la Chiesa. La storia della Chiesa - splendida epopea missionaria! - è anche una storia di persecuzioni e di martirio. Non a caso il libro che raccoglie le memorie dei Santi e Beati per ogni giorno dell’anno è denominato“Martirologio”. Purtroppo ancor oggi i cristiani non sono sempre liberi di professare apertamente la loro fede. Le cronache riportano casi drammatici di violenze e di uccisioni. Anche nelle nostre comunità non mancano segni di intolleranza o di disprezzo verso i credenti. Preghiamo perché tutti i cristiani siano solidali con i credenti perseguitati e li sostengano con la preghiera e con l’aiuto materiale, attuando generosamente le opere di misericordia, affinché ancor oggi risuoni in ogni luogo il lieto annuncio: “Cristo è risorto! E’ veramente risorto!”. don Diego Facchetti, assistente diocesano AdP Le iniziative AdP, aperte a tutti - compreso il suggestivo pellegrinaggio di giugno in Polonia - sono ben presentate in rete. Per conoscerle, basta digitare: Apostolato della Preghiera - Brescia. INTENZIONI MISSIONARIE Mese di febbraio: perché crescano le opportunità di dialogo e di incontro tra la fede cristiana e i popoli dell’Asia Mese di marzo: perché i cristiani discriminati o perseguitati a motivo della loro fede rimangano forti e fedeli al Vangelo, grazie all’incessante preghiera di tutta la Chiesa.
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VEGLIA IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTRIRI
Blocknotes
CATTEDRALE DI BRESCIA Giovedì 17 Marzo 2016 - 20.30 “Io seguo la strada del missionario ma questo non perché io abbia scelto Dio ma perché Dio mi cerca e continuamente mi chiede se lo voglio seguire. Me lo chiede quando aiuto la gente che ha dei problemi, quando mi caccio nei guai per loro, quando difendo l’uomo, quando mi sforzo di non considerare mai nessuno come irrecuperabile, quando credo ad una persona anche quando mi inganna. Io credo a Cristo, non mi potrà ingannare! Credo alla sua giustizia anche se alle volte non la capisco, mi abbandono tra le sue braccia. Credo inoltre che la testimonianza cristiana si paga di persona. La fede di Cristo è difficile mantenerla di fronte a certe situazioni ma se la conservi ti dà una tale carica che ti aiuta ad essere sempre un vero uomo, capace di una dimensione umana. La gente ha sempre bisogno di chi vuol fare del bene. Oggi ci sono molti esclusi, molti emarginati, molti dimenticati. Non sono un idealista, Amare non è un utopia! In un tempo come il nostro che ha soffocato il Cristo tra i grattacieli, l’asfalto, le strade, i treni, le macchine, occorre trovare il volto del Cristo tra i fratelli, anche se vestono male, anche se non li conosciamo.” P. Ezechiele Ramin, comboniano Martire in Brasile
Convegno Nazionale MISSIO RAGAZZI 2016 LA MISERICORDIA E I GESTI NELLA VITA PASTORALE Avrà luogo nei giorni 26-27-28 Febbraio prossimi, presso il C.U.M. di Verona l’Incontro Nazionale per incaricati diocesani, animatori, catechisti e quanti sono vicini a Missio Ragazzi. L’incontro si svolgerà secondo la modalità tradizionale del week-end, dal venerdì pomeriggio al pranzo della domenica. La quota di partecipazione è di € 60,00. Come di consueto, per garantire una equa partecipazione, nelle iscrizioni verrà data priorità a due persone per diocesi. Il Segretariato Nazionale provvederà a coprire parte dei costi di vitto e alloggio. Chi volesse partecipare può mettersi in contatto con il Centro Missionario . Qualora restassero posti disponibili sarà possibile iscriversi in numero superiore con pagamento intero della quota.
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Incontro con l’Opera Salesiana Don Bosco 19 - 28 Agosto
itinerari della Mente e del Cuore
Quota € 2.090*
Volo di linea da Milano
ITINERARI MISSIONARI 2016
OCCASIONI DI INCONTRO TRA POPOLI, RELIGIONI E CULTURE
BRASILE MAGICO
Con visita al centro pastorale di Castanhal 20 - 28 Settembre
Quota € 2.350*
Volo di linea da Milano e Roma
ARGENTINA
dei Gesuiti e di Jorge Mario Bergoglio - Papa Francesco
Incontro con le religiose Dorotee da Cemmo 8 - 16 Ottobre
Quota € 2.750* Volo di linea da Milano e Roma
Sede e ufficio gruppi: via Alessandro Monti - Agenzia Viaggi: via Trieste 13/c angolo via Gabriele Rosa - 25121 BRESCIA - tel. 030 2895311 info@brevivet.it - www.brevivet.it
* Escluso la quota di iscrizione di Euro 35, tasse ed oneri aeroportuali. Valgono le condizioni riportate sul sito www.brevivet.it
SRI LANKA la perla d’Oriente