Kiremba - Maggio 2016

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SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERçUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVi - N° 2 maggio 201 6 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

COInVOLTI : una Chiesa missionaria attraente

Maggio 2016


SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERÇUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVI - N° 2 MAGGIO 201 6 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

Sommario

Primo piano Dialogo Interreligioso

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COInVOLTI : una Chiesa missionaria attraente Maggio 2016

Bimestrale dell’Ufficio Missionario Diocesano, via Trieste 13/B - Brescia Tel 030.3722350 - Fax 030.3722360

Chiesa & missione Labmissio 2016

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Direttore don Adriano Bianchi Direzione e redazione Via Callegari, 6 – 25121 Brescia Tel. 030.3754560 Fax 030.3751497 e-mail redazione: kiremba@cmdbrescia.it e-mail Ufficio Missionario: info@cmdbrescia.it web: www.cmdbrescia.it Kiremba su facebook: Kiremba Magazine Redazione don Carlo Tartari: doncarlo@cmdbrescia.it Andrea Burato: andrea@cmdbrescia.it Claudio Treccani: claudio@cmdbrescia.it Chiara Gabrieli: chiara@cmdbrescia.it Alessandro Piergentili: a.piergentili@libero.it don Diego Facchetti: dondiegofac@gmail.com p. Marcello Storgato: marcello@saveriani.bs.it Francesca Martinengo: fra.martinengo@gmail.com

I missionari raccontano Burundi 10-11 Sierra Leone 12-13 Perù 14-15

Animazione missionaria Chiesa Accogliente - Brescia Chiesa Accogliente - Valle Camonica Nuovi stili di viaggio

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Grafica e impaginazione Andrea Burato Autorizzazione del tribunale di Brescia N. 269 del 11.07.1967

Orizzonti

Stampa Tipografia Camuna Editrice Fondazione opera diocesana San Francesco di Sales, via Callegari, 6 - 25121 Brescia

Migrazioni 22-23

Formazione & spiritualità Abbonamento ANNUALE 12,00 euro ORDINARIO 50,00 euro sostenitori PER LE POSTE ITALIANE CONTO CORRENTE N° 389254. INTESTATO A: DIOCESI DI BRESCIA VIA TRIESTE, 13 25121 BRESCIA CON CAUSALE: “ABBONAMENTO KIREMBA 2016” BONIFICO BANCARIO: IBAN: IT75S0350011205000000007463

IL TUO AIUTO PER LE MISSIONI BANCO DI BRESCIA AGENZIA N. 5 C/C N. 7463 - ABI 3500 CAB 11205 IBAN IT 75 S 03500 11205 0000 0000 7463 BANCA POP. ETICA VIA MUSEI, 31 - 25122 BRESCIA C/C N. 102563 - ABI 5018 CAB 11200 IBAN IT 51 K050 1811 2000 0000 0102 563INTESTATO A: UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO. Kiremba - Maggio 2016 2

Coinvolti : una chiesa Missionaria Attarente Pregare Insieme

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Blocknotes

Agenda 27 NOVITÀ PER ACCEDERE AI CONTENUTI MULTIMEDIALI, INQUADRA CON IL TU SMARTPHONEM DOTATO DI LETTORE, IL CODICE QR PRESENTE IN ALCUNE PAGINE DI KIREMBA. CON QUESTA MODALITÀ DESIDRIAMO INTEGRARE SEMPRE MEGLIO LA RIVISTA CON LA POSSIBILITÀ DI VISIONARE FILMATI, GALLERIE FOTOGRAFICHE, SITI WEB DEL MONDO MISSIONARIO ED ECCLESIALE. QUI A SINISTRA TROVATE IL CODICE QR CHE RIMANDA AL SITO DEL CMD DI BRESCIA


editoriale

Linee per un progetto di

pastorale missionaria: si parte! don carlo tartari doncarlo@cmdbrescia.it

S

ta avvenendo! Le parrocchie e le Unità pastorali cominciano ad accogliere, metabolizzare, rielaborare le linee per un progetto pastorale missionario. Abbiamo avuto l’opportunità di iniziare a camminare accanto a loro e con loro. Un turbine di pensieri, riflessioni, desideri, attese: quanta fatica, ma quanta vita! Ricordo una sera, un’assemblea attenta e partecipe, espressione della pluralità di doni e vocazioni che lo Spirito continuamente suscita nella Chiesa, ricordo i volti, le espressioni, la voglia di comprendere e attuare. Ricordo anche alcune tensioni e preoccupazioni: cosa e come dobbiamo cambiare? Quali percorsi intraprendere? e prima ancora: perché cambiare? Il Vescovo stesso, nell’introdurre le linee progettuali, afferma che “la progettazione non risolve i problemi della fede, ma è altrettanto vero che essa può rendere l’azione pastorale più intelligente ed efficace. L’azione dello Spirito, che è evidentemente decisiva in un’attività come la pastorale, passa attraverso le persone concrete, quindi attraverso il loro pensiero, i loro sentimenti, le loro inclinazioni”. Il progetto pastorale missionario nasconde alcune insidie e offre molte opportunità: le insidie si nascondono nel pericolo di rimanere seduti a progettare, programmare, prevedere nell’illusione che questo basti a rigenerare la vita pastorale della comunità; l’opportunità è senz’altro costituita dal desiderio di sentirsi coinvolti nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo, dalla sollecitudine e dal desiderio di uscire per aprirsi all’incontro con la complessità del mondo attuale. Una tensione in particolare attraversa i dialoghi e le riflessioni: cosa cambiare? e perché?

Ciò che viviamo ordinariamente, le prassi e le abitudini, le modalità e gli stili consolidati sono proprio da buttar via? Per andare dove? Ho notato che spesso corriamo il rischio di confondere ed equivocare il termine “pastorale di conservazione” pensando che sia sinonimo di “pastorale ordinaria” o di ferialità; mentre attribuiamo all’espressione “pastorale di missione” una valenza di innovazione, cambiamento, trasformazione. Abbiamo tutti delle resistenze e alcuni freni di fronte al cambiamento, prima di decidere che si debba modificare qualcosa nella nostra vita e nella vita delle comunità, vogliamo giustamente vederci chiaro. Nelle comunità cristiane degli Atti degli Apostoli spesso i cambiamenti sono vissuti in un clima di tensione e confronto dai toni aspri e accesi, ma un criterio diventa determinante e certo: la guida dello Spirito Santo! Le nostre comunità affrontano oggi sfide diverse da quelle derivanti dal confronto tra mentalità e cultura giudaica rispetto alla cultura pagana, ma è sempre lo Spirito di Dio a “guidare la Chiesa in situazioni sempre nuove e, di conseguenza, il rispetto dello Spirito esige di riflettere continuamente per scrutare nella storia i segni dei tempi per cogliere nelle situazioni storiche che cosa lo Spirito intende dire e chiedere oggi alla sua Chiesa”. Se sapremo essere docili e attenti a ciò che il Signore chiede e suscita nella comunità cristiana allora il progetto fiorirà e porterà frutti copiosi e abbondanti: magari non quelli che desideriamo e vogliamo noi, ma quelli che Dio desidera e dispone. Il discernimento, l’ascolto della Parola, l’attenzione ai segni dei tempi, la volontà di bene, la cura per la vita spirituale ci accompagneranno a rendere vivo e vitale ciò che il Progetto di Pastorale Missionaria intende esprimere e provocare nel cammino della nostra chiesa. Kiremba - Maggio 2016

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Primo piano

dialogo interreligioso

UN CAMMINO DI INCONTRO E DIALOGO don claudio zanardini dialogointerreligioso@diocesi.brescia.it

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on i movimenti di popoli connessi con la migrazione economica, l’instabilità politica di molti paesi, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, la diversità culturale e religiosa è diventata un elemento essenziale delle società dell’Europa occidentale. Quindi, sono tutte le Chiese cristiane in Europa, che sono chiamate a misurarsi con questo fenomeno. L’Italia che fino ad alcuni anni fa sembrava esente al confronto con una simile situazione, oggi ne è molto coinvolta. Con il forte flusso migratorio, il nostro contesto sociale sta cambiando profondamente. Non possiamo più chiudere gli occhi su quanto ci sta attorno e non possiamo liquidare tutto con frasi prive di ogni fondamento valoriale. Anche il nostro paese si sta sempre più secolarizzando, e avanza un pluralismo religioso che viene a trovarsi in un contesto di messa in discussione dei capisaldi morali. La ricerca di Dio si esprime dunque nelle forme più diverse e insolite. Ma c’è

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L’INCONTRO DI PAPA FRANCESCO CON GLI ESPONENTI DI ALTRE RELIGIONI

un bisogno di spiritualità autentica e forte in risposta ad un materialismo disumanizzante e all’influenza di un tecnicismo di cui non si controllano più gli effetti. Nel nostro paese, la cui cultura è profondamente influenzata dalla fede cristiana, sono ora rappresentate altre tradizioni religiose non cristiane. Certamente quella più numerosa è quella dell’Islam. È sicuramente importante incominciare dall’accettare la differenza. Giovanni Paolo II nel 1985, diceva: “La lealtà esige anche che riconosciamo e rispettiamo le nostre differenze. La più fondamentale è ovviamente il modo in cui guardiamo la persona e l’opera di Gesù di Nazareth”. Troppi incontri sono mancati perché i partner rifiutano di accettare la differenza. L’incontro va vissuto nel quotidiano, là dove si vive la vita di tutti i giorni, nel quartiere, la città, il paese, il mondo della scuola, la vita professionale e associativa. Lì possono nascere delle collaborazioni nel servizio agli altri, in vista del rispetto della giustizia, dei

Si deve allo stesso tempo essere consapevoli del fatto che ogni uomo e ogni gruppo sociale devono tener conto, nell’esercizio dei suoi diritti, dei diritti degli altri, dei suoi doveri verso gli altri e del bene comune di tutti. Passare dall’incontro al dialogo non è automatico, tanto più che il termine “dialogo” non ha sempre lo stesso significato per tutti. Tuttavia, il principio del dialogo è davvero parte della storia del popolo di Dio.


 Considerazioni

Quattro forme di dialogo

 Può essere utile richiamare le forme di dialogo che sono state menzionate all’interno del documento stipulato nel 1984 dal Consiglio Pontificio per il Dialogo Interreligioso. a) Il dialogo della vita, che si ha quando le persone si sforzano di vivere con lo spirito aperto. b) Il dialogo dell’azione, nel quale i cristiani e gli altri credenti collaborano per lo sviluppo integrale e per la liberazione del loro prossimo.

Con il forte flusso migratorio, il nostro contesto sociale sta cambiando profondamente. Non possiamo più chiudere gli occhi su quanto ci sta attorno e non possiamo liquidare tutto con frasi prive di ogni fondamento valoriale.

valori morali e della pace. Sono delle occasioni privilegiate di condivisone tra i credenti consapevoli della loro condizione umana comune. Quando insieme dei credenti cercano di fare l’opera di Dio servendo i loro fratelli, i rapporti derivanti da tali azioni sono in un modo o nell’altro luoghi di incontro di Dio e di conversione del cuore. L’incontro tra credenti può anche avere effetti benefici sulla coerenza armoniosa e fraterna della società. È imparando a conoscersi meglio reciprocamente e impegnandosi in relazioni fraterne che i credenti danno una testimonianza preziosa per il nostro mondo. Essi contribuiscono così alla pace e alla stabilità nella società e fanno retrocedere i rischi della violenza, di cui si pensa, talvolta che le religioni siano la fonte. Credenti cristiani e musulmani devono dimostrare col loro comportamento che essi sono capaci di portare elementi di armonia e di umanizzazione nella nostra società. Questa è una testimonianza resa a Dio. Quando si

avviano significativi cambiamenti non prevedibili, le grandi religioni possono anche contribuire a promuovere nella società, accanto al patrimonio morale e civile, una dimensione spirituale essenziale. Per noi, cattolici, “non possiamo rassegnarci a una piena privatizzazione della nostra fede, come se l’esperienza cristiana dovesse rimanere sepolta nel segreto dei cuori senza influenza sulla realtà del mondo reale e della società”. Riconosciamo anche questo diritto ad altre confessioni religiose nella nostra società: perché la dimensione morale e spirituale dell’uomo e della società sia onorata nello spazio pubblico, è necessario che le comunità religiose abbiano la possibilità di testimoniare la loro fede e il loro impegno per i valori morali fondamentali, nella convinzione di servire così la nazione. Si deve allo stesso tempo essere consapevoli del fatto che ogni uomo e ogni gruppo sociale devono tener conto, nell’esercizio dei suoi diritti, dei diritti degli altri, dei suoi doveri verso

c) Il dialogo dello scambio teologico, nel quale gli specialisti cercano di approfondire la propria comprensione delle rispettive eredità spirituali, e di apprezzare i valori spirituali dell’altro. d) Il dialogo dell’esperienza religiosa, nel quale le persone, radicate nelle loro tradizioni religiose, condividono le loro ricchezze spirituali nel campo della preghiera, della fede e dei modi di ricercare Dio o l’Assoluto.

gli altri e del bene comune di tutti. Passare dall’incontro al dialogo non è automatico, tanto più che il termine “dialogo” non ha sempre lo stesso significato per tutti. Tuttavia, il principio del dialogo è davvero parte della storia del popolo di Dio. Fin dall’inizio, questa coscienza è stata presente nella Chiesa, anche se le condizioni socio-politico non hanno sempre favorito questa mentalità. Tuttavia quando la maggioranza dei cristiani hanno dimenticato questa strada verso Dio e verso l’altro, ci sono stati uomini e donne che hanno dimostrato un vero atteggiamento evangelico nell’incontro. La Chiesa vuole mantenere il termine dialogo per esprimere il rapporto in cui vuole impegnarsi con le altre religioni. Il dialogo, siamo consapevoli, è sempre una prova. È esigente. Non può essere una negazione delle proprie convinzioni e, tuttavia, è una fonte di scambio, di arricchimento reciproco e di pace. Questo dialogo presenta sfide davvero significative per comprendere il piano di Dio per il mondo, per la fedeltà della missione della Chiesa oggi e per la vitalità evangelica dei suoi membri. Se il dialogo non nega le differenze dottrinali, presuppone l’accoglienza dello spirito che agisce nel cuore di ogni vero uomo, secondo le parole di Papa Paolo VI, durante l’incontro con i non cristiani a Bombay: “Noi non ci si deve incontrare come semplici turisti, ma come pellegrini che cercano Dio non in edifici di pietra, ma nel cuore degli uomini”. Per un cristiano, questo rapporto con Dio, nel luogo stesso di incontro delle persone è la base di un dialogo salvifico. Ciò richiede una disponibilità evangelica, e reale profondità spirituale. Kiremba - Maggio 2016

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Chiesa & missione labmissio 2016

NON É L’ULTIMO RAGTIME ANDREA BURATO ANDREA@CMDBRESCIA.IT

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colloqui, le risa in compagnia, lo scambio di cortesie affettuose, le comuni letture di libri ameni, i comuni passatempi ora frivoli ora decorosi, i dissensi occasionali, senza rancore, come di ogni uomo con se stesso, e i più frequenti consensi, insaporiti dai medesimi, rarissimi dissensi; l’essere ognuno dell’altro ora maestro, ora discepolo, la nostalgia impaziente di chi è lontano, le accoglienze festose di chi ritorna”. S.Agostino inseriva queste righe all’interno de “Le Confessioni” per sottolineare quanto la vicinanza e la prossimità possano essere vero concime per l’anima. Prendiamo allora in prestito queste righe perché possano davvero aiutarci a capire come vorremmo fosse il LabMissio 2016. Nella testa e nei cuori dell’équipe organizzativa, si vorrebbe che questa fosse davvero l’occasione, fortunatamente non l’unica nel panorama delle proposte 6

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il mondo della missione deve interrogarci

diocesane, per ritagliarsi uno spazio di condivisione profonda sul nostro vivere da cristiani. Nell’intenzioni di chi ha voluto e pensato il tutto, c’è la più sincera volontà di offrire, la possibilità di ritornare alla propria quotidianità carico di un’esperienza arricchente. Pensiamo ci sia bisogno di riscoprire il bello del ritrovarsi, anche con chi non crede, con chi non ha mai creduto o non crede più. E servono occasioni per farlo. É ormai chiaro a tutti, o almeno a coloro che vogliono leggere la realtà, il punto in cui siamo: noi, la Chiesa in cui crediamo e le parrocchie di cui facciamo parte. É il momento di essere i fautori di un cambiamento nelle radici dei nostri comportamenti dentro e fuori gli oratori e gli edifici di culto, o non assisteremo mai ad un cambio di passo e di direzione quasi inevitabile. «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo». Attraverso

queste parole, Gandhi esortava la popolazione mondiale ad “agire”, perché il sol pensiero, senza azione, è qualcosa destinato a scomparire, a non realizzarsi. C’è quindi bisogno di saper spendere tempo e sguardi anche con chi sembra vivere lontano dai nostri paradigmi, con chi ha perso tutto o non ho mai avuto niente. C’è bisogno di vicinanza, di accogliere e di essere luogo insieme a qualcuno. L’Evangelii Gaudium ci ricorda che tutti siamo Chiesa, tutti i cristiani sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione. Questa, quindi, è una proposta per tutti coloro che vogliono avere un ruolo, anche marginale, all’interno della comunità, e, ricorda Papa Francesco, coloro


 Impressioni

Così l’anno scorso  Il cantiere è aperto; la data di inizio dei lavori affonda le radici nel tempo, nella nostra storia, la data di inaugurazione non è ancora fissata! Se si trattasse di un’opera muraria, di una costruzione, allora sarei molto perplesso circa l’efficacia dell’impresa: ma non si tratta di muri, si tratta di cammini, di processi di vita e allora va benissimo così! Sabato 30 maggio il Laboratorio Missionario ha vissuto

una tappa significativa e incoraggiante: circa 150 persone di età diverse, con servizi, carismi, vocazioni variegati si sono dati appuntamento per un confronto ampio circa le azioni, i verbi della Missione. Con questo codice Qr possiamo sentire le loro voci.

Il LabMissio vuol essere occasione per dirsi il bello che ancora c’è, ed è tanto, nel seguire il messaggio del Vangelo. Non è demagogia e non abbiamo nemmeno la volontà di voler suonare l’ultimo ragtime prima che il Titanic affondi.

Nella testa e nei cuori dell’équipe organizzativa, si vorrebbe che questa fosse davvero l’occasione, fortunatamente non l’unica nel panorama delle proposte diocesane, per ritagliarsi uno spazio di condivisione profonda sul nostro vivere da cristiani. Nell’intenzioni di chi ha voluto e pensato il tutto, c’è la più sincera volontà di offrire, la possibilità di ritornare alla propria quotidianità carico di un’esperienza arricchente.

che sono guide, come i sacerdoti e i religiosi, «...devono essere misericordiosi, farsi carico delle persone, accompagnandole come il buon samaritano che lava, pulisce, solleva il suo prossimo. Devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi.». Il LabMissio vuol essere occasione per dirsi il bello che ancora c’è, ed è tanto, nel seguire il messaggio del Vangelo. Non è demagogia e non abbiamo nemmeno la volontà di voler suonare l’ultimo ragtime prima che il Titanic affondi. Vo g l i a m o s o l o r i t r o v a r c i p e r ricordare che possiamo e dobbiamo essere missionari, quindi testimoni, in ogni ambito della nostra vita. Papa Francesco ribadisce: «Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un

disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio». Queste parole ci devono guidare nelle azioni che segnano i nostri giorni. L’attenzione, la vicinanza e l’ascolto dell’altro sono passi fondamentali da compiere per chi crede nel messaggio evangelico. Oltre i difetti ed i limiti di ognuno,oltre i passi falsi che hanno segnato il cammino personale di tutti. Ci sarà spazio per ascoltare le testimonianze di alcuni amici che hanno scelto di declinare in diverse forme il messaggio della Missione. Ci sarà anche spazio per chiedere, per ricevere, per pensare e per interrogarci... e allora che fai?? Vieni?? Kiremba - Maggio 2016

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CHIESA E MISSIONE

LABMISSIO2016

COInvolti per una chiesa attraente CHIARA GABRIELI chiara@cmdbrescia.it i volti della missione

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nche quest’anno a fine Maggio ricorrerà la Festa dei Popoli 2016; promotore dell’iniziativa è il Coordinamento Evangelizzazione e Dialogo, di cui fanno parte l’Ufficio per le Missioni, l’Ufficio per i Migranti e l’Ufficio per il Dialogo Interreligioso. La Festa avrà luogo presso il Pala Banco di Brescia in via S. Zeno 168 nei giorni di sabato 28 e domenica 29 Maggio. L’Ufficio per le Missioni sarà protagonista dell’intera giornata di sabato 28 con il LabMissio - Laboratorio Missionario - che quest’anno ha per titolo: “Coinvolti: per una Chiesa Missionaria attraente”. Continuando la positiva e intensa esperienza dell’anno scorso, tenutasi all’oratorio della Stocchetta sul tema “Uscire, Incontrare e Donarsi”, l’Ufficio Missionario vuole continuare ad approfondire con la comunità cristiana della diocesi il senso e il dinamismo della missione. Numerosi sono gli 8

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spunti che l’Ufficio per le Missioni ha colto nel corso di quest’anno pastorale per dare anima alla giornata: il messaggio conclusivo di Mons. Francesco Beschi al convegno nazionale dei Centri Missionari a Fiuggi a settembre 2016: “La missione è camminare sulle vie del mondo, con gli altri e insieme, accanto e vicino ai poveri. La strada è il luogo della missione. I poveri ne sono i protagonisti ed essi stessi evangelizzatori. La missione è soprattutto relazione più che organizzazione. Coltivare le relazioni con le persone e tra di noi”; la bolla di indizione del Giubileo della Misericordia nella quale Papa Francesco scrive: “È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli”; il Progetto di Pastorale Missionaria della Diocesi di Brescia introdotto

“La missione è camminare sulle vie del mondo, con gli altri e insieme, accanto e vicino ai poveri. La strada è il luogo della missione. I poveri ne sono i protagonisti ed essi stessi evangelizzatori. La missione è soprattutto relazione più che organizzazione. Coltivare le relazioni con le persone e tra di noi”


 Chiesa attraente

Presentazione  Attraverso questo codice Qr, potete accedere al video che aprirà la mattinata del Labmissio. Poche parole, tante immagini e una domanda che risuona: come essere Chiesa attarente? Per chi non potrà esserci, ecco l’occasione per visionarlo e farsi interrogare.

Il LabMissio si aprirà con un momento di accoglienza e di preghiera per poi esplorare i diversi linguaggi della Missione affinché possano nascere domande e riflessioni sulla gioia di essere cristiani e su come rendere la Chiesa, tutta e di tutti, attraente.

dal nostro Vescovo Luciano che esorta ogni comunità ad essere “più coesa e quindi meno timorosa, capace di aprirsi più liberamente e gioiosamente anche a coloro che non ne fanno parte”. Tutti questi spunti e riflessioni ci aiutano a declinare i contenuti del LabMissio sui modi per rendere la Chiesa missionaria una comunità attraente; l’attrazione che Cristo esercita sull’uomo si rivolge non solo a coloro che stabilmente si percepiscono integrati nella comunità cristiana, ma anche verso coloro che sembrano essere lontani, distanti, distratti. L’equipe dell’Ufficio per le Missioni ha pensato di raccontare il fascino della missione e della Chiesa in uscita attraverso linguaggi diversi: la danza, il canto, la testimonianza, l a p reghi er a, l a r ec ita zione e immagini. Il LabMissio si aprirà con un momento di accoglienza e di preghiera per poi esplorare i

diversi linguaggi della Missione affinché possano nascere domande e riflessioni sulla gioia di essere cristiani e su come rendere la Chiesa, tutta e di tutti, attraente. Il primo linguaggio, che ci aiuterà ad entrare nel vivo del convegno, sarà un video che avrà per tema la comunità cristiana e il suo impegno a rendere testimonianza in un mondo contrassegnato da contraddizioni, tensioni, contrasti. Proseguiremo poi con il linguaggio della danza grazie al talento del coreografo Matteo Corbetta che ci racconterà, con il suo corpo di ballo, la bellezza di essere comunità, la bellezza di passare dall’Io al Noi: per essere un noi è necessario intessere relazioni, incontrare e uscire sulla strada della vita. Il terzo linguaggio per vivere la missione avverrà attraverso una mise en scène degli attori Massimilano Grazioli e Alberto Branca che rielaboreranno l’incontro di Gesù con i Discepoli di

Emmaus (Lc 24) , avvenuto lungo la strada, del cammino di conversione che trasforma la loro disillusione in speranza. Continueremo con la testimonianza di Don Mario Neva, Fidei Donum in B e n i n da cinque anni, che presenterà il “vocabolario dinamico della missione” e racconterà come Cristo lo ha attratto a sé e coinvolto nella sua missione. Un ulteriore linguaggio proposto all’assemblea sarà quello del canto grazie al “Joyfull Gospel Choir” diretto dalla maestra Brunella Mazzola. Con la musica e il canto narreranno l’incontro con il Signore che, ovunque avvenga e in qualsiasi condizione ci si trovi, diviene fonte di gioia da vivere e donare. Questa è la forza che spinge ad andare, ad uscire, a passare da una pastorale di conservazione ad una pastorale missionaria. La mattinata si chiuderà con l’ultimo linguaggio della missione: il dialogo; ci si potrà confrontare a partire da domande e riflessioni condivise. Dopo il pranzo a buffet, l’assemblea diventerà la vera protagonista dividendosi in cinque laboratori missionari. Ogni laboratorio riceverà un mandato: stendere una lettera rivolta a diversi destinatari che non saranno solo circoscritti al mondo missionario; scriveremo al Consiglio Pastorale Diocesano, ai Consigli Parrocchiali, alle comunità non cristiane, alla società civile e ai gruppi di giovani e universitari. Le lettere che verrano redatte nei cinque laboratori diventeranno così uno strumento semplice per uscire, incontrare e insieme donarsi. Per costruire insieme una Chiesa attraente. Kiremba - Maggio 2016

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I missionari raccontano burundi

se incontri un viso d’angelo suor stefania rossi servantes.charite@gmail.com

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hiesa attraente quando... “ è accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade” quando “ha l’ odore del suo gregge” quando “è missionaria e non dimissionaria”( Papa Francesco). Sono le 6:15 e come ogni giorno ci rechiamo in Chiesa per la Messa. Fa freddo a Kiremba al mattino presto e nella Chiesa il vento entra nelle ossa...penso chissà se lo Spirito Santo penetra allo stesso modo? Vedo una giovane donna, poco vestita, piegata su di se vicino alla pozzanghera che si forma con la rugiada della notte...sta bevendo. Mi avvicino...ma lei subito si alza e fugge....riseco a vederle il volto è una ragazza con un dolce viso segnato dalla follia. Inizia la Messa... la nostra giovane donna vuole unirsi ai canti dei fedeli ma naturalemte lo fa a modo suo....il suo canto è un grido e inevitabilmente disturba....esce un fedele per calmarla ma la reazione è il contrario. Non resisto...so di non conoscere il Kirundi ma poco m’importa, dopo 23 anni vissuti

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Kiremba - Maggio 2016

ogni persona É degna della nostra dedizione

in paesi diversi ho imparato che ci sono tanti modi per comunicare! Mi avvicino e la giovane donna mi si getta fra le braccia come per trovare una sicurezza. L’accolgo e le accarezzo il volto, sento che la resistenza del suo fragile corpo si dissolve appoggiando la sua testa sulla mia spalla. Ed ora cosa faccio? Rimango così con lei in piedi, fuori dalla Chiesa, celebrando la “nostra Messa” e comunicando con il corpo vivo di Gesù in attesa che le mie sorelle africane vengano in mio aiuto. Riusciamo a portarla alla cucina dell’ospedale dove insieme al the le mettiamo una buona dose di Serenase...mangia voracemente il pane...Chissà da quanto tempo non ne vede uno... Una mia consorella resta con lei mentre chiediamo al nostro amico Luciano se può ospitare una giovane donna che abbiamo chiamato “viso d’ angelo”. Resta il problema: come farla arrivare dall’ ospedale alla casa di Luciano? Non sono più di 500 metri ma con una malata mentale possono diventare interminabili! Tra noi si

So di non conoscere il Kirundi ma poco m’importa, dopo 23 anni vissuti in paesi diversi ho imparato che ci sono tanti modi per comunicare! Mi avvicino e la giovane donna mi si getta fra le braccia come per trovare una sicurezza. L’accolgo e le accarezzo il volto, sento che la resistenza del suo fragile corpo si dissolve appoggiando la sua testa sulla mia spalla. Ed ora cosa faccio?


 Attualità Sull’orlo della guerra etnica  Le proteste contro la ricandidatura di Nkurunziza sono degenerate e l’attuale presidente cerca di trasformare un conflitto politico in uno etnico, facendo appello alla sua identità hutu. Sul Paese aleggia lo spettro della pulizia etnica e , di fronte allo spettro del genocidio, vani sono stati gli appelli delle organizzazioni umanitarie operanti nell’area. Il panorama fatto di richiami sempre più forti all’identità etnica sembrerebbe il preludio

al baratro della pulizia etnica. L’unica, flebile, speranza è per ora riposta nei partiti d’opposizione hutu, che non sembrano minimamente intenzionati a seguire il Presidente nella sua volontà di utilizzare i tutsi come capro espiatorio. Ciò non assicura, tuttavia, che alcuni strati della popolazione hutu siano immuni ai richiami di Nkurunziza e non decidano di far rivivere a quella parte di Africa l’incubo della pulizia etnica.

Quanti “Visi d’angelo” incontriamo ogni giorno, ognuno con una storia, ognuno con una sofferenza, ognuno con problemi senza soluzioni! Ad ogni nuovo incontro programmi da cambiare, attenzione da donare, pazienza da chiedere, gratitudine da imparare. Ma “per condividere la vita con la gente e donarci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere che ogni persona è degna della nostra dedizione perchè al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto.”

è creata una certa “simpatia”, la sfrutto e prendendola sotto braccio c’ incamminiamo...la gente si ferma, ci guarda, ride: cosa fà un umuzungo (bianco) con una donna burundese che canta e parla nel suo delirio folle? Non so cosa sta dicendo ma le rispondo come se capissi tutto cercando di farle accellerare il passo. Chissà da quanti mesi non si lava: i vestiti le si sono marciti addosso; chissà da dove viene e come è arrivata qui , chissà che storia ha vissuto, chissà quanti anni ha, sembra così giovane! Quante domande che non troveranno mai una risposta! Ma ora è qui indifesa e vulnerabile nella sua malattia e noi siamo qui per dirle che Dio non si è dimenticato di lei. Si lotta per farle un bagno...quanta violenza avrà sofferto quel corpo? Sarà la follia la risposta ad un dolore che ha superato la soglia della resistenza? Ritorno in comunità, devo fare un bagno e cambiarmi il vestito l’ odore del fratello incomoda... Viso d’ angelo riamane nella comunità famiglia di Luciano per qualche mese,

ritrovando un equilibrio sufficiente per farla ritornare al suo vilaggio. Quanti “Visi d’angelo” incontriamo ogni giorno, ognuno con una storia, ognuno con una sofferenza, ognuno con problemi senza soluzioni! Ad ogni nuovo incontro programmi da cambiare, attenzione da donare, pazienza da chiedere, gratitudine da imparare. Ma “per condividere la vita con la gente e donarci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere che ogni persona è degna della nostra dedizione perchè al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto.” E allora la Chiesa è attraente quando “la missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi possa togliere, non è un’ appendice, o un momento tra tanti dell’ esistenza. E’ qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo.” (Papa Francesco). Kiremba - Maggio 2016

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i missionari raccontano

sierra leone

CHIESA ATTRAENTE PERCHè VERA

P. Girolamo Pistoni jeromepi@email.it

S

crivo da Makeni, una cittadina che si trova al centro della Sierra Leone, un paese dell’Africa Occidentale. Qui si trova anche la sede vescovile della diocesi di Makeni della quale è adesso Amministratore Apostolico il Vescovo Natale Paganelli. Questa è una chiesa abbastanza giovane. I primi quattro Saveriani arrivarono qui nel 1950 quando decisero di trasferirsi dalla capitale, Freetown, al nord del paese; i missionari più anziani di un’altra congregazione religiosa, che lavoravano nel sud, li sconsigliarono fortemente a non perdere tempo ed energie al nord: “Non andate, sono tutti musulmani e nessuno vi ascolterà”. I quattro, dopo aver ascoltato pazientemente i consigli di questi missionari veterani, decisero intraprendere questa attività al nord, animati e spinti dal carisma del nostro fondatore, S.Guido Conforti, che ci invia ad annunciare il vangelo soprattutto in quei luoghi dove

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Kiremba - Maggio 2016

p. girolamo con alcuni parrocchiani

non è ancora stato annunciato. La prima domanda che si posero fu: “Cosa possiamo fare per rendere la chiesa attraente in una realtà dove la religione tradizionale ed il musulmanesimo facevano la voce grossa e consideravano la religione cristiana nemica ed estranea alla cultura locale perché era importata da gente straniera? I primi missionari non furono nemmeno accettati nella cittadina del nord che si chiama Kabala ed a loro furono assegnati dei villaggi che si trovavano lontani dal centro. Un giorno, come segno di disprezzo, una comunità visitata dal missionario, cucinò per lui un pollo senza nemmeno spennarlo. Nonostante questa poca attraente accoglienza, i quattro missionari restarono ed il loro primo annuncio non fu tanto la parola, quanto il servizio offerto per lo sviluppo della comunità. In quel periodo c’era una grande scarsità di scuole elementari ed i missionari si dedicarono a costruire edifici scolastici ed a sensibilizzare i genitori affinché

mandassero i figli a scuole. C’erano anche malattie che in Europa erano sparite, ma che qui seminavano morte ed i primi missionari si dedicarono ad organizzare campagne sanitarie contro la polio, la lebbra, la cecità provocata da una mosca che vive vicino ai fiumi. Costruirono anche un ospedale e varie cliniche. La gente si rese conto che la religione che questi stranieri portavano non era solo un ponte per comunicare con Dio, ma anche un trampolino per migliorare la situazione sociale delle persone. Alcuni rimasero sorpresi da questo comportamento e cominciarono a non avere paura di questi missionari, si avvicinarono a loro ed attraverso di loro anche alla Chiesa. Nel 1961 fu eretta la diocesi di Makeni ed il primo vescovo fu Monsignor Azzolini. Da allora la chiesa è cresciuta in numero,sono state aperte 23 parrocchie, ci sono tanti catechisti, famiglie cristiane ed anche un una trentina di sacerdoti diocesani.


Cosa vi trovo di attraente in questa chiesa? E’ la chiesa che un po’ alla volta si incarna nell’ambiente africano, con gli aspetti positivi e negativi che questa società si porta dentro.

Cosa vi trovo di attraente in questa chiesa? E’ la chiesa che un po’ alla volta si incarna nell’ambiente africano, con gli aspetti positivi e negativi che questa società si porta dentro. Alcuni sono attratti ancora dai benefici che possono ottenere dai missionari, ma c’è ormai una grande maggioranza di loro che si è resa conto che essere attiva nell’annuncio del vangelo e nel sostentamento della chiesa. Qui la chiesa diventa attraente perché i laici sono coinvolti nel lavoro pastorale. L a m i a pa rrocch ia, S. Gu ido Conforti, alla periferia di Makeni, è stata divisa in 5 zone. In ogni zona è stato incaricato un catechista che fa da ponte fra la gente e noi sacerdoti che lì vi lavoriamo. Organizza i funerali, visita gli ammalati e soprattutto dirige la preghiera serale settimanale che si svolge nelle case. Ogni Martedì si prega in una casa diversa. Ieri ho partecipato ad uno di questi incontri di preghiera. E’ stata una esperienza particolarmente

interessante: di solito si prega il rosario e poi si legge il vangelo della domenica seguente: l’ascolto della parola è accompagnato dal commento dei partecipanti. Tutti parlano, anche quelli che non sono mai andati a scuola. Ciò che ieri mi ha colpito, più che la reazione dei partecipanti all’ascolto della Parola, è stato l’ambiente nel quale si è svolta la preghiera. La veranda di colui che ci ospitava era troppo piccola; ci siamo allora accomodati al bordo della strada, dove continuamente passavano veicoli e studenti che in quel momento stavano uscendo da scuola; dietro a noi c’era una grande sala dove stavano trasmettendo una partita del campionato inglese, con gli altoparlanti a tutto volume, come è d’abitudine qua; alla mia sinistra la moglie di colui che ci accoglieva era indaffarata con le pentole nella cucina che era all’aperto e, come sfondo, sulla testa di alcuni fedeli venuti a pregare, i panni ad asciugare. Nessuno si è scomposto per questi

inconvenienti e la preghiera è continuata come se fossimo in una campana di vetro. Qui non ci sono difficoltà che non possano essere superate. Dico che questa chiesa è attraente perché è vera, con tante qualità ed altrettanti limiti. Anche qui la gente deve lottare per rimanere fedele al vangelo: la cultura tradizionale, con le sue credenze, streghe, magia ecc, attira ancora molti, anche cristiani. I difetti della società condizionano anche i membri della comunità cristiana. Alcuni lottano per le prime posizioni, altri non sono onesti con i soldi, ci sono rivalità fra famiglie, altri si avvicinano alla chiesa quando annusano dei vantaggi. Questa stessa chiesa, alla quale noi vogliamo bene, ha rifiutato, tre anni fa un vescovo mandato dal vaticano; alcune di queste persone con le quali prego, membri del coro e di coloro che accolgono la gente in chiesa, due mesi fa hanno dichiarato uno sciopero contro i sacerdoti con i quali non condividevano alcune decisioni. Nonostante tutte queste difficoltà la comunità rimane viva, non si scoraggia, supera gli ostacoli che si incontrano nel cammino e continua il suo viaggio, come il popolo di Israele nel deserto, come la prima comunità cristiana narrata negli atti degli apostoli. Non è una chiesa idealizzata, ma la trovo attraente. Kiremba - Maggio 2016

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i missionari raccontano

peru’

con le ragazze “speciali”

federica MAIFREDI capitanfede.fm@gmail.com

L

a strada che porta sulla montagna di pietra, polvere e immondizia è ripida e molesta. Delle volte, fino a un certo punto arriva la scala di cemento e poi trovi grossi massi che la gente pone per aiutarsi a salire. Gradoni che tagliano le gambe e il fiato, soprattutto quando il sole ti cuoce la testa e il bimbo che tieni in braccio si lamenta muovendosi a destra e a sinistra facendoti perdere l’ equilibrio. Le case che da lontano, dai piedi della montagna, paiono graziose nei loro colori sgargianti, quando le approcci diventano terribili cornici di quadri familiari altrettanto spaventosi. Hanno tutte il rubinetto dell’ acqua fuori, dove poter lavare vestiti e piatti, hanno la corrente elettrica e grazie ad essa la televisione e almeno un telefono cellulare in carica. Hanno pareti in legno con tetto in lamiera e un unico ambiente che talvolta viene diviso in stanze più piccole attraverso l’applicazione

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Kiremba - Maggio 2016

CAMMINANDO TRA LA POLVERE DI huaycan

di fogli di plastica o tela. In queste sorti di scatoloni vivono famiglie composte da almeno tre figli, la mamma e il suo compagno (raramente marito). Nelle poche realtà che ho visitato, due letti bastavano per quattro/ cinque persone; una bombola del gas collegata ad un fornellino sono sufficienti per far bollire del mate (thé locale) e qualche patata. Basta. Non c’ è altro. Vestiti puliti in una valigia vecchia e impolverata, quelli da lavare in un catino di plastica, scatoloni che fanno da pensili, pezzi di giocattoli sparsi qua e là. Raramente c’è il pavimento: si cammina sui sassi della montagna stessa. Anche il bagno è fuori; un telone teso tra due pali, una bacinella di acqua per lavarsi. Per tutto il resto, beh… la montagna è vasta! I ragazzini sanno tutto sul sesso fin da piccolissimi; dormono nel letto di fianco a quello degli adulti e troppo spesso, purtroppo,

rimangono intrappolati come mosche nella ragnatela. Droga, alcool, abusi, violenza sono le caratteristiche principali di questa periferia apparentemente pacifica. Proprio la scorsa settimana la nostra Jenny, 13 anni, ha iniziato dei colloqui con lo psicologo della scuola, a causa dei suoi comportamenti equivoci e maliziosi che assume coi ragazzini. Tempo fa era emerso, parlandole, che l’ ex compagno di sua madre non era una bella presenza in casa tanto che ogni qual volta le chiedeva di poter comprare biro o quaderni lui le dava i soldi solo dopo essersi lasciata toccare. Pareva già allucinante questo ma no, era solo la presentazione del caso. Un giorno si presentano qui a casa la mamma con le due sorelle maggiori di Jenny, in lacrime. La ragazzina ha rivelato loro che tra i 7 e i 10 anni, quell’ uomo l’ ha violentata tre volte. La bambina ha sempre taciuto per timore di


Le case che da lontano, dai piedi della montagna, paiono graziose nei loro colori sgargianti, quando le approcci diventano terribili cornici di quadri familiari altrettanto spaventosi. Hanno tutte il rubinetto dell’ acqua fuori, dove poter lavare vestiti e piatti, hanno la corrente elettrica e grazie ad essa la televisione e almeno un telefono cellulare in carica.

causare difficoltà alla madre, che già doveva affrontare la gravidanza dell’altra figlia quattordicenne. Ora, nella tragicità di quanto accaduto, l’azione coraggiosissima di uscire allo scoperto e la ferma decisione di voler esporre denuncia, rafforzano e rassicurano anche la nostra Katy, vittima dello stesso abuso da parte del padrigno, in carcere da meno di un mese. Questa quindicenne, oltre al trauma della violenza carnale, si porta dentro il grande senso di colpa di aver tolto la figura paterna ad altri 4 bambini, avuti da sua madre con questo tizio. Infatti la denuncia è partita dalla ragazza contro il volere della mamma, che prevedendo la fine che avrebbe fatto il suo uomo (se così si può definire) aveva paura di rimanere sola e squattrinata. Av r e m o d a l a v o r a r e d u r o i n questi mesi; per fortuna siamo affiancati da hermana Goretta, una suora Monfortiana che ha lasciato abito e comunità, con una

spiritualità così profonda e allo stesso tempo libera da qualsiasi schema, che a volte lascia di sasso. Nel suo centro olistico le ragazzine possono beneficiare di tutte le terapie necessarie a farle stare bene fisicamente e mentalmente (agopuntura, riflessologia, magnetoterapia, biodanza, ecc..). Per quanto riguarda invece la parte spirituale, partecipano al catechismo insieme ad altri coetanei. Ara e Katy sono nel gruppo di Andrea, che li prepara alla Cresima; Estefany e Jenny sono con me e con coloro che riceveranno Battesimo e Prima Comunione. Con l’inizio della scuola è cominciato anche il doposcuola qui da noi, dove sei ragazzi universitari tengono ciascuno una classe di bambini a cui fan fare i compiti. Sono circa 100 i piccoli studenti a cui ogni giorno, alle cinque e mezza del pomeriggio, viene servito un pasto caldo. Siamo al nostro quarto mese qui e devo dire che sembra di essere qua

da sempre! Adesso il mercato dove comperare frutta, verdura, pollo, latte, soya, ecc.. non ha più segreti di prezzo o qualità, la lingua è chiaramente comprensibile anche se ci sono ancora qualche difficoltà ad esprimersi; le nostre ragazze si sono abituate al nostro sistema educativo e soprattutto hanno imparato che se piovono castighi è solo per il loro bene, perché imparino educazione, rispetto, senso del dovere, importanza della sincerità e di tutti quei valori che le faranno diventare delle donne. Ci sarebbe molto altro da scrivere, ma per ora vi lascio queste poche righe, abbastanza per pensarci, ricordarci e soprattutto per rendersi conto di quanto ciascuno di noi può fare nel proprio piccolo mondo fatto di rapporti semplici e spesso superficiali, che giustificano la nostra assenza dietro un “non ho tempo”, o un “devo proprio andare…”. Kiremba - Maggio 2016

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Animazione missionaria CHIESA ACCOGLIENTE

LA SFIDA DELL’OSPITALITÀ DON RAFFAELE DONNESCHI donraffaele@cmdbrescia.it

Q

uando a settembre scorso il Vescovo Luciano ha lanciato alle Parrocchie l’appello ad accogliere i richiedenti asilo che erano arrivati nel nostro Paese e ancor più quando pochi giorni Papa Francesco ha ribadito la necessità di questo gesto di carità, le nostre due Parrocchie della Badia e del Violino non hanno più potuto tergiversare. Avevamo una casa della Parrocchia libera, con necessità di pochi interventi per renderla da subito agibile… C’era bisogno solo di trovare persone disponibili a passare dal dire al fare! Ricevuto il parere unanime dei Consigli Pastorali e degli Affari Economici si è lanciato l’appello: “Chi ci sta a mettersi in gioco? Chi vuole conoscere di che cosa c’è bisogno, quali competenze, quale impegno ci vuole…?” Hanno risposto circa quaranta persone, abbiamo ascoltato il referente della Caritas Diocesana che ci ha tracciato il cammino e ci siamo avventurati in questo mondo dell’accoglienza dell’altro, di chi non abbiamo invitato a casa nostra

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Kiremba - Maggio 2016

l’accoglienza É una sfida per le nostre comunitÀ

ma che ci siamo trovati fuori dalla porta a bussare per avere un tetto, un po’ di cibo… un po’ di dignità! Tra ottobre e novembre sono arrivati otto giovanotti, tutti dalla Nigeria, dai 21 ai 32 anni. Per dare un senso al nostro accogliere ci siamo rifatti alla Bibbia, al primo Libro. Genesi 18,1: Poi il Signore apparve ad Abramo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della sua tenda nell’ora più calda del giorno. Davanti al racconto nasce legittima una domanda: l’ospitalità sollecita di Abramo deriva dal fatto che vede nei visitatori esseri umani oppure perché riconosce nei tre la presenza del Signore? La questione ha un’importanza decisiva per fondare correttamente una cultura e una teologia dell’ospitalità. Infatti chi rifiuterebbe accoglienza e riverenza al Signore? «Signore, quando ti abbiamo visto?» leggiamo in Mt 25,37.44. Ma tutto cambia aspetto con lo straniero in carne e ossa, che non capisci, di cui non sai niente del suo passato, della sua cultura,

dei suoi valori ma anche dei suoi difetti… “Abramo alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda, si prostrò fino a terra dicendo: “Mio signore se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo!” Abramo, e noi con lui, sperimentiamo la “pedagogia dello stare sulla soglia” che è lo spazio del dialogo, cioè della «contaminazione», luogo dell’umano che siamo e sappiamo esprimere. Alzare lo sguardo è come cominciare a parlare, è il segnale che il dialogo, messa da parte la paura, può iniziare. “Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo... Abramo prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in pedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.” Proprio nelle


Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap. 3, 20). È questa ora la sfida che le nostre comunità sono chiamate ad affrontare: abbiamo dato loro una casa, ora dobbiamo farli entrare nelle nostre case.

Per dare un senso al nostro accogliere ci siamo rifatti alla Bibbia, al primo Libro. Genesi 18,1: Poi il Signore apparve ad Abramo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della sua tenda nell’ora più calda del giorno. Davanti al racconto nasce legittima una domanda: l’ospitalità sollecita di Abramo deriva dal fatto che vede nei visitatori esseri umani oppure perché riconosce nei tre la presenza del Signore? La questione ha un’importanza decisiva per fondare correttamente una cultura e una teologia dell’ospitalità.

cose semplici di ogni giorno: fare la spesa insieme, senza imporre la nostra immancabile ‘pasta’ e senza fare la faccia schifata davanti alla loro predilezione per la ‘farina di teste di pesce’, come avere cura della casa, stabilire le regole di convivenza, il raccontarsi le proprie storie di vita… si sta provando a capirsi e a incontrarsi, pur nella difficoltà di capire i loro progetti e le loro aspettative, vista la condizione di ‘limbo’ in cui si trovano. Ci stiamo accorgendo che la realtà e la figura dello straniero sono costitutive dell’ospitalità proprio per il fatto che lo straniero provoca una reazione ambivalente di avversione e di attrazione insieme. Lo straniero ci sollecita a ritrovare la nostra identità cercando di tirar fuori e dare il meglio di noi, anche quando si è obbligati a richiamare, a dire dei ‘no’, a orientare verso una strada piuttosto che un’altra. L’ospitalità richiede ben di più che permettere l’esistenza dell’altro. Certamente, è già un grande passo di umanità la concessione che l’altro

possa esistere nella sua alterità e diversità, “accanto” a me. Tuttavia ben diverso è l’atteggiamento necessario per fargli spazio e permettergli di entrare dentro la “mia casa”. È particolarmente significativo che una delle cifre della relazione dell’umanità con Dio in Gesù Cristo sia proprio la categoria dell’ospitalità: dinanzi a un Dio che si fa presenza nella vita del mondo, l’atteggiamento da assumere non può che essere quello dell’accoglienza. Non è un caso che l’ultima immagine di Dio che il Nuovo Testamento ci offre sia proprio quella di qualcuno che promette di arrivare e, in questo, assume la condizione di chi bussa alla porta attendendo che gli venga aperta: Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap. 3, 20). È questa ora la sfida che le nostre comunità sono chiamate ad affrontare: abbiamo dato loro una casa, ora dobbiamo farli entrare nelle nostre case. Kiremba - Maggio 2016

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animazione missionaria

CHIESA ACCOGLIENTE/2

ESPERIENZA DI VITA CON I PROFUGHI

don danilo vezzoli dondanilo@tiscali.it

N

el 2011 il Centro Caritas zonale di Darfo accolse ben 45 richiedenti asilo per oltre un anno; dal 22 marzo 2014 ad oggi ne ha già accolti altrettanti, comprese alcune donne e bambini (una nata il 10 aprile scorso) nella ex-canonica di Pellalepre. Il gruppo base di richiedenti asilo in sede Caritas è di 12 mentre quello presso la ex-canonica Pellalepre è di 6: man mano un ospite termina il percorso di accoglienza presso la nostre strutture ospitanti e trova uno sbocco più definitivo al proprio status, il suo posto viene immediatamente preso da un altro. Il Centro Caritas tiene con la Questura e Prefettura di Brescia ottimi rapporti e con quest’ultima ha stipulato direttamente una convenzione di ospitalità. Inoltre, in collaborazione con la Caritas diocesana, le Parrocchie e/o Comuni (secondo un protocollo d’intesa siglato tra Comunità Montana e Prefettura) che si rendono disponibili per l’accoglienza dei

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Kiremba - Maggio 2016

gruppo di profughi accolti in valle camonica

richiedenti asilo se non hanno forze sufficienti per assisterli ed accompagnarli, il Centro Caritas offre assistenza, professionalità, accompagnamento burocratico ed insegnamento della lingua italiana agli ospiti. L’esperienza acquisita in questi anni è notevole. I richiedenti asilo, molto diversi dai loro connazionali ospitati nel 2011, sono tutti provenienti dall’area subsahariana, transitati dalla Libia, giovani (dai 18 ai 30 anni); metà mussulmani, metà cristiani (chiesa pentecostale) sono molto praticanti nel credo religioso che professano. Tutti alle spalle hanno storie di vita allucinanti come allucinante è il loro racconto del viaggio di speranza che li ha portati da noi. Se pensiamo che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni da gennaio a settembre 2014 sono morti nel Mediterraneo per annegamento/ fame/freddo soffocamento ben 3.072 profughi (il doppio del 2011 e parte considerevole dei 22.000 morti dal 2000 al 2014), i nostri si

ritengono tutto sommato fortunati e non passa giorno che esprimano sentimenti di riconoscenza verso il Centro Caritas. L’impegno maggiore degli operatori non è tanto di dare loro un tetto, ma di saperli accompagnare, educare alle regole pur nel rispetto della loro origine e cultura. E’ impegnativo far capire loro che spesso il nostro stile di vita occidentale, carico di disvalori quali il mito del dio-denaro, non è da scimmiottare. E’ un campo scuola continuo per 365 giorni l’anno. Noi operatori abbiamo cercato di vincere la loro noia e il loro status di limbo prolungato, causati soprattutto dalle attese e lungaggini burocratiche, inserendoli in alcuni servizi utili e preziosi all’interno della struttura ospitante e pure all’esterno. All’interno della struttura, oltre alla partecipazione assidua delle lezioni giornaliere di lingua italiana, ognuno aiuta a preparare i pacchi di alimenti a favore di tanti poveri


Valori

Non muri ma ponti  In Valle Camonica, forti dei valori di generosità e semplicità tuttora presenti in gran parte dei propri abitanti, si è fatto tesoro degli inviti di Papa Francesco e del Vescovo Luciano all’ospitalità; la cultura di accoglienza profusa in questi anni dal Centro Caritas zonale di Darfo e dalle comunità parrocchiali ha fatto sì che tra Comuni, Parrocchie e Caritas si sia sviluppata una sinergia di azione nell’ospitalità, anche se non si pretende

l’unanimità di appoggio e pensiero. Certo non tutto fila via liscio: a volte la contrarietà anche di chi è “dentro il tempio” pone più interrogativi di chi è “fuori dal tempio”. Ma il progetto è un investimento, una scommessa: il saper accogliere il profugo col cuore e con la mente è fondamentale sia per evitare il buonismo che approda a niente, sia per non cadere nell’ indifferenza che genera non incontri, ma muri.

che bussano al Centro Caritas; a turno qualcuno coltiva l’orto, dà una mano in refettorio, si presta nell’accoglienza; tutti vengono educati a rispettare e tenere in ordine gli ambienti. Qualcuno ha pure fatto il cammino di iniziazione cristiana. Fuori dalla struttura i richiedenti asilo vengono inseriti in lavori saltuari con altri volontari presso una parrocchia o l’altra per organizzare e dare una mano, ad esempio, per la sagra paesana. Ad ognuno viene alla fine dato un contributo che poi il richiedente asilo manda alla famiglia di origine. Non mancano incontri con gruppi parrocchiali o sportivi, per una conoscenza reciproca o per facilitare l’integrazione nel territorio. C’è molta serenità nel gruppo ospitato, c’è un clima di rispetto e stima vicendevole. Quando arriva un nuovo profugo, viene subito accettato dagli altri: di male, nella vita relazionale e comunitaria, è mai successo nulla di rilevante, nonostante il gruppo sia eterogeneo nella provenienza. Abbiamo solo notato una maturazione ed una crescita personale in ognuno. Nessuno lascia il proprio paese o i propri affetti familiari di buon cuore, ma è l’estrema miseria e la guerra nei paesi d’origine che spingono a tentar fortuna altrove. L’instabilità politica, la legge del più forte, la mancanza di uno stato di diritto, le violenze tra tribù, le faide familiari fan sì che risorse giovani, attratte anche dal mito del denaro dei paesi europei, tentino il tutto per tutto per un futuro più dignitoso. Proprio per questo nessuno fermerà il fenomeno immigratorio a cui ci stiamo abituando purtroppo impotenti e in silenzio, anche se ci fossero leggi rigidissime.

Dietro a tanta drammaticità ci sono volti, mani, persone, storie che devono scuotere la nostra coscienza. A volte si capisce come la capacità di accoglienza che dovrebbe essere nel DNA del cristiano, e non delegabile, deve ancora molto crescere nelle nostre comunità e non è un caso che Papa Francesco continui a battere il chiodo sulla misericordia, dialogo e solidarietà. A volte è quasi tangibile il sentimento d’intolleranza verso “lo straniero”, specie nei gruppi dei giovanissimi. A volte servirebbero anche più figure professionali che si mettano in gioco e lavorino a contatto con gli immigrati. Allargando l’orizzonte della riflessione, occorre lavorare sulle cause del fenomeno migratorio, riconoscere il carattere permanente dell’emigrazione (è inutile sperare che la fuga dei disperati s’arresti a breve), cambiare le regole e politiche di accoglienza, fare ognuno un esame di coscienza. I tempi di giudizio del loro status sono eccessivamente lunghi e complessi; servirebbe inoltre superare il trattato di Dublino e arrivare ad un diritto di asilo europeo. E’ difficile inoltre distinguere tra migranti economici e perseguitati anche perché spesso i primi sono stati per parecchi anni in campi profughi e ciò ha generato povertà e miseria. E’ davvero enorme, complesso e ingarbugliato il problema dell’immigrazione e mette a dura prova anche chi da anni ci vive dentro. Però mi sono accorto che il bene è maggiore del male che c’è; vive in tante persone una enormità di risorse che aspettano solo il “la” e spesso si manifesta in una disponibilità silenziosa. Kiremba - Maggio 2016

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animazione missionaria

nuovi stili di viaggio

UN TUFFO DALL’ALTO MARCO MEAZZINI Marco.Meazzini@unicatt.it

C

i sarai?». Una domanda semplice abbinata a un biglietto distribuito sui canali comunicativi della diocesi, dell’Ufficio per le Missioni, nei social, sul giornale, in università e nelle parrocchie. Nemmeno l’immagine più accattivante, una strada africana con delle persone in viaggio. Una grafica fitta, semplice, in bianco e in rosso, con un font bordato facilmente leggibile. Tanto semplice che nei cassetti della memoria restano solo gli eco delle parole nuovo, viaggio, vita ed animazione. Così parte il timido viaggio del corso annuale di formazione per i giovani in cammino verso l’esperienza estiva di un progetto che sa ancora di futuro. Un azzardo che si colora delle parole missione, comunione, esperienza e viaggio. Un futuro molto prossimo però. I ragazzi che hanno camminato assieme a Carlo, Claudio, Mattia, D o m e n i c o , E g y, E m a n u e l e , Nelida e tanti altri volti che hanno

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Kiremba - Maggio 2016

i giovani di “nuovi stili di viaggio” a loppiano

accompagnato questa insolita idea, non ancora definita, ma embrionale, che nasceva dentro ad ogni corsista. «Viaggiare verso dove però? Quando? O perché? Con chi e per chi?». Quesiti leciti, che ancora non hanno però una chiave di lettura definita. Manca il partire ora, quello vero e proprio. Per viaggiare basta poco. Armati di passaporto, disponibilità economica, accompagnati nella scelta da un agente di viaggio, da amici, dalla fidanzata o dalla famiglia, il passo è breve. Ancor più breve se si affida alla rete. Migliaia di siti internet con un click ti portano in capo al mondo. Basta scegliere location, check-in e check-out, e il gioco è fatto. Qui la storia è differente. Non si viaggia per la “wanderlust” del viaggio, per riempire un fine settimana o per il rito delle ferie meritate nelle due settimane di agosto. Non si è turisti e le regole del gioco lo mettono subito in chiaro. Qui si viaggia per incontrare e


incontrarsi, per trovarsi nella missione, ma non come supereroi, ma come parte di un reciproco scambio. Un dare per avere, un essere in viaggio per divenire, forse nemmeno capire fino in fondo, per essere tasselli di un mosaico che ci porta lontani dalla nostra quotidiana routine, diventando granello di sabbia di un progetto di chiesa che esce e si porta al di fuori del nostro stile di vita. Facile parlare di misericordia e periferia, oggi che vanno di moda nella cronaca comunicativa del nostro nuovo Pontefice. Molto meno facile è incontrare chi vive di periferia, nella periferia, da anni o da decenni, nelle discariche del mondo, del terzo mondo, ma forse anche quarto o quinto. Formativi e toccanti sono stati i racconti, spalmati lungo questi mesi di incontri, che ci hanno proiettato nell’estremo oriente cambogiano, nelle lontane isole dell’Oceania, nel cuore dell’Africa nera, nei meandri della foresta

amazzonica, nella polvere e nella miseria del Perù, nei quartieri poveri e dimenticati da tutti delle metropoli argentine o brasiliane. Racconti che si cuciono attorno un gruppo di ragazzi, che cresce e si unisce, che proviene da diverse realtà, da diverse gradazioni di fede, con diverse storie e con diverse formazioni. Un gruppo che col tempo perde anche naturalmente alcuni pezzi, ma che cresce nell’idea di provare questa esperienza e di mettersi alla prova. La maestrina, l’istruttore di guida, la studentessa universitaria, l’operaio, ognuno porta un piccolo mattoncino da deporre nelle fondamenta di questo trampolino di lancio, una rampa solida che parte dalle certezze, accompagnate e sorrette dallo staff missionario del progetto, e proietta in una nuova esperienza. Manca il salto, il tuffo da questa rampa, da questo trampolino, in una piscina che non è colma di acqua e cloro, ma che è piena di persone, di popoli, di volti e di

sguardi, che ci aspettano, che vivono quotidianamente quella che per noi è ed è stata una storiella e una testimonianza domenicale. Il corso iniziato a novembre, abbina, subito dopo le ferie natalizie, i corsisti alle destinazioni, un po’ in base alle richieste, un po’ in base alle suggestioni del viaggio, unendo nuovi amici e rafforzando le coppie del gruppo. Gettonatissime le due mete in Argentina, anche grazie al richiamo di Papa Francesco e allo splendido supporto delle sorelle della congregazione dell’Istituto Suore di Santa Dorotea di Cemmo. Nella pancia dell’Africa, in Etiopia, un gruppetto di corsiste affiancherà la quotidiana vita di un centro medico. Il Brasile, tra caos politici e overbooking da olimpiadi, ospiterà nelle periferie di Belo Horizonte, nella struttura gestita dai missionari di Villaregia della vicina Lonato del Garda, un ragazzo e una ragazza dell’unità pastorale di Cazzago San Martino. Per me invece si apriranno le porte della periferia di Lima, in Perù, oltre al muro della vergogna (il muro in cemento armato e filo spinato che divide il centro ricco e moderno dalle baraccopoli della periferia) sempre con il team dei consacrati di Villaregia. Un tuffo per tutti noi, da una pedana posta in alto. Un viaggio che ci cambierà, che ci arricchirà e che non ci porrà al di sopra dell’altro, ma in comunione con lui. Non un buco nell’acqua, ma un tuffo tra la gente, per riemergere non bagnati e annaspanti, ma intrisi di vita, di persone e di condivisione. Questo in breve, per quanto fugace e veloce, sarà la nostra esperienza di missione. Kiremba - Maggio 2016

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Orizzonti migrazioni

la marcia verso il nuovo popolo di Dio P.MARIO TOFFARI mariotoffari@davide.it

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all’immediato dopoguerra fino agli anni 2000 i nostri Italiani hanno popolato alcuni Stati europei e in particolare Francia, Svizzera, Germania, Benelux. Mentre in Francia e in Benelux c’è stata un’integrazione relativamente veloce, in Svizzera e Germania il rapporto tra autoctoni ed immigrati è viaggiato sul binari della non belligeranza. Anche le Chiese locali, svizzera e tedesca, hanno rispettato le diversità, dando ampia libertà alle Missioni Cattoliche per gli Italiani, che si sono comportate come vere e proprie parrocchie per fedeli di una determinata madre lingua o di una nazione. La prima generazione degli immigrati italiani, chiamati Cingoli in Svizzera e Spaghetti in Germania, non ne volevano sapere di contatti amichevoli con i tedeschi: è così che quando l’Italia batté la Germania per 4 a 3, i nostri Italiani salutavano i tedeschi con la mano aperta, ma col pollice piegato. Quando il sottoscritto espresse il suo tifo per

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Kiremba - Maggio 2016

processione di migranti cattolici a brescia

la Germania in quel di Solingen, durante il mondiale da cui era stata eliminata l’Italia, rischiò un non troppo benevolo linciaggio morale: loro, i tedeschi, sono i padroni. Quando, a Remscheid, il missionario italiano dovette lasciare la missione, invano il parroco tedesco, che parlava un ottimo italiano, tentò di sostituirlo: la chiesa si svuotò. Bastò l’avvento di un prete italiano per riempirla di nuovo. Anche i figli di questi Italiani, cioè la seconda generazione, nella maggior parte, non sfuggì all’italianità: io stesso come sacerdote ebbi l’incarico dalla Diocesi di Colonia di seguire i giovani Italiani in nove città. Una meraviglia: eravamo circa in trecento ai raduni regionali, tutti rigorosamente Italiani. Quest’anno sono rintronato a Colonia e quei giovani si sono radunati per salutarmi: erano circa 80, e hanno portato con sé i loro bambini. Molti si sono sposati tra italiani, qualcuno si era sposato con un tedesco o una tedesca. Ma c’era un dramma che li riguardava

tutti: si sono accorti che i loro figli non volevano più essere italiani. Mi raccontava una mamma: “Ero dal dentista e parlai in italiano a mia figlia di dieci anni”. Mi rispose stizzita: “Parla tedesco. Altrimenti si accorgono che siamo stranieri”. Ma il più sconsolato era Giuseppe, un napoletano verace, che più verace non si può. “Quando rimprovero mio figlio e gli dico di parlare italiano, sai cosa mi risponde?” “Cosa?”. “Perché devo parlare italiano, se tu il tedesco lo capisci.” Mi feci coraggio e spiegai loro che i loro figli non sarebbero diventati tedeschi, ma un qualcos’altro: la forte italianità e la loro fede creavano una breccia nelle usanze e nei costumi teutonici. Qui in Italia ho sentito il mio amico senegalese, che mi diceva di aver portato il bambino in Senegal a trovare i nonni. Dopo due giorni il bambino gli chiese: “Quando torniamo a casa (a Brescia): qui non ci sono gli spaghetti”. Il bimbo senegalese si sentiva italiano, ma capiva che le sue tradizioni erano altre. Tutto questo discorso mi porta


ad affermare che non c’è un popolo che possa impunemente assorbire o integrare un altro popolo. Un senegalese che diventa italiano, di fatto, introduce tra gli Italiani almeno il colore diverso delle pelle. Gli Italiani che vedono i loro figli ormai “tedeschi” si accorgono che non sono tedeschi purosangue: hanno un’altra espressione. Nascono dei nuovi popoli con la comunione tra gli individui. Scoprii questo anche nel mio viaggio in Brasile: il popolo brasiliano ha antenati di cinque nazionalità: gli Indigeni, i Portoghesi, i Tedeschi, i Polacchi e gli Italiani. Oggi sono tutti brasiliani. Il popolo brasiliano è fatto dal sangue e dai costumi di tutta questa gente. Del resto io non so se tra i miei antenati ci sono stati solo i Celti o anche qualche Austriaco o qualche Francese. Anche la Chiesa ha un suo orizzonte nuovo. Il Papa Argentino ha spaccato le logiche occidentali. Ma anche i nostri italiani in Germania hanno introdotto i loro canti nelle Chiese tedesche,

una volta rigidamente ancorate al vecchio Schotter, una specie di manuale atavico di canti atavici. Oggi gli Africani ci stanno facendo vedere una liturgia e una preghiera diversa dalla nostra: da loro il corpo e il movimento del corpo assumono una funzione di preghiera. Inoltre la partecipazione esige un ruolo nella celebrazione: a tutti è richiesto almeno di danzare mentre portano le loro offerte all’altare. La Diocesi di Brescia, con la sua scelta di non fare pastorale specifica per i figli di immigrati, ma di affidarli alle Parrocchie, ha di fatto introdotto un criterio che porta a ridiscutere non la sostanza, ma la forma dell’espressione del cristianesimo. Ma allora non avremo più l’Italiano puro? Non lo so; ma a me interessa di avere il Cristiano puro, attore e agente nel popolo di Dio, che non ha confini o nazioni, ma che abbraccia tutte le nazioni ponendo un solo confine: l’affidamento a Gesù Cristo e l’amore per il fratello. Al di là di ogni retorica, ritorna il

messaggio di San Paolo: “Cristo è morto per tutti” e la salvezza non è legata alla circoncisione. Oggi direi: “La salvezza non è legata alla nazionalità”. Ma queste sono intuizioni antiche. Sono arrivate a noi tramite una lettera scritta in Greco, nel II secolo d.C., da un anonimo a un tal Diogneto, e ritrovata su un pezzo di carta, che un incauto venditore di pesci usava per avvolgere la sua mercanzia. Su questo antichissimo documento leggiamo: “I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Questa dottrina che essi seguono non l’hanno inventata loro in seguito a riflessione e ricerca di uomini che amavano le novità, né essi si appoggiano, come certuni, su un sistema filosofico umano. Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto.”. L’emigrazione non ha patria e nessuno può fermarla. E’ come il popolo di Dio: anzi è il popolo nuovo ricostruito da Dio… E Dio non può essere fermato da nessun muro alle frontiere. Kiremba - Maggio 2016

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 Preghiera iniziale Vieni, Spirito Santo

Formazione & spiritualità

 Vieni, Spirito Santo e riempi di speranza il cuore del mondo. Rinnova il nostro cuore e rendilo capace di amare senza confini. Vieni, Spirito d’amore e illumina le strade della pace e della riconciliazione tra i popoli. Vieni, per tutti i poveri del mondo, per tutti quelli che piangono, per quelli che hanno fame e sete di giustizia.

Vieni, Spirito di vita e accendi nel cuore dei giovani il desiderio della vocazione missionaria. Sostieni i missionari del Vangelo col tuo soffio d’amore, con la tua luce ardente, con la forza della tua grazia. Rinvigorisci la nostra fede missionaria e rendici testimoni di speranza. Vieni, Spirito di Dio!

coinvolti UNA CHIESA missionaria ATTRAENTE

La preghiera, la formazione, la spiritualità sono l’anima di ogni azione autenticamente evangelica ed ecclesiale. Per questo in ogni numero cerchiamo di offrire spunti di riflessione, temi di approfondimento, proposte di preghiera personale e comunitaria.

claudio treccani claudio@cmdbrescia.it

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olo nell’uscita da se stessa, infatti, cioè riscoprendo la sua natura missionaria, la chiesa riuscirà a recuperare la “freschezza originale del Vangelo” e trovare “nuove strade” e “metodi creativi” per un’evangelizzazione davvero “nuova”, generativa e che rompa con gli schemi noiosi nei quali pretende di imprigionare Gesù Cristo. (EG 11) Parola della Chiesa

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Papa Francesco si rivolge a tutti i battezzati affinché avanzino nel cammino di una “conversione pastorale e missionaria passando dalla semplice amministrazione, spesso burocratica della chiesa, a uno stato permanente di missione. (Cfr. EG 25). Un progetto kiremba ottobre 2013 missionaria della di trasformazione chiesa, chiamandola a riformare se stessa proprio a partire dalla missione.

Kiremba Kiremba--Maggio Maggio2016 2016

Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. … (EG 27) La parrocchia … può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della

comunità. … La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. … È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare … (EG 28) Parola di Dio (…) Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». (…) Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». (…) Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato


 Preghiera finale Non si può amare uno che per volta  L’importante non è quanto facciamo, bensì l’amore che poniamo in quello che facciamo. Gesù non ha detto: “Amate il mondo intero”, ma ha detto: “Amatevi l’un l’altro”. Non si può che amare uno per volta. Se uno guarda la quantità, si perde. E mentre si ferma a parlare della fame, qualcuno al suo fianco sta morendo. La fame non è di solo pane. C’è fame d’amore, di essere amati, di amare. Una fame terribile quella dell’amore! Madre Teresa

acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». (…) Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». (Gv 4, 1-26) Per riflettere Gesù entra nel cuore e nella vita di questa donna determinandone un cambiamento radicale fino ad aprire per lei un itinerario di vita completamente nuovo ed inaspettato. L’atmosfera cambia e da lì a poco la donna lascia la brocca e va in città a raccontare quanto le è accaduto, e chi ha incontrato. La donna che aveva sete ha lasciato la brocca … torna di corsa al villaggio, racconta cosa ha ascoltato. Ormai porta in sé quest’acqua: la brocca l’ha lasciata al pozzo, ormai lei è la brocca, è lei a donare l’acqua. Quando l’amore ti scoppia dentro, quando ti colpisce il cuore, non puoi nasconderlo. È incontenibile. Chi è stato toccato dall’amore porta amore dovunque. E questo linguaggio, anche se confuso, tutti lo comprendono.

Lei ha incontrato il Messia. Non ha più vergogna della sua situazione. La sua ferita è diventata una sorgente di vita: “Venite a vedere uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto”, quella che prima era la sua vergogna diventa il contenuto del suo annuncio. C’è un nuovo orizzonte nel cuore di questa donna, c’è una nuova fonte zampillante nel suo cuore, c’è un nuovo domani: nel deserto della sua vita ha iniziato a scorrere l’Acqua Viva. È felice, gioiosa, sente liberazione, guarigione. Gesù con la sua acqua viene a salvare il suo amore umano, a far sì che non rimanga allo stadio di quell’amore che poi finisce. A darle tanta felicità è stato scoprire il volto di Dio che è amore e misericordia. Lei non capisce ma sperimenta che l’accoglienza di quest’uomo la fa stare bene; si sta già dissetando. Si sente accolta, illuminata e tranquillizzata. E’ la condivisione della sua vita che le fa sperimentare l’acqua viva. Scopre che è importante per lui, che è disposto a sacrificarsi per lei, ad esporsi a critiche. La donna riconosce che Gesù è un profeta, cioè che è stato inviato da Dio per lei. Vi sono incontri nella nostra vita che ricordiamo e che ricorderemo sempre, sono incancellabili, perché hanno cambiato la nostra vita. Non sono molti, a volte ne basta uno solo, proprio come quello che la Samaritana ha vissuto, quando ha incontrato Gesù. E’ una vicinanza che esprime tenerezza, offre una luce nuova, dona calore, permette di recuperare la speranza. Ci sono molte persone smarrite nell’arcipelago della mancanza di senso.

Da più parti arrivano invocazioni sempre più forti: “Datemi delle ragioni per vivere, per sperare!””Vogliamo vedere il Signore!”. La persona è un povero che cerca disperatamente il cielo. La persona è una domanda, la persona è un paradosso, è un desiderio di bene, di felicità, di vita piena. Il mondo di oggi vuole soffocare questa sete, metterla a tacere. Ma non si può. Perché questa “sete” siamo noi. E’ la nostra carne, il nostro cuore, una chiesa attraente. Per condividere • È qui, ora, in questa chiesa, che il Signore mi vuole incontrare. Ecco perché sono quì: vuole incontrare me, vuole parlare a me di sé. Mi chiede di dargli da bere, e paradossalmente nella sua sete viene soddisfatta anche la mia sete. Io perché sono venuto? Perché mi trovo qua? Quale desiderio? Quale inquietudine ha messo in moto il mio cuore, fino a farmi arrivare qui, e partecipare a questo cammino della nostra chiesa? • Di fronte a Gesù, anche noi, oggi, ci lasciamo interrogare dalla nostra “sete” … Ci accorgiamo che in fondo noi siamo sempre assetati di tante cose che però non ci danno piena soddisfazione… C’è un’inquietudine che accomuna tutti noi: la sete di Infinito. La sete di trascendenza. La sete di Dio. In che modo la nostra chiesa “attraente” kiremba maggio 2014 25 percepisce e fa esperienza di questa sete? Come la condividiamo? Con chi? Come la trasmettiamo? Puoi mandare le tue risposteriflessioni a questo indirizzo: missioni@diocesi.brescia.it Kiremba Kiremba--Maggio Maggio 2016

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formazione & spiritualità

 Che intenzioni hai?

Pregare insieme Ogni mese il Papa indica due intenzioni: una di carattere generale e una più di intento missionario

DON DIEGO FACCHETTI - dondiegofac@gmail.com

In maggio si conclude il tempo pasquale e ha inizio la seconda parte del Tempo ordinario, che riporta grandi solennità: la SS.ma Trinità, il Corpus Domini, il Sacro Cuore di Gesù. Tante occasioni per meditare sui misteri fondamentali della fede, e viverli! Anche dal punto di vista popolare i mesi che vivremo sono di grande ricchezza: maggio con il richiamo a Maria; giugno con il riferimento al Cuore di Gesù, “re e centro di tutti i cuori”. Tutto nella luce del grande Giubileo della Misericordia. In questo variato panorama possono ben inserirsi le intenzioni “per l’evangelizzazione” che il Papa propone mensilmente all’Apostolato della Preghiera. Per il mese di maggio siamo invitati a pregare perché si diffonda, in famiglie, comunità e gruppi, la pratica di pregare il santo Rosario per l’evangelizzazione e per la pace. Noi ben sappiamo - al seguito di padre Gasparino - che“la preghiera non è tutto, ma tutto deve cominciare dalla preghiera”, e specialmente dalla preghiera della “prima” Chiesa, della “Chiesa domestica” che è la famiglia. Ben venga maggio a ri-cordare il valore della meditazione del Vangelo in unione a Maria. Che il Rosario - o almeno qualche decina - sia più conosciuto, insegnato e praticato, in questo mese e nei mesi a seguire! Quale guida migliore al Cuore di Cristo del contemplare con sua Madre i misteri della sua immensa Misericordia? Nel mese di giugno pregheremo perché i seminaristi, i novizi e le novizie incontrino formatori che vivano la gioia del Vangelo e li preparino con saggezza alla loro missione. Tutti avvertiamo la necessità di famiglie cristiane, ma anche di sacerdoti, di religiose/i e di sacerdoti e religiose/i santi. I Seminari e le varie iniziative di formazione dei diversi Istituti si impegnano a accompagnare, sostenere, verificare le vocazioni. Compito non sempre facile, che richiede saggio discernimento. Sosteniamo volentieri tutte le persone dedite a tale servizio, affinché sappiano vivere e proporre l’amore del Cuore di Cristo, fonte perenne di gioia, ma anche di missione apostolica generosa e costante. Una tantum ricordiamo che anche il nostro Vescovo Luciano propone annualmente un’intenzione di preghiera. Per il Giubileo ci invita a pregare: Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente e misericordioso, ci impegniamo con gioia nella costruzione della civiltà dell’amore. Con questi brevi commenti termina per il momento la mia collaborazione a “Kiremba”. Ricordo comunque che le intenzioni AdP e le iniziative, aperte a tutti, sono ben presentate in rete. Per conoscerle, basta digitare: Apostolato della Preghiera - Brescia. Sperando di incontravi presto di persona, vi saluto e auguro: pace e bene! Intenzioni missionarie Mese di Maggio Siamo invitati a pregare Perché si diffonda, in famiglie, comunità e gruppi, la pratica di pregare il santo Rosario per l’evangelizzazione e per la pace. Mese di Giugno Pregheremo Perché i seminaristi, i novizi e le novizie incontrino formatori che vivano la gioia del Vangelo e li preparino con saggezza alla loro missione.

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FORMAZIONE

Blocknotes

Popolo di Dio, Sinodalità, Ministerialità e Missione alla Luce della “Evangelii Gaudium” Dal 13 al 17 LUGLIO 2016 presso il CUM di Verona. Le giornate del corso saranno scandite dai tre temi proposti nel titolo: Sinodalità, Ministerialità, e Missione, alla luce della prima esortazione apostolica di Papa Francesco, “Evangelii Gaudium”, che sviluppa il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”. Per informazioni ed iscrizioni: Segreteria del CUM Tel. 045 8900329 segreteria@fondazionecum.it

Ad Assisi dal 25 al 28 Agosto Si terrà la 14^ edizione delle Giornate Nazionali di Formazione e Spiritualità Missionaria, un momento per mettere in pratica ciò che Papa Francesco a inviato a fare durante in discorso al Convegno Ecclesiale di Firenze: una Chiesa sempre più vicina ai più deboli, ai dimenticati e agli imperfetti. Una Chiesa che accompagna e accoglie. L’invito è rivolto principalmente a direttori, équipe e animatori di Centri/ Uffici Missionari Diocesani, ad animatori parrocchiali oltre che ad appartenenti ad Istituti e Congregazioni maschili e femminili, seminaristi, a ONLUS e ONG di ispirazione cristiana impegnate nella missione, per qualificare meglio il proprio servizio missionario alla Chiesa e al mondo. Per informazioni: missioni@chiesacattolica.it - tel: 06 66398308 Kiremba - Maggio 2016

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