Kiremba Febbraio 2017

SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERçUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVII - N° 1 febbraio 2017 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

Prendete e Mangiatene TUTTI

Quaresima Missionaria

Febbraio 2017

SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERçUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVII - N° 1 fEbbRAIO 2017 - bIMESTRALE - AbbONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UffICIO P.T. - C.M.P. DI bRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

Sommario

Primo piano Prendete e Mangiatene TUTTI

Martiri per la fede 4-5

Quaresima Missionaria Febbraio 2017

Chiesa & missione Bimestrale dell’Ufficio Missionario Diocesano, via Trieste 13/B - Brescia Tel 030.3722350 - Fax 030.3722360 Direttore don Adriano Bianchi Direzione e redazione Via Callegari, 6 – 25121 Brescia Tel. 030.3754560 Fax 030.3751497 e-mail redazione: kiremba@diocesi.brescia.it e-mail Ufficio Missionario: missioni@diocesi.brescia.it web: www.diocesi.brescia.it/missioni Redazione don Carlo Tartari: carlotartari@diocesi.brescia.it Andrea Burato: andrea.cm@diocesi.brescia.it Claudio Treccani: claudiotreccani@diocesi.brescia.it Chiara Gabrieli: chiaragabrieli@diocesi.brescia.it Don Francesco Pedrazzi : frapedro73@gmail.com P. Mario Toffari: mariotoffari@davide.it Francesca Martinengo: fra.martinengo@gmail.com Grafica e impaginazione Andrea Burato Autorizzazione del tribunale di Brescia N. 269 del 11.07.1967 Imprimatur Curia vescovile di Brescia Stampa Tipografia Camuna Editrice Fondazione opera diocesana San Francesco di Sales, via Callegari, 6 - 25121 Brescia

Cara parrocchia, non hai un futuro? 6-7

I missionari raccontano Messico - Don Marco Marelli Canada - Don Mario Neva

8-9 10-11

Quaresima Missionaria Prendete e mangiatene tutti I progetti missionari

12 13-17

Animazione missionaria Unità pastorali: Zona XXIV Sette anni con Missio Giovani

18-19 20-21

Orizzonti Migranti : Dalla Siria con dolore

22-23

Formazione & spiritualità Abbonamento ANNUALE 12,00 euro ORDINARIO 50,00 euro sostenitori PER LE POSTE ITALIANE CONTO CORRENTE N° 389254.

INTESTATO A: DIOCESI DI BRESCIA VIA TRIESTE, 13 25121 BRESCIA CON CAUSALE: “ABBONAMENTO KIREMBA 2015” BONIFICO BANCARIO: IBAN: IT75S0350011205000000007463

IL TUO AIUTO PER LE MISSIONI BANCO DI BRESCIA AGENZIA N. 5 C/C N. 7463 - ABI 3500 CAB 11205 IBAN IT 75 S 03500 11205 0000 0000 7463 BANCA POP. ETICA VIA MUSEI, 31 - 25122 BRESCIA C/C N. 102563 - ABI 5018 CAB 11200 IBAN IT 51 K050 1811 2000 0000 0102 563INTESTATO A: UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO. kiremba febbraio 2017 2

No ad un’economia dell’esclusione La preghiera missionaria dei Santi

24-25 26

Blocknotes

Agenda 27

NOVITÀ PER ACCEDERE AI CONTENUTI MULTIMEDIALI, INQUADRA CON IL TU SMARTPHONE DOTATO DI LETTORE, IL CODICE QR PRESENTE IN ALCUNE PAGINE DI KIREMBA. CON QUESTA MODALITÀ DESIDRIAMO INTEGRARE SEMPRE MEGLIO LA RIVISTA CON LA POSSIBILITÀ DI VISIONARE FILMATI, GALLERIE FOTOGRAFICHE, SITI WEB DEL MONDO MISSIONARIO ED ECCLESIALE. QUI A SINISTRA TROVATE IL CODICE QR CHE RIMANDA AL SITO DEL CMD DI BRESCIA

editoriale

Popolo don carlo tartari carlotartari@diiocesi.brescia.it

L

’idea, il concetto, il significato della parola popolo si riferiscono ad un dinamismo per il quale più persone “si mettono insieme”, “si riuniscono”, “percepiscono un legame”. Tutti i dizionari elencano una serie di elementi che esprimono questo legame: la cultura, la lingua, il territorio, le tradizioni, usi, costumi.

L’espressione “popolo” è molto in voga, chi si arroga il diritto di interpretare il volere del popolo, di pensare come il popolo, di agire in nome del popolo, di fatto esercita un potere significativo che travalica le prerogative del singolo. In campo politico assistiamo spessissimo a citazioni e pronunciamenti che pretendono di ricomprendere ciò che il popolo vuole e desidera, fino ad arrivare a forme patologiche espresse con il termine “populismo”.

Non è certo questo il luogo per analisi e commenti sui numerosi populismi che sembrano manifestarsi con grande veemenza in questo tempo, ma mi pare interessante cogliere ciò che spesso viene associato alla parola popolo, perché esprime l’idea di ciò che “tiene insieme” una pluralità di individui: esiste il popolo italiano, il popolo della famiglia, il popolo della notte, il popolo dei social, il popolo della scuola, il popolo del surf e chi più ne ha più ne metta… è evidente da queste locuzioni di uso comune che il popolo debba essere di qualcuno e per qualcuno!

Quando mi riconosco in una delle specificazioni, allora sento di appartenere ad un popolo. L’elemento che coagula un popolo e che funge da collante o denominatore comune porta in sé un rischio insidioso: identificare e specificare una appartenenza che diviene “distinzione da” e che quindi può condurre a separazione, divisione, tensione, contrasto e sfociare in conflitto. In questi tempi torna di tanto in tanto un’espressione antica e

densa di significati che nel corso dei secoli si sono stratificati e consolidati: popolo di Dio. Come è possibile che un popolo diventi “di Dio”? Dove abita questo popolo? Come si riconosce?

Quali tratti lo contraddistinguono?

C’è una cultura, una lingua, una nazione, usi e costumi che identificano il popolo di Dio? Che relazione intercorre tra il popolo di Dio e la Chiesa? Dopo il Concilio Vaticano II l’espressione sembra essere stata un po’ accantonata, ma Papa Francesco la riporta al centro del linguaggio con il quale la Chiesa entra in dialogo con il mondo. In Evangelii Gaudium il Papa dice “Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati.

Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana. Questo popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa. Gesù non dice agli Apostoli di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di élite. Gesù dice: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (EG 113).

Da questo passaggio fondamentale: la chiamata di Dio a diventare suo popolo, dalla missione affidata agli Apostoli intendiamo riprendere la proposta del prossimo Laboratorio Missionario (LabMissio17) che si terrà a Brescia Sabato 13 Maggio.

Il cammino che Israele ha compiuto, dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra Promessa, sarà un riferimento forte e un paradigma significativo per leggere la chiamata a diventare Popolo di Dio: comunità itinerante, accogliente, inclusiva, fraterna.

Il mandato missionario di Gesù ci spinge ad andare, a muoverci, a rimetterci sempre in cammino. Le domande aperte sono tante, le risposte le cercheremo insieme valorizzando doni, carismi e talenti che Dio non fa mai mancare al Suo Popolo.

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Primo piano

martiri per la fede DON ROBERTO FERRANTI DONROBERTOFERRANTI@diocesi.brescia.it

tanti cristiani vengono ancora perseguitati a causa del vangelo

P

nostro tempo! Non possiamo essere cristiani senza pagarne il prezzo, dobbiamo smetterla di sognare una vita cristiana facile.

Partiamo dall’ultimo martire bresciano riconosciuto dalla chiesa, il beato padre Giovanni Fausti, martire in Albania e originario della comunità di Brozzo. Uomo della nostra terra, delle nostre comunità, uno di noi, che senza paura ha pronunciato il nome di Gesù davanti a coloro che lo avrebbero fucilato.

Chi era lui? Un eroe? No, .era un cristiano! Era un coraggioso o un avventuriero? No, era un innamorato di Cristo!

Pensiamo al beato don Alessandro Dordi, sacerdote bergamasco, di Gromo, ucciso in Perù nel 1991 e beatificato nel 2015. Ucciso perché sacerdote impegnato per i poveri.

A pochi giorni dalla sua morte, commentando l’uccisione di altri due sacerdoti, scriveva a un amico: “ogni giorno ci chiediamo: a chi

arlare di “martiri” sembra quasi iniziare a fare un viaggio nel passato, tuffarsi in un mondo che oggi non c’è più o che comunque è molto lontano da noi. Un alibi per dimenticare che il martirio è semplicemente un sinonimo per dire il prezzo da pagare per essere fedeli a ciò che si crede, potrebbe essere un prezzo chiesto anche a noi da pagare davanti alla nostra convinzione di essere o no amici di Gesù. Il martirio ci riguarda, è un tipo di santità a cui dobbiamo guardare di più.

San Giovanni Paolo II sulla spianata di Tor Vergata durante il Giubileo del 2.000 disse: “forse a voi non verrà chiesto il sangue...ma la fedeltà a Cristo certamente si, una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno...”...e per vivere questa fedeltà abbiamo bisogno di smetterla di lamentarci e iniziare a guardare ai nostri martiri; non quelli delle catacombe, ma quelli del

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I martiri sono la tipologia di santi che dovrebbero esserci più simpatici, perché ci ricordano la nostra identità cristiana di testimoni che noi spesso dimentichiamo cercando un cristianesimo indolore. Leggendo le testimonianze che raccontano le situazioni in cui molti martiri hanno dato la vita, colpisce la serenità con cui hanno vissuto quei momenti difficili, una serenità che poteva essere radicata solo ed esclusivamente nel loro essere innamorati di Gesù.

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Attualità

Dati provvisori

toccherà oggi?”.

Chi era questo prete? Una testa calda? No, era solo una persona che aveva scelto di stare dalla parte dei più deboli senza la paura o la vergogna delle sue scelte.

L’elenco potrebbe continuare a lungo ma mi preme sottolineare che i martiri sono la tipologia di santi che dovrebbero esserci più simpatici, perché ci ricordano la nostra identità cristiana di testimoni che noi spesso dimentichiamo cercando un cristianesimo indolore.

Leggendo le testimonianze che raccontano le situazioni in cui molti martiri hanno dato la vita, colpisce la serenità con cui hanno vissuto quei momenti difficili, una serenità che poteva essere radicata solo ed esclusivamente nel loro essere innamorati di Gesù. Così come è stato per il beato Padre Mario Borzaga, sacerdote Omi, originario di Trento e beatificato il mese scorso in Laos dove è stato

 L’elenco annuale stilato dall’agenzia Fides, senza dubbio incompleto, non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma registra gli operatori pastorali morti in modo violento. Non viene usato di proposito il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro, e anche

per la scarsità di notizie che si riescono a raccogliere sulla loro vita e sulle circostanze della morte. Agli elenchi provvisori stilati annualmente deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Gesù Cristo.

ucciso; il diario della sua esperienza missionaria, in cui racconta non le sue opere ma la sua amicizia con Gesù, è stato intitolato “Il Diaro di un uomo felice”. I martiri erano uomini e donne contenti di credere, e dobbiamo riscoprirli.

In questa luce ha allora senso leggere alcuni stralci del rapporto dell’agenzia Fides che ricorda cosa è avvenuto nel 2016, a questi martiri dobbiamo guardare di più! “Nell’anno 2016 sono stati uccisi nel mondo 28 operatori pastorali cattolici. Per l’ottavo anno consecutivo il numero più elevato si registra in America, mentre è drammaticamente cresciuto il numero delle religiose uccise, che quest’anno sono 9, più del doppio rispetto al 2015”.

Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, nel 2016 sono morti in modo violento 14 sacerdoti, 9 religiose, 1 seminarista, 4 laici.

Per quanto riguarda la ripartizione continentale, in America sono stati uccisi 12 operatori pastorali (9 sacerdoti e 3 suore); in Africa sono stati uccisi 8 operatori pastorali (3 sacerdoti, 2 suore, 1 seminarista, 2 laici); in Asia sono stati uccisi 7 operatori pastorali (1 sacerdote, 4 suore, 2 laici); in Europa è stato ucciso 1 sacerdote.

Come sta avvenendo negli ultimi anni, la maggior parte degli operatori pastorali è stata uccisa in seguito a tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti che denunciano il degrado morale, la povertà economica e culturale, la violenza come regola di comportamento, la mancanza

di rispetto per i diritti umani e per la vita stessa. In queste situazioni, simili a tutte le latitudini, i sacerdoti, le religiose e i laici uccisi, erano tra coloro che denunciavano a voce alta le ingiustizie, le discriminazioni, la corruzione, la povertà, nel nome del Vangelo. Per questo hanno pagato, come il sacerdote José Luis Sánchez Ruiz, della diocesi di San Andres Tuxtla (Veracruz, Messico), rapito e poi rilasciato con “evidenti segni di tortura”, secondo il comunicato della diocesi. Nei giorni precedenti al rapimento aveva ricevuto delle minacce, sicuramente per le sue dure critiche contro la corruzione e il crimine dilagante (vedi Agenzia Fides 14/11/2016).

Come ha ricordato Papa Francesco nella festa del protomartire Santo Stefano, “il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché Lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvage” (Angelus del 26/12/2016).

Tutti vivevano la loro testimonianza di fede nella normalità della vita quotidiana: amministrando i sacramenti, aiutando i poveri e gli ultimi, curandosi degli orfani, dei tossicodipendenti, degli ex carcerati, seguendo progetti di promozione umana e di sviluppo o semplicemente rendendosi disponibili a chiunque potesse avere bisogno. Qualcuno è stato ucciso proprio dalle stesse persone che aiutava. E noi saremmo pronti a questa gratuità? Vale la pena chiederselo se non vogliamo perdere la ricchezza della testimonianza di questi nostri fratelli e sorelle. kiremba febbraio 2017

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Chiesa & missione

ia h c c o r r a p a r a c non hai un futuro?

CLAUDIO TRECCANI CLAUDIOTRECCANI@DIOCESI.BRESCIA.IT

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l futuro c’è, eccome. Rileggendo il mio diario ho ritrovato gli appunti dello scorso anno di un incontro a tenuto a Seveso da Luciano Meddi, docente ordinario di catechetica missionaria nella Pontificia Università Urbaniana.

Quindi un futuro per la chiesa c’è ,ma si tratta di vedere quale futuro vogliamo costruire e che cosa siamo disposti a lasciar morire. Si tratta di accettare da parte dei responsabili una radicale conversione e riforma della chiesa.

Accogliere le indicazioni dell’Evangelii Gaudium (EG) però sembra essere proprio difficile non perché non siano comprensibili ma perché costerebbe a molti lasciare quella sete di potere che ancora persiste nella gestione e coordinamento nella nostra chiesa.

L’ E G i n t r a v e d e u n a u r g e n t e “conversione missionaria” ed usa ben 10 volte questa espressione

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la chiesa ha bisogno di una profonda conversione missionaria

soprattutto nei n° 25-33 dove si parla di “pastorale in conversione”.

Questa espressione riguarda tutta la chiesa, tutte le sue strutture e tutti i suoi soggetti. Ma Francesco ha voluto rafforzare il termine “conversione” utilizzando anche “riforma” (8 volte). Conversione e riforma sono traguardi, mai come oggi, urgenti nella crisi delle nostre parrocchie e unità pastorali. Siamo nel bel mezzo di un rinnovamento della parrocchia come le strutture, l’organizzazione della chiesa locale, la sua identità, le sue priorità, il suo stile di essere presente nel territorio e di operare, la sua attenzione ai poveri e agli ultimi, l’annuncio ai non credenti … L’evangelizzazione, ovvero l’annuncio, è l’emblema dello stile di vita dei credenti e diventa catechesi, impegno sociale e condizione per il dialogo interreligioso ed ecumenico.

L’EG presenta l’annuncio e la

Siamo nel bel mezzo di un rinnovamento della parrocchia come le strutture, l’organizzazione della chiesa locale, la sua identità, le sue priorità, il suo stile di essere presente nel territorio e di operare, la sua attenzione ai poveri e agli ultimi, l’annuncio ai non credenti

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Attualità

Conversione pastorale

testimonianza del Vangelo come manifestazione del desiderio di salvezza da parte di Dio. Non possiamo immaginare tale desiderio come una mera attività o un contenutotra le molteplici azioni della pastorale missionaria ma come l’orizzonte ultimo a cui ispirarsi. EG intravede anche una crisi nell’affermarsi della cultura dell’esclusione, della idolatria del denaro che porta alla cultura della inequità. Troppe volte siamo di fronte alla nostra religione come “religione dell’infanzia” e, man mano che si cresce nella formazione, nella profondità delle motivazioni della nostra fede, nella capacità critica della vita delle nostre parrocchie ,esattamente in proporzione si vive l’esperienza dell’esclusione, dell’emarginazione dei membri stessi della nostra comunità, anziché corresponsabilizzarli. Parliamo di formazione e al tempo stesso

 È sempre più urgente sottolineare il tema della formazione come via della evangelizzazione. Il tema è affrontato nei n.

169-173 di EG come prospettiva che va dalla evangelizzazione alla formazione cristiana. È quindi una azione pastorale da programmare con saggezza e senza paure. I paragrafi, parlando del rinnovamento della catechesi, introducono il tema dell’accompagnamento

come “terzo binario” rispetto all’annuncio e alla dimensione liturgico-sacramentale. La risposta della fede e la sua crescita ha infatti bisogno di sostegni umani. Accompagnare è arte della prossimità e del rispetto del cammino dell’altro (EG 169). I sacerdoti e gli operatori pastorali si devono iniziare a questa arte perché i battezzati non rimangano solo pellegrini e solo nell’infanzia della nostra fede.

la neghiamo. Poi ci chiediamo il perché in molti abbandonano il cammino cristiano. La nostra è una questione di adulti nella fede dove è la loro testimonianza di vita che diventa catechesi e missione per i più piccoli. Allo stesso modo EG descrive l’impoverimento del potenziale di evangelizzazione proprio della Chiesa che deriva dall’imborghesimento della vita ecclesiale descritto come accidia egoista (EG 81-83), pessimismo sterile (EG 84-86) mondanità spirituale (EG 93-97), guerra tra di noi (EG 98-101). La negatività si supera aprendosi alla vera spiritualità missionaria (EG 7880) , cioè alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo (EG 87-92).

Il contesto lo possiamo intendere in due modi: come luogo desertificato (EG 86), ma è anche luogo della presenza operante dello Spirito di Dio (EG 278) in ambito spirituale.

L’EG non presenta innovazioni tutto sommato tanto diverse o nuove, ma propone di mettere le azioni missionarie a servizio della speranza evangelica e del Vangelo della Misericordia più che alla difesa della istituzione ecclesiale. Il rinnovamento degli strumenti della evangelizzazione è descritto nella seconda parte dell’esortazione nei cc. III-V, e sono: la evangelizzazione attraverso la predicazione; la formazione cristiana; la dimensione sociale del Vangelo; una rinnovata spiritualità dei missionari. Abbiamo ancora la possibilità di ritornare ad essere significativi attraverso l’assunzione piena nella pratica pastorale della

prospettiva missionaria di EG, che comporta inevitabilmente di affrontare la questione delle narrazioni della speranza cristiana.

Il tema della narrazione è già presente nei paragrafi 5-9 di AG, dedicati alla criteriologia dell’azione missionaria poi descritta nel cap. II del documento. Il testo conciliare interseca sia le narrazioni del mandato pre-pasquale (“chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare”; cf. Mc. 3,13) che quello post-pasquale (“andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato”; cf. Mt 28,19-20). Ma le due narrazioni sono giustapposte senza risolvere le tensioni interne derivate dalla differente definizione dei compiti missionari. EG utilizza due narrazioni fondamentali. Nella prima parte il kerygma coincide con l’annuncio pasquale della risurrezione cioè della vita che vince la morte. Nella seconda utilizza il kerygma messianico per poter descrivere la dimensione sociale del Vangelo. Ma le due narrazioni rimangono separate e forse estranee tra loro. Rimangono ancora molte sfide aperte per la missione, ma certamente il cammino della chiesa è in continua riflessione e formazione.

Auguriamoci reciprocamente in questo periodo quaresimale una buona conversione pastorale a tutti i livelli. (Segue la seconda parte sul prossimo numero). kiremba febbraio 2017

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I missionari raccontano messico

semi g ettati con qualche fiore DON MARCO MARELLI

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dmarco54@yahoo.it

don marco mentre saluta il vescovo luciano, durante la scorsa veglia missionaria

Prova a raccontarci chi sei in due parole per presentarti a chi non ti conosce Marco Marelli. Prete dal 1979, ho camminato nella Diocesi di Brescia al servizio di alcune parrocchie.

Sono sempre innamorato dell’arte e della musica, così che questo mi ha permesso di lavorare e avvicinare giovani attraverso il teatro, il canto e l’arte... Mi diceva il Vescovo Carlo Verzelletti “ L’arte salva le persone”... posso dare la testimonianza che è vero. Ho vissuto e servito la Diocesi di Brescia fino al 2007, poi davanti al mio desiderio di missione, espresso molte volte ai diversi Vescovi, il Vescovo Luciano mi ha permesso di partire prima per il Brasile, nella Diocesi di Castanhal, una breve esperienza in Venezuela e adesso qui a Città del Messico.

Cosa ti porti dentro dopo l’incontro con gli altri fidei donum a Brescia? Cosa riesci

a portare all’interno della tua quotidianità di quanto di bello vissuto insieme?

L’incontro a Brescia dei Fidei donum, caratterizzato dalla gioia di reincontrarsi, mi ha lasciato dentro la visione di una Chiesa che non ha paura di superare i confini, pur nei limiti di risposte a volte molto piccole. Una chiesa che spera e non si arrende a guardare oltre, quando la dimensione che va più di moda oggi è chiudersi e costruire muri.

Ritornando a Città del Messico, rimane nel cuore la sensazione bella che non sei solo a sperare, gli amici missionari di Brescia, insieme a te, tracciano un solco... e questo ti dà la voglia di continuare, di credere. Ognuno nella sua piccola parte di mondo contribuisce a gettare semi che il vento trasporterà dove la provvidenza vuole. Nella condivisione con i missionari Fidei Donum ci siamo resi conto che

kiremba febbraio 2017

Stiamo,lavorando con un’ équipe per aiutare i giovani a incontrare speranza: lo facciamo con corsi di formazione spirituale, però anche con un servizio concreto perché possano introdursi nel mondo del lavoro e così allontanarsi dai pericoli della vita in strada.

Piccoli semi, che sono fioriti anche con la preparazione di due musical, “Forza venite gente (Venga toda la gente)” e adesso “Cuando el viento silba”, una traduzione di uno spettacolo di successo a Londra.

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La Città

Situazione difficile  Città del Messico è la città più popolata del Paese e una delle più grandi del mondo, con una popolazione registrata di 8.851.080 abitanti nel 2010. Con il passare dei secoli la città ha inglobato numerosi villaggi e cittadine che si trovavano nelle vicinanze, tanto che all'inizio del XXI secolo l'area metropolitana usciva dai confini del Distretto Federale estendendosi su 40 comuni dello Stato del

Messico e un comune dello Stato di Hidalgo.

Secondo il rapporto Urbanistico delle Nazioni Unite, la zona metropolitana di Città del Messico è l'agglomerato urbano più grande dell'emisfero occidentale e il secondo più grande del mondo dopo Tokyo.

Città del Messico è purtroppo sempre indicata anche come una delle città più violente e inquinate del mondo.

siamo servi inutili ma necessari. Chi raccoglie sarà la chiesa dove un poco abbiamo camminato.

Puoi descriverci la realtà in cui operi e cosa la caratterizza?

Città del Messico è la città più popolosa del mondo, con tutti i problemi che comportano l’arrivo ogni giorno di persone in cerca di una speranza, o di persone che decidono di passare per il Messico e raggiungere la frontiera degli Stati Uniti. La corruzione impera e guida con forza le linee politiche, così che la Chiesa si trova molto spesso,sola a lavorare per una educazione alla legalità e al diritto a essere persona, rispettata e con dignità.

La mia parrocchia di San Lorenzo si trova ai margini del Centro Storico, una zona popolare e povera, distrutta dal terremoto del 1985; il governo ha quindi costruito case popolari a modulo, pochi metri quadrati per famiglia; tutto questo ha però creato situazioni invivibili, a causa del fatto che spesso vivono 10 persone in uno spazio di 50 metri quadrati.

Stiamo lavorando con una equipe per aiutare i giovani a incontrare speranza: lo facciamo con corsi di formazione spirituale, però anche con un servizio concreto, perché possano introdursi nel mondo del lavoro e così allontanarsi dai pericoli della vita in strada. Piccoli semi, che sono fioriti anche con la preparazione di due musical, “Forza venite gente (Venga toda la gente)” e adesso “Cuando el viento silba”, una traduzione di uno spettacolo di successo a Londra. Semi gettati con qualche fiore.

Quali sono le ricchezze che trovi

e quali le povertà?

Senza dubbio la grande devozione a Nuestra Señora de Guadalupe, che indirizza una religiosità popolare che può essere incamminata in un processo di evangelizzazione. È una grande ricchezza.

Ci sono poi le radici indigene della cultura che ugualmente affermano valori di vita universale. Inoltre c’è il cammino lento della Chiesa che cerca di abbandonare (non sempre con facilità) l’aspetto trionfalistico, per camminare come chiesa di tutti, ma soprattutto chiesa che cammina a lato dei poveri.

Accanto a questo però ci sono anche alcune ombre. Vedo tanti giovani che non hanno speranza nella costruzione del futuro e quindi vivono alla giornata. Il sincretismo religioso che soffre di una perdita di identità degli aspetti più importanti della fede. La povertà dell’80 per cento della gente non permette una vita dignitosa e perciò aumenta le differenze, la violenza i i rapporti conflittuali nelle famiglie. La politica che opera per conservare sé stessa e i suoi adepti e non per servire la comunità. Ecco perché proporremo in questo anno un cammino per i giovani che aiuti a una educazione affettiva (le relazioni affettive sono spesso complicate, ma implicitamente accettate), e un cammino,per una educazione politica. E dentro tutto questo ritrovare l’annuncio di Cristo.

Cosa vorresti accadesse in questo nuovo anno?

Il piccolo desiderio per quest’anno è un poco di luce e di speranza in questi piccoli passi che vogliono segnare una vita più dignitosa. kiremba febbraio 2017

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i missionari raccontano

canada

DUE CLIMI E DUE MODI DI VIVERE

DON mario neva mario.neva@hotmail.it

Q

uesta notte ha nevicato ancora. Ieri sera le strade erano pulite, la tempertura oscilla continuamente tra + 2 e zero, meno 15-20. Siamo in Canada. La battaglia contro la natura è stata sostanzialmente vinta, ma lo sforzo è tuttora evidente; riscaldare una Chiesa è una impresa economica. Una quantità enorme di persone è addetta alla pulizia delle strade. I canadesi e gli italo canadesi sono abituati e quasi si divertono.

Un anno fa in Africa il clima era totalmente diverso. Con il vento Harmattan la temperatura raggiungeva i 20 gradi, qualche volta addirittura 18. Gli amici africani indossavano per l’occasione la giacca a vento e la cuffia di lana, faceva freddo… per il resto temperatura media sui 33 gradi che con l’umidità raggiungeva facilmente i quaranta.

Due climi e due modi di vivere.

Canadesi e italo canadesi immersi

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kiremba febbraio 2017

don mario durante lo scorso labmissio

nella modernità, nello sforzo di lavorare, di progredire, di mettere su casa, di far studiare i figli, di trovare una occupazione e un benessere soddisfacenti. Africani, mediamente più colti, più poveri, ancora sul limitare della sussistenza e con poche chance per il futuro.

L’esperienza religiosa intensa, in Canada e in Benin, con la differenza che mentre le chiese nel mondo moderno sono in crisi e in contrazione, in Africa sono pur sempre in espansione, la parola crisi non esiste. Liturgie ben preparate in Canada, travolgenti in Africa, un popolo chiamato alla lode del Dio vivente. Il paragone è certo improprio, qui e là la Chiesa è chiamata ad evangelizzare, qui e là trovi i credenti, molte volte esemplari.

Ovunque il bisogno di Dio, tanto più acuto quanto meno avvertito.

Il benessere senza Dio garantisce ovunque una spietata corruzione.

Ma una fede senza benessere è davvero difficile, soprattutto per le nuove generazioni. In Africa avevo in parte un santo, papa Mathias, maestro catechista e traduttore della Bibbia senza bisogno di Riforma, mancato proprio a un mese dalla nostra partenza e ora in paradiso. In Canada ho in parte Pino, 88 anni, che vive totalmente di fede e che viene a messa a tutti i costi tenendo l’anima con i denti.

Un anno fa dopo una esperienza davvero singolare e molto intensa. abbiamo consegnato le chiavi in mano agli amici di Nadota. I contatti rimangono vivi anche se il proposito di non creare dipendenze e sudditanze è stato assolto in pieno.

Mediamente un giovane africano che tiene un contatto con YOVO, uomo bianco, pensa al passaporto e al viaggio in Europa. Desiderio legittimo, penso io, che posso andare in qualsiasi parte della terra senza

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Alcuni dati

Montréal  La diocesi di Montréal fu eretta il 13 maggio 1836, dall’arcidiocesi di Québec, di cui originariamente era suffraganea. La Chiesa diocesana oggi si trova sul vasto territorio dell’isola di Montreal, che viene integrata con le città di Laval, Repentigny e Assomption.

Su oltre due milioni di persone, la diocesi ha circa un milione e mezzo di cattolici.

Ventiquattro comunità cattoliche culturali

C’è una differenza sostanziale tra un giovane euroamericano e un giovane africano. Il primo deve trovare un lavoro, un lavoro che lo soddisfi, cosa che in verità sta diventando difficile. Il secondo se lo deve inventare e deve accettare quello che c’é.

per questo essere migliore o più intelligente di un africano. Desiderio che comunque non assecondo, coltivando altre idee e propspettive.

Soprattutto nessuna ingerenza sulla vita pastorale, sulla mentalità e sulla cultura. Ho sempre rifiutato la nevrosi dei fondatori, il risultato a tutti i costi, l’esaltazione degli aiutati in pubblico e la punizione in privato. Tentazione in cui cadiamo un po’ tutti soprattutto quando la provvidenza ci mette in condizione di spadroneggiare e di non dover subire l’arbitrio degli altri. Lei ci ha voluto bene, lei ci ha capiti, lei ci ha rispettati… queste parole risuonano nel mio cuore, anche se ben superiori al merito…la fraternità è la nostra missione sulla terra.

Ricordo la partenza: uno degli amici africani mi ha chiesto dove erano le valige per caricarle sulla macchina, ho risposto che i missionari non partono con le valige, e infatti avevo con me

attive rappresentano altrettanti paesi di tutti i continenti, è quindi naturale trovare una ricchezza multiculturale unica in Quebec.

La diocesi raggruppa più di duecento tra parrocchie e missioni. Si trovano più di 600 sacerdoti diocesani o membri di ordini religiosi, 94 diaconi permanenti, un centinaio di funzionari e operatori pastorali e 3.479 suore e 191 frati.

solo il contenitore dei documenti e qualche denaro per finire le ultime ripartizioni prima del decollo… piuttosto, ho detto, … cercate le mie scarpe…!

Penso di non rivedere più Nadotà, un pezzo di vita riccco di sogni e di grandi desideri per questi popoli che faticano a trovare una strada di progresso vero, e che l’egoismo dei ricchi mortifica. C’è infatti una differenza sostanziale tra un giovane euroamericano e un giovane africano.

Il primo deve trovare un lavoro, un lavoro che lo soddisfi, cosa che in verità sta diventando difficile. Il secondo se lo deve inventare e deve accettare quello che c’é.

Da qui alcune idee. Stiamo continuando a sostenere l’ospedale di p. Christian e suor Julie, GBEMONTIN, dove la vita continua, e la Maison des Enfants, miracolo dovuto anche alla generosità dei bresciani. Stiamo finanziando il pozzo. Sr Bertilla chiede aiuto al centro rianimazione dell’ospedale, dove lavora gratuitamente, e per i suoi bambini. Con p Hyacinthe stiamo seguendo per la scolarizzazione di almeno 400 bambini e le loro famiglie. Con i giovani stimao fondando TABLIER ROUGE , il grembiule rosso, per la creazione del lavoro, ristorazione, lavoro dei campi, scuola, tecnologia, cultura, fondato sulla fede e il servizio dei poveri.… l’idea è di impiegare, di assumere, almeno sei persone e metterle a servizio degli altri giovani.

Continuare a sostenere il seminario e i sacerdoti di frontiera, cosa normale in Africa. L’Africa è proprio una questione di cuore kiremba febbraio 2017

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Quaresima missionaria

vivere e condividere

gabriele bazzoli info@oratori.brescia.it

E

ssere una chiesa missionaria è la sfida che papa Francesco ha proposto alla chiesa all’inizio del suo pontificato con la Evangelii Gaudium (2013) e che il Vescovo Luciano ha voluto riproporre in quest’anno pastorale con la lettera “Il regno di Dio è vicino”.

Tradurre nella vita di fede delle nostre comunità parrocchiali e delle nostre famiglie questa sfida esige una conversione tutt’altro che facile: dall’essere una chiesa che sostiene e prega per i missionari ad essere una chiesa missionaria. Ancora: dal leggere la missione – in prima battuta - come un impegno per cambiare gli altri e il mondo, ad iniziare a pensare la missione innanzitutto a partire da un rinnovato incontro personale con Gesù: «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di 12

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lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore» (EG 3).

Ecco quindi il contesto del percorso quaresimale 2017, che ancora una volta viene proposta alla diocesi di Brescia dall’Ufficio per le Missioni, in collaborazione con l’Ufficio per gli Oratori, i Giovani e le Vocazioni: rinnovare questo incontro con Gesù, convertire noi stessi, prima di voler convertire gli altri, per diventare autentici missionari della gioia.

Lo sfondo che integra questo percorso quaresimale, dal titolo “Prendete e mangiatene tutti!” sarà quello delle fasi della lavorazione del Pane: il richiamo eucaristico è evidente ed il sussidio, pensato per le famiglie ma utilizzabile anche per brevi momenti di preghiera comuni, ci accompagnerà passo passo in un itinerario di riflessione sostenuto da

6 testimonianze di vita missionaria.

Inizieremo scoprendo che il pane nasce da ingredienti che sono frutto della terra (dono gratuito di Dio) e del lavoro dell’uomo (trasformati dall’impegno e dall’intelligenza); che devono essere impastati (cioè mescolati e non lasciati ognuno separato dall’altro); c’è poi il tempo della lievitazione il tempo della pazienza e dell’attesa prima della cottura (attraverso il fuoco che trasforma e rende). Infine, questo pane deve essere spezzato e distribuito perché possa diventare cibo e nutrimento per molti.

Il sussidio – come di consueto – sarà corredato da un salvadanaio, per il sostegno ai progetti missionari riportati nell’inserto, e da una pagina da staccare che mostra l’intero percorso quaresimale e che diventerà una semplice traccia per una verifica quotidiana dell’itinerario, dedicata ai più piccoli.

 Venezuela



Per i più deboli del posto non riusciva a controllare la folla che protestava contemporaneamente in almeno 8 quartieri diversi. A Tachira, al confine con Colombia, gli spari delle forze dell’ordine hanno ucciso una donna che stava attaccando un magazzino del Governo nel quale venivano custodite le famose “borse di cibo” che vengono distribuite (a volte) dai Comitati locali costituiti ad hoc. A Trujillo, uno studente che stava protestando è stato investito da una macchina della Polizia“.

Ci scrive don Giannino Prandelli, nostro presbitero fidei donum da 16 anni in sevizio in Venezuela: “La situazione nel Callao, e in tutto il Paese, è difficile. Il disordine economico, politico e sociale, basato su una diffusa corruzione, è sfociato in atti di vandalismo irrazionale, che ha lasciato la gente dei nostri paesi e della città di Bolivar senza alimenti e, soprattutto, con molta amarezza e paura”.

Don Giannino sta cercando di far fronte a questa grave situazione prendendosi cura soprattutto delle fasce più deboli della popolazione: gli anziani. Il centro anziani della sua parrocchia offre un luogo di accoglienza, umanità e sollievo.

Vorremmo aiutare don Giannino a proseguire questa opera in un contesto che si è notevolmente aggravato.

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quaresima

 Il Venezuela sta attraversando una pagina drammatica della propria storia: una crisi politica, economica e sociale attanaglia il paese riducendo la popolazione a condizione di grave miseria e indigenza. Le cronache parlano di assalti e saccheggi generalizzati nei supermercati e nei negozi di alimentari, generati dall’esasperazione della gente a causa della fortissima svalutazione della moneta.

Il Venezuela ha riserve petrolifere per 300 miliardi di barili – certificate nel 2012 da British Petroleum, tanto per capirci più dell’Arabia Saudita – e con una popolazione di 30 milioni di abitanti e un prezzo al barile medio di 50 dollari, significa che oggi ogni venezuelano possiede alla nascita una ricchezza pari a diecimila barili di petrolio che, tradotto in cifre, fa mezzo milione di dollari procapite. L’ennesimo caso di ricchezza profonda ma, evidentemente, concentrata solo nelle mani di pochi.

Massimo Tanghetti, ex volonatrio SVI scrive: ”Negli ultimi giorni si sono intensificati i saccheggi e le proteste in tutto il paese. Il bilancio (assolutamente provvisorio) racconta di quattro morti, centinaia di feriti ed altrettanti arresti.

A Cumanà, città della costa caraibica, 78 negozi sono stati saccheggiati. La polizia

progetto

il centro A El callao  Testimonianza Federica Nassini, progettista SVI, ex volontaria in Venezuela, descrive così la situazione attuale: “Ciò che si nota in Venezuela, è che la situazione è peggiore di quanto ci si aspetti, il deteriorarsi delle condizioni di vita delle persone è stato così rapido e così deciso che chi manca dal Paese da un po’ di tempo rimane molto colpito, nonostante abbia sempre cercato di mantenersi informato. (...)

Nel frattempo l’inflazione annuale ha raggiunto l’800% e di conseguenza sia il cambio con l’euro e il dollaro sia i prezzi dei beni importati hanno raggiunto livelli incontrollabili.

La spiegazione di questa crisi non è semplice perché è composta da diversi fattori e non è chiarissimo in che percentuale essi pesino sulla situazione: su tutti il crollo del prezzo del petrolio, il crollo della produzione privata e l’interruzione del processo bolivariano, anche per la morte del suo leader.

Al di là della confusione sulle cause, le conseguenze sono pesantissime nella vita della popolazione, soprattutto nelle zone più povere del paese: la fine degli ammortizzatori sociali, la difficoltà a trovare cibo e farmaci, il ritorno dei bambini di strada e della malnutrizione infantile ed una totale sfiducia nel futuro, sopratutto da parte dei giovani “.

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quaresima

progetto

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parrocchia di kamilabi  La situazione L’agenzia Fides riporta una serie di notizie preoccupanti che riguradno questa regione del mondo. Il 31 gennaio è stato rapito e poi rilasciato un sacerdote cattolico che si è opposto alle prepotenze dei miliziani del defunto capo tradizionale Kamuina Nsapu.

Il fatto è accaduto a Kananga, capoluogo del Kasai Centrale, nella Repubblica Democratica del Congo. Il sacerdote, del quale non è stato rivelato il nome, opera presso la parrocchia Sant’Alfonso di Kananga.

Il prete si è opposto ai miliziani che intendevano impedire agli alunni di frequentare le lezioni di una scuola.

Secondo un testimone, citato da Radio Okapi, “i miliziani si stavano recando da una scuola all’altra, chiedendo agli insegnanti di ‘liberare i bambini’. Un prete cattolico della parrocchia Sant’Alfonso, che ha cercato di far sì che i bambini rimanessero a scuola, è stato arrestato dai miliziani che lo hanno poi liberato nei pressi del fiume Nganza”. I miliziani hanno bloccato tutte le attività commerciali e scolastiche nella città. Da settembre, i miliziani di Kamuina Nsapu, ucciso dalla polizia ad agosto, seminano l’insicurezza nelle province del Kasai, attaccando i civili e scontrandosi con le forze dell’ordine. Gli scontri hanno causato almeno 140 vittime.

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 Congo

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Centro di accoglienza per ragazze  Ci scrive don Elie Mulomba, Parroco nella Diocesi di Kananga in Congo: “... questo progetto verrà realizzato nella della parrocchia del Sacro Cuore a Kamilabi, che appartiene all’arcidiocesi di Kananga, che ha circa 20.000 abitanti.

Dalla sua erezione, nel 1956, la parrocchia ed i sui spazi sono sempre stati un punto di incontro oltre che luoghi per l’accompagnamento spirituale, professionale e culturale di ragazzi e ragazze oltre che per i catecumeni che si convertono ogni anno.

Kamilabi, purtroppo, è un quartiere caratterizzato da situazioni di vulnerabilità, povertà e da un alto tasso di delinquenza. Purtroppo vi è un debole tessuto sociale, una diffusa scarsità di servizi assistenziali, con poche possibilità di inserimento lavorativo.

Le uniche due scuole, elementare e secondaria, entrambe cattoliche, non bastano più per tutti i ragazzi di Kamilabi. Per studiare i ragazzi devono percorrere 10 km al giorno per trovare scuole minimamente dignitose.

Dieci anni fa a Kamilabi la scuola riguardava solo i ragazzi, le ragazze

non studiavano mai, oggi si rimane colpiti dal numero delle ragazze incapaci di scrivere il loro nome e di leggere. Sono destinate a non avere nessun ruolo nella società se non quello di mogli e madri, senza lavoro e spesso senza dignità; anche perchè spesso devono affrontare maternità precoci Si nota in questo quartiere l’assenza dello stato, dell’ordine e della giustizia: mancano spazi per la socializzazione e la formazione delle giovani generazioni.

L’unico punto di riferimento è la Parrocchia di Kamilabi.

Le strutture della comunità sono fatiscenti e inadeguate. Il sogno è poter realizzare l’allestimento di spazi sicuri e accoglienti per l’accompagnamento dei giovani, in particolare delle ragazze; si vorrebbe realizzare un piccolo centro di formazione al lavoro che prevede l’acquisto di 15 macchine da cucire, 15 tavoli, 50 sedie, 5 ferri da stiro.

Bisognerebbe ristrutturare due aule parrocchiali di 25 mq attrezzandole con un piccolo ufficio, un deposito, servizi igienici, spazi adeguati a percorsi formativi”. Un progetto che può cambiare la vita di tanti ragazzi di Kamilabi.

 Italia e Ecuador

 progetto

 ECUADOR: ”1000 morti, 12.000 edifici distrutti” è il bilancio del tremendo sisma avvenuto in Ecuador ad aprile scorso e durato pochi giorni nel tritacarne dei media dalla memoria corta. Ad essere colpite sono state in particolare la Diocesi di Portoviejo e di Esmeralda; fin da subito abbiamo contattato Mons.

Lorenzo Voltolini - bresciano originario di Poncarale, arcivescovo di Portoviejo - per avere notizie ed informazioni e per manifestare vicinanza, preghiera, solidarietà. Il Vescovo ci ha raccontato il dramma della devastazione e della sofferenza di numerosissime comunità da lui visitate nei giorni immediatamente successivi alla violenta scossa.

Ci riferisce che moltissime famiglie hanno subito lutti e hanno perso la propria casa. “A fine anno si prevede di concludere la distruzione degli edifici pericolanti, prima di ricostruire”. Ma come Chiesa “abbiamo già cominciato a ricostruire case finché abbiamo disponibilità di fondi”. “La gente non vuole essere mantenuta” e chiede solo l’aiuto necessario a poter riprendere le attività lavorative e produttive.

In Ecuador da molti anni sono presenti missionari, religiose e volontari laici

bresciani impegnati nell’opera di annuncio e testimonianza del Vangelo, nella azione di promozione sociale e di cooperazione allo sviluppo; è una terra, un popolo che sentiamo particolarmente vicino e con i quali abbiamo legami forti e significativi. L’evento drammatico del terremoto ha avuto un’eco profonda e grande risonanza su molte comunità bresciane legate ai nostri missionari.

ITALIA: Il terremoto delle 3.36 del 24 agosto ha liberato un’energia totale enorme paragonabile a 20 mila bombe atomiche come quella di Hiroshima. Ad affermarlo è Antonio Piersanti, sismologo dell’Ingv. Secondo l’esperto Amatrice è stata colpita da un’energia pari a 300 megatoni (300 mln di tonnellate di tritolo). In base ai dati rilasciati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulla sequenza sismica che ha interessato l’Italia centrale, il numero di eventi registrati dal 24 agosto 2016 al 23 gennaio 2017 é stato di circa 49.000, superando di gran lunga il numero medio di terremoti che si verificano in un anno in Italia, pari invece a 1700/2500 eventi di magnitudo superiore a 2.5.

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quaresima

Per i terremotati

case e famiglie  Aiuti dall’Africa La solidarietà, a volte, arriva da dove non te l’aspetti. E da chi è pronto a condividere anche il poco che possiede.

156.400 franchi congolesi, pari a circa 238 euro, sono stati raccolti dalla comunità di Kingoué, un distretto di trenta villaggi e 15mila abitanti nel sudest del Congo, che ha raccolto per i bambini delle città colpite dal sisma nel centro Italia.

Kingoué si trova vicino alla foresta pluviale, in un punto dove non c’è luce né acqua corrente. La popolazione vive di agricoltura e allevamento.

Eppure è disposta a donare.

L’iniziativa, spiega il quotidiano La Stampa, che ha riportato la notizia, è nata da padre Ghislain, un sacerdote congolese che ha vissuto e studiato in Italia e che da anni aiuta, tramite l’associazione Amici del Congo, i villaggi della zona. Una volta venuto a sapere del terremoto dello scorso agosto, il parroco ha mostrato ai fedeli le immagini dei comuni colpiti dal terremoto: Amatrice, Accumuli, Arquata e Pescara del Tronto.

Sono il sindaco e il capovillaggio ad avere l’idea di una raccolta fondi e per riuscirci coinvolgono diversi villaggi.

Dopo la nuova scossa che colpisce il centro Italia a ottobre, la raccolta si intensifica e ognuno dona quello che può.

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quaresima

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progetto

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ospedale di kiremba  Tante richieste Nel reparto di neonatologia, i bambini prematuri sono tenuti nelle termoculle, custoditi solo dalle mamme, privi della necessaria sorveglianza sanitaria: nessuno si occupa di pulire la termoculla né dell’igiene del piccolo, non vengono rilevati i parametri vitali nella giornata e il peso viene monitorato solo durante la visita, in media 2 o 3 volte a settimana. Al momento dell’allattamento, la madre si occupa della nutrizione del piccolo senza alcuna istruzione né supervisione, senza igiene delle mani e del seno, mettendo così a rischio infettivo il piccolo.

L’attuale servizio di neonatologia dell’ospedale è situato nel reparto di maternità ed è composto da due stanze attrezzate con sette termoculle per assistere neonati pretermine anche di bassa età gestazionale.

L’assistenza infermieristica è affidata agli infermieri della pediatria, che non possono garantire un’assistenza costante perché il reparto è fisicamente distante dalla sala di neonatologia.

In caso di allarme, è il personale della maternità che richiama l’attenzione del personale di pediatria che, nonostante il noto sovraccarico di lavoro, si sforza di rispondere rapidamente alle richieste.

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Burundi

Il reparto di neonatologia L’Ospedale “Mons. Monolo” di Kiremba è un piccolo gioiello nel cuore dell’Africa, in Burundi. Un ospedale dato in dono nel lontano 1963 a Giovanni Battista Montini, salito al soglio pontificio con il nome di papa Paolo VI e beatificato nell’ottobre 2014.

A Kiremba ogni anno sono ricoverati 13.500 pazienti e le visite ambulatoriali sono circa 21.500. Nel corso del 2016 sono nati a Kiremba 3.240 bambini di cui circa 320 prematuri.

I bimbi prematuri hanno ovviamente bisogno di cure e strumenti specifici per sopravvivere nei primi giorni di vita, per questo motivo da gennaio di questo anno e per tutto il 2017 è in corso la realizzazione del nuovo reparto di neonatologia, la fornitura di attrezzature specifiche e la formazione di un team di infermieri specializzati e destinati al nuovo reparto.

A Kiremba si presterà inoltre particolare attenzione ad accompagnare le neomamme, donne spesso molto giovani che necessitano di particolare supporto per la cura dei loro piccoli nati prematuri.

L’ospedale necessita di alcuni interventi, di diversa natura, atti a incrementare la funzionalità, la sicurezza e la pulizia degli ambienti. Sono numerosi gli aspetti che, nell’insieme, possono migliorare in

modo significativo l’organizzazione interna dell’ospedale, fattore chiave per imprimere una svolta duratura nella qualità del servizio reso al paziente.

Focus del progetto è l’evoluzione del reparto di neonatologia per rendere qualitativamente adeguato il servizio offerto. Oltre alla costruzione del nuovo reparto, verranno fornite le strumentazioni necessarie per il corretto funzionamento dello stesso. Inoltre sarà allestita una sala in un locale già esistente dedicata appositamente al riposo delle mamme dei bambini ricoverati in neonatologia.

Una volta terminata la costruzione del reparto, adeguato l’equipaggiamento di strumentazioni medico-sanitarie e terminata la formazione specifica del personale addetto, il nuovo reparto potrà dedicarsi al miglioramento del servizio sino ad oggi offerto dimostrando un’attenzione particolare al neonato, a partire dalla cura degli ambienti e delle attrezzature mediche, passando per l’igiene del bambino, alla tempestività nel comunicare ai medici eventuali complicazioni sino all’accompagnamento delle madri nella fase di allattamento e accudimento del neonato.

UGANDA - Mons. Damiano Guzzetti PROGETTO: UNA CHIESA PER MOROTO “Carissimi, ho ricevuto notifica da parte dell’amministratrice della Diocesi proprio in questi giorni della vostra donazione di € 10.000 per la realizzazione della nuova cattedrale di Moroto. Il vostro intervento è stato puntuale e generoso dopo tante risposte incoraggianti ma senza sostegno concreto. Grazie davvero per la solidarietà dimostrata. I lavori di preparazione sono ormai a buon punto e speriamo proprio fra non molto di potere dare il via ai lavori che impiegheranno parecchio tempo e che progrediranno in base alla collaborazione locale e non.

Tutti i container con la struttura metallica della Cattedrale sono arrivati sul posto.

Sarà un gruppo di lavoratori locali con la supervisione di un amico dall’Italia a portare avanti i lavori. In questo modo si potrà coinvolgere direttamente i cristiani stessi nella realizzazione del progetto. Mi sembra questo il modo più immediato ed efficace per rendere la comunità cristiana più responsabile e protagonista nella costruzione della loro Cattedrale.

Vi saluto con riconoscenza”.

GUINEA - Padre Dorino Livraghi

Quaresima 2016: I PROGETTI REALIZZATI

SOBANET: ACCOGLIENZA E FUTURO PER GLI ORFANELLI DELLA MAISON DES ENFANTS

“Solo un grosso grazie per il dono che ci avete fatto, per la Quaresima. Il vostro generoso contributo ci ha permesso di rimettere a nuovo la Maison des enfants e le nostre scuole, che avevano bisogno di una mano di pittura e di qualche ritocco dei muri un pò sfaldati, di assemblare una quarantina di banchi per le due prime classi del collegio (le medie e il ginnasio nostri) che abbiamo aperto quest’anno. Ancora, siamo riusciti a dare un salario ad alcuni degli operai che sono al servizio dell’opera.

Stiamo anche aprendo il primo atelier della scuola professionale, un atelier di taglio e cucito, tanto per ragazze/ragazzi che aspirano ad ottenere un diploma, quanto per ragazze e donne analfabete che vogliono acquisire delle competenze per il bene delle loro famiglie e magari anche per guadagnare qualche soldino. La promozione femminile!”

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Animazione missionaria UNITÁ PASTORALI

cominciare a vedere FRANCESCO BALDI giovanniefrancesco@me.com

I

l Consiglio Pastorale della Zona XXIV “Madonna della Stella” (Vicario di Zona, don Daniele Faita), poco dopo la sua costituzione nella forma attuale avvenuta nell’ottobre del 2015, ha iniziato a lavorare sul documento “Missionari del Vangelo della gioia - Linee per un Progetto Pastorale Missionario della Diocesi di Brescia”.

Il fine ultimo di questo lavoro è quello di elaborare un Progetto Pastorale Missionario (PPM) di Zona, che possa essere utilizzato come riferimento dalle varie comunità parrocchiali della zona.

Per l’elaborazione di un PPM efficace, fondato sull’idea di missione ecclesiale come “comunicazione e trasmissione del Vangelo a tutti coloro che, nel nostro ambiente e in territori lontani, non sono ancora o non sono più (sia pure in gradi diversi) credenti in Cristo” (da Missionari del Vangelo della gioia), ciascuna comunità cristiana viene invitata a cercare spazi

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in che direzione camminano le nostre comunitÁ ?

nuovi di discernimento, confronto, dialogo, ascolto. Ma come poteva il nostro Consiglio Pastorale di Zona (CPZ) rispondere a quest’invito?

L’indirizzo ci venne dato da un pensiero espresso dal nostro Vescovo nell’incontro del Consiglio Pastorale Diocesano del dicembre 2015. Mons.

Monari sottolineò, con riferimento allo sviluppo di linee di riflessione in accordo con l’idea di missione ecclesiale sopra citata, l’importanza del ricorso ad una “memoria creativa”. È così che ha preso corpo l’idea che il punto di partenza per l’elaborazione di un PPM di Zona poteva essere l’analisi di quanto già fatto presso le singole comunità parrocchiali (memoria), ed è stato avviato il Progetto “Conosciamoci”, sul quale il nostro CPZ ha lavorato nell’anno pastorale 2015-2016. Questo progetto è consistito in un insieme di azioni volte ad approfondire la conoscenza tra le comunità parrocchiali della zona, con particolare riferimento

alle iniziative riconducibili all’idea di missione ecclesiale sopra citata.

Esso mirava a delineare il quadro delle buone pratiche già avviate presso le singole comunità, e contestualmente fornire degli spunti nuovi per lo sviluppo di programmi pastorali parrocchiali ad orientazione missionaria. I rappresentanti delle varie comunità parrocchiali in seno al CPZ hanno presentato le iniziative parrocchiali ritenute più propriamente missionarie, suddividendole in: iniziative proprie del programma pastorale parrocchiale; iniziative basate sul supporto di istituzioni civili o associazioni di volontariato; iniziative volte all’analisi di persone o gruppi “in allontanamento” (v. schema riportato in figura). Sono state presentate iniziative molto semplici, quali il riscorso a bollettini parrocchiali periodici, ma anche iniziative particolarmente strutturate e tali da andare a costituire l’ossatura di interi approcci pastorali parrocchiali.

Gli scambi di idee relativamente alla misura con cui le diverse iniziative potevano essere considerate missionarie, ci hanno spinto a riflettere con profondità su che cosa significa essere operatori pastorali missionari sul nostro territorio oggi.

Gli scambi di idee relativamente alla misura con cui le diverse iniziative potevano essere considerate missionarie, ci hanno spinto a riflettere con profondità su che cosa significa essere operatori pastorali missionari sul nostro territorio oggi.

L’analisi delle informazioni raccolte ha messo in luce che sono numerose e variegate le iniziative portate avanti direttamente dalle comunità parrocchiali, mentre sono poche le iniziative basate sull’interazione delle parrocchie con le istituzioni civili locali, e sono praticamente assenti iniziative specificatamente pensate per l’analisi di persone o gruppi di persone in allontanamento.

Ponendo l’attenzione agli aspetti più propriamente metodologici è emerso il seguente spunto di riflessione: se focalizzassimo l’attenzione su ciò che sostiene qualsivoglia azione missionaria e promuovessimo in seno al nostro CPZ iniziative di “educazione alla missionarietà”?

Il lavoro portato avanti col Progetto “Conosciamoci” ha fatto maturare in noi la consapevolezza che ogni iniziativa missionaria debba fondarsi sulla capacità di saper andare al di là del semplice guardare gli altri con gli occhi, lasciando spazio al saper vedere gli altri con il cuore; così da non ritrovarci nelle condizioni dei discepoli in cammino verso Emmaus, gli occhi dei quali erano impediti a riconoscere Gesù proprio mentre Questi camminava con loro (da Lc 24,13-35). Si è deciso di proseguire il nostro cammino dando carattere prioritario ad iniziative mirate a formare gli operatori pastorali alla testimonianza e all’annuncio del Vangelo. È stato così avviato, nel presente anno pastorale, il Progetto “Cominciamo a vedere”, che consiste in un insieme di iniziative pensate per aiutarci a saper vedere (riconoscere) il volto di Dio tra le nuove forme di povertà e di fragilità umane. Lavorare a questo progetto, che si è aperto con un intervento di don Carlo Tartari (direttore dell’Ufficio per le Missioni della Diocesi di Brescia) sul concetto di “Missione”, ci sta portando a riflettere su come per “cominciare a vedere” gli altri sia necessario imparare a guardare in profondità dentro noi stessi e le nostre comunità parrocchiali con occhi nuovi, con gli occhi dell’amore.

Ecco che, inaspettatamente, l’elaborazione di un PPM rivolto per sua stessa natura agli “altri” ha dato avvio ad un lavoro su “noi stessi” e sulle nostre comunità, affinché noi sappiamo riconoscerci come soggetti attivi per le seguenti voci verbali: accettare, accogliere, ascoltare, donare, vedere. kiremba febbraio 2017

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animazione missionaria

MISSIO GIOVANI

sette anni da pellegrino alessandro zappalÀ alexzappala84@gmail.com

C

’è una cosa che accomuna tutti gli uomini e le donne a prescindere dal loro credo, dalla loro cultura ed etnia di appartenenza. È il desiderio di viaggiare, di itinerare, di conoscere l’ignoto. Nel corso della storia, questo ha permesso all’umanità di crescere, di confrontarsi, di arricchirsi con scambi culturali ed economici, ma, purtroppo, questo stesso desiderio ha creato spesso tensioni e guerre, disuguaglianze e povertà.

Viaggiare è voce del verbo incontrare.

Viaggiare non è solo spostarsi da un luogo all’altro, ma molto di più. È incontrare, è amare. Nel celebre film “Vi presento Joe Black”, Anthony Hopkins nei panni di “Bill” ad un tratto dice: “Fare il viaggio e non innamorarsi equivale a non vivere” e aggiungo: equivale a non aver viaggiato.

I sette anni che ho trascorso a servizio di Missio Giovani, organismo pastorale della CEI, sono stati per me come un

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alessandro durante un viaggio nelle missioni del terzo mondo

viaggio che mi ha riservato incontri indelebili, amori unici, amicizie eterne.

Li ho vissuti con lo stile dell’ospite, ovvero come colui che ha desiderio di dare il meglio di sé durante il proprio passaggio, per lasciare, nel cuore di chi lo ha ospitato, un buon ricordo; così, qualora dovesse ritornare, troverà sempre una porta aperta.

Ma anche con lo stile del pellegrino, che passa, sosta, racconta, condivide, riparte, ma senza più tornare indietro. Il pellegrino ha una meta da raggiungere, e senza fretta ma senza sosta deve far sì che i suoi piedi la calpestino. Ecco perché non può tornare indietro, ecco perché ha un estremo bisogno dell’altro. Il pellegrino è un viaggiatore solitario in continua ricerca di relazioni, perché sa che solo tramite esse potrà raggiungere la propria terra promessa. Così è stato per me e così è stato per i tanti giovani che ho incontrato e che hanno incrociato il mio cammino. Riscoprirsi popolo

Missio Giovani è il settore giovane della Fondazione Missio, organismo pastorale della CEI, e da sempre si occupa di fare animazione missionaria per tutti quei giovani che vogliano guardare lontano alla luce del Vangelo, che desiderano partire per una breve visita di conoscenza nei paesi del Sud del Mondo, che hanno a cuore la vita degli altri, dei più poveri, dei dimenticati.

Organismo della Cei

Identikit  ”Siamo i giovani di Missio, l’organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, e ci occupiamo dell’animazione missionaria per adolescenti e giovani che hanno nel cuore il desiderio di vivere la missione a 360°. Siamo giovani a servizio della diffusione del Vangelo nel mondo, sapendo che il nostro impegno parte anzitutto dal nostro territorio d’origine, da casa nostra, dal nostro ambiente lavorativo, scolastico

Le due cose che, di certo, mi porterò sempre tra i ricordi più preziosi sono la possibilità di aver accompagnato diverse decine di giovani in giro per il mondo, al loro primissimo viaggio di visita missionaria, e l’aver potuto curare, ogni anno, l’animazione della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri.

giovane, in cammino, accomunati da Gesù, colui che ha inevitabilmente stravolto la vita di ognuno, e dal desiderio di donare la propria vita in favore degli impoveriti della terra.

Quanta meraviglia hanno visto i miei occhi, quanti cuori vivi e sognanti ho conosciuto strada facendo.

Missio Giovani è il settore giovane della Fondazione Missio, organismo pastorale della CEI, e da sempre si occupa di fare animazione missionaria per tutti quei giovani che vogliono guardare lontano alla luce del Vangelo, che desiderano partire per una breve visita di conoscenza nei paesi del Sud del Mondo, che hanno a cuore la vita degli altri, dei più poveri, dei dimenticati. Missio Giovani è una rete di giovani dalle belle speranze che vogliono divenire protagonisti del cambiamento che l’umanità tanto attende. Un detto di Gandhi recita così: “Sii tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” e Missio Giovani lo sa bene, ecco perché si spende per aiutare altri giovani ad

o universitario, per poi giungere “fino agli estremi confini della terra!”

Siamo presenti sul territorio attraverso i Centri Missionari Diocesani, nei quali è prevista la presenza di un referente giovanile che coordina l’animazione e la pastorale missionaria tra i giovani, insieme a tutte le realtà missionarie (istituti religiosi, associazioni, onlus, gruppi missionari) che vi operano.”

aprire una finestra sul mondo e trovare il proprio posto in questo grande cantiere missionario.

Sono stato responsabile nazionale di questo organismo per sette anni, dal 2010 al 2017, ho appena concluso, infatti, questa splendida esperienza. Fare l’elenco di tutte le attività, convegni, campi estivi, viaggi missionari, weekend di spiritualità che ho vissuto e che Missio Giovani offre tutti gli anni ai giovani che ne fanno parte, sarebbe lunghissimo, per cui lascio a voi stessi di visitare il sito www.giovani.missioitalia.it oppure seguire la pagina “Missio Giovani” su Facebook.

Le due cose che, di certo, mi porterò sempre tra i ricordi più preziosi sono la possibilità di aver accompagnato diverse decine di giovani in giro per il mondo, al loro primissimo viaggio di visita missionaria, e l’aver potuto curare, ogni anno, l’animazione della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri.

Accompagnare gruppi di giovani alla loro prima esperienza di visita missionaria è straordinario. Vederli emozionarsi e provare meraviglia davanti ad un sogno, spesso coltivato da anni, che finalmente si realizza.

I loro occhi curiosi, il loro cuore pieno di domande, le loro vite che pian piano si stringono alla tua senza che nessuno lo avesse programmato prima. Il loro misurarsi con altre culture e religioni, con rispetto, timore e tremore ma anche con la gioia di chi scopre che fare qualcosa per gli altri è bello, ma essere qualcuno per gli altri vale molto di più. Spero di poter continuare a lungo questa esperienza di accompagnatore che poi arricchisce tanto me quanto i ragazzi. kiremba febbraio 2017

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Orizzonti migranti

dalla siria con dolore ANDREA BURATO ANDREA.CM@DIOCESI.BRESCIA.IT

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ichel porta ancora negli occhi la maliconia e le tante fatiche che ha dovuto affrontare, insieme alla moglie e ai due figli, nel lungo viaggio che dalla Siria lo ha portato fino a Brescia. Lui e la sua famiglia fanno parte di quanti, attraverso i corridoi umanitari, sono riusciti a lasciare la loro terra alla ricerca di una situazione che garantisca loro un domani fatto di serenità e di pace.

L’appuntamento è presso la sede del Centro Migranti, realtà che con la Congrega della Carità Apostolica e la Comunità di S.Egidio ha partecipato attivamente al programma di arrivo dei profughi siriani.

Posso solo immaginare quanti pensieri affollano la tua mente...

“Beh, penso ancora ai giorni in cui eravamo a casa”, racconta Michel “A quando vedevamo amici e conoscenti lasciare il Paese ed emigrare. Eravamo sicuri che tutto sarebbe durato poco, 22

kiremba febbraio 2017

la popolazione siriana in fuga dalla guerra

che presto avremmo rivisto la pace e le tranquillità. Ma non è stato così.

Dopo cinque anni passati nel terrore, osservando la devastazione dei luoghi e dei rapporti interpersonali, abbiamo deciso che era il momento di partire. Tra di noi parliamo sempre di chi è rimasto. Mio figlio sempre ripensa ai suoi amici, alla sua scuola, al vicolo in cui si ritrovava con altri bimbi per giocare e trascorrere le giornate insieme. Non sappiamo cosa può essere successo a tanta gente che conoscevamo.”

Senza dubbio le difficoltà incontrate sono state tante, ma quale è stato l’ostacolo più difficile da superare? “È vero. Dover lasciare il proprio paese è sempre una scelta dura e difficile. La cosa che più brucia dentro è che noi non avremmo mai voluto uscire dalla Siria. Chiunque può legittimamente scegliere di cambiare paese per cercare una vita

migliore. Ma noi stavamo bene là.

Avevamo la nostra vita. Ma dopo cinque anni sotto i bombardamenti, vivere era diventato impossibile. La cosa più difficile è che siamo stati costretti a lasciare tutto. Ci siamo trovati in mezzo ad una guerra incomprensibile, in cui sembra che siano tutti contro tutti. Abbiamo provato a resistere, ma è arrivato un momento in cui era davvero impossibile restare.”

Come hai spiegato a tuo figlio la decisione di lasciare tutto?

“Lui è piccolo ma capisce bene come sono andate le cose. Spesso sente la mancanza dei nonni e della sua quotidianità in Siria, ma si ricorda il fragore delle bombe, la mancanza di acqua, l’impossibilità di potersi muovere liberamente da una parte all’altra della città. La nostalgia a volte è forte ma gli ricordo che tanti amici sono morti e tanti hanno lasciato la loro casa.

“...Avevamo la nostra vita.

Ma dopo cinque anni sotto i bombardamenti, vivere era diventato impossibile. La cosa più difficile è che siamo stati costretti a lasciare tutto. Ci siamo trovati in mezzo ad una guerra incomprensibile, in cui sembra che siano tutti contro tutti. Abbiamo provato a resistere, ma è arrivato un momento in cui era davvero impossibile restare”.

Nel cuore però c’è sempre la speranza di poter ritornare un giorno. Anche se nulla sarà più come prima” Che pensiero hai rispetto a quanti, come voi, lasciano la loro casa per cercare una vita migliore in Italia?

“Purtroppo in tanti paesi non c’è la libertà di agire, di pensare e nemmeno di sognare. In troppi paesi la forza ed il potere sono esercitati contro il popolo.

Quando non ci sono le condizioni per restare, quando non vedi prospettive ed il futuro è nero, non c’è altra soluzione che partire. La guerra ha portato via tutto. Mio figlio ha 9 anni, ancora qualche anno e sarebbe dovuto entrare anche lui nell’esercito. È stato un pensiero molto pesante. Mio cognato ha speso gli anni migliori della sua gioventù combattendo; se sopravviverà alla guerra, cosa gli resterà della sua vita? ”

Che futuro immagini per il tuo paese?

“La Siria dovrà per forza rivivere, la vita dovrà ricominciare. Non so quando e in che modo ma dovrà per forza accadere. Purtroppo la classe media e quanti avevano una buona cultura hanno lasciato il paese. Chi poteva se ne è andato. Tanti equilibri si sono rotti e andranno ricostruiti.”

E qui? Come è la vostra vita?

“Qui è bello, devo ringraziare la generosità di tante persone che hanno accolto me e la mia famiglia.

Noi viviamo qui tranquillamente, ma ci sentiamo ancora stranieri. Non abbiamo ancora incontrarto altri siriani con cui poterci incontrare ed il senso di solitudine è forte. Proviamo giorno dopo giorno ad inserirci, ma facciamo fatica. Vogliamo poter vivere in pace e tranquillità. Mia moglie è figlia unica ed è molto legata alla madre, mi piacerebbe poter portare qui mia suocera. Il pensiero del lavoro non mi lascia tranquillo, spero però di trovare presto un lavoro, devo provvedere alle necessità della mia famiglia.”

Parla lentamente Michel. Un po’ per il suo italiano comprensibilissimo ma ancora incerto, un po’ perchè il dover parlare di ciò che ha lasciato alle spalle è una ferita ancora aperta e che ancora fa molto male. Senza dubbio, dover esternare pensieri e sensazioni sul suo dramma lo porta a riviverne le sofferenze.

“Adesso devo andare” mi dice “A casa mi stanno aspettando”.

Lo ringrazio. Lui mi saluta con uno sguardo meno malinconico mentre gli si accende un sorriso di speranza. kiremba febbraio 2017

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Chiesa in uscita

Preghiera iniziale

Formazione & spiritualità

La preghiera, la formazione, la spiritualità sono l’anima di ogni azione autenticamente evangelica ed ecclesiale. Per questo in ogni numero cerchiamo di offrire spunti di riflessione, temi di approfondimento, proposte di preghiera personale e comunitaria.

 O Dio dei poveri, aiutaci a riscattare gli abbandonati e i dimenticati di questa terra che tanto valgono ai tuoi occhi.

Risana la nostra vita, affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, affinché seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione.

Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi

a spese dei poveri e della terra.

Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature nel nostro cammino verso la tua luce infinita.

Grazie perché sei con noi tutti i giorni.

Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace.

No ad una economia dell’esclusione claudio treccani claudiotreccani@diocesi.brescia.it

Video Cosa suscitano in me questi due video?

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Da nuove stime risulta che otto persone possiedono da sole la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità. La crescita va a vantaggio dei più ricchi mentre il resto della società soffre, in particolare i poveri. Sono la natura stessa delle nostre economie e i principi alla base dei nostri sistemi economici ad averci portato a questa situazione estrema, insostenibile e ingiusta.

La nostra economia deve smettere di remunerare eccessivamente i più ricchi e iniziare ad operare a vantaggio di tutti. Governi responsabili e lungimiranti, imprese che agiscono kiremba ottobre dei 2013 lavoratori e nell’interesse dei produttori, valorizzazione dell’ambiente, diritti delle donne e un solido sistema di equa imposizione fiscale sono elementi fondanti di quest’economia più umana. kiremba febbraio 2017

Parola della Chiesa Evangelii Gaudium […] Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. […] Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. […]con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui

si vive […] Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. (EG 53) Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza.

Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete.

(EG 54) […] La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,135) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza

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Come strumenti

Preghiera finale  Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra, perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.

Illumina i padroni del potere e del denaro perché non cadano nel peccato dell’indifferenza, amino il bene comune, promuovano i deboli, e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.

I poveri e la terra stanno gridando: Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce, per proteggere ogni vita, per preparare un futuro migliore, affinché venga il tuo Regno di giustizia, di pace, di amore e di bellezza. Laudato si’!

volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo. (EG 55) Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria.

Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. (EG 56) Parola di Dio Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: «Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano». Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere.

Non forse per questo trema la terra, sono in lutto tutti i suoi abitanti, si solleva tutta come il Nilo, si agita e si riabbassa come il fiume d’Egitto? In quel giorno - oracolo del Signore Dio - farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno!

Cambierò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento: farò vestire ad ogni fianco il sacco, renderò calva ogni testa: ne farò come un lutto

per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno d’amarezza.

(Amos 8, 4-8) Eco della vita Henri Antoine Grouès, detto Abbé Pierre.

Lione, 5 agosto 1912 - Parigi, 22 gennaio 2007 Il gennaio 1954 fu particolarmente gelido a Parigi. A inizio mese l’abbé Pierre aveva sepolto un bambino morto di freddo. Nonostante girasse tutte le notti a raccogliere i clochards che dormivano all’aperto, in un inverno a meno 15 gradi, a fine mese seppellì una donna di 66 anni morta assiderata. Il mattino del 1 febbraio 1954 lanciò da Radio Luxembourg il celebre appello: «Mes amis, au secours! Amici miei, aiuto, una donna è morta di freddo questa notte alle 3 sul marciapiede di boulevard Sebastopoli. In mano stringeva l’ordine di sfratto, l’avevano cacciata dalla sua casa». La gente offre vestiti, soldi, ospitalità. È la scintilla che scatena “l’insurrezione della bontà” e che abbatte il muro d’indifferenza ed egoismo. Cinquantatre anni dopo, 22 gennaio 2007, il grande cuore del “prete della spazzatura”, 94 anni, si spegne all’ospedale Val de Grace di Parigi, “icona” del coraggio, “curato dei poveri”, interprete della solidarietà umana e della carità cristiana, pellegrino infaticabile, apostolo dei senzatetto e dei rifugiati, per più di mezzo secolo è l’uomo simbolo del cattolicesimo francese, una figura controversa, controcorrente, popolarissima. Una famiglia numerosa: «Eravamo otto bambini.

Nostro padre, nonostante la cattiva salute, la domenica scompariva: scoprimmo che incontrava la gente più povera e bisognosa di Lione. Mio padre e i suoi amici, uomini agiati,

si improvvisavano parrucchieri e portavano vestiti ai poveri. Ho capito quali atti rendono cristiana la vita e ho scoperto il Vangelo». Il padre Antoine, fervente cattolico e membro di un ordine ospedaliero, influenza l’adolescenza di Henri che, folgorato dall’esempio di Francesco d’Assisi, a 18 anni rinuncia alla propria parte di eredità e nel 1931 entra novizio tra i Cappuccini, emette i voti e nel 1938 è ordinato sacerdote. A 90 anni ammette: «Penso che il divario tra ricchi e poveri esisterà sino alla fine del mondo. È il risultato della fragilità umana, dei nostri peccati ed egoismi, delle nostre ambizioni che ci portano a sfruttare gli altri e a calpestarli».

Per condividere • Nel nostro piccolo, individuare qualche situazione concreta di sofferenza, di esclusione, che richiede il nostro coinvolgimento.

Qual è la nostra risposta partendo dalle nostre possibilità?

• La nostra comunità cosa dovrebbe fare? Come sensibilizzarla?

L’equipe formata da Tullio, Grazia Anna, Filippo e Claudio gradirebbe avere un riscontro sulla condivisione che questa proposta formativa ha suscitato.

Puoi inviarlo a: missioni@diocesi. brescia.it

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formazione & spiritualità

 La preghiera missionaria dei santi DON FRANCESCO PEDRAZZI - frapedro73@gmail.com

Pregare insieme Ogni santo, nelle piccole e grandi cose, ha dimostrato coraggio perché lo Spirito Santo abita dentro di lui e agisce in modo evidente, diceva San Paolo: «non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me».

C’è un missionario che ha ispirato tutti i missionari; un uomo a cui hanno guardato tutti gli evangelizzatori per apprendere l’arte di annunciare in modo efficace il Vangelo di Cristo. Quest’uomo è san Paolo, “l’Apostolo delle genti”.

Nato a Tarso (nell’attuale Turchia) nel 6-7 d. C., Paolo (o Saulo, nome ebraico), fariseo e profondo conoscitore della Scrittura, è stato dapprima persecutore acerrimo dei cristiani. In seguito, forse impressionato dall’eroica mitezza dei primi evangelizzatori e martiri cristiani (cfr. At 7,58), stanco di rivoltarsi contro il pungolo della propria coscienza (cfr. At 26,14), si è arreso alla luce sfolgorante dell’Amore di Cristo. Da quel momento ha iniziato la sua corsa straordinaria per conquistare il “premio”: Cristo stesso, colui che lo aveva conquistato (cfr. Fil 3,12). Subito dopo la conversione e il battesimo inizia a proclamare Gesù Figlio di Dio (cfr. At 9,20). Successivamente avverte il bisogno di ritirarsi nella zona desertica dell’“Arabia” (a Sud di Damasco) probabilmente per trascorrere un tempo di preghiera e di meditazione in preparazione al ministero apostolico.

Tutta l’attività apostolica di Paolo è stata caratterizzata da una dimensione contemplativa. Lo si ricava dal fatto che il tema della preghiera ricorre in quasi tutte le lettere.

Scrive alle sue comunità ricordando che la sua preghiera perseverante, continua, fatta «con gioia» (Fil 1,14) sale a Dio per la loro salvezza (cfr. Rom 10,1; 12,12; Ef 1,16; Col 1,3; 2 Ts 1,11). Considera la preghiera parte integrante della sua missione, perché è Dio che fa crescere (1Cor 3,7) quanto è stato seminato con il lavoro apostolico e ottiene ai credenti l’aumento della carità e il progresso nella fede proprio mediante l’orazione (cfr. Fil 1,19; 2Cor 13,9; 2Ts 1,11). Egli prega in modo speciale per i suoi collaboratori nella diffusione del Vangelo, come il suo amato Timoteo, che ricorda nelle preghiere «sempre, notte e giorno» (2Tim 1,3).

Paolo intende la preghiera non solo come un momento definito in cui si rivolge a Dio ma come una disposizione continua del cuore, che permette di fare ogni cosa per la gloria di Dio e rendendo grazie a Lui (cfr. 1 Cor 10,31; 1Ts 5,18). Pertanto esorta le sue comunità a pregare ininterrottamente (1Ts 5,17).

In particolare, egli mostra di credere che la fecondità e il successo della sua missione dipendano dalla preghiera dei fratelli. Scrive, infatti, agli Efesini: «Pregate per me affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo» (6,19). Similmente scrive ai Colossesi, mentre si trova in carcere: «Pregate per noi, perché Dio ci apra la porta della Parola per annunciare il mistero di Cristo» (4,3); e ai Tessalonicesi: «Fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi» (2Ts 3,1).

Questa insistenza sulla preghiera si spiega facilmente a partire dal suo pensiero teologico, oltre che, naturalmente, dalla sua personale esperienza di fede. Egli aveva a cuore di annunciare una salvezza che nasce dall’incontro con il Cristo crocifisso e risorto mediante l’ascolto del Vangelo. Concepiva quindi la sua missione come un ministero eminentemente “spirituale”, cioè non basato sulla potenza dei mezzi mondani, ma sulla potenza di Dio che si manifesta nella debolezza umana, per mezzo della conformazione al Cristo crocifisso (cfr. 1Cor 2,2-4; Gal 3,1); Il segreto della fecondità della missione di san Paolo è quindi proprio la sua vita di preghiera, che gli consentiva una comunione con Gesù anche in mezzo a tribolazioni e prove di ogni genere, a tal punto da esclamare: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,19-20).

La testimonianza e le lettere di san Paolo ci ricordano che ognuno di noi può contribuire con la propria preghiera a far “correre” la Parola del Signore attraverso l’opera dei missionari.

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SVI: L’ARTE SI FA PANE

Blocknotes

Mostra Mercato

Dicono che il futuro appartiene a chi ha passato. Questo, infatti, è un po’ il senso che ha la mostra mercato dell’Ong SVI – Servizio Volontario Internazionale, “l’arte si fa pane”, che sta per inaugurare la sua diciottesima edizione: valorizzare il passato, in questo caso un oggetto, per dar vita al futuro e sostenere i progetti di autosviluppo di SVI nei paesi del Sud del Mondo.

Fino al 20 marzo lo SVI raccoglie oggetti usati che poi faranno parte della mostra mercato “l’arte si fa pane”, che aprirà dall’1 al 9 aprile 2017, dalle 16:00 alle 19:30 incluse le domeniche, nella splendida cornice della Casa delle Suore Missionarie Mariste, in Via San Polo 90 a Brescia. Giocattoli, libri, argenteria, bigiotteria, biancheria, artigianato, antiquariato, macchine da cucire e scrivere, monete e banconote, quadri che diventeranno “pane”, sostentamento per i progetti di SVI in Africa e America Latina.

La raccolta viene fatta direttamente in sede SVI, in via Collebeato 26 a Brescia, dal lunedì al venerdì in orario ufficio, per ulteriori informazioni o richieste speciali si può chiamare lo 030.6950381 o mandare una mail a segreteria@svibrescia.it

GIORNATA IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI Veglia di Preghiera

Il 24 marzo 1980, mentre celebrava l’Eucarestia, venne ucciso Monsignor Oscar A. Romero, Vescovo di San Salvador nel piccolo Stato centroamericano di El Salvador.

La celebrazione annuale di una Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, il 24 marzo, prende ispirazione da quell’evento sia per fare memoria di quanti lungo i secoli hanno immolato la propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il Vangelo fino alle estreme conseguenze, sia per ricordare il valore supremo della vita che è dono per tutti.

Fare memoria dei martiri è acquisire una capacità interiore di interpretare la storia oltre la semplice conoscenza.

“Non abbiate paura” è l’invito che compare ad ogni teofania ed è la frase che più ripete Gesù Risorto tutte le volte che si mostra ai suoi discepoli. Un invito che aiuta ad affrontare momenti bui, difficili, di persecuzione, sapendo che il Signore è sempre accanto ad ognuno di noi.

Come ogni anni siamo invitati a partecipare alla Veglia di preghiera che si svolgerà in Cattedrale il prossimo Giovedi 30 Marzo alle ore 20.30

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