Kiremba Dicembre 2016

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SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERçUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVI - N° 5 dicembre 2016 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

una Diocesi generosa!”

“Brescia,

Papa Francesco 26-10-2016

Dicembre 2016


editoriale

SPEDIZIONE A.P. - 45% - ART.2 COMMA 20/B - LEGGE 662/96 - FILIALE DI BRESCIA - TAXE PERÇUE (TASSA RISCOSSA) - ANNO XLVI - N° 5 DICEMBRE 2016 - BIMESTRALE - ABBONAMENTO EURO 12 IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE ALL’UFFICIO P.T. - C.M.P. DI BRESCIA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TASSA

Sommario

Martiri

Primo piano Ottobre Missionario 4-5 “Brescia,

Una Diocesi generosa!” Papa Francesco - 26.10.2016 Dicembre 2016

Chiesa & missione Bimestrale dell’Ufficio Missionario Diocesano, via Trieste 13/B - Brescia Tel 030.3722350 - Fax 030.3722360 Direttore don Adriano Bianchi Direzione e redazione Via Callegari, 6 – 25121 Brescia Tel. 030.3754560 Fax 030.3751497 e-mail redazione: kiremba@diocesi.brescia.it e-mail Ufficio Missionario: missioni@diocesi.brescia.it web: www.diocesi.brescia.it/missioni Kiremba su facebook: Kiremba Magazine Redazione don Carlo Tartari: carlotartari@diocesi.brescia.it don Claudio Zanardini: dialogointerreligioso@diocesi.brescia.it Andrea Burato: andrea.cm@@diocesi.brescia.it Claudio Treccani: claudiotreccani@@diocesi.brescia.it Chiara Gabrieli: chiaragabrieli@@diocesi.brescia.it don Francesco Pedrazzi : frapedro73@gmail.com p. Marcello Storgato: marcello@saveriani.bs.it Francesca Martinengo: fra.martinengo@gmail.com

Beatificazione di P.Giovanni Fausti

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I missionari raccontano Convegno Fidei donum /1 8-9 Convegno Fidei donum /2 10-11 Convegno Fidei donum /3 12-13 Convegno Fidei donum /4 14-15

Animazione missionaria Esperienze estive: Argentina Intervista a Mons. Luigi Bettazzi Esperienze estive: Togo Un libro per la Missione

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Grafica e impaginazione Andrea Burato Autorizzazione del tribunale di Brescia N. 269 del 11.07.1967 Imprimatur Curia vescovile di Brescia Stampa Tipografia Camuna Editrice Fondazione opera diocesana San Francesco di Sales, via Callegari, 6 - 25121 Brescia

Orizzonti Ecumenismo 22-23

Formazione & spiritualità Abbonamento ANNUALE 12,00 euro ORDINARIO 50,00 euro sostenitori PER LE POSTE ITALIANE CONTO CORRENTE N° 389254. INTESTATO A: DIOCESI DI BRESCIA VIA TRIESTE, 13 25121 BRESCIA CON CAUSALE: “ABBONAMENTO KIREMBA 2015” BONIFICO BANCARIO: IBAN: IT75S0350011205000000007463

IL TUO AIUTO PER LE MISSIONI BANCO DI BRESCIA AGENZIA N. 5 C/C N. 7463 - ABI 3500 CAB 11205 IBAN IT 75 S 03500 11205 0000 0000 7463 BANCA POP. ETICA VIA MUSEI, 31 - 25122 BRESCIA C/C N. 102563 - ABI 5018 CAB 11200 IBAN IT 51 K050 1811 2000 0000 0102 563INTESTATO A: UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO. kiremba dicembre 2016 2

Una Chiesa in Uscita Pregare Insieme

Blocknotes Block Notes

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NOVITÀ PER ACCEDERE AI CONTENUTI MULTIMEDIALI, INQUADRA CON IL TU SMARTPHONEM DOTATO DI LETTORE, IL CODICE QR PRESENTE IN ALCUNE PAGINE DI KIREMBA. CON QUESTA MODALITÀ DESIDRIAMO INTEGRARE SEMPRE MEGLIO LA RIVISTA CON LA POSSIBILITÀ DI VISIONARE FILMATI, GALLERIE FOTOGRAFICHE, SITI WEB DEL MONDO MISSIONARIO ED ECCLESIALE. QUI A SINISTRA TROVATE IL CODICE QR CHE RIMANDA AL SITO DElL’UFFICIO PER LE MISSIONI DI BRESCIA

don carlo tartari carloTARTARI@diocesi.brescia.it

E

ra domenica sera anche 5 anni fa quando mi raggiunse una telefonata dal Burundi: la missione di Kiremba era sotto attacco; i contatti proseguirono per buona parte della notte, l’esito fu drammatico e scioccante: morirono sotto i colpi di due malviventi Sr. Lucrezia Mamic e Francesco Bazzani. Rievocare la cronaca di quei fatti fa riemergere la sofferenza e lo sconforto che caratterizzarono quegli eventi e tutte le conseguenze che ne derivarono. Andare con la memoria indietro non significa solo ripercorrere la storia, ma anche provare a chiedere una luce ulteriore per scorgere un senso oltre gli accadimenti. Ci pensavo tornando da Scutari qualche settimana fa, dopo la celebrazione per la beatificazione dei martiri della persecuzione perpetrata dal regime contro i cristiani nel secolo scorso: la storia procede ed è contrassegnata dal martirio dei cristiani, dal ripetersi del calvario in luoghi, circostanze, contesti diversi, ma la croce torna! Lo sguardo e il pensiero si soffermano innanzitutto a conoscere le storie, le biografie, le vicende e le cronache, ma il cuore e la fede ci inducono ad andare più in profondità: conformare la vita a Cristo non è una teoria, non è una pia aspirazione, non è una utopica ideologia, ma comporta seguirne le orme, ripercorrerne le scelte, affermare il primato dell’obbedienza a Dio anche quando il mondo è ostile, malvagio oppure indifferente e scostante. La vita a Kiremba ha ripreso il suo corso: la parrocchia, l’ospedale - pur in mezzo a molte difficoltà e timori per la situazione generale del paese - proseguono nella missione di annuncio, nell’impegno ad essere vicino ai malati, ai sofferenti, soprattutto i più poveri e indigenti. In Albania la chiesa esiste, è presente, porta con sé i segni degli

inizi e la consapevolezza che le radici sono penetrate nel terreno di quella porzione di umanità con grande dolore, fatica, sofferenza, ma ci sono! Kiremba, Scutari sono lezioni importanti per noi: sono moniti e vicende che interpellano e provocano le nostre comunità, scuotono le nostre convinzioni, smuovono e orientano il desiderio di un rinnovamento ecclesiale; l’evangelizzazione non può prescindere dalla croce e dal calvario, non può eludere i passaggi stretti nei quali anche i discepoli di oggi sono posti di fronte alla prospettiva di abbandonarsi nelle mani del Padre. Questo orizzonte di possibilità sembra stridere con l’annuncio del “vangelo della gioia”, ma i martiri ci aiutano a cogliere come sia possibile vendere tutto per “acquistare la perla preziosa” perché in essa si realizza la gioia, la beatitudine autentica. In Albania migliaia di persone, numerosissimi presbiteri religiosi e vescovi hanno reso presente ed evidente una presenza del popolo di Dio che nessuna previsione umana avrebbe mai immaginato e prospettato negli anni della dittatura; a Kiremba il buonsenso e la ragionevolezza umana avrebbero indotto a rinunciare, a tornare, ad orientare altrove le energie e le azioni eppure anche lì in Burundi lo Spirito che guida la storia del mondo, ha fatto germogliare frutti, ha riaperto strade, ha ridonato vita e speranza. Il sangue dei martiri, diceva Tertulliano, è seme di nuovi cristiani. Nell’onorare la loro memoria, nel ricordare il loro sacrificio, nel ringraziare il Signore per i doni e i frutti che sono germogliati chiediamo anche la loro intercessione perchè sia sempre presente in noi la coscienza che è possibile donare la vita per il Vangelo, che la prospettiva delle Beatitudini è la regola di vita dei cristiani. La gioia non ce la regala il mondo, ma ce la dona Gesù che entra nel mondo così in profondità da raggiungere il luogo più estremo e definitivo: la croce. kiremba dicembre 2016

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Significato autentico  Durante la veglia missionaria, il Vescovo Luciano ha offerto una viva e sentita omelia. Nel suo intervento ha ricordato che la missione è “essere il sale della terra e la luce del mondo”. Attraverso questo co d i ce q r s i p u ò ascoltare l ’intera riflessione

Primo piano

OTTOBRE missionariO

Non possiamo perdere il contatto con i nostri missionari: laici, religiosi e Fidei Donum. Per loro vedere che li cerchiamo, che amiamo ascoltarli, che siamo legati e uniti nella preghiera, significa verificare che la chiesa di Brescia continuamente li manda.

emma e la missione DON MICHELE TOGNAZZI zaepa@libero.it

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on so cosa avrà capito Emma della missione della Chiesa, spero non abbiamo provato a spiegargliela, perché lei per quanto bambina ha potuto vederla e questo è più importante. Mi direte che Emma, immortalata tra i nostri vescovi “Fidei Donum”, mons. Conti e mons. Voltolini, è troppo piccola per partire, ma di fatto qualche passo con dei missionari veri li ha già mossi e questo è ciò che conta. La gioia dell’annuncio del Vangelo, forse in un mercatino missionario non sempre l’assapori, ma è sufficiente passare una mezza mattinata con don Tarcisio detto “Canaglia”, l’uomo della Tanzania, perché lui te la trasmetta, ed Emma l’ha incontrato. La forza e la determinazione dell’apostolo, capace di vivere la beatitudine della marginalità e dell’umiltà, Emma l’ha sentita vibrare

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LA PICCOLA EMMA , TRA MONS. CONTI E MONS. VOLTOLINI, VESCOVI IN SUD AMERICA

accostandosi a don Gianfranco e don Roberto, che non resterebbero in Albania se non ne fossero ricolmi. Lo stupore della vocazione, che nasce dall’essere chiamati dal Signore ed inviati davanti a Lui, Emma l’ha intuito guardando don Giannino Prandelli; non le servirà nessun’altra lezione di catechismo e forse un giorno anche lei partirà per il Venezuela. Emma è stata semplicemente a Roma con i nostri Fidei Donum, guidati da don Carlo nel loro giubileo, ma la missione è osmotica, ti contagia al semplice contatto e il suo sorriso lo dice bene. Sarà pure importante scrivere questo articoletto, doveroso rilanciare l’evangelizzazione con i convegni, abbonarsi ad una rivista missionaria, vivere in parrocchia la Giornata Mondiale Missionaria destinando la colletta domenicale all’ufficio missionario, ma la cosa più bella l’ha fatta Emma: ha vissuto una

Sarà pure importante scrivere questo articoletto, doveroso rilanciare l’evangelizzazione con i convegni, abbonarsi ad una rivista missionaria, vivere in parrocchia la Giornata Mondiale Missionaria destinando la colletta domenicale all’ufficio missionario, ma la cosa più bella l’ha fatta Emma: ha vissuto una giornata in mezzo a gente che è partita lontano da casa per far conoscere Gesù il Signore.

giornata in mezzo a gente che è partita lontano da casa per far conoscere Gesù il Signore. Se è vero che i pastori debbono avere l’odore delle pecore, sarà pur vero che stando gomito a gomito con questi viaggiatori per conto di Dio, l’essenza della missione te la porti via con te, inspiegabilmente impegnata nel tessuto del tuo cuore. Ecco perché non possiamo perdere il contatto con i nostri missionari: laici, religiosi e Fidei Donum. Per loro vedere che li cerchiamo, che amiamo ascoltarli, che siamo legati e uniti nella preghiera, significa verificare che la chiesa di Brescia continuamente li manda. Come si potrebbe vivere la missione “ad gentes” senza sperimentare concretamente l’affetto e il ricordo di chi ti ha inviato? … e con tutto il rispetto che ho per il Vescovo di Brescia, il suo crocifisso, consegnato alla partenza, è solo l’ultima comprova

di quell’incontenibile forza che lo Spirito genera in un cristiano, nella sua comunità d’origine, da metterlo in viaggio. Per noi lasciarci contaminare dai racconti e dalle esperienze dei nostri “fidei donum”, dal loro coraggio, dalla forza del loro annuncio, dalla mitezza della loro preghiera, dalla bellezza della loro povertà, vuol dire essere incoraggiati a partire, a muoverci, a vivere la nostra missione. Non possiamo allora allentare l’amicizia che ci lega a queste persone, soprattutto quando rientrano nella nostra diocesi, significherebbe rendersi impermeabili alla forza contagiosa dell’annuncio del Vangelo; vorrebbe dire rinunciare a lasciarci commuovere dalla loro testimonianza. I nostri missionari diocesani, nella veglia del 22 ottobre, erano raccolti attorno al Vescovo Luciano, con lui hanno pregato, posti avanti ad

un’assemblea, simbolo della chiesa bresciana. È nella loro natura essere in prima fila: «… il Signore li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1). Posti davanti per dire che il Signore viene, viene perché ama, questa è la buona notizia. Non si saranno lasciati impressionare dal fatto che quest’anno il crocifisso dell’invio non è stato consegnato a nessun laico bresciano, a nessun sacerdote e religioso diocesano, anzi forse proprio questo fatto li avrà convinti della necessità della loro ripartenza. Chi quella sera ha pregato con loro ha avvertito la forza dell’Amore. Io in mezzo a quella piccola assemblea mi sono sentito piccolo come la nostra Emma, piccolo ma contento, piccolo e custodito dagli angeli della missione. Come tutti gli angeli, gli apostoli bresciani del vangelo vanno davanti forse anche molto lontano, per annunciare che è vicino il Regno di Dio, per dire che il Signore viene, anzi è già alla porta e bussa. Mi piacerebbe aprirgli sempre come ha fatto Emma: con la fiducia e con l’allegria di chi si sente protetto, con l’entusiasmo di chi sa di poter fare un lungo cammino in ottima compagnia. Un grazie allora a tutti voi cari preti bresciani in terra di missione, con voi la nostra chiesa è sempre giovane, in voi si muove lontano e senza paura, per voi sorride, come avete fatto con Emma! E di questi tempi, credetemi, non è poca cosa, e soprattutto non è strategia umana, ma Opera di Dio, cioè di Dio in voi! kiremba dicembre 2016

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Perdono e giustizia  Pochi giorni dopo la beatificazione il presidente della repubblica Bujar Nishani in una celebrazione pubblica ha chiesto perdono a nome dello Stato per quanto ingiustamente essi hanno subito e ha chiesto l’istituzione di una commissione di giustizia per la valutazione dei crimini commessi. Segno davvero che il coraggio di questi uomini e donne ha colpito il cuore anche di coloro che sono lontani dalla Fede.

Chiesa & missione albania Con la ritrovata libertà, dopo la dolorosa prova della persecuzione, la Chiesa che è in Albania ha avvertito la necessità di custodire e di mostrare la memoria degli eroici testimoni della fede, che accettarono in maniera esemplare le loro ingiuste condanne, e accolsero ogni sofferenza con pazienza, forza e fede autentica.

P. fausti: beato perchÉ fedele Mons. gianfranco mascher vicariogenerale@diocesi.brescia.it

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ella terra di Santa Teresa di Calcutta, il 5 novembre scorso, ha avuto luogo la liturgia di Beatificazione di 38 martiri Albanesi; tra essi il bresciano padre Giovanni Fausti. I l c ar d. A ngel o Ama to , n e lla sua omelia, ha detto: “mentre i persecutori si dissolvono come tante ombre nere che si perdono per sempre nell’oscurità di un oblio eterno, i martiri sono, invece, fiaccole di luce che risplendono nel cielo dell’umanità, mostrando a tutti l’autentico volto buono dell’uomo, la sua identità profonda di essere immagine somigliantissima di Dio”. I bresciani presenti sono stati presi da profonda commozione, di fronte alla eroica testimonianza di queste persone innocenti, uccise perché credenti in Gesù; questi hanno mostrato verso i nemici gli stessi sentimenti e atteggiamenti di Cristo: perdono, lealtà, fortezza, fraternità,

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il card. Ernest Simoni, ACCOMPAGNATO DA DON ROBERTO FERRANTI, CON L’URNA CONTENEnti le reliquie dei martiri

misericordia. Con la ritrovata libertà, dopo la dolorosa prova della persecuzione, la Chiesa che è in Albania ha avvertito la necessità di custodire e di mostrare la memoria degli eroici testimoni della fede, che accettarono in maniera esemplare le loro ingiuste condanne, e accolsero ogni sofferenza con pazienza, forza e fede autentica. Sempre il card. Amato, nella sua omelia, ha indicato nei martiri “i testimoni di quella umanità che, nella storia, semina non guerre, divisioni e uccisioni, ma pace, gioia, fraternità esaltando gli autentici talenti dell’essere umano creato a immagine di Dio”. I numerosi fedeli di Brozzo e Marcheno (tra essi anche i familiari di Padre Fausti), con i loro sacerdoti, hanno avuto la gioia di partecipare ad un evento grande, indimenticabile. La chiesa di Albania, e con essa l’intera società civile, ha fatto proprie le

parole di papa Francesco pronunciate nel corso della sua visita pastorale: “non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi! Andate avanti per un futuro più grande”. Di fronte al genocidio della dittatura comunista del secolo scorso, l’atteggiamento dei cattolici di oggi, è stato quello di ricordare e di perdonare; il ricordo è servito per rafforzare l’invito di Gesù a perdonare i nemici, anzi, ad amarli e a pregare per i persecutori. Nella circostanza della Beatificazione anche il Parlamento della Repubblica di Albania, con dichiarazione pubblica, ha fortemente condannato le uccisioni e le persecuzioni del regime comunista ed ha riconosciuto con convinzione la piena innocenza dei martiri. Nel XXV anniversario del martirio di padre Giovanni Fausti, era l’anno 1971, Papa Paolo VI – egli pure Beato! – suo compagno di studi, a Brescia

e a Roma, in una lettera autografa, esprimeva ammirazione “per la sua dedizione alla vita religiosa e per la valorosa testimonianza alla fede cattolica”; e auspicava che “dal suo sacrificio traesse conforto ed esempio la Chiesa paziente”. Conforto ed esempio hanno tratto anche i pellegrini bresciani presenti in prima persona, alla Beatificazione di padre Fausti e dei suo compagni martiri. Dalla loro testimonianza, ciascuno è in grado di ereditare sentimenti e atteggiamenti di amore, di fraternità, di riconciliazione e di concordia. Il passaggio storico che ci è dato di vivere ne ha estremo bisogno. Una Storia Terribile La beatificazione dei Martiri Albanesi del tempo della dittatura comunista, ha portato in modo nuovo alla luce una pagina di storia particolarmente dura e molto poco conosciuta che

l’Albania ha vissuto fino agli inzi degli anni novanta. Una storia che san Giovanni Paolo II ha definito come la più terribile di quelle vissute nell’est-europeo. Non è facile parlare di quanto è avvenuto, però per capire la durezza di quanto avvenuto, possiamo partire dal discorso che il dittatore Henver Hoxha fece il 6 febbraio del 1967 parlando proprio dell’importanza della lotta contro le confessioni religiose, diceva cosi: “il Partito considera la lotta contro le religioni, contro i pregiudizi religiosi e i costumi retrogradi che a questo si rifanno direttamente o indirettamente, come indispensabile per assicurare la liberazione sociale dei lavoratori, la loro tempra ideologica rivoluzionaria e la costruzione della società socialista”. Parole inequivocabili che dicono la volontà deliberata di non tollerare alcun modo di esprimere una fede. Ecco perché le modalità di tortura fisica e psicologica erano orientati alla totale umiliazione di coloro che intendevano professare un credo… si voleva ad ogni costo inibire il pensiero. Ci provò la dittatura con la sua polizia segreta, il Sigurimi, a stanare coloro che avevano il coraggio di restare credenti… li umiliarono… li uccisero davanti a tutti… ma non riuscirono a cancellare dal cuore della gente la fede. Pregavano di nascosto, in silenzio, visitando i luoghi di culto trasformati in palazzi di cultura, teatri o palestre. E li visitavano non per compiacenza del regime ma perchè andando là e toccando quei muri sentivano di poter pregare. kiremba dicembre 2016

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convegno fidei donum

comunione tra chiese sorelle DON CARLO TARTARI

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l Vescovo Luciano ha aperto il Convegno dei presbiteri “fidei donum” di Brescia, lo scorso ottobre, con queste parole: “la chiesa bresciana è una chiesa locale che vive in questo territorio concreto, ma una chiesa legata da vincoli di comunione perenni con tutte le altre chiese che sono sulla faccia della terra, attorno alla chiesa di Roma che fa per noi da centro di unità, ma nessuna chiesa locale è autosufficiente, nessuna chiesa locale è autonoma: ciascuna chiesa locale è tale, è chiesa, solo se è in comunione con le altre, solo se sente la responsabilità della vita delle altre, solo se accetta il contributo, l’accoglienza delle altre chiese, in una specie di scambio che è lo scambio della comunione ecclesiale. Voi siete di questo scambio uno dei segni più belli perché bresciani, quindi siete parte del presbiterio bresciano a pieno

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Nel 2018 a Castanhal

 I giorni del convegno sono trascorsi in modo intenso e rapido: l’appuntamento prossimo è previsto tra due anni, nel 2018 in Brasile, nella diocesi di Castanhal. Una piccola, ma significativa novità è data dal fatto che saranno presenti non solo i “latino americani”, ma anche i fidei donum dall’Africa e dall’Est Europa. Proveremo a fare tesoro del dono ricevuto in questo incontro, chiedendo la grazia al Signore che davvero mandi ancora operai nella sua vigna, una vigna grande come il mondo!

I missionari raccontano

CARLOTARTARI@DIOCESI.BRESCIA.IT

MONS. TONONI, CONDIVIDE ALCUNE RIFLESSIONI DURANTE IL CONVEGNO

titolo, però lavorate nel mondo in ogni luogo dove il Signore vi manda: ecco questo ci fa sentire chiesa bresciana in comunione! Ci toglie l’illusione, l’idea che la chiesa bresciana sia autosufficiente, che possa vivere all’interno dei suoi confini, dei confini spaziali, ma anche dei confini culturali di esperienza umana e ci dona la percezione di questa responsabilità.” La comunione non è un concetto astratto, ideale, non è un programma da mettere nell’agenda pastorale, non è nemmeno semplicemente un’asse portante del progetto di pastorale missionaria; la comunione è dimensione essenziale da vivere, attuare, scoprire; è fonte di gioia e fatica, è sorgente di rinnovamento ed entusiasmo; è luogo di incontro e rivelazione. Mi pare che il convegno dei nostri presbiteri “fidei donum” a Brescia sia stato caratterizzato da una profonda

L’ascolto e la conoscenza di modelli pastorali e prassi molto diversificate ha reso evidente anche quella creatività e intelligenza pastorale che, in ascolto della Parola e illuminata dallo Spirito, rendono il Vangelo assimilabile in ogni cultura e contesto.

comunione che si è espressa secondo il linguaggio profondamente umano ed universale dell’amicizia, della gioia, della condivisione. L’intensità dei giorni trascorsi ha messo in luce la dinamicità e la vivacità delle Chiese con le quali la Diocesi di Brescia ha intessuto vincoli di comunione. L’appuntamento non si svolgeva da almeno quindici anni, si è respirato quindi un clima di attesa e novità. Sono convenuti i presbiteri in servizio in Albania, Tanzania, Mozambico, Uruguay, Argentina, B r a s i l e , E c u a d o r, Ve n e z u e l a , Messico e Canada. Un giro del mondo non virtuale, ma reale; non turistico, ma ecclesiale; non fine a se stesso, ma aperto al confronto con la nostra chiesa locale. La comunione è divenuta dialogo, confronto, conoscenza reciproca di prassi, modelli, riflessioni pastorali capaci di trovare nell’evangelizzazione il denominatore comune.

Ascoltare e accogliere le testimonianze di giovani chiese che vivono in modo dinamico, complesso, talvolta problematico l’annuncio del Vangelo pur avendo poche strutture, scarsità di clero, contesti culturali pluriformi ha consentito ai presenti bresciani di poter guardare con sguardo nuovo anche alle difficili sfide pastorali che caratterizzano i tempi attuali. Le linee per un progetto pastorale nella diocesi di Brescia sarebbero più misere e riduttive se non beneficiassero di questo dono che la comunione tra chiese ci offre. L’ascolto e la conoscenza di modelli pastorali e prassi molto diversificate ha reso evidente anche quella creatività e intelligenza pastorale che, in ascolto della Parola e illuminata dallo Spirito, rendono il Vangelo assimilabile in ogni cultura e contesto. Il medesimo annuncio giunge in forme diverse alle popolazioni urbane delle grandi città: da Montreal a Città del Messico a Buenos Aires; si rende presente nel multiforme mondo religioso del Brasile, si adatta alle culture africane dei villaggi della Tanzania e del Mozambico; risuona nella foresta amazzonica e nelle alture dell’Ecuador; bussa alla porta dei giovani albanesi come novità inedita dopo anni di arido ateismo: ma il medesimo annuncio cerca spazi, forme, linguaggi nuovi nella nostra terra bresciana talvolta un po’ chiusa e invecchiata seppur provocata e scossa da presenze etniche e culturali nuove. Il mero buon senso umano,

le statistiche, le proiezioni demografiche ci inducono a pensare che forse la stagione degli “invii in missione” volge a un declino inesorabile, ma - se così fosse quanto perderemmo in capacità di condivisione, scambio, dono. Le relazioni ascoltate e accolte al Convegno hanno cercato di delineare non solo la storia da cui proveniamo, ma anche le prospettive lungo le quali è plausibile sperare un rilancio che ci faccia respirare l’orizzonte ampio della Missione, che generi vita nuova anche per le parrocchie bresciane, per i gruppi di animazione missionaria e per i giovani. Sottotraccia emerge anche l’esigenza di ristabilire un’alleanza forte e significativa tra laici e presbiteri: nel “mondo missionario” italiano l’unica dimensione in crescita è proprio quella relativa all’impegno dei laici nell’evangelizzazione; da sempre il laicato in contesti altri ha maturato un’identità forte ed efficace nell’animazione delle comunità cristiane. Da tempo anche a Brescia si ragiona e si prospetta un impegno dei laici per l’evangelizzazione, l’animazione di piccole comunità territoriali, la capillarità dell’annuncio negli ambiti di vita. Lo ha riaffermato con forza il Vescovo Luciano: “I laici devono per forza acquistare un peso sempre maggiore nella visione della Chiesa; ma non solo perché abbiamo bisogno di laici che ci aiutino, ma perché i laici sono presenti in tutte le dimensioni del mondo della cultura umana che debbono essere riportate alla sovranità di Dio”. kiremba dicembre 2016

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i missionari raccontano

  Riflessioni

Una suora al convegno

convegno fidei donum

chiesa italiana ancora missionaria? suor grazia anna morelli graziannasmsm@gmail.com

È

la prima volta che partecipo ad un Convegno per Sacerdoti. Il mio è stato come un viaggio su un pianeta sconosciuto, non tanto per il contenuto del Convegno, quanto per le presenze che accompagnavo, dei sacerdoti che portavano e avevano portato, in altri Paesi, il “dono della fede”: i Fidei donum. Così mi sono accostata a questo Convegno per il quale mi è stato chiesto di condividere una mia meditazione all’inizio di questo secondo giorno, sul testo delle Nozze di Cana. Questa avrebbe dovuto introdurre l’intervento di Monsignor Francesco Beschi. Due sono state le idee portanti che a mio avviso potevano introdurre alla riflessione sulla missionarietà della Chiesa italiana: 1. Maria, immagine della Chiesa, la prima tra i discepoli, che si accorge della mancanza del vino;

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il GRUPPO DEI FiDeI DONUM INSIEME A MONS. BESCHI

vede che non c’è più gioia nella nostra vita. E interviene. 2. Le giare per la purificazione, simbolo del culto di Israele che è uno dei luoghi in cui si manifesta la relazione con Dio. Esse sono vuote. Alcune domande sorgono da questo testo. In questa nostra Chiesa, nuovo popolo d’Israele con cui Dio fa alleanza, di cui è lo sposo… in questa nostra Chiesa, luogo in cui Dio vuole celebrare le sue nozze con l’umanità, c’è abbastanza vino? Oppure la nostra relazione con Dio langue, rendendoci incapaci di annuncio gioioso? Il matrimonio fra Israele e il suo Dio è come quelle giare, impietrito e imperfetto? Si parla di una religiosità stanca e vuota che non dona più gioia, che non è più festa, forse molto simile alla nostra religiosità contemporanea? Gesù osserva le giare vuote, simbolo

Al di là di pessimismi e disfattismi sulle nostre capacità o incapacità di annunciare/testimoniare il Vangelo e di comunicarlo al mondo di oggi, ciò che rimane importante è leggere la nostra realtà con occhi che vedono realisticamente, ma che sono anche capaci di superare i limiti di questa realtà e di guardare più lontano, andando al cuore di ciò che ci spinge ad essere evangelizzatori: l’esserci lasciati evangelizzare.

dell’ordinamento antico e comanda ai servi: “Riempite d’acqua le giare!”. E trasforma l’acqua dell’abitudine nel vino della gioia. Al di là di pessimismi e disfattismi sulle nostre capacità o incapacità di annunciare/testimoniare il Vangelo e di comunicarlo al mondo di oggi, ciò che rimane importante è leggere la nostra realtà con occhi che vedono realisticamente, ma che sono anche capaci di superare i limiti di questa realtà e di guardare più lontano, andando al cuore di ciò che ci spinge ad essere evangelizzatori: l’esserci lasciati evangelizzare. Nel suo intervento Mons. Francesco Beschi ha ribadito proprio questo: l’importanza del lasciarsi evangelizzare dalla Parola di Dio, che deve restare punto fermo della nostra vita, non solo di quella degli “addetti ai lavori” quali possono essere i sacerdoti, i religiosi e le religiose o i laici fidei donum,

 Cosa è stato dunque questo secondo giorno di Convegno? Un’immersione nel tema della missione e una riflessione condivisa con dei sacerdoti che alla fine non ho più considerato come appartenenti ad un pianeta diverso, ma come fratelli nella ricerca, al fine di dare concretezza al mandato del Signore di andare e portare il Vangelo ad ogni creatura. Una riflessione ricca e profonda che ci

mette, tutti, di fronte alla necessità non solo di capire come dire il Vangelo oggi ma anche di vivere lasciandoci evangelizzare, noi stessi, dal Signore per essere suoi testimoni là dove egli ci invia.

ma anche di quella delle nostre famiglie, delle nostre comunità di vita, così ricche di persone che lottano ogni giorno per affermare i valori della giustizia, della verità, e della pace in vista di generare vita intorno a sé. Tutte queste realtà devono continuamente nutrirsi della Parola del Signore, l’unica che può allontanare dal nostro cuore stanchezze e delusioni rispetto a quanto ci circonda, e alimentare il desiderio di cambiamento e di annuncio in una società che nasconde e non riconosce i suoi bisogni più profondi. Molti sono stati gli interrogativi posti durante la giornata. Vorrei soffermarmi sulla domanda di fondo di questo secondo giorno di Convegno o meglio sulla questione più fondamentale che è necessario istruire ancora una volta nell’oggi e che è sottesa alla precedente: che cosa è missione oggi? E’ ancora andare verso altri popoli e altre culture che sono in Paesi lontani? Oppure essere missionari senza battello, come diceva Madeleine Delbrêl, cristiani che restano e che evangelizzano le “genti” presenti nel nostro stesso Paese? Se guardiamo la Chiesa primitiva, ci accorgiamo che questa “doppia missione” è caratteristica propria della Chiesa sin dalle origini. La missione non ha a che fare solo con terre geografiche, ma anche con terre esistenziali, con le periferie di Papa Francesco. Certo, noi cristiani occidentali sentiamo come importante questo ultimo volto della missione, ma le due cose non sono alternative.

In quanto cristiani e tutti missionari, dobbiamo tener vivi i due aspetti, senza limitare la nostra attenzione ad una situazione che è certamente un’urgenza per noi oggi, ma che non esaurisce la Missione della Chiesa. Ma come rendere più viva oggi la nostra coscienza missionaria in queste due forme? Non è cosa semplice tenere insieme questi due volti della Missione. Questa è la sfida del cristiano di sempre. La modalità più efficace è sicuramente quella di essere capaci, in quanto cristiani, di riconoscere il dono di Dio che ci è fatto, e di accoglierlo. Gesù Cristo è il DONO più grande che Dio Padre potesse farci e che noi abbiamo ricevuto grazie ad altre persone che, coscienti a loro volta della grandezza di questo dono, hanno sentito la necessità di annunciarcelo. Siamo veramente consapevoli della grandezza del dono che abbiamo ricevuto e che dobbiamo aprirci a ricevere ogni giorno? Solo se sentiamo veramente che vale la pena vivere di Gesù, saremo capaci di annunciarlo ad altri, qui o altrove, là dove capiremo che egli ci chiama a servirlo. Se faremo questo, saremo in grado, direbbe Monsignor Francesco Beschi, di riconoscere e promuovere la realtà missionaria che esiste già intorno a noi, e questa diventerà contagiosa. Riconoscere, come Maria, ciò che manca, il vino della gioia, ma anche riconoscere ciò che c’è. Non per giustificare poi la nostra passività, ma perché l’esistente sia fecondo di altre possibilità.

(Attraverso questo codice qr si può visualizzare il reportage realizzato da La Voce del Popolo)

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i missionari raccontano

Il tema Interrogativo

Esperienza feconda La formazione del Seminario

convegno fidei donum

brescia fa i conti con l’enciclica

L’esperienza dei Fidei donum, che nell’arco degli anni ha seguito un percorso diverso a seconda dei vescovi che hanno guidato la diocesi, ha fatto nascere uno scambio tra Chiese sorelle, e ha portato frutti sia alla Diocesi che invia che a quella che riceve.

È da tempo, ed in più di una sede, che si discute in merito alla formazione missionaria nei seminari. Seppur sottolineando che la propensione alle missioni è materia approfondita dagli istituti religiosi, è vero che c’è bisogno di avvicinare i futuri presbiteri alle tematiche missionarie. Anche per questo i fidei donum hanno trascorso una serata al seminario diocesano. L’incontro con i missionari è nato con la volontà di offrire ai seminaristi una proposta significativa e formativa in ambito missionario. Lo scambio fraterno di esperienze, informazioni e di considerazioni sulle missioni è stata molto gradita da tutti i seminaristi.

andrea burato andrea.cm@diocesi.brescia.it

C

’è un filo sottile ma resistente che lega l’invio dei discepoli e le partenze dei missionari di oggi. Non va dimenticato: i passi che la chiesa muove oggi, sono nati proprio dal mandato di Gesù ai discepoli. Nell’introduzione alla giornata, commentando il passo del Vangelo in cui Gesù pronuncia il mandato ai discepoli (Mt 28,18-20), è stato Don Mario Neva, fidei Donum in Canada da qualche mese, che ha ricordato che lo stesso invio continua con la Chiesa, e continua proprio con i missionari di oggi. Don Neva ha poi ricordato che in questo contesto Papa Francesco ha aggiunto un tema prezioso, già caro a Paolo VI. Il Vangelo è fonte di gioia per chi l’annuncia, ed è fonte di gioia per chi lo riceve. E questo quando si constata la difficoltà di evangelizzare e si avverte la necessità di una Nuova Evangelizzazione.

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la condivisione provoca idee nuove da fissare per non dimenticare

L’attuale situazione del mondo, la crisi demografica, l’innalzamento dell’età media dei missionari disegnano un contesto di “crisi“, che sembra allontanarci dalla tensione viva che il testo di Matteo sprigiona. Le nostre analisi spesso aggiungono problemi ai problemi; quando invece la Chiesa ha ragione d’essere in quanto risposta di Dio, e noi con lei. Il tema su cui verteva il confronto della giornata era “Prospettive dell’Enciclica FD Brescia“, ed è stato Mons. Cesare Polvara, ex Fidei Donum in Uruguay, a solleticare i presenti con alcune preziose considerazioni. Facendo qualche passo indientro nelle recente storia della Chiesa, mons. Polvara ha ricordato che fu Papa Pio Xll, nella Pasqua del 21 aprile 1957, ad emanare l’enciclica sulla evangelizzazione in Africa che porta il titolo di “Fidei Donum”. Nella stessa enciclica, dopo una premessa sulla situazione

delle missioni cattoliche nel mondo, Papa Pio Xll affronta quattro punti 1 - Un appello per l’Africa motivato dalla comunione fra le Chiese - (n. 15-16,20); 2 - Il “concorso di tutta la Chiesa”: evidenzia la corresponsabilità del corpo episcopale nella missione universale della Chiesa - (n. 17-19); 3 - Il “triplice dovere missionario “, quello della preghiera più assidua e fervorosa, quello della generosità a favore delle opere missionarie a cominciare da quelle Pontificie, e quello di “favorire in tutti i modi le vocazioni missionarie”. Laddove ci sono diocesi provviste di vocazioni, si chiede la disponibilità di metterle a disposizione degli altri; 4 - Un “rinnovato appello” che invita alla perseveranza nell’impegno evangelizzatore. Da allora, alcuni vescovi europei autorizzarono alcuni loro sacerdoti a partire e a mettersi per un certo limite di tempo a disposizione degli Ordinari

d’Africa; nacquero così i “fidei donum”, i presbiteri diocesani che i vescovi iniziarono ad inviare in “missione”. Nel 1960, con il vescovo Mons. Giacinto Tredici, la nostra diocesi accolse la richiesta di un vescovo del Brasile, e designò tre sacerdoti per andare in aiuto alla diocesi di Aracuai. Fu il primo passo dell’esperienza Fidei donum che, nell’arco degli anni, ha seguito un percorso diverso a seconda dei vescovi che hanno guidato la diocesi: si sono alternati momenti in cui l’apertura verso altre realtà è stata più ampia, e altri momenti in cui si è deciso di frenare la spinta dei partenti favorendo le parrocchie locali. Indipendentemente da tutto però, è innegabile che lo scambio tra Chiese sorelle, generato grazie all’esperienza dei missionari Fidei donum, abbia portato frutti sia alla Diocesi che invia che a quella che riceve.

L’ultimo punto affrontato, ed anche il più discusso nel dibattito che ne è seguito, ha riguardato le prospettive e le sfide che nascono quando un missionario rientra in diocesi dopo l’esperienza in terre lontane. Sono emerse le difficoltà nel rientro: ci vuole del tempo per reinserirsi dopo anni in cui la pastorale è cambiata profondamente, e questo costa. È emersa poi l’impressione di non essere sufficientemente valorizzati per l’esperienza e i doni ricevuti, venendo accolti a volte con diffidenza e venendo dispersi nella diocesi a seconda delle necessità pastorali. Temi aperti che interrogano i missionari e tutta la comunità. L’impegno e la sfida missionaria ci chiedono anche oggi apertura di cuore e sguardo fiducioso per non rischiare di guardare con nostalgia ai tempi passati, o non credere che la Provvidenza continui ad accompagnare i passi del presente e del futuro. kiremba dicembre 2016

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i missionari raccontano Ong bresciane

Svi, Medicus Mundi e Scaip  Le tre Ong sono in grado di garantire servizi complementari per realizzare progetti davvero efficaci in terra di missione: le attività sanitarie sono condotte da MMI, quelle di sviluppo agricolo, rurale e zootecnico e più in generale legato alla formazione professionale dallo SCAIP, e quelle legate al reclutamento, alla formazione di volontari e allo sviluppo di progetti per il miglioramento delle comunità locali dallo SVI. Da più di un anno, infatti, le tre ong bresciane

convegno fidei donum

Tre ong, dunque, perfettamente complementari, che si occupano di agricoltura, creazione di reddito e salute. A seguito di tanti importanti risultati si è cercato di formalizzare l’idea del fare rete con altri organismi con cui si sono condivide il modo di intendere la cooperazione internazionale.

prog etti in missione: cantiere aperto paolo romagnosi presidente@svibrescia.it

A

Korogocho noi bianchi siamo ospiti di una comunità che ci accoglie; in fondo siamo solo delle comparse: rimaniamo qualche anno a differenza dei baraccati che ci stanno tutta la vita. Per questo sono loro i protagonisti della loro storia. Loro, popolo di Dio, il soggetto della missione in atto per trasformare questa discarica umana in un luogo più dignitoso e vivibile. Noi possiamo fare solo un tratto del cammino (…). Quanto poi a misurare l’apporto che noi riusciamo a dare al progresso di questa marcia, lo dirà il domani e la capacità della comunità locale di assumere le sue responsabilità di fronte alle molteplici sfide che l’attendono”. Con questa parole Gino Filippini descriveva il ruolo che dovrebbe agire la cooperazione internazionale all’interno delle comunità in cui opera. Una visione antropologica della povertà dunque – condivisione vera 14

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L’ASSEMBLEA AL CONVEGNO É STATA eterogenea, SEMPRE ATTENTA E PARTECipe

di un valore quale è la vita di ognuno di noi; azione che disintegra un approccio assistenzialistico carico di limiti ed egoismi. Risposte strutturali a bisogni strutturali, creando reti ed evitando sterili protagonismi SVI opera per attivare, presso le comunità nelle quali interviene, progetti di sviluppo in vari paesi del Sud del mondo. I progetti sono formulati dal basso, integrati e sostenibili. Interviene quindi rafforzando le realtà attive delle comunità locali, facilitando lo stabilirsi di relazioni tra persone e gruppi, in modo che la comunità stessa sia attiva nel definire i problemi sui quali intervenire, elaborando le soluzioni necessarie alla risoluzione degli stessi. SVI è attualmente presente in Albania, Brasile, Kenya, Mozambico, Uganda, Venezuela e Zambia dove sta realizzando progetti di agricoltura, sicurezza alimentare e idrica, protezione ambientale e

tutela della biodiversità, salute di base e prevenzione, microeconomia e microimpresa, relazioni sociali e organizzazione comunitaria, capacity building, educazione e formazione come mezzi di inclusione sociale. SVI agisce basando le proprie azioni sulla costruzione di partenariati solidi e operativi con le organizzazioni di base dei diversi paesi, rafforzando le organizzazioni locali in modo che esse stesse diventino attrici di sviluppo. Si utilizza la progettazione partecipata delle azioni con i beneficiari o i loro rappresentanti, costruendo alleanze locali e rafforzando i gruppi. I progetti si realizzano con le persone, alcune di queste partono dall’Italia per mettere a servizio le proprie capacità e competenze, in un’ottica di scambio, altre, la maggior parte, sono invece sul posto e svolgono i più diversi ruoli, dal coordinamento, alla formazione, alle mansioni più varie. Creare consorzi, rafforzare le reti

Un esempio di progetto in cui l’azione in rete e in collaborazione con altri enti porta un impatto forte sulla qualità della vita delle persone, è senza dubbio il progetto Mozambico. Nella provincia di Inhambane infatti siamo partiti anni fa collaborando con la Diocesi locale, i sacerdoti Fidei Donum di Brescia e la congregazione Sacra Famiglia di Martinengo, arrivando oggi a lavorare in partenariato e collaborazione con le autorità pubbliche distrettuali e provinciali. Lavoriamo in consorzio permanente con SCAIP e Medicus Mundi Italia. Tre ong, dunque, perfettamente complementari, che si occupano di agricoltura, creazione di reddito e salute. A seguito di tanti importanti risultati abbiamo cercato di formalizzare la nostra idea del fare rete con altri organismi con cui condividiamo il modo di intendere la cooperazione internazionale. Per fare ciò abbiamo costituito, insieme a SCAIP, MMI e MLFM una nuova

si sono trasferite nella nuova sede condivisa di via Collebeato 26, a Brescia. Hanno lasciato i rispettivi uffici storici per andare a occupare parte della palazzina che ospitava la Fondazione Sipec. Un’unica sede per nuove sinergie operative: non una fusione delle tre associazioni, che hanno mantenuto le proprie autonomie e i propri valori fondanti, ma una convivenza che consente di interagire in modo più stretto alla realizzazione dei progetti consortili.

associazione, denominata “No One Out – Periferie al centro”. No One Out No One Out, nata nel 2015, è un’associazione controtendenza nel contesto italiano, che è fatto da tante realtà piccole e piccolissime che operano senza comunicare tra loro, nasce infatti riunendo alcune associazioni e ambisce ad aggregarne altre in modo da realizzare progetti sempre più efficaci. Le finalità sono chiare e si riassumono in un’idea forte: portare le periferie al centro per rispondere a chi è ai margini, affrontando le problematiche e le ingiustizie che conducono al degrado sociale e ambientale. Ci ispiriamo all’invito di Papa Francesco che ci invita ad “andare verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali”. No One Out sta iniziando in questi mesi la sua attività, necessita prima di tutto di farsi conoscere e iniziare a crescere, ma nel frattempo sta attivando tre iniziative. La prima si svolge a Nairobi, in Kenya, tra gli slum alle periferie della capitale con attività di formazione e sostegno ai minori, formazione professionale, educazione sanitaria e incentivo alle microimprese. La seconda sta partendo nei villaggi montani in Albania, nelle periferie d’Europa, per favorire l’accesso al lavoro per i giovani, combattere le discriminazioni e sostenere l’integrazione della donna. Infine in Italia, nella Terra dei Fuochi, per garantire una vita dignitosa, la tutale della salute e dell’ambiente in una delle aree più degradate del nostro Paese. kiremba dicembre 2016

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 Le Suore Dorotee da Cemmo

Presenza educativa  Siamo ‘suore’, cioè donne consacrate da Dio secondo il carisma di Madre Annunciata Cocchetti, la quale, in risposta all’amore di Dio e interpellata dal bisogno educativo del tempo e del luogo, decide di dedicarsi al bene delle “fanciulle povere del popolo”. Sui suoi passi viviamo una vita sobria, laboriosa e contenta, in fraternità. Testimoniamo al mondo la gioia di rispondere all’Amore con il quale Dio ci ha amato per primo attraverso la scelta di educare, in ascolto delle povertà del tempo e dei luoghi in cui viviamo. Nostra caratteristica distintiva è “l’animazione” come stile di presenza educativa. Privilegiamo la donna, per aiutarla a vivere la propria vocazione di generatrice di vita in tutti i suoi aspetti.

Animazione missionaria esperienze estive: argentina

un’estate diversa a santiago

Trascorrere un mese e mezzo in questa terra mi ha dato tanto, non solo perché ho potuto fare un’esperienza nuova, ma soprattutto perché ho capito che ogni realtà ha le sue ricchezze e le sue povertà e tutto diventa più bello e più significativo quando ci si accoglie vicendevolmente.

ROBERTA BERLUCCHI roby5302@gmail.com

S

ono una studentessa del terzo Anno di Scienze dell’educazione e della formazione, presso l’Università Cattolica di Brescia. Durante l’estate appena trascorsa ho fatto un’esperienza di volontariato in Argentina, precisamente a Santiago del Estero. Prima di partire per questa esperienza ho partecipato al corso proposto dal Centro Missionario Diocesano di Brescia per prepararmi a questo evento, che poi, ho in parte condiviso con altri tre amici: Sara, Emanuele e Marianna. Sono stata accolta nella comunità delle Suore Dorotee di Cemmo, mentre i miei compagni di avventura sono stati ospitati da alcune famiglie di Santiago e della Banda. Durante i quaranta giorni di permanenza a Santiago ho avuto anche l’opportunità di visitare un orfanatrofio dove sono ospitati dei

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marianna , roberta, emanuele e sara con alcuni ragazzi argentini

bambini dai 3 ai 12 anni che sono stati abbandonati dai loro genitori per motivi diversi: o perché non hanno la possibilità di mantenerli o perché non li avrebbero voluti. Presso questo istituto c’è una norma speciale riguardante l’adozione nella quale è stabilito che, se ci sono più fratelli, questi devono essere adottati tutti insieme e non separatamente. Durante la settimana sono stata nella scuola materna delle Suore Dorotee di Cemmo, sono stata accolta molto bene, sia dalle maestre che dagli alunni, e con loro ho condiviso momenti di gioco, di lezione e soprattutto di amicizia e di ascolto. Le scuole in Argentina sono organizzate in modo diverso rispetto alle nostre. L’unica che ha la stessa struttura è la scuola materna, mentre la scuola primaria comprende sette anni e la scuola secondaria cinque che corrispondono alla nostra terza media e a quattro

classi delle superiori. Ho anche potuto constatare che, per dare a tutti gli studenti la possibilità di poter frequentare, in ogni plesso scolastico ci sono due turni, uno è al mattino dalle 7.30 alle 12.00, mentre il secondo è dalle 13.45 alle 17.00; ad ogni turno si alternavano anche gli insegnanti. Nel fine settimana, io e Marianna e qualche volta anche Emanuele siamo stati accompagnati da alcuni ragazzi del posto in vari realtà di periferia dove si svolgevano delle giornate di Evangelizzazione. La gente vi partecipava numerosa e, dopo la funzione, alcune persone portavano l’Eucarestia a chi abita a chilometri di distanza dalla parrocchia, dove il parroco non riesce ad arrivare perché è impegnato altrove. In Argentina ci sono molte parrocchie però i sacerdoti sono pochi e le zone da raggiungere sono molto vaste e lontane le une dalle altre. Durante la mia permanenza

ho trascorso qualche giorno anche presso alcune famiglie e sono rimasta piacevolmente sorpresa perché mi hanno accolto come se fossi una loro figlia.Tutte le persone che ho conosciuto sia a Santiago del Estero che a Banda hanno un carattere molto aperto e sono molto accoglienti. Il 27 agosto io e gli altri amici del gruppo missionario bresciano abbiamo vissuto la Beatificazione di Mamma Antulla. È stata davvero un’esperienza molto forte e mi ha stupito il vedere una moltitudine di persone che si sono riunite a pregare e per far festa. Nei primi giorni di settembre, giunti ormai al termine di questa nostra bellissima esperienza, siamo stati accompagnati da Suor Catalina, la suora che ci è stata particolarmente vicina, a visitare il Nord dell’Argentina e qui abbiamo potuto vedere dei paesaggi bellissimi con caratteristiche diverse da quelle dei nostri ambienti ed è stata una

gioia grande vedere ed ammirare la bellezza del creato in una dimensione diversa dal solito. Terminata la mia permanenza a Santiago, ho dovuto salutare i bambini e le maestre della scuola. Una cosa che mi è rimasta nel cuore è stata la dimostrazione di affetto che hanno avuto nei miei confronti, ho capito ancora una volta che hanno saputo volermi bene davvero. Il trascorrere un mese e mezzo in questa terra mi ha dato tanto, non solo perché ho potuto fare un’esperienza nuova, ma soprattutto perché ho capito che ogni realtà ha le sue ricchezze e le sue povertà e tutto diventa più bello e più significativo quando ci si accoglie vicendevolmente. A tutti quelli che ho incontrato in questo mio cammino di crescita, che mi ha cambiato in meglio, vorrei dire il mio grande grazie. kiremba dicembre 2016

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animazione missionaria

 Il Patto delle Catacombe

Dal Concilio

 Mons. Bettazzi, unico padre conciliare italiano ancora vivente e vescovo emerito di Ivrea, fu uno dei firmatari del Patto delle Catacombe. Questo documento è l’impegno sottoscritto da un gruppo di 39 vescovi partecipanti al Concilio Vaticano II di vivere la vita semplice della gente, rinunciare ad ogni forma di potere, di ricchezza e di privilegio: “Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende”, “Rinunciamo per sempre agli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti)”, “Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca”. Un impegno storico e altamente profetico a quel tempo.

intervista

i passi dal concilio ad oggi

Mons Bettazzi, nel 1978, insieme al vescovo rosminiano Clemente Riva e al vescovo Alberto Ablondi, chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.

andrea burato andrea.cm@diocesi.brescia.it

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ons. Luigi Bettazzi, oltre ad essere l’unico vescovo cattolico italiano presente al Concilio Vaticano II oggi vivente, è anche una delle figure di riferimento per il movimento pacifista. Nel 1978, insieme al vescovo rosminiano Clemente Riva e al vescovo Alberto Ablondi, chiese di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Celebri furono le sue battaglie per l’obiezione fiscale alle spese militari, per l’obiezione di coscienza quando ancora si rischiava il carcere ed il dialogo con i non credenti. Al termine del Concilio, il 26 novembre 1966, divenne vescovo di Ivrea e nel 1968 fu nominato presidente nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace di cui, nel 1978, ne divenne presidente internazionale fino al 1985, vincendo per i suoi meriti il Premio Internazionale

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mons.luigi bettazzi

dell’Unesco per l’Educazione alla Pace. Nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata dai Beati costruttori di pace e Pax Christi insieme a Mons. Antonio Bello nel mezzo della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina. Mons. Bettazzi,quali caratteristiche deve avere la missione oggi per non occupare solo gli spazi ma per vivere i processi e per evitare quella sembra a volte una “marcia sul posto” che non porta da nessuna parte? Io penso che sia l’idea stessa di chiesa che si sia rinnovata. Un tempo si pensava che per salvarsi si doveva essere battezzati, la Chiesa era semplicemente l’unione di tutti i battezzati. San Francesco Saverio si prodigava per battezzare quante più persone fosse possibile, e nelle sue missive invitava S.Ignazio ad adoperarsi nella stessa opera, per evitare che moltitudini di persone

Ci siamo resi conto che la Misericordia del Signore è infinitamente grande, ed il compito della Chiesa è quello di annunciare che Dio è amore e che noi dobbiamo amarci. E non dobbiamo farlo utilizzando il proselitismo, ce lo ricorda il Papa, ma solo attraverso una vera ed autentica testimonianza, che a volte è frutto di sofferenza e di morte.

fossero condannate all’inferno. Anche Daniele Comboni sentì forte la spinta di battezzare ed evangelizzare per portare la salvezza alle popolazioni africane. C’era l’idea diffusa che la missione fosse andare e battezzare quanta più gente per portarla far entrar nella struttura della Chiesa. Anche attraverso i passi che la Chiesa ha fatto abbiamo capito che non è così. Ci siamo resi conto che la Misericordia del Signore è infinitamente grande, ed il compito della Chiesa è quello di annunciare che Dio è amore e che noi dobbiamo amarci. E non dobbiamo farlo utilizzando il proselitismo, ce lo ricorda il Papa, ma solo attraverso una vera ed autentica testimonianza, che a volte è frutto di sofferenza e di morte. I cristiani devono sentirsi privilegiati, proprio perchè portatori di un messaggio d’amore verso chi ancora non lo conosce. In un mondo in cui sembra regni l’egoismo e in cui ognuno sembra

perseguire solo i propri interessi, dobbiamo essere portatori di Misericordia verso tutti. E dobbiamo esserlo attraverso la testimonianza della vita, prima ancora che con le parole; possiamo evangelizzare chi è lontano dal messaggio d’amore di Dio. La gente ama questo Papa proprio perchè si dimostra vicino a tutti, vicino anche a quanti si sentono lontani o si sentono esclusi dalla società, e perchè agisce secondo il pensiero che predica: la vicinanza, la prossimità verso ogni persona, perchè nessuno si senta escluso, perchè nessuno pensi di non essere destinatario di questo messaggio d’amore. Questa è la missione a cui sono chiamati tutti i cristiani. Ognuno deve sentire il desiderio di annunciare questo messaggio ed il desiderio di appoggiare quanti, come Abramo, sentono la necessità di lasciare la loro terra per andare ad annunciarlo in paesi lontani. kiremba dicembre 2016

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animazione missionaria

animazione missionaria

 Recensione di Claudio Donneschi

“Un Cammino”. Un prete della nostra terra

UN LIBRO PER LA MISSIONE Cosa ci fa una recensione di un libro che non è “missionario” su Kiremba? Ben poco se non fosse per la finalità. Tutto il ricavato della vendita del libro che si trova nelle librerie “Paoline” in Via G.Rosa a Brescia e “Cattolica”,in Via Trieste, andrà alle ONG SVI, Medicus Mundi Italia e SCAIP che da sempre collaborano con le missioni e con l’Ufficio Missionario. Possiamo poi assicurare che il romanzo ha un suo spessore etico e un messaggio decisamente positivo. Nel protagonista, un prete della nostra terra, si rintraccia il prototipo del prete bresciano che si è donato (e si dona) totalmente alla sua gente.

esperienze estive: togo

Missione: una passione che continua

L’autore

silvia saletti knives8692@libero.it

S

iamo tornati dall’Africa, più precisamente dal Togo, e ancora più nel dettaglio dal villaggio di Amakpapè, da 80 giorni non sono molti giorni ma per noi sembra un’ infinità. Innanzitutto ci presentiamo: siamo Silvia e Maurizio, da tre anni dedichiamo le nostre vacanze estive agli abitanti di Amakpapè. Un’esperienza di vita e di Amore unica, difficile da descrivere in poche righe. Chi è un lettore di Kiremba sicuramente ci avrà già visti nella rivista… per chi è nuovo facciamo un brevissimo riassunto. La prima partenza verso Amakpapè risale al 2014: un gruppo di 7 ragazzi italiani, tra cui noi, si ritrova in aereoporto alle 8 del mattino e durante il viaggio si conosce e inizia a fantasticare su quello che vedrà appena sceso dall’ aereo. Eccoci atterrati, sono le 4 del mattino, è passato un giorno dalla nostra

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Aldo Ungari

maurizio e silvia con un giovane togolese

partenza, ma siamo sveglissimi e pronti a vivere questa avventura. Tanti bambini ad aspettarci, Maristella e suor Patrizia della Comunità Cuori Grandi ci hanno accolti come figli. Obiettivo da raggiungere, la realizzazione della scuola, quindi tutti i giorni i ragazzi andavano a lavorare alla scuola e le ragazze si occupavano del l’animazione per i bambini. Passa un anno e siamo nel 2015. A partire siamo solo noi come coppia di fidanzati e il nostro obiettivo era far maturare il nostro rapporto. Arriviamo ad Amakpapè, Maristella, suor Patrizia e i bambini ci stanno aspettando. La scuola è finita, meravigliosa, colorata e i bambini vanno a scuola. Ma non pensate che non ci fosse niente in costruzione, questa volta bisogna realizzare una Chiesa; non solo in muratura ma una Chiesa di persone... 3 2 1 tutti al lavoro! Ed eccoci finalmente

al nostro ultimo viaggio, 2016! Questa volta non partiamo come una semplice coppia di fidanzati ma come una coppia di futuri sposi. L’accoglienza ancora più bella, più calorosa … la Chiesa è finita ma l’ evangelizzazione prosegue. Vi state chiedendo cosa abbiamo fatto noi? Ci siamo occupati della sistemazione delle porte della scuola, abbiamo collaborato con la dentista facendo delle visite agli abitanti del villaggio, siamo stati giornate intere in ospedale... e in quei giorni la rabbia e lo sconforto nascevano in noi, ma sicuramente grazie all’aiuto di Dio nasceva in noi la forza di non mollare, di esserci per gli altri. Mentre scriviamo e rileggiamo queste poche righe ci teniamo per mano e una lacrimuccia scende. Ricordatevi, carissimi lettori, che si può essere missionari non solamente partendo per terre lontane, ma anche nelle nostre periferie!

In questo bel romanzo Aldo Ungari narra le vicende umane e spirituali di un prete negli anni difficili del fascismo, della seconda guerra mondiale, della Resistenza bresciana. I grandi fatti della storia sono sempre lasciati cadere nel solco della quotidianità e della vita di don Luigi, rendendo così ancor più umane e tragiche le vicende. Fin dalle prime righe l’autore ci proietta nel clima di una canonica della periferia di Brescia e là coglie con acutezza l’intreccio delle esistenze private e comunitarie che vi si incontrano. Il dialogo fra l’uomo e la vita, fra l’essere e la storia, s’incarna letteralmente in ciascun uomo, nel suo vissuto più radicale. Con l’avvento della seconda guerra mondiale la storia incalza e la narrazione accelera, si fa frammentaria e tesa, come la vita dei protagonisti esposti alla guerra. Di grande vigore narrativo è certo il capitolo La scelta, che vede don Luigi dibattersi in un difficile dilemma:

accettare la nomina a vescovo in Abruzzo o rimanere nella sua terra, in mezzo alla sua gente. La violazione da parte delle SS del monastero dove si è ritirato per meditare sulla scelta è determinante. Sul cadavere del giovane innocente partigiano ucciso sulle soglie del luogo sacro, don Luigi non ha dubbi: rimane con la sua gente. La lettura è gradevolissima, nel suo incedere limpido di intrecci tra la vita quotidiana,mai ordinaria, e di intrighi legati alle umane fragilità. Rapidi guizzi di schietto humor popolare, soprattutto nella prima parte, si infittiscono a formare un tessuto in vivace animazione, che nulla attenua,tuttavia, del valore etico e religioso trasparente con limpidezza da queste pagine ariose. Davvero vivaci e toccanti i ritratti dei personaggi, su tutti quello della madre, Amalia, che non l’ha messo al mondo ma l’ha accolto a pochi mesi. In Ungari emerge una solida capacità di racconto,vibrante ed energico.

 Aldo Ungari è laureato in economia e commercio e ha insegnato per alcuni decenni geografia economica presso alcune scuole bresciane. Dal 1970 al 1985 è stato consigliere comunale ed assessore del Comune di Brescia. A lungo è stato collaboratore di “Kiremba” ed ha presieduto la Consulta della Pace del Comune di Brescia e l’Associazione Brescia Solidale nel Mondo. Ha pubblicato alcuni libri di geografia e i romanzi “Quadri e Ladri”, “Un prete di periferia” e “Bazzecole gialle”. Ha compiuto numerosi viaggi in Africa ed in America Latina e “da sempre” è volontario dello SVI, Servizio Volontario Internazionale, di cui è stato socio fondatore e anche presidente. Sposato, due figli e tre nipotini. Attraverso il codice qr si può visualizzare la presentazione del libro, svoltasi presso il Teatro Sociale di Brescia.

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Orizzonti ECUMENISMO Dobbiamo imparare ad avere nel nostro cuore tutti gli esseri umani, di tutte le nazioni, in particolare i più poveri, i giovani, i bambini. Questa visione di una comunione universale ci aiuta a condividere la vita dei più poveri, cercando anche di stabilire dei legami tra culture e popoli.

per vivere in comunione don claudio zanardini dialogointerreligioso@diocesi.brescia.it

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e la comunione è un dono di Dio, allora l’ecumenismo non può essere innanzitutto uno sforzo umano per armonizzare tradizioni diverse. Esso ci deve porre nella verità della redenzione del Cristo che ha pregato: «Io voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io». L’apostolo Paolo lo diceva: «La nostra vita è nascosta con Cristo in Dio». Il primo sforzo ecumenico è quello di cercare di vivere la comunione con Dio, nel Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. È vero che le Chiese e le comunità ecclesiali a volte mostrano dei cammini diversi per realizzare questa comunione. E tuttavia, più è profonda l’appartenenza di ciascuno al Cristo, più è corretto lo sguardo rivolto agli altri: vengono visti come sorelle e fratelli. Bisogna andare ancora più avanti: riconoscere negli altri delle sorelle e dei fratelli è il segno di un’autentica appartenenza al Cristo. Ciò suppone una purificazione del nostro modo di credere, una «conversione» sempre ripresa in una «Ecclesia semper reformanda». Uno dei documenti comuni del cammino ecumenico ha posto una

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Il termine Ecumene (anche oikoumene) deriva dal greco οiκουμένη, “abitare”: indicava la porzione di Terra conosciuta e abitata dall’uomo, per cui l’ecumene è “la casa dove tutti viviamo”.

base solida a questa visione, invitando a dare all’identità battesimale la priorità rispetto all’identità confessionale. Questo documento distingue, in ordine di priorità decrescente, l’identità cristiana (dovuta all’unico Battesimo), ecclesiale e confessionale. Il confessionalismo ha «rovesciato l’ordine delle priorità»: oggi, «l’identità cristiana si riduce all’identità ecclesiale e questa a sua volta all’identità confessionale». In tal modo, l’identità confessionale è stata messa al primo posto. Il documento chiama le Chiese ad entrare in un «dinamismo di conversione». La riconciliazione: uno scambio di doni Nel corso dei secoli, i cristiani hanno finito per abituarsi ad essere divisi, come se fosse una cosa normale. Per preparare una riconciliazione, occorre valorizzare il meglio delle diverse tradizioni. Allora si può realizzare uno scambio di doni: condividere ciò che abbiamo ricevuto da Dio e vedere anche i doni che Dio ha deposto negli altri. Senza riunire in questo modo i doni dello Spirito Santo, come potrebbero i cristiani

Il primo sforzo ecumenico è quello di cercare di vivere la comunione con Dio, nel Cristo, per mezzo dello Spirito Santo. È vero che le Chiese e le comunità ecclesiali a volte mostrano dei cammini diversi per realizzare questa comunione. E tuttavia, più è profonda l’appartenenza di ciascuno al Cristo, più è corretto lo sguardo rivolto agli altri

essere testimoni di unità e di pace nella famiglia umana? Papa Francesco nel suo recente viaggio in Svezia, in occasione della commemorazione congiunta cattolico-luterana della Riforma, ci ha ricordato questo. È iniziato uno scambio di doni, si è approfondita una stima reciproca. Molti hanno compreso che alcuni aspetti del mistero della fede sono stati meglio valorizzati da una tradizione diversa dalla loro. Come continuare ad avanzare in una condivisione di questi tesori? E quali sono questi tesori? I cristiani d’Oriente hanno messo l’accento sulla risurrezione del Cristo che già trasfigura il mondo. Non è forse grazie a tutto questo che molti di loro hanno saputo attraversare decenni di sofferenza nel corso dei secoli passati? L’Oriente ha conservato l’insegnamento dei Padri della Chiesa con grande fedeltà. Il monachesimo, giunto poi anche in Occidente, ha fatto scaturire in tutta la Chiesa una vita di contemplazione. I cristiani d’Occidente potrebbero aprirsi di più a questi tesori? I cristiani della Riforma hanno sottolineato alcune realtà del Vangelo:

Dio offre il suo amore gratuitamente; con la sua Parola viene incontro a chiunque l’ascolta e la mette in pratica; la semplice fiducia della fede porta alla libertà dei figli di Dio, all’immediatezza di una vita con Dio nell’oggi; cantare insieme interiorizza la Parola di Dio. Questi valori ai quali sono legati i cristiani della Riforma non sono forse essenziali per tutti? La Chiesa cattolica ha conservato, attraverso la storia, l’universalità della comunione nel Cristo. Incessantemente ha cercato un equilibrio tra la Chiesa locale e la Chiesa universale. L’una non può esistere senza l’altra. Un ministero di comunione a tutti i livelli ha contribuito a mantenere un’unanimità nella fede. Tutti i battezzati non potrebbero procedere ulteriormente nella comprensione progressiva di questo ministero? Un periodo di transizione verso la riconciliazione Ogni cristiano dovrebbe cercare di entrare in una dinamica della riconciliazione. È desiderio di tutte le Chiese che tale dinamica portasse i cristiani separati ad imparare ad

appartenere gli uni agli altri, a purificare le loro rispettive tradizioni, ad operare la distinzione tra la Tradizione e le tradizioni che non sono altro che consuetudini, ad avanzare in un ecumenismo che non si limiti a mantenere i cristiani su dei binari paralleli. Potrebbe in tal modo aprirsi un periodo di transizione verso la riconciliazione. Eucaristia e servizio La comunione offerta dal Cristo fa dei suoi discepoli degli uomini aperti all’universalità. Essa stimola ad andare verso gli altri, ad essere attenti ai più deboli, a coloro che sono più poveri di noi, ed anche ai cercatori di Dio che appartengono ad un’altra religione, o a coloro che sono privi di qualsiasi riferimento a Dio. In molti luoghi, i cristiani delle diverse confessioni vivono questa apertura insieme. Dobbiamo imparare ad avere nel nostro cuore tutti gli esseri umani, di tutte le nazioni, in particolare i più poveri, i giovani, i bambini. Questa visione di una comunione universale ci aiuta a condividere la vita dei più poveri, cercando anche di stabilire dei legami tra culture e popoli. kiremba dicembre 2016

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Preghiera finale

A Maria, Madre della Chiesa

Preghiera iniziale

Formazione & spiritualità

La preghiera, la formazione, la spiritualità sono l’anima di ogni azione autenticamente evangelica ed ecclesiale. Per questo in ogni numero cerchiamo di offrire spunti di riflessione, temi di approfondimento, proposte di preghiera personale e comunitaria.

 Vergine e Madre Maria, tu che, mossa dallo Spirito, hai accolto il Verbo della vita nella profondità della tua umile fede, totalmente donata all’Eterno, aiutaci a dire il nostro “sì” nell’urgenza, più imperiosa che mai, di far risuonare la Buona Notizia di Gesù. Tu, ricolma della presenza di Cristo, hai portato la gioia a Giovanni il Battista,

facendolo esultare nel seno di sua madre. Tu, trasalendo di giubilo, hai cantato le meraviglie del Signore. Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce con una fede incrollabile, e ricevesti la gioiosa consolazione della risurrezione, hai radunato i discepoli nell’attesa dello Spirito perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice.

Formazione una chiesa in uscita

piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli». Lc 10, 1-20

Magistero Evangelii Gaudium Esortazione apostolica

CLAUDIO TRECCANI claudioTRECCANI@DIOCESI.brescia.it

Video

https://www.youtube. com/watch?v=R0FqU TbNrTo&feature=yo utu.be

Cosa ha suscitato in me questo video?

La Parola

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Ma c’è bisogno di qualcuno che accetti di uscire per andare alle periferie. “Uscire” è rispondere alla chiamata di Dio che ci chiede innanzitutto di venir fuori da noi stessi, dal nostro individualismo, dal nostro egoismo. (…) Papa Francesco afferma che “lo spirito della missio ad gentes deve diventare lo spirito della missione della Chiesa nel mondo” (Discorso al IV Convegno Missionario Nazionale promosso dalla CEI nel Nov. 2014). È necessario quindi in primo luogo incrementare la missio ad gentes e il suo spirito. Il che significa in concreto continuare ad inviare - fuori dai nostri territori - laici, consacrati e presbiteri che vivano un’esperienza di annuncio e di kiremba ottobre 2013 cooperazione tra le Chiese Linee per un progetto di pastorale missionario – Diocesi di Brescia 3.2.3

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Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della

 Ottienici ora un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte. Dacci la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della bellezza che non si spegne. Tu, Vergine dell’ascolto e della contemplazione, madre dell’amore, sposa delle nozze eterne, intercedi per la Chiesa, della quale sei l’icona purissima, perché mai si rinchiuda e mai si fermi nella sua passione per instaurare il Regno. Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce. Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia.

vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città. Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafarnao, sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi

La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. “Primerear – prendere l’iniziativa”: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! Come conseguenza, la Chiesa sa “coinvolgersi”. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti agli altri per lavarli. Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete questo» (Gv 13,17). (..) Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” […] (EG 24)

Eco della Vita

Padre Alex Zanotelli ricorda Gino Filippini Carissimo Gino, sento proprio il bisogno di scriverti, anzi di parlarti. Quanto mi mancano quelle conversazioni nel cuore della notte a Korogocho, quei salmi carichi del dolore quotidiano dei baraccati che chiudevano le nostre

giornate. Quanto mi manca la tua amicizia, sincera, vera, leale. Ma soprattutto, quanto mi manca quella tua carica straordinaria di umanità, di passione per gli ultimi, gli emarginati. Gino, tu mi hai contagiato per dieci anni della tua umanità, camminando insieme sulle strade fangose, polverose dei poveri. Sono impastato di te. Ti sento così vicino, così vivo! “Qualcuno mi ha fatto gli auguri- scrivevi in una lettera da Korogocho- con le parole di Helder Camara: “Beati coloro che sognano. Aiutare a sognare è diventato il mio mestiere, la mia vocazione.” Gino, aiutaci a continuare a sognare che un altro mondo non solo è possibile, ma è necessario. Tu che sei con il Signore, aiutaci a scardinare questo Sistema di morte che ammazza per fame, ammazza per guerra ed ammazza il Pianeta. Gino, tu riuscivi a pensare globalmente, ma ad agire localmente. Tu che sei nel cuore del Dio della vita, aiutaci a costruire oggi dal basso quel mondo ‘altro’ per cui ti sei sempre impegnato. E tu che vivi con il Signore, prega anche per Korogocho che sta passando un momento molto difficile. La gente di Korogocho ti sta pregando perché quello che hai seminato (ti chiamavano il Seminatore!) non vada perduto. Hai speso quindici anni della tua vita in quell’inferno umano. E alla fine ci hai rimesso anche la vita. E’ stato in quel tuo camminare con gli ultimi nella discarica di Korogocho che inalando la polvere di amianto, ti sei ammalato di mesotelioma. Per noi tu sei un martire! Sei uno di quelli che sono passati per la “grande tribolazione “, “vestiti di bianco” “stanno davanti al trono di Dio” (Ap.7). Le domeniche, quand’eri a Korogocho, non ti

vestivi già di bianco? “Da un po’ di tempo alla domenica mi vesto di bianco- scrivevi in una delle tue lettere -, il colore simbolo della gioia e della fede. Vedermelo addosso mi fa bene allo spirito: mi tiene su di morale.” Ti vediamo anche oggi vestito di bianco, (simbolo di festa, ma anche di martirio). Ci hai preceduto e hai pagato con la vita la tua dedizione agli ultimi. Ci sei di grande insegnamento a continuare, in questo momento di grande pessimismo, a sperare che un mondo altro sta già nascendo. Mi ha fatto bene chiacchierare con te. Grazie Gino. Alex

Per condividere Viviamo un’esperienza almeno due a due di uscita in contesti che non frequentiamo di solito (il mercato, il bar, la strada...) e cerchiamo di comunicare, nel modo più opportuno, una buona notizia, la nostra gioia, lasciandoci guidare dallo Spirito. Come reagisce la gente che incontriamo? Come ci arricchisce e ci provoca uno scambio diverso dal solito? L’equipe formata da Tullio, Grazia Anna, Filippo e Claudio gradirebbe avere un riscontro sulla condivisione che questa proposta ha suscitato: puoi scrivere a: missioni@diocesi.brescia.it

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formazione & spiritualità

Ogni santo, nelle piccole e grandi cose, ha dimostrato coraggio perché lo Spirito Santo abita dentro di lui e agisce in modo evidente, diceva San Paolo: «non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me».

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 A cura di don Francesco Pedrazzi - frapedro73@gmail.com

Storicamente, il 6 gennaio, oltre ad essere il giorno dell’Epifania, è anche la Giornata Missionaria dei Ragazzi (GMR), ma le Chiese locali, per esigenze diverse, possono anche festeggiarla in un’altra data vicina. La GMR è, in un certo senso, la prima data missionaria, perché oltre ad essere all’inizio dell’anno, è il giorno in cui il Vangelo ci fa riflettere sulla manifestazione di Gesù a tutti i popoli. La lettura del Vangelo in questo giorno ci presenta le figure dei Magi, personaggi misteriosi, difficili da identificare, questi “camminatori” al seguito di una stella, questi cercatori che hanno visto un segno, una stella: si sono messi in cammino e in ricerca. Hanno trovato! Tante persone nel mondo di oggi vivono la ricerca e l’attesa! È compito della Chiesa essere segno, “essere stella”, per condurre a Cristo ogni fratello e sorella!

La preghiera missionaria dei Santi San Francesco Saverio: le gioie e le fatiche della missione Nella prima tappa di questo viaggio alla scoperta della preghiera missionaria dei santi abbiamo incontrato la patrona universale delle missioni, santa Teresa di Gesù Bambino. In questa seconda tappa, non possiamo che considerare il patrono delle missioni, san Francesco Saverio, la cui memoria liturgica cade il 3 dicembre. Si tratta di due santi apparentemente molto diversi: la prima una suora di clausura, il secondo un instancabile apostolo; gli ultimi anni della breve vita di Teresa si sono svolti nell’angusto perimetro di un convento carmelitano, quelli di Francesco Saverio in avventurosi viaggi nei Paesi dell’estremo Oriente. San Francesco Saverio nacque nel 1506 in Spagna. Mentre frequentava l’Università di Parigi ed era proiettato verso una brillante carriera professionale (anche in ragione delle origini nobiliari) avvenne un incontro che gli cambiò la vita. Era il 1529 ed ebbe “in sorte” di condividere la camera con il soldato convertito Inigo (Ignazio) di Loyola: il futuro santo fondatore dei gesuiti. Fu soprattutto la partecipazione ai quaranta giorni di “esercizi spirituali” predicati dallo stesso Ignazio che segnò profondamente il suo cammino di fede. È importante riflettere su ciò che aveva acceso nel cuore l’ardore missionario che lo avrebbe spinto fino alle terre più lontane dell’Oriente: l’incontro e l’amicizia con un “maestro spirituale” come Ignazio e il tempo prolungato di preghiera silenziosa e di ascolto del vangelo. Nel corso della sua missione, il santo non poteva ritirarsi a pregare in una cella, ma spesso trascorreva parte della notte in preghiera a tal punto che «quegli indigeni, che faticavano a capire le idee, capivano quanto dovesse essere bella e profonda quella preghiera estatica in cui lo sorprendevano quando, a volte, lo spiavano attraverso le fessure della sua capanna…. Dicevano di lui che “durante il giorno apparteneva totalmente agli uomini, la notte apparteneva totalmente a Dio...”» (Antonio M. Sicari). Egli aveva saputo coltivare uno spirito profondamente contemplativo nel corso dei suoi lunghi viaggi. In particolare, meditava i misteri della passione del Signore mentre sperimentava indicibili sofferenze dovute alla fame, alla sete, alle malattie, alle avverse condizioni climatiche e ambientali e alle persecuzioni. In una lettera ai suoi confratelli scrisse: «Tutti i pericoli, le fatiche, se si accettano volentieri per Dio, sono fecondi di sante gioie: gioie tali che, in pochi anni, a forza di piangere, si perderebbe la vista degli occhi». È indubbiamente questo il segreto principale della fecondità della sua missione, che l’accomuna alla santa di Lisieux. Vengono in mente le parole dell’Apostolo Paolo: «Mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10). Egli, come Francesco, era persuaso che «la forza [di Dio] si manifesta pienamente nella debolezza». (cfr. 2 Cor 12,9). Ne deriva un messaggio prezioso anche per noi. Ogni battezzato può vivere la propria vocazione missionaria (papa Francesco, in Evangelii gaudium, ha ribadito con forza che tutti i battezzati sono missionari!) unendo le proprie sofferenze a quelle del Signore per la salvezza di ogni uomo. Potrà perciò anch’egli sperimentare, come scriveva il patrono delle missioni, che «le fatiche, se si accettano volentieri per Dio, sono feconde di sante gioie».

Blocknotes

Pregare insieme

6 Gennaio: Giornata dell’infanzia Missionaria

Mostra didattica Interculturale Presso il Chiostro di San Cristo in via Piamarta a Brescia, è possibile visitare la 15° mostra didattica inteculturale dei Missionari Saveriani “Nella savana in cerca di parole – I Massa e i Mussey”. La mostra, che rimarrà aperta fino al 5 marzo 2017, è come un viaggio tra linguaggi e culture che narrano le storie di alcuni popoli della savana. Il percorso espone oggetti ornamentali e di uso corrente, secondo due direttrici fondamentali: nella savana, dove non esiste la parola superfluo, aspetti della vita quotidiana, in particolare il ciclo alimentare; in cerca di parole per la realizzazione di un vocabolario che raccolga, come in un granaio, il linguaggio dei Massa e dei Mussey al fine di mantenere la loro cultura ed identità. Accanto alla mostra sono allestiti, solo durante la mattina e solo per le scuole, laboratori didattici in cui i bambini e i ragazzi potranno divertirsi nella realizzazione di “origami” di animali della savana, con diversi gradi di difficoltà. Per maggiori informazioni è possibile contattare i missionari saveriani: mostra@saveriani.bs.it 3493624217.

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