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DIOCESI DI PISTOIA – QUARESIMA 2013 Brevi riflessioni per prepararsi alla Pasqua

Fonte battesimale del IV sec - .Terra Santa

La Quaresima: un’occasione per riscoprire la fede Riflessioni degli Uffici Pastorali diocesani per prepararsi a vivere la Pasqua Introduzione Con questo breve opuscolo gli uffici pastorali mettono a disposizione delle comunità cristiane delle brevi meditazioni settimanali sul senso della Quaresima in preparazione alla Pasqua. L’intento è quello di aiutare i credenti a vivere con consapevolezza la propria fede, chiamata a rinnovarsi, rifondarsi e ridirsi. Ogni contributo parte da una frase della liturgia domenicale e cerca di sviluppare a partire da essa breve indicazioni che possono essere prese come impegno settimanale di riflessione. La Pasqua è davvero il centro della vita credente, perché da essa nasce la speranza che fa diversa la vita cristiana, quella nell’Amore che si dona e apre strade impensate dalla morte alla Vita, da ogni tipo di morte, fisica e spirituale. Fare Pasqua è fare spazio all’Amore che non finisce mai e che in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, ha preso volto umano. Fare Pasqua è in definitiva imparare a vivere con Cristo e di Cristo per essere simili a lui in tutto, perché come in lui viviamo, con lui anche risorgeremo. (d. Cristiano D’Angelo)

Liturgia – Quaresima – Battesimo – fede A cura dell’Ufficio Liturgico

Egli consacrò l'istituzione del tempo penitenziale con il digiuno di quaranta giorni, e vincendo le insidie dell'antico serpente ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato perché celebrando con spirito rinnovato il mistero pasquale, possiamo giungere alla Pasqua eterna. (Prefazio I domenica di Quaresima) A partire dal III secolo la preparazione alla Pasqua, fino ad allora limitata al digiuno nei due giorni immediatamente precedenti, comincia a strutturarsi, per assumere alla fine del IV secolo la durata a noi familiare di sei settimane, a partire da alcune necessità legate all'organizzazione delle prime comunità cristiane. Lo sviluppo della Quaresima è legato in primo luogo al catecumenato, cioè al cammino di preparazione al Battesimo, che poteva durare anche alcuni anni; nelle ultime settimane precedenti la Pasqua, i catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo nella veglia pasquale vivevano un periodo di preparazione più intensa, sul piano della catechesi, della preghiera e dell'ascesi personale. Un'altra base per l'organizzazione della Quaresima è legata alla disciplina per la riconciliazione dei penitenti: coloro che avevano mancato agli impegni battesimali dopo un certo tempo di penitenza venivano riammessi nella comunione eucaristica e la riconciliazione avveniva la mattina del giovedì santo. Le due dimensioni essenziali della penitenza e del battesimo -espresse simbolicamente dalle ceneri che aprono la Quaresima e dall'acqua battesimale che la conclude- accomunano catecumeni e fedeli nella celebrazione del mistero pasquale: anche i fedeli già battezzati, attraverso la preghiera e l'ascolto più frequente della Parola di Dio, si preparano con la penitenza a rinnovare le promesse battesimali. Il cammino spirituale di riconoscimento dei propri peccati, pentimento, conversione e accoglienza del perdono di Dio consente di rinnovare l'adesione a Cristo espressa con il Battesimo. Questo tempo di penitenza si configura quindi come un tempo di conversione, per camminare da battezzati nella novità di Cristo: «Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Potremmo dire che la Quaresima è un invito a tutti i battezzati a "rifarsi cristiani".


I quaranta giorni di questo tempo liturgico ricordano il tempo di prova e di conversione di cui narrano le Scritture: la peregrinazione del popolo nel deserto, liberato dalla schiavitù d'Egitto, i quaranta giorni trascorsi da Mosè sulla montagna, avvolto dalla nube, i quaranta giorni del cammino di Elia verso l'Oreb, e soprattutto i quaranta giorni che Gesù passò nel deserto, durante i quali egli respinse le tentazioni del potere e dell'idolatria. Il digiuno di Gesù diventa così modello della nostra Quaresima, tempo di solitudine e digiuno in senso ampio, inteso come presa di distanza dalle preoccupazioni eccessive e ricerca dell'incontro con Dio. Cristo vince la tentazione, prova di cui ogni uomo fa esperienza nel proprio vissuto, e inaugura i tempi nuovi, aprendo anche a noi la possibilità di superare la tentazione. Il clima quaresimale non è triste, ma positivo e gioioso, nella fiducia che Cristo trionferà sulla morte e sul peccato. Celebrando la Pasqua anche noi partecipiamo alla sua vittoria e, di anno in anno, la celebrazione pasquale è una tappa che ci avvicina alla Pasqua eterna del Regno.

I domenica di Quaresima “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Lc 4,4)

Riflessioni a cura dell’Ufficio Caritas

In questa prima domenica di Quaresima ci soffermiamo sulla questione della tentazione. Gesù è tentato e noi siamo tentati ogni giorno da proposte che ci legano e ci vogliono legare sempre di più alle cose, al potere, stimolando in noi quel desiderio profondo di avere. Questo momento storico, tuttavia, ci chiede di riflettere sul quel che riteniamo benessere, di riflettere profondamente sul significato delle cose, cercando dentro di noi quell'alternativa che nelle parole di Gesù indice ad andare oltre il pane. Dovremmo, forse, cominciare a chiederci quali sono le nostre ricchezze e quali ricchezze potremmo aggiungere alla nostra vita. Se cominciassimo a dare più spazio alle relazioni con le persone, se cominciassimo a ritenerci ricchi in base a quante persone incontriamo, in base a quante esperienza di condivisione e solidarietà abbiamo fatto e facciamo, ci troveremmo oltre il pane nella sfera del vero benessere, quello che pesa l'amore e non i soldi, quello che ci riempie di una ricchezza che non svaluta e che si moltiplica. Dietro ogni cosa a cui ci leghiamo sta la nostra insoddisfazione, la nostra insicurezza, la nostra solitudine, la nostra mancanza di coraggio di darci una vera dignità di uomini. Adoperarsi per un nuovo stile di vita non deve essere una scelta imposta dalla mancanza di mezzi economici, ma dalla libertà di decidere di porsi in un'alternativa che ci indica la via della risposta ai veri bisogni in un'ottica di comunione che potrebbe renderci partecipi della liberazione dalla sofferenza e dalle povertà.

II domenica di Quaresima “Mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto… e apparvero con lui Mosè ed Elia…e conversavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme” Riflessioni a cura dell’Ufficio Liturgico

La Trasfigurazione: momento in cui Gesù svela il suo mistero, momento in cui Gesù vuole accanto a sé i suoi amici per mostrare loro il suo vero volto; ed è luce, bagliore, gioia pura e accecante al punto che gli apostoli stessi faticano a descriverla... Il Rabbì Gesù svela la gloria, la santità che ogni uomo cerca (e che spesso richiede con tanta insistenza nella preghiera) nel suo rapporto con Dio: non più grande uomo, ma svelamento di una realtà incredibile e inattesa: una realtà “tutt’altra”. La Trasfigurazione è la méta a cui siamo chiamati in questo cammino di Quaresima: è là che siamo diretti. Il deserto che abbiamo iniziato a percorrere per ritrovare lucidità mentale e verità, i gesti (preghiera, digiuno, elemosina) che stiamo compiendo per rafforzare la nostra interiorità arrivano lì, al Tabor. Guai se non fosse così! Troppi pensano al cristianesimo come alla religione della penitenza e della mortificazione! Troppi si avvicinano a Dio nella sofferenza e fermano il loro sguardo alla croce. No: non c'è salvezza piena nella croce se non dopo la Resurrezione. E la Fede che professiamo è anzitutto la Fede del Tabor che ci permette, poi, di salire sul Golgota. La sofferenza nella vita c'è, e lo sappiamo. Vorremmo ignorarla o toglierla. Dio fa di più: la trasfigura, la feconda, la vivifica. In questa seconda tappa del cammino ci viene ricordato semplicemente che siamo fatti per il Tabor. Siete già saliti sul Tabor nella vostra esperienza di Fede? Sì, amici, perché Dio ci dona - a volte – di assistere alla sua gloria. Un momento di preghiera che ci ha coinvolto, una Messa che durante la quale siamo stati toccati dentro, una giornata in quota in mezzo alla neve o davanti alla distesa sconfinata del mare, con la bellezza della natura che diventa sinfonia e ci mozza il fiato. Attimi, barlumi, in cui sentiamo l'immenso che ci abita. E il sentimento diventa talmente grande da averne paura, quasi schiacciante. E' la paura che prende Pietro e compagni, è il terrore che abita Abramo prima di incontrare il suo Dio. Il sentimento della bellezza di Dio: la bellezza di poterci parlare “faccia a faccia” nella preghiera diretta, la bellezza della Fede aperta e svelata. La percezione della sua grandezza ci motiva e ci spinge. Pietro lo sa: "E' bello per noi restare qui". Finché non giungeremo a credere per la bellezza che ci avvolge e che ci spinge a pregare per chiedere (perché “Lui fa prodigi immensi come l’Universo… sicuramente può fare tutto anche per me”) e lodare (perché “tutto questo Lui lo ha fatto per me!”), ci mancherà sempre un tassello della Fede cristiana.


Vale davvero la pena fare uno sforzo in questa Quaresima, in un anno ed in un periodo già vessato da preoccupazioni ed insicurezze, recuperare dentro di noi questo senso dello stupore e della bellezza, questo ascolto dell'interiorità che si fa preghiera che ci porta in alto, sul monte dove la Parola di Dio fatta carne si rivela, a fissare lo sguardo su Cristo e sul suo Vangelo. Certo: la vita non è sempre Tabor e alle volte si fatica, e tanto. Ma, ricordate? Stiamo proprio facendo deserto per riscoprire che siamo viandanti, pellegrini, che la nostra patria è altrove. Gesù parla con Mosé (la Legge) ed Elia (i Profeti) della sua dipartita. Gesù già vede profilarsi un altro monte, una definitività: la croce, drammaticamente necessaria per gridare al mondo il vero volto di Dio. Che mistero! Gesù stesso cerca – come gli ha insegnato il Giusto Giuseppe fin da ragazzo – nella Legge e nei Profeti (nella Scrittura) spiegazioni a quello che dovrà accadere. Gesù/Dio è chiamato ad avere Fede, a pregare il Padre – come gli ha tramandato il Giusto Giuseppe fin da bambino – nei momenti difficili della vita. Dio stesso ha bisogno di essere rassicurato ed incoraggiato. Il grido del Padre verso Gesù "Ascoltatelo!" è l’incoraggiamento per il Figlio e per noi a continuare questo cammino che ci è donato, ad accogliere la sua volontà come progetto di “bene” per la nostra vita. Per passare dal Tabor, al Golgota, al Giardino di Pasqua.

III domenica di Quaresima “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere” (Rm 10,12)

Riflessioni a cura dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro

Se ci diciamo “cristiani” dobbiamo seguire nella nostra vita, nei nostri comportamenti quelle indicazioni morali ed etiche rispondenti al significato di essere uniti a Cristo.L’invito , a tutti noi , dell’apostolo Paolo è dunque a non “conformarsi a questo mondo ma a lasciarsi trasformare rinnovando il modo di pensare” e di vivere (convertirsi): dobbiamo dunque uscire dalla “carne”, cioè rifiutare, fuggire dai comportamenti egoistici e rivolgersi responsabilmente verso opere che si uniformino a quanto Gesù ci ha insegnato con i suoi comportamenti. Nella attuale situazione di crisi economica il richiamo a uscire dall’egoismo e a impegnare la nostra vita, la nostra persona in opere ed azioni volte al “bene comune” è davvero molto forte e ci interpella nella profondità del nostro essere cristiani. Da cristiani siamo chiamati a vivere il nostro tempo senza sentirsi smarriti davanti alla crisi e ai mutamenti che stanno segnando in modo pesante le famiglie , la politica, l’economia , il lavoro , la cultura e soprattutto i giovani e il futuro, ma dobbiamo rispondere alla responsabilità che ci viene dal Vangelo di annunciare Speranza viva. Siamo chiamati prima di tutto a conoscere ed approfondire le cause che ci hanno condotto all’attuale situazione economica e sociale e anche a mettere il nostro impegno costruttivo per un volto nuovo della società, che sia fondato sugli irrinunciabili principi di rispetto per la persona umana e volto alla ricerca anzitutto del bene comune.

IV domenica di Quaresima “Quando era ancora lontano, suo Padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,21) Riflessioni a cura dell’Ufficio Famiglia

Se ci dovessero essere delle persone specializzate nell’amore non dovrebbero essere né i sessuologi né i produttori di pornografia ma i coniugi cristiani, perché hanno dentro un fuoco divino che li chiama a celebrare l’amore nell’arco delle 24 ore. E’ l’amore totalmente gratuito lontano dall’amore del “mi dai tanto e ti do tanto”! E’ l’amore di Cristo che li ha donati l’uno all’altro e li rende capaci di un dono reciproco, che non mette le ali d’angelo agli sposi, ma fa sì che lo Spirito di Cristo prenda corpo, carne, dentro quell’uomo e quella donna. Dall’amore gratuito di Dio la famiglia attinge la forza di perdonarsi; ma perdonare non entra nelle nostre facoltà, non è un atto di decisione. Non siamo noi che perdoniamo, solo Dio può perdonare, noi ci limitiamo a implorare il perdono. L’amore gratuito è un’arte che si apprende in famiglia, quando il lavoro va ben fatto semplicemente perché le cose vanno fatte bene anche quando nessuno mi vede, mi applaude, mi punisce e mi premia; è un amore che veste i panni della dolcezza, della bontà, del servizio, del disinteresse e della stima reciproca. La famiglia, oltre ad essere la scuola degli affetti, si connota, così, anche come la «prima scuola di virtù sociali». Essa possiede infatti una specifica e originaria dimensione pubblica, che influisce positivamente sul buon funzionamento della società.

V domenica di Quaresima “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” (Gv 8,7)

Riflessioni a cura dell’Ufficio Caritas

Ogni cristiano dovrebbe sempre considerarsi estraneo, straniero. La nostra fede ci induce a pensare che siamo di passaggio, migranti in questo mondo, erranti verso la vera vita. Se ci riconoscessimo come straneri, migranti e erranti, ogni persona accanto a noi potremmo considerarla come compagno di viaggio, come un altro come noi, anch'esso in cammino. Questa comunanza alla radice dell'essere ci porta oltre ogni divisione, giudizio e pregiudizio e ci obbliga a vedere l'altro come non più nella sua l'alterità, ma nel suo essere parte di un noi, di un popolo in cammino. Le parole di Gesù riportano l'adultera nel cuore dell'io e della comunità, in una comunanza che considera le nostre fragilità come


punto di partenza. Di fronte all'altro dovremmo chiederci – chi di noi non ha mai...- e ci troveremmo improvvisamente coinvolti in una comunione di umanità che ci porterebbe a pensare non più nei termini della chiusura all'altro, ma dell'apertura. Promuovere il cammino degli uomini, sostenere la vita soprattutto quando la strada diventa difficile e la dignità di ogni persona quando vacilla, significa sostenere la nostra vita, la vita delle nostre comunità e dell'umanità stessa. Il cammino che dobbiamo percorrere per giungere a Dio non è un cammino individuale, ma è il cammino dell'umanità intera di cui ognuno di noi è responsabile.

Domenica delle Palme Riflessioni a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali

VOTARE BARABBA Riflettere sull’atteggiamento tenuto dalla folla davanti a Gesù con il voltafaccia dalla esaltazione alla condanna, significa interrogarci anche sulla dimensione dell’essere folla. Tanti individui riusciranno spesso a diventare folla. Un insieme di persone non potrà mai esserlo: casomai potrà diventare comunità, ma folla mai. Ed è questa – la capacità di vivere da persona - la chiave di lettura eterna che può aiutarci nelle letture della Passione ma anche nei sentieri della vita. Troppo facile, ieri come sempre, per chi vuole manipolare un essere umano, far leva sui meccanismi dell’inganno in modo da far vincere la folla: terreno spianato, in particolare, se la persona rinuncia a questa sua dimensione – una dimensione fatta di complessità e impegno, di responsabilità e autonomia, di rispetto e fatica – accettando di imboccare sentieri all’apparenza più facili ma in realtà destinati a terminare solo dove desidera qualcuno di altro. Un discorso che calza bene oggi, davanti al grande potere dei media. Tradizionali e nuovi, i media vanno comunque conosciuti. La loro cifra – l’ambivalenza: il fatto di poterci sia liberare che manipolare – magari ci è pure nota, ma è facile dimenticarla, è consolante essere convinti di scegliere quando in realtà si è solo scelti. Nell’aver abbandonato la comunque impegnativa dimensione di cittadino per arretrare in quella di suddito si finisce addirittura per essere contenti (almeno fin quando qualcuno, o qualcosa, non ci risveglia dal torpore). Davanti alla scelta se preferire la verità del Cristo oppure la simpatia di un brigante che magari non si chiamerà più Barabba, a noi – dopo adeguati “trattamenti”, oggi soprattutto mediatici, a servizio dei quali si muovono soldi e tecniche – sembrerà perfino convincente e giusto puntare tutto su Barabba. Quotidiani gli esempi in cui, ritenendo di essere liberi, ma rispondendo nella realtà a disegni bene impostati altrove, ciascuno di noi finisce per votare Barabba.

Settimana Santa e Pasqua “Perché cercate tra i morti colui che è vivo. Non è qui, è risorto” (Lc 24,5)

Riflessioni a cura dell’Ufficio Catechistico

La Pasqua è la festa del passaggio. La festa dell’Amore, della forza capace di spezzare la morte, quella fisica del corpo e quella spirituale dell’egoismo. Morendo in croce il Signore ci ha insegnato cosa significa amare, ci ha mostrato il volto dell’amore, ha reso visibile la strada che attraversa e vince ogni morte. Portare sempre nel cuore la croce di Gesù significa non dimenticare mai che esiste l’amore, e che l’amore è più grande di ogni morte. La salvezza sta nell’aprirsi a questo amore, nel guardare il Signore e riconoscere che Lui è l’amore, nel riconoscere che l’Amore ci insegna a vedere l’invisibile, a vedere quelle cose che nel mondo sembrano non contare, ma che sono le uniche che rimangono e che aprono strade impensate nei cuori degli uomini. Vivere la Pasqua è non dimenticare questo Amore. Se nel cuore porteremo sempre questo amore, allora Egli, il risorto ci diventerà visibile, ma se come le donne al sepolcro, cerchiamo Dio con i nostri occhi, con gli occhi di tutti i giorni, gli occhi che vedono concorrenti, affari, nemici, interessi, occhi che dimenticano la grandezza dell’amore crocifisso, allora Lui non lo vedremo. Facciamo Pasqua aprendo gli occhi all’Amore crocifisso, proviamo a vivere di quell’Amore, e allora Egli, il Signore verrà a noi, e la morte, ogni morte, sarà vinta.


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