CARITAS%20DOSSIER%202012(2)

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Caritas diocesana di Pistoia Progetto MIROD

rEsistiamo!

Dossier 2012 Caritas Pistoia sulle povertĂ e le risorse



Indice

Introduzione

Marcello Suppressa

Nota

5

9

Capitolo 1 I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

11

Capitolo 2 Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

43

Capitolo 3 Riflessioni e proposte A partire dall’esperienza delle Caritas parrocchiali e di chi è impegnato sui temi della marginalità, del carcere, del disagio mentale e dell’immigrazione

55

Capitolo 4 Camminare accanto: famiglia e carità Un contributo della Pastorale con la Famiglia

65



Introduzione rEsistiamo!

Il titolo del nostro Dossier 2012 è un’esortazione: rEsistere! ed insieme un’ affermazione: Esistere! È un invito all’ascolto di un grido “corale”, un grido silenzioso di sempre più persone che con fatica, dignità e costanza, quotidianamente, ce la mettono tutta per andare avanti. I nostri Centri di Ascolto, i nostri servizi, le nostre parrocchie lo conoscono bene! È un grido che si fa preghiera e denuncia, ogni giorno. La nostra Costituzione, a noi tanto cara, ci ha trasmesso i valori imprescindibili di uguaglianza sociale; in questo momento, dobbiamo riconoscerlo, stiamo vivendo uno stato di emergenza che confonde le idee, che fa paura, che fa tremare. Stiamo attraversando un dopoguerra “moderno”, dove ci si mette in fila per il pacco alimentare con il cellulare, per parlare con i parenti dall’altra parte del modo… ma stiamo parlando di vera POVERTÀ! Quello che ci fa misurare, toccare con mano, tutto ciò è, spesso, l’incapacità di sognare della gente. I nostri Centri ci parlano di persone che non riescono a guardare al futuro, di rapporti familiari sempre più in crisi per


effetto dell’impoverimento, di solitudini immense, di depressioni e senso di inutilità. I nostri Centri ci parlano anche di persone che, silenziosamente, ce la stanno mettendo tutta, che non si arrendono. Ecco perché rEsistiamo!, per racchiuderli tutti quanti. Per esortare, incoraggiare, cercare di infondere speranza e sogno; per dire a chi sta lottando quotidianamente: non mollare! Le associazioni, le cooperative, le parrocchie, il Servizio Sociale, il volontariato… tutti insieme possiamo farcela! Facendo rete, strutturandosi, organizzando la carità, che non è altro che l’Amore. Evitando personalismi e assistenzialismo. Alimentando la fiducia, la forza delle belle idee, investendo sulle buone prassi. Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: "Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola". Io sono sceso nella bottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso. Dio non ci butta mai via! Ci rimette sul tornio, ci riprende, ci lavora ancora con la pressione dolce delle sue dita, con il calore del palmo della sua mano. Dobbiamo avere questa fiducia! Se Dio ha una mania è quella di sperare nell’uomo! Non siamo mai inutili, mai da buttare per il Signore.


Possiamo essere creta che viene male sette volte, ma saremo rimessi sul tornio otto volte. Vivere è l'infinita pazienza di resistere e ricominciare: il vaso riuscirà! Il nostro deve essere un cammino che riprende, nonostante tutto. La piccola sillaba iniziale del titolo, che racchiude tutta l’affermazione e la voglia di cambiamento, esistenza e resistenza, è il prefisso della fedeltà di Dio e della speranza dell’uomo. È il prefisso che genera futuro, in tutte le notti del presente.

Marcello Suppressa Direttore della Caritas diocesana di Pistoia



Nota La redazione di “rEsistiamo!” è stata coordinata da Stefano Simoni e Giovanni Cerri dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas diocesana di Pistoia. Il Dossier è stato realizzato con la stretta collaborazione degli altri componenti dell’équipe della Caritas diocesana di Pistoia: Marcello Suppressa, Direttore, don Paolo Tofani, Vicedirettore, Sara Lupi, Francesca Meoni, Rita Ragno. AI lavori di gruppo riassunti nel Capitolo 3 hanno partecipato rappresentanti di: Associazione CEIS Pistoia, Associazione Il Delfino, Associazione Portaperta, Associazione San Martino de Porres, Cooperativa Il Baobab, Cooperativa In Cammino, Caritas parrocchiale di Sant'Agostino, Caritas parrocchiale di Limite sull’Arno e Capraia, Caritas parrocchiale di San Bartolomeo, Caritas parrocchiale dell'Immacolata e Gruppo Caritas di San Marcello Pistoiese. Inoltre, la Pastorale con la Famiglia della Diocesi di Pistoia ha partecipato al Dossier con un suo contributo che pubblichiamo nel Capitolo 4. Fondamentale per realizzare questo lavoro è stato il contributo degli Operatori dei Centri d’Ascolto, grazie al loro costante e puntuale inserimento, aggiornamento e cura delle informazioni raccolte.



Capitolo 1 I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Premessa In questo primo capitolo del Dossier presentiamo una duplice selezione della informazioni raccolte presso i Centri d’Ascolto della rete presente nella Diocesi di Pistoia1 . In particolare, nel primo paragrafo riportiamo alcune informazioni essenziali sulla situazione anagrafica, sulle problematiche rilevate e sulle richieste effettuate dalle persone ascoltate durante l’intero anno 2011. Possiamo dire che si tratti della “fotografia” del complesso delle situazioni osservate nei Centri della rete pistoiese lungo l’arco di un anno solare. Per completezza, nel paragrafo abbiamo ritenuto opportuno riportare alcuni dati di confronto fra la situazione rilevata nel 2011 e le analoghe informazioni relative ai tre anni precedenti. Successivamente abbiamo inteso portare, come già nei precedenti rapporti diocesani di osservazione delle povertà, un contributo che definiamo maggiormente dinamico. In altri termini, il secondo paragrafo del presente capitolo contiene l’analisi storica di alcuni indicatori relativi alle persone ascoltate e prese in carico nei Centri per cinque distinti ed omogenei periodi di osservazione, nello specifico i primi semestri di cinque anni consecutivi, dal 2008 all’anno in corso, il 2012. L’obiettivo di questa sezione del capitolo è di facilitare una riflessione con cognizione di causa sulle tendenze in atto in relazione alla “temperatura” dei problemi sociali dei nostri territori, abbracciando un arco temporale di cinque anni attraversato, 1

La rete diocesana dei Centri d’Ascolto, che fa riferimento al progetto di rete Caritas regionale denominato Mirod, comprende attualmente il Centro d’Ascolto diocesano di Pistoia operante presso l’Associazione San Martino de Porres, lo Spaccio della Solidarietà della Misericordia di Pistoia, il Volontariato Vincenziano di Pistoia centro, il Centro d’Ascolto zonale S. Maria Assunta di Quarrata, il Centro d’Ascolto zonale Don Tonino Bello di Agliana, il Centro d’Ascolto parrocchiale di Oste e il Centro d’Ascolto zonale del Montalbano meridionale situato a Poggio a Caiano e Carmignano.


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

come ben sappiamo, da una crisi socio-economica nella quale ci troviamo, purtroppo, ancora immersi. Ci soffermeremo nel corso del paragrafo su alcuni indicatori che abbiamo ritenuto particolarmente significativi e che colgono a nostro avviso più di altri la dinamicità, purtroppo in negativo, esistente nella nostra diocesi in relazione alle categorie di chi vive una situazione di disagio conclamato o una vulnerabilità sociale che, anno dopo anno, scivola sempre più frequentemente, e non di rado in modo improvviso e drammatico, nell’esclusione sociale.

I principali dati del 2011 Le persone ascoltate nel corso del 2011 nei 7 Centri d’Ascolto della rete Mirod presenti nella Diocesi di Pistoia sono state 1734, un valore praticamente stabile rispetto al 2009 e al 2010 (erano rispettivamente 1757 e 1693) 1693, ma con un incremento del 38,2% rispetto al 2008 (1225 persone). Il 56,1% delle persone è di provenienza straniera. Gli italiani erano poco più del 28% nel 2008, nel 2009 erano il 43%, nel 2010 sono giunti al 44,7%, per stabilizzarsi al 43,9% nel 2011. In altre parole, gli italiani erano, fino a tre anni fa, poco più di un quarto del totale delle persone accolte2 ma, dal 2009, costituiscono quasi la metà dei soggetti presi in carico dal CdA. Il 61,3% delle persone è di sesso femminile. Il 52% delle persone che frequentano i Centri ha tra i 25 e i 45 anni, dato pressoché stabile negli anni. Tuttavia, osserviamo che l’età media delle persone accolte è in costante, sensibile aumento: per gli italiani si situa a 49 anni (41 anni nel 2004), per gli stranieri intorno ai 39 anni (33 anni nel 2004). Il 13,9% degli italiani ha più di 65 anni, rispetto al 12,7% del 2010. Le persone ascoltate hanno dichiarato, complessivamente, di avere a carico 2415 figli, dei quali 1901 conviventi. Hanno almeno un

2

Il Centro d’Ascolto (che spesso nel seguito sarà indicato semplicemente con l’acronimo CdA) è, per definizione, un luogo di ascolto, tuttavia si usa comunemente trattare di persone “accolte” come sinonimo di “ascoltate”, per evidenziare la natura di sostegno umano e di vera e propria accoglienza insita in questo servizio della Chiesa. 12


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

figlio a carico il 57,7% delle persone di sesso maschile e l’80,2% delle donne. Sommando il dato delle persone ascoltate, dell’eventuale coniuge e/o convivente e dei figli coabitanti, giungiamo a un totale di 4839 persone, cifra che possiamo definire una stima certamente per difetto del numero complessivo di persone coinvolte, direttamente o indirettamente, in un rapporto di aiuto e sostegno con uno dei Centri Caritas della rete pistoiese. Questa informazione, riferita ad un territorio popolato complessivamente da circa 160.000 persone 3, ci pare, forse più di altre, particolarmente significativa. Il 2,8% delle persone accolte dichiara di essere senza alloggio (rispetto al 2,5% del 2010 e all’1,8% del 2009) e il 5,5% vive in alloggi di fortuna (contro il 6,1% del 2010 e il 5,1% del 2009). Un 8,6% vive in appartamento/casa di proprietà, un altro 9,3% vive in alloggi di edilizia popolare: di questi, oltre 8 su 10 sono cittadini italiani. Vive in affitto il 48,3% degli italiani, così come il 71,4% degli stranieri. Da notare che nel 2008 il 9,8% degli italiani viveva in casa di proprietà, percentuale salita nel 2009 al 12%, nel 2010 al 14,4% e che si attesta al 15,4% nel 2011. Il 39,6% degli stranieri ha almeno un diploma o titolo equivalente (ma erano oltre il 50% nei tre anni precedenti), a fronte di un 80% e oltre di italiani che ha un titolo di studio uguale o inferiore alla licenza media inferiore. La disoccupazione colpisce il 63,9% delle persone, dato elevato anche se in calo rispetto agli anni scorsi (67,2% nel 2010, 69,7% nel 2009, 67,4% nel 2008), fatto che evidenzia l’apparire in rilievo dei cosiddetti working poors, ossia di chi, pur avendo un’occupazione, non riesce a garantire a se stesso o alla propria famiglia di tenersi al di fuori della soglia di povertà. È disoccupato il 60,9% degli italiani (62,1% nel 2010, 64,1% nel 2009, 65% nel 2008) e il 66,3% degli stranieri (71,3% nel 2010, 73,6% nel 2009, 73% nel 2008). Circa il 14% degli italiani è pensionato. Tra gli stranieri, circa il 47% proviene da un paese europeo. La provenienza principale è dal Marocco (29,8%, dato tendenzialmente in crescita, considerando il 26,3% del 2010, il 23,3% del 2009 e il 24,3% del 2008), seguita dalle presenze di cittadini dell’Albania

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Ricordiamo che i Centri della rete Mirod sono situati a Pistoia, Agliana, Quarrata, Poggio a Caiano, Carmignano e Oste. 13


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

(26,2%, percentuale in crescita sensibile negli anni, visto che erano il 25,7% nel 2010, il 25,3% nel 2009 e il 20,7% nel 2008), della Romania (16,4%, dato in calo in questi ultimi anni, ricordando il 21,5% del 2010, il 22,4% del 2009 e il 27,5% del 2008) e della Nigeria (8,1%, rispetto al 6,4% del 2010 e al 5,3% del 2009). Circa il 2% degli stranieri dichiara di essere in Italia da un anno o meno. Inoltre, il 74% degli stranieri che si recano al Centro è arrivato in Italia da 5 anni o più. Il 20% degli stranieri non comunitari non ha permesso di soggiorno, dato in linea con le precedenti rilevazioni annuali, considerando ad esempio il 22% del 2008. Le problematiche emerse, che comprendono quelle dichiarate dalle persone accolte nonché quelle eventualmente dedotte dagli operatori dei CdA, toccano soprattutto le questioni della povertà di risorse materiali (43,8%, rispetto al 46,8% del 2010 e al 39,2% del 2009), del lavoro (disoccupazione, sottoccupazione, sfruttamento, in totale il 22% dei casi, rispetto al 26,9% del 2010 e al 31,7% del 2009), della famiglia (11,8%), della casa (6%) della salute (4,9%) e delle dipendenze da sostanze e gioco (2%). Il 55,7% delle richieste esplicitamente fatte dalle persone ascoltate riguarda beni e servizi materiali. È un dato in crescita sensibile, visto che tali richieste si attestavano al 47% nel 2010 e al 46,7% nel 2009). In netto calo risultano le domande di lavoro (13,2%, erano il 28,6% nel 2010, il 29,9% nel 2009 e il 30,1% nel 2008), anche in conseguenza del fatto che i CdA riescono raramente, in questi anni di crisi economico-sociale, a poter garantire un supporto adeguato nella ricerca di un’occupazione. Cresce la rilevanza percentuale delle richieste di sussidi economici, che sono passate dal 10,2% del 2009 al 12,5% nel 2010, per toccare il 18,9% nel 2011: quasi un raddoppio dell’incidenza di queste richieste in soli tre anni. Da segnalare le domande esplicite di un ascolto legato a progetti di accompagnamento e orientamento, da svolgersi spesso insieme con altre realtà del pubblico-privato sociale, che nel complesso riguardano il 7,5% del totale delle richieste (erano il 9,6% nel 2010).

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I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Dati a confronto: i primi semestri dal 2008 al 2012 Nel corso del primo semestre 4 del 2008 sono state ascoltate 760 persone, nel IS 2009 quasi 300 in più, per l’esattezza 1055. Nel corso del IS del 2010 le persone ascoltate sono risultate 1256 e un numero praticamente identico, 1254 persone, corrisponde al IS del 2011 (Grafico 1). Infine, nel IS del 2012 le persone accolte sono risultate 1434. Grafico 1 - persone ascoltate 1434 1256

1254

IS 2010

IS 2011

1055 760 IS 2008

IS 2009

IS 2012

Il Grafico 1 mostra chiaramente come il numero complessivo di persone ascoltate abbia subito, nel passaggio fra il 2008 e il 2010, una crescita particolarmente rilevante, per poi stabilizzarsi tra il 2010 e il 2011 su cifre del 60% e passa superiori rispetto alla media che si aveva fino al 2008. Infine, nel corso del primo semestre di questo ultimo anno assistiamo ad un ulteriore incremento del numero di persone accolte, pari al 14,4% rispetto al 2011. Se guardiamo alla distribuzione delle persone ascoltate nelle tre aree della diocesi in cui, schematicamente, possiamo suddividere il territorio nel quale si trovano i Centri della rete, notiamo quanto riportiamo nella Tabella 1.

4

Nel seguito “primo semestre” sarà indicato anche con la dicitura IS. 15


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Tabella 1 - persone ascoltate per area 5 IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Pistoia città

581

829

916

924

1072

Montalbano

70

100

120

131

177

Agliana-Oste

109

126

220

199

185

760

1055

1256

1254

1434

totale

Curiosamente, la crescita nel numero di persone accolte non si verifica in tutte e tre le aree: in termini percentuali il maggiore incremento si ha nell’area del Montalbano, a fronte di una riduzione nella zona di Agliana-Oste. I Centri della città sede diocesana accolgono complessivamente, in tutti i cinque periodi di riferimento, quasi i 3/4 delle persone e restano pertanto il maggiore punto di riferimento per le persone bisognose presenti nel territorio diocesano pistoiese. I numeri che pubblichiamo in questo Dossier tengono conto solo in piccola parte dell’attività di ascolto, accoglienza e aiuto materiale di tutte quelle realtà parrocchiali e associative che non sono direttamente parte della rete informatica di rilevazione. Infatti, oltre ai Centri elencati nella Nota 1, solo alcune delle parrocchie della città partecipano indirettamente alla rilevazione dei dati fornendo le informazioni raccolte al Centro d’Ascolto diocesano. Tenendo conto che aree come quelle di Montale, Serravalle, Casalguidi, per non parlare dell’intera montagna pistoiese, non fanno ancora parte della rete diocesana, possiamo affermare che i dati sulla povertà potenzialmente a disposizione della Chiesa locale ci porterebbero a cifre ben maggiori di quelle che presentiamo in queste pagine. Finora abbiamo parlato del numero di persone accolte. A questa informazione è necessario associare il dato sulle presenze, ossia sul numero di visite effettuate da chi è registrato al Centro (Grafico 2).

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L’area Montalbano ha come riferimenti i CdA di Quarrata e Poggio a Caiano. 16


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 2 - numero di visite

5200

5814

IS 2010

IS 2011

11378

3450 1855

IS 2008

IS 2009

IS 2012

Se vogliamo avere un quadro più preciso della cosiddetta “intensità” del rapporto instaurato dalle persone ascoltate con il Centro, ossia della frequentazione più o meno assidua di chi è registrato presso un CdA, dobbiamo leggere insieme i Grafici 1 e 2. Il dato che balza maggiormente all’occhio riguarda il fatto che, fra il 2011 e il 2012, è praticamente raddoppiato il numero totale di visite delle persone, a fronte di un incremento numerico di queste pari al 14,4%, come abbiamo scritto poc’anzi. Pertanto, cercando di riassumere le informazioni dei due suddetti grafici, il numero medio di contatti durante il semestre con il CdA, che era pari a 2,4 nel IS 2008, sale a 4,1 nel IS 2010, a 4,6 nel corso del 2011, fino a toccare la notevole quota di 7,9 nel primo semestre del 2012. Quasi 8 visite in media in un solo semestre, oltre una al mese. Si tratta di cifre notevoli, che, oltre a mostrare in modo lampante la difficoltà delle situazioni di un numero crescente di persone, testimoniano che il CdA si configura sempre più non solo come risorsa di emergenza a cui fare riferimento una tantum, bensì come luogo in cui è possibile, non solo in linea di principio ma nei fatti, avviare un percorso di accompagnamento e promozione della persona. Dobbiamo ricordare, infine, che questi numeri indicano un carico di lavoro crescente per gli operatori dei Centri. Nel IS 2008 la presenza italiana si attestava al 27,0%. Nel 2009 abbiamo assistito ad una crescita percentuale di italiani molto rilevante, passati ad essere il 42,4% del totale. Nella prima parte del 2010 la tendenza si è rafforzata ulteriormente (46,0%), fino ad avere nel 2011 e nel 2012 percentuali simili: gli italiani risultano adesso il 44,8% del totale delle persone (Grafico 3).

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I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 3 - presenza di italiani (%) 46,0

45,6

44,8

IS 2010

IS 2011

IS 2012

42,4

27,0

IS 2008

IS 2009

L’aumento considerevole delle persone accolte e l’incremento tra queste degli italiani segnala un dato ormai noto, ma che è importante evidenziare una volta di più: l’impoverimento della persona, in particolare italiana, e, in special modo, della famiglia nel suo complesso risultano in costante crescita. Consideriamo, inoltre, che, tradizionalmente, gli autoctoni presentano una certa ritrosia nel presentarsi ad un Centro d’Ascolto. Questo evidente “boom” di presenze italiane, ormai consolidato negli ultimi anni, può essere visto come un sintomo allarmante di un disagio insostenibile per una fetta crescente della popolazione di origine italiana, tanto che le tradizionali ragioni per non presentarsi ad un CdA, legate ad un senso di dignità e al timore dello stigma, vengono meno. Tuttavia, possiamo anche supporre che i Centri attivi sul territorio siano riusciti a divenire, in questi anni, dei punti di ascolto della cui operatività un numero crescente di persone si fida, inclusi tanti italiani. Come sempre, forse la verità su questa crescita impetuosa di presenze italiane sta nel mezzo: certamente saranno le evoluzioni della società locale, e soprattutto del mercato del lavoro, a determinare in futuro, più di ogni altra componente, il consolidarsi o meno di una massiccia presenza delle persone italiane ai Centri. Per gli italiani, va evidenziata una crescita, fra il 2008 e il 2010, dell’incidenza di presenza delle persone di sesso maschile. Negli

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I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

ultimi due semestri considerati la presenza maschile si mantiene , in pratica, percentualmente costante (Grafico 4).

Grafico 4 - presenza di italiani maschi (%) 48,8 46,7

47,4

43,0 38,0

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Fra il 2008 e il 2010 le persone che vivono in nucleo familiare sono passate dal 70,7% al 72,6%, per attestarsi intorno al 77% nei primi semestri del 2011 e del 2012. Nello stesso intervallo di tempo si sono ridotte sensibilmente le presenze di persone che vivono in nucleo non familiare6 (dal 16,6% al 6,7% nel periodo considerato) e subisce un incremento la porzione di persone che vivono da sole (dal 12,7% al 16,3%, Grafico 5).

6

Per convivenza in nucleo non familiare si intende la coabitazione con persone - anche parenti non stretti - con cui si convive prevalentemente per ragioni di convenienza e/o di amicizia. 19


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 5 - tipo di convivenza (%) 77,4 72,6 69,2

70,7

16,6

12,7 12,5

18,3

17,9

17,0

9,5 5,6

IS 2008

IS 2009

nucleo familiare

IS 2010

77,0

IS 2011

nucleo non familiare

16,3 6,7

IS 2012

da solo/a

Troviamo significativa la situazione sintetizzata nel Grafico 5. Da un lato, complessivamente aumenta nei cinque anni il numero di chi, forse vittima di un lavoro che non c’è più, non riesce a staccarsi dalla famiglia o è costretto a rientrarvi. D’altro canto, c’è una presenza significativa di persone che non riescono a costruire o recuperare i rapporti parentali e che pertanto vivono al di fuori della famiglia d’origine o di quella che hanno costituito in precedenza. A proposito della convivenza familiare, ci preme ricordare che i dati raccolti nei Centri sono relativi alla singola persona e non al nucleo familiare (se c’è) di riferimento. Per cercare di tener conto della presenza di familiari, consideriamo i due grafici seguenti, relativi al numero di figli conviventi con la persona accolta (Grafico 6) e ad una stima di massima del numero di familiari, ottenuto sommando il dato delle persone ascoltate, dell’eventuale coniuge e/o convivente e dei figli coabitanti7 (Grafico 7).

7

Questo valore fornisce una stima per difetto del numero complessivo di persone facenti parte dei nuclei familiari coinvolti, in quanto è un dato che non comprende, ad esempio, eventuali figli non conviventi e anziani a carico. 20


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 6 - numero di figli conviventi 1441

1544

1644

IS 2010

IS 2011

IS 2012

1210 556

IS 2008

IS 2009

Grafico 7 - stima del numero familiari 3910

4173

4433

IS 2010

IS 2011

IS 2012

3204 1921

IS 2008

IS 2009

I due precedenti grafici mostrano, fra gli estremi dei 5 periodi considerati, una crescita di circa tre volte nel numero dei figli coabitanti con le persone prese in carico nei Centri e un numero dei familiari coinvolti più che raddoppiato, mentre i soggetti registrati nei CdA sono aumentati di poco meno del 90% (Grafico 1). In altre parole, stiamo assistendo ad una variazione sensibile della condizione domestica delle persone che frequentano i Centri, perché queste hanno un carico familiare di anno in anno crescente, informazione che certamente concorda con le osservazioni relative alla necessità di una frequentazione più assidua, rispetto al passato, dei punti d’ascolto.

21


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 8 - età media 47,1

47,9

48,5

50,0

45,7

36,3

37,1

38,2

38,9

38,0

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

italiani

stranieri

Gli stranieri che frequentano i CdA risultano da sempre, comprensibilmente, in media più giovani degli italiani. Dal Grafico 8 osserviamo, inoltre, che l’età media delle persone italiane tende a crescere8 , fino a toccare ormai quota 50 anni: un dato particolarmente allarmante, che testimonia purtroppo il rafforzarsi del disagio nelle fasce d’età relativamente avanzate, fra le più penalizzate nel contesto sociale attuale, come vari indicatori lavorativi e familiari ci mostrano. In relazione alle fasce d’età abbiamo posto da sempre, nei nostri Dossier, particolare attenzione alla condizione dei pensionati, nella quasi totalità di nazionalità italiana. Nel Grafico 9 mostriamo l’incidenza di presenze appartenenti a questa categoria rispetto al totale delle persone italiane: incidenza che, dopo una sostanziale diminuzione fino al 2010, ha subito negli ultimi due periodi semestrali esaminati un improvviso, sensibile aumento.

8

Per un confronto con dati meno recenti, si consideri che l’età media delle persone era, nel 2004, di circa 42 anni per gli italiani e di circa 32 per gli stranieri. Il dato sugli stranieri mostra una certa stabilità dell’età media negli ultimi periodi presi in esame, mentre l’età media degli autoctoni continua a crescere sensibilmente, di anno in anno. 22


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 9 - pensionati italiani (%) 15,1

16,0

14,7 12,6 11,6

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Per quanto concerne lo stato civile, se da una parte va notata la forte presenza di celibi e nubili fra gli italiani, sempre intorno al 30% nei 5 periodi considerati, dall’altra è importante evidenziare, per gli stranieri, la crescita sensibile di coniugati avvenuta fino al 2011 e che ha subito nella prima parte del 2012 una certa contrazione, come il Grafico 10 ci mostra. Grafico 10 - stranieri coniugati (%) 76,7 71,1

70,0 65,5

66,1

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Se leghiamo, per gli stranieri, il dato sullo stato civile con quello sulla convivenza, in questi cinque anni assistiamo ad una crescita di stranieri che vivono nella propria famiglia (dal 71,2% del 2008 all‘82,9% del IS del 2012) e, come da Grafico 10, ad una crescita complessiva dei coniugati, pur se il 2012 si sta muovendo, almeno per il primo semestre, in sensibile controtendenza. Queste due informazioni, pur con la cautela indotta dal dato del IS 2012, possono essere lette in due modi: da una parte si può parlare di un 23


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

radicamento crescente in Italia delle persone di origine estera, ovvero di un numero sempre maggiore di immigrati dall’estero che vivono qui con la propria famiglia. D’altro canto, possiamo ipotizzare che sia proprio il recente arrivo dell’intero nucleo familiare, con tutte le spese ulteriori che a questo fatto si legano (ad esempio le spese scolastiche e quelle per i trasporti, la necessità di un’abitazione più ampia e confortevole, ecc.), a suscitare nuovi disagi in chi è arrivato anni fa, inizialmente da solo. La condizione abitativa presenta, nei 5 periodi considerati, alcune variazioni importanti. In particolare, un dato che balza all’attenzione è l’oscillazione sensibile degli italiani che vivono in un alloggio di fortuna o che sono senza dimora: erano il 13% nel IS 2008, scendevano all’8,1% nel 2009, per risalire al 14,9% nel IS del 2010, calavano fino al 12,7% nel IS 2011 per poi giungere, con un netto incremento, al 17% del primo semestre dell’anno in corso (Grafico 11). Grafico 11 - italiani in alloggio di fortuna o senza dimora (%)

14,9

13,0

17,0 12,7

8,1 IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Guardando i dati complessivi sulla tipologia abitativa (Grafico 12), fra gli estremi dei periodi presi in esame cresce la percentuale di chi vive in affitto (dal 55,2% al 61%), ma proporzionalmente aumenta molto di più quella di chi, pur disponendo di una casa di proprietà, è stato costretto dalla situazione familiare a rivolgersi al Centro d’Ascolto (dal 5,7% all’8%, con punte di oltre il 9% nel 2010). Le persone che vivono in casa di proprietà sono, per circa i tre quarti, di cittadinanza italiana. Parallelamente, chi vive presso amici o familiari, condizione un tempo molto frequente fra gli immigrati dall’estero, 24


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

scende dal 19,7% all’8,2%, e l’incidenza complessiva di chi è senza dimora o con abitazione precaria oscilla fra il 7,4% del IS 2008 e il 10,5% del IS 2012. Grafico 12 - condizione abitativa (%)

63,1

60,6

60,1

55,4

61,0

19,7 13,2 7,2 7,7

7,4

11,9 9,2 8,6

8,9

10,5 7,6 8,0

8,0

8,2

5,7

IS 2008

affitto

IS 2009

amici-familiari

IS 2010

IS 2011

IS 2012

precario/senza dimora

casa propria

Nelle rilevazioni precedenti al 2008 circa la metà delle persone ascoltate nei Centri aveva un titolo di studio al massimo pari alla licenza media inferiore. Nel confronto fra i 5 periodi presi in esame il livello medio di qualifica scolastica si è progressivamente abbassato (Grafico 13), in buona parte a causa della crescita della presenza italiana, tradizionalmente con una formazione scolastica mediamente inferiore rispetto agli stranieri. Si consideri tuttavia il Grafico 14, che mostra l’evoluzione della percentuale di stranieri diplomati o laureati. 25


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

In particolare, negli ultimi due fra i periodi presi in esame osserviamo una incidenza sensibile minore di stranieri diplomati o laureati rispetto ai primi tre anni, anche se è opportuno osservare che, ad esempio, nel IS 2011 l’incidenza di italiani diplomati o laureati si attesta al 14,1% e nel IS 2012 a solo il 12%.

Grafico 13 - persone al massimo con licenza media inferiore (%)

63,3

64,4

IS 2009

IS 2010

70,3

71,5

IS 2011

IS 2012

56,5

IS 2008

Grafico 14 - stranieri diplomati o laureati (%) 50,3 46,7

IS 2008

IS 2009

45,0

IS 2010

36,4

36,6

IS 2011

IS 2012

In relazione alla condizione professionale, è comune la preponderanza di persone registrate di Centri che versano in condizione di disoccupazione. Tuttavia, assistiamo negli anni ad una diminuzione dell’incidenza percentuale di disoccupati fra coloro che frequentano i Centri (Grafico 15). Il dato sui non occupati resta 26


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

estremamente rilevante, ma va osservato come, di anno in anno, verifichiamo una crescita di presenze di persone che frequentano i Centri pur avendo un lavoro. In quest’ultimo caso si tratta non di rado dei cosiddetti working poors, e fra di essi annoveriamo certamente persone con contratti a progetto di bassa rendita, sottoccupati, lavoratori part-time, cassaintegrati e così via.

Grafico 15 - disoccupati (%) 71,6 66,8

66,6 64,6 61,6

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

L’analisi delle problematiche 9 espresse dalle persone accolte (Grafico 16) mostra un quadro di evoluzione che vede una recente crescita dei problemi legati direttamente alla povertà economica. È opportuno evidenziare che, quando parliamo di problematiche, queste sono esplicitamente dichiarate dalle persone, oppure dedotte durante i colloqui dagli operatori che effettuano l’ascolto. In ogni caso, nel conteggio delle problematiche rilevate rientrano soprattutto i bisogni maggiormente urgenti per le persone. Quindi, la crescita 9

Sulla definizione di “bisogno” (o problematica), a nostro avviso non banale, riportiamo la definizione tratta da “I ripartenti - Rapporto 2012 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia”, Caritas Italiana, 2012: “Il ‘bisogno’ rappresenta una o più situazioni di difficoltà in cui una persona viene a trovarsi in un determinato momento della propria vita. La difficoltà può nascere da situazioni occasionali (ad esempio la perdita di un familiare), può essere cronica o manifestarsi in modo continuativo nel tempo oppure può alternarsi a momenti in cui la persona fuoriesce dallo stato di bisogno.” 27


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

dell’incidenza dei problemi di povertà economica può leggersi come un’effettivo aumento in termini quantitativi (maggior numero di persone povere), ma anche come una crescita del fenomeno nel senso di aumentata percezione di impoverimento da parte delle persone accolte, ossia in termini qualitativi. Fra i dati riportati nel Grafico 16 segnaliamo la forte accelerazione dell’incidenza dei problemi legati alla famiglia nei primi semestri degli ultimi due anni (da un valore oscillante intorno a una media del 7-8% a quasi il 16%). È opportuno dire che nella definizione della categoria dei problemi familiari rientrano questioni come la disoccupazione o la malattia/disabilità di un congiunto, solo per citare i casi più frequenti. Ed è proprio la disoccupazione di un congiunto o familiare il problema maggiormente presente in quest’ultima categoria10 , tanto che possiamo dire che, al calo dell’incidenza dei problemi occupazionali (dal 34,1% del IS 2008 al 22,5% del IS 2012), fa da contraltare la crescita di coloro che dichiarano problemi di lavoro non per se stessi ma per un proprio familiare.

10

Si vedano a questo proposito le osservazioni sintetizzate nelle Tabelle 8, 9 e 10 del presente capitolo. 28


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 16 - problematiche (%)

40,8

44,4

38,9 34,1

31,7

44,0

26,2

43,6

24,3

22,5 15,8

12,2 7,0

6,3

IS 2008

7,5

9,4

8,4

6,9

7,2 5,3

IS 2009

IS 2010

povertà economica abitazione

IS 2011

IS 2012

occupazione-lavoro famiglia

Con l’intento di approfondire quanto evidenziato nel Grafico 16, riportiamo di seguito alcune tabelle che descrivono in modo dettagliato l’evoluzione nei 5 anni delle problematiche legate alle categorie del lavoro, della povertà economica, della famiglia e dell’abitazione tenendo conto delle tre aree in cui abbiamo idealmente suddiviso il territorio in cui sono presenti i CdA della rete (cfr. Tabella 1). Inoltre, per ciascuna delle 4 categorie di bisogno sopra considerate abbiamo operato una scomposizione del dato descrivendo, per ciascuna area territoriale, la variazione relativa dei 4 principali problemi di ogni categoria.

29


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Tabella 2 - Pistoia città problematiche del lavoro % sul totale problemi lavoro disoccupazione orario di lavoro insufficiente sottoccupazione cassa integrazione/ mobilità

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

82,5

89,1

90,1

94,4

84,5

8,9

8,0

6,4

2,3

6,5

6,0

1,5

1,3

1,3

4,5

0,4

1,0

1,5

1,6

2,1

Tabella 3 - Montalbano problematiche del lavoro % sul totale problemi lavoro disoccupazione orario di lavoro insufficiente sottoccupazione cassa integrazione/ mobilità

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

78,1

78,6

88,1

92,2

81,6

10,6

8,6

3,5

0,9

6,0

0,0

0,0

0,9

1,8

3,2

0,0

2,5

4,1

4,7

3,2

Tabella 4 - Agliana-Oste problematiche del lavoro % sul totale problemi lavoro disoccupazione orario di lavoro insufficiente sottoccupazione cassa integrazione/ mobilità

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

87,0

90,3

94,1

96,5

88,9

3,9

2,0

0,0

0,0

1,0

3,6

2,3

1,4

1,7

4,9

0,0

0,0

2,0

0,0

1,0

Dalle Tabelle 2, 3 e 4 possiamo dedurre facilmente che, tra i problemi del lavoro, la prevalenza netta in tutte e tre le aree è legata alla disoccupazione, come il Grafico 15 ci lasciava supporre. Da non trascurare l’incremento significativo delle questioni della cassa integrazione e della mobilità a Pistoia e, nell’area del Montalbano, la comparsa negli ultimi anni delle questioni della sottoccupazione e, di

30


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

nuovo, della cassa integrazione/mobilità, anche se fino ad ora si tratta di rilevanze percentuali relativamente basse. Tabella 5 - Pistoia città problematiche di povertà economica % sul totale problemi povertà reddito insufficiente nessun reddito difficoltà gestione del reddito indebitamento

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

54,6 11,5

58,1 10,6

56,2 9,8

55,4 12,6

50,4 14,8

7,9

8,7

12,3

11,1

11,8

3,9

5,6

10,5

11,6

15,7

Tabella 6 - Montalbano problematiche di povertà economica % sul totale problemi povertà reddito insufficiente nessun reddito difficoltà gestione del reddito indebitamento

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

68,2 2,5

71,2 2,5

67,4 3,6

77,3 6,0

74,0 11,4

2,9

1,8

4,8

6,0

4,2

1,0

4,9

5,5

8,8

8,9

Tabella 7 - Agliana-Oste problematiche di povertà economica % sul totale problemi povertà reddito insufficiente nessun reddito difficoltà gestione del reddito indebitamento

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011 IS 2012

80,2 2,0

80,5 1,7

84,4 3,9

87,1 6,7

80,6 13,2

1,9

4,1

2,8

1,0

2,3

0,5

1,1

1,6

1,9

2,0

Se analizziamo le Tabelle 5, 6 e 7 possiamo notare una relativa disomogeneità territoriale in riferimento alle questioni delle povertà economica. Nell’area cittadina, infatti, l’incidenza della voce di reddito insufficiente è più bassa rispetto alle altre zone, e pertanto hanno una maggiore rilevanza i fenomeni dell’indebitamento e la scarsa capacità - se non l’incapacità - di gestire adeguatamente il 31


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

bilancio familiare. È importante evidenziare, lungo i 5 periodi esaminati, la crescita significativa, in tutti i territori considerati, della situazione particolarmente allarmante dell’assenza completo di fonti di reddito. Inoltre, ci preme sottolineare la tendenza preoccupante assunta dal fenomeno dell’indebitamento (da problema marginale a questione centrale dell’operato dei CdA, in soli 5 anni), tanto più se consideriamo che questo problema è certamente sottostimato, nei numeri che riportiamo qui, rispetto alla loro entità reale, visto che è molto comune la ritrosia che hanno molte persone nell’affermare di soffrire di tale condizione di disagio, difficoltà che sfocia spesso nel rifiuto di esplicitare il problema. Il timore di ammettere il disagio personale-familiare riguarda anche altre categorie di bisogno, ma nel caso dell’indebitamento, soprattutto se connesso a dipendenza da gioco ma anche all’uso scriteriato di forme di finanziamento (credito al consumo, prestiti da società finanziarie, per non parlare di usura vera e propria), il fenomeno diviene particolarmente sensibile, come conferma l’esperienza degli operatori dei Centri. Tabella 8 - Pistoia città problematiche familiari % sul totale problemi familiari disoccupazione congiunto/familiare disabilità congiunto/ familiare malattia fisico/ psichica cong./fam. maternità nubile/ genitore solo

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

36,0

40,6

43,5

48,1

54,7

10,4

9,6

9,3

8,4

7,9

8,5

8,7

8,9

10,6

12,7

9,4

9,0

7,9

9,3

7,5

32


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Tabella 9 - Montalbano problematiche familiari % sul totale problemi familiari disoccupazione congiunto/familiare disabilità congiunto/ familiare malattia fisico/ psichica cong./fam. maternità nubile/ genitore solo

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

40,8

45,8

43,2

47,7

58,7

12,8

12,6

12,6

12,1

11,4

3,3

2,6

2,6

3,5

3,5

10,0

11,9

12,2

11,7

10,5

Tabella 10 - Agliana-Oste problematiche familiari % sul totale problemi IS 2008 familiari disoccupazione 29,8 congiunto/familiare disabilità congiunto/ 9,8 familiare malattia fisico/ 6,6 psichica cong./fam. maternità nubile/ 10,0 genitore solo

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

35,4

38,1

42,8

54,4

11,3

11,3

8,7

8,1

8,1

9,1

9,3

12,2

12,0

11,3

13,6

11,6

Per quanto concerne le problematiche familiari esplicitate nelle Tabelle 8, 9 e 10, i dati mostrano una caratteristica dei territori del Montalbano e di Agliana-Oste, ovvero l’alto tasso di presenza di madri sole con figli rispetto ad altre parti del territorio diocesano. Per il resto, non osserviamo significative differenze fra i tre territori considerati. Ci preme sottolineare, in richiamo a quanto esposto come commento al Grafico 16, che il problema familiare maggiormente presente è quello della disoccupazione di un congiunto o familiare, e che la tendenza in atto è di un elevato aumento di questa incidenza. Quindi, se da un lato il Grafico 16 mostra una diminuzione percentuale dei problemi di lavoro della persona ascoltata, dall’altro assistiamo ad una forte crescita, nei 5 anni presi in esame, di chi ha 33


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

fatto presente all’operatore del CdA il problema di disoccupazione di un parente prossimo. Tabella 11 - Pistoia città problematiche familiari % sul totale problemi abitativi mancanza di casa sfratto residenza provvisoria abitazione precaria/ inadeguata

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011 IS 2012

31,1 18,3 29,5

29,8 20,0 26,1

30,3 27,2 27,0

27,0 30,0 28,2

24,2 32,9 21,6

9,3

9,4

9,1

8,1

15,0

Tabella 12 - Montalbano problematiche familiari % sul totale problemi abitativi mancanza di casa sfratto residenza provvisoria abitazione precaria/ inadeguata

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011 IS 2012

34,0 12,5 23,0

31,9 14,6 21,6

24,8 17,0 20,0

30,2 17,2 20,4

22,3 21,7 17,4

15,5

14,9

11,5

16,3

21,3

Tabella 13 - Agliana-Oste città problematiche familiari % sul totale problemi abitativi mancanza di casa sfratto residenza provvisoria abitazione precaria/ inadeguata

IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011 IS 2012

19,5 9,4 34,6

23,9 12,6 31,2

19,7 16,8 28,0

22,0 22,4 25,9

21,0 25,4 22,2

22,5

18,3

20,9

13,6

22,3

Le Tabelle 11, 12 e 13 evidenziano un aumento particolarmente allarmante dei problemi di sfratto in tutte e tre le aree considerate. Nei 5 anni presi in esame si ha di fatto un raddoppio di questa problematica a livello diocesano, con punte di oltre due volte e mezzo ad Agliana e Oste. In termini di incidenza, a Pistoia lo sfratto è, nel 2012, al primo posto fra i problemi legati alla casa, mentre solo 34


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

fino a 4 anni fa prevalevano le questioni dell’assenza o della provvisorietà della dimora. Notiamo, inoltre, l’incremento recente (IS del 2012 rispetto ai precedenti) dei problemi legati ad un’abitazione inadeguata o fatiscente, significativo a Pistoia città ma anche nel territorio del Montalbano. Trattando delle domande di aiuto esplicitamente fatte dalle persone ascoltate osserviamo, nei 5 periodi considerati, una relativa stabilità nell’incidenza relativa delle voci principali di richiesta (Grafico 17), pur rendendosi necessario osservare l’incremento delle richieste di beni e servizi materiali avvenuta negli ultimi due semestri considerati e una flessione delle domande legate al lavoro, sempre negli ultimi due periodi presi in esame. Negli ultimi due semestri crescono anche le domande di quello che abbiamo definito l’ascolto con progetto condiviso sulla persona, nome con il quale indichiamo le richieste, più o meno esplicite, di sostegno e di promozione umana complessiva, da attuarsi quasi sempre con la collaborazione di altri soggetti del privato e del pubblico sociale. Non variano di molto, considerando gli estremi dell’intervallo di rilevazione considerato, le richieste di sussidi economici11: tuttavia, tali richieste avevano avuto un picco fra il 2010 e il 2011. Su questo aspetto ci preme sottolineare che la Diocesi di Pistoia ha attivato, a partire dal 2009, un Fondo di Solidarietà Famiglia-Lavoro, la cui gestione è separata dalla rete dei Centri d’Ascolto e che intercetta indubbiamente una porzione significativa della domanda di sostegno economico che, altrimenti, apparirebbe in questa rilevazione, rendendo più significativa l’incidenza di questa specifica voce di richiesta.

11

Le richieste di sussidi economici riguardano contributi per il pagamento di utenze, affitti, tasse scolastiche, pannolini per bambini, medicinali, bombole del gas, vestiario e altro ancora. 35


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 17 - richieste (%) 44,8

46,4

44,0

49,0

53,6

29,9

30,0

11,7

23,8 16,4

11,1

27,0 15,9

21,0 13,5

5,5

IS 2008

5,7

IS 2009

IS 2010

beni/servizi materiali sussidi economici

6,9

6,2

5,7

IS 2011

IS 2012

lavoro ascolto con progetto condiviso

Per le principali voci di richiesta ripetiamo la breve indagine territoriale riportata in precedenza sulle più significative voci di bisogno. Nelle tre tabelle che seguono descriviamo pertanto l’evoluzione della richiesta di beni materiali, lavoro, sussidi economici e di ascolto con progetto condiviso nei 5 periodi considerati e per le 3 aree in cui abbiamo suddiviso il territorio su cui insistono i CdA della rete. Fra i beni materiali abbiamo considerato le due richieste più comuni, quelle di viveri e di vestiario. Tabella 14 - Pistoia città richieste % sul totale IS 2008 viveri 17,0 vestiario 12,8 lavoro 29,9 sussidi economici 13,9 ascolto con progetto 6,9 condiviso

IS 2009 19,8 14,0 29,0 13,0

IS 2010 20,0 12,1 27,7 18,5

IS 2011 27,7 15,1 24,7 20,6

IS 2012 30,1 15,3 22,3 16,9

8,6

8,7

6,2

7,7

36


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Tabella 15 - Montalbano richieste % sul totale IS 2008 viveri 34,8 vestiario 16,8 lavoro 21,5 sussidi economici 7,0 ascolto con progetto 2,0 condiviso

IS 2009 41,4 12,7 18,6 5,6

IS 2010 48,1 12,1 16,3 5,1

IS 2011 54,9 11,6 16,6 4,0

IS 2012 64,1 12,0 16,7 5,0

3,3

3,3

5,8

6,9

Tabella 16 - Agliana-Oste richieste % sul totale IS 2008 viveri 29,8 vestiario 16,7 lavoro 12,2 sussidi economici 2,9 ascolto con progetto 2,9 condiviso

IS 2009 28,8 19,1 14,2 2,6

IS 2010 35,0 22,1 15,3 2,7

IS 2011 44,1 23,4 15,7 3,9

IS 2012 45,6 37,0 19,1 2,5

2,6

2,0

2,3

2,2

Le Tabelle 14, 15 e 16 mostrano che, a fronte di un quadro di problematiche relativamente omogeneo per le tre zone considerate, le strade per le risposte sembrano differenziarsi, in alcuni casi in modo significativo. Per esempio, l’aumento complessivo della richiesta di progetti individuali di promozione si è verificato soprattutto per i Centri dell’area del Montalbano, in cui tali richieste si sono più che triplicate in soli 5 anni. A fronte di differenze territoriali, notiamo tuttavia anche tendenze comuni nelle tre zone, quali il polarizzarsi della domanda complessiva delle persone sul fronte dei generi alimentari, anche se con incidenze molto diverse fra Pistoia città e le altre due aree. Inoltre, è opportuno sottolineare il sensibile balzo della rilevanza percentuale delle richieste di sussidi economici per quanto riguarda Pistoia città, particolarmente sensibile nel 2010 e nel 2011, andamento che traccia la tendenza per il dato complessivo diocesano riportato nel Grafico 17. A proposito delle voci considerate nel Grafico 17 e nelle Tabelle 14, 15 e 16, ricordiamo che si tratta delle richieste esplicitamente fatte da chi è stato ascoltato o che, in certi casi, sono state definite 37


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

dagli operatori dei Centri sulla scorta di più o meno chiare indicazioni di necessità formulate dalle persone prese in carico. Queste richieste non sempre possono trasformarsi in interventi effettivi operati dal CdA: basti pensare alle richieste di lavoro o di abitazione, nonché ai casi di grossa esposizione debitoria, tutte casistiche per le quali il Centro, da solo, non ha in genere la possibilità di intervenire fattivamente. Tuttavia, a titolo di esempio, riportiamo brevemente, nella Tabella 17, l’entità approssimativa degli interventi di sostegno economico 12 effettuati presso i Centri d’Ascolto nei tre primi semestri degli anni dal 2008 al 2011. Tabella 17 - Interventi di sussidio economico13 IS 2008

IS 2009

IS 2010

IS 2011

IS 2012

Numero di 814 1336 2021 2173 2500 interventi Valore economico € 225.000 € 295.000 € 331.000 € 341.000 € 372.000 degli interventi (circa)

Tra i molti dati che vengono permanentemente raccolti troviamo specialmente significativo quello relativo alle frequenze ai Centri, che abbiamo analizzato nel Grafico 2. Torniamo adesso su questa informazione, con un dettaglio maggiore: nel confronto fra i 5 periodi (Grafico 18), risulta evidente come le persone si presentino al Centro in un numero crescente di volte durante l’intervallo considerato. Nel IS 2008 oltre la metà delle persone ha frequentato il CdA solo una volta, e appena il 3,7% si è recata al Centro 6 o più volte. Rispetto al 2008, nel IS 2012 le persone maggiormente assidue sono cresciute 12

In ordine decrescente di entità economica, tali interventi hanno riguardato gli aiuti per il pagamento di utenze (soprattutto del gas e della luce), per l’affitto, per tasse scolastiche, per pannolini, per vestiario e per medicinali. 13

Nella Tabella 17 non sono compresi gli interventi di sostegno al reddito che fanno parte delle azioni comprese nel Fondo di Solidarietà FamigliaLavoro e il valore complessivo dei pasti erogati dalla Mensa diocesana Don Siro Butelli. 38


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

di oltre 13 volte, e meno di una persona su cinque ha visitato un CdA solo in un’occasione. La crescente dipendenza dal Centro d’Ascolto è, a nostro avviso, una delle spie maggiormente significative del disagio economico e sociale del territorio pistoiese: una maggiore frequenza ai Centri indica, con buona approssimazione, che l’offerta di servizi e di sostegno complessivamente presenti nel territorio è insufficiente in misura crescente a dare risposte adeguate ai bisogni di una fetta sempre più ampia della popolazione. Grafico 18 - numero di visite registrate (%) 57,0 49,2 39,3

39,0 31,4 19,5 21,0

26,0 16,8

15,8

23,5 18,8 14,6

11,6

3,7

IS 2008

IS 2009

1 visita

IS 2010

2 visite

IS 2011

IS 2012

6 visite o più

A completamento delle informazioni riportate nel Grafico 18, riportiamo (Grafico 19) il dato dell’evoluzione dell’incidenza, suddivisa in base alla provenienza italiana o straniera, di chi si reca al Centro più frequentemente, vale a dire sei o più volte nel corso del semestre di riferimento.

39


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Grafico 19 - persone con 6 o più visite per provenienza (%) 52,2 42,7

45,4

35,2 29,2 23,3 17,7 6,1

14,8

2,3

IS 2008

IS 2009

IS 2010

italiani

IS 2011

IS 2012

stranieri

Dal Grafico 19 ricaviamo un’informazione particolarmente interessante. Per la prima volta nel corso del 2011 gli stranieri sono risultati più assidui nella presenza ai CdA degli italiani, un dato inedito e inatteso 14 e che si conferma anche per l’ultimo semestre preso in esame: una informazione da monitorare con attenzione anche negli anni a venire. Concludiamo questa rapida esposizione di dati con alcune informazioni sulla presenza straniera, considerando a tal proposito le tre nazionalità maggiormente rappresentate presso i Centri del territorio pistoiese: quella marocchina, quella albanese e quella romena. Dall’inizio della rilevazione diocesana dei dati dei CdA (2005) e fino al 2008 la presenza dei romeni era maggioritaria. Nel IS 2009, nel IS 2010 e nel IS 2012 gli albanesi sono gli stranieri con la maggiore incidenza, mentre nel IS 2011 sono stati i marocchini gli immigrati dall’estero più presenti, come ci mostra il Grafico 20.

14

Dato inedito e inatteso rispetto alle osservazioni Caritas effettuate nel resto del territorio toscano, cfr. le informazioni riportate nei Dossier regionali Caritas sulle povertà pubblicati annualmente (dal 2004) dalla Delegazione Regionale Caritas - Conferenza Episcopale Toscana. 40


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Gli albanesi, che costituivano fino al 2004 quasi la metà degli iscritti al CdA, avevano visto decrescere la loro presenza fino al minimo registrato nel 2007 e, da allora, assistiamo ad un nuovo, deciso incremento della loro presenza, fino a giungere nel 2011 a incidenze percentuali simili a quelle del 2006. Questa constatazione ci fa supporre un ritorno alla povertà di una parte non trascurabile della componente albanese, ovvero di quegli immigrati dall’estero che, nel territorio pistoiese, da più tempo abitano e lavorano, risultando in genere in buona parte inseriti nel contesto sociale e che, proprio per la raggiunta integrazione-interazione con il territorio, stanno risentendo della crisi economica con intensità e caratteristiche non dissimili da quelle provate dagli italiani. Grafico 20 - provenienza stranieri (%) 33,0 30,4

29,2

28,6 24,3

24,0

25,0 23,1

24,9

19,2

19,1

14,8

IS 2008

30,1 29,2

IS 2009

Marocco

IS 2010

Albania

IS 2011

14,3

IS 2012

Romania

Le presenze di romeni si sono dimezzate, in termini percentuali, in questi 5 anni: nel loro caso sussiste e si va rafforzando sempre di più una rete informale di sostegno che, probabilmente, rende di anno in anno meno necessario il ricorso al punto di ascolto della Caritas. 41


I dati della rete diocesana dei Centri d’Ascolto

Reti di sostegno fra gruppi di immigrati esistono, naturalmente, anche per altre etnie e nazionalità: il caso dei romeni, vista anche la massiccia presenza complessiva nel territorio pistoiese 15, è particolarmente significativo. Oltre alle 3 provenienze maggiormente presenti, nei Centri sono registrate persone arrivate da altri 54 paesi del mondo, fra i quali, solo per citare le altre nazionalità più rappresentate, ricordiamo Nigeria (nel IS 2012 le presenze nigeriane ammontano ad un significativo 9,8%, ed erano pari solo al 2,7% nel IS 2008), Polonia, Serbia, Tunisia, Ucraina e Moldova.

15

I dati ISTAT al 31-12 2010 indicano che i romeni residenti in provincia di Pistoia sono 6986, su un totale di 27088 stranieri. La nazione con il maggior numero di residenti in provincia di Pistoia è l’Albania, con 10538 persone, mentre al terzo posto troviamo il Marocco, con 2329 residenti. 42


Capitolo 2 Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

In questo capitolo presentiamo gli elementi salienti delle storie di vita di 4 persone prese in carico dal Centro d’Ascolto diocesano di Pistoia. Le narrazioni sono state raccolte durante l’estate del 2012 mediante delle interviste, realizzate dall’Osservatorio diocesano povertà e risorse e realizzate con l’impiego di una semplice “mappa di temi” come orientamento per l’intervistatore. L’idea di usare una strutturazione minima dell’intervista è nata considerando che, come Osservatorio, abbiamo inteso lasciare la maggior libertà possibile all’intervistato nella descrizione, certamente non facile e non di rado dolorosa, della propria storia di vita. La mappa di temi che è stata impiegata, usata come “bussola” per l’intervistatore e, successivamente, come riferimento per la definizione dei sottostanti paragrafi, comprende le seguenti 6 sezioni: la storia della famiglia; la genesi e le cause del disagio; la situazione del disagio familiare oggi; la rete relazionale: famiglia, amici, vicinato; le reti di assistenza: formali, informali; prospettive e progetti futuri.

Le storie personali e familiari Gilda viene da un paese delle valli sopra Pescia, ha 31 anni, si è trasferita a Pistoia nel 2005 per amore. Stava da anni con un ragazzo di Pistoia, di 4 anni più grande di lei, e i due hanno deciso di iniziare a convivere. Sono stati insieme in tutto 10 anni e da questa relazione è nato un bambino. La famiglia di Gilda è stata quasi sempre assente in questi anni. Gilda, figlia unica, è stata cresciuta dalla nonna paterna e solo dai 14-15 anni ha vissuto costantemente con i genitori ma il rapporto con loro è sempre stato superficiale. Nel novembre 2010 il suo ex-compagno ha deciso di andarsene da casa e quindi Gilda si è trovata in forte difficoltà, con un bambino allora di


Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

un anno e mezzo (adesso ne ha poco più di tre). Al momento della separazione Gilda non lavorava. Questa situazione era frutto di un accordo familiare per il quale la coppia era d’accordo che Gilda lasciasse il lavoro che aveva (in una rosticceria, lavoro con orari pesanti, fine settimana sempre occupati), dopo la maternità facoltativa di cui aveva usufruito, per poter seguire al meglio il figlio. L’ex-compagno aveva infatti uno stipendio buono, che permetteva il sostentamento dignitoso di tutti e tre. I due erano d’accordo sul fatto che, con il figlio di un anno e mezzo circa, Gilda avrebbe comunque cercato un nuovo lavoro, magari part-time, possibilmente meno pesante del precedente. La casa dove vivevano era in affitto, con il contratto intestato all’ex-compagno. Per i primi sei mesi dopo la fuga del compagno Gilda ha avuto a disposizione la casa, nonostante la disdetta che il suo ex ha subito fatto, e non ha quindi dovuto pagare l’affitto. L’ex-compagno ha lasciato il lavoro (a tempo indeterminato, era occupato da 11 anni) e la città e pare che, attualmente, non lavori e non si sappia con precisione il suo recapito. Tramite l’avvocato Gilda ha ricevuto il mantenimento per il figlio. Gilda al momento vive in affitto (460 euro) ed è disoccupata. Dopo alcuni contratti a progetto durati poco tempo (nel corso del 2011) e con scarsa remunerazione, tra cui un periodo di 6 mesi di lavoro al canile, aveva trovato a dicembre 2011 un’occupazione part-time, pomeridiana: ma da qualche settimana Gilda è rimasta di nuovo senza lavoro. Klevian è un muratore e carpentiere albanese, ha 35 anni, è sposato, ha una figlia di 4 anni e un altro figlio arriverà fra pochi mesi. La coppia è in Italia dal 2003. Sono arrivati in Italia per cercare migliori opportunità di vita. Lui è di famiglia contadina, ha iniziato a lavorare la terra a 10 anni. Proviene dall’interno del paese e la sua vita in Albania era piuttosto misera (“nel 1990 c’erano 300 famiglie dove vivevo, ora sono rimaste 30 famiglie, son andati via quasi tutti perché non c’è lavoro, la terra non rende”). Le difficoltà economiche sono iniziate da un paio di anni, a seguito della perdita del lavoro. Klevian ha svolto diversi lavori a tempo determinato negli ultimi due anni (contratti di tre e sei mesi) ma è stato pagato in alcuni casi parzialmente e comunque sempre con notevoli ritardi. Klevian e la moglie hanno perso due anni fa un altro bimbo: quando lei era incinta di 4 mesi ha avuto un aborto spontaneo (“da allora ha girato tutto storto, lì è cominciata la nostra discesa”). La coppia ha già sofferto uno sfratto circa un anno e mezzo fa, vivevano sulle colline 44


Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

sopra Pistoia. Da settembre 2011 vivono nel centro di Pistoia, nell’appartamento, molto piccolo e umido, da cui stanno rischiando di essere nuovamente sfrattati. Infatti, Klevian ha ricevuto da poco la notifica di un nuovo (il secondo) sfratto esecutivo. Latifa è marocchina, ha 50 anni, vive da sola dal 2004. Dapprima con due bambini (un maschio che oggi ha 10 anni, Mohammed, e un altro maschio di 14 anni, Anuar, che è down), poi anche con una bimba, Nabila, oggi di 11 anni, che ha vissuto in Marocco fino alla separazione dal marito, avvenuta nel 2004. La prima volta è arrivata in Italia nel 1991 per ricongiungimento familiare: il marito, infatti, era già in Italia da un anno e lei l’ha raggiunto. È rimasta molti anni in Italia con il marito, poi ci sono stati problemi familiari, lui se n’è andato di casa e i due si sono separati nel 2004. Da allora vive da sola con i tre figli. Latifa ha lavorato per molti anni anche quando viveva con il marito, faceva l’assistente domiciliare per anziani fin dal suo arrivo in Italia. “I problemi che mi hanno portato al Centro Caritas sono stati quelli dovuti alla separazione, al fatto che sono rimasta da sola. Fino ad allora ce la facevamo, lui lavorava abbastanza. Però era da tempo che lui era un po’ violento, si comportava male in casa”. Latifa ha fatto domanda per la casa di edilizia popolare, che ha ottenuto dopo un po’ di tempo. Nel frattempo ha vissuto in una casa in affitto, molto umida e insalubre, soprattutto tenendo conto dei figli piccoli. Ha conseguito il mantenimento, oltre che dei due figli che hanno sempre vissuto con lei, anche di Nabila. A seguito della separazione l’ex-marito ha lasciato il lavoro, proseguendo con occupazioni in nero, in modo da non dover pagare gli alimenti alla ex-moglie. Infatti, il giudice, a seguito della separazione, l’aveva obbligato a versare 700 euro al mese di alimenti per i 3 bambini, in quanto affidati tutti a Latifa. Dopo la separazione Latifa non ha più avuto rapporti con il marito. “Per me è stato difficile, soprattutto all’inizio della vita da sola. Non avevo ancora la casa popolare, dove vivevo c’era molta umidità. Non avevo la macchina. Avevo un bambino down e il mio ex non pagava un euro per aiutarci, come avrebbe dovuto fare.” Latifa è disponibile a lavorare ma al momento è disoccupata. Dopo la separazione dal marito è riuscita solo a svolgere dei percorsi di formazione (Provincia, terzo settore) con annessi tirocini, ma non ha mai veramente lavorato, vuoi per le scarse opportunità, vuoi per la presenza dei tre figli. Silvestro è di Firenze, nato nel 1942, di una famiglia della media borghesia. La sua famiglia gestiva un bar in centro a Firenze. Suo 45


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padre ha dovuto smettere di lavorare per motivi di salute, quindi Silvestro lo ha sostituito fin dall’età di 13 anni. Il bar di famiglia è stato venduto nel 1986 (Silvestro vi lavorava da 30 anni e passa) a causa di problemi economici non meglio identificati (“la parola esatta che mi piace dire è che ci è stato sottratto a causa di alcuni artifizi strani che abbiamo subito”) e Silvestro ha iniziato, su consiglio del suo commercialista, un’attività di import-export, “che è andata dopo pochi anni a catafascio”, a causa di alcune gravi incomprensioni sulla forma societaria le quali hanno causato negli anni delle tassazioni elevate, che non è stato in grado di pagare. Silvestro ha tentato di investire in un nuovo bar, con un giovane socio, per salvarsi dai debiti, ma le cose sono andate male perché il socio non è riuscito a sostenere le spese e le difficoltà di gestione (“quando uno scivola, se non ha un appiglio valido scivola, scivola fino in fondo”). In quegli anni, per lo stress e la tensione delle situazioni accumulatesi, sono sorti in Silvestro grossi problemi di salute: un infarto, un’operazione al cuore, due by-pass e ricostruzione dell’aorta, pertanto Silvestro ha dovuto interrompere per un lungo periodo ogni attività. “Da una situazione in cui stavo discretamente bene sono giunto al più profondo dei buchi del malessere economico: mutuo da pagare, la banca che mi chiude il credito, io senza poter lavorare. I dottori mi hanno rimesso in carreggiata, la salute è tornata ma il resto era a pezzi. Da allora ho lavorato, anche lavori pesanti, senza ripercussioni. Ma i problemi economici c’erano e ci sono, gravi, anche oggi. Quando sono tornato in salute ho dovuto vendere il bar, per 20 milioni di lire. E l’avevo pagato 350 milioni. Avevo una multiproprietà, che ho perduto, e che è andata al mio avvocato”. Successivamente (1991), Silvestro si è trasferito a Pistoia, seguito poi dalla moglie a seguito della vendita della loro casa fiorentina, che non riuscivano più a terminare di pagare (avevano contratto un mutuo). Silvestro ha ottenuto in quel periodo la pensione di invalidità. La pensione di Silvestro è attualmente di 530 euro, originariamente di invalidità e ora di anzianità. Il trasferimento a Pistoia è stato motivato dal fatto che la moglie ivi disponeva di una proprietà: tuttavia, i due coniugi hanno dovuto vendere questa casa ad una società, per pagare ulteriori debiti contratti da tempo. Con la società c’era un accordo di comodato gratuito per poter continuare a vivere nella detta casa, però la società nel frattempo è fallita e Silvestro e la moglie si sono trovati in una situazione di incertezza, in attesa delle decisioni del tribunale sulla sorte della casa in cui dimoravano, fino a 46


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ricevere, nell’aprile 2010, lo sfratto esecutivo. La dottoressa che ha seguito lo sfratto è stata molto comprensiva, tanto che Silvestro ha ottenuto una proroga di 30 giorni presso l’ufficiale giudiziario. Silvestro ha cercato casa tramite un’agenzia e, nel frattempo, ha fatto domanda presso gli uffici pubblici per una casa di edilizia popolare e anche per l’emergenza abitativa. Silvestro ha trovato una casa in affitto tramite l’agenzia a 500 euro al mese e si è fatto coraggio, ha chiesto il quinto della pensione e un prestito (5000 euro) tramite le Poste, che gli è stato concesso, e alla fine ha stipulato il contratto d’affitto della casa. “Però, la pensione mia se ne andava tutta nella casa. Allora, dovevamo pur mangiare, no? Quindi ho iniziato ad andare di nuovo al Centro d’Ascolto, ottenendo dei buoni spesa e altri aiuti con le bollette che ci hanno permesso di andare avanti”.

Genesi e cause del disagio Nelle storie che stiamo presentando capita che l'insorgenza del disagio sia avvenuta per un evento traumatico, quale la rottura di una relazione sentimentale o la perdita inattesa del lavoro. In altri casi il disagio si è manifestato come conseguenza di una serie di fattori che assommano i loro effetti durante gli anni, fino a rendere insostenibile la situazione economica o quella famigliare. Spesso, entrambe. Per Gilda l’evento scatenante del disagio è stato l’abbandono da parte del suo compagno. Al momento della separazione Gilda accudiva il figlio nato da poco di un anno e non lavorava, in seguito ad un accordo familiare per il quale la coppia era d’accordo che Gilda lasciasse il lavoro che aveva, dopo la maternità facoltativa di cui aveva usufruito, per poter seguire al meglio il figlio fino al compimento dei 18 mesi. L’ex-compagno aveva infatti uno stipendio buono, che permetteva il sostentamento dignitoso di tutta la famiglia. Klevian dichiara che la “discesa” per la sua famiglia è cominciata con un aborto spontaneo di sua moglie. Inoltre, aggiunge che “l’ultimo contratto di lavoro che ho avuto è terminato proprio oggi, da oggi sono senza lavoro di nuovo, ancora una volta in questi due ultimi anni, e fra pochi giorni andrò al Centro per l’Impiego a registrarmi di nuovo come disoccupato. La vita negli ultimi tempi si è fatta dura. Io ho lavorato negli ultimi tre mesi, però i soldi non li ho presi ancora e non so quando li vedrò. Ora sono messo male, sono 47


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proprio disperato. Ci sta andando davvero male, sembra proprio che, come diciamo in Albania, abbiamo tirato i sassi contro la chiesa.”. I problemi che hanno portato Latifa al CdA Caritas sono quelli legati alla separazione dal marito. Latifa è rimasta da sola con 3 figli e, a seguito della separazione, l’ex-marito ha lasciato il lavoro, proseguendo con occupazioni in nero, in modo da non dover pagare gli alimenti alla ex-moglie. Infatti, il giudice, a seguito della separazione, l’aveva obbligato a versare 700 euro al mese di alimenti per i 3 bambini, in quanto affidati tutti a Latifa. Una serie di rovesci economici e investimenti probabilmente azzardati hanno determinato, lungo gli anni, la situazione di forte disagio che vive adesso Silvestro, il tutto complicato da notevoli problemi di salute. Nel suo caso non possiamo evidenziare un singolo punto di svolta “in negativo” della situazione personale e famigliare, bensì un progressivo scivolamento (“quando uno scivola, se non ha un appiglio valido scivola, scivola fino in fondo”, ha dichiarato lo stesso Silvestro) costellato purtroppo di momenti particolarmente difficili: le attività di piccolo imprenditore che non ingranano, fallimenti e non meglio identificati inganni, l’infarto del miocardio.

La situazione del disagio familiare oggi Gilda al momento vive in affitto (460 euro) ed è disoccupata. Dopo alcuni contratti a progetto durati poco tempo (nel corso del 2011) e con scarsa remunerazione, tra cui un periodo di 6 mesi di lavoro al canile, aveva trovato a dicembre 2011 un’occupazione pomeridiana come commessa (500-600 euro al mese). Però il negozio dove lavorava è fallito dopo pochi mesi e, quindi, dopo soli 5 mesi Gilda ha perduto il lavoro. In quel periodo Gilda stava cercando lavoro anche per la mattina, dando disponibilità per fare le pulizie o altro: poter avere un’altra entrata era certamente utile. Ma da qualche settimana Gilda è rimasta senza occupazione. Gilda sta cercando lavoro (“in un negozio, fare pulizie, guardare bambini, mi va bene ogni lavoro dignitoso”), però in questo ultimo mese è stata chiamata per un solo colloquio, e non ha avuto al momento risposta. “Il problema è che a 31 anni in tanti posti non ti prendono più. Il contratto di apprendistato non te lo fanno più, ora fanno quasi soltanto quelli, e finisce che a soli 30 anni si è già tagliati fuori dal 48


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mercato del lavoro. Da questo tipo di mercato di lavoro. Quando avevo 20 anni cercavo lavoro e mi dicevano: ‘no, signorina, noi cerchiamo persone con esperienza’. Ora che ho 31 anni e ho esperienza dicono che sono già vecchia”. Da settembre 2011 Klevian e la sua famiglia vivono nel centro di Pistoia, nell’appartamento, molto piccolo e umido, da cui stanno rischiando di essere nuovamente sfrattati. Infatti, Klevian ha ricevuto da poco la notifica di un nuovo (il secondo) sfratto esecutivo. Avrà un’udienza dal giudice nei prossimi mesi. Il contratto di lavoro di 3 mesi che Klevian aveva è terminato a giugno, e al momento dell’intervista, ai primi di luglio, non aveva ancora ricevuto nessun salario. Latifa è disponibile a lavorare ma al momento è disoccupata. Dopo la separazione dal marito è riuscita solo a svolgere dei percorsi di formazione (Provincia, terzo settore) con annessi tirocini, ma non ha mai veramente lavorato, vuoi per le scarse opportunità, vuoi per la presenza dei tre figli. Silvestro ha ricevuto qualche tempo fa un avviso di pagamento arretrati (170 euro) dagli amministratori del condominio dove risiede attualmente. Ha cercato di pagare a rate questi arretrati ma non è stato possibile e gli hanno agitato di nuovo lo spettro dello sfratto esecutivo (“la parola sfratto non posso neanche sentirla, dopo quello che mi è successo due anni fa”). Si è recato negli uffici del nuovo assessore comunale ma l’unico sostegno possibile è stato finora un buono spesa dal valore di 100 euro. “Io ora sono nel disagio totale. Non riesco a pagare neanche il condominio. Che cosa trovo da fare, a 70 anni? Nulla. E meno male che c’è il Centro Caritas, che mi offre un sostegno egregio. Altrimenti ero già finito”.

La rete relazionale: famiglia, amici, vicinato Anche nel momento in cui è rimasta sola con il figlio, Gilda ha ricevuto pochissimo supporto dalla sua famiglia di origine. “Nei primi tempi della separazione ho sentito mia madre. Ero abbastanza disperata, infatti. Ero abituata ad aver sempre lavorato, ad avere dei soldini, ad essere autonoma, con la sicurezza di un compagno. In quei giorni, improvvisamente da sola, ho contattato mia madre e i miei sono venuti qualche volta a trovarmi, mi hanno aiutato un poco. Però è durato poco, un mese e mezzo o due, poi mi hanno detto 49


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chiaramente: ‘noi non ce la facciamo ad aiutarti, non abbiamo energie sufficienti’. Va detto che i miei non stanno troppo bene, loro dicono sempre che ‘non riusciamo a gestire i nostri problemi e quindi ci dispiace ma non possiamo accollarci anche i tuoi’.” Giada è cosciente dei limiti dei suoi genitori ma sta anche seguendo un percorso con una psicologa: si ritiene abbastanza serena ma questi atteggiamenti dei genitori continuano non di rado a rabbuiarla e percepisce che tutto questo, delle volte, segna il suo modo di rapportarsi con gli altri. Gilda non ha rapporti con altri parenti. “La mia famiglia sono gli amici: quelli, per fortuna, ci sono”. La rete di amicizie costituisce per lei un sostegno concreto, anche di fronte alle necessità del figlio. Di recente, Gilda ha riallacciato dei rapporti con i genitori del suo ex, che erano anch’essi stati assenti dalla sua vita per oltre un anno, dopo averla accusata di essere la causa della separazione improvvisa fra i due. I due nonni paiono intenzionati a svolgere un ruolo di sostegno e di aiuto, soprattutto in relazione al nipotino. La moglie di Klevian è attualmente incinta e da che è in Italia non ha mai lavorato. “Volevamo un altro bimbo. Anche se stiamo male perché c’è poco lavoro. Ma siamo sempre qui per sperare, abbiamo speranza e allora volevamo un altro figlio, visto che siamo ancora giovani. Non mi va di dire che siccome ora stiamo male allora i bambini non si devono fare”. La moglie di Klevian non ha mai lavorato. Quando vivevano nella prima casa erano molto lontani dalla città e, non avendo un’auto, la moglie non aveva possibilità di muoversi facilmente e, inoltre, la loro figlia era molto piccola. Di conseguenza, lei non lavorava. Da quando vivono nel nuovo appartamento non ci sono problemi di spostamento, essendo in centro città, ma “non si trova più nulla da fare, neanche un’ora di assistenza ad un anziano o cose del genere”. In Albania Klevian ha gli anziani genitori, che vivono ancora nel villaggio di origine, ma da due anni non ha le risorse economiche per andare a trovarli. Klevian ha un fratello che vive a Prato, anch’egli è senza lavoro da due anni e, inoltre, ha sofferto una frattura ad un piede che è guarita male e lo ha reso zoppo. Klevian ha contratto parecchi piccoli debiti (una decina circa, a sua detta, ciascuno dei quali di 50-100 euro in media), soprattutto presso i suoi amici, che al momento non ha la possibilità di onorare. In tutto, fra questi debiti e le inadempienze dell’affitto, Klevian ha accumulato oltre 4000 euro di debiti. “Anche se ora trovassi subito un nuovo lavoro come faccio a pagare tutti questi 50


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debiti prima di essere sfrattato? Io mi vergogno un po’ di non poter restituire soprattutto i soldi agli amici”. Latifa, una volta rimasta con i tre figli, è stata aiutata soprattutto dal vicinato, composto tutto da italiani, con il quale ha ottimi rapporti. “Ho avuto per fortuna un aiuto vero dagli amici, dai vicini. Chi mi ha aiutato erano tutti amici italiani, mi hanno dato davvero un appoggio grande.” La moglie di Silvestro non ha entrate: il prossimo anno prenderà la pensione di anzianità (è del 1948). Ha il diabete, i coniugi hanno cercato senza successo di farle avere una pensione di invalidità. Da giovane la moglie di Silvestro ha lavorato nell’azienda dei suoi (maglieria) e poi in una ditta di laminati plastici, ma non le hanno mai pagato i contributi. Inoltre, Silvestro ha un figlio (del 1978). Ha studiato all’istituto alberghiero, negli anni in cui Silvestro aveva ancora l’attività a Firenze. Però non ha terminato gli studi ed è andato a lavorare ai mercati generali di Novoli, dove anche Silvestro ha lavorato in anni successivi. Il figlio ha vissuto finora con i genitori a Pistoia, dove ha trovato da lavorare come fabbro, ma è disoccupato dal 2009 perché la ditta dove lavorava è stata chiusa. Attualmente, il figlio di Silvestro è a Bologna, dove è arrivato da poco su invito di un amico, in vista di un lavoro di consegna della pubblicità a domicilio. Silvestro ha un buon rapporto con la sorella ma lei non conosce i problemi del fratello, e “non voglio andarla a cercare per un aiuto per noi, è un discorso mio privato, non ho intenzione di metterla a conoscenza della mia situazione attuale”. Inoltre, anche la sorella, pur con una discreta situazione economica, ha i suoi problemi familiari, tra cui 2 figli su 3 ancora disoccupati. “Sinceramente, io ho cercato sempre di andare avanti da solo, senza chiedere aiuto ai parenti, anche se stretti. Ho sempre avuto delle idee e voglia di fare. Mi sono adattato a tutti i lavori: raccogliere il ferro, il muratore, l’imbianchino, il fabbro, l’operaio al mercato di Novoli”.

Le reti di assistenza: formali, informali Subito dopo la fuga del compagno Gilda ha contattato, su consiglio dell’avvocato, l’assistente sociale. “Ero un po’ dubbiosa sul fatto di andare dall’assistente sociale. Mi sembrava una cosa, so che è brutto dirla, da sciagurati. Provavo un sentimento di vergogna 51


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all’idea di andare dall’assistente sociale o alla Caritas, perché si sa che seguono le persone più in difficoltà, disadattate, disgraziate. È l’idea che si ha comunemente, dal di fuori, pensando al ruolo dell’assistente sociale o della Caritas. Poi si scopre anche che era ignoranza mia, che non è soltanto così, però quella sensazione c’era. Naturalmente la paura numero uno era che mi togliessero il bambino. Poi l’avvocato mi ha rassicurato”. L’assistente sociale ha aiutato in alcune questioni, fra cui quella dell’asilo nido per il bambino. Ha suggerito anche un contatto con la Caritas per ottenere un aiuto materiale e un ulteriore sostegno. Intorno al Natale 2010 Gilda si è quindi rivolta alla Caritas e ha ottenuto il suo primo pacco alimentare proprio sotto Natale. Attualmente Gilda si rivolge, oltre che alla Caritas, anche al Centro famiglia Sant’Anna. Da due anni circa Klevian si è rivolto al Centro d’ascolto, ottenendo aiuto per le bollette e il sostegno di un pacco alimentare al mese. Il servizio sociale ha sostenuto Klevian per la casa e in relazione alle udienze per lo sfratto precedente. “Ho chiesto aiuto per l’affitto al CdA. Già mi aiutano per le bollette di acqua, luce e gas e per gli alimenti. Ma per l’affitto non ce la possono fare, troppe persone hanno bisogno e non ci sono soldi per aiutare tutti. Sono bravi, al Centro, fanno quasi i miracoli, ma più di quello che riescono a dare ora non è possibile e lo capisco”. Latifa si rivolge regolarmente al Centro d’ascolto Caritas, al Centro di distribuzione vestiario per i figli e di quando in quando prende un pacco di alimenti allo Spaccio della Solidarietà. Dichiara di essere stata aiutata parecchio anche dai Servizi sociali del Comune, durante questi anni, sia per la casa sia per la scuola materna dei figli. Silvestro si è rivolto la prima volta al Centro d’ascolto sperando in un aiuto per la casa, vista la situazione di sfratto che nel 2010 stava vivendo. Non ha potuto essere aiutato in quel frangente, tuttavia si è ripresentato poco dopo al CdA per ricevere aiuto materiale (pacco viveri, aiuto per le bollette), cosa che fa tuttora. “Ho avuto un problema con l’Enel, erano vicini a staccarmi la luce. Poi, grazie al Centro Caritas, ho pagato in tempo con i miei soldi e ho invece lasciato da pagare alla Caritas la bolletta del gas. Ma sono stanco di dover sempre chiedere. Sempre chiedere, sempre chiedere: è pesante, non ce la faccio”. Silvestro è arrabbiato con il Comune, perché di fatto sono stati i funzionari dell’assessorato delle politiche sociali a “spingerlo” verso la soluzione dell’affitto da privato, in attesa di ottenere la sistemazione di edilizia popolare che ha avuto 52


Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

solo da alcuni mesi. Ma i 18 mesi di affitto come privato lo hanno obbligato a contrarre un prestito presso le Poste che adesso non è in grado di onorare, e di questa inadempienza Silvestro incolpa l’amministrazione pubblica.

Prospettive e progetti futuri Per il futuro Gilda spera fortemente di conquistare una “base solida” con un buon lavoro, un po’ di soldi per vivere dignitosamente cavandosela di nuovo da sola, e da lì ripartire per ricostruirsi una vita, anche sentimentale se possibile. “Speranze ne ho tante. Però devo metterle da parte e guardare all’immediato, che preme da tutti i lati. Vorrei rifarmi una famiglia, che è da sempre il mio sogno. Inoltre, vorrei lavorare nella ristorazione, sono vegetariana e mi piace da sempre cucinare e il sogno di un ristorantino vegetariano è lì, in un cassetto. Non mi perdo d’animo ma sono un po’ arrabbiata. Delle volte mi dico: ma è possibile dover fare una vita così? Risparmiare su tutto, non poter pagare le bollette, senza lavoro. Però, nonostante tutto, bisogna insistere: le mie tappe sono lavoro, stabilità, famiglia. Quando ci sarà questo vedremo se verrà anche qualcos’altro, un ristorante o chissà cosa”. Klevian afferma: “per il futuro, come si dice, la speranza muore per ultima. Io spero sempre che le cose migliorino. Nella mia vita ho sempre voluto due figli, ora questo lo sto facendo anche se abbiamo tanta difficoltà a crescerli. L’ho sempre voluto, uno si è fermato prima di nascere, Dio non lo voleva, ma ora ci stiamo provando di nuovo.” Il sogno di Latifa è di poter continuare a far crescere in Italia i figli e dare a loro un futuro qui, in particolare pensando ad Anuar che, essendo down, ha a disposizione in Italia strutture e sostegni che in Marocco sono al momento quasi del tutto assenti. “Vorrei avere un lavoro, finalmente. Questo è ciò che desidero. Si dice che una mano che dà si stanca e una che prende non si stanca mai. Ecco, io vorrei poter smettere di dover prendere perché non ho risorse e riuscire a farcela da sola.” Silvestro parla con una certa amarezza del suo futuro: “con un lavoro da 500 euro saremmo a posto, io e mia moglie. Infatti, sappiamo fare economia. Ma la pensione da 530 euro non basta, che poi diventano 480 per la ritenuta che ho. Ci vorrebbe un lavoretto, ma a 70 anni chi me lo dà? Per esempio, vorrei rinnovare 53


Percorsi di povertà nei luoghi di ascolto

la patente ma ci sono esami e prove varie per la commissione medica. È tutto a pagamento, e non ce la faccio. Basterebbe un lavoretto, poter fare delle consegne, cose del genere, ma non c’è niente da fare.”

Conclusioni Parlare di conclusioni, dopo la lettura di queste storie di vita, appare forzato. Si tratta di 4 racconti, carichi di dignità, di sofferenze, di gioie e di tristezze, che fotografano situazioni in divenire. Un divenire talvolta nebbioso, confuso, altre volte carico di intenzioni e speranze. Abbiamo inteso tratteggiare, nei limiti di quello che è possibile riportare in forma scritta, alcuni percorsi effettivi, di volti reali dei nostri territori, cercando di cogliere la dinamicità estrema delle storie di vulnerabilità e disagio che sono frequenti in questo nuovo secolo, e che differiscono radicalmente dalle “carriere” di povertà che erano le più comuni negli ultimi decenni del Novecento. Da alcuni dei racconti si coglie la prossimità di un disagio “della porta accanto”, potremmo dire, le potenzialità con cui può manifestarsi, apparentemente all’improvviso, nelle vite comuni, “normali”, di tanti di noi. Una vulnerabilità estesa, dunque, non più riconducibile solo a categorie ben definite di soggetti a rischio, che magari tramandano di generazione in generazione caratteristiche di non-integrazione e non-interazione sociali. Una vulnerabilità prima e un disagio poi che chiamano in causa le risorse delle persone, sollecitandole fino allo stremo, determinando le più svariate risposte: dall’inazione alla speranza, dalla disillusione alla voglia di rimettersi in gioco. E quando ci sono dei figli ad essere della partita, ecco che le volontà si fanno più ferme e i sogni, da vaghi, si fanno definiti, divengono speranze e prospettive semplici e concrete, immediate, che lasciano queste persone proiettate verso un futuro che non prescinde dall’oggi. Un futuro che va al di là di un racconto, di un’intervista, ma che, a partire da queste pagine, lascia già una traccia, un avvertimento e un’ipotesi chiara per la nostra visione di welfare e dell’intera società in cui viviamo.

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Capitolo 3 Riflessioni e proposte A partire dall’esperienza delle Caritas parrocchiali e di chi è impegnato sui temi della marginalità, del carcere, del disagio mentale e dell’immigrazione

Nei Centri Caritas incontriamo ogni giorno le più diverse e complesse situazioni di disagio, che si annidano nelle storie di vita delle persone. Di questi percorsi abbiamo riportato traccia con i quattro racconti sintetizzati nel Capitolo 2. Inoltre, riflettendo sulle realtà personali e sociali con cui siamo in contatto, ci siamo accorti che, su specifiche tematiche quali le marginalità estreme, il carcere, il disagio mentale e l'immigrazione, avremmo desiderato un approfondimento che ci aiutasse a cogliere in modo più puntuale e dettagliato la situazione che stiamo vivendo nel territorio diocesano, con l'intento di poter anche fornire, tramite il presente dossier, alcune proposte operative da porre all'attenzione pubblica. Per questo, come Caritas diocesana abbiamo promosso nel corso del 2012 alcuni incontri con le realtà attive sul territorio sui suddetti temi (realtà elencate nella Nota all'inizio del presente Dossier) e, di seguito, riportiamo quanto emerso in queste occasioni di scambio e di confronto. Inoltre, abbiamo realizzato un incontro con le Caritas parrocchiali presenti in Diocesi, in modo da poter completare le informazioni statistiche presentate in precedenza (Capitolo 1) con uno sguardo sociologicamente qualitativo sulle difficoltà, le vulnerabilità e il disagio personale e familiare che le Caritas parrocchiali stanno cogliendo nel quotidiano della loro presenza sul territorio in questi tempi di grave crisi economica e sociale.


Riflessioni e proposte

Marginalità e carcere Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescente aumento delle richieste da parte delle persone ascoltate nei Centri Caritas. Questo ci ha spesso portati a lavorare sull'emergenza e ad interrogarci sul rischio che i nostri interventi potessero avere un mero aspetto assistenzialistico. Tuttavia, nella situazione che viviamo oggi non crediamo che si possa parlare di assistenzialismo sempre e solo in termini negativi. La forte crisi economica ed il conseguente disagio sociale che stiamo vivendo ci deve portare a ripensare l'idea di assistenzialismo. Numerose famiglie si sono affacciate per la prima volta ai nostri Centri chiedendo aiuto e questo, in molti casi, ha portato al crearsi di una dipendenza assistenzialistica, ma solo perché troppo spesso non si riesce a trovare risposte altrove. Non di rado i nostri interventi non sono dettati tanto dalla volontà degli operatori, quanto dalla costante emergenza che vivono le persone che a noi si rivolgono. C'è una profonda differenza tra questo tipo di assistenzialismo e quello che si è perpetuato negli anni fino allo scoppio della crisi economica. In questo caso povertà cronicizzate si perpetuavano negli anni e addirittura si tramandavano dai genitori ai figli. È vero che ancora oggi questo genere di problema sussiste e sicuramente qui non si può non parlare di assistenzialismo in termini positivi. Ma ancora possiamo parlare di assistenzialismo in un altro senso, ossia quando agiamo senza interagire con gli altri servizi sul territorio, senza coinvolgerli, senza rimarcare eventuali loro carenze. Genericamente sentiamo dire che, oggigiorno, non ci sono possibilità lavorative, ma in realtà esistono prospettive e possibilità nuove. Se da un lato il lavoro come garanzia di uno stipendio certo e fisso è un'idea sorpassata dai fatti, dall'altro si possono proporre possibilità di lavoro come impegno, come occupazione, come formazione. Sicuramente tali proposte sarebbero economicamente meno gratificanti o non avere affatto alcun profitto economico, ma si proverebbe in questo modo ad investire sul lato della promozione umana e, quindi, delle prospettive professionali future. Stesso tipo di problema troviamo per quanto riguarda il problema del reperimento e mantenimento di un'abitazione. C'è silenzio a 56


Riflessioni e proposte

livello pubblico sul tema degli affitti, i cui prezzi si sono impennati, delle case sfitte, del rilancio dell'edilizia popolare ormai ferma da molti anni. Acquistare una casa, ristrutturarla o prenderla in affitto significa presuppone di disporre di risorse economiche molto consistenti che sempre meno persone oggi possono avere. A questo tipo di problemi non viene data risposta. Mentre una possibile soluzione potrebbe stare nel far ripartire un piano di edilizia popolare ferma ormai da molti anni, magari mettendo in secondo piano i mega-progetti portati avanti in questi anni (ad esempio all'ex-Breda). Inoltre, anche senza parlare di costruzioni nuove, ci sono numerosi immobili ristrutturabili o sfitti. Un'azione di recupero di immobili del genere darebbe lavoro e allo stesso tempo contribuirebbe a risolvere il problema abitativo. In generale, sulle problematiche legate al carcere la cittadinanza sa poco o niente (sovraffollamento, abuso della carcerazione preventiva, ecc.), spesso ha informazioni approssimative, inesatte o sbagliate, senza contare i molti pregiudizi. Le nostre comunità sono poco sensibili a questo tema dato che non è ben visibile ed è percepito come lontano. Tuttavia, tocca tutte le marginalità sociali (immigrazione, tossicodipendenza, disagio mentale, ecc.), nessuna esclusa. Infatti, sempre più in carcere troviamo persone disorientate, accusate di reati di scarsa pericolosità sociale e sempre più spesso affetti da disturbi psichiatrici, per i quali il carcere stesso non può configurarsi come una risposta adeguata. Consideriamo, ad esempio, i dati nazionali sui suicidi e sulle morti in carcere forniti da Antonio Sammartino1. Nell’intero 2008 i suicidi di carcerati furono 46 e le morti complessivamente 142. Nel 2011 i suicidi sono risultati 66 e i decessi in carcere 186. I dati del 2012, aggiornati al 24 ottobre, parlano di 51 suicidi e di 135 morti complessive. L'azione dello stato non è efficace sul tema del carcere, in genere non agisce nel senso di umanizzare la realtà carceraria, anzi diremmo piuttosto il contrario. Anche se il trattamento penitenziario,

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Antonio Sammartino è il Garante per le persone private della libertà personale del Comune di Pistoia. 57


Riflessioni e proposte

con tutto quello che ne consegue in tema di rieducazione dei condannati (che non viene di fatto realizzata) è prima di tutto di competenza del Ministero di Grazia e Giustizia, è opportuno ricordare che ci sono anche dei riferimenti legislativi che attribuiscono agli Enti locali un ruolo determinante nel garantire i servizi di supporto ai bisogni dei detenuti, degli ex-detenuti e ai soggetti in misura alternativa alla detenzione semilibertà, affidamento in prova), nonché alle loro famiglie. Inoltre, uno dei tanti problemi delle carceri italiane riguarda la carenza dei direttori e quindi la gestione ministeriale risulta debole in molte strutture. Altro elemento da considerare è l'alto tasso di recidiva che ci dimostra che, una volta uscite dal carcere, molte persone non trovano un sostegno che possa veramente essere di aiuto. Tenuto conto di questo quadro delle situazione, alcune proposte possibili possono riassumersi come segue: prevedere un’assistente sociale comunale di riferimento per il carcere; fornire - per chi ne è privo - un’accoglienza o un sostegno abitativo transitorio per i primi mesi dall’uscita dal carcere; realizzare alcuni percorsi di borsa-lavoro in tirocinio aziendale per accedere, da detenuti, alle misure alternative e, inoltre, dei percorsi di inserimento sociale per lavori di pubblica utilità; organizzare iniziative pubbliche di sensibilizzazione sui temi del carcere; collegarsi alla pubblica istruzione per far conoscere nelle scuole la realtà del carcere. La sensibilizzazione e la conoscenza di questi temi è necessaria come primo passo. Troppo spesso nelle nostre comunità gli aspetti della promozione umana e dei servizi caritativi sono letteralmente delegati alla Caritas, senza che la Chiesa nel suo complesso si senta responsabile e coinvolta. Non chiediamo che tutti debbano fare tutto, ma piuttosto che tutti si sentano coinvolti. L'atteggiamento di completa delega è profondamente sbagliato e dannoso. È molto difficile portare questi temi nelle nostre Chiese. Si fa molta fatica nelle nostre parrocchie a coniugare l'idea alta e generale di promozione umana con l'azione pastorale concreta. Riflettere su temi simili potrebbe dare contenuti, ad esempio, ad una presenza giovanile nelle parrocchie, presenza che sappiamo essere molto rara dopo la Cresima. 58


Riflessioni e proposte

Disagio mentale Come per il carcere, il disagio mentale non è una realtà visibile a livello della società locale, in gran parte resta nascosto. Raramente appare in modo eclatante sia ai Centri Caritas, sia al Servizio sociale, sia presso le organizzazioni del terzo settore. Molte persone che soffrono di questa forma di disagio non sono spesso intercettate né dai Centri Caritas, né dai Servizi sociali. Eppure basti pensare con quante realtà possono entrare in contatto tali persone (Centri Caritas, assistenti sociali, operatori di cooperative e associazioni, sacerdoti, medici di famiglia, ecc.). Uno dei problemi, quindi, è la mancanza di un sistema organizzato, di coordinamento tra tutte queste realtà o la maggior parte di esse. Spesso agiamo ognuno per conto proprio, causando la dispersione di preziose energie e non sfruttiamo professionalità e possibilità che pure esistono sul territorio. Consideriamo anche la difficoltà a leggere questo tipo di disagio. Solo dopo un ascolto e un'osservazione attente, solo dopo aver analizzato storie personali e familiari si può riuscire a vedere la problematica apparire. Arriviamo quindi al secondo problema: la mancanza di una formazione specifica. Attenzione, però, non pretendiamo certo da tutti i soggetti che elencavamo sopra la competenza e la professionalità degli addetti a lavori in quanto questo sarebbe impossibile. Dovremmo cercare, invece, di riuscire a sviluppare in loro un certo intuito, sviluppare una capacità osservativa capace di poter riconoscere le prime avvisaglie del problema, per poi chiamare in causa professionisti e specialisti, quando necessario. Questo sarebbe molto importante soprattutto per gli operatori e volontari dei Centri Caritas che, purtroppo, spesso non conoscono il problema o ne hanno una cognizione solo superficiale. Tante situazioni di difficoltà si affacciano in Caritas ma non vengono sempre colte nella loro reale dimensione. In generale rileviamo anche che, non di rado, i corsi di formazione non coinvolgono abbastanza le persone e queste a volte sono refrattarie a mettersi in gioco per la formazione. 59


Riflessioni e proposte

L'Associazione "Oltre l'Orizzonte" a tal proposito offre la sua esperienza per fornire supporto e per aiutare nella conoscenza e nelle formazione sui temi della salute mentale. Il principale obiettivo per il futuro è quindi sviluppare un lavoro di rete. Sarebbe opportuna una mappatura del disagio e dei bisogni, da realizzare congiuntamente fra tutti i servizi coinvolti nell'assistenza alle persone, in modo da comprendere meglio entità e tipologie dei fenomeni di disagio. Ma per fare questo è indispensabile uno sforzo di ascolto, di informazione e, soprattutto, di formazione permanente. Infine, dobbiamo dire con molta franchezza che, se nelle intenzioni questa volontà di fare rete è comune a tutte le realtà che abbiamo citato, spesso l'attuazione pratica è assai difficoltosa. Occorre allora un appello a tutti quanti perché fattivamente si inizi a collaborare, condividendo le informazioni e le conoscenze del territorio.

Immigrazione La situazione della popolazione straniera, così come la cogliamo come Caritas, presenta nel territorio pistoiese per certi tratti caratteristiche simili a quelle degli italiani e che, in parte, abbiamo già descritto nel Capitolo dei dati dei Centri. Molte persone arrivate in Italia ormai diversi anni fa erano riuscite a raggiungere un tenore di vita più dignitoso, diventando a tutti gli effetti cittadini pistoiesi. Molti hanno costituito delle famiglie o hanno operato dei ricongiungimenti familiari dal paese di origine. Con l'avvento della crisi economica la situazione è però cambiata radicalmente. Ad esempio, a Pistoia due delle comunità più numerose sono quella marocchina e quella albanese. Per i primi le difficoltà sono cominciate ancora prima dello spartiacque dell'autunno del 2008. La principale occupazione di questi infatti era soprattutto incentrata su attività dell'industria tessile dell'area pratese (Agliana, Montemurlo, ecc.). Già da prima del 2008 la crisi del tessile ha comportato la chiusura di molte fabbriche e ditte creando un grande numero di disoccupati, molti dei quali, appunto, 60


Riflessioni e proposte

marocchini. Come se non bastasse l'età media di queste persone supera i 40 anni rendendo il reinserimento lavorativo difficile. Dopo la crisi che di lì a poco avrebbe investito tutto il mercato del lavoro, tale reinserimento è divenuto di fatto impossibile. Nel caso della comunità albanese le attività principali sono il vivaismo e l'edilizia. Se il primo è riuscito a reggere all'onda d'urto della crisi il secondo è stato letteralmente messo in ginocchio. Tutti questi fattori hanno portato all'aggravamento del fenomeno del lavoro irregolare. Come nel caso delle famiglie italiane, assistiamo in Caritas ad un aumento costante dei bisogni ed al conseguente incremento degli interventi, soprattutto a causa della carenza di risposte altrove. Ne consegue da parte nostra il rischio di cadere in un assistenzialismo che, come dicevamo anche poco prima, non è da considerarsi necessariamente nella sua accezione negativa. Riteniamo allo stesso modo che ci debba essere una maggiore sensibilizzazione nelle nostre parrocchie, dove troppo spesso si assume un atteggiamento di delega. Questi problemi dovrebbero essere sottoposti all'attenzione di tutta la comunità e non solo di pochi operatori/volontari Caritas, o di altri addetti ai lavori. A tal proposito ricordiamo che ogni anno abbiamo a disposizione un momento di riflessione su questi temi con la giornata dei migranti e ci piacerebbe che questo fosse un momento condiviso da tutta la Chiesa pistoiese. Infine, auspichiamo un maggior coinvolgimento degli stessi migranti alle nostre riunioni e riflessioni. Parliamo ormai da anni dei migranti ma dovremmo coinvolgerli per sentire loro in prima persona, perché possano dare un contributo effettivo e perché il nostro non sia un intervento calato dall'alto, paternalistico e assistenzialistico, e stavolta usiamo il termine in accezione negativa.

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Riflessioni e proposte

Caritas parrocchiali Le Caritas parrocchiali della nostra Diocesi hanno riscontrato in questo ultimo anno un aumento delle presenze, ma soprattutto l'arrivo di persone che non si sarebbero mai immaginate di trovarsi in situazioni di indigenza. Infatti, i bisogni basilari (cibo e vestiario) sono spesso i più riscontrati. Questo spesso porta i volontari a lavorare nella continua emergenza e ciò va a scapito dell'animazione e della sensibilizzazione in parrocchia, rischiando di cadere quindi ancora nell'assistenzialismo. Per questo ciò che è importante comprendere, come Caritas parrocchiali, è il reale bisogno della persona: questa ha davvero bisogno di aiuti strutturati ma temporanei oppure cerca di dipendere da noi? E l’eventuale “dipendenza” accade perché le persone non prendono in mano la loro vita, o piuttosto non hanno risorse sufficienti per farlo, anche volendo? La crisi che viviamo è materiale ma è anche una crisi di valori. Le persone sono sempre più attaccate a valori superficiali e questo rende difficile un progetto di promozione umana nella comunità cristiana. Nell'ambito dell'operatività le Caritas parrocchiali si sentono particolarmente in difficoltà in quanto il contatto con i servizi sociali non è sempre positivo. Troviamo anche casi di buona e fruttuosa collaborazione, soprattutto nei piccoli centri urbani. È ormai evidente, soprattutto nella città capoluogo, che il Servizio sociale non riesce a fare interventi sulle situazioni di emergenza, tanto che questi rimangono prerogativa dell'azione del terzo settore e della Caritas. Anche laddove i rapporti sono buoni occorre avere una certa perseveranza, faccia tosta, tempo, pazienza e prender parte a tutti gli spazi di partecipazione che possono aprirsi, per mantenere un contatto duraturo e costruttivo. L'importante è farsi conoscere, non solo verso le amministrazioni locali, ma anche ad esempio presso i medici di famiglie ed i pediatri. In generale è buona prassi ascoltare qualsiasi canale di contatto con il territorio, essere presenti, ascoltare e dire la nostra. 62


Riflessioni e proposte

In futuro crediamo ci sia la necessità di instaurare una maggiore collaborazione tra le Caritas parrocchiali e gli altri ambiti della vita parrocchiale (catechesi e liturgia). Rispetto al passato non si avverte un incremento della sensibilità sui temi della povertà. Le persone impegnate in parrocchia sono di fatto sempre le stesse e sempre troppo poche. D'altro canto dobbiamo anche riconoscere che non sempre è così. Ci sono realtà parrocchiali dove si collabora tutti insieme, ad esempio in vista dei periodi dell'Avvento e della Quaresima. Resta il fatto però che si tratta di attenzioni che dovrebbero essere costantemente legate e così non è in molti casi.

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Capitolo 4 Camminare accanto: famiglia e carità Un contributo della Pastorale con la Famiglia

Lo Spirito Santo è continuamente all’opera per costruire e far crescere la Chiesa. Ecco perché un progetto che metta in sinergia Caritas e Famiglia assume un grande significato soprattutto profetico: perché può riuscire a dare una svolta alle nostre comunità. Ecco perché la settimana di ferie per famiglie in difficoltà organizzata da Pastorale Familiare e Caritas nel periodo estivo è stata una bellissima esperienza di collaborazione che ci ha aiutato nel capire meglio i rapporti con il prossimo e i valori del farsi vicini. La carità è essenziale per la vita della chiesa, è così essenziale che è trasversale a tutta la sua vita, è essere della chiesa stessa, e soltanto una pessima interpretazione del valore della Caritas finisce per farla divenire un aspetto della vita della Chiesa: è e dovrà sempre essere contenuto primario. La famiglia è la struttura per la carità, è l’amore essenziale e trasversale a tutta la chiesa: è e dovrà sempre essere struttura primaria. Dio ha creato la famiglia, struttura prioritaria che conserva nel suo cuore il valore della carità. Oggi, purtroppo, la famiglia, normalmente, è una coesistenza pacifica di egoismi, tant’è vero che la chiesa propone come ideale di vita per gli sposi la pace familiare. L’ideale familiare, però, non è lo stare in pace che spesso si identifica nel non pestarsi vicendevolmente i piedi e porta alla morte della famiglia, ma è il crescere nell’amore di coppia, di famiglia, di apertura, di solidarietà. La famiglia non è chiamata a restare pacifica, a rendere sistematici gli egoismi, a dare ai figli e ai genitori tutto quello che vogliono e possono avere: in questo modo diviene una bella famiglia di facciata, dove apparentemente tutti si vogliono bene, ma dove in realtà ognuno agisce per conto suo, porta avanti il proprio interesse. L’obiettivo primario è capire che la carità-amore non è stata affidata all’inizio del mondo alla parrocchia, ma è stata affidata


Camminare accanto: famiglia e carità

all’uomo e alla donna. La struttura uomo-donna, “ed i due saranno una sola carne”, è la struttura inventata da Dio per dire carità. Se riusciamo a capire il valore che Dio dà alla carità, possiamo fare a meno della struttura che Dio ha scelto per dire carità? Se scopriamo la famiglia come struttura, possiamo non farle dire ciò che è essenziale alla sua vita? La famiglia rende visibile l’amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Allora, come il coniuge si incarna col coniuge tutti i giorni, è impossibile che non sia pronto, che non riesca ad incarnarsi 10 minuti con il prossimo in difficoltà. Se i coniugi si aiutano l’un l’altro nei momenti di difficoltà, come è possibile che, esperti in questo, non lo siamo anche fuori di casa verso gli altri! Questa è stata la grande lezione che abbiamo imparato dall’esperienza della settimana estiva con le famiglie in difficoltà. Una sinergia ottimale che ha messo a frutto le naturali capacità e la preparazione specifica di Famiglia e Caritas. Così la Caritas ha messo a disposizione la sua organizzazione, la sua capacità di vivere insieme agli altri, agli ultimi, la sua esperienza nel saper leggere le necessità e le richieste nei bisogni; la Famiglia ha offerto la sua capacità di camminare accanto ai vicini ed ai lontani, agli amici di sempre ed a quelli nuovi incontrati lungo la strada della vita, la sua naturale accoglienza verso i figli propri ed altrui, mostrando che, se i genitori possono vivere insieme un’intera settimana senza problemi, altrettanto possono fare i figli tra loro. Non è stata una settimana improntata all’assistenzialismo, ma è stata vissuta da tutti nella dimensione dell’accoglienza globale della persona, di presa in carico, di promozione umana nel suo complesso. Questa riflessione ci porta ancora più lontano. Dopo aver scoperto, conosciuto, messo alla prova la sinergia tra Caritas e Pastorale Familiare, possiamo ampliare questa collaborazione anche ad altri? Se vogliamo fare chiesa per il mondo e non chiesa per la chiesa dobbiamo rimettere in luce, l’attivare, il ridare significato, lo spiegare, il prendere coscienza, che tutta la pastorale è di per se stessa carità. Solo così potremo arrivare ad una riscoperta della attività della Chiesa non come una serie di iniziative calate dall’alto, ma come una concreta manifestazione della comunità cristiana come risorsa e soggetto pastorale-sociale, dove la riscoperta del messaggio 66


Camminare accanto: famiglia e carità

evangelico si evidenzia come un fremito per la società, una ricchezza. Bisogna percorrere la strada della riscoperta della missione quotidiana, ordinaria, specifica, connaturale alla struttura della società cristiana. Non dobbiamo mettere addosso alle nostre comunità una missionarietà simil-clericale, ma una missionarietà che è connaturale alla struttura sociale della chiesa “popolo di Dio”, che non deve essere uno sforzo straordinario, ma soltanto il far crescere l’originalità che già possiede al suo interno. È questo un modo corretto per capire il significato e la strategia da seguire, un modo diverso di pensare la comunità cristiana, un’armonizzare in sinergia tutti gli elementi della vita della chiesa, essenziali ma diversi tra loro. Ed allora la liturgia diviene carità in quanto fonte dell’amore di Dio, la catechesi diviene carità in quanto crescita del “popolo di Dio” verso la conoscenza del Dio-amore, la pastorale sociale e del lavoro diviene carità in quanto ponte verso il quotidiano per testimoniare l’amore di Dio nella società civile, la missione diviene carità in quanto manifestazione che l’amore di Dio non ha confini geografici ma vive nella porta accanto come nel più sperduto luogo della terra, la scuola diviene carità in quanto porta l’amore di Dio ai bambini, ai giovani, ai ragazzi, la pastorale giovanile diviene carità in quanto porta aperta per far conoscere l’amore di Dio in tutti gli ambienti giovanili, le comunicazioni sociali divengono carità in quanto informazione, potente canale per far conoscere a tutti l’amore di Dio, ed infine la carità diviene carità se sa svincolarsi da una struttura tecnicoassistenzialista e sa mettersi in cammino accanto agli ultimi per portare l’amore di Dio. Solo se sarà possibile leggere la carità, l’amore di Dio in questa chiave si renderà visibile un messaggio per tutta la società. Sarà il dossier di come la Chiesa pistoiese vive l’amore di Dio, sarà un messaggio univoco che non parlerà di catechesi, caritas, famiglia, giovani, scuola, liturgia… ma parlerà della comunità cristiana di Pistoia, di come essa si rapporta con la società, di come essa vive nella società, di come è capace di porsi dalla parte degli ultimi. Non è un’utopia, ma è la strada del Vangelo: Cristo non ha specializzato i discepoli in modo che ognuno fosse preparato in un 67


Camminare accanto: famiglia e carità

settore specifico, ma li ha inviati nel mondo ad annunciare la buona novella a tutti. Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.” (Lc 10 1,2)

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