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CHIAMATI A COSTRUIRE IL REGNO

La fine dell’ anno liturgico riporta a noi una delle ricorrenze più importanti per la vita della comunità cristiana: la festa, del Regno di Dio, provvisoriamente chiamato anche Regno di Cristo. Questo ricordo ci riporta agli inizi della predicazione di Gesù. Il quale cominciò la sua missione esattamente con queste parole. “Il tempo è compiuto, il Regno di Dio sta venendo; convertitevi e credete a questo lieto annuncio”. E’ il primo kerigma del Vangelo, logicamente anteriore a quello che poi la chiesa farà suo dopo la morte e la risurrezione del suo Fondatore. Dal kerigma di Gesù al kerigma su Gesù o, se vogliamo, dal kerigna di Gesù in senso soggettivo al kerigma di Gesù in senso oggettivo. E’ forse questa la più grande scoperta che la ricerca del volto storico di Gesù ha al suo attivo. Gesù – nessuno ha più dubbi a questo proposito – non è tanto l’uomo della chiesa quanto piuttosto l’uomo del Regno. Araldo, iniziatore di questo Regno, riassume in questo annuncio l’intera sua esistenza terrena. Del Regno parlano i suoi grandi discorsi, cominciando proprio dal discorso della montagna (o della pianura seconda la redazione di Luca), al Regno fanno comunemente allusione quei piccoli capolavori teologici e letterari che sono la sue parabole, il Regno è anticipato dai suoi miracoli, perché dove arriva il Regno di Dio il male retrocede; tutto il male: il male morale, cioè il peccato, il male fisico, cioè la sofferenza e la morte, sintesi di tutti i mali dell’uomo, il male sociale, cioè l’ingiustizia e la sopraffazione. La stessa sua morte è conseguenza della sua predicazione. Gesù è insieme il narratore e la vittima del Regno da lui instaurato in nome di Dio. Purtroppo la chiesa post-pasquale ha del tutto, o quasi, dimenticato questo primo annuncio, che doveva invece essere conservato anche nella enucleazione del secondo. Il Regno ha avuto ufficialmente il suo inizio con la risurrezione del Signore. Ma aver dimenticato questa essenziale congiunzione ha portato innegabili danni nella vita della chiesa, tentata anche per questo di rinchiudersi a riccio su se stessa e perfino di identificarsi con esso. Due peccati di cui si portano ancora le conseguenze anche nella stessa attività pastorale.


Il concilio Vaticano II (ancora lui!) è venuto a chiarire in modo definitivo (si spera) le nostre idee. La chiesa – ci è stato detto – non è il Regno, ne è soltanto l’araldo e l’inizio nel mistero. Non dice che è lei il Regno, perché questo estende i suoi confini anche al di fuori delle sue mura visibili, perché esso è in continua gestazione fino a quando il Figlio lo consegnerà al Padre, perché il passaggio dal Regno di Cristo (che deve ancora convivere con la presenza devastante del nemico e del peccato) al Regno di Dio avverrà soltanto nell’ultimo giorno. La chiesa, si dice con forza, non c’è per se stessa, ma per il Regno. Ne è però l’inizio, la prima sede, il primo punto di riferimento. Chi vuol vedere il Regno guarda a lei per scrutarne le forme e le sembianze. Essa è (dovrebbe essere) la casa naturale della verità e della vita, della santità e della grazia, della giustizia, dell’amore e della pace, come ci ricorda il prefazio della messa della regalità. Potremmo aggiungere, specificando, della libertà, della partecipazione, della comunicazione, della fraternità e della gratuità, cioè di tutti quei valori che formano il tessuto fondamentale di quello che si chiama Corpo mistico di Cristo. E’ così? La meta è certamente avvicinata, ma è ancora molto lontana. L’utopia che rimane al nostro orizzonte e che dobbiamo perseguire pur nella consapevolezza di non poterla mai raggiungere pienamente. Questo non è un parlar male della chiesa, ma è semplicemente un tentativo di spingerla sempre di più a essere pienamente se stessa. Tanto per fare un esempio dei nostri giorni, il Regno non sopporta certamente che esista al mondo oltre un miliardo di persone che rischiano di morire di fame o che ogni cinque secondi muoia un bambino di stenti, di denutrizione, per mancanza di medicine. Non è che un esempio. L’elenco potrebbe continuare chissà per quanto ancora. Il male ci avvolge da ogni parte. “Aiutaci a costruire insieme il tuo Regno”: una bellissima invocazione della comunità cristiana collocata all’interno di una delle nuove preghiere eucaristiche. Costruttori del Regno: questa è la nostra vocazione e la nostra identità. E’ veramente il caso di pregare Dio che ci aiuti a prendere coscienza delle nostre responsabilità. Ma è anche necessaria la mobilitazione di tutte le nostre forze. GF


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