LA PASQUA DELLA CHIESA Dopo la Pasqua delle persone, la Pasqua della Chiesa. E’ stato notato anche altre volte come la domenica successiva alla celebrazione pasquale, la liturgia della Chiesa centra la sua attenzione sulla vita della comunità. Nel libro degli Atti degli Apostoli esistono tre brevi quadri che ci raccontano come vivevano ed erano organizzati i primi cristiani di Gerusalemme nell’imminenza della risurrezione del Signore. Si chiamano i tre “sommari” e rimangono per sempre il modello da tenere presente e da imitare per tutte le comunità cristiane di tutti i tempi e di tutti i luoghi. A Natale si espone il presepio, a Pasqua si espongono questi quadretti che ricordano a tutti come reagirono coloro che per primi cedettero alla vittoria di Cristo sulla morte. Semplicemente cambiando vita e dando al mondo intero l’esempio di una comunità di cui, nonostante gli auspici di alcune famose scuole filosofiche, nel passato non si era visto l’uguale. Il sogno che diventava realtà. Il mondo nuovo che cominciava la sua tanto attesa esistenza. La Chiesa quando vuole essere veramente se stessa ora sa da quale parte guardare. A Gerusalemme c’è qualcuno che ha veramente creduto alla risurrezione, che ha capito che la storia ha cambiato segno, che il mondo vecchio è finito ed è cominciato il mondo nuovo. Chi crede è passato dalla morte alla vita, dalla tenebra alla luce, dall’egoismo all’amore. L’amore, la carità, la condivisione, il perdono sono ora le parole d’ordine da non dimenticare, le leggi da osservare, le strade da percorrere. Le poche centinaia di persone che hanno raccolto l’invito sono il primo miracolo della Pasqua di risurrezione. Vivono nella gioia, nella semplicità, nella comunione. Sono le avanguardie del mondo nuovo, le primizie del paradiso. Sembra che il cielo sia veramente sceso in terra. La gente vede e non può non rimanere meravigliata. Lo dicono anche esplicitamente, ma, anche se non lo dicessero con le parole, lo dicono con gli atteggiamenti: ogni giorno, ci raccontano gli Atti, cresce il numero di coloro che, col Battesimo, passano dalla loro parte. “Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che
erano salvati”. Non sono i cristiani che convertono, ma Dio. In occasione però di questa loro straordinaria testimonianza di vita. Il bene è contagioso, più del male. Di questo passo non ci vorrà molto tempo per raggiungere anche le regioni lontane, le grandi città, i punti nevralgici della civiltà del tempo, fino alla città per antonomasia (l’Urbe), che il sangue di tanti martiri, in particolare di Pietro e Paolo, consacrerà come il centro esemplare della nuova religione. Anche noi siamo figli di quella lontana e straordinaria fioritura. Ma ora, dopo tanto tempo, che effetto ci fanno quelle tre piccole pagine di storia, nelle quali ci imbattiamo sempre con una certa sorpresa, nonostante che ormai le conosciamo quasi a memoria? Un’impressione quasi di nobili decaduti, fino al bisogno di domandarci: ma veramente siamo noi i discendenti di quel drappello di ardimentosi che riuscirono ad accendere col loro entusiasmo un fuoco capace di illuminare anche le regioni più lontane? Per giustificarci abbiamo dovuto anche affermare che lo storico (Luca, come si sa) ha esagerato nella sua descrizione, che, per darci un ritratto esemplare della comunità cristiana di sempre, ha forzato almeno un po’ le tinte e che, quindi, una comunità del genere forse non è mai esistita. E invece no; invece anche da altre comunità verranno più tardi gli stessi segnali e le stesse assicurazioni. La nostra pigrizia è inchiodata al muro. Altrettanto la nostra mediocrità. Che le cose, i movimenti, gli entusiasmi si stemperino con l’andare del tempo, appartiene un po’ alle leggi della storia, alla debolezza congenita dell’uomo e delle sue società. Ma forse qui si sono passati i limiti, forse qui si è veramente esagerato. Collocati sullo sfondo del paradigma delle origini, non abbiamo che da confessare la nostra sconfitta, diciamolo chiaramente: non abbiamo che da vergognarci. Non sarebbe affatto poco. Sarebbe, anzi, questo, il primo segno della nostra conversione. Per questo ricordiamo con commozione le minoranze attive che, anche vicino a noi, mantengono viva la fiamma della fede e della carità, emettendo bagliori ancora capaci di lambire e scuotere il corpo inerte delle nostre cosiddette comunità. E’ a queste sorgenti che dobbiamo sentire tutti insieme il bisogno di ritornare in questi giorni. Giordano Frosini