Sussidio per l’Avvento 2011
Presentazione
Alla Scuola del Battista Anche quest’anno viene offerto alla Diocesi uno strumento di accompagnamento al Natale preparato dall’Ufficio Liturgico, dalla Caritas e dall’Ufficio Catechistico. Il libretto contiene una riflessione sulla figura di Giovanni Battista, relativamente a Lc 3,10-18, che introduce a tutto il tempo d’Avvento, essendo il Battista colui che indica il Signore presente ai discepoli, richiamandoci alla conversione e ad uno stile di vita che ci renda capaci di riconoscerlo e di accoglierlo. Il Battista è anche la figura biblica proposta dal Vescovo nell’ultimo programma pastorale diocesano per il 2011-2014, dove tra i punti qualificanti per l’azione pastorale delle nostre comunità cristiane c’è l’attenzione all’Iniziazione cristiana, e in particolare al rinnovamento della prassi del battesimo dei fanciulli nello stile del catecumenato. Il Battista ci richiama al battesimo non come evento meramente celebrativo o scaramantico o come tradizione socio-religiosa, ma come scoperta del Signore, come sequela di lui e adesione a Dio che viene e che ci chiede di diventare suoi discepoli. Il Battista non è, dunque, solo la figura principe dell’Avvento, ma anche un’immagine di ciò che la Chiesa dovrebbe essere e fare, anche la nostra Chiesa di Pistoia, chiamata ad annunciare alle famiglie che chiedono il Battesimo per i figli il gusto della vita di fede, la gioia del Vangelo, la bellezza della Parola di Dio. L’occasione del Battesimo, che segna l’ingresso nella comunità cristiana, è dunque da vivere con la serietà gioiosa a cui ci richiama il Battista. Come Chiesa diocesana ci stiamo interrogando, negli organi di partecipazione ecclesiale diocesani e nelle comunità parrocchiali, su come rinnovare il battesimo perché diventi quello che dovrebbe essere. Per questo, se vorremo arrivare ad un cambiamento significativo del modo con cui si prepara il battesimo, dovremo metterci alla scuola del Battista e riflettere su cosa significa credere, su cosa vuol dire conversione, su cosa implica una Chiesa che annuncia il Signore con la vita e la testimonianza. In questo lavoro di rinnovamento tutti siamo impegnati e in particolare i presbiteri, chiamati a far sì che le comunità cristiane da essi guidate comprendano i motivi di questo rinnovamento, lo accompagnino con la preghiera e lo sostengano con una partecipazione attiva. A questo scopo la prima scheda del Sussidio può essere utilizzata come catechesi in parrocchia o nei gruppi, ad esempio per iniziare un percorso di condivisione e motivazione delle 1
Sussidio per l’Avvento 2011 comunità cristiane al rinnovamento a cui il programma pastorale ci chiama. La seconda parte del sussidio riporta il contributo Caritas che vuole aiutarci a non saltare mai quel passaggio fondamentale tra la Parola di Dio ascoltata e la Vita vissuta. È il passaggio più delicato, quello dove ci è chiesto di saper guardare alle nostre abitudini, ai nostri modi di pensare, al nostro tenore di vita, alle nostre azioni e ai nostri giudizi, confrontandoli con la Parola del Signore. Un passaggio delicato, perché chiede il coraggio della verità con noi stessi e la forza del cambiamento. Un passaggio che però non siamo chiamati a vivere da soli, ma con i fratelli, per questo sarebbe importante che in ogni comunità cristiana ci si ritrovasse settimanalmente, oltre l’eucarestia domenicale, per condividere insieme la Parola di Dio aiutandosi a capire come tradurla nella vita. Anche il Battista ha a che fare con la Caritas, perché con la sobrietà del suo stile di vita e con l’insegnamento, ci ricorda che la Chiesa non evangelizza se non si fa povera tra i poveri, se non è capace di porre segni che rendano visibile che si può vivere solo di Dio, e che dove si vive di Dio c’è vita per tutti, perché c’è giustizia, c’è attenzione agli altri e amore che generano condivisione, comunione e pace. La Carità ha che fare con il Battesimo, perché questo segna l’ingresso in modo definitivo e decisivo nella vita della comunità Cristiana, ma come potranno desiderare le persone del nostro tempo di diventare cristiani se come Chiesa non ci distinguiamo dal mondo proprio per la Carità? Impegnarsi a rinnovare la prassi battesimale non è, dunque, solo un’operazione di trasformazione chirurgica di un rito o di una prassi catechistica, ma è l’impegno a rendere la Chiesa bella, rivestendola delle vesti bianche della testimonianza di una vita che appassiona gli uomini e le donne di oggi, perché gli offre un luogo dove poter cominciare a vivere quel bene e quella verità nella carità che il Signore ha pensato per tutto il mondo. L’ultima parte del libretto offre una guida per la liturgia delle Domeniche d’Avvento. Non si sottovaluti nessuno degli aspetti fin ora menzionati, la catechesi, la caritas, e tantomeno la liturgia, perché non sono realtà separate, ma tre modi di una stessa azione, quella della accoglienza di Dio che ci parla, che ci trasforma e che ci chiede di vivere con Lui e come Lui insieme ai fratelli e alle sorelle. Anche qui penso ancora al Battista quando un giorno vedendo passare Gesù lo indicò ai discepoli come “l’agnello di Dio”, e questi capirono che si trattava del Messia. La frase “agnello di Dio” il Battista la riprendeva certamente dalla liturgia del tempio, dove l’agnello si usava per i sacrifici e in particolare per la liturgia pasquale, ma la riprendeva anche dalla Scrittura, dalla figura del servo di Yhwh ricordato nel profeta Isaia, che dà la vita per gli uomini, o dalla storia di Abramo e della legatura di Isacco, quando Dio lo mise alla prova chiedendogli di offrirgli l’unico figlio che aveva, come prova della sua fede libera e gratuita, e con il quale si prefigurava appunto l’offerta, questa volta vera e autentica, del figlio di Dio morto e risorto per noi. Tutto questo per dire che anche un profeta come Giovanni trovava le parole per indicare e riconoscere il Si2
Sussidio per l’Avvento 2011 gnore che viene nella storia, non solo dalla vita ma anche dalla liturgia e dalla Parola. La liturgia è un momento altissimo dove la Chiesa fa tutto quello che la contraddistingue come comunità di fratelli che ascolta la Parola, che condivide il Pane, che è rinnovata e spinta alla Carità. La celebrazione liturgica è veramente il luogo e il momento dove si vive la relazione con Dio che rigenera nel credente la grazia del Battesimo. Una comunità che celebra bene l’eucarestia parla di Dio, perché Dio è presente in essa, e reso visibile dalla partecipazione gioiosa e attiva delle persone. Una Diocesi che intende rinnovare il modo di celebrare e preparare il Battesimo non può non impegnarsi allo stesso tempo ad una liturgia sempre più partecipata attivamente e fruttuosamente dai fedeli, dove il silenzio renda udibile la Parola di Dio, dove la Parola di Dio renda sensati i nostri silenzi e le nostre domande, dove la sua presenza diventa gioia nel canto e nell’amicizia, dove il suo Spirito ci spinga alla carità e all’impegno per l’evangelizzazione e per il servizio, rendendoci, come dice il Canone V/c del Messale una “testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo”. Mi sono dilungato in questa presentazione, ma mi premeva sottolineare l’unitarietà di tutte le azioni pastorali della Chiesa, mostrando come anche questo Sussidio per l’Avvento sia legato alla richiesta del Programma Pastorale Diocesano per un rinnovamento della prassi battesimale. Impegno che non potrà aver successo se non coinvolgerà la realtà ecclesiale in tutte le sue componenti e azioni. Questo sussidio, naturalmente, non è tutto, ma vuole essere un segno e un passo concreto in questa direzione e in uno stile ecclesiale. Ringrazio gli uffici pastorali e in particolar modo le persone che vi hanno lavorato, e mi auguro che questo sussidio possa essere un valido aiuto per una preparazione fruttuosa del Natale: perché il Signore che viene, trovi spazio nei nostri cuori per essere accolto, celebrato e vissuto. don Cristiano D’Angelo
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Catechesi
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni In quel tempo, 10 le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. 12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”. 13 Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. 14 Lo interrogavano anche alcuni soldati; “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe”. 15 Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, 16 Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17 Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile”. 18 Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella. (Luca 3,10-18) 11
Il tempo di avvento si presenta a noi, specie quando seguiamo l’evangelo di Luca, come un tempo carico di novità, di azione, di cambiamento. L’evangelista infatti narra gli eventi che precedono e seguono la nascita del Salvatore, come attraversati da un fremito intenso, che irrompe improvviso nella quotidianità ordinaria degli uomini e la trasforma radicalmente. Un senso di urgenza, di gioia trepidante e di novità imminente coinvolge tutti i protagonisti dei racconti, come a dire che da lì in poi nulla può più restare come prima. La lunga attesa che protendeva Israele verso il suo domani è diventata finalmente l’oggi di Dio che si compie nella storia degli uomini tutti. Quasi in un precipitare degli avvenimenti, Dio visita il suo popolo con una frequenza che appare sempre più frenetica e in una modalità, per lui, sempre più diretta e compromettente, 5
Sussidio per l’Avvento 2011 fino a coprire con il suo stesso Spirito la Vergine di Nazareth perché suo Figlio prenda carne nel bambino di Betlemme, diventi membro del popolo eletto e si manifesti quale compimento di tutte le promesse. Come sospesa fra la memoria di questa prima venuta e l’impaziente attesa del suo definitivo ritorno, la Chiesa celebra l’avvento, come passo iniziale della sua perenne rigenerazione dentro la storia, nella quale, grazie all’evento pasquale, il Signore continua a farsi presente e a venire per lei ed in lei, chiedendo a tutti di cambiare vita e di accogliere nella fede L’Evangelo. E’ in questa cornice spirituale che dobbiamo collocare il presente testo di Lc. 3,10-18: così veniamo guidati a riappropriarci nel nostro presente, di quegli atteggiamenti e di quelle disposizioni che ci permettono di accogliere il Signore che viene nella nostra vita di credenti.
Commento
Il brano riporta una parte della predicazione del Battista che Luca recepisce dalla tradizione ma che riadatta in prospettiva ormai cristiana, per parlare ai credenti della sua comunità. Al centro della predicazione di Giovanni sta l’appello a fare frutti degni di conversione (v.8a), senza cedere alla subdola tentazione/illusione di sottrarsi, invocando l’appartenenza al popolo eletto (v.8b). Egli, oggi come allora, ha il compito di preparare al Signore un popolo ben disposto (Lc.1,17), pronto cioè a riconoscere il proprio peccato, in una lettura profonda e autentica della propria condizione che, sola, può dare accesso a una vera ed esistenziale conoscenza della salvezza (Lc.1,77). Quello del Battista è un appello da cogliere in tutta la sua serietà esigente e da interiorizzare fino a scoprire le esaltanti prospettive di vita rinnovata che esso dischiude. Così faranno le folle, animate da una sincera attesa messianica (v. 15), tanto da arrivare a porre la domanda decisiva: che dobbiamo fare? (v.10) Domanda da Luca sempre posta sulla bocca di coloro che davvero si lasciano toccare e trasformare dalla Parola (At. 2,37; 16,30; 22,10). Pur partendo dal cuore (At. 2,37), la conversione provocata dalla Parola risponde a una dinamica che non tollera di rimanere chiusa nell’ambito dell’interiorità, ma esige di raggiungere la dimensione esteriore del fare dell’uomo, ri-orientando la sua prassi, le sue scelte, i suoi stili di vita. La vera conversione investe tutto l’uomo, nella sua relazione con Dio e con gli altri, nella sua sfera privata e pubblica, personale ed ecclesiale, universale e cosmica. Nel nostro testo questa domanda appare come la questione decisiva, tanto che viene ripresa altre due volte al v.12 e al v.14. Ciò non significa che il cuore trafitto dalla Parola non rimanga comunque il centro insostituibile della conversione: è sempre possibile adattare un’esteriorità religiosa in vista della simulazione (Lc. 11,44), in vista dell’ostentazione (Mt. 6,1-5), in vista dell’autoglorificazione (Gv. 5,44; 12,43). Se il cuore non viene ferito dalla grazia di Dio, dalla sua azione preveniente che si mette alla ricerca di ciò che era perduto (Lc. 15,4-7; Rm. 5,6-8), dalla bellezza del Pastore che dà la vita per le sue pecore (Gv. 10,11); se non rimane sedotto (Ger. 20,7: 6
Catechesi Fil.3,12) dalla visione di colui che è stato trafitto (Gv.19,37) in un sentimento stupito di sofferto pentimento e di gioiosa liberazione al tempo stesso, ciò che rimane è una semplice parvenza religiosa, un subdolo atteggiamento che maschera una autoreferenziale ricerca del potere e del successo, una esteriorità fredda perché estranea alla calda corrente dell’amore di Dio Non è questo ciò che qui chiede Giovanni e che Gesù chiederà a coloro che lo seguono. La loro parola piuttosto smaschera i tentativi anche più sofisticati eretti per sottrarsi al giudizio di Dio; la loro parola fa verità affinché siano svelati i pensieri di molti cuori (Lc.2,35) e la verità rimane il prezzo insostituibile di una conversione autentica (Eb.4,1213). E’ chiaro quindi che è proprio dall’essere toccati a questa profondità, fino a essere espropriati così da non voler più vivere per sé stessi (2Cor.5,15), che sgorga, come da una sorgente, da un bisogno, da un intimo desiderio, la domanda: che dobbiamo fare? A porla è la gente comune; i disprezzati pubblicani che esigevano le tasse per conto di Roma e si arricchivano indebitamente; i disprezzatissimi soldati giudei in forza a Erode Antipa, considerati traditori perché asserviti all’occupante straniero e protagonisti spesso di prevaricazioni ed estorsioni. Per tutti costoro è possibile fare qualcosa: non c’è nessuno per cui non ci sia più niente da fare. Per questo la Chiesa non deve mai farsi interprete di uno scetticismo disfattista. Anche davanti alla chiusura colpevole, il suo compito rimane quello di far risuonare con incontaminata limpidezza, alla maniera del Precursore, solo e soltanto l’Evangelo del Regno (v.18). La risposta del Battista a tale domanda è tutt’altro che accomodante e persegue una strategia assai distante da quelle strategie pastorali timorose, tiepide, perché sopraffatte dall’ansia di poter perdere consensi, rilevanza numerica, successo. Per il maestro Giovanni, al contrario, ri-orientare la prassi, fare frutti di conversione, vuol dire fare frutti di conversione! Per tutti: farisei o pubblicani, folla o soldati. Questo nuovo fare non è certo indolore: esso conduce ad abbandonare l’ingiustizia praticata per l’idolatria della ricchezza, perseguita talvolta addirittura –tanto a livello personale che collettivoattraverso la violenza delle armi, per assumere invece la logica della comunione, della mitezza, della condivisione, fino alla condivisione degli stessi beni materiali. Se queste esigenze siano state proprie della predicazione giovannea o siano la rilettura del suo ministero profetico offerta da Luca, poco importa qui. Noi cristiani, già battezzati in Spirito Santo e fuoco, sappiamo però che questa parola conserva ancora oggi la capacità di orientarci, prima di tutto, verso l’attesa del più forte (v.16), vero protagonista di quell’autentica conversione che, dall’interiorità, preme per manifestarsi nelle fattezze esteriori della nostra vita. Sappiamo che nell’accoglienza della Parola, nella verità e nell’amore siamo purificati da tutto ciò che è inconsistente pula dal Cristo che, nella Parola, nella verità e nell’amore, continua a farsi presente e ci rinnova. Sappiamo infine che il criterio di verifica di una reale accoglienza del Cristo da parte nostra, si misura sulla disponibilità ad abbandonare le nostre pretese di potere, di affermazione, di protagonismo, per servire (v.16b), umili, liberi, gioiosi e solleciti, quali autentici servi di Dio, la sua venuta fra gli uomini e l’Evangelo della sua grazia. Nelvio Catania 7
Caritas
“…maestro che dobbiamo fare?” (Luca 3, 12) Giovanni, l’annunciatore della venuta del Signore, è un predicatore di penitenza e di conversione e la conversione si rende concreta in un amore sincero del prossimo, nello spartire con gli altri quello che si ha, in un serio impegno per attuare la giustizia sociale. La condivisione diventa l’unica prova dell’avvenuta conversione. Il cristiano, anche oggi, non deve pensare di aver concluso il suo cammino di conversione ricevendo il battesimo. Al contrario egli deve continuamente concretizzarlo in un comportamento caritatevole verso i fratelli, soprattutto in un impegno operoso verso i più bisognosi, con la condivisione dei beni e con una condotta retta e onesta nell’esercizio del proprio lavoro.
I Domenica di Avvento - 27 novembre State attenti… (Marco 13,33) La prima domenica di avvento c’invita all’attesa e alla vigilanza. Il cammino verso il Natale con Giovanni Battista deve diventare anche per noi un momento di riflessione sul nostro essere cristiani oggi, nei nostri luoghi di appartenenza, nei territori che abitiamo e nelle nostre comunità parrocchiali. Il non sentirsi mai “arrivati” deve essere lo spirito con cui ogni giorno dobbiamo chiedere: “Maestro che dobbiamo fare?” Gesù stesso, attraverso il racconto di Marco, ci dà un suggerimento. Il porsi in uno stato di attenzione, di ascolto vigilante, è l’atteggiamento fondamentale nella vita della comunità cristiana e di ogni singolo battezzato, in quanto favorisce relazioni fraterne, tra le persone, e permette di vivere una vera, concreta accoglienza nei confronti di coloro che vivono situazioni difficili. Ogni essere umano ha tanti bisogni, dai più comuni a cui possiamo pensare, come il mangiare, dormire, vestirsi, parlare con gli altri, vivere insieme agli altri, a molti altri ancora; ma c’è un bisogno molto importante per ognuno di noi: essere accolti, essere riconosciuti, essere ascoltati. Ascoltare una persona significa 9
Sussidio per l’Avvento 2011 dargli la possibilità di essere e sentirsi accolta, di esprimere se stessa, manifestare la sua ricchezza interiore, la sua unicità di persona, al di là del suo bisogno. “Aveva occhi e vedeva”, è l’elogio più bello fatto a Madre Teresa di Calcutta da un acuto osservatore della vita come Pier Paolo Pasolini, che di lei ha scritto “Suor Teresa è una donna dall’occhio dolce, che, dove guarda vede”. Questo è molto diverso da tanta beneficenza che dà qualcosa “senza vedere” e quindi senza mai incontrare veramente l’altro. Noi abbiamo occhi per vedere o per guardare? Purtoppo spesso il nostro sguardo indugia sugli altri al fine di giudicare, oppure con disprezzo, critica, indifferenza o sopportazione. Francesco, il poverello di Assisi, abbraccia il lebbroso amaro e ne ha in dono la dolcezza: “Quello che prima, alla vista, pareva amaro mi fu convertito in dolcezza dell’anima e del corpo”. Francesco ha la chiara percezione che il lebbroso, l’escluso dalla civile convivenza, è brutto a vedersi, amaro ad abbracciarsi, ma sa che è portatore di una bellezza segreta. Il suo volto è il volto di Dio. “Resta un’esperienza di eccezionale valore l’aver imparato … a guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola, dei sofferenti… Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni; e nell’accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell’alto” (Dietrich Bonhoeffer). Il poeta Rainer Maria Rilke, quando abitava a Parigi, percorreva tutti i giorni una stessa strada su cui stazionava una donna mendicante a cui egli dava regolarmente un’elemosina. Un giorno non le diede denaro, ma una rosa e la donna si illuminò ed esclamò: “Mi ha vista! Mi ha vista!”. Il rischio di una carità efficace e organizzata, ma cieca, o almeno miope, che fa molto per il bisogno dell’altro, ma senza vedere l’altro, senza entrare in relazione con l’altro, è sempre in agguato. “Un cuore che vede nasce da un cuore che ascolta” e una persona che ama e vive la carità è anzitutto una persona capace di ascolto. (Luciano Manicardi- Comunità Monastica di Bose). La carità, dunque, non si riferisce solo agli atti buoni e solidali del credente, ma è la forma relazionale che assume la fede quando s’incontra con la realtà degli altri. Infatti, la radice della carità è il Vangelo di Gesù che rivela il volto amoroso del Padre. I cristiani non vivono la carità perché sono buoni ma perché ne hanno bisogno per vivere: senza la parola, senza l’eucaristia, senza la carità non possiamo vivere. Oltre 10
Caritas che testimoniare una vita buona la carità nutre la fede poiché nella carità Cristo stesso ci nutre, come ci nutre nella Parola e nell’Eucaristia. “Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi…” perché “… nella persona dei poveri c’è una sua presenza speciale che impone alla chiesa un’opzione preferenziale per loro..” “… Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell’amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia ” (NMI, 49).
…vegliate (Marco 13, 33)
Nel Programma Pastorale Diocesano 2011-2014, consegnatoci dal Vescovo, leggiamo: “Suggerirei, per esempio, di interrogarci, sull’uso e l’acquisto di strumenti tecnologici a livello personale; sull’uso del tempo (…) tutti siamo chiamati a modificare i nostri stili di vita, improntandoli alla sobrietà.” Oggi Gesù ci dice: vigilate, vegliate... cioè: “State svegli”! Perché quando uno dorme il tempo smette di esistere. Uno che dorme non si accorge se è passato un minuto oppure un’ora, oppure un anno. “Stare svegli” significa non farsi addormentare il cuore desiderando quello che pubblicizza la televisione. Soprattutto per i giovani che, se non educati, rischiano di farsi assorbire totalmente dalle nuove tecnologie, diventandone talvolta dipendenti, stimolandoli a vivere relazioni vere, più che virtuali. “Stare svegli” significa dedicare tutto il tempo necessario a compiere bene il nostro dovere che, attraverso “i gesti quotidiani”, acquista una “capacità educativa”. E’ necessario vegliare per formarci “delle categorie di riferimento, mentali e di coscienza, nel fare scelte e porre giudizi”, per non perdere di vista “l’attenzione all’altro e alla condivisione che diventa “normalità” nei comportamenti nostri, delle famiglie cristiane, nei rapporti tra parrocchie, e tanto altro ancora che è alla portata del nostro quotidiano”. (cfr. Programma Pastorale Diocesano, nr. 8) Da qui la scelta di curare le relazioni in famiglia, in parrocchia e nel tessuto sociale: “… In un contesto che spesso conduce alla dispersione e all’aridità, cresce per contrasto l’esigenza di legami caldi… Le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo” (CEI, nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia,2). Le Caritas parrocchiali sono chiamate a valorizzare le “opportunità di contatto” per impostare cammini di ascolto e accompagnamento e per costruire il tessuto di una parrocchia che si fa “famiglia di famiglie” e realizza, soprattutto nei contesti più ampi, nuove storie di prossimità e di missionarietà. Occorre la cura di un rinnovato tessuto di relazioni sociali. Anche attraverso l’azione della Caritas parrocchiale la parrocchia può assumere il ruolo di soggetto che realizza cammini e proposte educative per promuovere un modello fraterno di relazioni, perché diventi cultura, stile, civiltà diffusa e condivisa. Nell’assumere questa responsabilità educativa, le parrocchie non possono non tener conto di tessuti sociali spesso drammaticamente logorati, segnati da voragini di solitudine: persone sole al mondo, che vivono ai margini e chiamano la parrocchia 11
Sussidio per l’Avvento 2011 ad esprimere e promuovere concreta prossimità. Rientrano in quest’ambito anche le relazioni con le istituzioni del pubblico e del privato, in cui le parrocchie non possono rinunciare alla funzione di sentinelle della responsabilità e della giustizia nei confronti del territorio e di tutti quelli che lo abitano, in particolare dei poveri.
Per
la riflessione
Proponiamo queste domande nella speranza che possano servire a stimolare una riflessione sul senso del nostro essere cristiani in attesa vigilante: v
non abbiamo avuto speranza nella venuta del Signore, ma abbiamo pensato al Natale come a una mera festa commerciale in cui godere di certe cose materiali, giocare con emozioni e sentimentalismo oppure come un altro evento del calendario da sopportare con tradizioni, corse agli acquisti e altre usanze senza senso, che non cambiano la vita e non danno gioia …
v
abbiamo avuto momenti di distrazione, disattenzione e indifferenza verso parenti, amici, vicini di casa, conosciuti e sconosciuti, verso quelli che ci rimangono meno simpatici ...
v
abbiamo commesso ingiustizie, espresso giudizi, e critiche superficiali su persone senza fare niente per aiutarle ...
II Domenica di Avvento - 4 Dicembre Preparate
la via del Signore… (Marco 1, 3) La seconda domenica la liturgia della Parola dà un contenuto all’attesa e alla vigilanza: siamo chiamati alla conversione, a preparare la via al Signore che viene. Per preparare la via al Signore una comunità intera, come il singolo fedele,non può rassegnarsi alla mediocrità o, peggio, alla tiepidezza: “Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente... Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca”. (Apocalisse 3:16). Queste parole sembrano essere lo specchio che riflette la condizione nella quale alcune nostre chiese oggi si trovano. Non siamo certamente freddi ma non siamo neppure ferventi nella fede. Siamo tiepidi. Tiepida è la nostra fede in Cristo, tiepida è la nostra comunione fraterna, tiepida è la nostra testimonianza. Le necessità, le difficoltà quotidiane degli altri mettono in crisi la nostra continua ricerca di comodità, del superfluo, il nostro stile di vita ? Riusciamo a testimoniare la nostra fede con scelte di vita coraggiose? Cerchiamo di condurre uno stile di vita sobrio e semplice, come si addice a chi vuole testimoniare il vangelo? Con il termine “sobrietà” intendiamo il modo di vivere meglio consumando meno,
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Caritas a favore degli altri, per crescere insieme come unica famiglia umana. La sobrietà è parte integrante del progetto di Dio secondo l’insegnamento di Gesù, é il messaggio altissimo dell’abbandono alla Provvidenza: “Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, di come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Cercate piuttosto il Regno di Dio e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12, 22-34). Gesù insegna cioè che la vita non dipende dai beni che possediamo, ma che la vera ricchezza è quella di chi arricchisce davanti agli occhi di Dio. La sobrietà mette al primo posto le persone superando la dispersione delle cose. Per questo, essa è la condizione per essere sensibili, aperti agli appelli delle persone e di Dio. La sobrietà non va vissuta soltanto nel segno della rinuncia, ma della ricerca della qualità della vita e della qualità dell’amore. È un modo concreto di dare importanza alle persone. Ciò che determina la sobrietà non sono le scelte episodiche, ma l’insieme delle nostre scelte personali, nel tempo e nei diversi ambiti di vita. La sobrietà dunque si costruisce all’interno della vita di ogni persona tutte le volte che è chiamata a fare delle scelte all’interno del sistema sociale che la circonda, come a cerchi concentrici, dal più prossimo fino a quello globale.
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la riflessione
… sul nostro essere cristiani che preparano la strada al Signore: v
non ci siamo riconciliati (o almeno non abbiamo provato) con qualcuno che ci abbia fatto un torto, cercando di capire perché lo abbia fatto …
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non ci siamo privati di un nostro bene o diritto in cambio di un aiuto o servizio a qualcuno o a favore di un bene evangelico ....
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abbiamo sprecato le nostre risorse umane, intellettuali e economiche oppure il nostro tempo libero in acquisti inutili, cose superflue, iniziative vane o irragionevoli anziché investirli in progetti che potessero migliorare il nostro territorio, la società e il mondo …
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abbiamo ‘scristianizzato’ la domenica e altre feste cristiane, incapaci di ‘fare festa’, dedicarci alla venuta quotidiana del Signore e alla costruzione del Suo Regno …
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Sussidio per l’Avvento 2011
III Domenica di Avvento - 11 Dicembre Siate
sempre lieti (Prima lettera ai Tessalonicesi 5,16) Giovanni Battista annuncia la venuta di Gesù come evento di gioia. Di una gioia che non potrà mai aver fine. La bellezza di questo annuncio coinvolge personalmente ciascuno di noi. La venuta di Gesù porta gioia poiché rivela un Dio che è creatore: opera e continua ad operare nel mondo. Tutto ciò che esiste è quindi oggetto della Sua cura, del Suo amore e della Sua promessa di redenzione. Non c’è situazione di sofferenza, di degrado, di violenza che non riceva una promessa di riscatto e di redenzione. In questa presenza di salvezza troviamo l’invito ad un nuovo atteggiamento verso il mondo, libero da ogni logica di sfruttamento e di dominio. Come dare testimonianza di un messaggio di gioia in un mondo offuscato dal dolore? Nella recente visita, lo scorso maggio, del cardinale Bagnasco a Lampedusa, mons. Montenegro ha preso la parola all’inizio della concelebrazione eucaristica per porgere il saluto della comunità lampedusana e della diocesi agrigentina al cardinale, dicendo tra l’altro: “Se ci siamo sentiti molto provati per l’esperienza di dolore e di disagio che ci è arrivata e che continua ad arrivare dal Nord Africa, abbiamo potuto anche sperimentare a piene mani la generosità di tanti che hanno regalato il loro tempo e il loro cuore affinché l’emergenza fosse affrontata con speranza cristiana.(…) prima ancora che giungessero i riflettori e le riflessioni sull’integrazione e sull’accoglienza questo popolo si è distinto per aver aperto la porta del cuore e della città a tutti, soprattutto a coloro che cercavano un approdo di dignità. Le persone più anziane raccontano di uno stile di accoglienza che si è sempre consumato con le note evangeliche del silenzio e del nascondimento. Per queste ragioni del passato e per l’atteggiamento mantenuto al presente Lampedusa è un frammento di chiesa italiana che si sforza di rendere visibile la testimonianza di carità. Quella che umanamente poteva essere letta come un’emergenza umanitaria spiritualmente è stata vissuta come opportunità per “rendere ragione della speranza che è in noi”.
Per
la riflessione
… sul nostro essere cristiani che vivono nella gioia del Signore: v
abbiamo posto la nostra felicità e gioia nel successo professionale, nel potere sociale e nella capacità economica, nelle cose mondane che passano …
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siamo stati troppo dipendenti dal consenso e dall’ammirazione da parte degli altri, non facendo i conti con la nostra coscienza e con i valori evangelici …
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ci siamo lasciati coinvolgere dal generale clima di pessimismo, dal mal umore di chi non crede, senza interrogarci sul significato di certi eventi e situazioni che, seppure apparentemente brutti, potevano diventare opportunità di crescita e scoperta di nuovi valori … 14
Caritas
IV Domenica di Avvento - 18 Dicembre Il Signore è fedele per sempre! (Salmo 89) Nonostante tutto Dio non si stanca di noi: “Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini , entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé . Egli ci rivela « che Dio è carità » (1Gv4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell’amore. Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.” (Gaudium et spes, n. 38) Come alle folle a cui Giovanni rispondeva alla domanda: “..cosa dobbiamo fare ?”, così anche a noi è richiesta una capacità di apertura e carità ai fratelli nella ferialità, nella semplice concretezza dei gesti di solidarietà sul lavoro, a scuola, nei luoghi che abitiamo. Il compito della testimonianza della carità risponde alla funzione ‘prevalentemente pedagogica’ della caritas, e si sviluppa nell’animazione dell’intera comunità a costruire relazioni e comportamenti coerenti con un “volto fraterno di Chiesa”. Relazioni e comportamenti che partono dalla solidarietà, passano dalla messa in comune di beni, portano a una visione di vita diversa, a un’alternativa sul piano dell’economia e del mercato, a una visione politica, cioè del bene comune, con un occhio particolare alla spesa sociale. Sono relazioni e comportamenti che non possono essere standardizzati, ma sono frutto della libertà e della fantasia delle persone nella carità. La testimonianza della carità, inoltre, non può essere solo personale, ma ecclesiale, di tutta la comunità: la carità, infatti, non può essere delegata a un gruppo, ma, attraverso la caritas interpella sempre tutta la comunità. (…) Tutti hanno un ruolo e una responsabilità in ordine alla carità nella Chiesa. “Tutti siamo responsabili di tutti” ci ricordava Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis. (Don Giancarlo Perego) “La Chiesa ha una buona notizia da annunciare ai poveri. Quelli che da secoli hanno ascoltato cattive notizie e hanno vissuto le peggiori realtà, stanno ascoltando ora, attraverso la Chiesa, la parola di Gesù: “Il Regno di Dio si avvicina”, “Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio”. E da ciò ha anche una Buona Notizia da annunciare ai ricchi: che si convertano al povero, per condividere con lui i beni del Regno” (Oscar Romero, La dimensione politica della fede dall’opzione per i poveri, Lovanio 2 febbraio 1980). 15
Sussidio per l’Avvento 2011
Per
la riflessione
… sul nostro essere cristiani che vivono la fiducia nel Signore: v
non siamo stati fedeli con il Signore e con i nostri fratelli che contavano su di noi …
v
non abbiamo mostrato la stessa umiltà e fiducia di Maria, ma abbiamo creduto che Dio non fosse affidabile...
v
abbiamo tradito le nostre promesse, i nostri buoni propositi per ragioni futili ed egoiste ….
v
non abbiamo restituito ciò che abbiamo avuto ‘in prestito’, non abbiamo rispettato i nostri impegni e doveri verso la famiglia, la parrocchia o la società…
Fede
operosa,
Carità
gioiosa e
Speranza
certa
Ricordiamo che la terza domenica di Avvento (11 dicembre) sarà dedicata alla, ormai consueta, “Giornata della fraternità”. Anche quest’anno la raccolta delle offerte per la Caritas Diocesana sarà devoluta al fondo “Famiglia-lavoro”, a favore di famiglie al cui interno ci siano state persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi in corso. Per quanto riguarda indicazioni pratiche alla domanda da cui siamo partiti: “…che dobbiamo fare?” rilanciamo le iniziative chieste dal Vescovo nel già citato Programma Pastorale diocesano 2011-2014: “Costituire la Caritas in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie in alleanza, come centro di propulsione e mentalizzazione dell’intera comunità. Far sorgere centri di ascolto del disagio di persone e famiglie, ma anche alcuni centri di osservazione e di decifrazione delle linee di tendenza delle vicende socio-economiche in atto sul territorio. La caritas diocesana può aiutare ad indicare le collocazioni “strategiche” di questi centri…”…”Fare attenzione ad altre esperienze di servizio e di volontariato presenti sul territorio, soprattutto se dichiarano una ispirazione cristiana…”. (Programma Pastorale diocesano nr. 8) Inoltre abbiamo già fatto riferimento all’importanza del criterio di “territorialità”. Il criterio territoriale stabilisce che tutte le forme di povertà presenti sul territorio riguardano la comunità cristiana locale e quindi la rispettiva Caritas parrocchiale, in quanto organismo pastorale. Ogni territorio, dopo un’attenta osservazione dei bisogni, deve trovare le risposte adeguate e le modalità giuste a quello stesso luogo. Questo non significa che la Caritas deve fare tutto. Di solito c’è già qualcuno che fa qualcosa: iniziative ecclesiali, iniziative istituzionali e altre iniziative più libere e di volontariato in risposta ai bisogni: esse rappresentano risorse che la Caritas deve valorizzare. Altre iniziative si possono promuovere però sempre in uno spirito di collaborazione, 16
Caritas segno di unione fraterna, ed è uno stile da evidenziare anche nel rapporto con tutte le altre realtà sul territorio, perché la cura per il povero sia al centro di ogni attenzione, perché tutti si faccia strada ai poveri senza fare strada per se stessi (don Milani). La modalità di azione, tanto nelle emergenze come nella quotidianità è quella propria della Caritas, sintetizzata intorno allo schema: osservare, ascoltare e discernere. La Caritas come “organismo pastorale” della comunità cristiana è legata in modo naturale alla dimensione territoriale: la parrocchia e la diocesi sono, infatti, collocate su di un territorio. Osservare il territorio significa che tutte le persone che sono presenti sul territorio della parrocchia riguardano la parrocchia stessa, siano esse battezzate o meno. La comunità cristiana sa che ogni persona del suo territorio ha diritto di essere evangelizzata e guarita, curata, risanata dalle sue ferite, risollevata dai bisogni che gravano sulla nostra condizione umana. Ogni povero, in questo senso, riguarda la chiesa; la Caritas sa di essere a servizio della comunità cristiana perché essa possa testimoniare la carità rispetto ad ogni povertà e possa prendersi cura di ogni povero. Questa apertura al territorio, questo legame stretto tra comunità locale e il territorio che la definisce, è dovuto, quindi, alla forma stessa che la comunità ecclesiale si è data in vista della sua missione. Oggi, però, per la Caritas, questa scelta assume un’urgenza particolare, legata alle condizioni sociali contingenti, in cui i poveri rischiano di trovarsi collocati ai margini della vita sociale con maggiore rapidità, resi come invisibili e, di fatto, ignorati. Osservare le povertà, ma anche osservare le risorse, quelle istituzionali oppure quelle promosse dalla comunità cristiana o quelle più spontanee nate dalla fantasia della carità di singoli o di gruppi di persone motivate. Ascoltare è, come abbiamo visto anche sopra, un dovere perché nell’aiuto si entra e ci si gioca in una relazione. Ogni povero è un appello e interpella la persona e la società. Non si può ridurre la risposta ad un aiuto materializzabile, che permetta di mantenersi neutrali, fuori da ulteriori implicazioni. “Coloro che rispondono ai bisogni sono chiamati alla conversione; devono accettare di essere provocati ad uscire dall’anonimato e a verificarsi sul loro “stile di vita”, perché non metta in imbarazzo i poveri e non sia umiliante per la loro condizione; devono diventare “degni dei poveri”, degni di farsi loro prossimo, per riconoscere la dignità dei poveri stessi e celebrarla nei gesti che esprimono il soccorso alla loro persona.” Discernere vuol dire saper cogliere i segni, i segni dei tempi, che sono non qualcosa di stra-ordinario, ma di ordinario. È infatti nella quotidianità che si leggono “i segni dei tempi”. E’ il momento in cui si dà qualità alla nostra spiritualità, ancorandola alla quotidianità, alla storia, agli ambienti e alla vita delle persone, riscoprendo il valore della vocazione cristiana. Il discernimento, personale e comunitario, diventa una scuola di vita cristiana, una via per sviluppare l’amore reciproco, la corresponsabilità, l’inserimento nel mondo a cominciare dal proprio territorio. Diventa un modo vivo e vero per rispondere alla domanda: “…maestro che dobbiamo fare?” 17
Liturgia
Il tempo di Avvento Nel tempo in cui incomincia a determinarsi l’esigenza di un periodo di preparazione alle feste della manifestazione del Signore, la Chiesa aveva già fissato le modalità di preparazione alle feste pasquali. Nel IV secolo il tempo pasquale e quaresimale avevano già assunto una configurazione vicinissima a quella attuale. L’origine del tempo di Avvento è più tardiva, infatti viene individuata tra il IV e il VI secolo. La prima celebrazione del Natale a Roma è del 336, ed è proprio verso la fine del IV secolo che si riscontra in Gallia e in Spagna un periodo di preparazione alla festa del Natale. Per quanto la prima festa di Natale sia stata celebrata a Roma, qui si verifica un tempo di preparazione solo a partire dal VI secolo. Senz’altro non desta meraviglia il fatto che l’Avvento nasca con una configurazione simile alla quaresima, infatti la celebrazione del Natale fin dalle origini venne concepita come la celebrazione della risurrezione di Cristo nel giorno in cui si fa memoria della sua nascita. Nel 380 il concilio di Saragozza impose la partecipazione continua dei fedeli agli incontri comunitari compresi tra il 17 dicembre e il 6 gennaio. In seguito verranno dedicate sei settimane di preparazione alle celebrazioni natalizie. In questo periodo, come in quaresima, alcuni giorni vengono caratterizzati dal digiuno. Tale arco di tempo fu chiamato “quaresima di s. Martino”, poiché il digiuno iniziava l’11 novembre. Di ciò è testimone s. Gregorio di Tours, intorno al VI secolo. La teologia dell’Avvento ruota attorno a due prospettive principali. Da una parte con il termine “adventus” (= venuta, arrivo) si è inteso indicare l’anniversario della prima venuta del Signore; d’altra parte designa la seconda venuta alla fine dei tempi. Il Tempo di Avvento ha quindi una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. Il Tempo di Avvento comincia dai primi Vespri della domenica che capita il 30 novembre o è la più vicina a questa data, e termina prima dei Primi Vespri di Natale. E’ 19
Sussidio per l’Avvento 2011 caratterizzato da un duplice itinerario - domenicale e feriale - scandito dalla proclamazione della parola di Dio.
Le Domeniche
Le letture del Vangelo hanno nelle singole domeniche una loro caratteristica propria: si riferiscono alla venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica), a Giovanni Battista (II e III domenica); agli antefatti immediati della nascita del Signore (IV domenica). Le letture dell’Antico Testamento sono profezie sul Messia e sul tempo messianico, tratte soprattutto dal libro di Isaia. Le letture dell’Apostolo contengono esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo.
Le Ferie
Si ha una duplice serie di letture: una dall’inizio dell’Avvento fino al 16 dicembre, l’altra dal 17 al 24. Nella prima parte dell’Avvento si legge il libro di Isaia, secondo l’ordine del libro stesso, non esclusi i testi di maggior rilievo, che ricorrono anche in domenica. La scelta dei Vangeli di questi giorni è stata fatta in riferimento alla prima lettura. Dal giovedì della seconda settimana cominciano le letture del Vangelo su Giovanni Battista; la prima lettura è invece o continuazione del libro di Isaia, o un altro testo, scelto in riferimento al Vangelo. Nell’ultima settimana prima del Natale, si leggono brani del Vangelo di Matteo (cap. 1) e di Luca (cap. 1) che propongono il racconto degli eventi che precedettero immediatamente la nascita del Signore. Per la prima lettura sono stati scelti, in riferimento al Vangelo, testi vari dell’Antico Testamento, tra cui alcune profezie messianiche di notevole importanza.
Preparare le celebrazioni delle Domeniche di Avvento* Queste poche righe hanno lo scopo di dare alcune indicazioni per favorire, nel rispetto della struttura liturgica elaborata nel corso dei secoli dalla Chiesa, la partecipazione attiva, piena e consapevole di tutta l’Assemblea al mistero pasquale di Gesù Cristo, vero “protagonista” della liturgia della Chiesa. Queste semplici indicazioni trovano giustificazione nel desiderio di fedeltà all’azione liturgica nel rispetto della Parola annunciata e pregata e della verità dei gesti e dei segni mediante i quali il popolo di Dio celebra il mistero di Cristo Signore e attraverso i quali comunica alla sua stessa vita.
* Abbreviazioni OGMR: Ordinamento Generale del Messale Romano - 25 gennaio 2004 OLM: Ordinamento delle Letture della Messa - 21 gennaio 1981
20
Liturgia Il Natale è popolarmente la festa più sentita dell’anno. E l’Avvento, il tempo che lo precede, si presta in modo particolare ad una “caratterizzazione” delle celebrazioni, soprattutto quelle festive a maggior ragione se partecipate da bambini e ragazzi che frequentano gli incontri di preparazione al completamento dell’Iniziazione Cristiana. Poche indicazioni di carattere generale andrebbero comunque tenute presenti nell’impostazione celebrativa e nella preparazione del luogo in cui si celebra.
Il “Luogo”
Nella preparazione del Presbiterio e dell’Aula si ponga attenzione a non porre oggetti, cartelloni ecc. che disturbino o addirittura impediscano la partecipazione alla Celebrazione Liturgica. L’Altare sia comunque degnamente ornato con sobrietà, in modo da poter girarvi intorno e compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti. Un segno, d’impatto anche se realizzato con semplicità, ormai divenuto comune nelle nostre chiese durante l’Avvento è la “Corona dell’Avvento” (v. apposita scheda).
I Canti
I canti per la celebrazione siano scelti tenendo presente il tempo liturgico che si sta vivendo con attenzione a coinvolgere l’assemblea ed in particolare i ragazzi.
La Liturgia della Parola
Sarebbe opportuno che nelle Parrocchie, compatibilmente con i Calendari dei Gruppi di Ascolto del Vangelo od altre iniziative di pari rilevanza, venissero organizzati dei momenti di ascolto, riflessione e commento, attualizzazione delle letture bibliche della domenica successiva. Nelle Domeniche di Avvento (come in quelle del Tempo di Quaresima e Pasqua e nelle Solennità non di precetto) la Celebrazione Eucaristica domenicale durante la quale si conferiscono Sacramenti deve essere quella del giorno. Tuttavia è consentito scegliere una Lettura dal Lezionario della Messa Rituale. Indicativamente si consiglia di non modificare lo schema scritturistico della Solennità o della Domenica di calendario, soprattutto nei “Tempi Forti”. Se comunque si vuole operare una modifica si preferisca sostituire la seconda lettura. (OGMR n. 353 e seguenti e nuovo Cerimoniale Episcoporum). Per proclamare la Parola di Dio durante la celebrazione si abbia l’accortezza di scegliere con debito anticipo – magari fornendo il testo della pericope, così da dar modo di effettuare una certa preparazione - persone di diversa estrazione, ben preparate e che normalmente svolgono questo servizio, infatti “una proclamazione dignitosa, a voce alta e chiara favorisce una buona trasmissione della parola di Dio all’assemblea” (OLM 14) Le Letture non siano proclamate dai ragazzi del catechismo, perché sarà il Sacramento della Cresima ad abilitarli al servizio liturgico. 21
Sussidio per l’Avvento 2011
Preghiera
dei
Fedeli
Si tenga presente (e non solo nel Tempo di Avvento) lo schema previsto dall’OGMR 70: “La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa: a) b) c) d)
per le necessità della Chiesa; per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo; per quelli che si trovano in difficoltà; per la comunità locale.”
Quindi, la Preghiera dei Fedeli sia costituita da 4-6 intenzioni, brevi e dirette nella formulazione, che esprimano la preghiera per la Chiesa Universale, per la società civile, per particolari situazioni del momento, la Comunità Parrocchiale e/o Diocesana. Siano intenzioni formulate in prima persona plurale (“NOI ecclesiale”), in forma di intercessione e non di rendimento di grazie (l’intera Celebrazione Eucaristica è un “rendimento di grazie”).
La Raccolta
delle
Offerte
Non si tralasci di ricordare ai fedeli di ispirarsi, in Avvento, nelle festività natalizie e di inizio anno, a quei valori di sobrietà, semplicità e solidarietà propri del messaggio cristiano. Considerato il momento di difficoltà economica si coinvolgano le Comunità nella loro interezza nell’attenzione particolare ai poveri promuovendo raccolte significative in favore di chi ha meno o attraversa periodi di difficoltà. Prima che si concluda la Preghiera Universale (o dei Fedeli) è bene procedere alla raccolta delle offerte dell’Assemblea. Con essa si esprimono concretamente quelle intenzioni di Carità proposte poco prima nella Preghiera dei Fedeli e si realizza la partecipazione attiva e concreta dei Fedeli all’Eucaristia. E’ necessario che la raccolta sia effettuata da un numero di persone adeguato, in modo da poter presentare anche queste offerte in denaro durante la Processione dei doni.
Presentazione
dei
Doni
In questo momento è più che mai necessario rispettare la verità del gesto. Comprenda: v v
il pane ed il vino che saranno utilizzati per l’eucaristia (non è conveniente portare uva, pane non da consacrare ecc., per pura scenografia e non per le reali necessità dei poveri) e doni per le necessità della Chiesa (soprattutto per attendere al dovere fondamentale di ogni Comunità che è il servizio ai poveri oppure doni per il Celebrante, per la Parrocchia, per il Parroco) 22
Liturgia Non è conveniente portare all’altare oggetti (ad es. testi di catechismo, Bibbia, croce oppure scarpe da calcio ecc.) che risultano poi non essere “doni” autentici (portati per poi essere ripresi dai legittimi proprietari a fine Celebrazione), ma semplicemente richiamo a momenti di vita. Si ribadisce che l’uso di accompagnare questa azione con delle didascalie è da scoraggiare, poiché i segni sono tali solo quando esprimono in modo diretto ciò che significano senza l’ausilio delle parole che li sviliscono. La processione dei doni sia accompagnata dal canto. Sull’altare siano collocati SOLO IL PANE ED IL VINO per la celebrazione eucaristica. Gli altri doni vengano collocati in un luogo dignitoso e adatto (ad es. non in terra).
Scambio
della
Pace
Durante lo scambio della pace non sia eseguito alcun canto, peraltro non previsto dal Rito, ma si può eseguire un sottofondo o un preludio al canto rituale dell’AGNELLO DI DIO che accompagna e sottolinea l’importanza della frazione del Pane.
La Corona d’Avvento Cosa significa? Guardiamola insieme! In
primo luogo, la forma circolare:
In
secondo luogo, i rami di pino:
In
terzo luogo, il simbolo della luce delle candele:
Il cerchio è considerata la forma geometrica perfetta, in quanto non ha punto d’inizio né di fine: esso rappresenta allora il nostro Dio, eterno ed immutabile, e il tempo della Chiesa, che di anno in anno celebra il mistero della Incarnazione-Ministero - Morte-Resurrezione di Gesù in un continuo susseguirsi di anni, fino al giorno ultimo della Parusia, quando Gesù tornerà nella gloria.
Sono un rimando all’albero della vita, presente nel paradiso terrestre (vedi Genesi 2,9), e di conseguenza anche all’albero della croce, con la quale Gesù ha liberato l’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte.
Esso rappresenta Gesù, luce vera del mondo, venuta per illuminare ogni uomo. Significative le parole di uno degli inni con cui la chiesa apre la preghiera del mattino: Notte, tenebre e nebbia, entra la luce, viene Cristo Signore... 23
Sussidio per l’Avvento 2011
I Domenica di Avvento - 27 Novembre Questa
domenica
L’attesa struggente delineata nella prima lettura descrive il nostro bisogno e la nostra domanda. Non vogliamo vagare in desideri e ricerche vane. Non vogliamo disperarci dentro ‘le nostre iniquità’ e quelle del mondo. Abbiamo una speranza, un’attesa, un desiderio che si protendono in avanti. E non trovano il vuoto, ma si protendono verso Lui stesso che ci viene incontro. Lasciamo accompagnare il desiderio del nostro cuore dalla liturgia e dalle indicazioni della Chiesa in questo avvento. Guardiamo verso il Signore che ci si mostra…. Dopo la “Colletta”
Accensione
della
1a
lampada dell’Avvento
Accendiamo, Signore, questa luce, come chi accende la propria lampada per uscire, nella notte, incontro all’amico che viene. In questa prima settimana di Avvento vogliamo alzarci per aspettarti e per riceverti con gioia. Molte ombre ci avvolgono. Molte lusinghe ci addormentano. Quello che vogliamo e dobbiamo fare è rimanere svegli e vigilanti, perché tu ci porti la luce più chiara, la pace più profonda, la gioia più vera. Vieni, Signore Gesù!
Preghiera
dei fedeli
Fratelli e sorelle, chiamati dal Signore Gesù a svolgere ciascuno un compito concreto e fattivo nella vigilante attesa del suo ritorno, esprimiamo nella preghiera il nostro desiderio di incontrarlo e conoscerlo. Preghiamo dicendo: Vieni presto, Signore! 1.
Signore, tu hai incaricato la Chiesa di annunciare la vittoria della tua luce su ogni tenebra: aiutala ad attenderti testimoniando speranza fra chi è afflitto da guerre, povertà, sopraffazione. Noi ti preghiamo.
2.
Signore, assumendo la nostra natura umana incarichi ogni uomo dell’edificazione del Regno di Dio: ti domandiamo che i governanti e tutti coloro che ricoprono 24
Liturgia posti di responsabilità a servizio della società civile possano percorrere le vie della giustizia e della verità. Noi ti preghiamo 3.
Signore, tu incarichi le famiglie cristiane di essere piccole chiese domestiche: fa’ che le nostre famiglie si aprano alla tua visita con l’ascolto della Parola e la preghiera, il dialogo, la solidarietà e la partecipazione all’assemblea domenicale, preghiamo
4.
Signore, tu hai incaricato “i tuoi” di essere vigilanti nell’attesa: aiuta ognuno di noi singolarmente e la nostra Comunità [parrocchiale di… o diocesana di Pistoia] ad attendere te facendo nostri il grido del povero e dell’oppresso, la disperazione del profugo e del rifugiato, la sofferenza dell’emarginato. Noi ti preghiamo
Vieni, Signore Gesù, colma la nostra attesa di te, sostienila con i doni dello Spirito affinché ci trovi pronti a seguirti e contemplare con te il volto del Padre ora e per i secoli dei secoli.
25
Sussidio per l’Avvento 2011
II Domenica di Avvento - 4 Dicembre Questa
domenica
La venuta del Signore è un dono, imprevedibile e non creato da noi. Eppure va preparata perché non cada nel vuoto e nella indifferenza. Chi non attende nulla, non scruta l’orizzonte, non va alla stazione del treno né accentua il proprio desiderio. La gente va dal Battista perché riconosce il proprio bisogno e il proprio male e confessa i suoi peccati. Il Signore viene a mettere termine alla nostra tribolazione, a scontare i nostri peccati, come dice la prima lettura. Ci vuole dunque una disponibilità del cuore, una semplicità a riconoscere il nostro bisogno di Dio, la nostra insufficienza e la nostra miseria... Così potremo riconoscere il Salvatore… Dopo la “Colletta”
Accensione
della
2a
lampada dell’Avvento
I profeti tenevano accesa la speranza di Israele. Noi, come simbolo, accediamo questa seconda candela. Germoglia e fiorisce il deserto... L’umanità intera si riscuote perché Dio nasce nella nostra carne. Fa che ognuno di noi, Signore, ti apra la sua vita perché germogli, perché fiorisca, perché nasca e si mantenga accesa nel nostro cuore la speranza. Questo è quello che vogliamo e dobbiamo cercare di fare in questo Avvento. Vieni presto, Signore!
Preghiera
dei fedeli
Fratelli e sorelle, disponiamo i nostri cuori ad accogliere il dono di gioia e di speranza che il Padre ha preparato per noi. Preghiamo perché Egli converta i nostri cuori e ci aiuti a costruire un mondo in cui amore e verità, giustizia e pace si incontrino. Preghiamo dicendo: Converti i nostri cuori, Signore! 1.
Per la Chiesa: attinga dalla Parola di Dio la luce e la forza per essere voce che annuncia e riconduce il cuore inquieto dell’uomo alla consolazione dell’amore gratuito e fedele del Padre. Preghiamo.
26
Liturgia 2.
Per quanti ricoprono incarichi di responsabilità a servizio della società civile: il soffio dello Spirito Santo conduca le loro scelte e suggerisca fattive soluzioni ai problemi stringenti di questo particolare momento, perché in quanti sono schiavi della violenza e vittime della sfiducia e della disperazione si riaccenda la speranza di un futuro nuovo. Preghiamo.
3.
Per i cristiani delle diverse confessioni: si lascino ricondurre alla fonte dell’amore, della tolleranza e del rispetto reciproco e, attendendo operosi il Giorno del Signore, affrettino la costruzione dei cieli nuovi e della terra nuova, con la purezza del cuore e la santità della vita. Preghiamo
4.
Per quanti si sentono lontani dall’amore di Dio a causa delle vicende dell’esistenza o della nostra incapacità ad annunciarlo e testimoniarlo: il Signore, che incarnandosi si è fatto vicinanza di Dio a chi lo invoca, li riconduca al Padre della misericordia. Preghiamo.
5.
Per la nostra Comunità [parrocchiale di… o diocesana di Pistoia]: perché l’attesa del Signore che viene, riconduca ad un annuncio efficace del Vangelo ogni suo sforzo e ogni iniziativa che pensa, progetta e realizza nell’itinerario che ci conduce al Natale. Noi ti preghiamo.
Dio, Padre nostro, che esaudisci le preghiere dei tuoi figli, rendici docili alla tua Parola, perché riconosciamo il Redentore che viene e ci rallegriamo della salvezza che opera in noi. Per Cristo nostro Signore..
27
Sussidio per l’Avvento 2011
III Domenica di Avvento - 11 Dicembre Questa
domenica
In mezzo a noi sta Uno che non conosciamo, o che a volte esplicitamente ignoriamo o rifiutiamo, oppure accogliamo soltanto nella sua dimensione umana, senza riconoscerlo come Dio e Salvatore. Gesù è più grande di ogni grande uomo, di ogni profeta; è più grande di Giovanni Battista. A noi uomini non basta un altro uomo per essere salvati, non bastano tutte le conquiste e le imprese umane, dall’economia alla medicina. C’è un bisogno del cuore, un bisogno della vita, un’attesa profonda dell’anima e dell’intera umanità che genera una continua inquietudine, e arriva ad essere placata solo da Gesù, Figlio di Dio consacrato dallo Spirito Santo: l’incontro con Lui fa germogliare la nostra vita e rinnova il mondo…. Dopo la “Colletta”
Accensione
della
3a
lampada dell’Avvento
E’ annunciata la buona notizia: il Signore viene! Preparate le sue vie, perché ormai è vicino. Ornate la vostra anima come una sposa si adorna nel giorno delle nozze. E’ arrivato il messaggero. Giovanni Battista non è la luce, ma uno che annuncia la luce. Mentre accendiamo la terza candela ognuno di noi vuole essere tua torcia che brilla, fiamma che riscalda. Questo è quello che vogliamo e dobbiamo cercare di fare in questo Avvento. Vieni, Signore, a salvarci, avvolgici nella tua luce, riscaldaci nel tuo amore!
Preghiera
dei fedeli
Fratelli e sorelle, la voce di Giovanni il Battista è risuonata anche oggi in mezzo a noi come testimonianza che orienta a Cristo, venuto a recare il lieto annuncio della salvezza. Gesù è in mezzo a noi, riuniti oggi nel suo nome, ma spesso non approfondiamo nella nostra vita la conoscenza di lui e del suo messaggio. Esprimiamo nella preghiera il nostro desiderio di andargli incontro per meglio conoscerlo. Preghiamo dicendo: Mostraci il tuo volto, Signore!
28
Liturgia 1.
Il Padre tuo mandò Giovanni, quale voce che nel deserto preparava la tua via: concedi alla Chiesa di far fiorire il Vangelo nei cuori inariditi dalla sete di guadagno, dal consumo, dall’arroganza. Noi ti invochiamo.
2.
Il Padre tuo mandò Giovanni, quale testimone della tua luce: concedi a coloro che vivono il proprio servizio nella società civile di impegnarsi fattivamente perché essa possa splendere negli afflitti consolati, negli oppressi liberati, nei popoli in pace. Noi ti invochiamo.
3.
Il Padre tuo mandò Giovanni, profeta umile e austero: dona ai cristiani la grazia di saper vivere in concreta sobrietà e nell’accoglienza di ogni fratello perché già su questa terra si realizzi il tuo Regno. Noi ti invochiamo.
4.
Il Padre tuo mandò Giovanni, a precederti: concedi alla nostra comunità di annunciare la tua venuta condividendo le gioie e i dolori, le attese e le speranze con le persone che vivono nel nostro territorio. Noi ti invochiamo.
Ascolta, Signore, la preghiera e rallegraci con i doni della tua grazia affinché riconosciamo in Cristo, Figlio tuo, lo sposo venuto a salvare l’umanità ora e per i secoli dei secoli.
29
Sussidio per l’Avvento 2011
IV Domenica di Avvento - 18 Dicembre Questa
domenica
Dio viene. Davide avanza la pretesa di costruirgli lui stesso un luogo stabile al Signore. Ma non è la nostra costruzione, quanto piuttosto la iniziativa stessa di Dio. Lo si vede in Maria dell’annunciazione. Qui il ‘mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni’ si svela e si compie. Dio agisce, attraverso fatti e persone e li pone davanti ai nostri occhi. Domanda la disponibilità e semplicità del cuore per essere riconosciuto, accolto, seguito. Scopriamo i segni del Signore che viene. Apriamo il cuore alla preghiera, alla domanda di perdono, alla carità. Dopo la “Colletta”
Accensione
della
4a
lampada dell’Avvento
Accendendo questa quarta candela, nell’ultima domenica, pensiamo a Lei, la Vergine, tua e nostra madre. Nessuno ti attese con maggiore ansia, con maggiore tenerezza, con più amore. Nessuno ti accolse con più gioia. Tu sbocciasti in Essa, come il chicco di grano germoglia nel solco. Nelle sue braccia trovasti la culla più bella. Questo è quello che vogliamo e dobbiamo cercare di fare. Anche noi vogliamo prepararci così: nella fede, nell’amore, nel lavoro di ogni giorno. Vieni presto, Signore!
Preghiera
dei fedeli
Fratelli e sorelle, invochiamo Dio, nostro Padre, affinché mandi lo stesso Spirito disceso su Maria a render feconda e colma di frutti di grazia la vita della Chiesa. Preghiamo dicendo: Manda il tuo Spirito, Signore! 1.
Il tuo Spirito, Signore, come ombra copriva Maria, nuovo segno della tua presenza: non far mai mancare la sua presenza ed il suo aiuto a Papa Benedetto, al nostro Vescovo Mansueto, ai nostri Presbiteri e Diaconi. Invialo su tutta la Chiesa, affinché sia segno del tuo amore in questa terra. Noi ti invochiamo. 30
Liturgia 2.
Il tuo Spirito, Signore, avvolgeva Maria, sconosciuta fanciulla di Nazareth: invialo ancora affinché guidi il quotidiano e silenzioso operare di tanti che, onestamente e senza salire agli onori della cronaca, si impegnano a servizio del bene della società civile. Noi ti invochiamo.
3.
Nel tuo Spirito, Signore, Maria, pronunciava il suo sì: mandalo ancora ad aiutare i nostri giovani a seguire sempre la strada per la quale tu vuoi condurli. Noi ti invochiamo.
4.
Il tuo Spirito, Signore, discendeva su Maria, la donna da te scelta quale madre del Messia: fallo discendere ancora su noi, chiamati a qualsiasi titolo ed in qualunque modo a servirti concretamente e fattivamente nella Chiesa, in questa nostra Comunità [parrocchiale di... o diocesana di Pistoia] e fra gli uomini. Noi ti invochiamo.
Manda, Padre, lo Spirito Santo a fecondare la voce e l’opera della Chiesa chiamata a proclamare agli uomini che il tuo amore ha penetrato la loro storia nel Figlio tuo, nato da Maria, Cristo, nostro Signore.
31
Indice Presentazione “Alla scuola del Battista” don Cristiano D’Angelo
p. 1
Catechesi “In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni” Nelvio Catania
p. 5
Caritas “...maestro che dobbiamo fare” a cura del Laboratorio diocesano per la promozione Caritas
p. 9
Liturgia “Il tempo di Avvento” Federico Coppini e don Luca Carlesi
p. 19
Note: Il presente opuscolo sarà consultabile e scaricabile anche nel sito della Diocesi all’indirizzo: www.diocesipistoia.it. La foto di copertina è una tavola, che rappresenta San Giovanni Battista, ed è presente al Museo diocesano di Popiglio; è della 1a metà del XIV sec. ed è attribuita ad un anonimo pittore pistoiese detto il “Maestro di Popiglio”
Chiuso in tipografia nel mese di novembre 2011 dalla Tipografia GF Press di Masotti. La realizzazione grafica è stata curata da Graficamente di Patrizia Bartolozzi