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Mansueto Bianchi, Giordano Frosini, Alfio Filippi, Andrea Vaccaro, Aldo Schiavone, Stefano Grossi, Gianfranco Basti

L’idea dell’immortalità terrena Una nuova sfida per la teologia

Diocesi di Pistoia Atti della ventitreesima Settimana Teologica (7-11 Settembre 2009)


L’immagine di copertina riproduce un particolare del cenotafio di Cino da Pistoia nella Cattedrale di Pistoia


Indice

Indice

Introduzione generale Giordano Frosini

pag. 7

Introduzione Alfio Filippi

pag. 13

L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena Andrea Vaccaro

pag. 15

L’evoluzione nelle mani dell’uomo Aldo Schiavone

pag. 25

L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia? Stefano Grossi

pag. 31

Anima, Corpo e Informazione Gianfranco Basti Interventi esterni Introduzione Contributo di Max More Contributo di James Hughes Contributo di Mirco Romanato Contributo del Network dei Transumanisti italiani

pag. 41 pag. 49 pag. 51 pag. 57 pag. 61 pag. 63

Conclusioni Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia

pag. 67

Il cammino delle Settimane Teologiche a Pistoia

pag. 73

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AVVERTENZA Per una corretta recezione dei materiali, si precisa che i testi degli interventi di Alfio Filippi, Andrea Vaccaro e Aldo Schiavone sono ricavati dalla sbobinatura delle registrazioni, non essendosi i relatori basati su testi scritti. Gli atti della lezione di Gianfranco Basti sono costituiti dalle slide che egli ha mostrato e commentato. Dei rimanenti interventi si riproducono le relazioni scritte.


I relatori

ANDREA VACCARO è docente di Filosofia e Teologia del postumano presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose “I. Galantini” di Firenze. Ha, di recente, pubblicato per i tipi delle Edizioni Dehoniane L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena. ALDO SCHIAVONE è direttore dell’Istituto italiano di Scienze umane di Firenze-Napoli. Storico di fama internazionale, ha pubblicato nel 2007 Storia e destino, un breve volume in cui si avverte di essere sulla soglia di un cambiamento epocale, dove l’umanità è sul punto di prendere nelle proprie mani l’evoluzione e condurla su versanti neppure concepibili, tra cui l’immortalità terrena. STEFANO GROSSI è vice-direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose “I. Galantini” di Firenze (particolarmente dedito allo studio del rapporto tra teologia e tematiche emergenti). Nel 2006 pubblica, presso la rivista “Vivens homo”, il contributo La ricerca scientifica e la speranza di eludere la morte. GIANFRANCO BASTI è professore di Filosofia della natura e della scienza presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense. Autore di libri e articoli avvalorati nelle principali riviste filosofiche internazionali, è tra i più creativi pensatori capaci di coniugare categorie scientifiche e teologiche.



Introduzione generale

Mons. Giordano Frosini, coordinatore della Settimana

Introduzione

E’ del secolo scorso la nascita della nuova scienza della futurologia, secondo la quale il futuro viene scientificamente analizzato per poterne prevedere almeno con grande probabilità gli sviluppi e le caratteristiche. Una previsione non fantasiosa o magica, ma basata sulle capacità attuali in nostro possesso, proiettate scientificamente in un futuro abbastanza lontano. La nascita è datata ufficialmente nel 1966. Il nome fu coniato dallo scienziato P. K. Flechteim, che insieme elencò le cinque sfide poste allora all’attenzione dell’umanità. Esse erano: eliminazione completa della guerra, soppressione della fame e della miseria, superamento dello sfruttamento e dell’oppressione, fine del depredamento della natura, demolizione del senso di vuoto e di alienazione tipico dell’uomo moderno. A questa categoria di previsioni appartiene anche l’idea dell’immortali tà terrena, che sta avanzando a passo sicuro ai nostri giorni. Non è la prima volta che l’uomo sogna di poter arrivare a conquistare l’immortalità con le sue stesse mani. L’umanesimo ateo, ripetendo il gesto di Prometeo, che con la sua audacia riuscì a strappare il fuoco agli dei, è sempre stato tentato da questa allettante prospettiva: poter arrivare all’immortalità. L’aveva fatto anche abbastanza recentemente il materialismo di conio sovietico, probabilmente crollato insieme alla fine del socialismo reale, databile nel 1989, l’anno della distruzione del muro di Berlino. Soltanto che allora il progetto nasceva direttamente dall’ideologia, anche se poi, naturalmente, doveva passarlo alla scienza perché lo potesse realizzare. Questa volta non è più l’ideologia come tale, ma la scienza direttamente a informarci di questi progetti che, almeno secondo alcuni, dovrebbero verificarsi a breve, brevissima scadenza. Ed è interessante notare che in genere questi scienziati, scienziati tutti di primo o primissimo piano, appartengono al versante opposto, cioè a quello occidentale, anzi prevalentemente proprio 7


Giordano Frosini

al mondo della cultura anglosassone. La questione è stata presentata giustamente come una nuova sfida alla teologia. Per questo la nostra Settimana Teologica, felicemente arrivata alla sua 23ma edizione, ha ritenuto opportuno prenderla in attenta considerazione. Il tema rientra certamente nell’ottica che ci demmo quando cominciamo, ormai molti anni fa, la serie dei nostri interventi. Vogliamo trattare, dicemmo, temi non formalmente teologici (a questa era dedicata la nostra Scuola di formazione teologica, specialmente nella organizzazione del suo quarto anno, l’anno di approfondimento, che cambia anno per anno), ma temi collaterali che hanno attinenza con la riflessione teologica, senza appartenere direttamente a essa. Vorrei però sottolineare fin da principio che in questo caso noi stiamo arando un terreno incolto e che quindi ci accingiamo a fare considerazioni e dare giudizi su una questione non ancora sottoposta a un serio esame. Un rischio per noi, oltre che una sfida. Però mettiamo in atto la metodologia che si richiede in circostanze del genere. Prima ascoltiamo ciò che ci dice la scienza. La teologia non ha niente da sussumere su quello che la scienza ci dice in quanto scienza. Il teologo semplicemente ascolta e poi, sulla base delle idee di cui la rivelazione l’ha messo in possesso, cerca di dare una sua risposta. Ora noi ascoltererno anzitutto gli scienziati, cominciando da colui che scienziato non è, ma che è certamente uno studioso serio di queste questioni, Andrea Vaccaro, a cui dobbiamo riconoscere di aver dissodato un terreno difficile con grande serietà e saggezza. La sua opera è stata giustamente apprezzata in varie sedi e il suo libro è già in esaurimento perché ha incontrato il favore dei pubblico non soltanto specializzato. Andrea, oltre che studioso serio ed esemplare, è anche un raffinato scrittore, che sa unire insieme l’eleganza e la precisione scientifica. Egli fa parte di un gruppo abbastanza folto di giovani studiosi pistoiesi che si stanno facendo onore nel campo degli studi teologici, biblici e filosofici. Un vanto e un onore per la nostra diocesi e la nostra città. Dopo di lui, veri scienziati ci diranno quello che effettivamente stanno pensando e poi in ultimo cercheremo di dare una risposta. Notate che l’ultima sera non ci sarà nessuna conferenza, perché il tempo a disposizione sarà dedicato all’ascolto delle reazioni che ci perverranno da vicino e 8


Introduzione generale

da lontano e alla relativa discussione. Sempre naturalmente nei limiti del possibile. Ora però, dando per scontato che ciò che si legge nel libro di Andrea corrisponde a verità, vorrei anticipare brevemente alcune riflessioni che ci possono aiutare a seguire fin da principio i lavori di questa straordinaria Settimana. Comincio con un aneddoto, uno di quegli ineffabili aneddoti che si leggono nella raccolte dei rabbini ebraici. Un giorno uno di questi si rivolse al profeta e gli disse: Lo vedi che l’uomo sta facendo con la sua intelligenza e la sua tecnica delle cose meravigliose, tanto meravigliose che sembra quasi superare l’intelligenza di Dio. Senti un po’ cosa questi ne pensa. Il profeta interpellò Dio e poi tornò con questa risposta: Ha detto Dio: Oh come sono contento, mio figlio mi ha superato nella bravura. Il figlio è diventato più bravo di me. Sono veramente felice, l’immagine ha addirittura superato la bravura del Padre. Una parabola da accettare nella sua completezza da cui si nota la differenza essenziale fra il Dio della Bibbia e il Dio della cultura e della mitologia classica. Giove è geloso delle sue prerogative e non vuole spartirle con nessuno. Prometeo, o chi per lui, è un pericoloso concorrente da tenere lontano e da punire per la sua audacia e la sua impudenza. E difatti così effettivamente succede. Il Dio biblico si presenta anch’egli come geloso, ma in altro senso: non vuole concorrenti sul piano della divinità: “Non avrai altro Dio fuori di me”. Ma per quanto riguarda le capacità e la libertà dell’uomo non si potrebbe essere più aperti di lui. L’uomo è infatti il suo collaboratore, il suo partner, la sua immagine che dimostra questa qualità anzitutto e soprattutto come gestore e perfezionatore del creato. In questa sua opera, collaborando con Dio, egli prende parte alla formazione della Gerusalemme celeste, la città dove sarà presente tutto il bene e da dove sarà per sempre allontanata ogni forma di male. “Aiutaci a costruire insieme il tuo Regno”, prega la nuova liturgia della chiesa direttamente ispirata dal concilio Vaticano II. Nella lotta per l’integrità e per la comunione, i due grandi assi sui quali si muove da sempre il cammino dell’uomo, come ci ha ricordato il grande Congar. La lotta contro il male, tutto il male, è condotta non soltanto nel nome di Dio, ma con lui, fianco a fianco, lungo tutto il percorso dei secoli e dei millenni. 9


Giordano Frosini

Dio è l’antimale, egli non vuole né direttamente né indirettamente il male, che pure ci circonda da ogni parte. Il male morale è dovuto alla volontà perversa dell’uomo, il male fisico all’imperfezione di un mondo creato in via di evoluzione. Per il primo, per il male morale, c’è un invito diretto alla conversione e alla sequela del Figlio che si è fatto uomo per insegnarci come è possibile vivere; per il secondo, per il male fisico, all’uomo, dotato di intelligenza e di volontà, è richiesto il continuo impegno perché la creazione sia almeno avviata al suo compimento finale. Così chiunque crea giustizia, amore, pace, chi vince la battaglia contro il cancro, lavora per Dio e con Dio, lo sappia o no. Cose che abbiamo sempre detto e ripetuto. Riecheggiando da vicino le grandi idee del concilio Vaticano II, l’enciclica Redemptoris missio di Giovanni Paolo II affermava: “Costruire il Regno vuol dire lavorare per la liberazione dal male in tutte le sue forme” (n. 15). Da tutto il male. Ora nell’elenco si aggiunge il male per eccellenza, quella che Teilhard de Chardin considerava la sintesi di tutte le “passività”, cioè la morte. Che dobbiamo dire? Che va tutto bene. Non si vede perché dovremmo pensare diversamente. Sarebbe questa la massima collaborazione con Dio. Ben vengano allora queste notizie che ci arrivano da lontano, con la speranza che esse corrispondano a verità. Perché il dubbio rimane. Nella questione ci sono altri aspetti da considerare. La nostra sarebbe soltanto una pre‑vittoria sulla morte; la salvezza, come ci è prospettata nella rivelazione cristiana, ci chiama e ci spinge oltre, molto oltre. Intanto la vita che ci è promessa come dono dell’eternità non è questa vita, ma un’altra vita, un’altra specie di vita. La vita nella sua pienezza. Simone de Beauvoir ha descritto molto bene questa situazione in Tous les hommes sont mortels: il protagonista che nel medioevo ha bevuto l’elisir di lunga vita non può più morire e invece vuole morire a ogni costo. Questa vita gli è venuta a noia. Sempre le stesse cose. La monotonia organizzata. Veramente non ne può più. La vita eterna che ci è stata promesa sarà, è, un’altra cosa. In più, ci saranno sempre morti incontrollabili dalle medicine che si vanno preparando. Ancora, ci saranno miliardi di esseri umani che non potranno godere di questo beneficio, perché sono morti in antecedenza. Chi ci renderà i nostri morti? E a me, dice K. Ralmer, cosa importa che in 10


Introduzione generale

un tempo più o meno lontano gli uomini potranno essere immortali, se io intanto sono morto? Nulla, assolutamente nulla. La salvezza è ancora al di là di questa auspicata invenzione. Per lei c’è ancora posto. E noi naturalmente intendiamo conservarle il posto che si merita. Di questa salvezza l’uomo non è capace. Di fronte alla morte, egli è come il popolo ebraico sulle sponde del Mare dei Giunchi. Può venirne fuori solo a condizione che Dio col suo braccio disteso e forte lo prenda e lo porti a salvamento. La Settimana per questo dovrebbe concludersi con una nuova professione di fede in Gesù Cristo unico salvatore dell’umanità. Se alla fine ci saranno uomini ancora in vita, al loro caso si applicherà quanto dice l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi quando egli aspettava come imminente il ritorno del Signore: “E prima risorgeranno i morti in Cristo, quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro sulle nubi, per andare incontro al Signore in alto e così per sempre saremo con il Signore” (4,16‑17). Così, concludendo, manifestiamo la nostra piena simpatia alle idee che ci verranno presentate, con questa riserva però. La riserva della nostra fede e la convinzione che l’uomo non può salvarsi da solo, ma ha bisogno che la sua incapacità sia riscattata dalla onnipotenza misericordiosa di Dio. Se vogliamo, è questo in sintesi l’intero insegnamento della Bibbia e della chiesa, che noi confermiamo all’inizio e, spero, confermeremo anche alla fine della nostra Settimana.

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Introduzione

Padre Alfio Filippi, direttore delle Edizioni Dehoniane

Introduzione/2

Io sono del parere che l’editore deve essere sempre discreto quando parla dei suoi libri perché il primo che deve dare la valutazione sul libro è il lettore. E allora devo cominciare con un momento di verità per dirvi che cosa mi ha convinto subito quando ho letto il testo del nostro amico Andrea. Nell’indice di questo libro ricorrono le parole: nanotecnologia e neuroscienze; queste due parole erano ricorse con molta forza in uno dei forum del progetto culturale della Conferenza Episcopale che era stato dedicato alla antropologia e vi avevano parlato dei medici, degli scienziati appunto sul tema delle neuroscienze, facendo capire come i nuovi studi e di tecnologia e di nanotecnologia, cioè di medicina e di nanotecnologia applicata alle realtà costitutive della vita umana, rendessero difficile determinare il confine tra la tecnica e la realtà, per cui nasceva un grande interrogativo sull’antropologia tradizionale che abbiamo ricevuto dalla teologia classica. E quando ho trovato nel libro di Andrea affrontato direttamente questo tema mi sono appassionato e l’ho letto e alla fine ho voluto pubblicarlo perché tocca oggettivamente uno dei temi che sta praticando la scienza e quei temi che la scienza pone come interrogativo alla teologia. Questo libro tocca direttamente i fondamenti della antropologia cristiana classica così come ci è stata insegnata e come è stata di base alle dotazioni di cristiani che abbiamo avuto quando si parlava di rapporto tra materia e spirito corpo e anima. E mi ha convinto anche perché il libro si mantiene a un livello informativo, a livello non polemico, pur lasciando capire qual è il suo orientamento di fondo, ed è un libro chiaro: anche chi è digiuno di questi termini e di questi costrutti della scienza contemporanea lo capisce. E’ un libro che si fa leggere, che illumina una questione molto importante, una questione sulla quale si rivolge la Conferenza episcopale, sulla quale i teologi hanno difficoltà a interloquire, a rispondere, da un po’ di decenni a questa parte, la difficoltà di parlare con consape13


Alfio Filippi

volezza e con coscienza, degli orientamenti della scienza contemporanea. Sono decenni che scienziati o professori di fisica a livello internazionale fanno sempre l’osservazione che i teologi, di fronte alla scienza, si fermano, limitandosi ad enunciare dei principi, ma incapaci di fare veramente dialogo. Questo libro è interessante appunto anche per questo, perché si parla di un settore della scienza che fortemente pone un interrogativo alla teologia, al cristianesimo su situazioni fondamentali. Verremo incontro, ha detto prima monsignor Frosini, a questa sfida. Secondo me questo libro pone questi commenti che monsignor Frosini ha ora sintetizzato, e che danno seriamente il senso della prima frase del Credo: “Credo in un solo Dio Padre onnipotente creatore del cielo e della terra”. Creatore ha rispondenza con Creatura. Creatura ha per definizione del limite. E questo libro dà l’idea di persone che si muovono rompendo il concetto di creatura come realtà. Oppure sono poste di fronte all’ultima delle teologie, la teologia della tecnica che è tutto e il contrario di tutto. Abbiamo assistito alle ideologie di marca europea, come il marxismo. Poi sono venute altre ideologie. Oggi siamo di fronte all’ultima delle ideologie che promette la stessa cosa: la felicità, una caratteristica che soltanto Dio ci promette e ci potrà far vedere. In questo, le ideologie non potranno mai sostituire la teologia.

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L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena

Andrea Vaccaro

L’ultimo esorcismo, filosofie dell’immortalità terrena In questi giorni mi ripetevo: devi ricordare. Oramai sono 3-4 anni che studio materiali relativi all’argomento dell’immortalità terrena e per me è pressoché un’idea scontata, tante sono le attestazioni in tal senso che ho gradualmente raccolto. Eppure ci deve essere pur stato il momento in cui per la prima volta ho letto una tale notizia. Il mio sforzo di memoria riguardava proprio quel momento: cosa avevo pensato allora, quale era stata la mia reazione primigenia? Non sono riuscito a ricostruire il tutto, comunque la sintesi di pensieri ed emozioni di quel momento si può sintetizzare in una formula non del tutto consona ad un consesso di questo genere, ma estremamente diretta: questo autore è del tutto stupido! Come può fare un’affermazione del genere?! Poi, a quell’autore se ne è però aggiunto un secondo, e un terzo e così via. Autori particolari che parlavano da settori di ricerca altrettanto particolari, discipline per le quali, ai tempi in cui io frequentavo l’università, non esisteva neppure la Facoltà: bioinformatica, nanotecnologia, neuroscienze, ingegneria cognitiva … Autori, peraltro, che rappresentavano i livelli di eccellenza delle loro aree di ricerca: ricchi di riconoscimenti come premi Nobel, direttori dei più avanzati laboratori di ricerca (quelli che ricevono mega-finanziamenti dai settori pubblici e privati), scopritori e inventori di strumentazioni tecnologico-scientifiche più sofisticate, come quelle coinvolte nel Progetto Genoma o nella creazione del microscopio capace di muovere un atomo alla volta o nella realizzazione del computer in grado di operare un milione di miliardi di operazione al secondo. Autori, insomma, che nel loro settore di ricerca si sono evidenziati per aver visto le idee prima degli altri: ebbene questi stessi adesso concordano 15


Andrea Vaccaro

nel vedere all’orizzonte un unico evento, quello dell’immortalità terrena. Dopo un percorso di alcuni anni, ho dovuto pentirmi di quel giudizio peregrino dato a quel fantomatico primo autore: egli non era più così stupido, anzi, forse, era diventato il più intelligente. Mi è capitato di parlare già qualche volta in pubblico di questa tematica e ho notato che una serie di obiezioni costituiscono la prima reazione ad una notizia del genere. Nel mondo cattolico una obiezione molto comune suona: “sì, ma anche se fosse, non sarebbe mai quel paradiso che promette la religione”. A me sembra un eccesso di difesa, un meccanismo che tra l’altro finisce per trasformare una buona notizia in una minaccia o una provocazione. Eppure, nessuno (quasi nessuno), prevedendo e lavorando per l’immortalità terrena vuol sfidare il Creatore o sostituirsi alla sua fede. Una seconda obiezione: “che me ne farei di una vita che non finisce mai!”, e questa purtroppo la dice lunga sul senso e sul valore che ciascuno di noi assegna alla propria vita. Una terza, da persone con spiccate propensioni amministrative, mette in evidenza il problema delle pensioni: “come si reggerà l’ente previdenziale”, ed è un po’ come se, al momento del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Pietro si avvicinasse al Maestro e dicesse: “forse è meglio evitare, perché il sindacato dei fornai e dei pescivendoli minaccia uno sciopero”. La vera causa, probabilmente, sta nell’esperienza che della morte ciascuno di noi da piccolo fa per la prima volta: un’esperienza lancinante, terribile, che non si riesce minimamente a comprendere o a elaborare. In quel momento, poi, non possiamo che rassegnarci, mettiamo questo dato in un cassetto ben chiuso e tanta è la sofferenza che ci chiudiamo dentro che non abbiamo più voglia o coraggio di ritoccarlo. Lo prendiamo come un fatto, punto e basta. Al di là di questi discorsetti, dobbiamo passare alla vera doccia per il cervello, ovvero rinfrescare il nostro circuito di pensiero talvolta piuttosto ripetitivo con questa nuova idea, capace di spostare e rinnovare molte categorie. 16


L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena

Se anche fosse tutto una ingiustificata falsità, questo nuovo ospite del pensiero sarebbe comunque da considerare. L’altro secolo fu tutto segnato da uno slogan filosofico non provato, quello nietzchiano del “Dio è morto”. Di Dio non è stato trovato il cadavere eppure il nichilismo ha segnato tutto il Novecento. Al limite, per i più scettici, la questione può essere accolta solo come un esercizio filosofico. In molti non la pensano assolutamente così. Prendiamo il portavessillo di questa idea, l’autore certamente più convinto e convincente: Ray Kurzweil. Tra tutti gli aspetti che potrebbero essere prescelti della sua tipica impostazione, assumiamo il concetto della crescita esponenziale del progresso tecnologico. Negli anni Sessanta un ingegnere della Ibm, Gordon Moore scoprì che il tasso di crescita delle potenzialità di un circuito integrato raddoppiava circa ogni anno. Kurzweil sembra ampliare questa legge all’intero cosmo tecnologico. Il progresso è tangibile, meno percepibile è che questo va accelerando, cioè che ogni anno viene reduplicato e raddoppiato tutto il percorso che la tecnologia ha fin qui fatto. Pensiamo a tutta la strada che la tecnologia ha fatto dal suo inizio fino ad oggi, più di 40 anni che ce ne hanno fatte vedere di cose: ebbene, il 2010 farà un tragitto pari a tutti questi 40 anni e il 2011 lo raddoppierà ancora. L’immagine dell’inventore del gioco degli scacchi è forse quella che rende l’idea nella maniera più diretta. Con questo tasso di progresso, anche quello che sembra lontanissima e remota possibilità all’improvviso si avvicina e sembra quasi a portata di mano. Pensiamo agli esempi del Progetto Genoma o alle prestazioni dei supercomputer. Doveroso parlare quindi di E. Drexler. Eric Drexler, ingegnere americano Chief Technical Advisor della Nanorex – compagnia di software per lo sviluppo di macchine molecolari – è, per unanime consenso, l’uomo-simbolo della nanotecnologia. Ne è il padre fondatore in virtù del libro Engines of Creation. The Coming Era of Nanotechnology (Motori di creazione. L’avvento dell’era nanotecnologica) del 1986, che attualmente “circola” in Internet in varie versioni linguistiche autorizzate, dai caratteri cinesi a quelli cirillici. Ne è il massimo divulgatore in qualità di promotore del Foresight Institute, organo di informazione «equilibrata, accurata e tempestiva» sui programmi 17


Andrea Vaccaro

della nanotecnologia, con la speciale missione di alimentare la discussione critica e indirizzare verso il meglio le decisioni pubbliche su possibilità che imminentemente vedranno la loro straordinaria e sconvolgente realizzazione. I quindici capitoli di Motori di creazione procedono con molta gradualità e custodiscono proprio nel loro centro, con le sezioni “Motori di guarigione” e “Longevità in un mondo aperto”, il tema dell’immortalità. Prima, però, l’autore ci avvia ad una morbida e progressiva ascesa. Ciò che distingue un materiale prezioso come il diamante da uno vile, o un tessuto organico sano da uno malato – introduce Drexler – è unicamente la disposizione di atomi. La tecnologia umana ha come suo fondamento il grado di abilità nel creare determinate disposizioni di atomi, e l’evoluzione trova la sua corrispondenza proprio nell’affinamento di questa abilità. Trentamila anni fa, l’uomo era primitivo perché scheggiava la selce rimuovendo migliaia di miliardi di miliardi di atomi; oggi l’uomo è quello che è perché in grado di posizionare una puntina su una superficie con un’accuratezza di una frazione del diametro di un atomo. Nei prossimi decenni, con questa tecnologia di disposizione atomica, potremo costruire qualsiasi cosa la cui esistenza sia permessa dalle leggi di natura, compresa l’immortalità. Riferimento a Marvin Minsky. Ognuno desidera salute e sapienza, dice l’autore. Il desiderio di salute, non solo in questo contesto, trapassa facilmente nel desiderio di eternità, perché quale uomo, in condizione di benessere fisico e psichico, si dichiarerebbe mai sazio di vita? Anche il desiderio di sapienza ha in sé qualcosa di infinito. Dalla curiosità per i fatti altrui, all’empatia per gli altrui pensieri e stati d’animo; dalla conoscenza di ogni risposta scientifica già nota all’umanità o a tutt’oggi ignota, all’acquisizione di saggezza filosofica e spirituale, i dati sembrano oltrepassare ogni limite. Questo anelito d’infinito che freme nello spirito di ogni uomo – osserva Minsky – è purtroppo vanificato dal perimetro in cui la selezione naturale ha circoscritto l’essere umano: un organismo assai fragile ed esposto a molti attacchi e un cervello che è quello che è. Oggi, però – e con questa tipica formula decolla l’argomento forte del 18


L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena

saggio -, con i nostri progetti di sostituzione delle parti danneggiate del corpo e di aumento nanotecnologico delle capacità del cervello, possiamo prevedere di sfondare questi confini stabiliti dalla Natura per la lunghezza della vita e per l’ampiezza delle conoscenze umane. Le scienze necessarie per attuare tale transizione sono già al lavoro, ed è il tempo di considerare come sarà questo mondo. Una caratteristica su tutte, di questo mondo, sembra stagliarsi, scrive Minsky: una volta liberati dalle limitazioni della biologia, saremo capaci di decidere l’estensione delle nostre vite – con l’opzione dell’immortalità – e scegliere, tra l’altro, ulteriori capacità inimmaginabili. Riferimento a A. De Grey. Un autore che, al contrario, non fa certo della moderazione il proprio tratto distintivo è il biogerontologo Aubrey de Grey, per molti il vero “paladino dell’immortalità”. Con le sue tesi provocatorie e con le attività della Methuselah Foundation, che ha co-fondato e dirige, De Grey ha raggiunto anche la popolarità mediatica e ha associato inscindibilmente il suo nome alla crociata anti-invecchiamento. The War on Aging (La guerra contro l’invecchiamento) è il titolo di un suo saggio, il programma della sua ricerca, lo stendardo della truppa in marcia che egli guida come uno dei capitani coraggiosi. Poco più che quarantenne, De Grey suscita scompiglio e clamore con il suo codice dei sette fattori che causano il processo vecchiaia-morte e dei sette rimedi per neutralizzarli uno ad uno. E’ il famoso “codice SENS” (Strategies for Engineered Negligible Senescence), l’insieme delle strategie per rendere irrilevanti gli agenti della senescenza tramite interventi di ingegneria medica. Alla sua divulgazione e discussione è dedicato il X Congresso dell’Associazione di gerontologia biomedica (IABG, 2003), i cui atti divengono un libro curato dallo stesso De Grey. L’eco del programma SENS si fa sempre più ampia, ma a prevalere, in prima battuta, è lo scetticismo e, quasi, il risentimento della categoria. Alcuni fanno notare che De Grey non ha inventato nulla, perché le sue soluzioni erano già circolanti; altri etichettano come para-scienza la sua teoria. De Grey non sembra toccato: risponde a questi che il proprio approccio è intenzionalmente ingegneristico e non scientifico in senso puro; 19


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replica a quelli adducendo a suo merito proprio l’aver collegato intedisciplinariamente idee preesistenti, ma confinate nei loro settori di appartenenza, e per questo sterili e incapaci di interagire con il resto delle scoperte scientifiche. Il punto più alto della polemica è raggiunto nel febbraio 2005, quando il prof. Sherwin Nuland, della Facoltà di Medicina dell’Università di Yale, su “Technology Rewiev”, sferra un attacco durissimo sulla formazione, sulla metodologia e persino sulla persona e sullo stile di vita di De Grey (che, in effetti, non fa certo di tutto per passare inosservato). «De Grey – scrive Nuland – risponde a problemi biologici enormemente complessi con frasi vaghe, che sono poco più che slogan». Ad appesantire il giudizio, sopraggiunge l’editoriale del direttore della rivista del MIT che, dopo aver raffigurato De Grey come un “Troll”, cioè come uno spiritello della mitologia scandinava, esprime la sua forte perplessità circa l’appropriatezza di farcire argomenti scientifici con ingredienti di ideologia transumanista o trascendentalista. Nell’aprile 2005, sempre su “Technology Rewiev”, De Grey risponde e rilancia: se c’è un alone di vaghezza nella controversia, questo non è da imputare al suo programma, ma alle critiche che contro esso si sollevano. Tanti pregiudizi; nessuna obiezione concreta. Il dibattito si fa così appassionante che diventa, nel 2005, la pagina della rivista di scienza e tecnologia più cliccata in USA. Nel giugno 2005 si arriva alla sfida: la SENS Challenge. “Technology Rewiev” mette in palio diecimila dollari al team di scienziati che dimostrerà l’erroneità o l’infondatezza in termini di ingegneria genetica del programma di De Grey, il quale, a nome della Methuselah Foundation, raddoppia il premio ponendo sul piatto altri diecimila dollari. Nella commissione giudicatrice compare anche J. Craig Venter, lo scienziato che è nella storia del Progetto Genoma e che, più recentemente, ha annunciato la creazione di un cromosoma artificiale e pre-annunciato la futura creazione di un intero genoma artificiale. Ad un anno di distanza, la redazione di “Technology Rewiev” è costretta ad ammettere: «Nessuno ha vinto il premio di ventimila dollari, ma la sfida resta aperta». Il vero vincitore ad uscire dalla sfida, così, è proprio il tanto dileggiato De Grey. E mentre il codice SENS continua 20


L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena

a diffondersi e ad essere preso generalmente poco sul serio, il suo autore prosegue nella divulgazione del suo credo: con la pubblicazione di libri – il più recente è Ending Aging: The Rejuvenation Breakthroughs that Could Reverse Human Aging in Our Lifetime (Porre fine all’invecchiamento: i passi del ringiovanimento che potrebbero invertire l’invecchiamento nel corso della nostra vita); con articoli, principalmente sulle riviste “Rejuvenation Research” di cui è direttore e “Mitochondrion”, di cui è editore associato; con conferenze, al ritmo autoregolato di una ventina ad anno; con colpi di teatro, come ad esempio l’M Price (il premio M), dove la lettera in questione sta per “mouse”, ma anche per “Matusalemme”, dato che una somma di quattro milioni di dollari sarà assegnata dalla Methuselah Foundation ai ricercatori che progetteranno e attueranno strategie anti-invecchiamento in grado di prolungare il tempo di vita di un topo da laboratorio oltre quello che è l’attuale record. L’aspettativa del premio “Topo Matusalemme” è di riuscire molto in breve a triplicare il normale tempo di vita dei topi; di controllare indefinitamente questo tempo entro quindici anni; di traslare poi questi interventi negli esseri umani nell’arco di trenta-trentacinque anni. Una battuta di De Grey, rivolta principalmente ai religiosi, dice pressappoco: non pensate con l’immortalità di fare un dispetto a Dio, perché se davvero Dio vuol toglierci da questo mondo un modo lo trova sempre. Ma, e qui si apre seriamente una riflessione teologica, vuole il Creatore toglierci davvero da questo mondo? Credo che questa domanda vada incorniciata in due contesti: nel rapporto cristianesimo-scienza e nel rapporto cristianesimo-vecchio testamento. Per quanto riguarda il primo rapporto, credo che oggi guardare la questione nel modo tradizionale sia inammissibile. In questi decenni scienza e teologia hanno percorso un tragitto così ampio che se uno scienziato trova motivi di contrapposizione con il cristianesimo vuol dire che vede ancora il vecchio volto della religione e, reciprocamente, se un cristiano teme ancora qualcosa dalla scienza ha dinanzi il vecchio volto della scienza. Scienza e teologia: due forme di conoscenza, la prima rivolta all’oggettività, l’altra al mondo dell’interiorità o della spiritualità. Quando mai c’è da 21


Andrea Vaccaro

temere della conoscenza? Anzi, ciascuna non può che essere compiaciuta di ogni nuova conquista dell’altra, per un sapere davvero rotondo. Per il rapporto cristianesimo-vecchio testamento, tra i due, si sa, continuità, complementarietà, reciproca illuminazione così come fra i due “popoli” (ebrei-cristiani) di cui è ormai irrinunciabile il rapporto di fratellanza, dove gli ebrei sono riconosciuti essere i nostri “fratelli maggiori”. Eppure, questa grande vicinanza non deve far trascurare anche motivi di distinzione, come il sinedrio ebbe modo di ben sottolineare ai tempi di Gesù. Ecco, credo che dinanzi a notizie come quelle di cui stiamo trattando si insinui sempre un sotterraneo timore che proviene dalla storia di Adamo ed Eva così come da tutti i miti antichi che parlano di eroi che rubano il fuoco agli dei e finiscono univocamente in tragedia. Capisco che la sacra Scrittura è un libro molto impegnativo e magari cominciamo a leggerlo: genesi, creazione, Adamo … e poi lo riponiamo per una polverosa pausa e pensiamo di essercene fatti un’idea. Però occorrerebbe arrivare perlomeno fino ai vangeli per entrare nello spirito del cristianesimo. E’ vero: l’antico, direi l’antichissimo Testamento ci racconta di un Dio che interviene aspramente contro l’afflato dell’uomo di crescere di dimensione, ci racconta l’ira e la maledizione del lavoro, del dolore e della morte per questo “attentato”. Se ne può ragionare, ma è difficile negare che questo racconta di un Dio geloso della propria trascendenza, che non vuol mostrare il suo volto tanto è superiore alla sua creatura. Quanta differenza con il Dio del nuovo Testamento, di un Dio che vuol stare al contrario così vicino all’uomo da incarnarsi, per far vedere non solo il suo volto, ma tutta la persona, che viene così incontro al desiderio dell’uomo di crescere e trascendere da farsi uomo – egli, Dio – affinché l’uomo possa diventare Dio, secondo la formula così felice che i Padri della Chiesa ripetevano come un refrain. Nel VT Dio punisce l’uomo che vuol diventare Dio; nel NT è Dio che addirittura fa il primo passo, prende per mano, trascina l’uomo alla sua dimensione divina. Nel VT Dio confonde le lingue dei costruttori della Torre di Babele perché volevano toccare il cielo; nel NT il giorno di Pentecoste porta agli apostoli il dono della glossolalia perché insieme realizzino la missione universale di portare il cielo in mezzo agli uomini. E’ questo il 22


L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena

messaggio forte del cristianesimo. Dal Concilio Vaticano II questa strada è intrapresa senza possibilità di ripensamento: quell’escatologia che per secoli è stata dipinta come un’attesa dove Dio è il protagonista assoluto e gli uomini pecorelle passive è stata fortemente rinnovata con l’immagine dell’uomo collaboratore di Dio nella realizzazione del Regno. L’uomo deve lavorare per il regno, deve prepararlo anziché attenderlo, deve avvicinarlo, possibilmente anticiparlo. L’idea dell’immortalità terrena potrebbe essere vista anche come un passo in questa direzione. Come è dipinto classicamente il regno di Dio? Salute senza sofferenza, vita senza morte, giustizia senza peccato, pace senza contrasti. Il mondo promesso dalla tecnoscienza non è esaustivo: al momento ci promette salute e vita infinita. Mancano alcuni elementi, ma non è un grosso problema: per la giustizia sociale abbiamo i politici la cui vocazione non può che essere il bene comune; per la pace spirituale ci siamo noi cristiani che siamo così tanti e abbiamo come scopo fondamentale quello di trovare la quiete nella nostra interiorità in modo da irradiarla ad ogni persona che ci capita di avere accanto in ogni circostanza.

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L’evoluzione nelle mani dell’uomo

Aldo Schiavone

L’evoluzione nelle mani dell’uomo Grazie. Non è soltanto per cortesia, vi dico che l’onore è mio, io ringrazio davvero gli organizzatori di questa 23a settimana teologica, un evento ormai entrato nelle cronache della riflessione teologica contemporanea in Italia e sono un evento di portata almeno nazionale. Per me è un onore essere qui, ringrazio molto il vescovo Bianchi e Mons. Frosini, direttore e coordinatore di questa settimana. Per me è sempre un piacere avere la possibilità di confrontarmi con i colleghi, con gli amici, con il pubblico, i credenti, i cattolici e praticanti. Come voi sapete, lo dico subito per chiarire le nostre posizioni, e come capisce anche chi ha già dato uno sguardo al libro, io non sono un credente. Però sono un non credente con il cuore inquieto, e quindi per me qualunque occasione di confronto, di sollecitazione, di stima, anche da un punto di vista personale e culturale più ampio, è benvenuto. Detto questo: credo che il titolo che voi avete dato alla vostra settimana “L’idea dell’immortalità terrena”, sia molto opportuno e già, questa sola formulazione, impensabile una decina di anni fa, ci dà il senso di come noi e tutta la civiltà umana, sia al centro di una trasformazione vorticosa e sconvolgente, e il piccolo libro che monsignor Bianchi ha ricordato prima Storia e destino è stato scritto da me due anni fa. Dico due anni fa perché per certi aspetti mi appare già come un libro vecchio, perché le cose vanno così velocemente, che tutto invecchia presto. E’ stato scritto con un compito, che io ripropongo a voi oggi, che è quello di cercare di rendere evidente e destare l’attenzione di un pubblico il più vasto possibile, del fatto che noi ci troviamo al centro di una vicenda che sta sconvolgendo la storia dell’uomo e che tocca a noi, tocca a questa generazione affrontare, tanto la mia che si avvia ormai al tramonto, quanto quella dei più giovani, quelli che hanno adesso trent’anni, quarant’anni, venti anni, alle generazioni che costruiranno la storia umana nei prossimi decenni, toccherà a loro gestire questa trasformazione sconvolgente. 25


Aldo Schiavone

In che cosa consiste questo evento importante che noi stiamo vivendo giorno per giorno. Proverò a darvi una formulazione prima a carattere generale e poi tornare un po’ indietro nel tempo per vedere come si è arrivati a questo punto. Fino ad adesso, la forma biologica dell’umano, quindi il fatto che le donne e gli uomini su questo pianeta avessero delle caratteristiche fisiologiche, anatomiche, cognitive era un presupposto immodificabile, rispetto alle azioni degli uomini. Gli uomini agivano nella storia, erano i protagonisti della loro storia, perché avevano la coscienza, perché avevano il libero arbitrio, erano i soli protagonisti della storia umana, e i protagonisti delle vite individuali, ma questo protagonismo si fondava su un elemento, che era un elemento immodificabile, e quel posto immodificabile della storia dell’uomo, il fatto che la specie umana fosse una specie divisa in maschi e femmine, un genere maschile e un genere femminile, e che questi generi avessero delle caratteristiche: biologiche, anatomiche, cognitive, date, sulle quali non si poteva agire, quella era e quelle erano. Poi naturalmente i sentimenti, la cultura, tutto questo cambia, si trasforma naturalmente, si trasforma nel breve periodo o nel lunghissimo periodo, ci sono atteggiamenti umani che si trasformano in pochi decenni, e ci sono atteggiamenti umani lunghi da migliaia di anni, che durano migliaia e migliaia di anni, però tutto questo, tutti questi dati, come li vogliamo chiamare, culturali, storici, si fondono su un presupposto biologico, anatomico, il quale è un presupposto che noi abbiamo sempre considerato immodificabile, perché lo è. L’uomo nasce in un certo modo e questo è. Noi, attenzione, adesso sappiamo, grazie ai progressi della biologia, della paleontologia, sappiamo sempre meglio da alcuni decenni che anche questa struttura, come vogliamo dire, biologica, anatomica, cognitiva, psicologica, dell’umano non è eterna, ha un suo passato e un suo presente. Da quando la specie umana è come noi siamo? Noi possiamo datarlo, possiamo dire trentaquarantamila anni, non di più. Se noi vedessimo nell’autobus salire un uomo di Naenderthal, diremmo “non siamo noi”, quello non siamo noi, quello è un’altra cosa, non siamo noi, è qualcosa di umano, ma non siamo noi. E l’uomo di Naenderthal ha duecentomila anni, e quello già non siamo noi, dal punto di vista anatomico, dal punto di vista fisiologico, dal punto di vista cognitivo: no quello non siamo noi. Ma se noi vedia26


L’evoluzione nelle mani dell’uomo

mo salire sull’autobus il primo di quelli che noi definiamo homo sapiens, quello siamo noi. Quello siamo noi, non c’è verso, siamo noi. Anche se è nato trentamila anni fa, quello è uno di noi. Può avere un’altra cultura, ovviamente, un’altra mentalità, perché viene da trentamila anni fa, ma è uno di noi. Mi scatta un riconoscimento immediato: quello siamo noi. Quindi questa specie di fotografia, noi possiamo risalirla, riportarla all’indietro di trentamila anni, quarantamila anni, non di più. Prima esistevano altre cose, umane, ma non come noi. Possiamo risalire ancora più indietro e dire che la prima forma a cui in qualche modo possiamo dare questo aggettivo “umano”, ma non siamo noi, forse possiamo farla risalire a due milioni e mezzo, tre milioni di anni fa, non di più. Ecco tra tre milioni di anni fa e trentamila anni fa ci sono state una serie di specie umane sempre più evolute, ma sempre diverse da noi. E poi trenta quaranta cinquantamila anni fa, non sappiamo bene, non prima e non dopo, è comparsa, come risultato di questo processo evolutivo, molto complesso, molto lungo, anche con molte intermittenze, con molte zone grigie, che noi non conosciamo bene, con molte ombre che noi non riusciamo a costruire, è venuta fuori la nostra specie, noi come siamo. Ebbene, questo noi come siamo, questa specie, che i paleontologi chiamano l’homo sapiens, questa specie noi come siamo, in questi trentamila anni non è sostanzialmente cambiata anzi la specie che siamo, cioè l’homo sapiens sapiens, in trentamila anni non è cambiata dal punto di vista biologico, cognitivo, etc. E’ rimasta intatta. E’ la specie umana. Negli ultimi anni però c’è stata un’accelerazione sempre più veloce in un altro senso. Biologicamente siamo stati e siamo fermi; dal punto di vista della storia dell’intelligenza umana, invece, è successo di tutto, è successo qualcosa di sconvolgente. Attraverso la tecnologia, l’intelligenza sta acquistando la potenzialità di intervenire e incidere sulla struttura biologica dell’uomo che era considerata immodificabile, e ogni giorno propone nuovi progressi. Noi ce ne accorgiamo in modo indiretto, ascoltando distrattamente una notizia oggi e una domani. Queste scoperte puntiformi però vanno tutte verso una stessa direzione, verso un’unica meta che diventa ogni giorno più chiara: che l’uomo con la tecnologia può trasformare biologi27


Aldo Schiavone

camente se stesso. Ci dobbiamo preparare ad un’epoca – assai imminente- in cui la nostra forma biologica (la cognizione, l’intelligenza, il piano anatomico.. ) acquisirà la forma che noi intendiamo darle. Sarà come noi vorremmo che sia. Il principio: “siamo come la natura ci ha fatto” non varrà più. La forma biologica sarà il risultato di quello che noi vogliamo, sarà conseguenza delle nostre scelte. È l’uscita del biologico dal “naturale” e il suo ingresso nello “storico”. È l’evento più grande da quando la storia umana è iniziata: non c’è evento comparabile. E noi, distratti da tutti gli altri fatti, non ne siamo coscienti. Per questo, le generazioni future avranno responsabilità enormi. Noi abbiamo il dovere di prepararle e il primo passo per farlo è prenderne conoscenza. Qual è il ruolo della Chiesa in questo processo? Pur da non credente, penso che la nostra civiltà abbia il bisogno della riflessione cristiana per affrontare il problema. E credo anche che la Chiesa deva fare un passo in più per poterlo affrontare, superando un atteggiamento di chiusura per trasformarlo in piena accettazione. Fondamentale in ciò è il concetto di “natura”. Troppe volte la Chiesa tende ad usare un tale concetto in un senso non più adeguato al presente. Lo riveste di una sacralità che comporta il non poterla toccare e il non poterla violare. Insegna che l’uomo e la tecnica devono stare al di qua di questa soglia. Credo che sia un atteggiamento che non ci prepara al nuovo e non prepara la Chiesa stessa ad avere un ruolo importante in questo processo. La natura – non va dimenticato – è sempre stata violata dall’uomo. Oggi la nostra vita e ogni nostra azione non hanno più nulla di naturale. È tutto storia, è tutto trasformato dall’umanità. Considerare la natura come confine invalicabile e concepire l’uomo in stato di minorità rispetto alla natura è frutto solo di una visione pessimistica dell’umano. Dietro c’è un’antropologia pessimistica. Ma perché i cattolici pensano così? Perché non accettano fino in fondo la libertà dell’uomo? Secondo me occorrerebbe un Cristianesimo che sappia stare accanto all’uomo padrone del proprio destino. 28


L’evoluzione nelle mani dell’uomo

Questo significa che l’uomo debba fare quello che vuole? No! L’uomo avrà potenzialità illimitate di scelta, ma dovrà decidere responsabilmente. Questo richiede un’enorme iniezione di eticità. Per questo si ha bisogno del Cristianesimo, purché accetti questa situazione e non cerchi di allontanarla da sé. Quando saremo in condizioni di farlo, tutti potremo fare ciò che vorremo? Questo no: ci sono dei valori superiori che vanno rispettati. Il principale di essi è l’unità dell’umanità: ogni trasformazione potrà essere accettata solo nel momento in cui essa potrà essere goduta da tutta l’umanità, altrimenti romperemo quell’unità che è un valore troppo importante. Mi piace pensare a un Cristianesimo che conviva con un uomo veramente libero e padrone del proprio destino e non a una Chiesa che dica sempre: “non infrangere, non violare, non superare la soglia”. Perché questa padronanza di noi stessi non può coincidere con il progetto divino? Un uomo veramente libero sente più forte la voce della divinità dentro se stesso.

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L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?

Stefano Grossi

Immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?

A) Premessa Una piccola nota di storia della teologia. Anche la teologia conosce a questo proposito quella che con una certa approssimazione potremmo chiamare una tesi contro fattuale: i doni preternaturali concessi alla prima umanità e persi a causa del peccato originale. Tra essi vengono annoverati: l’integrità come libertà dalla concupiscenza; la libertà dalla necessità della morte; il dono della scienza e dell’impassibilità. Pur ricordandoci che nel linguaggio biblico vita e morte non hanno esclusivamente né primariamente una connotazione biologica, ma religiosa (basti confrontare Dt 30,15-16: «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso») annoverare la libertà dalla necessità della morte tra i doni preternaturali significa riconoscere che tale situazione non oltrepassa di per sé la potenzialità della natura umana anche se non è corretto tradurle immediatamente in qualità materiali dell’umanità. Con un accostamento un po’ ardito saltiamo al preambolo del Novum Organum di Francesco Bacone: «Per il peccato originale l’uomo perse l’innocenza e de­cadde dal dominio del creato. Ambedue queste perdite possono ripararsi, almeno in parte, anche in questa vita: l’innocenza con la religione e con la fede, il dominio con le arti e con le scienze». Non appare così troppo ardito pensare che di fronte alle attuali ricerche sull’immortalità terrena la teologia cattolica possa avere uno sguardo positivo anche se critico? 31


Stefano Grossi

1) I confini del problema La questione di cosa la riflessione teologica potrebbe pensare sulla e della immortalità terrena degli esseri umani si colloca sul piano della “fantateologia” o, per dirla in linguaggio più tecnico, nel campo del contro fattuale”. Infatti allo stadio attuale delle conoscenze non siamo in grado di dire se sia possibile superare il limite dei 120-130 anni che viene considerato come l’età massima a cui la nostra struttura biologica può giungere. Siamo ancora a domandarci se il limite sia superabile: non è un fatto già accertato, anche se vi sono ricercatori che lo considerano un dato e non un’ipotesi. Come nota di metodo credo invece che sia importante ricordarci che quando discutiamo su ricerche scientifiche di questo tipo il criterio diviene discernere tra ipotesi che sono la ragionevole estensione di conoscenze già esistenti e quanto appartiene all’anticipazione futuristica se non alla fantascienza vera e propria. Il discrimine consiste essenzialmente nel fatto che vi siano o meno conoscenze reali sull’argomento capaci, almeno in teoria, di indicare le vie da seguire. Con questa doverosa cautela tento di muovermi in un settore di ricerca ancora più ipotetico che realistico. Riguardo alle piste di ricerca sul’estensione indefinita della vita umana il punto di partenza è la conoscenza dei vari meccanismi che presiedono all’invecchiamento e che possiamo sperare di imparare a contrastare e bloccare attraverso farmaci e terapie geniche: fin qui siamo nel campo pur sempre dell’ipotetico, ma plausibili. Un secondo livello dell’utilizzo di microscopiche macchine in circolazione nel nostro organismo sempre all’opera per riparare guasti e restituire al nostro corpo una salute ottimale (nanotecnologie) pur non essendo teoricamente impossibile (per quanto ne sappiamo) non ha attualmente una sufficiente base di conoscenze. Un terzo livello che ipotizza sostituzione di corpi, immagazzinamento e trasferimento dell’Io, rimane in una situazione ancora più ipotetica perché alla base non ha una serie di conoscenze capaci di suffragare precise linee di ricerca. Infatti la scienza moderna posta di fronte alla possibilità di prolungare e migliorare la vita umana fino a farle raggiungere i suoi limiti naturali funziona, nella comprensione degli uomini che non si interessano direttamente di scienza (e talvolta anche negli stessi ricercatori), come un 32


L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?

serbatoio di speranze in cui riporre un’attesa di salvezza terrena dalle forze negative che sintetizziamo nell’idea di invecchiamento e di morte. La scienza stessa viene caricata di una funzione e di un potere trascendente: essa diviene una «scienza al di là della scienza» e costituisce un proprio immaginario collettivo carico di attese. Il confronto con questo nuovo immaginario può essere utile – in ogni caso – alla filosofia e alla teologia. Bisogna comunque notare la positività della ricerca sul prolungamento della vita umana, anche se non possiamo attenderci una salvezza definitiva per l’umanità, per tutta l’umanità, possiamo aspettarci significativi miglioramenti per la salute del’uomo.

2) La domanda fondamentale In questo orizzonte allora la domanda fondamentale potrebbe formularsi in questo modo: Cosa cambierebbe (potrebbe o dovrebbe cambiare) nella riflessione teologica nel momento in cui fosse possibile prolungare indefinitamente e in modo umano l’esistenza psicofisica degli esseri umani? In questa formulazione occorre evidenziare due elementi che ne precisano il senso: il prolungamento indefinito e il modo umano. Perché queste ricerche pongano una domanda rilevante alla riflessione teologica non basta che vi possa essere un qualsiasi prolungamento dell’età degli esseri umani, ma che ad esso non vi sia limite. Anche il raggiungimento di una soglia avanzatissima di età quale i 1000 anni mentre creerebbe sicuramente problemi in campo giuridico, politico, economico, sociale, etico concettualmente non presenta problemi per la speculazione teologica: un fattore di scala 10 costituisce comunque una quantità trascurabile nei confronti dei tempi geologici e dell’evoluzione biologica e cosmica e, in ogni caso, sposterebbe la situazione di vecchiaia e di morte un po’ in avanti o anche molto in avanti, ma non li eliminerebbe (verrebbe da commentare con la Scrittura: «ai tuoi occhi mille anni sono come il giorno di ieri che è passato»). Quindi un’interrogazione importante può avvenire nel momento in cui si dimostrasse possibile un prolungamento 33


Stefano Grossi

infinito: una semi-immortalità non ci interessa. Oltre a questo è abbastanza evidente che non possiamo accontentarci di una qualsiasi vita indefinita, ma ne vogliamo una che sia umanamente degna di essere vissuta: la sopravvivenza pura e semplice non appare un’ipotesi particolarmente attraente se non è unita alla possibilità di vivere un’esistenza che realizzi e promuova la nostra umanità in qualsiasi modo si voglia definire l’umano dell’uomo, ciò che ci realizza come esseri umani. L’immortalità terrena deve essere accompagnata dall’eterna giovinezza, altrimenti rischia di essere più condanna che gioia. C’è tuttavia un terzo lato problematico che non emerge direttamente dalla domanda fondamentale così come l’ho formulata, ma che nasce in conseguenza di essa (e che molti studiosi e ricercatori) hanno ben presente: l’immortalità terrena e la perenne giovinezza non ci garantiscono ancora contro la morte, ma solo da quella per cause biologiche. Infatti in linea di principio ogni essere umano rimane mortale e anche la specie umana nel suo complesso. Enunciamola in modo più concettuale: una vita biologicamente illimitata annulla la morte per cause naturali, ma non elimina la condizione di mortalità degli esseri umani. Così l’escatologia cristiana dell’avvento del Regno e della nuova creazione in Cristo mantiene comunque un proprio specifico nella risurrezione come superamento definitivo della condizione stessa di mortalità. Infatti sia il singolo che la specie umana può sempre incorrere in incidenti (volontari o involontari che siano, compresa la distruzione nucleare) che segnano accidentalmente la sua sparizione non recuperabile. Quindi non sarebbe in ogni caso un’assoluta impossibilità di morire, ma solo quella relativa ai normali meccanismi biologici che regolano l’esistenza dei viventi sessuati. Pretendere dalla ricerca scientifica anche l’invulnerabilità totale pare una richiesta effettivamente eccessiva. Oltre alle cause accidentali di morte occorre anche ricordarci che la nostra esistenza è legata al pianeta Terra, alle sue vicende, alla vita della stella Sole e, più in generale, ai destini dell’universo cui apparteniamo. Ora tutte queste entità da cui dipende la nostra esistenza hanno una vita finita: i calcoli possono variare secondo i modelli teorici che adottiamo per formulare le previsioni, ma siamo ragionevolmente sicuri che entro 1-4 miliardi di anni il nostro Sole 34


L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?

subirà una serie di trasformazioni che lo porteranno a espandersi fino a inglobare la Terra. Così come siamo ragionevolmente certi che il nostro universo nei prossimi 15-20 miliardi di anni si estinguerà. È vero che questa scala temporale ci lascia emotivamente abbastanza indifferenti, ma dal punto di vista strettamente concettuale dice che in ogni caso l’espressione «immortalità terrena» richiede molta cautela a meno che non la vogliamo utilizzare in modo puramente evocativo, ma in tal caso ne riduciamo fortemente la capacità di produrre significative interrogazioni per il pensiero speculativo.

3) Alcuni ambiti e temi che potrebbero interrogare la riflessione teologica Continuo a ricordare che vorrei muovermi nell’ambito del pensiero speculativo tralasciando questioni di tipo etico normativo o influenze psicologiche, sociali, economiche e quant’altro. Anche con questa limitazione di prospettiva non è possibile, tuttavia, non accennare alla questione dei possibili modi tecnici attraverso cui dovrebbe essere perseguita e realizzata l’«immortalità terrena»perché essi potrebbero porre interrogativi diversi alla riflessione teologica. Un esempio per chiarire questo punto (che ritroveremo anche un po’ più avanti). Se l’immortalità terrena fosse possibile attraverso una metodica di backup della mente e di restore in un nuovo corpo (clone o totalmente artificiale) si porrebbe il problema del mantenimento dell’identità individuale e della sua unicità. Una simile questione, invece, verrebbe evitata da metodiche che realizzassero l’immortalità attraverso uno sviluppo di meccanismi di autoriparazione dell’individuo. Poniamoci quindi nell’ipotesi contro fattuale che sia stata resa possibile l’immortalità terrena per gli esseri umani e proviamo ad articolare qualche ambito tematico in cui articolare la domanda fondamentale. In primo luogo si pone una questione di linguaggio e di ripensare il senso e l’uso dei linguaggi biblici e liturgici: penso – lo dico in modo semiserio – in prima battuta al Salmo 90 (89): «Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione, passano presto e noi voliamo via». Ma anche alla simbolica battesimale con le varie espressioni di inserimento nella morte e resurrezione di Cristo. 35


Stefano Grossi

Ci vorrebbe anche un lavoro di revisione concettuale su espressioni come contingenza, creaturalità, finitudine, divenire ed eternità, risurrezioni dei corpi e così via. In secondo luogo – anche se questa non è una novità vera e propria – c’è un piano epistemologico da affrontare: ovvero come muta il rapporto tra teorie e scoperte scientifiche e teologia. È innegabile che stiamo sempre più osservando ciò che Karl Rahner aveva avvertito in un saggio del 1981 Scienze Naturali e Fede Razionale (in K. RAHNER, Scienza e fede Cristiana, Nuovi Saggi IX, Edizioni Paoline, Roma 1984, 29-84) come la pretesa delle scienze della natura di dialogare direttamente con la teologia senza passare attraverso la mediazione filosofica, ovvero rivendicando un preciso valore teoretico ed ontologico (non solo fenomenico) anche per scoperte e realizzazioni particolari. D’altra parte l’epistemologia della scienza da Kuhn in poi ci ha resi sempre più avvertiti che ogni osservazione è carica di teoria. In terzo luogo direi che vi sono le questioni antropologiche sull’identità, sulla corporeità, sull’esser persona, sul senso del divenire persone che teologicamente si possono inserire nella prospettiva dell’essere a immagine e somiglianza di Dio; un’immagine e una somiglianza che si specificano e si concretizzano nel divenire figli nell’unigenito Figlio Gesù. A tali questioni si collegano necessariamente quelle escatologiche del senso della morte; senso e del valore di un perfezionamento ultraterreno; della resurrezione e giudizio finale; del Regno dei Cieli. Certo che nell’ipotesi dell’immortalità terrena dovremmo cogliere un salutare stimolo a purificare alcune concettualizzazioni teologiche dai legami con una precompressione dell’esistenza umana segnata inesorabilmente dalla morte. Si potrebbero anche avere esiti paradossali – di una verità che si afferma sotto l’aspetto di una contraddizione – ma non per questo meno interessanti. Lo scegliere di morire rinunciando all’immortalità terrena per accedere a quella ultraterrena dovrebbe essere considerato un gesto eminente di fede: «chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35). E forse, anche da un punto di vista etico si potrebbero avere interessanti effetti, perché uno dei limiti pratici allo sviluppo di soluzioni a lunga gittata nel campo dei principali problemi globali spesso dipende 36


L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?

da un assunto attualmente indiscutibile: «sul lungo periodo siamo tutti morti…» che venendo meno potrebbe costringere a sviluppare un interesse più marcato per la soluzione di emergenze globali future i cui effetti comunque saremmo costretti a subire, anche nel lungo periodo! Ancora, l’immortalità terrena potrebbe aiutarci a dare concretezza al desiderio paolino espresso in 2Cor 5,1-4: «Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. 2Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: 3a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi. 4In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita».

B) Alcuni approfondimenti 1) Andando ad affrontare alcuni temi più specifici come esempio di quale dialogo (reciproca interpellazione: non solo scienze → teologia, ma anche teologia → scienze) potrebbe instaurarsi tra discipline scientifiche e teologiche di nuovo sono costretto a centrare l’attenzione sulle strategie e i metodi attraverso cui realizzare l’immortalità degli esseri umani. Infatti mentre lo sviluppo di metodiche capaci di potenziare le capacità di autoriparazione e di mantenimento della salute degli esseri umani non pongono particolari domande alla speculazione teologica; altre come la duplicazione del cervello o il trasferimento della mente da un corpo all’altro o a un sistema bio-elettronico capace di immagazzinarla e accoglierla mettono in discussione profondamente l’antropologia che considera ciascun essere umano un’entità unica e unitaria alla cui costituzione partecipano in modo diverso un’anima spirituale e una materialità che viene strutturata in una corporeità. In tal caso si dovrebbe andare a recuperare un’antropologia più paolina che consideri non più un binomio anima-materia, ma anima, corpo e spirito? E cercando di spiegare come il proprium dell’umano sia in questa terza componente che lo relaziona a Dio? [sono, ovviamente, domande ipotetiche…] Ancora, in tale ipotesi il trasferimento conserverebbe l’identità del soggetto? Di tale identità fa parte anche la parte inconscia della nostra 37


Stefano Grossi

psiche che si radica proprio nella dimensione della corporeità, di quella corporeità specifica che è ciascuno di noi: anche l’inconscio sparirebbe o sarebbe immagazzinabile e trasferibile? Ma, se così fosse, esso sarebbe localizzabile in qualche locazione di memoria e quindi diverrebbe – almeno in linea di principio – assumibile direttamente della mente cosciente. Sempre sul piano dell’identità: se la mente fosse trasferibile cosa impedirebbe di mutare a piacere il genere dell’esistenza da un passaggio all’altro? Sarebbe ancora compatibile con la mia identità maschile o femminile? Anche la dimensione emotiva dell’esistenza è strettamente legata alla corporeità ed è parte rilevante della nostra umanità e identità: verrebbe modificata o eliminata? 2) L’essere umano a immagine e somiglianza di Dio, tema teologico che considero il principale (con ovviamente le specificazioni e precisazioni cristologiche da farsi, basta pensare a Rm 8,29 «predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo»), viene a specificare ulteriormente la domanda fondamentale di partenza sul rapporto tra immortalità terrena e teologia. Per inciso la situazione di creaturalità non viene influenzata (se non nel modo di immaginarla) da una temporalità che si dispiega all’infinito perché irrilevante per quanto riguarda la dipendenza nell’essere degli enti. L’immortalità non elimina di suo la differenza tra il Creatore, Colui che è l’Essere, e le creature che ricevono in “dono” il proprio esistere: altrimenti sarebbe contraddittoria anche l’immortalità degli esseri puramente spirituali (anima, angelo). Ritornando al tema più importante dell’uomo immagine e somiglianza di Dio, prendo come punto di riferimento l’affermazione del Concilio Vaticano II espressa in Gaudium et spes 22: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte trovino in lui la loro sorgente e tocchino il loro vertice. 38


L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia? Egli è “l’immagine dell’invisibile Dio” (Col. 1, 15). Egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato».

Questo principio verrebbe messo in discussione nel caso in cui fosse possibile raggiungere un’immortalità terrena? Dal punto di vista speculativo [di nuovo metto da parte aspetti pastorali, etici, ecc.] direi un deciso no! In Cristo siamo chiamati a partecipare al Regno, alla nuova creazione, quindi ad assumere coscientemente e responsabilmente la “buona notizia” che la nostra esistenza trova compimento pieno e definitivo in un piano diverso di esistenza rispetto a quella attuale, un piano qualitativamente diverso, anche se non totalmente diverso, che facciamo fatica a definire e a immaginare se non usando delle pallide metafore. [Il Regno, poi, rimane in ultima analisi dono del Padre, anche se siamo chiamati col nostro agire ad anticiparlo («mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio» 2Pt 3,12). Il raggiungimento dell’immortalità terrena in cosa ci aiuterebbe e in cosa ci limiterebbe nel parlare e nel proporre la vocazione ultima di ogni essere umano che è la comunione piena col Padre e, per mezzo di Lui, con ogni essere («perché Dio sia tutto in tutti» come scrive Paolo: 1Cor 15,28)? Nello stesso tempo questo punto di riferimento ci aiuta anche porre delle domande alla ricerca scientifica che cerca l’immortalità: quale limite identificare nelle possibili trasformazioni degli esseri umani affinché non si perda la loro umanità e non sparisca l’umanità dell’uomo né si perda questa vocazione ultima. [NB. Apriamo una parentesi: quando si fanno queste affermazioni alcuni scienziati e tecnici saltano su e lanciano accuse del tipo «ec39


Stefano Grossi co, volete limitare la libertà della ricerca!» in realtà porre domande, e sottolineo porre domande, non significa limitare alcunché ma offrire un aiuto per distinguere libertà da arbitrio, aiuto all’umanità e sua strumentalizzazione o riduzione a oggetto. Se dopo aver posto una questione sul senso dell’impresa immortalità terrena avessimo anche delle risposte pronte a priori e non le ricercassimo insieme a chi opera nei vari settori di ricerca allora l’accusa avrebbe un suo fondamento, ma se la domanda è lo stimolo a pensare insieme e meglio per il fine della promozione dell’umanità dell’uomo, mi pare che il problema non si ponga. È vero, purtroppo, che l’atteggiamento e il pregiudizio dogmatico è assolutamente trasversale tra laicità e religioni.]

Un’ultima questione antropologica a partire dall’uomo come persona [prescindiamo in questo contesto dalle diverse definizioni e modalità con cui si è cercato e si cerca di comprendere l’esser persona…]. Esser persona non è solo un modo di essere ma anche una vocazione a sviluppare e diventare persona, cioè soggetto capace di orientarsi teoricamente (conoscere) e praticamente (operare) verso il Bene così che la propria esistenza, insieme a quella degli altri uomini, si muova verso quella felicità che possiamo indicare fine ultimo di compimento della propria ed altrui umanità. Non è ancora la Beatitudine del Regno, la piena comunione con Dio e le altre creature, che ci attendiamo come dono gratuito e immeritato, ma è comunque un valore da perseguire e promuovere. Il prolungamento indefinito dell’esistenza terrena dell’uomo non richiederebbe un proporzionale incremento della responsabilità etica? Oppure si rischierebbe un “dilettantismo” morale esasperato? Una vita infinita consente anche un rimando infinito nel sentirsi responsabili per la propria e l’altrui esistenza? Oppure la favorirebbe dovendo considerare che molto difficilmente potrei sfuggire agli effetti negativi del mio agire?

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Anima, Corpo e Informazione

Gianfranco Basti

Anima, Corpo e Informazione Sommario I v v v v

Anima, Mente, Informazione Teorie dualiste, moniste, duali del mente-corpo Scienze cognitive e teoria informazionale della mente Paradigma rappresentazionale e approccio funzionalista nelle scienze cognitive - Origini del funzionalismo - Carattere monista del funzionalismo (energia = informazione) - Critica del funzionalismo

Sommario II v La nuova prospettiva intenzionale: paradigma intenzionale vs. paradigma rappresentazionale - Basi fisiche dell’intenzionalità: dinamiche complesse nel cervello (caos deterministico) - Carattere non riduzionista del caos determinista (energia ≠ informazione) - Relazione con la psiocofisiologia tomista dell’intenzionalità (Basti & Freeman)

Sommario III v Implicazioni ontologiche (Tommaso d’Aquino) - Scambi d’informazione e non di energia fra la mente e il corpo che ordina materia e azioni del corpo (vs. interazionismo platonico-cartesiano) - Localizzazione della mente come contenente il corpo (vs. “principio d’introiezione” del dualismo e del monismo) - Unità psicofisica della persona umana (dualità vs. dualismo) 41


Gianfranco Basti

- Sopravvivenza della mente possibile mediante scambi d’informazione che rendano la mente capace di operare e quindi la psiche capace di sussistere come fosse una sostanza separata.

Anima Mente Informazione v Anima: forma immateriale capace di sussistere (= stare da sola come fosse un ente materiale à = sostanza) à immortalità in senso religioso (e non (pseudo-)scientifico). v Mente: insieme di funzioni psichiche: dell’anima, del corpo o di ambedue (= della persona?) v Informazione: relazione di ordinamento di parti che potrebbero stare (ordinarsi) altrimenti - à Intrinseco legame dell’informazione con la probabilità in matematica; della forma (atto/determinazione) con la materia (potenza/indeterminazione) in ontologia

Potenza del cambio di ordinamento

+

+

=

+

+

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=


Anima, Corpo e Informazione

Informazione: grandezza fisica immateriale v Determinismo vs indetermentismo - à In una scienza determinista non c’è spazio per l’informazione né per un’ontologia duale della forma/materia come costitutivi di ogni corpo/evento fisico (secc. XVI-XIX). - Ma la fisica (e quindi la scienza moderna) non è più determinista almeno da un secolo (From It to Bit), per questo non studia più solo la materia (massa/energia: grandezze fisiche materiali) ma anche l’informazione (grandezza fisica immateriale) à fine dell’armistizio cartesiano. - Il pianto di Platone e di Cartesio (e dei clericali) vs. l’esultanza di Aristotele e di Tommaso (e dei laici).

Determinismo newtoniano: sistemi stabili all’equilibrio Le Leggi di Newton: A ogni azione segue una reazione…: ordine predicibile dalle condizioni iniziali (= sistemi integrabili à dinamica ≈ geometria): il sistema non genera informazione

Caos deterministico: sistemi stabili fuori dall’equilibrio Dis-organizzazione & Auto-organizzazione: il sistema dinamico genera informazione cioè ordine, stabilità non-predicibili dalle condizioni iniziali (= cambia la sua geometria: sistemi non-integrabili ma riproducibili)

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Gianfranco Basti

Teorie del mente-corpo v Teorie dualiste, moniste, duali del rapporto Mente-Corpo: 1. Teorie dualiste: mente = spirito nella macchina, due entità diverse che interagiscono (à interazionismo: incompatibile con la fisica) 2. Teorie moniste: mente = insieme di particolari funzioni del cervello (à riduzionismo: incompatibile con la logica: cervello non è un computer) 3. Teorie duali: anima come forma à “informazione” che ordina dinamicamente la materia per produrre l’unità del corpo vivente individuale umano = persona (à ilemorfismo: “il corpo è già anima perché è materia + informazione”)

Non di solo pane... v Evidenze elementari della teoria duale: l’uomo vive dello scambio continuo non solo di materia (metabolismo), ma anche di informazione (comunicazione): 1. Restiamo noi stessi malgrado cambiamo completamente 2 volte l’anno la materia di cui siamo fatti. E’ la forma che organizza la materia che ci fa rimanere noi stessi 2. Per far crescere bene un bambino in incubatrice non basta fornirgli nutrimento, ma occorre comunicare affettivamente con lui… 3. Così per mantenere viva l’intelligenza dell’anziano… 4. Così per richiamare a coscienza un paziente in coma…

Dalla filosofia alla scienza della mente v Informatica: calcoli logici possono essere implementati in una modificazione di un circuito di attivazione fisico ((11à1;10à0;01à0;00à0) = p×q). v Scienze cognitive: ad ogni operazione mentale corrisponde una modificazione circuito neurale + calcolo logico implementato in quella modificazione. v Completamento della rivoluzione scientifica moderna: uso del metodo galileiano (ipotetico-deduttivo à matematico+sperimentale) allo studio delle funzioni cognitive (vs. separazione cartesiana res 44


Anima, Corpo e Informazione

v

cogitans – res extensa). Studio della mente non più oggetto solo della filosofia (metafisica e epistemologia), ma anche delle scienze naturali sperimentali (neurofisiologia, psicologia e informatica à scienze cognitive).

Intenzionale vs. Rappresentazionale v Approccio intenzionale: conoscenza come automodificazione (acto immanens) stati disposizionali dell’organismo verso l’ambiente, in vista del conseguimento di fini.

- Verità come ad-aequatio, modificazione dei simboli del calcolo logico intesi come disposizioni (forme virtuali) all’azione (habitus) mediante cui assimilarsi al reale per aderirivi il più possibile. - à Mente umana attiva: non solo calcola su simboli costituiti a priori, ma costituisce i simboli logici del calcolo, ridefinendoli sull’oggetto in relazione ai fini del soggetto.

Proprium del paradigma intenzionale v Walter Freeman (Freeman 2002) «L’adeguazione non è un adattamento per mezzo di un processamento passivo dell’informazione e non è un processo di accumulazione dell’informazione per mezzo di risonanze. Per esempio, quando afferriamo un bicchiere per bere, il nostro cervello non si fa una rappresentazione. Ma riconfigura la mano perché si assimili al bicchiere. Il cervello riconfigura il sé per l’interazione ottimale con un aspetto desiderato del mondo. Il fine dell’atto intenzionale è uno stato di competenza che Maurice Merlau-Ponty ha definito di massima aderenza (maximum grip)». 45


Gianfranco Basti

Proprium del paradigma rappresentazionale v Atto cognitivo = riconoscimento = calcolo simbolico (= procedura ipotetico-deduttiva di prova) in cui la formulazione dell’ipotesi (= apprendimento: combinazione dei simboli-base) è assolutamente separata dalla fase di prova (= riconoscimento) della medesima (= calcolo simbolico). v L’elaborazione neurale dell’informazione è perciò interpretata come una procedura puramente passiva di trasferimento dell’informazione dall’ambiente al cervello attraverso i sistemi sensoriali (= trasduttori dell’informazione sensoriale) à funzionalismo. v à Ogni nuovo processo di riconoscimento non fa che aumentare la ridondanza della medesima e dunque l’affidabilità dell’ipotesi. Cervello come computer non genera informazione, simboli del calcolo logico dati a priori.

Relazione con Tommaso d’Aquino v L’adeguazione è il punto di partenza di ogni conoscenza. Il tendereverso-il-mondo del corpo esemplifica quello che Tommaso d’Aquino definisce il processo dell’intenzionalità. La nostra parola “intenzione” viene dal latino “protendersi verso”. Questo protendersi inizia il ciclo azione-percezione che è seguito da cambi nel sé, man mano che impara dal mondo per assimilazione del sé al mondo. Non vi è trasferimento passivo dell’informazione attraverso i sensi nel cervello. Invece il cervello usa la propria dinamica caotica per creare la sua propria informazione, perché il caos deterministico può creare come distruggere informazione» (W. Freeman).

Schema psicologia intenzionale Tomista

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Anima, Corpo e Informazione

Lo specifico della persona v Io = persona = corpo umano vivente in quanto unità psicofisica di forma e materia, in relazione di scambio di materia e informazione con l’ambiente. v Persona >> Individuo (= organismo biologico) perché è individuo capace di auto-determinarsi a tutti e tre i livelli di auto-organizzazione che caratterizzano gli organismi: - Operazioni vegetative (accrescimento, metabolismo, riproduzione) dove forma e fine delle medesime geneticamente determinate. - Operazioni senso-motorie dove solo i fini biologici (istinti) sono geneticamente determinati (coscienza animale) - Operazioni intellettive (intelligenza e libertà) caratterizzate da un controllo anche sui fini à importanza delle influenze culturali + capacità di controllo sui medesimi condizionamenti culturali (coscienza fenomenica del “sé” che è duplice: 1) oggettivabile: immagine del sé; 2) inoggettivabile come irriducibile presenza a se stessi dei nostri io personali (= soggettività consapevole). v Identità della persona si gioca a livello di questa soggettività irriducibile.

Implicazioni Metafisiche I

v Relazioni mente-corpo come scambi d’informazione (vs. interazioni energetiche): - Non vi è sovrapposizione di flusso energetico e informazionale nei sistemi caotici e/o nelle strutture dissipative (Prigogine; Shaw)à dissipazione dell’energia è top-down dissipazione dell’informazione è (anche) bottom-up. - à Possibilità per i sistemi complessi di generare e non solo manipolare informazione (cfr. la nozione di “attrattore strano (caotico)” e l’impredicibilità del suo stato finale ordinato) à Parallelismo con la comunicazione puramente formale fra sensi e intelletto nell’ontologia psicologica di Tommaso. - Superamento dell’inconsistenza dualismo platonico-cartesiano: irriducibilità informazione/energia à possibilità di un surplus d’informazione senza violare principi di conservazione dell’energia (vs. interazionismo). 47


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Implicazioni Metafisiche II v Localizzazione della mente come “contenente” il corpo (vs. “introjection principle”: Schlick) - Se la mente è localizzata nel flusso informazionale della mappa dei controlli di un corpo vivente, queste linee di flusso contengono (e non sono contenute in) le strutture corporee (organi) che esse controllano, all’interno del corpo e in/da l’ambiente (MacKay). - à Parallelismo con la soluzione di Tommaso del problema della localizzazione di entità spirituali (anima, angeli, Dio) rispetto alle entità corporee che controllano (rispettivamente: corpo umano, sfere celesti, universo) (Basti 1995).

Implicazioni Metafisiche III v Sopravvivenza dell’anima come entità formale vivente individuale (sostanza) legata agli scambi d’informazione. - Se la mente consiste nella componente informazionale di un corpo umano, come è possibile la sopravvivenza di un organo senza il resto del corpo cui appartiene se i suoi scambi metabolici vengono garantiti, così per la mente se lo sono i suoi scambi d’informazione (Johnson-Laird 1990). - Parallelismo con la soluzione di Tommaso à la resurrezione finale non è una nuova incorporazione dell’anima, ma riorganizzazione della materia del mio corpo attraverso anima.

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Interventi esterni

Interventi esterni La Settimana Teologica quest’anno ha presentato la novità di aprirsi ad un pubblico ancora più ampio tramite l’utilizzo di un indirizzo e-mail per contributi fuori territorio e la collaborazione con Estropico, il più importante sito in lingua italiana dedito alle filosofie dell’immortalità e, più generalmente, alle tematiche transumaniste. Su tale sito è apparso un liveblogging sulla Settimana Teologica, ove ogni sera è stato possibile leggere i contenuti principale delle conferenze tenute nel pomeriggio. Proprio tramite Estropico sono giunti interventi molto autorevoli, tra cui spiccano i nomi di Max More, fondatore di Extropy e filosofo di riferimento per le tematiche in oggetto e di James Hughes, presidente di Humanity + (già World Transhumanist Association, cioè l’associazione mondiale del Transumanismo). I testi sono stati letti e discussi nella giornata finale della Settimana, prima delle conclusioni del Vescovo. Le traduzioni sono state realizzate da Fabio Albertario, curatore di www.estropico.org, a cui vanno sentiti ringraziamenti.

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Contributo di Max More L’onestà intellettuale è estremamente importante per me. Pertanto, devo dire subito di non essere religioso. Come fondatore del movimento transumanista moderno, sono un razionalista e non vedo buone ragioni per credere all’esistenza di un essere che è onnipotente, onnisciente e perfettamente buono. Allo stesso tempo, ho studiato e capisco la religione in generale e la fede cattolica in particolare. Ho studiato e insegnato filosofia della religione, per molti anni presso il Mount St. Mary’s a Brentwood, in California, e ho avuto molte discussioni con molti studenti cattolici della Facoltà di Filosofia. Inoltre, ho un enorme rispetto per San Tommaso d’Aquino - senza dubbio il più grande di tutti i teologi cattolici. Per Tommaso d’Aquino, fede e ragione sono compatibili e dovrebbero portarci alle stesse risposte, purché usiamo con attenzione il dono divino della ragione. Questa è una parte fondamentale della filosofia Scolastica, e sono attratto dalla sua miscela di sapienza rivelata e di filosofia aristotelica per diversi motivi, il principale dei quali, nel contesto del dibattito qui in corso, è la sua etica della virtù. E’ da un punto di vista dell’etica della virtù, nell’ambito dello sviluppo umano, che sosterrò che i cattolici dovrebbero adottare un atteggiamento generalmente favorevole verso il transumanesimo e, in particolare, verso il perseguimento dell’estensione delle aspettative di vita massime. Sia i teologi cattolici che altri pensatori sono stati a lungo forti difensori della sacralità della vita. Si sono opposti all’aborto e al ricorso al suicidio. L’obiettivo transumanista dell’allungamento della vita è del tutto coerente con questa presa di posizione pro-vita. Devo dire, a questo punto, che io preferisco il termine “vita estesa” (o “vita di durata indeterminata” o “senza età”) al termine “immortalità fisica”, in quanto sono tutt’altro che sicuro che l’immortalità vera e propria – cioè una vita che duri, letteralmente, per sempre - sia possibile. Anche se vivessimo fino al decadimento, o all’implosione, dell’universo che ci attende in un lontano futuro, la nostra vita sarebbe pur sempre infinitamente più breve dell’eternità. Un trilione 51


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di anni non è che una frazione infinitesima di essa. Anche se riusciremo, come credo accadrà nei prossimi decenni, a comprendere appieno e a controllare il processo dell’invecchiamento, le nostre aspettative di vita continueranno ad essere limitate da fattori quali incidenti, omicidi e guerre. In un mondo senza invecchiamento, è probabile che ci concentreremo sul continuare a ridurre il tasso di mortalità, ma per un qualsiasi dato periodo di tempo – si tratti di un anno, un secolo, o un millennio – dovremo continuare ad affrontare una certa probabilità di morte. Con il termine “morte”, mi riferisco ad una morte fisica permanente, la perdita di continuità personale al di là del punto in cui può essere restaurata dalla scienza medica corrente. L’immortalità fisica intesa letteralmente, quindi, probabilmente non è un’opzione praticabile. Ma l’assenza dell’invecchiameno, o aspettative di vita indeterminate, lo potrebbero essere. Un significativo e crescente numero di gerontologi vede queste prospettive come obiettivi realistici. In parte, è per questo motivo che sostengo che l’immortalità non è veramente l’obiettivo per la maggior parte di noi transumanisti. L’obiettivo sono le aspettative di vita senza limiti. Il nostro obiettivo è di migliorare continuamente noi stessi e di migliorare le nostre capacità, il che rende il decadimento tipico dell’invecchiamento e la morte involontaria nostri nemici mortali. Vogliamo vivere sia ora che in un futuro indefinito. Ma non possiamo essere sicuri che vorremo continuare a vivere in un lontano futuro. Forse, dopo secoli o millenni, sceglieremo di ripristinare il processo di invecchiamento e di permettere che la nostra vita fisica raggiunga la sua fine (e ritengo che la filosofia morale cattolica non vedrebbe ciò come un suicidio, ma come la scelta di passare alla vita dopo la morte.) I transumanisti vogliono estendere radicalmente la propria vita come parte di una filosofia che afferma il continuo miglioramento di noi stessi, un miglioramento non solo intellettuale ed emotivo, ma anche morale e spirituale. Questo obiettivo mi sembra sia coerente con il punto di vista cattolico sulla virtù e sul dovere degli esseri umani di servire e glorificare Dio. Ciò non sarebbe il caso se ci fossero dei passaggi, nella Bibbia - e in particolare nel testo letterale del Nuovo Testamento – nei quali fosse scritto che vivere più a lungo sia contrario alla volontà di Dio, o ai suoi piani per noi. In realtà, non c’è nulla, nella Bibbia, che rifiuti il prolungamento 52


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della vita fisica. La Bibbia sembra essere neutrale su questo tema. Potremmo persino interpretare [alcuni passaggi della Bibbia] come favorevoli [all’estensione della vita], sulla base dell’età raggiunta da molte persone in essa descritte. Un importante sforzo per combattere l’invecchiamento fisico è gestito dalla Methuselah Foundation (Fondazione Matusalemme), dal nome di un uomo noto per aver vissuto per 969 anni, superando di poco molti altri, tra i quali Iared (che visse fino a 962 anni) e Noè (che raggiunse i 950 di età). La persona più longeva per la quale esistano documenti affidabili, nella storia moderna, è stata Jeanne Calment, che morì all’età di 122 anni e 164 giorni. La Bibbia cita non meno di 33 persone che vissero oltre l’età di 123 anni. Sia che prendiamo queste età letteralmente o metaforicamente, la Bibbia sembra suggerire che le nostre aspettative di vita attuali non sono lunghe come quelle di persone chiaramente favorite da Dio. E perché una vita di 78 anni dovrebbe essere più privilegiata e accettata delle aspettative di vita passate di 40 o addirittura di 30 anni? In altre parole, la longevità media degli esseri umani è cambiata molto nel corso del tempo. Non vi è alcun motivo per accettare lo stato attuale delle cose come unicamente giusto o divinamente comandato. La Chiesa cattolica non ha alcuna obiezione alla marcia storica del progresso tecnoscientifico che ha gradualmente ridotto il tasso di mortalità ed esteso la nostra vita. Non solo: i cattolici tendono a sostenere gli sforzi tesi ad alleviare le sofferenze delle malattie e dell’invecchiamento, e la manutenzione e la cura del sano e vigoroso corpo donatoci da Dio. La Chiesa cattolica non dovrebbe avere problemi nel sostenere l’estensione delle aspettative di vita, non solo quelle medie, ma anche quelle massime. Almeno dai tempi di Pio XII e della sua enciclica Humani Generis, nel 1950, è chiaro che non vi è alcun conflitto tra la teoria dell’evoluzione e la dottrina della fede per quanto riguarda l’uomo e la sua vocazione. Come disse Papa Giovanni Paolo II: “Oggi, più di mezzo secolo dopo la comparsa di tale enciclica, alcune nuove scoperte ci portano verso il riconoscimento dell’evoluzione come più di una ipotesi”. Ciò è particolarmente importante nel contesto di questo dibattito, in quanto la durata massima della vita umana è un prodotto di un’evoluzione moralmente arbitraria, non il risultato di un editto divino che sia mai stato a noi comunicato. 53


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Invecchiamento, senescenza biologica e morte sono i prodotti dell’evoluzione. Come tali, non hanno uno status morale speciale, naturalistico o divino che sia. L’invecchiamento è essenzialmente una malattia. Risulta dal fallimento dei nostri meccanismi biologici evolutisi per la riparazione cellulare. Siamo stati dotati di capacità razionali uniche sul pianeta. Non vedo alcuna ragione per cui non dovremmo dirigere tali facoltà razionali verso il miglioramento di ciò che la natura ha così meravigliosamente, ma imperfettamente creato. L’obiettivo, naturalmente, non è un periodo prolungato di decrepitezza, ma un lungo periodo di vita sana e vigorosa. La ricerca anti-invecchiamento mira ad alleviare le sofferenze e le infermità. La senescenza non è una condizione divinamente decretata. Il semplice riconoscimento di queste due realtà sarebbe, da solo, motivazione sufficiente per il sostegno della Chiesa cattolica agli sforzi della ricerca anti-invecchiameno. Ma esistono anche argomenti positivi per la lotta contro le lesioni causate dell’invecchiamento e contro l’inevitabilità della morte biologica. Uno di essi può essere visto nell’esempio di Gesù, il quale più volte ci ha esortato a “fare come ho fatto io”. Gesù non dice, di fronte alle debolezze fisiche e alla malattia, “il Padre mio lo ha comandato. Accetta la tua sofferenza e la morte imminente.”Al contrario,una parte fondamentale della missione di Gesù fra noi fu proprio il guarire i malati e persino il resuscitare i morti. Ciò implica che, mentre la sofferenza può avere un valore, il tipo di sofferenza involontaria e senza colpa imposta da senescenza e malattia non è di per sé nobile. Possiamo ammettere che la sofferenza può migliorarci e può avere un ruolo importante nella nostra vita, senza per questo accettare ogni tipo di sofferenza. La sofferenza ha molte forme, quindi il ridurre o addirittura eliminare la sofferenza causata da invecchiamento e morte lascia ancora molto spazio per un ruolo salutare o redentivo della sofferenza. I cattolici, quando confrontati da malattia e sofferenza non esitano a sostenere la ricerca medica, allo stesso tempo accudendo ai bisogni spirituali di chi soffre. Io credo che, man mano che diverrà sempre più possibile prevenire e curare le malattie dell’invecchiamento, la nostra responsabilità morale di portare sollievo in questo modo aumenterà. Estendere la durata massima della vita umana non è parso possibile fino ad anni recenti. Ora che si accumulano le prove che dimostrano la possibilità di combattere 54


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efficacemente l’invecchiamento e l’inevitabilità della morte biologica, mi aspetto che la Chiesa sosterrà attivamente, o condurrà, tali ricerche. Un’ultima osservazione: Dal punto di vista specificamente cristiano, l’allungamento delle aspettative massime di vita, in condizioni di buona salute, al di là del limite corrente di circa 123 anni, avrebbe un altro grande vantaggio: offrirebbe più tempo per sviluppare le virtù, per fare opere buone, per servire Dio, e per salvare anime. Questo, da solo, mi sembra motivo sufficiente per sostenere con forza la ricerca che mira ad ottenere corpi senza età e aspettative di vita indefinite. Pochi, anche fra i più ottimisti transumanisti, si aspettano che il mondo potrà mai essere perfetto. Nella misura in cui il mondo manterrà tale imperfezione - di gran lunga inferiore alla perfezione del Cielo - una vita più lunga nel mondo fisico potrebbe forse essere considerata come una forma più lieve di Purgatorio. Essa può essere vista come una benedizione divina: la possibilità di continuare a migliorare se stessi, fare opere di bene per riscattare se stessi, per glorificare Dio, e per guadagnarsi un posto in Paradiso. La versione originale in inglese è sul blog di More: Why Catholics Should Support the Transhumanist Goal of Extended Life.

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Contributo di James Hughes Porgo i miei saluti da Humanity +, l’associazione transumanista mondiale.

Vorrei sottoporre alcuni punti per la vostra considerazione, in occasione di questa settimana di riflessione sul prolungamento della vita, il transumanesimo e il cristianesimo. Essi si basano su cinque anni di dialogo tra transumanisti, teologi cristiani, e laici che si considerano sia cristiani che transumanisti. 1) Anche se il transumanesimo fa parte della famiglia delle filosofie dell’illuminismo laico, molti dei suoi elementi sono compatibili con il cristianesimo.

Il movimento transumanista è in gran parte laico. Circa due terzi di coloro che si descrivono come transumanisti sono atei o agnostici. Ma tra l’altro terzo è possibile trovare i membri di fedi di tutto il mondo, tra cui il Cattolicesimo. Empiricamente, [cio’ sembra dimostrate che] i transumanisti cristiani non ritengano che il transumanesimo e l’estensione e il miglioramento della vita umana siano incompatibili con la loro fede, anche se molti da entrambe le parti pensano che si sbaglino.

Ci sono aree specifiche di incompatibilità, tuttavia, come nel caso della “teologia del corpo” della Chiesa. Molti transumanisti accettano le tecnologie riproduttive proibite dalla Chiesa. I transumanisti favoriscono una teoria della persona basata sull’autocoscienza, piuttosto che quella della Chiesa basata sull’anima come esclusiva caratteristica umana. Tale divergenza di opinioni pone problemi per il trattamento degli embrioni e dei casi di morte cerebrale, così come per lo status morale di grandi scimmie, ibridi umani-animali, e [ipotetiche] copie di una personalità umana su computer (“upload”). D’altra parte, vi è molto terreno in comune con i cristiani che adottano un’interpretazione più terrena, relazionale o “emergente” dell’anima.

Sulla questione specifica della estensione radicale della vita ci sono, credo, molti meno conflitti teologici. La vita è una benedizione divina che siamo obbligati ad arricchire il più possibile. La Chiesa abbraccia la medicina in quanto non solo accettabile, ma anche un obbligo morale 57


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per una società compassionevole. Non vi è alcuna indicazione biblica di un periodo massimo di vita accettabile, e ci sono figure bibliche che hanno vissuto per centinaia di anni.
 2) Anche se alcuni aspetti del movimento transumanista possono assomigliare ad eresie classiche, si tratta di somiglianze marginali.

Il transumanesimo non sta cercando di essere una filosofia di vita o una religione.

Alcuni critici cristiani del transumanesimo hanno sostenuto che i transumanisti sono moderni “gnostici”, che vedono il corpo come una trappola da cui lo spirito vuole sfuggire verso un’immortalità al silicio. Allo stesso tempo, altri critici cristiani hanno sostenuto che i transumanisti sono vanitose vittime del culto del corpo, perché vogliamo aspettive di vita indeterminate, in ottima salute. Tuttavia, la maggior parte delle persone interessate al transumanesimo o all’estensione della vita non si trovano a questi due estremi del culto del corpo, o del suo odio.

Inoltre, il transumanesimo e il movimento per il potenziamento umano non sono eresie perché non offrono una visione alternativa del senso e dello scopo della vita. Anche i più entusiasti sostenitori del potenziamento umano sono fin troppo consapevoli del fatto che essi rimarranno pur sempre limitati, imperfetti, e che necessiteranno di maggiore significato e scopo [nella loro vita]. La maggior parte dei transumanisti semplicemente adotta l’atteggiamento spirituale espresso da Reinhold Neibuhr nella sua “Preghiera della serenità”:

Donaci la grazia di accettare con serenità
le cose che non possono essere cambiate,
il coraggio di cambiare le cose
che devono essere cambiate,
e la saggezza di distinguere
le une dalle altre.

Il problema non è che i transumanisti hanno insufficiente serenità circa le cose che non possono essere cambiate, ma che troppi critici cristiani del potenziamento umano non hanno il coraggio sufficiente a cambiare ciò che può essere cambiato.

Vorremmo essere il più sani possibile il più a lungo possibile, e trasferire le nostre menti su piattaforme non-biologiche, se ciò diverrà possibile. Nel frattempo abbiamo tutti bisogno di trovare un significato e uno scopo nella vita, e un minimo di pace interiore di fronte alle inevitabili perdite e rimpianti. I transumanisti devono trovare quelle risposte nella filosofia o nella fede.
 3) I transumanisti non sono realmente interessati alla “immortalità”, ma 58


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solo a ridurre le morti evitabili.

Molti cristiani vedono “l’immortalità”, come un obiettivo eretico o carico di hybris. Ma i transumanisti vogliono solo permettere alle persone di poter vivere fino a quando lo vorranno, senza essere limitati da malattia e disabilità.

Alcuni critici hanno sostenuto che il transumanesimo è arrogante, che sta cercando di rendere l’uomo “divino”. Ma questo suggerisce una teologia non-dottrinale, greco-romana. Non importa quanto gli esseri umani potranno potenziarsi, essi non potranno sfidare l’autorità dell’onnipotente, onnisciente Dio di Abramo. Non importa quanto a lungo gli esseri umani cercheranno di vivere, essi non possono sfuggire al giudizio divino, o vivere più a lungo di quanto non fosse previsto divinamente.

Alcuni critici cristiani sostengono anche che l’estensione radicale della vita è egoista, a causa delle conseguenze sociali ed ecologiche di una vita più lunga. Noi crediamo che i cristiani dovrebbero essere più critici di questi argomenti misantropici e neo-malthusiani, e che sarà invece possibile creare un mondo sostenibile e una società fiorente in cui lunghe aspettative di vita sana saranno una realtà.
 4) Le tecnologie di potenziamento umano, in particolare le neurotecnologie, sono in grado di supportare il comportamento morale e l’autocomprensione spirituale.

La crescente comprensione del cervello e delle basi biologiche del comportamento, dà all’umanità un numero crescente di strumenti per il trattamento di disturbi della personalità come l’incapacità di concentrarsi, la tossicodipendenza, la compulsione sessuale, l’aggressività e l’auto-assorbimento nevrotico. Tali strumenti offrono a coloro che soffrono un sostegno per evitare i vizi e sviluppare le proprie virtù. Man mano che arriveremo a comprendere e a controllare le basi biologiche della compassione, della temperanza, dell’equanimità, del coraggio e della costanza, molti fedeli vorranno utilizzare queste tecnologie di auto-perfezionamento. E quando le
fonti dell’esperienza religiosa saranno identificate nel cervello saremo in grado di utilizzare le neurotecnologie come complemento e sostegno della vita spirituale.

La Chiesa di oggi accetta molte tecnologie mediche e psichiatriche che, una volta, erano viste con sospetto. Noi crediamo che lo stesso sarà per il potenziamento umano e per l’estensione radicale della vita. Ci auguriamo di poter continuare il dialogo tra il 59


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movimento transumanista e la Chiesa, al fine di capire come utilizzare questi nuovi poteri per favorire un fiorente e spiritualmente appagante futuro.


 Queste tematiche sono esaminate più approfonditamente nel mio saggio “The Compatibility of Religious and Transhumanist Views of Metaphysics: Suggering, Virtue and Transcendence in an Enhanced Future”. La versione originale del contributo è sul sito di Hughes con il titolo: An Epistle on H+ to the Italian Catholics

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Contributo di Mirco Romanato Il Cristianesimo, nel momento in cui apparve, fu rivoluzionario; ancora oggi lo è per molti degli stessi motivi.

Gregorio di Nissa nel IV secolo scriveva:

“Nel voler interpretare con una definizione la natura del cristianesimo potremmo dire che il cristianesimo è imitazione della natura divina[…] poiche la creazione dell’uomo fu fatta a imitazione dell’immagine di Dio […] e il cristianesimo promette che l’uomo sarà ricondotto alla felicità originale”.
Sant’Agostino scrive dell’ “Adamo immortale” per descrivere Adamo prima della Caduta. Ma con l’incarnarsi del Messia, l’Uomo viene liberato dal peso del Peccato Originale. Diventa possibile per lui incamminarsi sulla strada che porta a riguadagnare le caratteristiche dell’ Adamo originale, dell’Adamo Immortale.

Nella Genesi Dio soffia il suo alito nell’Uomo per dargli vita, cosa che non fa per tutto il resto del creato. E dal Vangelo sappiamo che in Gesù Dio si e fatto Uomo per amore nostro. Ireneo scriveva:

“L’uomo infatti, avendo, […] una giusta concezione delle cose […] e di colui che le ha create […] riceverà da lui una gloria maggiore, progredendo sino a divenire simile a Colui che è morto per lui. Infatti egli stesso si è fatto a somiglianza della carne del peccato per condannare il peccato e, dopo averlo così condannato, allontanarlo dalla carne e richiamare l’uomo alla sua somiglianza, assegnandolo a Dio come suo imitatore e riconducendolo al regno del Padre e augurandogli di vedere Dio e di comprendere il Padre”.

Gesù (come Paolo) fu artigiano, creatore di cose. Al contrario i fondatori di altre religioni, nacquero nobili, furono pastori oppure mercati e guerrieri. Il cristianesimo si diffuse velocemente tra i gruppi più produttivi della società romana. Nel VI secolo San Benedetto da Norcia fece diventare le arti pratiche e il lavoro manuale elementi fondamentali della vita monastica, insieme alla preghiera e alla lettura meditativa delle Scritture.

Nel IX secolo si affermo’ l’idea, grazie a Giovanni Scoto Eriugena, che il corporale, i sensi esterni e il corpo fossero necessariamente legati a corpo e spirito e “divenne uno dei più forti impulsi per lo sviluppo e la realizzazione tecnologica dell’uomo”. 61


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I fondatori della moderna tecnologia sentirono che la più alta giustificazione dei loro sforzi tecnologici era quella di riguadagnare l’Imago Dei, di collaborare con Dio alla realizzazione del suo Regno e di condividere con lui il dominio sulla Terra.

Ugo di San Vittore, seguendo Eriugena, collego direttamente le arti meccaniche, come quelle liberali, alla salvezza e al recupero dell’uomo caduto. Credeva che le arti meccaniche fornissero all’uomo un aiuto contro la sua debolezza fisica, risultato del peccato originale, e, come le altre branche della conoscenza sono comprese nel lavoro religioso di ricostruzione della nostra natura precedente.

Molti altri sono gli esempi che si potrebbero fare, ma lo lasciamo ad autori più esperti di noi in queste materie.

Il transumanesimo non è che la versione contemporanea di questo desiderio di imitazione del divino, di ricerca della perfezione. La tecnologia moderna ci permette e ci promette un enorme potere sul creato che ci è stato affidato da Dio e questo potere richiede che l’uomo si trasformi in meglio per poterlo gestire in modo illuminato. La parabola dei Talenti e quella delle Mine ci ricordano qual è il destino di chi non mette a buon frutto quello che gli è stato affidato e che non basta conservarlo così come lo abbiamo ricevuto. C’è una strada davanti a noi, che è ricca di insidie e di tesori, ma non c’è modo per noi di tornare indietro e, probabilmente, non c’è mai stato.

Mirco Romanato collabora con il sito di Estropico e cura un blog sulle tematiche in oggetto.

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Contributo del Network dei Transumanisti italiani Per la prima volta nella sua storia, l’Uomo può oggi ragionevolmente aspirare, grazie ai progressi tecno-scientifici, a prendere in mano il proprio destino evolutivo, modificando il proprio corpo, la propria mente, ed estendendo radicalmente la durata della propria vita.

 Da questo punto di vista, i transumanisti ritengono non solo auspicabile, ma anche giusto dal punto di vista “etico”, utilizzare la scienza e la tecnologia per contrastare, e in linea di principio eliminare, quei gravosi e tragici tributi che il cieco processo evolutivo di tipo darwiniano impone agli uomini, vale a dire malattie, invecchiamento e morte. 
Il Transumanesimo, pur essendo caratterizzato da un approccio fondamentalmente scientifico e razionale alla “realtà”, trova un primo elemento importante di convergenza con la tradizione cristiana, in quanto auspica un passaggio dall’evoluzione per selezione naturale a una di tipo post-darwiniano, auto-diretta, restituendo così quella centralità all’Uomo nell’economia dell’universo, quale agente in grado di dirigere consapevolmente il processo evolutivo generale, che il darwinismo sembrava avergli sottratto per sempre. Non va dimenticato, infatti, che per l’antropologia cristiana all’Uomo spetta indubbiamente una posizione e un ruolo privilegiato rispetto al “mondo”, alla natura: 
«E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”» (Genesi 1,26). 
Di fronte all’idea di “immortalità terrena”- che rappresenta il tema specifico di questo incontro -, possono in realtà essere individuati due diversi piani di conciliabilità con il Cristianesimo, a seconda che ci si riferisca a un incremento radicale della durata della vita umana, da un lato, o a una vera e propria immortalità fisica, dall’altro.

 Infatti, fintanto che si parla di “longevismo”, anche estremo (per ipotesi, anche milioni di anni), dal punto di vista cristiano non cambierebbe poi molto: la vita davvero 63


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eterna potrebbe cominciare comunque dopo, la promessa escatologica di salvezza sarebbe solo rinviata e d’altra parte una vita lunga potrebbe costituire senza dubbio un’opportunità in più, per il credente, di testimoniare la sua fede in Cristo, operando in modo retto e virtuoso per il bene di se stesso e del prossimo. Da questo punto di vista, le tecniche in grado di estendere in modo radicale la durata della vita umana si distinguerebbero dalle attuali tecniche mediche e farmacologiche solo da un punto di vista quantitativo, e non qualitativo. In tale prospettiva, è ragionevole ritenere che la Chiesa finirà per assumere lo stesso atteggiamento favorevole che oggi assume nei confronti di farmaci, vaccini, trapianti, ecc. (che, per inciso, hanno consentito il raddoppio della vita media nel corso dell’ultimo secolo).

 Sotto questo profilo, dunque, nessuna incompatibilità “strutturale”. Anzi. Del resto, Papa Paolo VI - nel suo messaggio per la celebrazione della “Giornata della Pace”- già nel 1970 esprimeva un concetto che qualunque transumanista potrebbe oggi tranquillamente sottoscrivere: 
«L’umanità cammina, cioè progredisce verso un dominio sempre maggiore del mondo: il pensiero, lo studio, la scienza la guidano a questa conquista; il lavoro, lo strumento, la tecnica compiono la conquista meravigliosa. E questa a che cosa le serve? A vivere meglio, a vivere di più».

 Viceversa, prendendo in considerazione l’ipotesi di una vera immortalità fisica, ecco che invece il possibile diverso piano di compatibilità dovrebbe passare necessariamente per un rinnovamento teologico piuttosto profondo, in primo luogo attraverso una rinnovata riflessione circa il rapporto tra immortalità dell’anima e resurrezione della carne.

 A tale riguardo, il pensiero va al gesuita e teologo francese Pierre Teilhard de Chardin, che ha tentato di gettare un ponte tra scienza e fede, e che ha dedicato molte delle sue speculazioni al futuro della specie umana. Significativo, ai fini della presente riflessione, è un passo tratto da L’Avvenire dell’Uomo: «Dio ci attende nel momento in cui il processo evolutivo sarà completo: innalzarsi al di sopra del mondo, dunque, non significa disdegnarlo o rifiutarlo, ma attraversarlo e sublimarlo».

 Teilhard sosteneva che Cristo è in azione nell’evoluzione, che Cristo è in azione nella tecnologia, e che l’azione di Cristo mira, in ultima analisi, alla perfezione della biologia umana. In una sorta di progresso continuo e costante. Conferiva inoltre alla scienza e alla tecnologia un ruolo positivo e propulsivo nella costruzione della “Città 64


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di Dio” in questo mondo.

 La teologia contemporanea dovrebbe recuperare e rivalutare Teilhard de Chardin, anche e soprattutto alla luce degli avanzamenti scientifici e tecnologici che stiamo vivendo. Significativo, da questo punto di vista, è il riferimento che lo scorso luglio, nella Cattedrale di Aosta, Papa Benedetto XVI ha fatto al grande teologo-scienziato, elogiando “la grande visione che ha avuto anche Teilhard de Chardin: alla fine avremo una vera liturgia cosmica». 
Anche la cosiddetta “Singolarità tecnologica”, un momento cioè in cui dovrebbe prodursi un “cambiamento di stato” evolutivo grazie al raggiungimento, ad esempio, di una super-intelligenza di tipo artificiale o biologico–artificiale, con il possibile emergere di epifenomeni come l’”autocoscienza estesa”, preconizzata dallo scrittore Vernor Vinge e ribadita da ultimo dal futurologo di fama mondiale Ray Kurzweil (in La Singolarità è vicina), può trovare una corrispondenza nel cosiddetto “Punto Omega” (fusione con il Cristo Cosmico) teorizzato dal gesuita francese in Il Fenomeno Umano, e ripreso di recente dal fisico statunitense Frank Tipler, nei sui libri La Fisica dell’Immortalità e La Fisica del Cristianesimo. 
E’ su queste basi, dunque, che Scienza e Fede, nonché Transumanesimo e Cristianesimo, potrebbero iniziare a costruire un percorso in comune, a confrontarsi senza pre-giudizi su temi sempre più centrali, in primo luogo quello dell’impatto delle nuove tecnologie sulla condizione umana? 
Il pensiero di Teilhard è un esempio di come il Transumanesimo possa aprirsi a visioni evolutive sviluppate in un contesto cristiano, riconoscendone l’audacia culturale, e di come la teologia cristiana possa aprirsi positivamente alla trasformazione tecnologica e umana propugnata dai transumanisti, senza per questo abdicare al proprio irrinunciabile orizzonte religioso.

Network dei Transumanisti italiani “è un’associazione che sostiene l’uso etico della tecnologia per estendere le capacità umane, a partire dalle aspettative di vita”. L’url del sito è http://www.transumanisti.org.

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Conclusioni

Monsignor Mansueto Bianchi

Conclusioni

Si conclude stasera la 23° settimana teologica della Chiesa di Pistoia che si è raccolta attorno ad un tema sconcertante ed esaltante: l’idea dell’immortalità terrena, una nuova sfida per la teologia e per il cammino del cristiano nel tempo. 1) Tra i diversi relatori e gli interventi, abbiamo ascoltato tanti cristianesimi, o meglio tanti punti di vista all’interno del cristianesimo. Abbiamo sentito il cristiano che vede nella morte una benedizione e quello che vi vede una maledizione: il Lazzaro che se la prende con il Maestro perché lo ha riportato in questa vita e il Paolo che non rifiuta di continuare ad operare in questo mondo; il cristiano che vuole andare al più presto incontro all’Amato, per abbracciarlo prima e quello vuole restare perché, magari, abbracciando il fratello meno fortunato abbraccia lo stesso Signore; il cristiano che vede nella speculazione una distrazione dai problemi reali e quello che vede nei problemi reali una distrazione per la speculazione pura. Tanti modi di vivere il cristianesimo (un tempo si chiamavano cristianesimo incarnazionista ed escatologista), di interpretarlo e testimoniarlo: è una delle tante ricchezze della nostra religione, quella che dimostra l’ampiezza e la libertà che il Vangelo ci concede sullo stile di attuazione dei suoi principi. La lezione è forse quella di allargare l’orizzonte del pensiero e capire che non solo la nostra codificazione è quella giusta. Ascoltare l’altro senza arroccarsi nella propria posizione è un modo di crescere insieme. 2) Il tema era l’immortalità terrena, ma quello che ne è risultato è che nessuno ha affermato sensato intendere letteralmente l’espressione. Espressione più appropriata è dunque Estensione Radicale della Vita, che è certo da accogliere positivamente, soprattutto se questa si unisca 67


Mansueto Bianchi

ad uno stato di salute consolidato. Anche se lo rimandiamo di secoli, questo non toglie che arriverà il momento della fine della vita e, con questo, il giudizio di Dio, che rimane comunque un punto fermo. Parlare di questo tema, già nelle finalità della Settimana Teologica, non era tanto un premunirsi quanto piuttosto creare un contesto ove poter ripensare, da una prospettiva nuova, la questione della morte così centrale nel cristianesimo e al suo ruolo nella nostra vita. Un esercizio di pensiero, una “doccia del cervello”, per rinfrescare percorsi di riflessione che a volte si fanno stancamente ripetitivi e perciò perdono quella vitalità che occorre invece mantenere. 3) Più volte la nostra Settimana Teologica ha toccato l’ulteriorità e l’alterità dell’annuncio cristiano sulla Salvezza e sulla vita eterna rispetto a questa “immortalità terrena” su cui abbiamo riflessivamente sostato. Già ce lo diceva monsignor Frosoni nella sua prolusione “la nostra è soltanto una pre-vittoria sulla morte; la Salvezza, come ci è prospettata dalla Rivelazione cristiana, ci chiama e ci spinge oltre, molto oltre. Intanto la vita che ci è promessa come dono dell’eternità non è questa vita, ma un’altra vita, un’altra specie di vita. La vita nella sua pienezza… La Salvezza è ancora al di là. Di questa Salvezza l’uomo non è capace. Di fronte alla morte egli è come il popolo ebraico sulle sponde del mare dei giunchi. Può venirne fuori solo a condizione che Dio col suo braccio disteso e forte lo prenda e lo porti a salvamento… La riserva della nostra fede è la convinzione che l’uomo non può salvarsi da solo, ma ha bisogno che la sua incapacità sia riscattata dalla onnipotenza misericordiosa di Dio”. 4) Rapporto fede-scienza. In tutti gli interventi è emersa sempre una visione decisamente rinnovata di un rapporto che nel corso della storia si è presentato spesso come conflittuale se non oppositivo. In questo caso nella concordia di tutti si è visto che questa relazione tesa non ha più ragione di sussistere. Addirittura abbiamo ascoltato come quelli che si sono configurati come dissidi, alla fine si sono rivelati momenti di grande purificazione 68


Conclusioni

del cristianesimo stesso, momenti di crisi, sì, ma crisi di crescita. Nell’ultima relazione, poi, è emerso come i più avanzati progressi della comprensione scientifica, addirittura vengono a confermare, con una terminologia totalmente nuova, capisaldi del cristianesimo come la sussistenza dell’anima separata e la fine di una visione riduzionista o materialista. Anche in questo caso, la lezione è di ascoltare il nuovo, capirlo a fondo, senza timore che possa far crollare la fede, ma anzi che sia utile strumento per rinnovarla. Ci ricordava il professor Grossi che, nell’impostazione classica, la scienza dialogava con la fede attraverso la filosofia. Oggi la scienza si affaccia su questioni di frontiera talmente avanzate che questa linea di confine si attenua fino a diventare un terreno comune, legittimamente percorso sia dalla scienza, sia dalla filosofia, sia dalla teologia. Il dialogo scienza-fede si fa dunque inevitabile, diretto e serrato. S’intende allora l’importanza di una correttezza nel metodo perché la teologia non presuma di scienza né la scienza di teologia. Ma s’intende anche quanto sia importante che il teologo rifletta ed elabori, che la chiesa parli, proprio perché il terreno su cui sta inoltrandosi la scienza investe questioni più alte e più grandi di lei, questioni che hanno stretta attinenza con la dimensione valoriale ed etica, questioni che comportano un pronunciamento di valore sulla natura umana, sulla vita, sul destino dell’uomo, sul suo rapporto con gli altri e col mondo. 5) La riflessione sul tema dell’immortalità terrena si è riversata poi in una riflessione sull’escatologia cristiana. Due posizioni sono venute all’attenzione. La prima è quella di un avvento del Regno che viene preparato dall’uomo, avvicinato dall’uomo, quindi avviene come continuità con quanto accade in questo mondo terreno. La seconda è invece l’immagine dell’irruzione che trasformerà drasticamente la nostra situazione, immagine più caratteristicamente apocalittica. Nell’accettazione del mistero, probabilmente è da prendere il meglio da queste due impostazioni: occorre che l’uomo si impegni convintamene per collaborare alla venuta del Regno, ma che rimanga anche la 69


Mansueto Bianchi

convinzione che i nuovi cieli e la nuova terra saranno ontologicamente differenti da questi, come già abbiamo detto sopra. 6) Connesso con il punto precedente è la visione “ottimista” di un cristianesimo che ha fede in Dio, ma anche fiducia nell’uomo che è sua immagine. Si è parlato della storia di Adamo a proposito degli sforzi che l’uomo fa per acquisire condizioni “divine” tra virgolette. Molto spesso notizie in questo senso fanno subito scaturire timori sul senso di responsabilità-irresponsabilità dell’uomo di usarle (la bomba atomica). Un cristianesimo ottimista vede però l’uomo come qualcosa di buono che pur con deviazioni innegabili va alla fine nella direzione del disegno divino. 7) In un certo senso il tema del nostro convegno e le stagioni che l’umanità si appresta a vivere ci conducono a sfiorare il mito di Prometeo che strappa il fuoco agli dei, nel nostro caso la vita. Ma il clima culturale, teologico che abbiamo respirato non era né aggressivo, né rivendicativo, né disperato. Abbiamo incontrato il volto di un Dio amico dell’uomo, non suo competitore, il volto di un Dio alleato della libertà, della responsabilità, della felicità della sua creatura. Il volto di un Dio che non innesta la sua fortezza negli spazi della nostra debolezza o dei nostri fallimenti, che non fa del nostro limite il punto di forza della sua ineluttabilità. Il volto biblico di Dio, il Dio amico, il Dio alleato, chiama l’uomo a collaborare per la realizzazione e la venuta del Regno nella lotta contro il male, fisico e morale, nella costruzione della dignità, nel diritto alla felicità posta sotto il segno dell’alleanza con Lui. Allora conferire dignità, sicurezza, stabilità alla vita, combattere ed allontanare la morte non è certamente indebolire la forza di Dio nel suo rapporto con l’uomo, ma promuovere la dignità dell’uomo ad immagine di Dio, dilatando e rendendo più tersi gli spazi in cui Dio può essere riconosciuto, lodato, amato. 8) Il ruolo del cristiano. Dalle discussioni si è spesso sottolineato che la scienza e la tecnologia potranno migliorare la vita dal punto di vista 70


Conclusioni

quantitativo, formale, ma non certo qualitativo. Non può insomma aumentare la felicità in questo mondo. Sarà una vita probabilmente più lunga, ma non necessariamente più felice. Ebbene, questa non è solo una constatazione disincantata, è soprattutto una sollecitazione forte per il cristiano. Sta a lui infatti far aumentare la felicità in questo mondo, arricchendolo di spiritualità e di amore. Sarà lo scienziato ad allungare la vita, sarà e dovrà essere il cristiano a riempirla di contenuto. Quella che all’inizio è un obiezione, dunque, si trasforma subito dopo in impegno perché questo apporto si faccia sentire nella forma più forte e convinta. Questo è lo specifico cristiano, quello che attendono e chiedono tutte le esaltanti prospettive che abbiamo intravisto in questi giorni. Grazie ai relatori, a monsignor Frosini cui inviamo un cordiale augurio di pronta guarigione, agli organizzatori, ai voi presenti. Grazie soprattutto al professor Andrea Vaccaro, per la fatica della sua ricerca e del dono del suo libro che è stato all’origine ed il compagno di strada di questa 23a settimana teologica.

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia



Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Prima Settimana Teologica 8/12 Settembre 1986

La Chiesa nel mondo contemporaneo 8 Settembre. S. Burgalassi, dell’Università di Pisa, Introduzione generale: Natura, fine e metodo della “settimana” ‑«L’uomo contemporaneo nella società in via di cambiamento» / 9 Settembre. A. Acerbi, dell’Università Cattolica, «L’evoluzione storica del rapporto Chiesa‑Mondo» / 10 Settembre. S. Dianich, Vicepresidente dell’Associazione Teologica Italiana, «Teologia del rapporto Chiesa‑Mondo» / 11 Settembre. P. Piersandro Vanzan S.I., de “La Civiltà Cattolica”, «Il rinnovamento pastorale e la nuova missionarietà» / 12 Settembre. Mons. Simone Scatizzi, «Conclusioni»

Seconda Settimana Teologica 7/11 Settembre 1987

Fede fra religiosità e indifferenza 7 Settembre. Mons. Giordano Frosini, Introduzione, «Natura, fine e metodo della “settimana”» ‑ «Fede, Indifferenza, Religiosità: una riflessione preliminare sui termini in questione» ‑ Prof. Antonio Nanni, docente di filosofia. «Dalle ideologie alla prassi (aspetto filosofico)» / 8 Settembre. Prof. Giancarlo Milanesi, docende di sociologia al Pontificio Ateneo Salesiano, «La situazione oggi (aspetto sociologico)» / 9 Settembre. Mons. Giuliano Agresti, Arcivescovo di Lucca, «Religiosità, indifferenza e fede (aspetto teologico)» / 10 Settembre. P. Bartolomeo Sorge, Direttore del Centro Studi Sociali di Palermo, «Una pastorale a misura dell’uomo moderno» / 11 Settembre. Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Terza Settimana Teologica 5/9 Settembre 1988

La donna nella società e nella Chiesa 5 Settembre. Vescovo di Pistoia, «Saluto» ‑ Mons. Giordano Frosini, «Introduzione» ‑ On. Maria Eletta Martini, «La donna nella società» / 6 Settembre. Don Romeo Cavedo, «La donna nella Bibbia» / 7 Settembre. Adriana Valerio, «La questione femminile nella teologia» / 8 Settembre. Gianna e Giorgio Campanini, «Il movimento femminile nella storia» / 9 Settembre. Gianna e Giorgio Campanini, «La donna nella società e nella Chiesa: riflessioni pastorali» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Quarta Settimana Teologica 4/8 Settembre 1989

Paure dell’uomo contemporaneo e speranza cristiana 4 Settembre. Mons. Giordano Frosini, «Introduzione» ‑ Prof.ssa E. Barbieri-Masini, «Progresso senza limiti della scienza e della tecnica o eclissi del futuro?» / 5 Settembre. Prof. Franco Garelli, «Tipologia del disagio giovanile: i giovani fra timori, speranze e progetti» 16 Settembre. Mons. Giovanni Nervo, «Ascesa del “Terzo Mondo” e insicurezze sociali alle soglie del duemila» / 7 Settembre. Prof. Antonio Nanni, «Il futuro negato: l’uomo tra antigenesi e salvezza» / 8 Settembre. P. Piersandro Vanzan S.I., «La speranza cristiana come risposta alle incognite del Terzo Millennio» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Quinta Settimana Teologica 2/6 Settembre 1991

Scienza e fede nella problematica di oggi 2 Settembre. Mons. Giordano Frosini, «Introduzione» ‑ Prof. Tito Arecchi, dell’Università di Firenze, «Lo scienziato di fronte ai problemi della fede»; «L’origine dell’universo» / 3 Settembre. Prof. Ludovico Galleni, dell’Università di Pisa, «Il problema dell’evoluzione». Prof. Stefano Grossi, dello Studio Teologico Fiorentino, «Il problema di Dio e la filosofia» / 4 Settembre. Prof. Paolo Valori, dell’Università Gregoriana, «La biogenetica e il futuro dell’uomo»; «Psicanalisi e fede» / 5 Settembre. Prof. Pier Angelo Gramaglia, della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, «Lo spiritismo e la reincarnazione alla luce della scienza e della fede» / 6 Settembre. P. Piersandro Vanzan S.I., de “La Civiltà Cattolica”, «Fede e scienza oggi»/Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Sesta Settimana Teologica 7/11 Settembre 1992

La famiglia fra progetto divino e cambiamento 7 Settembre. Mons. Giordano Frosini, «Introduzione» ‑ Prof. Gianfranco Mons. Ravasi, della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, «Coppia e famiglia nella Parola di Dio» / 8 Settembre. Prof. Franco Garelli, dell’Università di Torino,«La famiglia nel cambiamento in una società multiculturale e plurietnica» / 9 Settembre. Prof. Giorgio Campanini, dell’Università di Parma, «Mutamenti delle modalità di relazioni interne alla famiglia» / 10 Settembre. Prof. Giannino don Piana, della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, «La famiglia fra progetto teologico e problematiche morali» / 11 Settembre. Giuseppe don Anfossi, Direttore dell’Ufficio Pastorale Famiglia della CEI, «Orientamenti per una pastorale familiare» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia: «Conclusioni».

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Settima Settimana Teologica 6/10 Settembre 1993

In politica da cristiani nel nostro tempo 6 Settembre. Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Introduzione» ‑ P. Bartolomeo Sorge, del Centro “P. Arrupe”, Palermo: «Situazione politica in Italia» / 7 Settembre. Prof. Francesco Malgeri, dell’Università di Roma, «Il movimento cattolico da Sturzo ai nostri giorni» / 8 Settembre. Prof. Giorgio Petracchi, dell’Università di Firenze, «Pistoia: una storia nella storia» / 9 Settembre. Mons. Gastone Simoni, Vescovo di Prato, «Politica e ispirazione cristiana» / 10 Settembre. P. Piersandro Vanzan, de “La Civiltà Cattolica”, «Politica e Moralità» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Ottava Settimana Teologica 5/9 Settembre 1994

Nuove culture e formazione giovanile 5 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, «Introduzione» ‑ Prof. Antonio Nanni, Docente di Filosofia ed esperto di Educazione alla Mondialità, «Educare i giovani nell’epoca del karaoke. Appunti per una pedagogia narrativa» / 6 Settembre. Prof. Mario Montani, Straordinario di Filosofia della Cultura alla Pontificia Università Salesiana di Roma, «L’ambiente pluriculturale e l’identità cristiana» / 7 Settembre. Prof. Riccardo Tonelli, Direttore dell’Istituto di Pastorale Giovanile dell’Università Salesiana di Roma: «Le attuali culture trasversali soprattutto nel mondo giovanile. Uno sguardo alla situazione attuale in prospettiva educativa» / 8 Settembre. Dr. Domenico Sigalini, Direttore del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile, «I giovani nell’oggi della storia, Proposta di una comunità cristiana ai giovani» / 9 Settembre. Mons. Giuseppe Pasini, Direttore della Caritas Italiana, «La Parola di Dio giudica la nostra società» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Nona Settimana Teologica 4/8 Settembre 1995

La persona nella Babele dei media 4 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini: «Introduzione» ‑ Prof. Silvio Sassi, Semiologo e Direttore dello Studio Paolino Internazionale Comunicazioni Sociali, «Mass media fra oggi e domani: dimensioni pastorali, sfide sociali» / 5 Settembre. Claudio Sorgi, Scrittore e critico televisivo di “L’Avvenire”: «Il potere della TV: valori e timori dal piccolo schermo» / 6 Settembre. Virgilio Fantuzzi, Critico cinematografico de “La Civiltà Cattolica”, «Cinema: veicolo di cultura e proposta di valori» / 7 Settembre. Giancarlo Zizola, Scrittore e giornalista vaticanista de “Il Sole 24 Ore”, «Etica della responsabilità nella cultura dell’informazione» / 8 Settembre. Prof. Roberto Zaccaria, Ordinazio di Istituzioni di Diritto Pubblico alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Firenze, «Nel futuro dei media: profili normativi, questioni sociali, emergenze politiche» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Decima Settimana Teologica 2/6 Settembre 1996

Fede cristiana ed economia a confronto 2 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini: «Introduzione» ‑ Prof. Stefano Zamagni, Preside della Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, «Economia e coscienza cristiana» / 3 Settembre. Prof. Don Bruno Maggioni, dell’Università Cattolica di Milano, «Ricchezza e povertà nella Bibbia» / 4 Settembre. Mons. Giordano Frosini, dello Studio Teologico Fiorentino, «Pensiero sociale dei Padri» / 5 Settembre. Mons. Enrico Chiavacci, dello Studio Teologico Fiorentino, «Teologia morale ed economia» / 6 Settembre. Mons. Giovanni Nervo, Presidente della Fondazione Zancan, «Vita economica e azione pastorale» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia: «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Undecima Settimana Teologica 8/12 Settembre 1997

Fede e cultura 8 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, «Chiesa italiana e progetto culturale» ‑ Prof. Giorgio Campanini, «La cultura contemporanea: una sfida alla fede?» / 9 Settembre. Prof. Battista Mondin, «Chiesa e cultura»; «La Chiesa e il rinnovamento della cultura» / 10 Settembre. Prof. Gualberto Gismondi omf, «Cultura scientifica e fede: nuove possibilità e impegni» / 11 Settembre. Padre Bartolomeo Sorge, «Le linee portanti della cultura cristiana» / 12 Settembre. Prof. Enzo Franchini, «Il progetto culturale con valenza pastorale» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Dodicesima Settimana Teologica 7/11 Settembre 1998

Dottrina sociale della Chiesa ed evangelizzazione 7 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini: «Introduzione» ‑ Prof. Mons. Giordano Frosini, dello Studio Teologico Fiorentino, «La Dottrina sociale della Chiesa dalla Bibbia alla “Rerum Novarum”» / 8 Settembre. P. Luigi Prof. Lorenzetti, Docente allo Studio Teologico di Bologna, «La Dottrina sociale della Chiesa dalla “Rerum Novarum” ad oggi» / 9 Settembre. Prof. Mons. Paolo Doni, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, «Sintesi organica della Dottrina sociale della Chiesa» / 10 Settembre. P. Francesco Prof. Cultrera, dell’Istituto di Formazione Politica P. Arrupe, «Etica e Dottrina sociale della Chiesa» / 11 Settembre. Don Cesare Prof. Bissoli, Docente all’Ateneo Salesiano di Roma, «La Dottrina sociale della Chiesa, parte essenziale della evangelizzazione»/Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia: «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Tredicesima Settimana Teologica 6/10 Settembre 1999

La fine dei millennio: interrogativi e speranze 6 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione ‑ Prof. Luciano Martini, dell’Università di Firenze, «“Mille e non più Mille”» / 7 Settembre. Prof. Giovanni Tangorra, del “Teresianum” di Roma, «Le tre dimensioni del compimento» / 8 Settembre. Prof. Carlo Nardi, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, «Il millenarismo nella Bibbia e nei Padri» ‑ Mons. Giordano Frosini, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, «Il millenarismo nella storia» / 9 Settembre. Prof. Pier Marco Ferraresi, dell’Università di Torino, «Riflessioni sul millenarismo» / 10 Settembre. Prof. Eleonora Barbieri Masini, della Pontificia Università Gregoriana, «La fine del millennio vista da chi si occupa di previsione umana e sociale» ‑ Prof. Massimo Introvigne, «L’esplosione delle nuove religioni» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Quattordicesima Settimana Teologica 4/8 Settembre 2000

Trinità come vita 4 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione ‑ Prof. Beatrice Iacopini, Docente IRC, «Voci moderne di mistica trinitaria» / 5 Settembre. Prof. Giuseppe Marco Salvati, Docente della Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino, «L’uomo trinitario» / 6 Settembre. Mons. Renzo Bonetti, Direttore dell’Ufficio di Pastorale della Famiglia della CEI, «La famiglia immagine della Trinità» / 7 Settembre. Mons. Giordano Frosini, Docente della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, «La Trinità nostro programma sociale» / 8 Settembre. Prof. Cettina Militello, Docente al Marianum di itoma, «La Chiesa icona della Trinità» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Quindicesima Settimana Teologica 3/7 Settembre 2001

Radicalismo e visione cristiana della vita e della società 3 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione ‑ Prof. Giovanni Tassani, storico contemporaneo e pubblicista, «Radicalismo: storia, politica e ideologie» / 4 Settembre. Prof. Vittorio Possenti, Docente presso l’Università di Venezia, «Radicalismo, laicità, vita» / 5 Settembre. Prof. Franco Garelli, Docente presso l’Università di Torino, «Radicalismo e società» / 6 Settembre. Giandomenico Mucci, della Tiviltà Cattolica”, «Radicalismo e teologia» / 7 Settembre. Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo Emerito di Ivrea, «Radicalismo e pastorale» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Sedicesima Settimana Teologica 2/6 Settembre 2002

Il cristiano e l’economia oggi: Innovazione e profezia 2 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione, Prof. Stefano Zamagni dell’Università di Bologna, «L’economia civile e la cultura del dono»/ 3 Settembre. Prof. Lorenzo Caselli dell’Università di Genova, «L’economia neoliberista» / 4 Settembre. Dott. Edo Patriarca, «Strategia di cambiamento» / 5 Settembre, Prof. Luigino Bruni, «L’economia di comunione» / 6 Settembre. Dott. Luca Gaggioli, «Nuovo stile di vita» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Diciassettesima Settimana Teologica 1/5 Settembre 2003

La pace dono di Dio bene dell’uomo 1 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione Mons. Rinaldo Fabris, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale, «La pace nella Bibbia» / 2 Settembre. Prof. Enrico Chiavacci, docente della Facoltà Teologica di Firenze, «Teologia della pace» / 3 Settembre. Mons. Giampaolo C repaldi del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, «La Chiesa e la pace» / 4 Settembre. Sen. Oscar Luigi Scalfaro, Presidente emerito della Repubblica, «L’Italia ripudia la guerra» / 5 Settembre. Padre Cesare Bissoli, Docente alla Pontificia Università Salesiana, «L’educazione cristiana alla pace» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Diciottesima Settimana Teologica 6/10 Settembre 2004

Il male, il dolore, la morte 6 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione Luciano Maicardi della comunità di Bose, «Il male, la sofferenza, la morte: aspetto biblico» / 7 Settembre. Giovanni Tangorra dell’Università Lateranense, «Il male, la sofferenza, la morte: aspetto teologico» / 8 Settembre. Paolo Giannoni della Facoltà Teologica di Firenze, «Il male, la sofferenza, la morte: aspetto spirituale» / 9 Settembre. Lilia Sebastiani, teologa pubblicista, «Il cammino cristiano verso la morte: aspetto ascetico» / 10 Settembre. Mons. Sergio Pintor, direttore dell’Ufficio nazionale Cedi per la pastorale della sanità, «Il male, la sofferenza, la morte: aspetto pastorale» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Diciannovesima Settimana Teologica 5/9 Settembre 2005

Il cristiano e il dialogo interreligioso 5 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, Introduzione – Michael Louis Fitzgerald, Vicepresidente del Pontificio Consiglio del dialogo interreligioso, «Gesù e le altre religioni» / 6 Settembre. Prof. Piero Stefani, Docente dell’Università di Urbino, «Ebraismo e cristianesimo» / 7 Settembre. Prof. Franco Cardini, Docente dell’Università di Firenze, «L’Islam e il Cristianesimo» / 8 Settembre. Luciano Mazzocchi, de “La Stella del mattino, comunità cristiana del dialogo Vangelo e Zen”, «Cristianesimo e Religioni Orientali» / 9 Settembre. Don Elio Bromuri, Direttore del Settimanale “La Voce”, «Dialogo Interreligioso e Problemi Pastorali» / Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Ventesima Settimana Teologica 4/8 Settembre 2006

Una Chiesa che trasmette la fede 4 Settembre. Saluto di Mons. Simone Scatizzi, Vescovo di Pistoia ‑ Mons. Giordano Frosini, «Chiesa evangelizzante e perché evangelizzata» / 5 Settembre. Mons. Adriano Caprioli, Vescovo di Reggio Emilia – Guastalla, «Iniziazione cristiana; un cantiere aperto» / 6 Settembre. Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo –Vescovo di Vicenza, «I Sacramenti dell’Iniziazione cristiana» / 7 Settembre. Don Paolo Sartor dell’Ufficio Catechistico di Milano, «Catecumenato iniziale o di ritorno» / 8 Settembre. Mons. Walter Ruspi, Direttore Ufficio Catecumenale Nazionale, «Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia» / Mons. Giordano Frosini, Vicario Generale di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Ventunesima Settimana Teologica 3/7 Settembre 2007

Questione ecologica e coscienza cristiana 3 Settembre. Saluto di Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia - Introduzione di Mons. Giordano Frosini, Luigi Lorenzetti, Direttore della “Rivista di Teologia morale” «L’attenzione progressiva della Chiesa al tema ecologico» / 4 Settembre. Andrea Masullo, dell’Università di Camerino, Presidente del comitato scientifico di Greenaccord, «Limiti dello sviluppo e attuale disastro ecologico» / 5 Settembre. Andrea Masullo, dell’Università di Camerino, Presidente del comitato scientifico di Greenaccord, «Le energie rinnovabili» / 6 Settembre. Armido Rizzi della Facoltà teologica dell’Italia centrale, «L’uomo e la natura nel piano di Dio» / 7 Settembre. Miriam Giovanzana, direttrice della rivista “Altreconomia”, «Per una pastorale attenta all’ecologia» / Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

Ventiduesima Settimana Teologica 1/5 Settembre 2008

Percorsi di Teologia post-conciliare Il contributo di Giordano Frosini 1 Settembre. Saluto di Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia - Introduzione di Andrea Vaccaro, Alfio Filippi, Direttore delle Edizioni Dehoniane «Panoramica sulla teologia contemporanea»/2 Settembre. Introduzione di Paola Bellandi e Alessandro Suppressa, Giorgio Campanini, dell’Università di Parma, «Teologia delle realtà terrestri»/3 Settembre. Introduzione di Beatrice Iacopini, Giovanni Tangorra, della Pontificia Università Lateranense, «Una escatologia rinnovata»/4 Settembre. Introduzione di Mariangela Maraviglia, Severino Dianich della Facoltà teologica dell’Italia centrale, «Una Chiesa possibile»/5 Settembre. Introduzione di Stefano Bindi, Roberto Repole della Facoltà teologica dell’Italia Centrale, «Un nuovo volto di Dio?»/Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Il cammino delle Settimane Teologiche di Pistoia

Ventitreesima Settimana Teologica 7/11 Settembre 2009

L’idea dell’immortalità terrena Una nuova sfida per la teologia 7 Settembre. Saluto di Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia - Apertura dei lavori di Mons. Giordano Frosini, Relazioni di Alfio Filippi, Direttore delle Edizioni Dehoniane e Andrea Vaccaro, «L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena»/8 Settembre. Relazione di Aldo Schiavone, Direttore dell’Istituto italiano di scienze umane di Firenze-Napoli, «L’evoluzione nelle mani dell’uomo»/9 Settembre. Relazione di Stefano Grossi, Vice direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose “I. Galantini” di Firenze, «L’immortalità terrena: choc o gioia per la teologia?»/10 Settembre. Relazione di Gianfranco Basti, professore di Filosofia della natura e della scienza presso la facoltà di Filosofia della Pontificia università lateranense, «Anima, corpo e informazione»/11 Settembre. Lettura delle e-mail dei partecipanti, dibattito, sintesi dei lavori e Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia, «Conclusioni».

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Chiuso in tipografia nel mese di aprile 2010 dalla Tipografia GF Press di Masotti (Pistoia). La realizzazione grafica è stata curata da Graficamente di Patrizia Bartolozzi Stampato su carta riciclata


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