Testimoni della risurrezione E’ la qualifica che caratterizza la prima comunità cristiana. Per convincercene basta ripercorrere i testi contenuti agli inizi degli Atti degli apostoli. Quando Giuda venne meno e si impose la necessità di restaurare il numero dei Dodici, Pietro presentò la richiesta con queste precise parole: “Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione”. Uno, dunque, che ha visto tutto, ma che sia soprattutto, si direbbe quasi unicamente, testimone della risurrezione. Poco più tardi, nel discorso della pentecoste, lo stesso Pietro così si rivolgeva sulla pubblica piazza agli abitanti di Gerusalemme: “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire”. Un impegno, questo, dell’intera comunità cristiana, come risulta dal secondo sommario degli Atti degli apostoli: “Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore”. Ancora Pietro, in pieno Sinedrio, esprimeva la stessa fede e lo stesso impegno: “Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santi, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono”. Può bastare. Ritornare su questi testi è un dovere per noi, tardi discendenti di quella prima generazione cristiana. Perché è chiaro che queste parole sono state scritte per illuminare il cammino della chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Le cose sono semplificate al massimo: è necessario rendere sempre e dovunque testimonianza della risurrezione. Non c’è da fare altro. “Con grande forza”: c’è una testimonianza debole e una testimonianza forte. La prima è fatta di parole, di segni esterni, di suoni di campane, di auguri. Una testimonianza certo non inutile o disprezzabile, che però non colpisce l’opinione pubblica, sempre pronta a tramutare gli eventi di festa in occasioni di commercio e di guadagno. L’unica che può arrivare a richiamare l’attenzione distratta di coloro che ci circondano e ci vivono accanto è la seconda, la testimonianza forte, la stessa che i cristiani resero a coloro che ne scrutavano con occhi critici i movimenti e gli atteggiamenti. Testimonianza forte significa testimonianza di vita, cambiamento di pensieri e di azioni, conversione, su un piano personale e, soprattutto, comunitario. La risurrezione è l’inizio del mondo nuovo, della vita diversa, dei rapporti fraterni e solidali, delle comunità alternative, della fedeltà totale, della piena realizzazione del messaggio del Salvatore. Fare pasqua è operare questo passaggio, pensare in modo nuovo, ricominciare da capo, mettere in atto quella trasformazione che i discepoli del Signore chiedono agli altri, dopo però averla realizzata in se stessi e al proprio interno. La risurrezione pagata a caro prezzo. I testi che abbiamo ripassato parlano della testimonianza dello Spirito Santo: “Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo”. La sostanza è la stessa. La comunità cristiana annuncia la risurrezione con la sua vita nuova, diversa, alternativa, controcorrente. Una vita di cui l’uomo lasciato alle sole sue forze semplicemente non è capace. Se questa si realizza, significa che una forza nuova, appunto quella dello Spirito Santo, è venuta in suo aiuto. La testimonianza diventa allora opera della comunità e, insieme, dello Spirito Santo, effuso dal Signore sui discepoli dopo essere risalito alla destra del Padre. Il discorso di pentecoste, prima rievocato, contiene un’espressione sorprendente nei riguardi dello Spirito Santo. “Come voi stessi potete vedere e udire”, dice letteralmente l’apostolo Pietro. La forza delle parole: come è possibile vedere e udire uno Spirito di per sé invisibile e inudibile? Egli è come il vento, impalpabile e incontenibile, che ti accarezza dolcemente le membra, senza sapere da dove viene e dove va. Ancora, il rimando è alla comunità cristiana, dai cui atteggiamenti diversi e originali gli uomini potranno risalire alla causa che li ha resi possibili. Le campane di pasqua dovrebbero portare agli uomini ogni anno l’annuncio di questo miracolo vivente. Il resto è suono che si perde nell’aria. Giordano Frosini