Troppe disuguaglianze
Era il sogno di Paolo VI, che in uno dei suoi memorabili documenti, l’Octogesima adveniens, così iniziava uno dei paragrafi principali: “Al tempo stesso che il progresso scientifico e tecnico continua a sconvolgere il paesaggio dell’uomo, i suoi modi di conoscenza di lavoro, di consumo, di relazione, una duplice aspirazione si esprime, in questi nuovi contesti, sempre più viva man mano che si sviluppano l’informazione e l’educazione: aspirazione all’uguaglianza, aspirazione alla partecipazione: due forme della dignità e della libertà dell’uomo”. Lo scritto è datato 1971, sono dunque passati quarant’anni e le aspirazioni sono rimaste sulla carta, anzi la situazione si è ulteriormente aggravata. La partecipazione sta scomparendo (purtroppo essa trova difficoltà anche in seno alla chiesa), la disuguaglianza è cresciuta in forme veramente mastodontiche e scandalose. A queste condizioni, la pace sociale e la pace internazionale rimangono nel libro dei sogni, senza la minima possibilità di una loro traduzione concreta. Anche se le due aspirazioni di Paolo VI sono profondamente collegate fra loro, la nostra attenzione in questo momento si rivolge soprattutto al tema dell’uguaglianza. Prima di gridare per l’ennesima volta al “cattocomunismo”, una delle parole più becere e insieme più diaboliche dell’attuale vocabolario politico, si misuri bene il testo di Paolo VI. Intanto si tratta di un Papa, di un grande Papa, da riscoprire sempre di più nelle attuali circostanze della storia: cattocomunista anche lui? Poi evidentemente non si parla di una uguaglianza totale (come appare chiaramente dal contesto in cui si trova la frase citata), alla resa dei conti, semplicemente impossibile, data la diversità delle persone, da una parte, e dei popoli e delle nazioni, dall’altra. Però c’è una uguaglianza di base che va salvaguardata proprio nel nome del bene comune e dei diritti fondamentali della persona umana che vanno sempre riaffermati e salvaguardati in ogni spazio e in ogni tempo. E’ proprio sulla base di queste ragioni che l’inevitabile differenza va contenuta in limiti ristretti, ragionevoli, saremmo tentati di dire, cristiani. Per il Vangelo, infatti, siamo tutti fratelli, perché figli dello stesso Padre. Nelle parole del Papa c’è, dunque, la voce della ragione e la voce della fede. Un richiamo in cui va riconosciuto uno dei grandi segni dei tempi della nostra età. Per il credente, i segni dei tempi, dovremmo sempre ricordarlo, sono la voce dello Spirito Santo e dimenticarli significa, oltre che perdere il treno della storia, peccare contro di lui. Già la rivoluzione francese aveva fatto dell’uguaglianza, insieme alla libertà e alla fraternità (quest’ultima poi di fatto dimenticata), una delle grandi mete della società moderna. Altre rivoluzioni successivamente cercarono di estenderne il contenuto, più o meno, come si sa bene, con risultati fallimentari. Ma che un Papa, in nome del Vangelo, ce ne ricordi la necessità non è una cosa da lasciar perdere, ma da tenere nella massima considerazione. Ora, se ci guardiamo intorno, vediamo come la grande aspirazione sia lampantemente e grossolanamente smentita dalla realtà. Stipendi e pensioni vergognosi per un verso e stipendi e pensioni vergognosi per il verso opposto; chi sguazza nell’oro e chi non ha nemmeno il sufficiente per finire in qualche modo (non certo dignitosamente) il mese; chi ha la strada sempre aperta per un lavoro, un impiego, un mestiere, naturalmente ottimamente retribuito, e chi invece è costretto a vivere con lavori a tempo determinato, aleatori, senza sicurezza non solo per il domani ma anche per l’oggi, perché non ha chi lo presenti, chi lo raccomandi, perché non porta un certo cognome e non è figlio di nessuno di quelli che hanno in mano il potere, sia politico che economico. Una situazione sotto gli occhi di tutti. Una situazione profondamente e radicalmente ingiusta. Una situazione che un benpensante (anzitutto il cristiano, che pensa con le idee di Dio) non può tollerare. E’ dovere della chiesa ripetere alto queste riflessioni, prestare voce a chi non ha voce, intervenire con tutte le proprie forze (che, grazie a Dio, ci sono ancora) perché le cose possano cambiare. Il discorso dalle persone si sposta facilmente a quello delle nazioni. In questo campo le disuguaglianze sono ancora più stridenti. Nel primo caso è in questione la pace sociale, nel secondo quella internazionale. Chi vince è sempre e solo l’egoismo. Giordano Frosini