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“La tua chiesa sia testimonianza viva” Una preghiera della nuova liturgia che è anche un programma di vita. Chi scrive l’ha adottata come ritornello abituale nelle sue riflessioni perché si imprima con forza nella mente degli ascoltatori e diventi il punto di convergenza e la meta finale dell’intera comunità cristiana in un tempo di smarrimento e di crisi dilagante. Il documento conclusivo della Settimana Sociale di Reggio Calabria l’ha posta alla fine della sua esposizione, quasi come una sintesi dell’impegnativo cammino prospettato per la chiesa italiana dei nostri giorni. Eccola: “La tua chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo”. A nessuno sfugge la bellezza di queste parole, che ripetono in forma di invocazione le caratteristiche fondamentali del Regno di Dio. Che è, come sappiamo, “Regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di amore, di giustizia e di pace”. Formule, tutt’e due, da imparare a memoria come quelle del catechismo di una volta, soprattutto da mettere in pratica perché la chiesa di Cristo brilli in tutto il suo fulgore in un mondo smarrito e senza meta. E’ lo stesso invito rivolto un giorno da Paolo ai cristiani di Filippi perché fossero capaci di risplendere, “in mezzo a una generazione malvagia e perversa”, “come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita”. Una vocazione che si perpetua nel tempo. Nella mente del suo fondatore, la chiesa è la città collocata sul monte, la luce del mondo, il sale della terra, il popolo esemplare che indica la strada e illumina la meta, la comunità alternativa che si staglia sullo sfondo degli altri raggruppamenti umani per il suo comportamento esemplare e la sua testimonianza evangelica. Non si può essere come gli altri quando ci si è messi alla sequela di Gesù, quando si è preso il suo Vangelo come norma di vita. Si tratta del libro più “diverso” che l’umanità abbia mai conosciuto. Una comunità al servizio del Regno, di cui si sente e si ritiene anche il suo inizio. Essa ha ormai capito che non è il Regno, come, fraintendendo, aveva pensato nei tempi passati. Il regno è qualcosa di molto più grande di lei, è la sorte finale dell’intera vicenda cosmica e umana, il piano di Dio contemplato in tutta la sua ricchezza e giunto alla sua completezza finale. Il mondo come dovrebbe essere e come l’aveva pensato Dio fin dall’eternità. La liturgia della chiesa celebra la sua festa nell’ultima domenica dell’anno per ricordarci che esso rimane in prospettiva in tutti i tornanti della storia, che esso arriverà soltanto quando colui che siede sul trono dirà: “Ecco io faccio nuove tutte le cose”. Il dono di Dio, come sempre, ha bisogno della collaborazione dell’uomo, per definizione l’aiutante di Dio, il suo partner, il suo assistente e il suo vicario, nel tempo della sua apparente assenza. La sua immagine, che ha preso ora il suo posto e che ha l’impegno di spingere sempre in avanti il cammino dell’umanità, nell’attesa che Dio porti a compimento il suo eterno disegno. Al servizio del Regno, la chiesa ne è anche il suo inizio. Più che di un titolo di dignità, si tratta di un impegno e di una responsabilità. Così, vedendo lei, gli uomini dovrebbero capire la bellezza del mondo come l’ha pensato Dio, del mondo come sarà al di là della storia, nel paradiso finale. Una freccia che indica la meta, una indicazione che dà senso e significato al cammino dell’umanità, un cartello collocato ai margini delle strade perché l’uomo non si smarrisca nel dedalo dei falsi percorsi e dei sentieri interrotti. “Se tu conoscessi il dono di Dio”, le parole che Gesù disse un giorno alla samaritana incontrata al pozzo di Sicar sono rivolte anche alla comunità cristiana: la vocazione è tanto grande da far tremare le vene e i polsi. Senza la grazia dello Spirito Santo, la chiesa non potrebbe mai adempierla. Tutte le caratteristiche del Regno, come ci sono state indicate dalla rivelazione, dovrebbero rilucere nella vita della comunità cristiana. Ne abbiamo elencate alcune nei testi appena citati: la verità e la vita, la libertà e la grazia, la giustizia, l’amore e la pace. Ma l’enumerazione potrebbe ancora continuare, specificando ancora meglio questi valori che stanno alla base di ogni ordinata e riuscita convivenza umana: la solidarietà, la fraternità, l’amicizia, la confidenza, il rispetto, l’attenzione agli ultimi, la condivisione, la fedeltà, la pazienza, la sincerità, il perdono, il superamento delle barriere dell’egoismo degli individui e dei popoli. Un elenco che non finirebbe mai. Sono i mattoni del regno di Dio, le pietre miliari di un cammino che attraversa la storia e si immerge nell’eternità. La carta d’identità della chiesa di Cristo. Giordano Frosini


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