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Non bastano le campane Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione”. Sono le parole pronunciate da Pietro al ritorno dei discepoli a Gerusalemme, dopo l’ultima apparizione di Gesù sul monte degli Ulivi: il sostituto di Giuda doveva essere uno che aveva sempre convissuto col Signore dall’inizio della sua vita pubblica; soprattutto la sua vocazione, come quella degli altri discepoli, era di diventare testimone della sua risurrezione. Solo questo? Solo questo. L’indicazione è chiara: Mattia, gli Undici, la chiesa di sempre, sono semplicemente i testimoni della risurrezione. Una chiamata tanto semplice quanto essenziale. La grande notizia della vittoria sulla morte, dell’inizio della vita nuova, va ora trasmessa, senza perdere tempo, al mondo intero. Un annunzio urgente e onnicomprensivo. Il cammino della storia ha ora un fine chiaramente designato: il futuro sarà semplicemente il futuro di Dio, il futuro di Cristo. E rinasce la speranza. Boris Pasternak, l’autore del Dottor Zivago, ha espresso questa convinzione con la magia dei suoi versi: “Scenderò nella bara e il terzo giorno risorgerò,/ e, come le zattere discendono i fiumi,/ in giudizio, da me come chiatte in carovana,/ affluiranno i secoli dall’oscurità”. Un incedere lento e maestoso, come quello dei grandi fiumi della santa Russia, ma la meta, nonostante tutto sarà un giorno raggiunta. La risurrezione si colloca al centro dell’intera vicenda umana e cosmica. Sant’Ambrogio si incarica di ricordare a tutti che “in Cristo, è risorto il cielo, è risorto il mare, è risorta la terra: ci saranno infatti cieli nuovi e terra nuova”. La storia ha cambiato segno, la creazione è rinnovata al suo fondo. Non c’è notizia più grande di questa. Anche il non credente ne avverte nostalgicamente l’insperata bellezza. L’impossibile da sempre ricercato è ora nelle nostre mani, alla nostra portata. Dio è venuto incontro alla nostra radicale insufficienza. Un impegno certamente gravoso, quello che incombe sulle spalle della comunità cristiana, perché grande, incommensurabilmente grande, è l’annuncio da recare all’umanità che attende senza saperlo. Ma tutti dovranno essere messi al corrente, tutti hanno il diritto di essere informati. E’ in questione lo stesso senso della vita, il significato profondo della storia. Se Cristo è risorto, come ripete da secoli la chiesa indivisa, tutta la realtà assume connotati diversi. E’ il secondo big bang della storia, non molto differente dal primo se non perché le vie della sua dimostrazione sono diverse: il primo, quello dell’inizio, si raggiunge attraverso le vie complesse della ricerca scientifica; il secondo è sospeso invece alla testimonianza visibile dei discepoli. Nella notte di Pasqua si scioglieranno le nostre campane, ed esse, come liberate da un incubo, spanderanno il loro suono festoso sui tetti delle nostre case, per dire a tutti che Cristo è risorto, primizia di coloro che dormono, e che Dio, in lui, benedice ancora l’umanità. E’ la nostra prima testimonianza, ma una testimonianza debole, come il suono che si perde nel vento. La testimonianza vera, la testimonianza forte è quella della vita nuova del cristiano e dell’intera comunità cristiana. Gesù con i suoi gesti e le sue parole ha indicato a tutti la via da seguire, il piano di vita stabilito da Dio fin dall’eternità, sul modello della stessa vita trinitaria. “Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste”. Di radicale cambiamento parlava a modo suo anche il filosofo Federico Nietzsche quando a proposito dei cristiani affermava: “Bisognerebbe che mi cantassero qualche canto migliore, perché io potessi credere al loro Salvatore. Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un’aria più da salvati”. Un invito a superare ogni genere di stanchezza, ma soprattutto a dare una testimonianza di vita nuova, di comunità diversa e alternativa. La gioia inossidabile dei salvati, che cantano con la vita la loro fede e la loro speranza. La testimonianza dello Spirito Santo, l’unico capace di rinnovare gli uomini e le società. E’ per questo che l’apostolo Pietro, nel Sinedrio di Gerusalemme stupito e irritato, poteva affermare che “di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono”. Se non cambiamo vita, nessuno crederà alle nostre parole. Giordano Frosini


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