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Politica senza cattolici

E’ un dato di fatto, di cui non si accorgono soltanto coloro che non sanno più pensare in termini cristiani e che, magari senza nemmeno rendersene conto, si sono trasferiti armi e bagagli su altri versanti ideali e politici. Ma assistere quotidianamente a dibattiti di carattere politico a cui prendono parte i rappresentanti di tutti gli schieramenti fatta eccezione di quelli di parte cattolica, è una vera e propria sofferenza, un’autentica mortificazione. Viene così a mancare la voce che non soltanto corrisponde al nostro modo di pensare, ma che potrebbe anche fornire un aiuto opportuno per la soluzione dei tanti problemi oggi in discussione. A scanso di equivoci, il nostro giudizio non vuole essere affatto generale: cattolici veri sono ancora presenti nel confuso e inconsistente nostro mondo politico, ma si tratta di pochi individui, per di più isolati, senza supporti alle spalle, proprio per questo generalmente incapaci di incidere profondamente ed efficacemente sulle nostre realtà locali e, meno ancora, nazionali. Una assenza dolorosa e senza la minima giustificazione. Dove sono, ci domandiamo, i politici che nel tempo della ricostruzione post-bellica fecero sentire il loro peso sia sul piano teorico che operativo e onorarono con la loro presenza insieme il paese e la comunità religiosa di appartenenza? Dove sono i De Gasperi, i Dossetti, i La Pira, i Lazzati, i Moro, i Bachelet e si vada dicendo? Ma non dobbiamo pensare soltanto a coloro che hanno legato il loro nome alla nostra storia. Il pensiero va anche, in qualche modo soprattutto, a tutti coloro che vissero la loro avventura politica senza riconoscimenti esterni, senza nessuna ricompensa e nessun onore, unicamente contenti di aver servito il loro paese in un momento particolarmente difficile della sua storia. Sono nostri parenti, nostri amici, nostri conoscenti, eroi senza medaglia e senza onori minimamente corrispondenti alla loro generosità e al loro sacrificio. Uomini e donne in possesso di un patrimonio di idee e di speranze che abbiamo stoltamente dilapidato soltanto in pochi decenni. Chi ci restituirà l’entusiasmo e il coraggio di quegli anni? Come è stato possibile passare a un tempo, il nostro, di disinteresse generale, di dimenticanza dei propri doveri di cittadini e di credenti, di ripiegamento rinunciatario, che coinvolge più o meno tutto il cosiddetto popolo cristiano? Una vicenda che avrebbe bisogno di una lunga e approfondita analisi per individuarne le movenze e soprattutto per coglierne le ragioni di fondo. Qualcosa è già stato fatto, ma occorre approfondire ancora l’argomento con coraggio, senza pregiudizi di sorta e, soprattutto, senza guardare in faccia a nessuno. Chi scrive ha a questo proposito idee abbastanza chiare e le ha manifestate in ogni luogo e maniera nel corso della sua attività. Ma si deve purtroppo dire che la reazione di coloro che hanno lottato perché quanto è successo non accadesse non è stata sufficiente, per lo meno non è stata ascoltata e presa sul serio. L’andazzo ecclesiale comune, a cui non erano affatto estranei i piani alti della comunità, li ha spazzati via come ingombri della storia, avanzi di un’epoca ormai passata, voci discordi e insopportabili nel coro rumoroso del nuovo che avanzava imperterrito, quasi senza remore e senza ostacoli. Pochi decenni sono stati sufficienti a far dimenticare la presenza e la bellezza del pensiero sociale della chiesa, parte essenziale dell’evangelizzazione e parte integrante della teologia morale, come è stato detto e ripetuto dai diversi pontefici che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro. Prova ne sia che la nostra gente, quella della messa domenicale e magari anche quella che prende una certa parte all’attività della chiesa, di questo pensiero ignora perfino l’esistenza. Un silenzio pesante come un macigno su un capitolo così importante del patrimonio cristiano, che affonda la sua esistenza nei millenni lontani e che, sul mercato delle idee, dopo il naufragio del pensiero marxista e di quello neoliberista, è rimasto l’unico praticabile in questo tormentato passaggio della storia. Il pensiero che ha alla sua base la persona umana, tutta la persona umana e tutte le persone umane, cominciando dalle più deboli e indifese. Nel rispetto dei suoi principi è certamente ammesso il pluralismo delle scelte, ma non al di fuori della lettera e dello spirito di questi principi. Ora è proprio questo che è avvenuto. E’ tempo di rifarsi da capo, ritrovare le nostre origini, reinserirsi in una storia gloriosa che preme alle nostre spalle. Una ripresa che si fa sempre più necessaria e urgente, prima che sia troppo tardi. Giordano Frosini


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