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Ricominciamo da capo

“Il permanente stato di crisi dell’Italia trova una profonda e continua eco nella nostra quotidiana di vescovi. Le comunità cristiane ci chiedono di parlarne, secondo le nostre specifiche responsabilità: chiedono da noi una parola di chiarezza e gesti concreti di speranza. Per questo esprimiamo ancora il nostro pensiero, provocati dalla situazione attuale. Vogliamo dare fin dall’inizio alle nostre considerazioni una coerente ispirazione evangelica. Dal Vangelo, infatti, e da una tensione permanente verso il Signore Gesù Cristo, i cristiani traggono il lume e il sostegno essenziale per le loro attività nel paese e per interpretarne la realtà”. Parole che hanno esattamente venti anni, scritte nel 1981 dai vescovi italiani all’inizio di un documento ammirato da tutti e che, nonostante tutto, mostra ancora intatta la sua validità e attualità. Il titolo era La chiesa italiana e le prospettive del paese, a giudizio di chi scrive uno dei migliori documenti dedicato al tema dal nostro episcopato. Farebbero bene a rileggerlo anche gli attuali preposti alle sorti della chiese italiane perché esso ha ancora molte cose da insegnare a tutti, cominciando esattamente da loro. Siamo agli ultimi anni prima della svolta che cambiò lo stile e l’approccio della chiesa gerarchica ai problemi politico-sociali del nostro paese. Fa bene a tutti ritornare a quel linguaggio e a quelle impostazioni, di cui si è perduto un po’ la traccia da quegli anni ormai lontani. Come si avverte anche dalla citazione riportata, il linguaggio è in linea perfetta con gli insegnamenti del concilio Vaticano II. I vescovi in tutte le pagine del documento intendono parlare dal loro punto di vista, cioè da vescovi e non da politici. Si riaffermano i principi del pensiero sociale della chiesa senza entrare nelle specifiche soluzioni pratiche, che di per sé appartengono direttamente ai laici. Se la crisi è anzitutto di carattere morale, è a questo livello che essa deve essere trattata. Allora come oggi. E’ così che al centro del documento sta il richiamo generale e un nuovo stile di vita, che metta al primo posto i valori del Vangelo e che privilegi nella considerazione e nell’impostazione del lavoro futuro gli “ultimi”. Gli ultimi collocati al primo posto all’interno della comunità cristiana, come ci ricorda a ogni pie’ sospinto il Vangelo. “Con gli ultimi e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita. Demoliremo, anzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriamo poi i valori del bene comune: della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità. Ritroveremo fiducia nel progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza interna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo. E avremo forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere”. Leggendo queste pagine, gli storici futuri potrebbero anche pensare che i freschi pensieri ivi enunciati abbiano realmente cambiato il volto della società, almeno per quanto riguarda la mentalità e l’opera del diretto destinatario, che è il popolo cristiano. Errore. Le cose sono effettivamente cambiate, ma in peggio. L’emergenza degli pseudovalori allora denunciati è continuata a ritmo accelerato, fino quasi a fare piazza pulita dei veri valori enunciati nel testo con tanta precisione e convinzione. L’inimicus homo ha continuato imperterrito la sua opera di struggitrice e il popolo cristiano, nella sua stragrande maggioranza, ha continuato i suoi sonni beati. Così si perdono i treni della storia e si tradiscono incautamente i segni dei tempi, attraverso i quali lo Spirito Santo sollecita l’attenzione e l’opera del popolo cristiano. Ma il vecchio documento contiene anche delle indicazioni di metodo particolarmente adatte ai nostri giorni, alla situazione più o meno disastrosa che si è venuta a determinare per passaggi di carattere storico e per pigrizia di coloro che erano anzitutto chiamati in causa. A ricordarcelo è stato recentemente un contributo di “Aggiornamenti sociali”, una rivista che ha attraversato l’intero nostro tempo con la coerenza dei principi e la fedeltà alle grandi intuizioni conciliari e post-conciliari. E’ a questo richiamo che si ispira il titolo di questo editoriale. Ricominciamo daccapo. Ricominciare daccapo significa partire dal basso: “Si parte dalle realtà locali, dal territorio. E si è partecipi delle sorti della vita e dei problemi del comune, delle circoscrizioni e del quartiere: la scuola, i servizi sanitari, l’assistenza, l’amministrazione civica, la cultura locale. Ci si apre poi alla struttura regionale, alla quale sono oggi riconosciute molte competenze di legislazione e di programmazione… E’ sbagliato, infatti, contare solo sui tentativi di rifondazione o di riforma che vengono dai vertici della cultura ufficiale e della politica”. E’ in questi luoghi “minori” che bisogna assicurare la presenza. L’unica cosa da fare è chiarirsi in precedenza le idee. Giordano Frosini


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