Un recupero necessario e urgente Solo poche settimane fa (i lettori più attenti certamente se ne ricorderanno), da queste colonne avevamo segnalato un documento del Consiglio permanente della CEI, dal titolo La chiesa italiana e le prospettive del paese che, quando uscì (era il 1981), suscitò un’ondata di simpatie e di consensi e che, a distanza di trenta anni, può essere utilmente ripreso in mano se non altro per esprimere un giudizio tutt’altro che tenero sulle inadempienze di cui si è resa colpevole la chiesa italiana in questo lasso di tempo. Un documento da definire profetico, tanto da essere ancora attuale e adattissimo a fare un comune esame di coscienza, oltre che sul nostro passato, sull’attuale situazione di crisi estrema che grava su di noi in questo momento. Una citazione del presidente della CEI nel discorso introduttivo all’ultimo Consiglio permanente è stata sufficiente a suscitare apprezzabili parole di commento di alcuni pubblicisti cattolici, a cui ci vogliamo unire in piena sintonia in questo nostro intervento. Il nostro paese sta vivendo giorni difficilissimi, certamente fra i più difficili dopo la fine della guerra, conclusione di un lungo processo di dissolvimento etico e culturale, che sembra aver raggiunto il suo apice e che si è ormai solidificato nella mentalità dei singoli, delle famiglie, dell’intera comunità, con una evidente banalizzazione, se non proprio distruzione, della dignità umana, in particolare della donna. Sulla base delle premesse del tempo, c’era stato anche chi fin da allora aveva abbastanza lucidamente previsto quanto poi è successo. Fra questi, dobbiamo ricordare il nostro documento, ormai irreperibile se non in internet e in altri mezzi non da tutti facilmente raggiungibili. Ciò che è avvenuto, è stato detto, è da considerarsi “una mutazione genetica alimentata da messaggi mediatici demenziali e irresponsabili che coinvolgono in Italia tv pubbliche e private” (S. Costa). Il consumismo, accompagnato dal libertarismo, dalla sete di guadagno, dalla sessuomania, hanno veramente “fiaccato tutti”, come prevedeva il documento, il quale aggiungeva subito: “C’è un crescente rischio che queste agenzie [le agenzie educative] si snaturino e diventino strumenti di manipolazione, di destabilizzazione e conflitto, di incomunicabilità, perfino di disprezzo della realtà popolare, come nel caso della diffusione della pornografia e della provocazione all’intolleranza e alla violenza” (n. 8). Come ben sappiamo, negli ultimi decenni, qualcuno si è impadronito di questi messaggi e su di essi ha creato la propria fortuna economica e politica, a discapito del vero bene del paese. Due suggerimenti fondamentali, si leggevano nel testo che stiamo ricordando: 1) “Il paese non crescerà se non insieme”; 2) per ritrovare i valori che si stavano perdendo, era necessario rifarsi dagli ultimi, perché “la gente è tuttora priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, il salario familiare, l’accesso alla cultura, la partecipazione”. Un compito di tutti, senza nessuna delega in bianco. Soprattutto però l’appello era rivolto ai laici, nel più perfetto stile conciliare. Si è parlato di “una clamorosa, totale, entusiastica scommessa sul ruolo dei laici e sulla loro autonomia nell’agire politico e sociale” (C. Geloni). Anzi, è nato perfino il dubbio che la scomparsa del documento sia dovuta soprattutto al forte richiamo di questa presenza. Perché, quasi subito dopo, possiamo approssimativamente designare il 1985, l’anno dell’assemblea di Loreto, sul contributo dei laici cominciò a stendersi un velo di dimenticanza e di negligenza per lasciare più spazio ai vescovi e alla gerarchia della chiesa. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la liquidazione pressappoco totale del cattolicesimo democratico, la fuga generalizzata dagli impegni socio-politici, la sottolineatura dell’elemento spirituale, meglio sarebbe dire spiritualistico, il risorgere minaccioso del vecchio e mai domo anticlericalismo nostrano. Il mite ex presidente nazionale dell’AC, Luigi Alici, ha potuto scrivere recentemente: “Mi pare che dopo il concilio e una stagione di vivaci dibattiti sulla teologia del laicato, siamo entrati in una fase di grave, diffusa afasia dei laici battezzati… C’è qualcosa di strano in una comunità cristiana in cui i laici sono invitati in sagrestia, mentre preti e vescovi intervengono continuamente su questioni di economia, diritto, sociologia, politica internazionale”. Un fatto, più che strano, perfettamente anticonciliare. La richiesta di un deciso cambiamento è da tempo sospesa nell’aria. Abbiamo perduto una delle nostre vie maestre. Dobbiamo reagire con tutte le nostre forze. Cominciando dai laici. Giordano Frosini