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Il primato dell’educazione sulla legge Il decennio dell’educazione appena iniziato propone alla comunità cristiana impegni di grande spessore e di fondamentale importanza. Un vero e proprio salto qualitativo, che chiama in causa tutte le agenzie educative in nostro possesso: diocesi, parrocchie, associazioni, scuole, oratori e si vada dicendo. Una rivoluzione autentica, più che un’evoluzione graduale e progressiva. Sì, perché, se siamo onesti, dobbiamo lealmente riconoscere che il nostro attuale modo di procedere in questo campo è decisamente deficitario. Bisogna ripartire quasi da zero. Non ci si può contentare di qualche sortita qua e là, in ordine sparso e senza collegamento, di qualche colpo assestato anche con successo, ma senza quella fondamentale e faticosa continuità che rimane indispensabile per ogni educazione spirituale e culturale. La pazienza è certamente una delle virtù più importanti dell’educatore. Specialmente oggi, quando l’ambiente in cui l’educando vive è capace di portar via in un momento solo quanto è stato costruito lentamente e con grande sacrificio. Vero educatore è colui che non si scoraggia mai, che è capace di ricominciare sempre da capo, capace di chiedere a se stesso un inesauribile supplemento di coraggio e di resistenza. Misurare in anticipo la portata dell’opera educativa è di grande importanza, per non cadere poi in facili delusioni e in impreviste frustrazioni. Un testo del documento Chiesa italiana e prospettive del paese ci mette sulla strada giusta, quando parla della necessità di offrire “una catechesi più sistematica per i giovani e gli adulti”, perché troppi di loro “sono cresciuti senza catechesi, accontentandosi di una fede infantile, o di esperienze bibliche e liturgiche piuttosto emotive, o di saggistiche teologiche di moda, a volte consumandosi in imprese sociali e politiche senza più un serio confronto con il Vangelo e con la fede della chiesa”. Catechesi adulta sta anche per formazione teologica, maturata a confronto con la cultura del nostro tempo, che fa sentire tutto il suo peso sull’animo di coloro che ci ascoltano. Con una mano il Vangelo, con l’altra il giornale. Il concilio e il pensiero sociale della chiesa sono i necessari punti di riferimento per quest’opera di scasso e di formazione. L’improvvisazione è bandita, l’approssimazione non porta da nessuna parte. Qui si tratta di sedersi, di riflettere, di pensare, di fare i conti, come quei due famosi personaggi di cui parla Gesù nel suo discorso riferitoci da Luca: colui che intende costruire la sua torre e il re che intende muovere guerra contro il suo nemico. Ambedue si siedono prima a calcolare la portata della spesa e a studiare il piano di attacco per non essere poi obbligati a tornare indietro e rinunciare, fra la derisione degli astanti, alla loro impresa. Il cristiano sa molto bene di avere in mano i mezzi necessari per la sua costruzione e le forze sufficienti per battere l’avversario, che in questo caso corrisponde all’ignoranza, alla pigrizia e alla difficoltà a muoversi dalle proprie convinzioni. Quanti documenti, oltre quelli della Rivelazione, egli ha nelle mani, addirittura, si dovrebbe dire, fin troppi: si tratta di scegliere e di semplificare per non disperdersi in un mare troppo vasto e troppo profondo. Egli porta poi con sé la certezza e la garanzia dell’aiuto di Dio e della continua presenza della chiesa che con lui pensa, riflette e prega. Inutile ripetere che l’impegno grava soprattutto su coloro che, all’interno della comunità, hanno il preciso mandato di insegnare, di educare, di formare. Non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, ma è importante che questa verità lapalissiana ci venga ripetuta in tutti i modi e in tutti toni: il successo dell’impresa dipenderà soprattutto dai responsabili delle comunità. A essi oggi si chiede che mettano da parte altre incombenze (che possono benissimo essere espletate dai laici) e concentrare tutte le loro forze su quanto viene loro chiesto. Si tratta di una priorità da rispettare a tutti i costi. Occorre per questo mettere da parte anche il “servizio delle mense”, come fecero gli apostoli in circostanze analoghe alle nostre, per impegnarsi totalmente in questa necessarissima opera educativa. Si rifletta seriamente su quanto il testo prima citato afferma a proposito di certe esperienze liturgiche, bibliche o sociali che non hanno la possibilità (è anche molto facile dimostrarlo) di costruire autentiche personalità cristiane, mature nella propria fede e capaci di dialogare con efficacia e a fronte alta con gli smaliziati uomini del nostro tempo. E’ necessario ancora ricordare che, per tutto questo, è indispensabile una laboriosa, paziente, continuativa opera di studio e di aggiornamento? Giordano Frosini


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